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Nuovo Stadio Roma: Investimento da un Mijardo de euri. Più nartro mezzo e quarche piotta, poi se vede

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No alla cementificazione per le olimpiadi....deduco che il "Mobbasta...dium" lo facciano con i lego.

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Sponsor per lo stadio della Roma

MILANO FINANZA (A. Montanari) - In attesa delle ultime autorizzazioni burocratiche e politiche per l'avvio del processo di realizzazione del nuovo stadio di proprietà, James Pallotta ha iniziato a sondare potenziali investitori pubblicitari per valutare possibili operazioni e per trovare una sponda commerciale. Il patron della Roma di recente ha incontrato i vertici di parecchie aziende pubbliche e private italiane e straniere per sondare il mercato e valutare l'appeal del progetto sul fronte dell'advertising e delle sponsorizzazioni. In particolare, l'imprenditore statunitense ha già avuto modo di presentare il progetto dello stadio ai vertici di aziende quali Eni, Enel, Telecom Italia, Generali e Acea. Il suo obiettivo è trovare un pool consistente di investitori pronti a garantire un sostegno economico sul fronte pubblicitario e di marketing. Anche perché una delle priorità dello stesso Pallotta è trovare un title sponsor per lo stadio, oltre che il main sponsor per il club giallorosso. In caso di supporto di questi gruppi italiani, tra i big spender del mercato pubblicitario nazionale, potrebbe poi andare a proporre lo stesso progetto a gruppi industriali. Per tale ragione il proprietario della Roma in questa fase ha incontrato i manager di Microsoft Italia e della casa automobilistica Kia. A queste due ultime società, secondo indiscrezioni, avrebbe chiesto anche un coinvolgimento più ampio sul fronte delle sponsorizzazioni per lo stadio della Roma nell'area di Tor di Valle. Anche se il colpo grosso, secondo quanto trapela da ambienti, sarebbe quello targato Samsung. Il colosso coreano, nei piani di Pallotta, sarebbe il nome giusto per la brandizzazione dell'impianto sportivo. Per questa ragione si sarebbe mosso, a Londra, Franco Baldini, l'ex manager del club giallorosso che l'imprenditore statunitense ha rivoluto al suo fianco in qualità di consulente strategico. Ovviamente su questo argomento c'è il massimo riserbo, anche se va rimarcato che Samsung sta investendo parecchio in Italia non solo in termini di marketing ma anche a livello industriale. Dal punto di vista progettuale invece Pallotta e Luca Parnasi al momento stanno sondando il terreno per trovare un sostegno finanziario al progetto-stadio, che vale complessivamente 300 milioni di euro. Ma al momento non sono previsti nuovi partner strategici.

22.09.2016

 

 

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Bambole, non c'è una lira... .oo

 

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Stadio della Roma, Berdini (M5S): "Si dovrà confermare l'interesse pubblico. Meglio se si realizzasse solo l'impianto"

Il Manifesto - L'assessore all'Urbanistica della città di Città di Roma Paolo Berdini è tornato a parlare sulle pagine del quotidiano nazionale del progetto stadio della Roma. Queste le parole del pentastellato: "E' una grande opera e andrà rivista sotto il profilo della sostenibilità economica ed urbanistica di una città che ha 13,5 miliardi di deficit. L'Aula capitolina dovrà confermare l'interesse pubblico a costruire un milione di metri cubi di cemento che in realtà è nell'interesse degli operatori che propongono l'impianto. Sarebbe meglio tornare a prevedere solo e soltanto la realizzazione di uno stadio".


22.09.2016

Modificato da Marmas

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quasi quasi me lo costruisco pure io uno stadio

devo solo trovare chi lo paga mh

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occhio che il progetto potrebbe tornare indietro, al comune

 

verrebbe riassegnata l'area, abbandonata tor di valle e (ri)proposta tor vergata (che pallotta non accetterà mai in quanto non potrà speculare con le torri e le altre strutture)

 

pallotta sarebbe pronto a chiedere un risarcimento/indennizzo colossale :261:

 

 

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8 ore fa, ENAPAY ha scritto:

occhio che il progetto potrebbe tornare indietro, al comune

 

verrebbe riassegnata l'area, abbandonata tor di valle e (ri)proposta tor vergata (che pallotta non accetterà mai in quanto non potrà speculare con le torri e le altre strutture)

 

pallotta sarebbe pronto a chiedere un risarcimento/indennizzo colossale :261:

 

 

 

Pure lui...mo lo chiedo pure io un indennizzo al comune hai visto mai. Oppure ,mi viene un dubbio, gli indennizzi possono essere chiesti al comune solo se

1 - sei italoamericano

2- sei un cravattaro d'alto bordo

3- ti è stata revocata la laurea perchè ti eri comprato tre esami

3- presenti prove inequivocabili che non hai mai lavorato in vita tua

4- sei il prestanome di una banca di cui perlatro sei uno dei maggiori azionisti

5- sei amico di costruttori e/o palazzinari

6- sei un ex giocatore di calcetto , scarso peraltro

7- sei nel consiglio di amministarzione di una squadra NBA

8- tuo papà ha una concessionaria di auto , che detta così è peraltro molto riduttivo

9- sei stato condannato per "mancata lealtà" dalla tua stessa federazione.

 

Ora visti i precedenti io posso solo affermare di essere stato un pippone come portiere di calcetto , a fronte del fatto che purtroppo non solo non posso ne produrre prove ne testimoni del fatto che io sia un fancazzista ma che , quesi me ne vergogno , la laurea me la sono sudata passando tutti gli esami.

Credo che di richieste di indennizzi o di risarcimenti al comune di Roma , per me non ci sia proprio speranza..

sefz

 

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Sarà pronto per la finale delle olimpiadi a roma nel 24 .oo

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La vedo male per pallotta e C.

Avrebbero dovuto chiudere la conferenza dei servizi prima delle elezioni della capitale.

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In sostanza mica gli hanno detto di no. Gli hanno detto, lo stadio si, gli altri 80.000 milioni di miliardi di metri cubi di cemento li vai ad utilizzare a Boston e soprattutto evita di far partire un giro ben poco virtuoso di speculazione. Il principe dei fancazzisti aveva provato ad inserire anche lo stadio della Roma nel calderone delle Olimpiadi con il fatto che la finale del calcio è sempre l'ultimo evento ma con l'Olimpico occupato dalla cerimonia di chiusura , dove  giochiamo la finale? Sarebbe sarvito un altro stadio, per forza.  E guarda un po'....

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edit

 

Modificato da Arminius

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6 ore fa, Arminius ha scritto:

In sostanza mica gli hanno detto di no. Gli hanno detto, lo stadio si, gli altri 80.000 milioni di miliardi di metri cubi di cemento li vai ad utilizzare a Boston e soprattutto evita di far partire un giro ben poco virtuoso di speculazione. Il principe dei fancazzisti aveva provato ad inserire anche lo stadio della Roma nel calderone delle Olimpiadi con il fatto che la finale del calcio è sempre l'ultimo evento ma con l'Olimpico occupato dalla cerimonia di chiusura , dove  giochiamo la finale? Sarebbe sarvito un altro stadio, per forza.  E guarda un po'....

 

 

Tutto studiato a tavolino con qualche ritardo nella tempistica dovuto alla caduta della giunta Marino e alla presa del Campidoglio da parte dei 5S
 
Riassumendo:

1. Progetto TdV per tre anni spacciato come  completamente a carico dei proponenti.

2. In realtà il consorzio dei "benefattori" sta ancora cercando, senza successo, finanziatori e sponsor per una operazione che richiede investimenti gravosissimi per opere infrastrutturali funzionali  alla "pubblica utilità" deliberata dalla giunta Marino.

3. tra una presentazione e un plastico siamo arrivati a ridosso del pronunciamento del Comune di Roma sulle Olimpiadi. Cosa c'è (ci sarebbe stato sefz ) di meglio che una bel magna-magna olimpico  all'interno del quale inserire la realizzazione del progetto TdV  con annesso Pallotta Stadium per alleggerire/annullare  gli impegni economici a carico dei "benefattori" e dirottarli sulle spalle dei contribuenti?
 

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Raggi prepara una seconda battaglia. Il braccio di ferro sullo stadio della Roma

23/09/2016
 
 

LA STAMPA (J. IACOBINI) - Il 4 marzo, era un venerdì sera e nell’Urbe già si pregustava il weekend, l’allora candidato sindaco del M5S, Virginia Raggi, dichiarò a Radio Radio: «Il Pallotta Stadium lo facciamo da un’altra parte, a Tor Vergata e senza uffici, perché quella è speculazione edilizia e poi noi abbiamo già le torri dell’Eur che sono vuote e lo Sdo da riempire». Al di là della questione due torri e Sdo (che meriterebbe capitolo chiarificatore a sé), un’ottima intervistatrice incalzò la Raggi chiedendole se era disposta a spingersi fino a revocare la pubblica utilità dell’opera. Risposta: «Sicuramente sì, la revocheremo».

 

In campagna elettorale vale tutto (Raggi promise anche un referendum sulle Olimpiadi, o di azzerare i vertici di Acea). Sennonché una nostra ottima fonte in Campidoglio ci dice che ci sono molti problemi sul Pallotta Stadium, «anche questo è un dossier che rischia molto». Testuale.

 

Dopo le Olimpiadi, può succedere lo stesso al Pallotta Stadium? Le storie sono diverse, e a un diverso livello di avanzamento. Di sicuro però la giunta sta per iniziare un braccio di ferro serrato, nella conferenza dei servizi in Regione, per chiedere alcune modifiche rilevanti. Talmente rilevanti, c’è chi ipotizza, da risultare impossibili: la legge 147 del 2013 (comma 304, lettera b) autorizza eventuali modifiche al progetto già approvato solo se «strettamente necessarie». Dunque non consente stravolgimenti dell’opera. Per di più esiste una delibera votata dal Comune (nella gestione Marino, la delibera è la 132, del 22 dicembre 2014), il che significa che per cambiare progetto, o bloccarlo del tutto, occorrerebbe non una mozione, ma una nuova delibera che revochi la pubblica utilità. Un atto politico fortissimo.

 

La Raggi può spingersi a questo? Alcune spie, inutile far finta di niente, ci sono. Oltre alla nostra fonte qualificata, c’è poi l’assessore Paolo Berdini, che oggi dice: lo stadio «è una grande opera e andrà rivista sotto il profilo della sostenibilità economica e urbanistica di una città che ha 13,5 miliardi di deficit». A precisa domanda, è lapidario: non è detto che lo stadio si faccia «perché l’aula capitolina dovrà confermare l’interesse pubblico a costruire un milione di metri cubi di cemento che in realtà è nell’interesse degli operatori che propongono l’impianto. Sarebbe meglio tornare a prevedere la realizzazione solo e soltanto di uno stadio». La stessissima tesi della Raggi in campagna elettorale, ma pronunciata adesso. Dall’uomo che è succeduto, all’Urbanistica, all’ottimo Giovanni Caudo.

 

La As Roma ostenta ottimismo anche se ieri il presidente James Pallotta, smentendo la notizia di una cessione del 40% a investitori asiatici, ha però spiegato che un nuovo investitore servirà, per finanziare la costruzione del nuovo stadio. La variante urbanistica figlia della delibera del 2014 deve andare in consiglio, tecnicamente, solo per essere ratificata. Raggi avrebbe due mesi di tempo per intervenire: non sono moltissimi. Il progetto finale uscirebbe dalla Conferenza dei Servizi il 5 febbraio. Sono poi già stati spesi 60 milioni, per un progetto che - comunque lo si giudichi - ha coinvolto 50 studi, tra cui Daniel Libeskind e Dan Meis: se saltasse, la società potrebbe fare causa al Comune e c’è chi stima il danno in oltre due miliardi (mancati introiti, perdita di diritti d’immagine per servizi che la società sta già finanziando). Cosa può chiedere di cambiare la Raggi, posti questi strettissimi paletti? O vuole chiedere la luna per rovesciare il tavolo? 

 

 

Modificato da Marmas

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“Sì a un nuovo partner” – Pallotta apre sullo stadio a Roma, tentazione cinese

 

LA REPUBBLICA (E. Sisti) - Pallotta in marcia fra voci e smentite. Cinesi in arrivo. Banche inglesi da convincere. Stadi che come nei cartoni animati, o come negli incubi, si avvicinano e si allontanano lasciando sempre lo stesso dubbio (sarà vero?). E infine bisogno di rendere sempre più appetibile il brand Roma. Il presidente giallorosso avrebbe dato mandato di sondare la disponibilità di potenziali partner societari: secondo Bloomberg l’obiettivo sarebbe la cessione del 40% del pacchetto azionario della Roma (con Pallottaal 38%), più o meno a un’entrata secca di 75 milioni di euro. È’ previsto un aumento di capitale della holding che gestirà la realizzazione dello stadio.

 

Con quali soldi? Nella sua smentita Pallotta conferma dunque i movimenti: «Non vendo quote, cerco soci per lo stadio, anche all’esterno dell’attuale proprietà». Jim guarda in più direzioni. C’è da costituire un pool di finanziatori per la costruzione dello stadio: «Aspettiamo il via libera entro 180 giorni». Diciamo fine marzo. La Roma ha fretta. Dopo aver accertato la disponibilità dei più stretti amici americani della sua Raptor Capital Management, è in previsione un viaggio a Londra per sondare tre diverse banche. Il presidente ha già incontrato a Milano i vertici di Enel, Telecom, Generali, Eni e Acea. Ovviamente non potevano mancare gli onnipresenti interlocutori asiatici, come anticipato da Repubblica ieri. Si tratterebbe di immobiliaristi cinesi sensibili all’idea dell’entertainment complex destinato a completare il progetto del Pallotta Stadium. Diverrebbero, una volta convinti, i terzi finanziatori cinesi del calcio italiano.

 

Lo shock dell’eliminazione dalla Champions è stato emotivo e finanziario: ha prodotto un buco fra i 30 e i 40 milioni di euro. Forse è stato proprio il Porto ad accendere la miccia, a moltiplicare gli appuntamenti. Di fatto, il grande progetto commerciale su cui Pallotta aveva costruito la propria identità di tycoon italiano non è mai decollato (nessuna delle iniziative “americane” della Roma ha portato soldi nelle casse di Trigoria e per fornire il suo abbigliamento tecnico la Nike paga alla Roma meno di quanto pagasse l’ormai lontanissima Kappa).

 

Mentre si cercano partner per accelerare la costruzione dello stadio, non potrà certo sfuggire che uno stadio già in costruzione potrebbe avvicinare partner ancora più facoltosi. Un incastro dal quale la Roma, e Pallotta in prima persona, dovranno presto districarsi. Al lavoro anche l’ex dg Baldini, tornato come consulente personale del presidente con un contratto di tre anni. Baldini starebbe lavorando sul doppio binario in cerca di aziende interessate a fare “business” con la Roma. Perché se è vero che un giorno alla Roma servirà uno sponsor per dare, possibilmente anche prima che sia finito, un nome allo stadio (“Emirates” si chiamerà lo stadio dell’Arsenal sino al 2019), il club ha anche esigenze più immediate: trovare un “jersey sponsor”.

 

Da tre anni la Roma non ha scritte sulla maglia (a parte “Roma Cares”). Quindi un contratto in meno. Con ricavi mancanti intorno ai 50 milioni (imparagonabili i soldi che Qatar, Deutsche Telekom e Chevrolet riconoscono a Barcellona, Bayern e Manchester United). Uno dei nomi filtrati è quello del colosso coreano Samsung (fino al 2014 sulle maglie del Chelesa). Pallotta infine sta pensando anche a Totti. Ieri dopo aver fatto un salto da Feltrinelli ha chiesto a Jill Smoller, la manager di Serena Williams, a Milano per Djokovic & Friends, se fosse interessata a gestire e vendere il brand di Totti negli Stati Uniti. «Roma is moving along», dice Pallotta.

 

 

(23.09.2016)

 

 

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chissà quale è stata la risposta di Jill Smoller... 

 

 

:261:

 

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James Pallotta sonda i mercati per un finanziamento da 300 milioni per il nuovo stadio, nonostante l’effetto “Olimpiadi”

IL SOLE 24 ORE (M. Bellinazzo) - Una quota della Roma da 75 milioni  in vendita per permettere l’ingresso di un nuovo socio. Ieri l’agenzia Bloomberg ha lanciato l’indiscrezione  secondo cui il presidente James Pallotta starebbe valutando la possibilità di cedere circa il 40% del proprio pacchetto azionario. In serata però è arrivata la smentita del patron giallorosso con una nota diffusa attraverso il sito della Roma. “In relazione a quanto pubblicato da Bloomberg in data odierna la Roma smentisce l’ipotesi di cessione di una quota del club da parte dell’attuale proprietà. Il presidente Pallotta precisa di aver parlato con l’estensore dell’articolo smentendo la circostanza di essere alla ricerca di investitori nel club, seppur ricevendo periodicamente manifestazioni di interesse da parte della comunità finanziaria internazionale. Il presidente ha altresì precisato al giornalista che nuovo capitale sarà raccolto per finanziare la costruzione del nuovo stadio, una volta che il progetto avrà ottenuto l’approvazione finale, sia internamente sia esternamente all’attuale compagine proprietaria”.

 

Per Pallotta infatti un socio di peso sarebbe il benvenuto per accompagnare la costruzione dell’impianto che sorgerà a Tor di Valle. “Dobbiamo avere un investitore per la realizzazione dello stadio – aveva già spiegato Pallotta a Bloomberg -. La Roma farà un aumento di capitale sia internamente che esternamente per un partner strategico”. Aumento di capitale che non riguarderà la Roma, quindi, ma la holding che è a capo del progetto e che sarà proprietaria dello stadio. Si attende al riguardo l’ok da parte delle Conferenza regionale dei servizi che da poco ha iniziato a valutare il progetto e ha 180 giorni per espletare l’attività. L’auspicio di Pallotta è quello di veder iniziare i lavori nella zona di Tor di Valle già a marzo, mentre l’inaugurazione dovrebbe avvenire nel 2019. Il 18 maggio Goldman Sachs International Bank ha messo a disposizione di Stadio TDV Spa (la società deputata alla gestione e al finanziamento del progetto del nuovo impianto) un ammontare massimo pari a trenta milioni di euro. La banca d’affari statunitense, dunque, affiancherà la Roma nella costruzione dell’impianto di Tor di Valle.

Proprio l’avvio dell’iter amministrativo in ambito regionale, ha spinto Pallotta ad accelerare la ricerca di risorse per il “cantiere”. In particolare, durante la scorsa settimana, il patron giallorosso avrebbe presentato una richiesta di finanziamento di 300 milioni di euro a banche di profilo internazionale. Richieste per le quali al momento non risultano esserci stati riscontri positivi. I dubbi sulla fattibilità dell’operazione infrastrutturale e urbanistica da oltre un miliardo di euro peraltro sono destinati ad aumentare presso i potenziali finanziatori  dopo la decisione del sindaco di Roma Virginia Raggi di togliere l’appoggio alla candidatura olimpica, proprio per il rischio di speculazioni immobiliari.

 

(23/09/2016)

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Il Comune spinge sugli espropri per il nuovo stadio della Roma

 

 

LA REPUBBLICA (L. D'Albergo) - Dopo il «no» alle Olimpiadi, il Comune sembra accelerare improvvisamente sul nuovo stadio della Roma. La procedura per gli espropri necessari alla costruzione del nuovo impianto dei giallorossi a Tor di Valle è partita giovedì: presto il dipartimento Urbanistica contatterà i proprietari dei beni sui quali potrebbe essere apposto il vincolo di esproprio. L’avviso sarà inviato anche a Luca Parnasi, proprietario dei terreni su cui sorge l’ex ippodromo. Poi si tornerà ad attendere: l’operazione potrà essere conclusa solo e se il consiglio comunale, al termine della conferenza dei servizi partita su spinta della Regione, voterà la necessaria variante al piano regolatore. Un passaggio forzato prima di avviare gli espropri, una fase che di norma prende almeno sei mesi. Molti di più in caso di contenziosi.

Sulla novità non si è voluto esporre l’assessore all’Urbanistica Paolo Berdini. Ieri, prima di entrare in giunta, ha tagliato corto: «Se revocheremo la pubblica utilità sul progetto dello stadio della Roma? Non ne so proprio nulla, devo guardare le carte».

 

(24/09/2016)

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Stadio Roma, Berdini: "Opera trascurabile"

27/09/2016

 

«Abbiamo spostato tutte le risorse di un assessorato perché dovevamo andare a dama su una cosa assolutamente trascurabile per la città». Lo afferma l'assessore all'Urbanistica di Roma Capitale, Paolo Berdini, facendo riferimento al Pallotta Stadium durante l'incontro con l'Acer avvenuto ieri sera.

«Ho fatto fare dagli uffici del Comune un elenco dei provvedimenti urbanistici rimasti fermi, dai piani di zona a quelli dei privati. Sono 200 le convenzioni dimenticate in un cassetto perché gli operatori sono scappati - le parole dell'assessore - Si tratta di 200 occasioni buttate. Perché? Perché dovevamo lavorare sul Pallotta Stadium. Le risorse umane dell’assessorato sono state tutte spostate su un solo progetto, una cosa di assoluta trascuratezza rispetto al destino della città. Ma noi dobbiamo rimettere in piedi questi progetti. Lavoreremo per quadranti».

 

 

 

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Insomma, la Raggi sembra voler revocare la pubblica utilità, l'assessore all'urbanistica dice che è un progetto di interesse esclusivo di chi lo propone e che sarebbe meglio ritornare al progetto solo di uno stadio, Pallotta cerca investitori per costruirlo ma ancora non ne ha trovati.

 

 

Direi che chi esprime perplessità non ha poi tutti i torti, e la giunta Marino è stata sciagurata su tutta la faccenda. Sopratutto questa cosa notata dall'assessore Berdini è gravissima:   «Ho fatto fare dagli uffici del Comune un elenco dei provvedimenti urbanistici rimasti fermi, dai piani di zona a quelli dei privatiSono 200 le convenzioni dimenticate in un cassetto perché gli operatori sono scappati - le parole dell'assessore - Si tratta di 200 occasioni buttate. Perché? Perché dovevamo lavorare sul Pallotta Stadium.Le risorse umane dell’assessorato sono state tutte spostate su un solo progetto, una cosa di assoluta trascuratezza rispetto al destino della città"

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E' pronto per i 50 di Francè .oo

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Oggi sul tempo ho letto che faran lo stadio ma senza le torri.

 

e parlavano anche di cambio della viabilità, l'ho letta di fretta e non tutto :nono:

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IL TEMPO (F. M. MAGLIARO) – Lo Stadio della Roma si farà, ma non più come lo avevamo ammirato nei plastici e nei prospetti per la stampa: avremo due grattacieli in meno, nessun nuovo ponte sorgerà sul Tevere e il prolungamento della Metro B non si farà più. Col risultato che per andare a vedere i giallorossi, i tifosi – finanche quelli di Decima, Malafede, Torrino più prossimi allo stadio – avranno una sola strada percorribile dove rimanere imbottigliati: la via del Mare. Con tanti saluti all’avveniristico progetto del presidente Pallotta e del costruttore Paransi. Una rivoluzione urbanistica che il Tempo vi racconta in esclusiva. Tifosi a parte, gli altri protagonisti della partita potranno dirsi contenti: l’assessore grillino all’Urbanistica, Paolo Berdini, per aver ottenuto lariduzione delle cubature; Pallotta e Parnasi perché spenderanno meno (oltre mezzo miliardo sul miliardo e 650 milioni di euro previsti); si sistemeranno le torri dell’Eur dove potrebbe andare Unicredit; Telecom risparmia e potenzierà le sedi di Pomezia, Parco Leonardo e Torpagnotta; e Cassa Depositi e Prestiti si libererà dell’ingombrante scheletro delle Torri dell’Eur. C’è un sottile e assai complesso filo rosso che lega la storia delle Torri dell’Eur con quella dello Stadio di Tor di Valle. L’abbandono del progetto di fare dei grattacieli vicino il Laghetto il quartier generale di Telecom, libera una casella nel grande domino dello Stadio. Sembrano storie diverse, lontane, ma così non è. La seconda mossa di questo risiko urbanistico è quella del ricorso al Tar contro la decisione di Berdini di revocare il permesso a costruire all’azienda telefonica. Ricorso che non impedirebbe a Telecom di sciogliere la società con Cassa Depositi e Prestiti e di lasciare le Torri dell’Eur al loro destino. Davanti al Tar, però, il rischio è che gli atti della Giunta Raggi vengano annullati facendo tornare i due palazzi pronti per un nuovo «inquilino».

IL RUOLO DELLA BANCA – A dar retta ai boatos capitolini potrebbe essere Unicreditgià tirata in ballo per l’acquisizione di una delle tre torri progettate dall’archistar DanielLibeskind, che dovevano venir su accanto allo Stadio come compensazione per le opere pubbliche, da utilizzare come centro direzionale della banca. Questa compensazione – sempre a dar retta ai funzionari del Campidoglio – avrebbe permesso al costruttore LucaParnasi di fare pari e patta dei circa 500 milioni di euro della sua esposizione debitoria proprio con il gruppo Unicredit. Il 26 luglio 2016 il vicepresidente della banca, PaoloFiorentino, «esce» da Unicredit. Il dirigente non sarebbe stato solo l’uomo che ha guidato il passaggio del pacchetto azionario dell’As Roma dai Sensi agli americani, ma anche il riferimento del Gruppo Parnasi dentro l’Istituto. Il 3 agosto 2016 Unicredit vara un piano di riassetto delle società del Gruppo Parnasi: con questo atto, di fatto, al costruttore rimangono in mano alcune aziende. La principale è la Eurnova, proprietaria dei terreni di Tor di Valle e partner della Roma nell’affaire Stadio. Insistenti indiscrezioni raccolte da Il Tempo in ambienti capitolini narrano di Unicredit pronta a «mollare» una delle tre torri dello stadio per traslocare, a costi molto più bassi, dentro quelle di Ligini all’Eur, che tornerebbero sul mercato qualora il Tar annullasse gli atti della Giunta Raggi. Tutto questo modificherebbe sostanzialmente le pre-condizioni economiche dell’affare Stadio. Fino a 6 mesi fa, Parnasi doveva portare a casa l’impianto come da progetto con le tre torri tutte intere, visto che una era già «assegnata» a Unicredit. La ristrutturazione agostana del debito e il «bonus» che Parnasi percepirà dalla Roma se il progetto verrà approvato in via definitiva avrebbero, di fatto, «messo in sicurezza» il costruttore. Che, quindi, ora potrebbe sedersi al tavolo delle trattative con il Comune con maggiore serenità.

IL GIOCO DI BERDINI – L’Assessore grillino, per modificare il progetto, aveva una sola strada istituzionale: portare una nuova delibera in Consiglio comunale che cambiasse quella votata sotto Marino, diminuendo le cubature assegnate ai proponenti. Nelle sue dichiarazioni rese in occasioni ufficiali e non, Berdini ha sempre fatto fuoco e fiamme contro il progetto Stadio, definito uno «scempio urbanistico» costruito «in un deserto». Il 29 luglio, gli uffici comunali gli hanno fornito l’arma per sopprimere quello «scempio» ma lui non ha ritenuto di premere il grilletto: sulla sua scrivania è arrivata una relazione (prot. 141124/2016) letta da Il Tempo, in cui si mette nero su bianco che il progetto non rispetta i dettami della delibera di pubblico interesse. Quale occasione migliore per bloccare tutto rispedendo il dossier al mittente? Eppure Berdini non ha approfittato di un rigore a porta vuota. Sarebbe interessante capire perché. Sicuramente le vicende Olimpiadi, Torri dell’Eur e Fiera di Roma avrebbero reso difficile per la Raggi esprimere un altro «no» anche allo Stadio, dato che i tifosi non guardano tanto al voto espresso nelle urne ma al colore della maglia. Inoltre, il rischio di esporre il Campidoglio a unacausa di risarcimento miliardaria – già ventilata nei mesi scorsi da ambienti romanisti – era troppo elevato. Però, a pagina 21 della relazione firmata dall’architetto VittoriaCrisostomi (la stessa che rappresenta il Comune in Conferenza di Servizi), si scrive che il progetto, nel calcolo della Superficie Utile Lorda, chiamata Sul (ovvero il parametro sul quale si calcola lo sviluppo in termini di cubature che un terreno può avere) non rispetta le norme e soprattutto viola le prescrizioni contenute nella delibera di pubblico interesse. Ma Berdini, come detto, ha preferito spedire il dossier in Regione dove si è aperta la pratica nella Conferenza di Servizi. L’ok finale alle nuove condizioni sarebbe per Berdini un gran risultato che gli eviterebbe critiche sia dai tifosi grillini che dai romanisti.

I PILASTRI – Tre sono, secondo quanto si apprende, i pilastri sui quali Berdini dovrebbe basarsi per ottenere la cancellazione di due torri su tre. Il primo sono i calcoli per la «Sul». Il secondo è il problema dei parcheggi. Il terzo, il ponte carrabile sul Tevere a Parco de’ Medici con annessa strada di collegamento fra questo e l’asse via del Mare/Ostiense. Per quanto riguarda le cubature, già quando venne presentata la bozza di progetto a giugno 2015, gli uffici capitolini ravvisarono una serie di errori macroscopici. E anche nel dossier definitivo di maggio 2016, secondo la stessa «relazione Crisostomi», ci sono nuovi errori: i progettisti hanno escluso dal calcolo della «Sul» tutta una serie di elementi, come «serre, locali tecnici, spazi interamente chiusi come gli androni», lasciando dentro solo quelli che producono utili. Questi errori feceroinfuriare Pallotta e costarono la poltrona al responsabile del progetto Mark Pannesche, a dicembre 2015, venne sostituito da David Ginsberg e i proponenti chiesero a tutti i tecnici di ricalcolare esattamente la «Sul».

ABBAGLI E PARCHEGGI – Le imprecisioni che vengono ravvisate dagli uffici comunali anche nella versione 2016 del progetto potrebbero portare a una revisione dei metri cubi e, di conseguenza, a una riduzione del cemento rispetto al progetto presentato. Secondo paletto: i parcheggi. Sarebbero insufficienti, secondo gli uffici, a garantire il rispetto delle norme per la parte stadio e per l’area commerciale. La nuovaTor di Valle, infatti, deve essere considerata anche come una zona commerciale e, quindi, avere dei posti auto dedicati: non si può evitare una potenziale sovrapposizione fra chi va allo Stadio per una partita che si giochi in contemporanea all’orario di apertura dei negozi e chi invece vuole andare a fare shopping nei centri all’interno dell’impianto. Il risultato, perciò, dovrebbe essere un aumento della superficie da dedicare ai parcheggi. Che, per compensare, verrebbero affidati nella gestione e negli incassi aiproponenti (Pallotta e Parnasi) cambiando l’attuale delibera che prevede i posti auto come opera compresa fra quelle obbligatorie per legge (a standard) e non tra quelle di pubblico interesse. Ma c’è di più. Si potrebbe aprire anche un potenziale contenzioso: per assegnare la gestione di un servizio come i parcheggi occorre una gara d’appalto e non un affidamento diretto.

IL PONTE NON C’E’ PIU – Il terzo passaggio che potrebbe essere tentato dal Campidoglio per ridurre le cubature date in compensazione alla Roma è contemporaneamente il più delicato e il più impattante. Ed è la cancellazione del ponte carrabile sul Tevere con svincolo sulla Roma-Fiumicino e con la strada di collegamento con Stadio e via del Mare/Ostiense. Il risultato composto di questi tre pilastri, quindi, diviene una variazione enorme della cubatura data a compensazione ma anche una altrettanto enorme riduzione delle opere sulle quali si basa non solo l’interesse sportivo della As Roma ma l’interesse pubblico della città: almeno due torri potrebbero andar via. Con un risparmio per il duo Parnasi-Pallotta, fra costo delle due torri e quello del ponte, che supera il mezzo miliardo di euro e una diminuzione del valore delle opere pubbliche che scendono da 445 milioni di euro a 340.

LA CONFERENZA FINALE – Tutto questo valzer verrebbe fatto in Conferenza di Servizie «reggerebbe» ad una sola condizione: l’accordo del Campidoglio con il presidente americano e il costruttore romano. Se Pallotta e Parnasi si opponessero in sede giudiziale chiedendo il rispetto della delibera di pubblico interesse del 2014 e dei suoi «paletti», Berdini potrebbe trovarsi in difficoltà. Ma l’intera operazione fra Torri dell’Eur e Unicredit muterebbe in modo fondamentale il quadro economico. A nessuno, a questo punto, converrebbe irrigidirsi. Soprattutto ai «proponenti» che non trarrebbero più giovamento da un progetto divenuto troppo ingombrante e poco vendibile. Non sarebbe più nell’interesse di Eurnova, qualora Unicredit «mollasse» davvero il presunto acquisto di una delle torri di Tor di Valle, spingere per la conferma complessiva del progetto. Da bravo imprenditore, Parnasi è uomo abituato a trattare e nulla fa ipotizzare una sua resistenza a questo nuovo assetto. Dal lato As Roma – contattata da Il Tempo – il discorso si rivela molto semplice: lasciateci fare la parte sportiva del complesso, a partire dallo Stadio, se poi spendiamo di meno, siamo più contenti. In Conferenza di Servizi, quindi, questi possibili nuovi accordi verrebbero fatti passare per prescrizioni einseriti in variante. Se tutto quello che abbiamo fin qui rivelato dovesse verificarsi per Berdini sarebbe l’apoteosi: andando in Consiglio comunale, l’assessore farebbe votare all’Aula una variante che riscriverebbe anche parzialmente la delibera Marino, prendendo atto che sono intervenute delle modifiche accettate da tutte le parti. E il gioco è fatto.

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19 ore fa, 19ouch83 ha scritto:

IL TEMPO (F. M. MAGLIARO) – Lo Stadio della Roma si farà, ma non più come lo avevamo ammirato nei plastici e nei prospetti per la stampa: avremo due grattacieli in meno, nessun nuovo ponte sorgerà sul Tevere e il prolungamento della Metro B non si farà più. Col risultato che per andare a vedere i giallorossi, i tifosi – finanche quelli di Decima, Malafede, Torrino più prossimi allo stadio – avranno una sola strada percorribile dove rimanere imbottigliati: la via del Mare. Con tanti saluti all’avveniristico progetto del presidente Pallotta e del costruttore Paransi. Una rivoluzione urbanistica che il Tempo vi racconta in esclusiva. Tifosi a parte, gli altri protagonisti della partita potranno dirsi contenti: l’assessore grillino all’Urbanistica, Paolo Berdini, per aver ottenuto lariduzione delle cubature; Pallotta e Parnasi perché spenderanno meno (oltre mezzo miliardo sul miliardo e 650 milioni di euro previsti); si sistemeranno le torri dell’Eur dove potrebbe andare Unicredit; Telecom risparmia e potenzierà le sedi di Pomezia, Parco Leonardo e Torpagnotta; e Cassa Depositi e Prestiti si libererà dell’ingombrante scheletro delle Torri dell’Eur. C’è un sottile e assai complesso filo rosso che lega la storia delle Torri dell’Eur con quella dello Stadio di Tor di Valle. L’abbandono del progetto di fare dei grattacieli vicino il Laghetto il quartier generale di Telecom, libera una casella nel grande domino dello Stadio. Sembrano storie diverse, lontane, ma così non è. La seconda mossa di questo risiko urbanistico è quella del ricorso al Tar contro la decisione di Berdini di revocare il permesso a costruire all’azienda telefonica. Ricorso che non impedirebbe a Telecom di sciogliere la società con Cassa Depositi e Prestiti e di lasciare le Torri dell’Eur al loro destino. Davanti al Tar, però, il rischio è che gli atti della Giunta Raggi vengano annullati facendo tornare i due palazzi pronti per un nuovo «inquilino».

IL RUOLO DELLA BANCA – A dar retta ai boatos capitolini potrebbe essere Unicreditgià tirata in ballo per l’acquisizione di una delle tre torri progettate dall’archistar DanielLibeskind, che dovevano venir su accanto allo Stadio come compensazione per le opere pubbliche, da utilizzare come centro direzionale della banca. Questa compensazione – sempre a dar retta ai funzionari del Campidoglio – avrebbe permesso al costruttore LucaParnasi di fare pari e patta dei circa 500 milioni di euro della sua esposizione debitoria proprio con il gruppo Unicredit. Il 26 luglio 2016 il vicepresidente della banca, PaoloFiorentino, «esce» da Unicredit. Il dirigente non sarebbe stato solo l’uomo che ha guidato il passaggio del pacchetto azionario dell’As Roma dai Sensi agli americani, ma anche il riferimento del Gruppo Parnasi dentro l’Istituto. Il 3 agosto 2016 Unicredit vara un piano di riassetto delle società del Gruppo Parnasi: con questo atto, di fatto, al costruttore rimangono in mano alcune aziende. La principale è la Eurnova, proprietaria dei terreni di Tor di Valle e partner della Roma nell’affaire Stadio. Insistenti indiscrezioni raccolte da Il Tempo in ambienti capitolini narrano di Unicredit pronta a «mollare» una delle tre torri dello stadio per traslocare, a costi molto più bassi, dentro quelle di Ligini all’Eur, che tornerebbero sul mercato qualora il Tar annullasse gli atti della Giunta Raggi. Tutto questo modificherebbe sostanzialmente le pre-condizioni economiche dell’affare Stadio. Fino a 6 mesi fa, Parnasi doveva portare a casa l’impianto come da progetto con le tre torri tutte intere, visto che una era già «assegnata» a Unicredit. La ristrutturazione agostana del debito e il «bonus» che Parnasi percepirà dalla Roma se il progetto verrà approvato in via definitiva avrebbero, di fatto, «messo in sicurezza» il costruttore. Che, quindi, ora potrebbe sedersi al tavolo delle trattative con il Comune con maggiore serenità.

IL GIOCO DI BERDINI – L’Assessore grillino, per modificare il progetto, aveva una sola strada istituzionale: portare una nuova delibera in Consiglio comunale che cambiasse quella votata sotto Marino, diminuendo le cubature assegnate ai proponenti. Nelle sue dichiarazioni rese in occasioni ufficiali e non, Berdini ha sempre fatto fuoco e fiamme contro il progetto Stadio, definito uno «scempio urbanistico» costruito «in un deserto». Il 29 luglio, gli uffici comunali gli hanno fornito l’arma per sopprimere quello «scempio» ma lui non ha ritenuto di premere il grilletto: sulla sua scrivania è arrivata una relazione (prot. 141124/2016) letta da Il Tempo, in cui si mette nero su bianco che il progetto non rispetta i dettami della delibera di pubblico interesse. Quale occasione migliore per bloccare tutto rispedendo il dossier al mittente? Eppure Berdini non ha approfittato di un rigore a porta vuota. Sarebbe interessante capire perché. Sicuramente le vicende Olimpiadi, Torri dell’Eur e Fiera di Roma avrebbero reso difficile per la Raggi esprimere un altro «no» anche allo Stadio, dato che i tifosi non guardano tanto al voto espresso nelle urne ma al colore della maglia. Inoltre, il rischio di esporre il Campidoglio a unacausa di risarcimento miliardaria – già ventilata nei mesi scorsi da ambienti romanisti – era troppo elevato. Però, a pagina 21 della relazione firmata dall’architetto VittoriaCrisostomi (la stessa che rappresenta il Comune in Conferenza di Servizi), si scrive che il progetto, nel calcolo della Superficie Utile Lorda, chiamata Sul (ovvero il parametro sul quale si calcola lo sviluppo in termini di cubature che un terreno può avere) non rispetta le norme e soprattutto viola le prescrizioni contenute nella delibera di pubblico interesse. Ma Berdini, come detto, ha preferito spedire il dossier in Regione dove si è aperta la pratica nella Conferenza di Servizi. L’ok finale alle nuove condizioni sarebbe per Berdini un gran risultato che gli eviterebbe critiche sia dai tifosi grillini che dai romanisti.

I PILASTRI – Tre sono, secondo quanto si apprende, i pilastri sui quali Berdini dovrebbe basarsi per ottenere la cancellazione di due torri su tre. Il primo sono i calcoli per la «Sul». Il secondo è il problema dei parcheggi. Il terzo, il ponte carrabile sul Tevere a Parco de’ Medici con annessa strada di collegamento fra questo e l’asse via del Mare/Ostiense. Per quanto riguarda le cubature, già quando venne presentata la bozza di progetto a giugno 2015, gli uffici capitolini ravvisarono una serie di errori macroscopici. E anche nel dossier definitivo di maggio 2016, secondo la stessa «relazione Crisostomi», ci sono nuovi errori: i progettisti hanno escluso dal calcolo della «Sul» tutta una serie di elementi, come «serre, locali tecnici, spazi interamente chiusi come gli androni», lasciando dentro solo quelli che producono utili. Questi errori feceroinfuriare Pallotta e costarono la poltrona al responsabile del progetto Mark Pannesche, a dicembre 2015, venne sostituito da David Ginsberg e i proponenti chiesero a tutti i tecnici di ricalcolare esattamente la «Sul».

ABBAGLI E PARCHEGGI – Le imprecisioni che vengono ravvisate dagli uffici comunali anche nella versione 2016 del progetto potrebbero portare a una revisione dei metri cubi e, di conseguenza, a una riduzione del cemento rispetto al progetto presentato. Secondo paletto: i parcheggi. Sarebbero insufficienti, secondo gli uffici, a garantire il rispetto delle norme per la parte stadio e per l’area commerciale. La nuovaTor di Valle, infatti, deve essere considerata anche come una zona commerciale e, quindi, avere dei posti auto dedicati: non si può evitare una potenziale sovrapposizione fra chi va allo Stadio per una partita che si giochi in contemporanea all’orario di apertura dei negozi e chi invece vuole andare a fare shopping nei centri all’interno dell’impianto. Il risultato, perciò, dovrebbe essere un aumento della superficie da dedicare ai parcheggi. Che, per compensare, verrebbero affidati nella gestione e negli incassi aiproponenti (Pallotta e Parnasi) cambiando l’attuale delibera che prevede i posti auto come opera compresa fra quelle obbligatorie per legge (a standard) e non tra quelle di pubblico interesse. Ma c’è di più. Si potrebbe aprire anche un potenziale contenzioso: per assegnare la gestione di un servizio come i parcheggi occorre una gara d’appalto e non un affidamento diretto.

IL PONTE NON C’E’ PIU – Il terzo passaggio che potrebbe essere tentato dal Campidoglio per ridurre le cubature date in compensazione alla Roma è contemporaneamente il più delicato e il più impattante. Ed è la cancellazione del ponte carrabile sul Tevere con svincolo sulla Roma-Fiumicino e con la strada di collegamento con Stadio e via del Mare/Ostiense. Il risultato composto di questi tre pilastri, quindi, diviene una variazione enorme della cubatura data a compensazione ma anche una altrettanto enorme riduzione delle opere sulle quali si basa non solo l’interesse sportivo della As Roma ma l’interesse pubblico della città: almeno due torri potrebbero andar via. Con un risparmio per il duo Parnasi-Pallotta, fra costo delle due torri e quello del ponte, che supera il mezzo miliardo di euro e una diminuzione del valore delle opere pubbliche che scendono da 445 milioni di euro a 340.

LA CONFERENZA FINALE – Tutto questo valzer verrebbe fatto in Conferenza di Servizie «reggerebbe» ad una sola condizione: l’accordo del Campidoglio con il presidente americano e il costruttore romano. Se Pallotta e Parnasi si opponessero in sede giudiziale chiedendo il rispetto della delibera di pubblico interesse del 2014 e dei suoi «paletti», Berdini potrebbe trovarsi in difficoltà. Ma l’intera operazione fra Torri dell’Eur e Unicredit muterebbe in modo fondamentale il quadro economico. A nessuno, a questo punto, converrebbe irrigidirsi. Soprattutto ai «proponenti» che non trarrebbero più giovamento da un progetto divenuto troppo ingombrante e poco vendibile. Non sarebbe più nell’interesse di Eurnova, qualora Unicredit «mollasse» davvero il presunto acquisto di una delle torri di Tor di Valle, spingere per la conferma complessiva del progetto. Da bravo imprenditore, Parnasi è uomo abituato a trattare e nulla fa ipotizzare una sua resistenza a questo nuovo assetto. Dal lato As Roma – contattata da Il Tempo – il discorso si rivela molto semplice: lasciateci fare la parte sportiva del complesso, a partire dallo Stadio, se poi spendiamo di meno, siamo più contenti. In Conferenza di Servizi, quindi, questi possibili nuovi accordi verrebbero fatti passare per prescrizioni einseriti in variante. Se tutto quello che abbiamo fin qui rivelato dovesse verificarsi per Berdini sarebbe l’apoteosi: andando in Consiglio comunale, l’assessore farebbe votare all’Aula una variante che riscriverebbe anche parzialmente la delibera Marino, prendendo atto che sono intervenute delle modifiche accettate da tutte le parti. E il gioco è fatto.

Praticamente una cattedrale nel deserto. E a quando la posa della prima pietra?

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Joined: 12-Aug-2006
16938 messaggi

Vedo un accordo cervellotico e con troppi attori in campo, compresa la politica.

La cosa più importante quando si fanno progetti di questo tipo è l'aspetto dei trasporti, della fruibilità della zona e degli impianti nel proprio complesso, altrimenti si rischiano di innescare problemi di altro tipo. 

Rispetto all'accordo iniziale c'è cmq un bel ridimensionamento.

Auguri:sisi:

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Joined: 05-Oct-2007
27919 messaggi

cioè la Via del Mare è intasata già da sola la notte nei giorni feriali....:261:

immagino la Domenica pomeriggio/sera con uno stadio in più....

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Joined: 15-Apr-2007
7623 messaggi

 

 

Tor di Valle, a giudizio per bancarotta gli ex titolari dell'area scelta per lo stadio

 

IL MESSAGGERO (S. Canettieri)Bancarotta, distrazione dell'Iva e strani manovre dietro la cessione dei terreni dove dovrebbe nascere l'«ecomostro», così lo chiamano gli ecologisti, di Tor di Valle. Un affare per il quale sono stati rinviati a giudizio quattro ex amministratori della Sais, società già proprietaria del terreno sul quale dovrebbero sorgere lo stadio e i grattacieli, e della «Ippodromo di Tor di Valle», società che affittò il sito. Il processo comincerà il 16 gennaio. Ed è l'ennesima tegola giudiziaria su un progetto che continua ad andare a rilento, per via delle tante carenze tecniche che continuano a emergere.

 

L'INCHIESTA Sotto processo, su richiesta del pm Mario Dovinola, sono finiti gli imprenditori Gaetano e Umberto Papalia, già presidente e componente del cda della Ippodromo Tor di Valle, nata nel 2008 per la gestione del galoppatoio e fallita nel giugno 2013, nonché soci e detentori del capitale della Sais (fallita nel 2014); inoltre Umberto Ciccozzi, liquidatore della Ippodromo Tor di Valle, e Michele Saggese, ex amministratore unico della Sais. L'anno chiave della vicenda è il 2013, quando avvenne l'anticipata rescissione del contratto di locazione del terreno, per canoni non pagati, a fronte di una scadenza nel 2016. In questo modo sono stati privati i creditori di Sais e di Ippodromo di Tor di Valle dei proventi che sarebbero derivati dallo sfruttamento dei terreni poi acquistato, sempre nel 2013, dall'imprenditore Luca Parnasi e poi ceduto alla società che dovrebbe portare a termine l'operazione calcistico-immobiliare.

 

LA PARTITA DI GIRO Secondo gli atti che hanno portato a questi quattro rinvii a giudizio, gli imputati avrebbero messo in atto una «manovra artificiosa», si legge negli atti. E cioè il terreno sarebbe stato fatto rientrare in possesso della Sais «libero da gravami» e pronto per essere ceduto al costruttore Parnasi (che non compare nell'inchiesta) che in questa area vuole costruire lo stadio e soprattutto altri edifici commerciali per quasi un milione di metri cubi di cemento. In sostanza la società Ippodromo Tor di Valle sarebbe stata portata al fallimento con «operazioni dolose», l'ultima delle quali consisterebbe nella restituzione prima del tempo del bene principale che aveva in gestione, cioè il galoppatoio.

L' attività di «distrazione» si aggira intorno a circa 2,5 milioni di euro e coinvolge appunto Gaetano e Umberto Papalia dalla Ippodromo Tor Di Valle e l'omesso versamento di tributi per alcuni milioni di euro.

 

13/10/2016

 

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Joined: 15-Apr-2007
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