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CRAZEOLOGY

Topic "C O M P L O T T O D I F A M I G L I A"

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Joined: 20-Apr-2009
40693 messaggi

1. SIETE PRONTI PER LA “LA STAMPA DELLA SERA”? IERI SI È COMPIUTO IL PRIMO PASSO PER LA FUSIONE DEI QUOTIDIANI DI TORINO E MILANO: LA FIAT HA SMEMBRATO LA PUBLIKOMPASS - 2. SEMBRA UNA NOTIZIOLA DA BREVE IN ECONOMIA. INVECE OLTRE A LICENZIARE 87 PERSONE E CHIUDERE 16 SEDI DELLA CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÀ, ELKANN HA PRESO LA FEDELE RAFFAELLA PAPA E L’HA PIAZZATA IN RCS, A DIRETTO RIPORTO DI SCOTT JOVANE - 3. LA MANAGER DI PUBLIKOMPASS STUDIERÀ DISMISSIONI DI ATTIVITÀ NON STRATEGICHE (MICA SONO FINITE) E PREPARERÀ LA STRADA PER FONDERE PUBLIKOMPASS E RCS PUBBLICITÀ, PASSAGGIO FONDAMENTALE DEL SOGNO DI KAKY: UNIRE STAMPA E CORRIERE - 4. L’OPERAZIONE SI POTREBBE CONCLUDERE GIÀ L’ANNO PROSSIMO. MA DOPO AVER PORTATO I DEBITI DELLA “STAMPA” IN VIA SOLFERINO, GLI AZIONISTI RCS PERMETTERANNO A KAKY PURE DI SCEGLIERE IL DIRETTORE DEL NUOVO GIORNALE? LUI, COME È NOTO, PUNTA SU MARIOPIO CALABRESI. MA STA GIRANDO UN ALTRO NOME: ANTONIO POLITO -

A cura di Marco A. Capisani per "Italia Oggi"

Publikompass esce dalla raccolta della pubblicità locale per editori terzi e diventa di fatto la concessionaria della sola Stampa di Torino, mentre il gruppo Fiat piazza uno dei suoi manager più fidati, Raffaella Papa, in Rcs. La concessionaria del gruppo editoriale che fa capo alla Fiat non seguirà più testate come il Corriere della Sera di Bologna e di Firenze, la giornalaccio rosa del Mezzogiorno, la giornalaccio rosa del Sud e la Sicilia.

Entro la fine di quest'anno cesseranno tutti i rapporti di lavoro con gli editori terzi e quelli con scadenze successive andranno a decorrere naturalmente. In mobilità finiscono 87 lavoratori di Publikompass (oltre un terzo su un forza vendita complessiva di 233), dislocati per l'appunto da Bologna e Firenze fino alla Sicilia. Secondo quanto risulta a ItaliaOggi, invece, non dovrebbero essere toccati dal provvedimento i lavoratori del Nord Ovest tricolore.

Alla base della decisione della concessionaria, così come comunicato dalla stessa società in una lettera dello scorso 17 settembre, ci sono le stime sul fatturato 2013 pari a 67 milioni di euro, in calo del 23% sull'esercizio precedente. Ma considerando il periodo 2010-2013 la contrazione dei ricavi arriva al -51%. Motivo per cui in Publikompass (tra le ultime concessionarie a seguire la raccolta locale per editori terzi) ha escluso «misure temporanee» per arginare la crisi della pubblicità, preferendo invece cercare accordi coi singoli editori per cercare di riallocare i propri dipendenti.

Con l'ulteriore ridimensionamento di Publikompass (vedere ItaliaOggi del 30/12/2010), però, riprendono peso soprattutto le indiscrezioni di una possibile aggregazione tra la stessa Pk ed Rcs Pubblicità.

In questi giorni, inoltre, Raffaella Papa si sta trasferendo dalla Stampa al gruppo milanese. Con un passato in Exor e Rinascente, a Papa erano già state affidate le funzioni centrali di Itedi, holding controllata dal gruppo Fiat, oltre che la responsabilità amministrativa e delle risorse umane della Stampa. Adesso, Papa, donna di fiducia della famiglia Agnelli, trasloca in Rcs dove Fiat è divenuto il primo azionista col 20,55%.

L'incarico ufficiale è, da metà mese, quello di coprire la funzione corporate development & business change, a diretto riporto dell'a.d. Pietro Scott Jovane, sostituendo Roberto Ravagnani. Papa contribuirà quindi sia all'implementazione del piano strategico di Rcs e sul fronte dell'm&a (mergers and acquisitions, fusioni e acquisizioni, ndr) studierà le opportunità di joint venture, d'investimento e le possibili dismissioni di attività ritenute non strategiche da Rcs (il cui patto di sindacato si riunirà il 14 ottobre e non più lunedì prossimo).

Sempre in un'ottica di fusione Publikompass-Rcs Pubblicità, poi, alla concessionaria piemontese manca ancora il vertice di comando dopo le dimissioni del d.g. Maurizio Scanavino che, alla fine dello scorso giugno, è passato al gruppo del Secolo XIX.

Il prossimo passo per la concessionaria della Stampa sarà comunque l'avvio delle trattative per chiudere le sedici strutture operative tra Bologna, Firenze, Perugia, Caserta, Napoli, Catanzaro, Cosenza, Reggio Calabria, Bari, Lecce, Agrigento, Catania, Messina, Palermo, Siracusa e Trapani.

http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/1-siete-pronti-per-la-la-stampa-della-sera-ieri-si-compiuto-il-primo-63857.htm

Ma Polito e' un grande intertriste quindi Jaki mettera' un intertriste alla guida di La Stampa-RCS (credo che anche Calabresi sia intertriste a vicino a quelle posizioni la' - sinistra radical-chic - comunque)? Hai visto quanti intertristi stanno conducendo le trasmissioni su mamma rai ultimamente? Si parla anche di un ritorno del direttore della comunicazione intertriste.....

....bonolis...stanno monopolizzando i massmedia e noi li stiamo aiutando .oddio

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Joined: 18-Jul-2006
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Ma Polito e' un grande intertriste quindi Jaki mettera' un intertriste alla guida di La Stampa-RCS (credo che anche Calabresi sia intertriste a vicino a quelle posizioni la' - sinistra radical-chic - comunque)? Hai visto quanti intertristi stanno conducendo le trasmissioni su mamma rai ultimamente? Si parla anche di un ritorno del direttore della comunicazione intertriste.....

....bonolis...stanno monopolizzando i massmedia e noi li stiamo aiutando .oddio

...guarda, è solo che jaki-kaki sta venendo allo scoperto...e i primi chiari (e massicci) segnali si erano manifestati fin dal 2006...

...perché, te non lo hai ancora capito che è intertriste?...Crazeology ve lo ha detto così tante volte...

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Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi

Elkann torna a investire a Londra. Nel mirino lo Shell Centre

di LUCIANO MONDELLINI (MF MilanoFinanza 08-10-2013)

John Elkann starebbe per tornare a investire nel centro di Londra. Almacantar, la società immobiliare inglese controllata da Exor (con il 38,3%), è infatti interessata a investire in due edifici che faranno parte del nuovo complesso che sorgerà nell’area dell’ex Shell Centre, una zona da circa 44 mila metri quadrati situata a pochi passi dalla ruota panoramica di Londra, il celebre London Eye, sulla riva sud del Tamigi. Almacantar sarebbe infatti in trattative avanzate per concludere l’operazione con Canary Wharf Group e Qatari Diar, le società che stanno sviluppando l’area. L’operazione per la società degli Elkann dovrebbe aggirarsi sui 500 milioni di sterline, circa 592 milioni di euro al cambio attuale. Bisogna ricordare che, se andasse in porto, l’operazione sarebbe la quinta acquisizione che Almacantar chiude nel centro di Londra negli ultimi anni. Le altre quattro sono il Centre Point in Tottenham Court Road, la Marble Arch Tower nei pressi di Hyde Park, la Caa House non lontana dal Covent Garden e l’edificio in mattoni rossi situato al numero 125 su Shaftesbury Avenue.

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Joined: 20-Apr-2009
40693 messaggi

...guarda, è solo che jaki-kaki sta venendo allo scoperto...e i primi chiari (e massicci) segnali si erano manifestati fin dal 2006...

...perché, te non lo hai ancora capito che è intertriste?...Crazeology ve lo ha detto così tante volte...

Quindi e' vero che Jaki e' intertriste, io credevo che fosse intertriste di riflesso, per via della moglie

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Joined: 08-Jul-2006
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Quindi e' vero che Jaki e' intertriste, io credevo che fosse intertriste di riflesso, per via della moglie

poverino quanto ha da patire

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Joined: 24-Oct-2006
10629 messaggi

14 OTT 2013 12:30
1. SONO GIORNATE DECISIVE PER IL FUTURO DEL CORRIERONE DOVE LA FIAT DI KAKY ELKAN LA FA GIA’ DA PADRONA E S’APPRESTA A GOVERNARE L’RCS ALMENO FINO AL MARZO 2014 CON UN “PATTICCHIO” DEL 30% PREVISTO DALLA STATUTO DELL’AZIENDA - 2. PER L’ALITALIA DI CARTA RESTA L’INCOGNITA DELLA LA MONTAGNA DI DEBITI DA SCALARE (UN MILIARDO E MEZZO DI EURO) E UNA RIVOLUZIONE EDITORIALE VOLUTA DALL’AD SCOTT JOVANE E DALLA SUA PREMUROSA BADANTE FLEBUCCIO DE BORTOLI - 3. MENTRE STA PARTENDO LA CASSA INTEGRAZIONE, L’INTRODUZIONE DEL SISTEMA ‘’METHODE’’ FA CARTA STRACCIA DEL CONTRATTO DI LAVORO E DELLO STATUTO DEI GIORNALISTI - 4. MA QUANTO È DISPOSTO IL PARA-GURU ELKANN, PRESIDENTE DI FIAT CHE CONTROLLA L'EDITRICE ‘’LA STAMPA’’, A VERSARE AI SOCI RCS PER CONFERIRE IL QUOTIDIANO TORINESE NEL ‘’CORRIERE DELLA SERA’’ E REALIZZARE L'AGOGNATO "GIORNALONE DEL NORD"? ‘’LA STAMPA’’ INFATTI NEGLI ULTIMI 5 ANNI HA PERSO OLTRE 45 MILIONI DI EURO… -



DAGOREPORT

Milano. Giovedì mattina, 10 ottobre.
Abramo Bazoli recita le sue preghiere quotidiane nella chiesa di San Giuseppe in via Verdi, alle spalle della sede storica di Banca Intesa.
Un palazzone nel cuore della città distante soltanto pochi passi dalla Scala e dagli uffici della Banca Commerciale (Comit), che furono occupati dal mitico laico, Raffaele Mattioli.
L'edificio, disegnato dall'architetto Luca Beltrami, oggi è stato trasformato in gran parte in un museo dal pio professore bresciano quasi a voler cancellare, con protervia, anche l'ultima traccia di quel nobile istituto a suo tempo l'unico conosciuto e stimato in tutto il mondo.

E inginocchiato davanti all'altare, nelle sue orazioni forse il Gran Sacerdote della "finanza bianca" potrebbe aver invocato anche un aiutino del Padreterno nel tentativo estremo di riportare la pace tra i pattisti dell'Rcs Mediagroup.
Un "miracolo" che, almeno a dare ascolto alle voci raccolte a piazza Affari, è ancora lontano dal svelarsi sotto il cielo rannuvolato di via Solferino (e dintorni).

2013, LA GRANDE FUGA DAL "SALOTTO DI CARTA"?
Le ultime notizie che il notaro-ambasciatore, Piergaetano Marchetti, incaricato di sondare gli umori degli azionisti, ha (ri)portato all'orecchio dell'afflitto nume tutelare del Corrierone non sono davvero incoraggianti.
Dall'ex "salotto buono" (di carta), in buona sostanza, tutti hanno una gran voglia di scappare ben prima della scadenza del patto fissata per marzo 2014. Dopo averci rimesso una montagna di danari.
Un'uscita non indolore, per non perdere altri capitali nell'impresa.
Quanto alla faccia (impresentabile) l'hanno persa da qualche tempo.

Ma la disdetta dal patto, secondo quanto recita il gotico statuto dell'Rcs, deve avvenire prima della prossima primavera.
La data fissata per slegarsi dall'intesa era stata stabilita per il 14 settembre.
Poi, vista l'aria fetida che tirava tra gli azionisti del gruppo, è stata prorogata al prossimo 31 ottobre.

L'ATTESA PER IL "D DAY" DEL 31 OTTOBRE
Dunque, non resta che aspettare il "D Day" di fine mese per sapere se la disastrata Mediobanca di Nagel&Pagliaro, secondo pattista forte con il 14,73%, confermerà l'intenzione - come più volte annunciato - di volersi disfare della sua partecipazione diventata all'improvviso non più strategica da piazzetta ex Cuccia, ora ribattezzata largo Via dei "Papelli" Ignoti.

E se sulla strada del disimpegno Mediobanca sarà seguita da Unipol (ex Fondiaria di Ligresti) con 5,43%; Pirelli-Tronchetti Provera (5,4%); Immobiliare-Pesenti (3,8%), la Popolare di Carlo Bonomi (3,6%), Generali e la famiglia Merloni(0,5%).

DAL PATTO RICCO "MI CI FICCO" AL PATTINO DI YAKY
Tutto può ancora accadere in Rcs sul piano dell'azionariato pattista, insomma.
Tant'è che fin quando non si chiuderà il cerchio magico dell'azionariato forte nessuna ipotesi sul futuro del Corriere e del suo direttore, Flebuccio de Bortoli - mutatosi nella badante premurosa dell'amministratore delegato Scott Jovane -, può essere fatta con un minimo di attendibilità.

Che cosa accadrà il 31 ottobre?
Intanto, l'architettura dello statuto prevede, che in caso di recesso di alcuni soci forti (costretti a vendere le loro quote agli altri azionisti vincolati), il patto - che oggi detiene il 60,74% -, "resta in essere" almeno fino alla primavera 2014, sempre che la nuova compagnia riesca a rappresentare il 30% del capitale ordinario.

GOVERNARE IL "CORRIERE" CON IL 30% E I "TORINESI"
Ecco perché, sostenuto da Sergio Marchionne nella faida con lo scarparo Diego Della Valle ("Rcs è una nostra scelta strategia", ha dichiarato il Marpionne ferito nell'orgoglio), Yaky Elkan è convinto di poter continuare a fare il bello e cattivo tempo nell'ex Rizzoli con un "patticchio" al 30%.
Alla vigilia dell'incontro del vecchio patto annunciato per lunedì prossimo 14 ottobre, è questo lo scenario che ha il maggiore appeal.
E a confermare la futura presa di potere della Fiat post Agnelli c'è pure l'arrivo in massa dei "torinesi" al Corrierone.

Dopo Scott Jovane, in via Solferino è approdata in direttamente via Exor-Stampa, Raffaella Papa che affiancherà l'amministratore delegato. Ed è dell'altro giorno la notizia che il torinese Claudio Calabi, ex numero uno di Rcs fino al febbraio 2001 quando fu messo bruscamente alla porta 2001 da Cesare Romiti, andrà a presiedere la Pandette. L'holding dello scomparso re della Sanità lombarda, Giuseppe Rotelli (3,37%).

Il che sembra rafforzare l'ipotesi, appunto, di un ritorno in forza del Corrierone nell'area Fiat. Com'era avvenuto già, e ben due volte, nell'era di Gianni Agnelli.
Tra i "torinesi" acquisiti o vicini al nipote dell'Avvocato va incluso anche, sia pure fuori dall'attuale patto, l'editore de La7 e presidente del Torino Calcio, Urbano Cairo, (2,8%) che qualcuno, invece, dava per contiguo a Dieguito Della Valle.

MA COME SALVARE l'ALITALIA DELLA CARTA STAMPATA?
Al di là della bontà delle nobili intenzioni della Fiat di Elkann di salvare il Corrierone dal fallimento, resta in piedi la montagna di debiti che i Poteri marci hanno accumulato negli ultimi anni. Nell'ultima semestrale presentata dall'Rcs si leggono numeri paurosi. Un miliardo e mezzo di Euro, con buona pace del Gabibbo alle vongole, Sergio Rizzo, che sul Corriere si straccia di sdegno per il rosso astronomico dell'Alitalia:

"Il totale delle passività correnti del Gruppo Rcs al 30 giugno 2013 ammonta a 1.564,7 milioni depurate delle poste prive di una scadenza contrattuale quali le Quote a breve termine fondi rischi ed oneri e i debiti derivati dalla valutazione a patrimonio netto di partecipate del Gruppo, sono pari a 1.472,9 milioni. Le posizioni non scadute, pari a 1.406,8 milioni, rappresentano oltre 95% del totale. Al 30 giugno 2013 non si rilevano scaduti per posizioni debitorie finanziarie, tributarie e previdenziali".

UN SECOLO DOPO LA CASSA INTEGRAZIONE AL "CORRIERE"
Roma. Mercoledì 9 ottobre. Il comitato di redazione alza bandiera bianca e al ministero del Lavoro accetta lo "stato di crisi" imposto dall'azienda in default (non per colpa dei giornalisti).

Dal 1 novembre partirà la cassa integrazione per tutta la redazione. E, gradualmente, si procederà agli oltre settanta pensionamenti annunciati. E' la prima volta che ciò accade in via Solferino nella sua lunga storia ultracentenaria.
Una resa incondizionata, benedetta dal direttore Flebuccio de Bortoli, che da qualche tempo, come detto, si muove in perfetta sintonia con il "rottamatore" di casa Agnelli, Pietro Scott Jovane.

E c'è del Méthode made Fiat-La Stampa su come la redazione, forse pure inconsapevolmente, alla vigilia di Natale dello scorso anno ha accettato l'introduzione del nuovo sistema editoriale (Méthode) che, di fatto, straccia ogni garanzia e autonomia professionale sancita dal contratto nazionale del lavoro e lo stesso mitico Statuto dei giornalisti del Corriere.

LA REDAZIONE S'IMARCA SU UNA ZATTERA SENZA META
E l'ultimo piano editoriale presentato alla redazione dai due "becchini" dell'edizione di carta (Jovane&deBortoli) è la messa in pratica di una nuova organizzazione del lavoro che, nonostante le premesse (o promesse) non salverà un terzo dei redattori dall'uscita forzosa dal quotidiano.
Resta così il mistero su quali "garanzie" reali la truppa del "Corriere" abbia scelto di salire su una zattera di salvataggio che, nolente o volente, presto sarà costretta ad abbandonare il porto storico di via Solferino per approdare nella palude di Crescenzago.
Un viaggio ricco d'incognite dato che a tutt'oggi non si conoscono ancora né i futuri armatori (azionisti di riferimento) né la rotta imprenditoriale da seguire.

PS
Qualche azionista importante di Rcs Media Group si pone in queste ore una domanda alla vigilia della riunione di questo pomeriggio del patto di sindacato. Ma quanto è disposto John Elkann, presidente di Fiat che controlla l'Editrice la Stampa, a versare ai soci Rcs per conferire il quotidiano torinese nel Corriere della Sera e realizzare l'agognato "giornalone del Nord"?

La Stampa infatti negli ultimi 5 anni ha perso oltre 45 milioni di euro: -4,3 milioni nel 2008, -14,4 milioni l'anno dopo e -27 milioni nel 2012 dopo due anni di utili risicati, a 336.000 euro nel 2010 e 714.000 euro l'anno dopo. Insomma, per realizzare la fusione fra i due giornali e liberare le auspicate sinergie editoriali, c'è da pagare un badwill, considerato che il Corriere è in pareggio.

http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/1-sono-giornate-decisive-per-il-futuro-del-corrierone-dove-la-fiat-di-kaky-64543.htm

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14 OTT 2013 18:59
LA VERA FINE DEL SALOTTO BUONO: “SCIOLTO IL PATTO DI SINDACATO RCS” - MERLONI: “LIBERI TUTTI, PER ORA NON CI SONO ALTERNATIVE”

Non tanto a piazzetta Cuccia, già in declino da anni: era dentro al “Corriere” l’ultimo bastione dei poteri forti che furono - La riunione del patto ne ha decretato lo scioglimento: Intesa, Mediobanca, Merloni, Pirelli non volevano più fare i portatori d’acqua per la Fiat…

Radiocor - 'Il Patto e' sciolto, liberi tutti'. Lo ha annunciato Francesco Merloni uscendo dalla sede di via San Marco riferendosi alla decisione che e' stata adottata nel corso della riunione fra i soci del Patto di sindacato che e' durata poco piu' di due ore. A chi gli chiedeva se ci sono gia' delle alternative al sindacato sciolto, Merloni ha replicato 'No'.

http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/la-vera-fine-del-salotto-buono-sciolto-il-patto-di-sindacato-rcs-merloni-liberi-64595.htm

Bene, bene, bene... mh

Modificato da CRAZEOLOGY

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15 OTT 2013 20:28
QUELLO CHE SERVIVA A RCS: SOLDI? NO, UN BEL COMITATO INTERNAZIONALE! DIRETTO DA ELKANN, NATURALMENTE - COOPTATO GUARNERI AL POSTO DI ROTELLI
Il Cda ha poi deliberato la costituzione di un International Advisory Council, che si riunira' annualmente con presidente, vice presidente, a.d. e top management - Membri: Mathias Dopfner di Axel Springer, Xavier Niel co-editore di Le Monde, Martin Sorrell di WPP, Pietro Supino di Tamedia, Robert Thomson di News Corp…


Radiocor - Il Cda di Rcs MediaGroup, dopo oltre quattro ore di riunione, ha cooptato in sostituzione di Giuseppe Rotelli - Attilio Guarneri, appartenente alla medesima lista 'di minoranza' di candidati presentata dal socio Pandette in occasione della nomina dell'attuale Cda ed a cui apparteneva Giuseppe Rotelli. Il Consiglio ha quindi valutato Attilio Guarneri quale amministratore indipendente.
Il Cda ha poi deliberato la costituzione di un International Advisory Council, che si riunira' annualmente con presidente, vice presidente, a.d. e top management del gruppo per delineare e rispondere ai futuri scenari di sviluppo in una fase caratterizzata da forti cambiamenti 'puntando in particolare sulle aree delle soluzioni digitali, della creazione di community e della pubblicita''.
Il Council, spiega la nota, mettera' a frutto l'esperienza che i suoi membri hanno maturato in tutto il mondo, per offrire spunti, proposte e riflessioni di natura strategica, in otti ca di medio-lungo periodo. I membri dell'International Advisory Council sono Mathias Dopfner, presidente e ceo Axel Springer, Xavier Niel, fondatore Gruppo Iliad e co-editore di Le Monde, Sir Martin Sorrell, ceo WPP, Pietro Supino, editore e presidente Tamedia, Robert Thomson, ceo News Corp, e John Elkann, che ha proposto e coordinera' l'International Advisory Council, la partecipazione al quale sara' su base volontaria.
Con la cooptazione di Guarneri si completa l'assetto dell'organo societario dopo la scomparsa di Rotelli che ricopriva la carica di vice presidente. Il consiglio, dopo la delibera assembleare che ne ha stabilito la riduzione del numero di consiglieri, e' composto da otto membri (se si esclude il presidente onorario Cesare Romiti) ed e' presieduto da Angelo Provasoli, mentre la carica di vice presidente e' affidata a Roland Berger.
Il management di Rcs Mediagroup, nella riunione odierna, ha condiviso con il consiglio la volonta' di incontrare investitori e comunita' finanziaria in occasione di un Investor Day, da tenersi presumibilmente tra il 10 e il 20 marzo 2014, successivamente al Cda per approvazione del progetto di bilancio d'esercizio, bilancio consolidato, e relativa relazione sulla gestione, al 31 dicembre 2013.

http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/quello-che-serviva-a-rcs-soldi-no-un-bel-comitato-internazionale-diretto-da-elkann-64664.htm

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Joined: 24-Oct-2006
10629 messaggi

22 OTT 2013 17:28
DIEGUITO DELLA VALLE SPARA PALLONATE CONTRO I FURBETTI DI VIA SOLFERINO, BAZOLI E ELKANN - NO ALL’IPOTESI DI FUSIONE “CORRIERE”-“LA STAMPA”, SE CI PROVATE, VI TRASCINO TUTTI IN TRIBUNALE
Bazoli e' un uomo finito, come banchiere e come padre nobile del ‘’Corriere’’. E Kaki Elkann non pensi di comandare in Rcs e magari di portarci dentro i bilanci in rosso della ‘’Stampa’’, con un'operazione di smaltimento che sarebbe utile solo ai bilanci degli Agnelli…


Giovanni Pons per "la Repubblica"

Dottor Della Valle, alcuni azionisti di Rcs Mediagroup hanno deciso di sciogliere il patto di sindacato che esisteva dal 1984. Lei da molto tempo si è dichiarato contrario a questo tipo di accordi, ora che cosa dice?

«Con una presa di coscienza di azionisti vecchi e nuovi, anche se non tutti, si è capito che con il patto non si andava da nessuna parte. È finita questa idea di gestione medievale, anche se con molti anni di ritardo, e ora l'azienda ha l'opportunità di essere gestita pensando ai risultati e alla creazione di valore per gli azionisti. Vedremo se ne sarà capace».

In futuro come verranno prese le decisioni chiave dell'azienda? Dovranno esserci cambiamenti nella governance?

«Come in tutte le aziende quotate. Credo che ora sia opportuno chiedersi se il cda attualmente in carica sia espressione degli azionisti rilevanti che ci sono oggi, e allo stesso modo se c'è fiducia nell'amministratore delegato. Dopodiché occorre capire se il piano industriale che si sta portando avanti sia veramente efficace e il migliore possibile per poter far uscire la Rcs dalla difficile situazione in cui si trova. Terzo, occorre garantire l'indipendenza e l'autonomia del Corriere della Sera dall'influenza di qualsivoglia socio».

Ha intenzione di rientrare personalmente a far parte del cda?

«Non sono disponibile a rientrare in alcun organo. Come azionista rilevante ritengo che il cda vada rivisto, mantenendo alcuni membri che hanno le caratteristiche di reputazione e indipendenza, mentre qualcun altro, che non possiede queste caratteristiche, deve prenderne atto. Servono altre persone competenti, oltre a quelle che ci sono già, e qualche "ciambellano" in meno».

Chi vorrebbe sostituire?

«Credo che l'inserimento di qualche personaggio che conosca bene questo mestiere e abbia una visione internazionale sia necessario, anche per supportare l'ad. Per quanto riguarda Scott Jovane, leggo che non sarebbe da me gradito: non è così, i nostri rapporti sono cordiali anche se, come è noto, io non considero adeguato il piano da lui preparato. La sua permanenza alla Rizzoli sarà decisa dai risultati che porterà a casa e non dalla vicinanza a questo o a quell'azionista».

John Elkann ha appena promosso la nascita di un Advisory board con personalità di spicco del mondo dell'editoria. Non crede sia sufficiente?


«Il cda dovrebbe focalizzarsi solo ed esclusivamente su quello che serve a mettere a posto i conti. Se poi qualcuno, avendo tempo libero, ha voglia di incontrare a colazione esponenti della stampa internazionale, non vedo nulla di male. Importante sarebbe invece se alcune persone esperte di media volessero entrare in cda portando contributi veri allo sviluppo del gruppo».

Dunque secondo lei, dopo il ricambio in cda e la fiducia al management, occorre rivedere anche il piano industriale?

«Io dissi pubblicamente che il piano industriale non era adeguato, vedremo nei prossimi mesi l'andamento del business e, sulla base dei risultati che saranno ottenuti, faremo tutti le valutazioni necessarie. Nel frattempo, bisogna stare molto attenti a non preoccupare il mercato con operazioni non utili a Rcs come quelle con altre parti correlate ».

Per parti correlate intende La Stampa che è di proprietà della Fiat la quale è anche il primo azionista di Rcs con il 20,5%?

«Sento voci preoccupanti su ipotesi di accordi tra i due gruppi che sarebbero disastrosi per Rcs. Pertanto chi tenterà operazioni di questo tipo se ne assumerà la responsabilità anche a livello personale. Rcs ha già pagato alla Fiat il pedaggio Fabbri, operazione che non ha certo fatto bene a Rizzoli, e nessuno pensi che si possano riproporre cose simili».

E nella Rcs senza patto chi dovrà decidere le operazioni di carattere strategico?

«Da questo momento in poi è bene che le operazioni strategiche rilevanti vengano sottoposte al vaglio di chi ha investito molto nell'azienda. Credo nella logica delle decisioni condivise, e per molti azionisti oggi è importante solo che il gruppo sia ben diretto e che crei valore».

A suo parere basteranno questi interventi per rimettere in carreggiata la Rcs?

«Rimane comunque il grande errore di come è stato gestito l'aumento di capitale. Noi lo abbiamo contestato, anche legalmente, e ne chiederemo conto anche nelle sedi opportune, ma la Rcs si porterà dietro la scellerata gestione di quell'operazione. Invece di portare a una ristrutturazione di un debito che doveva risultare più leggero, ha destinato soldi alle banche e non allo sviluppo. Operazione costata centinaia di milioni ad alcuni azionisti».

E ora come giudica l'andamento del business in casa Rcs?

«Purtroppo non vedo al momento prodotti nuovi e interessanti da proporre al mercato. Vede, io vengo da una scuola che impone, nei momenti di crisi, uno sforzo maggiore da parte delle aziende per proporre prodotti innovativi che devono cercare di intercettare l'interesse dei clienti, in questo caso lettori e investitori pubblicitari. Inoltre in azienda non c'è certezza sul futuro per i continui malumori tra i soci. Mancano stimoli, le persone sono demotivate, si naviga a vista senza entusiasmo».

Perché, voi soci importanti, non la smettete di litigare?

«Come è noto a tutti, in Rcs oggi vi sono due scuole di pensiero. Quella degli azionisti che vogliono aziende ben dirette e buoni profitti e quella ancorata a vecchi sistemi in via di estinzione, che vivono di relazioni, di posti da occupare e di rapporti da gestire tra di loro sotto al tavolo con il vezzo di voler fare credere a tutti, compresi i giornalisti Rcs, che sono loro a "controllare" il gruppo ed il Corriere».

A chi si riferisce esattamente?

«E' evidente. Ma oltre a questo ci sono fatti positivi. Basta guardare all'atteggiamento di Mediobanca e Fonsai e anche di altri azionisti che hanno fatto dichiarazioni contrarie ai patti per capire che il futuro della Rcs ci sarà solo con un'azienda solida e i conti a posto. Oggi nulla potrà prescindere dal tener conto che Rcs è quotata in Borsa e appartiene al mercato».

Secondo lei Elkann e Bazoli non gradiscono questo modello?

«Mi pare che aver tentato di ricostruire un patto e non esserci riusciti è la risposta chiara di come molti azionisti la pensino. Le azioni si contano e non si pesano, per comandare in un'azienda devi avere la maggioranza, senza scatole o patti tra persone che investono poco di tasca loro».

Ritiene che l'era Bazoli al Corriere della Sera sia finita?

«Premesso che non vi è nulla di personale, dico che visti i risultati e la condizione di Rcs oggi, l'era Bazoli al Corriere sia da considerarsi finita, per fortuna. Se l'azienda oggi è in queste condizioni è prevalentemente colpa sua, anche se non solo sua. È finita anche l'epoca di Bazoli banchiere; sarà sempre più imbarazzante per chi lo sostiene giustificare il suo modo arcaico e miope di operare. Mi auguro che ne prenda atto il prima possibile e decida da solo di farsi da parte. Banca Intesa ha ottimi manager pronti a sostenere lo sviluppo di una grande banca; bisogna dare loro fiducia».

Ha intenzione di crescere nell'azionariato Rcs visto che Mediobanca ha annunciato di voler vendere il suo 15%?

«Premesso che, vista la capitalizzazione, non sarebbe un impegno gravoso, ho sostenuto invece mesi fa che sarei pronto a fare, se tutti fossimo d'accordo, un passo indietro invece che uno in avanti, a patto che ci sia qualcuno che faccia l'editore puro e che, investendo quanto serve, si occupi del gruppo. Se ciò, come sembra, non è possibile allora ogni altra valutazione e decisione dovrà essere fatta al momento opportuno».

Quanto ha investito nella Rcs?

«Compreso l'ultimo aumento, oltre 200 milioni. Credo che oggi siamo gli azionisti che hanno investito di più in questa azienda e gli ultimi sforzi non li abbiamo fatti pensando al profitto, ma in un'ottica di protezione dell'azienda e della sua indipendenza da appetiti che consideriamo pericolosi».

http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/dieguito-della-valle-spara-pallonate-contro-i-furbetti-di-via-solferino-bazoli-e-elkann-65057.htm

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ecco un altro giannino

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28 OTT 2013 15:41
FIAT SGONFIATA - FORMIGLI E LA RAI ASSOLTI IN APPELLO DALL’ACCUSA DI AVER DIFFAMATO LA FIAT: IN PRIMO GRADO ERANO STATI CONDANNATI A VERSARE 7 MILIONI
La Corte di appello di Torino ha assolto Corrado Formigli e la Rai dall'accusa di aver diffamato la Fiat per un servizio sull'Alfa Mito trasmesso ad “Annozero” il 2 dicembre 2010 in cui si faceva una comparazione tra le performance dell'Alfa MiTo e quelle di altre auto della stessa categoria…


(ANSA) - La Corte di appello di Torino ha assolto Corrado Formigli e la Rai dall'accusa di aver diffamato la Fiat per un servizio sull'Alfa Mito trasmesso ad Annozero il 2 dicembre 2010.
Lo annuncia Formigli su Twitter. In primo grado il giornalista e la Rai erano stati condannati a pagare 5 milioni alla Fiat più 2 mln per la pubblicazione della sentenza. Nel servizio Formigli, oggi conduttore di Piazzapulita su La7, faceva una comparazione tra le performance dell'Alfa MiTo e quelle di altre auto della stessa categoria.

Mi spiace, ma ricordo quel servizio, era una schifezza.

Complimenti al Tribunale... Una volta che il gruppo aveva ragione, sono riusciti a decidere il contrario.

Ma che si diano alla macchia invece di occuparsi di legge. .bah

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27 OTT 2013 11:30
1. “CORRIERE” DELLE MIE TRAME: BAZOLI SBATTE AL MURO I FURBETTI DI VIA SOLFERINO - 2. “IO SAREI IL MAGGIOR RESPONSABILE DELLA CRISI DI RCS? PER SMENTIRE L’AFFERMAZIONE DI DELLA VALLE, CHE HA DAVVERO DELL’INCREDIBILE, BASTERÀ RICORDARE CHE L’ACQUISTO DELLA SPAGNOLA RECOLETOS, PER 1,1 MILIARDI DI EURO. UN FATTO DECISIVO ALL’ORIGINE DELLE DIFFICOLTÀ SUCCESSIVE DELLA RIZZOLI CHE FU DELIBERATO NEL FEBBRAIO 2007 DAL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DI ALLORA (CHE COMPRENDEVA ANCHE DELLA VALLE). E VISTA L’OPPOSIZIONE ALL’OPERAZIONE DELL’AD COLAO, FU FATTO FUORI E AL SUO POSTO ARRIVÒ PERRICONE, MANAGER SUGGERITO DA MONTEZEMOLO…” - 3. AMORALE DELLA FAVA: ATTENTO DELLA VALLE AD AFFERMARE CHE L’ERA BAZOLI AL ‘’CORRIERE” E’ TERMINATA. CI SONO TANTO FATTACCI, VEDI RECOLETOS, DA RACCONTARE -


Giovanni Pons per La Repubblica

Nello stato d'animo di Giovanni Bazoli, in questo momento, è difficile capire se prevalga la sorpresa, l'amarezza o l'indignazione. A botta calda, dopo aver letto le parole espresse sul suo conto da Diego Della Valle, in un'intervista a Repubblica di martedì scorso («Bazoli è il maggior responsabile, anche se non l'unico, della crisi aziendale di Rcs»), avrebbe voluto replicare in termini sferzanti, non potendo accettare che quelle parole, da lui definite incredibili, restassero senza risposta. Poi, a mente fredda e stando attento a non alimentare nuove polemiche, accetta comunque di rievocare alcuni fatti che sono stati al centro di molti dissidi nella storia della Rizzoli.

«Per smentire l'affermazione di Della Valle, che ha davvero dell'incredibile, basterà ricordare che io non sono mai stato consigliere di Rcs Media Group. Ho fatto solo parte del patto di sindacato, come rappresentante di una piccola quota (circa l'1%) posseduta dalla Mittel». Si tratta comunque di una posizione importante nella stanza dei bottoni, che poi si è andata rafforzando con l'incorporazione della Comit, che possedeva il 5% di Rcs, nel gruppo Intesa. Da quel momento Bazoli ha potuto contare su una seconda sponda nel patto di sindacato, fornita da Corrado Passera, il manager che ha governato la Ca' de Sass per un decennio.

Bazoli mette in relazione la sua presenza in Rcs anche con il rapporto instaurato con l'avvocato Agnelli a partire dall'intervento della Fiat nel lontano 1985. «Come presidente del Nuovo Banco Ambrosiano, che era nello stesso tempo proprietario del 40% della Rizzoli e il suo principale creditore, io mi impegnai a fondo per evitare il fallimento della società, che si trovava in amministrazione controllata. Ed ero riuscito a convincere Agnelli a intervenire ».

Tuttavia, già allora Bazoli si trovò a toccare con mano le pressioni della politica sulla Rizzoli. Si scontrò infatti duramente con Craxi, a quel tempo presidente del Consiglio, che pretendeva di interferire nell'operazione. La difesa dell'indipendenza del Corriere dalla politica, racconta, ha rappresentato il faro che l'ha motivato e guidato nel percorso di tutti questi anni nella casa editrice. E che l'ha portato, in tempi più recenti, a opporsi per ben due volte alla nomina a direttore del Corriere, caldeggiata da grandi azionisti del patto, di giornalisti vicini all'entourage berlusconiano.

A suo giudizio, la svolta mancata, che avrebbe potuto rivelarsi decisiva nella vita della Rizzoli, avvenne nel 2004, allorché la guida operativa della Rcs venne affidata a Vittorio Colao, giovane e brillante manager bresciano, proveniente da Vodafone. «Mi adoperai con altri azionisti per convincere Vittorio a venire in Rcs e poi lo difesi a oltranza». Ma, pressato e impedito ad operare da chi a vario titolo interferiva con il business editoriale, Colao fu costretto dopo meno di due anni a passare la mano.

«Ebbene, chieda a Colao - dice Bazoli - chi lo difese e chi lo osteggiò! La perdita di Colao è stata una vera disgrazia per Rcs, perché sono convinto che con lui la Rizzoli avrebbe conosciuto una storia completamente diversa». In un recente articolo sulla carriera manageriale di Colao il quotidiano francese Les Echo ha indicato in Tronchetti Provera, Della Valle e Geronzi coloro che nel 2006 si sono coalizzati per la sua estromissione.

Al posto di Colao arrivò Perricone, manager suggerito da Montezemolo, e in quel periodo si verificò, nel ricordo di Bazoli, un altro dei fatti decisivi che sono all'origine delle difficoltà successive della Rizzoli: l'acquisto della spagnola Recoletos, realizzato appena prima dello scoppio della grande crisi finanziaria. Come noto alle cronache fu un acquisto tutto per cassa (e con ampio ricorso alla leva finanziaria, con Intesa nella doppia veste di azionista e banca creditrice), per 1,1 miliardi di euro, deliberato nel febbraio 2007
dal consiglio di amministrazione di allora (che comprendeva anche Della Valle).
In tempi più recenti, nella fase di piena crisi dell'editoria, Fiat e Mediobanca decisero nella primavera 2012 che occorreva imprimere una svolta: passo indietro degli azionisti dal consiglio di amministrazione e spazio agli indipendenti (per modo di dire, visto che ogni azionista indicava il suo). Della Valle protestò e ottenne di poter uscire dal patto anticipatamente, senza sottostare a tutti i vincoli che ne sarebbero derivati.

Bazoli aveva mediato a suo favore e di questo, sottolinea oggi, il fondatore della Tod's gliene fu grato. Il risultato fu che alla guida della casa editrice, nel maggio 2012, arrivò da Microsoft un giovane manager, Pietro Scott Jovane, scelto da cacciatori di teste ma con l'imprimatur di John Elkann. Il cda, su proposta del nuovo ad, approvò un piano che comportava un aumento di capitale di 400 milioni. Un'operazione che Della Valle ha contrastato sino in fondo, sostenendo che la società avrebbe dovuto ottenere in via preliminare uno stralcio dei debiti e chiedere solo successivamente agli azionisti nuove risorse da destinare allo sviluppo.

«A parte il fatto - replica Bazoli - che è un principio basilare del diritto che, quando una società è in crisi, i primi sacrifici devono essere a carico degli azionisti e solo
seconda battuta dei creditori, una ristrutturazione del debito era già stata negoziata e concordata, assai faticosamente, tra la società e il gruppo di banche creditrici. Se non fosse stato approvato l'aumento di capitale, sarebbe saltata anche la ristrutturazione del debito, e ciò avrebbe impedito la continuità aziendale».
L'aumento di capitale è stato approvato, poi, dall'assemblea grazie al voto decisivo di Giuseppe Rotelli, che in quel momento era il primo azionista della società. «Fu l'ultima decisione che Rotelli prese, pur avendo già deciso di non sottoscrivere e quindi di accettare una forte diluizione, negli ultimi giorni di vita. Se solo si fosse astenuto, la capitalizzazione sarebbe naufragata e Rcs sarebbe inevitabilmente finita in procedura concorsuale, con tutti gli effetti disastrosi che ne sarebbero derivati».

Della Valle, prima di decidere se sottoscrivere o meno la sua quota, chiamò Bazoli. «Se mi chiedi cosa fare, ti rispondo che non sono in grado di darti alcun consiglio», racconta Bazoli. «E lui mi rispose: "No, non te lo chiedo". Poi non ci siamo più visti né sentiti. E la verità è che da quel momento - Francesco Merloni mi è testimone - io mi sono adoperato affinché nessuno degli azionisti, compresi quelli fuori patto, fosse emarginato».

A luglio il blitz della Fiat sui diritti inoptati Rcs comporta il raddoppio della quota di Torino, fino al 20,5%. Della Valle, colto alla sprovvista, accusa il colpo ma non vuole lasciare campo libero agli Agnelli, e mette sul piatto altri 40 milioni per conservare il suo 9%. «Prima di conoscere l'iniziativa della Fiat, arrivata inattesa sia per me che per Mediobanca, mi ero esercitato a verificare se al di fuori dell'azionariato si potesse individuare in Italia un soggetto imprenditoriale dotato delle risorse patrimoniali e delle qualità professionali e di indipendenza necessarie per assumere il ruolo di azionista di riferimento di Rcs.

Non avendolo individuato, avevo maturato l'idea che forse l'uomo giusto avrebbe potuto essere Giuseppe Rotelli, che aveva un genuino e fortissimo interesse per l'editoria; ma la malattia ha preso il sopravvento. Ciò detto, giudico positivamente il gesto della Fiat, quale elemento di stabilizzazione dell'azienda».

A settembre Elkann cerca di riannodare i fili del patto di sindacato, lo vuole rendere più leggero, solo di consultazione e non di voto, ma si scontra con l'intransigenza di Mediobanca e Unipol. Il vecchio patto si scioglie e Della Valle canta vittoria annunciando che l'era Bazoli al Corriere è finita.

«Per quanto mi riguarda, avrei visto con favore un patto leggero che servisse a offrire a tutti gli azionisti - come giustamente raccomandava Giampiero Pesenti - la possibilità di continuare a dare un apporto costruttivo alla vita dell'azienda. Tuttavia, avendo preso atto di alcune indisponibilità dichiarate, ho condiviso l'idea dello scioglimento, tenendo anche in considerazione il fatto che il mercato oggi apprezza il ripudio dei patti, che sono considerati espressione del cosiddetto e deprecato "capitalismo di relazione". Su questo tema avrei molto da dire, ma non è questa la sede adatta». Solo con il tempo si capirà se l'era Bazoli al Corriere è veramente terminata.

http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/1-corriere-delle-mie-trame-bazoli-sbatte-al-muro-i-furbetti-di-via-solferino2-65353.htm

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Il Messaggero 29-10-2013

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28 OTT 2013 15:41

FIAT SGONFIATA - FORMIGLI E LA RAI ASSOLTI IN APPELLO DALL’ACCUSA DI AVER DIFFAMATO LA FIAT: IN PRIMO GRADO ERANO STATI CONDANNATI A VERSARE 7 MILIONI

La Corte di appello di Torino ha assolto Corrado Formigli e la Rai dall'accusa di aver diffamato la Fiat per un servizio sull'Alfa Mito trasmesso ad “Annozero” il 2 dicembre 2010 in cui si faceva una comparazione tra le performance dell'Alfa MiTo e quelle di altre auto della stessa categoria…

(ANSA) - La Corte di appello di Torino ha assolto Corrado Formigli e la Rai dall'accusa di aver diffamato la Fiat per un servizio sull'Alfa Mito trasmesso ad Annozero il 2 dicembre 2010.

Lo annuncia Formigli su Twitter. In primo grado il giornalista e la Rai erano stati condannati a pagare 5 milioni alla Fiat più 2 mln per la pubblicazione della sentenza. Nel servizio Formigli, oggi conduttore di Piazzapulita su La7, faceva una comparazione tra le performance dell'Alfa MiTo e quelle di altre auto della stessa categoria.

Mi spiace, ma ricordo quel servizio, era una schifezza.

Complimenti al Tribunale... Una volta che il gruppo aveva ragione, sono riusciti a decidere il contrario.

Ma che si diano alla macchia invece di occuparsi di legge. .bah

Saranno i soliti giudici della sinistra radical chic napoletana meneghina di de benedetti lepore e don minino

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Continassa, la Juve ferma la bonifica

Lettera al sindaco: “Troppi rifiuti pericolosi, i soldi non bastano”

Il Comune rischia di dover pagare un milione in più per pulire

l’area. La società rinuncia alla multisala: l’Agis ritira ricorso

di GABRIELE GUCCIONE (la Repubblica - Torino 08-11-2013)

Cavi della corrente sventrati, rifiuti di ogni genere, macerie. Che alla Continassa, sul terreno comprato dalla Juventus per realizzarvi la nuova cittadella bianconera, ci fosse tanta immondizia era più o meno risaputo, ma che ce ne fosse così tanta, una vera e propria discarica a cielo aperto, forse nemmeno i più pessimisti l’avrebbero mai detto. Tonnellate su tonnellate di “rumenta” da smaltire, per cui i soldi che erano stati messi in conto per le bonifiche non bastano, tanto che lunedì scorso l’amministratore delegato della società, Aldo Mazzia, ha fatto recapitare in Comune una missiva: «Di fronte a queste condizioni non possiamo che interrompere la bonifica». L’interruzione dei lavori è stata resa nota ieri sera, in Commissione Urbanistica, dall’assessore alle Politiche territoriali, Stefano Lo Russo.

I soldi per la bonifica sono finiti. Per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti presenti sull’area Palazzo civico aveva messo a punto un piano da 175mila euro. Soldi pubblici, attinti insieme ad altri 1,1 milioni per le opere di demolizione dai circa 8 milioni di cosiddetti oneri di urbanizzazione che la Juve dovrà versare per fornire dei servizi pubblici necessari il nuovo quartiere, tra case, commercio, albergo, palestre. Da quando a settembre sono state sgomberate le famiglie nomadi che occupavano l’antica cascina della Continassa, che il club intende trasformare nella sua nuova sede sociale, la società dichiara di aver già superato la soglia prevista, spendendo 200mila euro per rimuovere 1310 tonnellate di rifiuti. Il problema è che se ne sono trovati ancora tantissimi, le stime parlando di cifre che oscillano tra le 10 e le 12mila tonnellate di rifiuti. Dieci volte tanto. Ci vorrà almeno un milione in più per smaltire tutto, compresi i tantissimi cavi di plastica svuotati dall’oro rosso. Dopo la vicenda relativa alla definizione del prezzo di vendita del terreno, al centro di un’inchiesta giudiziaria (si era partiti da un milione e mezzo per poi arrivare a 11,7 milioni), le bonifiche rischiano di essere un nuovo fronte sul progetto della cittadella juventina.

Chi dovrà pagare le bonifiche, se il Comune non deciderà di incrementare i fondi messi a disposizione a settembre? Il contratto firmato con la società parla chiaro e impegna la città «a consegnare le aree libere e sgombre da persone e cose e demolite dai manufatti esistenti con la previsione, qualora fossero emerse problematiche ambientali non conosciute o eccedenti l’ordinarietà, a manlevare la Juventus dagli aggravi dei relativi costi». «Forse adesso chi in Sala Rossa si cosparse di benzina per denunciare la svendita dell’area dovrà ricredersi — ha detto polemico Lo Russo — Il piano sarà da rivedere e bisognerà aprire una nuova trattativa». La «scoperta» ha sturato un vespaio. Il consigliere Cinque stelle, Vittorio Bertola, individua subito i colpevoli nei rom che abitavano l’area: «Come è possibile che la Juve non se ne sia accorta? I soldi prendiamoli dai cinque milioni stanziati per l’emergenza nomadi in attesa di rivalerci sui responsabili ». Idea condivisa da Maurizio Marrone di Fdi: «È la firma degli zingari». Linea stigmatizzata dal Marco Grimaldi di Sel: «Non è dai fondi per i nomadi che vanno presi i soldi. Sia la Juventus a pagare».

Non finiscono qui le notizie. Il nuovo quartier generale della Juventus farà a meno della multisala. «La società ha rinunciato — ha annunciato Lo Russo — e in cambio l’associazione degli esercenti cinematografici ritirerà il ricorso che ha presentato al Tar». La legge regionale impediva un nuovo cinema in quella zona. Lo spazio rimasto libero sarà occupato da qualcosa di simile a un «secondo stadio», un impianto in cui chi non è riuscito a conquistare un biglietto per la partita potrò seguire il match da dei max schermi.

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MF MILANO FINANZA 08-11-2013

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Corriere della Sera 08-11-2013

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MF MILANO FINANZA 09-11-2013

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21 NOV 2013 19:08
CAMBIANO I PESI NELLA CASSAFORTE DEGLI AGNELLI - SALGONO LA DICEMBRE (HOLDING DI ELKANN), GLI EREDI DI UMBERTO E MARIASOLE AGNELLI – IL RAMO CAMERANA VENDE IL 2%
La nuova fotografia dell'accomandita fornisce indicazioni ed evidenza su chi, tra i diversi rami della famiglia, ha deciso di investire più che proporzionalmente sottoscrivendo quel bond emesso nel 2008. I nuovi assetti proprietari post conversione del bond….. -


Marigia Mangano per il "Sole 24 Ore"

La Giovanni Agnelli & C Sapaz, l'accomandita a capo del gruppo Fiat, chiude formalmente la conversione del prestito da 200 milioni in scadenza quest'anno, alza il velo sui nuovi pesi azionari, vara un nuovo buy back sul 10% del capitale, funzionale alla liquidazione di quei soci che volessero uscire dal capitale. Tutto questo mentre, secondo indiscrezioni, la cassaforte degli Agnelli studia diverse opzioni per ottimizzare la cassa che potrebbero coinvolgere alcuni asset della lussemburghese Old Town o tradursi nell'emissione di un bond.

Il ramo Camerana cede il 2%
La nuova fotografia dell'accomandita fornisce indicazioni ed evidenza su chi, tra i diversi rami della famiglia, ha deciso di investire più che proporzionalmente sottoscrivendo quel bond emesso nel 2008. Il Sole 24 Ore ha ricostruito i nuovi assetti proprietari post conversione del bond.
Si tratta di percentuali, certo, ma che evidenziano un trend ormai in atto da diversi anni, con alcuni rami decisi a «seguire» l'accomandita in tutte le sue operazioni e altri più propensi al disimpegno o quanto meno allo status quo. Non tutti, infatti, tra i grandi soci della Sapaz, hanno sottoscritto quell'emissione. Con il risultato che i "soci sottoscrittori" hanno incrementato il peso azionario.

Il rafforzamento degli eredi dell'Avvocato, del ramo di Umberto e quello di Maria Sole Agnelli spiccano nell'assetto post conversione dell'emissione obbligazionaria. La Dicembre, nel 2005, era ferma al 31,8%. Oggi la quota sale al 36,74%. In pratica la società è cresciuta di cinque punti percentuali. Copione simile per gli eredi di Umberto Agnelli, rappresentati da Andrea e la sorella Anna.

In questo caso la quota è all'11,46% rispetto al 9,92% pre bond. Infine Maria Sole con il pacchetto che è cresciuto dall'11,18% al 12,83%. Se però in termini assoluti è la Dicembre ad aver raccolto più titoli dell'accomandita, è altrettanto vero che in termini percentuali spicca il ramo di Umberto Agnelli che ha rafforzato la presa del 15,5% (contro il 15,2% della Dicembre).

A fronte del maggior peso di questi tre rami, c'è chi invece ha invece deciso di non seguire la sottoscrizione del bond e sembra ormai in uscita. Si tratta, per esempio, del ramo di Clara Agnelli che post conversione è scesa allo 0,3% dell'accomandita dall'iniziale 1,4%. Si diluisce anche il ramo di Giovanni Nasi dal 9,38 a 8,83 e il ramo Emanuele Nasi che scende al 3,27% dal 3,93.

Così come registra un calo anche il ramo di Susanna Agnelli che oggi conta su una partecipazione del 5,6% contro il 6,67% precedente. Nel libro soci figurano poi, il ramo Clara Nasi - Ferrero Ventimiglia al 6,86% e Cristiana Agnelli allo 0,05%. In quest'ultimo caso, la quota sarebbe più alta in quanto detenuta attraverso fiduciarie.

Tra i soci che hanno invece deciso di «vendere» pur avendo sottoscritto il bond convertibile figura poi il ramo di Laura Nasi-Camerana. In questo caso il pacchetto sarebbe stato dell'8,08, ma secondo quanto si apprende, negli ultimi mesi la famiglia avrebbe deciso di smobilizzare il 2% della quota. Scendendo così al 6,34%. A comprare è stata la stessa accomandita di famiglia, con il risultato che la quota di azioni proprie e in mano alle fiduciarie è salita al 7,72%.

Nuovo buy back fino al 20%
Il sistema della Sapaz, infatti, funziona proprio così: tradizionalmente la società delibera dei buy back per poter liquidare quei soci che hanno intenzione di smobilizzare la quota. Non a caso, secondo quanto si apprende, lo scorso mese è stato deliberato un nuovo piano di acquisti di azioni proprie fino al 10% del capitale che è funzionale proprio a tale scopo: comprare i titoli dei soci che intendono vendere.

Non è escluso, dunque, che nei prossimi mesi ci possano essere nuove variazioni all'assetto dell'accomandita. Allo stato attuale, secondo quanto si apprende, la società ha disponibilità sufficienti per coprire il piano di acquisto di azioni proprie appena deliberato. Ma è altrettanto vero che sarebbero allo studio alcune valutazioni volte all'ottimizzazione della cassa e al finanziamento della stessa.

Opzioni che potrebbero coinvolgere alcuni asset di Old Town, la società lussemburghese controllata dalla Giovanni Agnelli & C. Sapaz, a cui fa capo la partecipazione del 5,7% in Graphic Packaging Holding, il gruppo americano attivo negli imballaggi per alimenti quotato al New York Stock Exchange. Sarebbe invece escluso al momento un nuovo convertendo come quello emesso nel 2008, mentre una eventuale emissione obbligazionarie rientrerebbe nel ventaglio di possibilità attualmente al vaglio dei soci.

http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/cambiano-i-pesi-nella-cassaforte-degli-agnelli-salgono-la-dicembre-holding-di-elkann-gli-67010.htm

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Ifil-Exor, la Cassazione prescrive

le condanne di Grande Stevens e Gabetti

MILANO - La prima sezione penale della corte di Cassazione ha annullato per prescrizione le condanne inflitte in appello agli uomini di fiducia della famiglia Agnelli, Gianluigi Gabetti, presidente onorario di Ifil e l'avvocato Franzo Grande Stevens. Le condanne, per aggiotaggio informativo, erano di un anno e 4 mesi di reclusione, oltre a 600mila euro di multa, e riguardavano l'equity swap del 2005 che consentì agli Agnelli di mantenere il controllo della Fiat. Questa è la seconda volta che la questione approda davanti agli Ermellini che a giugno 2012 avevano già annullato una prima sentenza di assoluzione. Nel secondo giudizio di appello, davanti al tribunale di Torino, Gabetti e Grande Stevens avevano subito le condanne che oggi vengono annullate dalla Cassazione. (Repubblica.it)

Casualmente questa sentenza è stata emessa nello stesso giorno del processo d'appello di Moggi... Casualmente :sisi:

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Ifil-Exor, la Cassazione prescrive

le condanne di Grande Stevens e Gabetti

MILANO - La prima sezione penale della corte di Cassazione ha annullato per prescrizione le condanne inflitte in appello agli uomini di fiducia della famiglia Agnelli, Gianluigi Gabetti, presidente onorario di Ifil e l'avvocato Franzo Grande Stevens. Le condanne, per aggiotaggio informativo, erano di un anno e 4 mesi di reclusione, oltre a 600mila euro di multa, e riguardavano l'equity swap del 2005 che consentì agli Agnelli di mantenere il controllo della Fiat. Questa è la seconda volta che la questione approda davanti agli Ermellini che a giugno 2012 avevano già annullato una prima sentenza di assoluzione. Nel secondo giudizio di appello, davanti al tribunale di Torino, Gabetti e Grande Stevens avevano subito le condanne che oggi vengono annullate dalla Cassazione. (Repubblica.it)

Casualmente questa sentenza è stata emessa nello stesso giorno del processo d'appello di Moggi... Casualmente :sisi:

Esattamente ;)

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Ottima segnalazione. Tutto molto chiaro. :sisi:

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13-01-2014

BUFFON SCENDE IN CAMPO… PER ZUCCHI – L’AUMENTO DI CAPITALE DA 20,5 MLN, NECESSARIO PER SALVARE LA SOCIETA’, RISCUOTE POCO SUCCESSO – E ALLORA LO SOTTOSCRIVE QUASI TUTTO IL PORTIERONE DELLA JUVE, CHE DIVENTA PRIMO SOCIO INCONTRASTATO AL 56%
Non ha partecipato all'operazione nemmeno Riccardo Grande Stevens. Eppure, il figlio dell'avvocato Franzo (storicamente vicino alla famiglia Agnelli-Elkann, proprietaria della Juve) era entrato in Zucchi quasi al 2,5% nel 2011, convinto proprio da Buffon. Entrano nell’azionariato della società tessile anche le banche prime finanziatrici, Unicredit, Bpm e Intesa…


Carlotta Scozzari per Dagospia

C'è da scommettere che oggi il portiere della Juventus Gianluigi Buffon, più che sulla partita giocata ieri a Cagliari, con la Vecchia Signora che inizialmente è andata sotto e poi è riuscita a ribaltare il risultato vincendo 4 a 1 contro i sardi, sia concentrando su altro. Il diversivo che attira l'attenzione del portiere della Nazionale si chiama Zucchi, la società attiva nel settore tessile che oggi a Piazza Affari guadagna quasi il 6% a 0,0874 euro.

Soprattutto, però, la Zucchi è la società di cui Buffon, a seguito dell'ultimo aumento di capitale da 20,5 milioni terminato lo scorso dicembre, è appena diventato primo azionista assoluto con il 56,26% del capitale. In sostanza, il portierone, classe 1978, ha quasi triplicato la propria presenza nell'azionariato se si considera che prima dell'operazione aveva in portafoglio "appena" il 19,62 per cento.

Buffon, per convincere gli azionisti, vecchi e nuovi, a partecipare alla ricapitalizzazione, ci aveva persino messo la faccia, facendo da testimonial alla campagna sull'aumento. Ma evidentemente la cosa non è bastata a convincere i soci a mettere mano al portafogli, perché su un totale di 20,5 milioni di ricapitalizzazione, ne sono stati raccolti appena poco più di 5. Ragion per cui Buffon, che già prima dell'operazione si era impegnato a farlo, ha dovuto sottoscrivere tutto il restante inoptato, pari a oltre 14 milioni, mossa che lo ha portato così poco sopra il 56 per cento.

Non ha partecipato all'operazione nemmeno Riccardo Grande Stevens. Eppure, il figlio dell'avvocato Franzo (storicamente vicino alla famiglia Agnelli-Elkann, proprietaria della Juventus) era entrato in Zucchi quasi al 2,5% nel 2011, convinto proprio da Buffon. Tra l'altro, va rilevato come Riccardo Grande Stevens abbia aggiornato alla Consob la propria partecipazione nella società tessile dopo l'aumento di capitale con un po' di ritardo rispetto agli altri soci (nel pomeriggio di oggi risultava ancora azionista quasi al 2,5 per cento).

Già venerdì, invece, oltre al rafforzamento di Buffon, si sapeva che la famiglia Zucchi è scesa all'8,69% dal precedente 25,88 per cento. E che, attraverso un aumento di capitale riservato da quasi 5 milioni, le principali banche finanziatrici della società, Unicredit, Bpm e Intesa Sanpaolo, sono entrate nell'azionariato rispettivamente con il 4,727%, il 2,521% e il 3,466 per cento.

I due aumenti di capitale rientravano nel più ampio accordo di ristrutturazione del debito della Zucchi. Soltanto da gennaio a settembre, la società ha totalizzato ricavi per 104 milioni, perdite per 20,7 milioni, con un indebitamento finanziario netto di quasi 112 milioni. Senz'altro Buffon, non foss'altro che per tutto il denaro che ha investito, spera che tutte queste operazioni servano per portare l'azienda fuori dall'impasse finanziaria in cui si trova.

http://www.dagospia.com/rubrica-30/Sport/buffon-scende-in-campo-per-zucchi-laumento-di-capitale-da-205-mln-necessario-per-69855.htm


Noi facciamo le nostre battaglie, da altre parti invece si fanno affari insieme.

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quello che scrive questo tifoso è chiaramente uno scherzo.

il modo di proporsi e di scrivere , infatti , sembrebbe quello tipico di uno schizofrenico.

Modificato da valdano

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Joined: 08-Jul-2006
21008 messaggi

quello che scrive questo tifoso è chiaramente uno scherzo.

il modo di proporsi e di scrivere , infatti , sembrebbe quello tipico di uno schizofrenico.

e due sefz

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Joined: 18-Jul-2006
334 messaggi

citazione:

"...e vabbé, ma ditelo quando aprite le gabbie....

:sventola: sempre"

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