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CRAZEOLOGY

K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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Calcioscommesse, arrivano i deferimenti.

Ma qualcosa nei tempi e nei modi non quadra

di ALESSANDRO OLIVA dal blog VIVA LA FIFA (LINKIESTA 26-07-2012)

Tra oggi e domani si attendevano i primi deferimenti sulla (ennesima) indagine

sul calcioscommesse in Italia. E puntuale come un treno svizzero, proprio nel

giorno in cui dovranno uscire i calendari della serie A, la procura federale

ha reso noti i deferimenti. Coinvolte 13 società e 44 tesserati. I nomi più

noti sono quelli di Leonardo Bonucci (sì, proprio quello che a Euro 2012 ci è

andato lo stesso) e Antonio Conte, oggi alla Juve ma deferiti per fatti che

sarebbero avvenuti quando erano al Bari e al Siena. Dei due, quello che

rischia di più è Bonucci: il difensore della Juventus è indagato per illecito

sportivo, così come Daniele Portanova, Andrea e Salvatore Masiello, Alessandro

Parisi e Nicola Belmonte.

I fatti risalgono a Udinese-Bari del 9 maggio 2012: i giocatori avrebbero

complottato per alterare il risultato finale della gara. Conte è indagato per

omessa denuncia per le partite Novara-Siena del 1° maggio 2011 e e

AlbinoLeffe-Siena del 29 maggio 2011. La Procura non ha ritenuto di avere gli

elementi per procedere con l'accusa di illecito sportivo: dovrebbe essere

scongiurato quindi il rischio di una lunga squalifica per il tecnico, che

dovrà comparire davanti alla Commissione disciplinare il prossimo 2 agosto a

Roma. Tra le società, quelle messe peggio sono Lecce e Grosseto: i due club

sono indagati per responsabilità diretta e rischiano dunque la retrocessione,

mentre il Siena rischia alcuni punti di penalizzazione. Prosciolto da ogni

accusa il Pescara (scarica qui il documento completo dei deferimenti).

Qualcosa però non quadra, almeno nei tempi. In Italia la giustizia va sempre

a rilento, stavolta si muove su piani cronologici diversi. Mentre oggi sono

arrivate le prime decisioni, i prossimi deferimenti che verranno decisi sulla

base delle indagini delle procure di Genova e Cremona arriveranno a settembre.

Così Genoa e Sampdoria (per il derby del maggio 2011) e i loro indagati

Criscito (sì, proprio quello escluso dalla Nazionale alla vigilia di Euro 2012),

Milanetto, Dainelli e Palacio sapranno il proprio destino disciplinare a

calciomercato chiuso, assieme alla Lazio indagata per Lazio-Lecce.

Viene così a crearsi uno squilibrio. Le squadre coinvolte ora potranno, in

caso di squalifiche, provare a rimediare in sede di mercato (anche se magari

in extremis), mentre le altre no. Il campionato rischia così di essere falsato

ancora prima di cominciare. Ecco perché gli interisti – categoria di cui

faccio parte, più o meno orgogliosamente – dovrebbero astenersi dall’esultare

per i deferimenti a carico, tra gli altri, di alcuni protagonisti della Juve

neo campione d’Italia. Uno: perché i fatti imputati non c’entrano con la

società bianconera. Due: perché le disparità di trattamento a livello

cronologico si sono poi riversati sulla Nazionale, vedi l’esclusione di

Criscito (ma non di Bonucci) con tanto di spettacolarizzazione dell’arrivo

della polizia a Coverciano. Tre: perché i deferimenti per ‘omessa denuncia’

colpiscono alcuni, non tutti. E quelli che sapevano e non hanno parlato?

Perché Carobbio, il super pentito ritenuto attendibile, ha fatto solo alcuni

nomi? C’entrano davvero, come spiegano i difensori di Conte, motivi di

vendetta personale per un litigio tra le rispettive mogli? Quattro: perché

l’Inter rischia di perdere Palacio a settembre per squalifica, così come il

Genoa rischia di essere falcidiato senza poter operare sul mercato.

Insomma: la giustizia sta facendo davvero il suo corso, punendo prima gli uni

e dopo gli altri? Non è che alcuni deferiti contano più di altri?

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Calcioscommesse, arrivano i deferimenti.

Ma qualcosa nei tempi e nei modi non quadra

di ALESSANDRO OLIVA dal blog VIVA LA FIFA (LINKIESTA 26-07-2012)

Tra oggi e domani si attendevano i primi deferimenti sulla (ennesima) indagine

sul calcioscommesse in Italia. E puntuale come un treno svizzero, proprio nel

giorno in cui dovranno uscire i calendari della serie A, la procura federale

ha reso noti i deferimenti. Coinvolte 13 società e 44 tesserati. I nomi più

noti sono quelli di Leonardo Bonucci (sì, proprio quello che a Euro 2012 ci è

andato lo stesso) e Antonio Conte, oggi alla Juve ma deferiti per fatti che

sarebbero avvenuti quando erano al Bari e al Siena. Dei due, quello che

rischia di più è Bonucci: il difensore della Juventus è indagato per illecito

sportivo, così come Daniele Portanova, Andrea e Salvatore Masiello, Alessandro

Parisi e Nicola Belmonte.

I fatti risalgono a Udinese-Bari del 9 maggio 2012: i giocatori avrebbero

complottato per alterare il risultato finale della gara. Conte è indagato per

omessa denuncia per le partite Novara-Siena del 1° maggio 2011 e e

AlbinoLeffe-Siena del 29 maggio 2011. La Procura non ha ritenuto di avere gli

elementi per procedere con l'accusa di illecito sportivo: dovrebbe essere

scongiurato quindi il rischio di una lunga squalifica per il tecnico, che

dovrà comparire davanti alla Commissione disciplinare il prossimo 2 agosto a

Roma. Tra le società, quelle messe peggio sono Lecce e Grosseto: i due club

sono indagati per responsabilità diretta e rischiano dunque la retrocessione,

mentre il Siena rischia alcuni punti di penalizzazione. Prosciolto da ogni

accusa il Pescara (scarica qui il documento completo dei deferimenti).

Qualcosa però non quadra, almeno nei tempi. In Italia la giustizia va sempre

a rilento, stavolta si muove su piani cronologici diversi. Mentre oggi sono

arrivate le prime decisioni, i prossimi deferimenti che verranno decisi sulla

base delle indagini delle procure di Genova e Cremona arriveranno a settembre.

Così Genoa e Sampdoria (per il derby del maggio 2011) e i loro indagati

Criscito (sì, proprio quello escluso dalla Nazionale alla vigilia di Euro 2012),

Milanetto, Dainelli e Palacio sapranno il proprio destino disciplinare a

calciomercato chiuso, assieme alla Lazio indagata per Lazio-Lecce.

Viene così a crearsi uno squilibrio. Le squadre coinvolte ora potranno, in

caso di squalifiche, provare a rimediare in sede di mercato (anche se magari

in extremis), mentre le altre no. Il campionato rischia così di essere falsato

ancora prima di cominciare. Ecco perché gli interisti – categoria di cui

faccio parte, più o meno orgogliosamente – dovrebbero astenersi dall’esultare

per i deferimenti a carico, tra gli altri, di alcuni protagonisti della Juve

neo campione d’Italia. Uno: perché i fatti imputati non c’entrano con la

società bianconera. Due: perché le disparità di trattamento a livello

cronologico si sono poi riversati sulla Nazionale, vedi l’esclusione di

Criscito (ma non di Bonucci) con tanto di spettacolarizzazione dell’arrivo

della polizia a Coverciano. Tre: perché i deferimenti per ‘omessa denuncia’

colpiscono alcuni, non tutti. E quelli che sapevano e non hanno parlato?

Perché Carobbio, il super pentito ritenuto attendibile, ha fatto solo alcuni

nomi? C’entrano davvero, come spiegano i difensori di Conte, motivi di

vendetta personale per un litigio tra le rispettive mogli? Quattro: perché

l’Inter rischia di perdere Palacio a settembre per squalifica, così come il

Genoa rischia di essere falcidiato senza poter operare sul mercato.

Insomma: la giustizia sta facendo davvero il suo corso, punendo prima gli uni

e dopo gli altri? Non è che alcuni deferiti contano più di altri?

Sta a vedere hanno fatto un favore alla Juventus? Ma suicidati S****O!

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Joined: 23-Jun-2006
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Sta a vedere hanno fatto un favore alla Juventus? Ma suicidati S****O!

.asd

Comunque, la riflessione e' piu' che lecita.

Metti che squalificano uno a mercato chiuso : come lo sostituisci ???

Ecco perche', oltre ai risaputi motivi, considero la conduzione di questa indagine UNA PORCATA!

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Sta a vedere hanno fatto un favore alla Juventus? Ma suicidati S****O!

Per dire... il Napoli dell'urlatore & cafone De Laurentiis arriva tranquillo

tranquillo alla Supercoppa ed entra direttamente in Coppa Uefa.

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Inviato (modificato)

Calcioscommesse: raffica deferimenti anche Conte, Pepe, Di Vaio e Bonucci

Per responsabilità oggettiva deferite anche Udinese, Bologna, Sampdoria, Siena e Torino

26 luglio, 16:21

ROMA - 'Deferiti 13 società e 44 tesserati'. Raffica di deferimenti nell'ambito dell'inchiesta sulle scommesse nel calcio relativa ai filoni di indagini delle Procure della Repubblica di Cremona e Bari

Antonio Conte è stato deferito per omessa denuncia dalla procura federale della Figc. I fatti si riferiscono a quando l'attuale tecnico della Juventus era allenatore del Siena.

Deferimento per omessa denuncia anche per Simone Pepe, all'epoca dei fatti contestati calciatore dell'Udinese, e per Marco Di Vaio, all'epoca tesserato per il Bologna.

Il difensore della Juventus Leonardo Bonucci è stato deferito dalla Procura federale della Figc per illecito sportivo riguardante il periodo in cui militava nel Bari. Stessa accusa anche per Daniele Portanova e Andrea Masiello.

Udinese, Bologna, Sampdoria, Siena e Torino sono stati deferiti dalla Procura federale alla Commissione disciplinare per responsabilità oggettiva, nell'ambito dell'inchiesta sul Calcioscommesse. Le cinque societa, attualmente in serie A, sono state deferite per fatti addebitati a loro tesserati. Sempre per responsabilità oggettiva, sono stati deferiti AlbinoLeffe, Ancona, Bari, Novara, Portogruaro e Varese, che militano in divisioni inferiori.

Per responsabilità diretta, deferite Lecce e Grosseto.

Il deferimento dell'attuale tecnico della Juventus Antonio Conte alla Commissione disciplinare riguarda l'omessa denuncia riguardante la partita Novara-Siena, del 1/o maggio 2011. Omessa denuncia anche per il vice di Conte, Angelo Alessio, il collaboratore tecnico Cristian Stellini, il preparatore dei portieri Marco Savorani e il preparatore atletico Giorgio D'Urbano. Stellini è stato deferito anche per AlbinoLeffe- Siena, del 29 maggio 2011.

PROCESSO SPORTIVO AL VIA IL PRIMO AGOSTO - La Commissione Disciplinare Nazionale ha fissato a partire dal primo agosto l'inizio dei due processi sportivi che riguardano i deferimenti della Procura federale per i filoni di Cremona e di Bari nell'ambito dell'inchiesta sul calcio scommesse.

Il presidente della Disciplinare Sergio Artico ha stabilito il seguente calendario delle udienze: - per il filone di Cremona, inizio alle 9.30 di mercoledì 1 agosto e prosecuzione giovedì 2 agosto; - per il filone di Bari,inizio alle 9.30 di venerdì 3 agosto e prosecuzione sabato 4. Entrambi i procedimenti si terranno a Roma presso l'ex ostello della Gioventù del Foro Italico.

LECCE; SOCIETA', DEFERIMENTO INGIUSTIFICATO - "L'U.S. Lecce ritiene assolutamente ingiustificati gli addebiti contestati alla società e tutelerà i propri diritti in tutte le sedi opportune".

Il Lecce affida ad una nota pubblicata sul sito ufficiale, a firma del neo presidente Savino Tesoro, la propria difesa dopo aver appreso dei deferimenti di questa mattina sulla vicenda calcioscommesse, sottolineando che, "se dovesse essere necessario, la società é pronta a ricorrere anche alle sedi non riconosciute dall'ordinamento sportivo, come Tar e Consiglio di Stato, in quanto non sembra esserci rispondenza tra accuse e fatti concreti".

"Risulta altresì iniquo - si legge ancora nella nota - il trattamento riservato alle varie società coinvolte per medesimi addebiti. A prescindere da tutto, comunque, l'U.S.Lecce è fermamente convinta che nel prossimo anno disputerà il campionato che le compete e cioé quello di serie B".

ANSA

Che qualcuno travalichi?

Modificato da totojuve

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.asd

Comunque, la riflessione e' piu' che lecita.

Metti che squalificano uno a mercato chiuso : come lo sostituisci ???

Ecco perche', oltre ai risaputi motivi, considero la conduzione di questa indagine UNA PORCATA!

Vedi che quello della finestra di calciomercato è un falso problema.

Differire i provvedimenti per i filoni d'inchiesta relativi a Genoa, Lazio (e Napoli - s'è dimenticato)

sta a significare, volenti o nolenti, che verranno usati criteri diversi, magari più accomodanti, dopo

aver processato gli juventini ed aver inscenato una finta amnistia pro Juve quando in realtà nei

confronti dei tesserati juventini coinvolti non c'è mai stato nulla. C'è qualche napoletano o genoano

che si lamenta? Gli interisti si preoccupano per Palacio perché è praticamente l'unico acquisto

buono finora e temono di perdere pure Wesley prima della fine di agosto.

P.s.

Fatta salva la presunzione d'innocenza per tutti, mi devono spiegare come fa uno come Sculli

ad essere ancora "immacolato".

Modificato da Ghost Dog

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Deferimento per Conte: Palazzi non crede a Carobbio (tranne quando accusa il tecnico)

Pubblicato il 26 lug 2012 da Gabriele Capasso

I deferimenti per la seconda tranche dell’inchiesta sul Calcioscommesse sono arrivati questa mattina, come era nelle previsioni. Il Procuratore Federale Palazzi ha inviato alla Disciplinare i documenti che serviranno ad istruire il “processo” che partirà il prossimo 2 agosto. A fare rumore è, naturalmente, il coinvolgimento di Antonio Conte, allenatore della Juventus, all’epoca dei fatti tecnico del Siena. Come noto Conte è stato chiamato in causa da Filippo Carobbio, il “pentito”, che militava nella Robur in quella stagione.

Le dichiarazioni di Carobbio, sia quelle di fronte alla Procura di Cremona sia quelle di fronte agli inquirenti sportivi erano note a tutti (grazie a copiose anticipazioni a mezzo stampa) e la domanda che ci si poneva era: “Palazzi crederà a Carobbio?”. In caso di risposta affermativa ci si aspettava il deferimento di Conte, in caso di risposta negativa che l’allenatore bianconero venisse scagionato. Invece, almeno a leggere i deferimenti, non è andata così. Palazzi non crede a Carobbio, o almeno gli crede soltanto quando questo accusa Conte.

Vediamo nel dettaglio.

Novara - Siena

Per questa partita, terminata 2-2, Carobbio accusa direttamente Conte. Secondo il giocatore, l’allenatore avrebbe “rassicurato” i suoi sul fatto che “c’era un accordo per il pareggio con il Novara“. Palazzi crede a questa circostanza, Conte era informato, ha omesso di denunciare il fatto e per questo è stato deferito.

Ma questo accordo fra chi era stato raggiunto? Carobbio, almeno in questo caso, non si auto-accusa della combine, ma il Procuratore non gli crede tant’è che lo deferisce per illecito sportivo. Insieme a lui ci sono gli allora compagni di squadra Roberto Vitiello e Marcello Larrondo, così come i tre calciatori del Novara Cristian Bertani, Davide Drascek e Mavillo Gheller.

Non è dato sapere come Palazzi giunga a questa conclusione, ma evidentemente ritiene che non ci sia l’accordo fra le società, bensì fra 6 calciatori. Interessante osservare come in quella gara, fra i deferiti, scesero in campo soltanto Vitiello da una parte e Bertani dall’altra mentre Larrondo entrò ad un quarto d’ora dalla fine. Drascek, Gheller e Carobbio si accomodarono in tribuna.

Nei verbali Carobbio racconta di essere stato contattato dai due “zingari” Gegic e Ilievski: gli slavi volevano un pareggio con un “over”, quindi almeno 3 gol segnati. Il pentito dice di essersi chiamato fuori rifiutando la proposta. Racconta poi di aver visto Drascek e Vitiello parlare nell’albergo che ospitava il Siena, ma di non sapere cosa si fossero detti, salvo poi riferire le parole di Conte che durante la riunione tecnica avrebbe spiegato ai suoi che un accordo con il Novara era già stato raggiunto.

Palazzi non gli crede, e lo accusa di aver taroccato la partita, con tutta probabilità appoggiandosi alle dichiarazioni dell’altro pentito, l’ex Piacenza Gervasoni, che aveva riferito agli inquirenti di aver avuto da Gegic la notizia che Carobbio si era accordato con Bertani per un “over” (quindi non per un pareggio). Il Procuratore Federale ritiene quindi il pentito che accusa Conte inattendibile, ma non per la parte che riguarda il famoso “annuncio” nella riunione tecnica, al punto da deferire sia l’allenatore bianconero, sia alcuni componenti del suo staff tecnico: il vice Angelo Alessio, Cristian Stellini e il preparatore dei portiere Marco Savorani.

Le parole di Carobbio sono carta straccia, almeno fino a quando non tirano in ballo Conte. C’è, fra l’altro, un’evidente anomalia: se l’omessa denuncia scatta per quanti erano presenti alla riunione tecnica perché non colpisce anche gli altri giocatori del Siena?

Se Alessio, Stellini e Savorani “omettono la denuncia”, avendolo sentito dire da Conte, perché non sono coinvolti i calciatori che poi effettivamente scenderanno in campo e giocheranno la partita?

Mistero.

Albinoleffe - Siena

In questo caso Carobbio parla di un accordo per far vincere la partita all’Albinoleffe, che aveva bisogno di punti per salvarsi.

Palazzi deferisce Ruben Garlini, Davide Bombardini, Dario Passoni, Luigi Sala, tutti giocatori, e Mirko Poloni, vice allenatore di Emiliano Mondonico all’Albinoleffe. Per il Siena vengono deferiti lo stesso Carobbio, Fernando Coppola, Claudio Terzi, Roberto Vitiello, giocatori, e Cristian Stellini, collaboratore tecnico di Conte.

Questi soggetti si sarebbero incontrati, almeno secondo il racconto di Carobbio (confermato da Passoni), la sera prima della partita in albergo per concordare la combine. Poloni sostiene invece che l’accordo sarebbe arrivato direttamente nel tunnel degli spogliatoi, coinvolgendo soltanto i giocatori.

Per questa partita si attua lo stesso meccanismo della combine con il Novara. Conte ne avrebbe parlato nella riunione tecnica, nel farlo coinvolge anche il resto del suo staff: Alessio, Savorani e (novità) anche il preparatore atletico Giorgio D’Urbano. Nel documento della Procura Federale finisce anche Daniele Faggiano, capo osservatore tecnico, che lo avrebbe saputo da un colloquio personale con Carobbio. Anche qui nessuno dei giocatori presenti alla riunione viene deferito.

Guardando il tabellino della partita si scopre che nessuno dei giocatori dell’Albinoleffe deferiti partecipa alla gara, né in campo né in panchina, mentre nel Siena viene schierato solo Carobbio, con gli altri non presenti nel referto dell’arbitro. La logica vuole che se c’è un accordo per alterare una partita e tu accusi alcuni giocatori, che non scendono in campo, dovresti deferire quanto meno qualcuno di quelli che poi la gara la giocano effettivamente. Anche dal punto di vista pratico come è possibile che il vice di Mondonico, Poloni, alteri il match e il suo “primo” non sappia nulla? Niente da fare, per Palazzi va bene così.

Sempre per Albinoleffe - Siena Carobbio viene deferito per aver comunicato l’esito dell’accordo fra giocatori a Gervasoni e al suo compagno di squadra al Piacenza Mario Cassano che hanno scommesso sull’under (meno di tre gol segnati nel match) assicurandosi una vincita in denaro. Stesso discorso per Passoni; lui avrebbe comunicato all’esterno, ad un soggetto estraneo, che c’era l’accordo per far vincere la sua squadra, informazione utilizzata per scommettere “a colpo sicuro”.

Questa circostanza si pone in evidente contraddizione e demolirebbe da sola la credibilità di Carobbio che ha sempre sostenuto di aver “chiuso con certi giri” nell’annata in cui era al Siena, salvo poi partecipare ad una combine e comunicare la circostanza ai due calciatori-scommettitori del Piacenza.

Siena - Varese

Questo caso è ancora più interessante per osservare la modalità, a corrente alternata, con la quale Palazzi crede a Carobbio soltanto su alcuni fatti e non su altri. Come ricorderete per la partita in oggetto il pentito aveva riferito che un “personaggio non identificato vicino al Presidente Mezzaroma” avrebbe detto a Carobbio e a Fernando Coppola di valutare la possibilità di perdere la partita così da poter piazzare una scommessa “sicura”.

La circostanza è stata sempre smentita dagli altri giocatori, la partita finì 5-0 per il Siena e si ipotizzava che anche per questo match Conte venisse raggiunto dall’accusa di omessa denuncia. La teoria era: “Mezzaroma chiede ai suoi di perdere, loro rifiutano e in campo danno il massimo schiantando il Varese“, quindi anche qui l’allenatore sapeva, si è opposto, ma non ha denunciato nulla.

In realtà Palazzi arriva ad una ricostruzione completamente diversa dai fatti. Per la partita vengono deferiti il calciatore del Varese Emanuele Pesoli e l’onnipresente Carlo Gervasoni. Secondo il Procuratore Federale il primo chiama il secondo perché “verifichi la disponibilità” del Siena a far concludere la partita in parità. Gervasoni chiama Carobbio, il quale rifiuta la proposta. Gli inquirenti della giustizia sportiva ritengono perciò colpevoli Pesoli e Gervasoni di tentato illecito sportivo e Carobbio di “omessa denuncia”.

In questo modo il Presidente Mezzaroma ne esce completamente pulito (e con lui il Siena che avrebbe rischiato la responsabilità diretta e la retrocessione), ma risulta inspiegabile la ragione per la quale Carobbio in questo caso abbia mentito, raccontando di una proposta arrivata indirettamente dal massimo dirigente societario, salvo poi aver detto tutta la verità quando chiama in causa Conte. Anzi, a voler essere maligni, questo confermerebbe il “dente avvelenato” di Carobbio nei confronti della sua ex squadra che, alla fine di quella stagione, le cedette allo Spezia in Lega Pro.

Conclusioni

Palazzi non crede mai alla ricostruzione fornita dal pentito (anzi lo ritiene responsabile di entrambe le partite combinate, sia quella con il Novara che quella con l’Albinoleffe), non gli crede quando le sue parole coinvolgerebbero Mezzaroma, ma lo ritiene attendibile quando riferisce che l’attuale allenatore della Juventus era a conoscenza dei fatti, questo nonostante tutti gli altri interrogati abbiano smentito la circostanza.

L’ipotesi, a questo punto, può essere soltanto soltanto una: o nelle recenti audizioni è arrivata una “confessione” (di Conte o di qualcuno in grado di fornire un riscontro alle parole di Carobbio) o c’è da rimanere basiti di fronte a questi deferimenti.

[calcioblog.it]

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Scommessopoli non finisce mai

Tante società, tanti tesserati coinvolti nell'ultimo capitolo dello scandalo

calcio. E c'è anche Antonio Conte, allenatore-simbolo della Juve vincente.

di GIAN PAOLO ORMEZZANO (Famiglia Cristiana.it 26-07-2012)

Antonio Conte, allenatore della Juventus campione d’Italia, è stato rinviato a

giudizio per omessa denuncia relativa a due partite in cui allenava il Siena.

L’omessa denuncia è assai meno grave della partecipazione all’illecito: Conte

potrebbe patteggiare (riconoscendo la colpa, si capisce) e cavarsela con una

squalifica breve. Non sarebbe neppure pregiudicata la conduzione da parte sua

della squadra per la Supercoppa d’Italia fra Juventus e Napoli, in programma

l’11 agosto a Pechino, anche se il suo posto potrebbe essere preso da un vice:

i tempi delle sentenze sono più “avanzati”, per lui si parla del 13 agosto.

Ma è chiaro che il problema è un altro, è di natura morale, il che nel calcio

spregiudicato e sommamente “pratico “di oggi potrebbe anche voler dire che è

di natura infima: ma non nel caso della Juventus che sta ancora cercando di

liberarsi da Calciopoli, di Conte che il club ha sempre sostenuto come

apostolo ufficiale, e fra i più e meglio impegnati, del lavoro,

dell’entusiasmo, della volontà di farcela sciorinando tutte le forze lecite.

Diciamo che il problema è delicato, e riguarda tante squadre, tante società,

tanti tesserati, tutti sotto quella enorme bolla d’aria mefitica che si chiama

Scommessopoli, e che dice che i Moggi sono sempre fra di noi, stanno bene e

lottano pure, nel senso che si danno da fare. Ci sono nomi importanti, ci sono

squadre di A e di B che in qualche modo, diretto o indiretto, hanno peccato. E

sembra per fortuna scaduta la formula bieca per cui se tutti hanno colpa, la

colpa non esiste più.

Gli sviluppi di ora in ora, di giorno in giorno. Chi ci legge sa che siamo

insieme scettici e combattivi: il male ci sarà sempre, nel mondo e dunque

anche nel mondo del pallone, impossibile sconfiggerlo definitivamente,

importante combatterlo continuamente. Non per vincere la guerra ma per vincere

tante battaglie, per vedere almeno qualche volta punito qualche reo, per

guardarci allo specchio senza provare vergogna.

Ciò detto, proviamo a scovare quel poco divertimento che la lunga complessa

vicenda permette. Ci aiuta Serse Cosmi, allenatore esperto, personaggio

sanguigno, il quale l’altro giorno ha detto, ha gridato da una televisione

importante quello che in tanti pensiamo. Cosmi ha formulato implicitamente una

domanda: come mai gli indiziati, gli inquisiti quando escono dal confronto con

chi istruisce il processo e dunque può rinviarli a giudizio sorridono sempre,

dicono che il dialogo è andato bene, che hanno chiarito tutto, che il

magistrato ha recepito perfettamente la linea difensiva dell’accusato e del

suo legale, che è stato un colloquio aperto dal quale si esce perfettamente

tranquilli, assolutamente certi di un futuro senza nubi (poi arriva la

mazzata). Ha detto ironicamente Cosmi: “Debbono accadere cose bellissime in

quei dialoghi con il magistrato Palazzi, al punto che io sogno di

incontrarlo”.

Forse questa recita è la meglio riuscita o comunque la più messa in scena in

tutto il nostro mondo del pallone, dove pure il teatrino è sempre aperto e la

ribalta è sempre frequentata. Quando vedremo uno, celebre o no, conte o plebeo,

che alla fine del colloquio si dice preoccupato, ammaccato dopo avere

sbattuto contro le sue responsabilità?

Il rispetto per le persone più anziane e le testate giornalistiche lo metto da parte:

invece di gongolare, GPO, pensa alla tua squadra del cuore, pure invischiata, e

vai a dormire presto.

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Omesso coraggio

di ROBERTO BECCANTINI dal blog Beck is back 26-07-2012

Sono deferimenti, non sentenze: mai dimenticarlo. Il piatto forte è la doppia

omessa denuncia contestata da Stefano Palazzi ad Antonio Conte. Niente

illecito, niente archiviazione. Appartengo al plotoncino di «quelli che»

Carobbio è credibile fino in fondo o no. L’omessa denuncia puzza troppo di

omesso coraggio. Nei panni di Conte, e dei suoi avvocati, rinuncerei al

patteggiamento: se penso di essere innocente, nessun processo mi farà paura.

Non colgo i germi del complotto (sarebbe l’ennesimo): Palazzi piace agli

interisti quando inchioda la Juventus; e agli juventini quando coinvolge

Giacinto Facchetti e Massimo Moratti. Il sentimento popolare della Clinica ne

è specchio fedele. C’è poi il caso di Udinese-Bari 3-3, con l’omessa denuncia

di Simone Pepe e il tentativo di illecito di Leonardo Bonucci: non mi sembra

periferia dell’impero, anche se per tutti il cuore (dell’impero) era, e rimane,

Conte.

Certo, sarei curioso di sapere anch’io che fine ha fatto Massimo Mezzaroma,

il presidente del Siena; e perché sono stati ignorati tutti i giocatori (del

Siena) presenti alla famigerata riunione tecnica in cui Conte li avrebbe

invitati a «stare tranquilli». Ognuno ha i suoi dubbi da calare, come se

fossero carte: non tutti, però, hanno in mano un asso o un jolly. Ripeto, per

i verdetti sportivi di questa puntata di Scommessopoli, puntata senza ironia,

c’è ancora (poco) tempo. Lo scandalo ha coinvolto le indagini di tre procure:

Bari, Cremona, Napoli. Salvo rare eccezioni, il tifoso non vuole giustizia:

vuole la «sua» giustizia; è sempre stato così – in Italia, soprattutto; e ben

prima di Calciopoli – e sempre sarà così. Grazie, anche, agli slalom di

Palazzi. Per l’ultima volta: se Carobbio è credibile come sembrava che fosse,

perché non abbinare l’illecito a Conte; e se non lo è, perché lavarsi le mani

con l’omessa denuncia?

___

Conte? No, vogliono

(ri)distruggere la Juve

Il deferimento del tecnico salentino? L’unica arma per fermare

la società bianconera, ora che è tornata la più forte di tutte

di LATERZA STELLA (PANORAMA.IT 26-07-2012)

Qui non si tratta di fare la parte delle vittime, né tantomeno quella dei

perseguitati. Però ormai il giochetto l’abbiamo capito. Metti una magistratura

arrivista e inquisitoria, una Federazione incompetente (per sua stessa

ammissione), utilizza il megafono di certi giornalacci di casa nostra ed ecco

che anche un Carobbio qualsiasi può diventare il pretesto buono per scatenare

lo scandalo dell’estate. Funziona sempre, e sempre solo con la Juve. Altrove,

per reati ben più gravi, arrivano le prescrizioni, le archiviazioni, i cambi

di regola in corsa, persino i passaporti falsi. Ma con la Juve, statene pur

certi, si arriva sempre in fondo.

La verità è che Conte in tutta questa faccenda c’entra poco. L’obiettivo,

quella vero, è sempre lei, la Vecchia Signora. Tornata finalmente competitiva

dopo essere stata colpita e affondata dalla farsa di Calciopoli la Juve va

ributtata giù dalla torre.

Perché colpire Conte significa colpire la Juve, non giriamoci intorno. Perché

nessuno più del tecnico salentino è l'emblema e il motore della rinascita

juventina. Conte è l'incarnazione terrena (cioé sul campo)

dell'Agnelli-pensiero. Colui che ha rivoluzionato il modo di giocare della

Juve, ma che - soprattutto - ha riportato al centro di tutto la mentalità

vincente. Quella mentalità che faceva parte della sua Juve da giocatore e che

– dopo Calciopoli – sembrava irrimediabilmente persa. Giocatori finiti, mezzi

giocatori, giocatori da settimo posto sono diventati in un anno i più forti

d’Italia e (lo dice il verdetto degli europei) fra i più forti d’Europa.

E insomma, non potendo battere la Juve sul campo si riprova la carte della

magistratura, delle carte, della macchina del fango.

Dice qualcuno: ma il possibile deferimento riguarda il periodo “senese” di

Conte mica quello juventino. Certo, ma il danno finisce per ricadere quasi

esclusivamente sulla Juventus FC, tanto più se si considera che oltre a Conte

il pericolo di squalifica riguarda anche Bonucci, Pepe, il vice di Conte,

Angelo Alessio, il collaboratore tecnico Cristian Stellini, il preparatore dei

portieri Marco Savorani e il preparatore atletico Giorgio D'Urbano. Non è

l’azzeramento della Juve post-Calciopoli, ma poco ci manca. E oltretutto, per

fatti che riguardano tecnici e atleti al tempo tesserati per Bari, Udinese e

Siena.

Dice qualcun altro: sì, vabbé, ma se Conte ha sbagliato deve pagare. Ma di

cosa striamo parlando? Di due partite, Novara-Siena del 01-05-2011 e

Albinoleffe-Siena del 29-05-2011. Sulla prima c’è l’opinione di Carobbio che

dice di aver appreso di un biscotto per il pari durnate una riunione tecnica,

presenti tutti i suoi compagni di squadra. Che però smentiscono l’accaduto.

Nel secondo caso c’è ancora l’opinione unica e sola di Carobbio, che parla di

una combine con quelli dell’Albonoleffe. Conte, secondo Carobbio, sapeva ed

era d'accordo. Posto che anche in questo caso non ci sono altri riscontri, ci

si domanda: se la combine c’è stata per quale motivo è stato deferito solo

Conte, e il suo staff e non l’allenatore dell’Albinoleffe e tutti i 22

giocatori scesi in campo. E in ogni caso, se l’accusa fosse davvero fondata

cosa c’entra l’omessa denuncia? Una partita taroccata non dovrebbe essere

trattata per quello che è, ovvero un caso di illecito sportivo?

Ma va bene, confidiamo nella giustizia. Da juventini ci rincuora il fatto che

a differenza di sei anni fa questa volta alle spalle c’è una società vera, che

non ci sono più gli Zaccone e i Cobolli Gigli, e che difficilmente verranno

chiamati a decidere Guido Rossi e il consiglio dei tre saggi.

E comunque, anche pensando al peggio, la Juve continuerà a vendere cara la

pelle. In fondo noi siamo quelli antipatici, quelli ladri, quelli dopati,

quelli che per farsi riconoscere due scudetti devono vincerne almeno quattro.

Non penserete mica che ci spaventi la possibilità di scendere in campo per sei

mesi o un anno senza l’allenatore in prima (né quello in seconda). Supereremo

anche questo, statene certi.

La verità però è un’altra. Ed è che in un campionato e in una giustizia

siffatta non c’è più alcun tipo di garanzia. Qui siamo oltre Calciopoli. Anche

volendo credere alle colpe più gravi ascrivibili ai nostri tesserati. E

omettendo le contraddizioni quasi comiche dell’accusa è il sistema che non

funziona: partendo dall’inversione dell’onere della prova fino ad arrivare

all’immediata esecutività della sentenze.

E basta con la puerile giustificazione che tutto l’impianto normativo è fatto

per garantire tempi celeri e quindi regolarità dei campionati. Qui ormai di

regolare c’è solo il pallone da gioco. E forse neppure più quello. Qui siamo

alla commedia dell’assurdo. Lega e Federazione non riescono a garantire la

regolarità dei campionati, la correttezza dei propri tesserati e una società

che, con le sue sole forze e con investimenti economici immani, torna al

vertice, viene penalizzata per il mancato controllo da parte degli organi

competenti al tempo dei fatti.

Facciamo così: la prossima volta prima di acquistare un giocatore o di

tesserare un allenatore chiediamo una manleva alla federazione. Un certificato

di buona condotta.In un campionato del genere: senza regole, senza controlli,

senza certezza di giudizio, in cui le norme vengono cambiate e stravolte, i

reati creati ad hoc, i campionati revocati pur non essendo neppure oggetto di

indagine e le prove usate con pesi e misure diverse non ha più senso restare.

Agnelli ne prenda atto. Si dice che non iscrivere la squadra al prossimo

campionato non avrebbe senso e comporterebbe contraccolpi economici

spaventosi. Verissimo. Ma restare in un campionato che non ci vuole che costi

ha? Quanto è costata Calciopoli, quanto costerà quest’imboscata mascherata da

Scommessopoli. Presidente ci pensi. Siamo sicuri che in Francia oltre a Ibra e

Verratti accoglierebbero a braccia aperte anche i nostri, riconoscendoli come

valore aggiunto per l’intero movimento e non come combricola di manigoldi,

drogati e allibratori.

Modificato da Ghost Dog

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Conte? No, vogliono

(ri)distruggere la Juve

Il deferimento del tecnico salentino? L’unica arma per fermare

la società bianconera, ora che è tornata la più forte di tutte

di LATERZA STELLA (PANORAMA.IT 26-07-2012)

Sintetizza appieno il nostro pensiero

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la Repubblica SERA 26 luglio 2012

Il commento di MARCO MENSURATI

LE OMBRE

CHE RESTANO

http://k005.kiwi6.com/hotlink/mj6j987339/2012_07_26_rsera_m_mensurati_le_ombre_che_restano.mp3

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Palazzo di Vetro - Ruggiero Palombo - Gasport -27-07-2012

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Cade l’accusa di illecito sportivo per l’allenatore. Bonucci nei guai

A giudizio pure Pepe, più Alessio e Stellini dello staff bianconero. Il difensore è un caso spinoso

Francesco Ceniti - Gasport -27-07-2012

Due omesse denunce per l’allenatore Antonio Conte, un’altra per l’esterno Simone Pepe, un deferimento per illecito a carico del difensore Leonardo Bonucci. E se non bastasse ci sono da aggiungere gli addebiti per Angelo Alessio (vice di Conte) e quelli pesantissimi per Cristian Stellini (collaboratore dello staff tecnico). Insomma, ieri il buongiorno della Juventus non è stato dei più felici: prima delle 9 le richieste del procuratore Stefano Palazzi erano già sul tavolo della società bianconera e agli occhi di una persona all’oscuro di tutta la vicenda un quadro simile poteva far pensare solo a due sentimenti: rabbia e delusione. Eppure non è così. Perché il temporale atteso dal club di Corso Galileo nelle previsioni poteva essere ancora peggiore. Vicino alla bufera. Sollievo Conte A far cambiare barometro e umori (nonostante «l’amarezza» espressa dal presidente Andrea Agnelli) è stata la posizione di Antonio Conte: non c’è la tanto temuta accusa d’illecito. Il tecnico non rischia più lo stop lungo che poteva mettere in crisi la Juve. Palazzi ha scelto di fare un passo indietro, credendo al pentito Carobbio (il grande accusatore del suo ex allenatore ai tempi del Siena), ma fermandosi alla contestazione minima (l’omessa denuncia) in presenza di dubbi. Dubbi che il procuratore non ha avuto su Bonucci, Pepe e Stellini. I primi «incastrati» dalle dichiarazioni di Andrea Masiello (altro pentito), il terzo finito stritolato dalle sue omissioni, con lo stesso Conte che chiarisce agli 007 federali «di aver saputo da Stellini, a indagine in corso, dei contatti avuti con Carobbio dopo Siena-AlbinoLeffe » e finisce dentro la rete. Tutte posizioni che Palazzi ritiene «blindate» da altri riscontri, comprese le ammissioni dei giocatori lombardi nominati da Carobbio (Garlini, Sala, Passoni e Poloni) e a cui è stato contestato l’illecito, come ai senesi Coppola, Terzi e Vitiello (oltre naturalmente a Stellini). L’illecito temuto per Conte poteva materializzarsi per Novara-Siena. Il racconto di Carobbio faceva riferimento all’accordo per un pareggio «annunciato» dall’allenatore durante la riunione tecnica. Palazzi nell’ordinanza ribadisce che la versione è credibile, ma poi si pone un dubbio pro reo e non carica la mano sul deferimento. Come mai? Difficile capirlo dalle motivazioni e appare come una incongruenza. Ma se il procuratore ha deciso di non procedere pur in presenza di un racconto che giudica verosimile, avrà fatto delle valutazioni più ampie. Forse avrà inciso la mancanza di un «movente», in altre parole a che scopo Conte doveva farsi promotore di un illecito non avendo contatti con gli Zingari o interesse nelle scommesse? O forse i ripetuti contatti di Carobbio con Ilievski su una scheda intestata a un egiziano nella settimana della gara (anche a poche ore dalla gara) ha insinuato quel dubbio che ha spinto Palazzi a ritenere l’illecito opera di alcuni giocatori (Carobbio, Larrondo e Vitiello del Siena più Bertani, Drascek e Gheller del Novara), risparmiando l’attuale tecnico della Juve. Per lo stesso motivo non sono arrivati i deferimenti per omessa denuncia agli altri giocatori del Siena. E comunque leggendo l’ordinanza si intuisce come fino all’ultimo il procuratore su Novara-Siena abbia sfogliato la margherita per Conte: illecito o omessa? Decisivo è stato quel «dubbio» che forse ha fatto ritenere all’accusa di non riuscire a tenere le proprie posizioni nel dibattimento, preferendo quindi adagiarsi su una base ritenuta più solida. La spina BonucciMala Juve dovrà fronteggiare anche i casi Bonucci e Pepe. Non sarà facile. L’ordinanza segue la versione di Andrea Masiello che accusa il difensore, Salvatore Masiello e Belmonte (ma Palazzi aggiunge anche Parisi) e mette in evidenza i riscontri acquisiti: la proposta di alterare Udinese-Bari dopo le «pressioni » del ristoratore barese De Tullio proprietario di un’agenzia di scommesse, il coinvolgimento e l’adesione dei compagni e nel caso di Bonucci l’ok sarebbe arrivato nell’autobus che portava la squadra all’aeroporto. E ancora: la telefonata di Salvatore Masiello a Pepe per cercare una sponda nell’Udinese, la metafora della Ferrari e il «no» ricevuto. Il giocatore della Juve e della Nazionale ha negato ogni addebito. Stessa cosa hanno fatto Pepe e gli altri calciatori. Ma Palazzi fa notare come De Tullio e Iacovelli (il tuttofare arrestato a Cremona) danno conferma ai magistrati di Bari sulle scommesse per quella gara; Pepe conferma una predilezione per la Ferrari e i rapporti di amicizia con Salvatore Masiello e aggiunge di «chiamate frequenti » tra loro (ma non per Udinese-Bari); Bonucci ammette la sua presenza sul bus, ma non di aver parlato con Masiello. Mala dovizia di particolari del racconto di Andrea Masiello, i riscontri ottenuti e l’assenza di acredine sono per Palazzi motivi più che sufficienti per contestare a Bonucci l’illecito e a Pepe l’omessa. Senza dubbi, come nel caso di Conte, e quindi con la convinzione di «reggere» l’accusa anche nel processo.

- Il patteggiamento ordine del giorno delle «diplomazie»

Maurizio Galdi - Gasport -27-07-2012

Il patteggiamento sarà al centro del lavoro degli avvocati difensori e della Procura federale l'1 e il 3 agosto, all'apertura dei due diversi procedimenti scaturiti dai deferimenti che ieri hanno raggiunto 45 tesserati e 13 società per 73 posizioni esaminate dalla Procura. Si comincerà l'1 agosto con il deferimento relativo alla documentazione di Cremona (riguarda Siena, Grosseto, AlbinoLeffe, Ancona, Novara, Torino, Varese e 26 tesserati), si proseguirà il giorno dopo. Il 3 agosto partirà il procedimento sulle carte di Bari (riguarda Bari, Bologna, Lecce, Portogruaro, Sampdoria, Siena e Udinese e 22 tesserati). Le sentenze dovrebbero arrivare tra il 9 e il 10. Cinque giorni dopo potranno cominciare gli appelli alla Corte di giustizia sportiva a sezioni unite: è probabile che si parta il 16.

Patteggiamento Si tratta di applicare l'articolo 23 del Codice di giustizia sportiva. In caso di collaborazione si applica integrato all'articolo 24. Ma analizziamo il patteggiamento semplice. Si tratta in pratica di un accordo tra accusa e difesa che la Disciplinare «ratifica» sempre che ritenga corretta «la qualificazione dei fatti come formulata dalle parti e congrua la sanzione indicata». Il patteggiamento, nonostante sia stato sollevato il problema da parte dei terzi interessati nell'ultimo procedimento sportivo, «chiude il procedimento nei confronti del richiedente».

Come si calcola la sanzione Il patteggiamento, per giurisprudenza consolidata, porta a uno sconto di un terzo della sanzione. Facciamo un esempio: se la Procura federale chiede per un tesserato tre anni di squalifica, i difensori patteggiando possono ottenere che la squalifica si riduca a due anni. Anche le società, in caso di patteggiamento dei propri tesserati, possono chiedere di patteggiare eventuali penalizzazioni.

A cosa si applica Il patteggiamento è un accordo tra le parti e viene concordato in base alla richiesta della Procura federale. In genere l'avvocato del tesserato che propone il patteggiamento chiede alla Procura quale sarà la richiesta per il proprio assistito e in base a questa viene definita la nuova sanzione. Nella trattativa, comunque, non è mai capitato che la Procura scenda sotto il minimo stabilito dal Codice, esclusi i casi di collaborazione.

La Juve decide cosa fare. Patteggiamento possibile

Francesco Ceniti - Gasport - 27-97-2012

Oggi gli avvocati riuniti: Conte potrebbe uscirne con 3-4 mesi, inutile correre rischi. Bonucci e Pepe: destini uniti. L’amarezza di Agnelli

ROMA, 27 luglio 2012 - E’ il giorno delle decisioni. La linea difensiva della Juve si saprà nel pomeriggio, quando si ritroveranno i tre avvocati che stanno seguendo Antonio Conte, Leonardo Bonucci, Simone Pepe, Angelo Alessio e Cristian Stellini. Saranno prese in esame le varie posizioni e studiata nel dettagli l’ordinanza del procuratore Palazzi. Poi i legali Antonio De Rensis, Luigi Chiappero e Michele Briamonte valuteranno il da farsi, non prima di essersi consultati con il presidente Agnelli e i tesserati coinvolti. Sul tavolo ci sono tutte le ipotesi, compreso il patteggiamento. E non sarebbe una sorpresa se fosse proprio questa alla fine la strada prescelta. Specie per Antonio Conte. Cerchiamo di capire meglio.

Rischi inutili Il tecnico deve fronteggiare due omesse denunce. Tradotto: il procuratore potrebbe chiedere 12 mesi per ogni episodio (è il massimo sempre utilizzato da Palazzi finora, il minimo è 6 mesi) più altri 3 per l’aggravante (l’allenatore è una figura dirigenziale e inoltre ci potrebbe essere una continuazione del reato). Totale rischio condanna: 27 mesi. Tantissimi. Certo, Conte si sente vittima di un’ingiustizia e di accuse infamanti. L’illecito scampato potrebbe convincerlo ad affrontare il processo per dimostrare la sua pulizia morale. Anche perché gli avvocati hanno individuato alcune incongruenze sulla omessa denuncia di Novara-Siena (a nessun giocatore presente nella riunione tecnica dove Conte avrebbe annunciato il pari è stata contestata la stessa accusa) e potrebbero vincere in giudizio. Sul tavolo resterebbe solo AlbinoLeffe-Siena. E qui una riflessione attenta delle carte dovrebbe consigliare prudenza. Le ammissioni incassate da Palazzi, a iniziare dai giocatori dei lombardi che hanno confermato l’accordo per la loro vittoria, e il comportamento di Stellini lasciano pochi margini a un ribaltone. Il rischio concreto della scelta di andare a dibattimento è di uscirne nel migliore dei casi con 12 mesi di stop. Troppi. Ecco che il patteggiamento fa capolino. Anche perché va ricordato come il processo sportivo sia accusatorio e quindi il compromesso scelto per evitare brutte sorprese. Messa così, anche Conte potrebbe fare buon viso a cattivo gioco e ritrovarsi senza panchina della Juve per «solo» 3 o 4 mesi. Insomma, il male minore.

Bonucci e Pepe Più difficile la scelta per Bonucci e Pepe. Le due posizioni sono strettamente correlate. Il secondo avrebbe diversi motivi per patteggiare: se la caverebbe con tre mesi e visto il suo attuale infortunio sarebbe quasi uno stop indolore. Ma se lo facesse obbligherebbe Bonucci alla stessa scelta perché non avrebbe senso andare a processo quando il compagno va dalla strada opposta. Senza contare che altri giocatori legati alla presunta combine potrebbero negoziare la loro posizione. Palazzi sembra sicuro su Udinese-Bari: in effetti posizioni simili hanno portato a condanne nei precedenti processi. Per l’illecito si parte dai tre anni di squalifica, patteggiando si può scendere a due e forse con una collaborazione piena anche a meno. Bonucci ha 25 anni: dovrà fare le valutazioni con la Juve. E’ disposto il club a rispettare il contratto anche con 3 anni di fermo? Oppure preferisce non rischiare, ritrovando Pepe dopo 3 mesi e il difensore tra 2 stagioni. Vedremo. Di sicuro sembra scontato il patteggiamento di Stellini (rischio preclusione), mentre Alessio seguirà la via di Conte.

Agnelli e gli altri Intanto ieri si sono fatte sentire le voci della società. Il presidente Agnelli ha ricordato: «Gli eventi lasciano in tutti noi una profonda amarezza, mitigata dalla consapevolezza che, come indicato dai vertici dello sport italiano, le regole del processo sportivo arriveranno a fare chiarezza nel corso di questa partita che si svolge innanzi a vari gradi di giudizio. A nome della società ribadisco il pieno sostegno a Conte, Alessio, Stellini, Bonucci e Pepe. La Juventus è una squadra e nelle squadre ci si aiuta, si combatte, si perde e si vince. Ma non si resta mai soli. E non succederà neppure questa volta». Gli ha fatto eco il cugino John Elkann: «Abbiamo sempre avuto una posizione molto forte. Sosteniamo i nostri giocatori e il tecnico. Preoccupato? Sono fiducioso e credo nella giustizia». Il direttore generale Beppe Marotta ha sottolineato: «Troveremo una soluzione per Conte: è certo che resterà con noi indipendentemente dall’esito del processo sportivo». L’avvocato De Rensis ieri sull’idea patteggiamento ha ribadito la posizione espressa in una recente intervista con la giornalaccio rosa: «Come ipotesi di scuola, un avvocato non deve escludere niente, ma un conto è patteggiare avanti a un processo garantista, un altro è patteggiare avanti a un processo accusatorio». Oggi ne sapremo di più.

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Gasport 27-07-2012

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Conte: «Carobbio mi considerava uomo di m.....»

Francesco Ceniti - Gasport -27-07-2012

Il tecnico: «Me lo ha riferito Stellini». Il centrocampista: «Niente vendette, mi aveva fatto sentire utile»

ROMA, 27 luglio 2012 - Nell’ordinanza di deferimento sono contenuti stralci delle audizioni effettuate in Procura federale. Pubblichiamo quelli più significativi riguardanti Carobbio e Conte.

Filippo Carobbio, il 10 luglio: «Preciso che l’allenatore ci aveva informato che la gara sarebbe finita in pareggio e ricordo bene che all’ultimo, prima della gara, decise di escludere Sestu che, in quel periodo, era sempre titolare; ricordo bene la circostanza in quanto non era mai accaduto che, dopo la riunione tecnica e immediatamente prima della gara, l’allenatore cambiasse la formazione, soprattutto escludendo i titolari; ricordo molto bene quella riunione tecnica, in quanto l’allenatore, dopo averci detto che era stato raggiunto un accordo per il pareggio, ci parlò poco della gara e degli aspetti tecnici, ma ci fece un discorso molto emozionante sulla sua carriera, in relazione all’obiettivo che la nostra squadra stava per raggiungere (...) Ribadisco che, non solo non ho mai avuto motivi di astio nei confronti del mister Conte, ma anzi ho sempre nutrito grande stima nei suoi confronti (...) Prendo atto delle dichiarazioni della moglie di Calaiò relative alla mancata concessione del permesso in occasione della nascita di mia figlia Adelaide avvenuta il 21.9.10; quel giorno, avendo appreso da mia moglie che stava andando in ospedale, chiesi il permesso all’allenatore di poterla raggiungere a Bergamo con l’impegno di rientrare il giorno successivo, per recuperare, nel pomeriggio, l’allenamento svolto dai miei compagni la mattina; il mister rifiutò tale proposta, dicendomi che la mattina successiva non poteva fare a meno della mia presenza in allenamento, in vista della partita che si sarebbe giocata a Piacenza nell’anticipo del venerdì; mi promise peraltro che mi avrebbe concesso un giorno aggiuntivo di riposo dopo la gara; tale circostanza, seppur disagevole per mia moglie, mi inorgoglì molto sia per l’attestazione di stima e fiducia mostratemi, sia in quanto mi fece capire che riteneva essenziale il mio ruolo e le mie prestazioni».

Antonio Conte, il 13 luglio: «Escludo di aver mai detto ai calciatori che il pareggio sarebbe potuto essere un buon risultato anche perché, in tal caso, avrei vanificato tutta la mia opera motivazionale (...) Non concessi il permesso (a Carobbio) in quanto era fondamentale prepararsi bene, dovendo affrontare una partita importante; Carobbio non ebbe nulla a replicare (...) Anzi, in effetti lo stesso Carobbio aveva chiesto prima a Stellini se fosse il caso di chiedermi un permesso e Stellini gli suggerì di andare a Bergamo e di chiamare direttamente da fuori dicendo che la moglie era stata ricoverata d’urgenza in modo di potersi trattenere; Carobbio, però, evidentemente preferì correttamente venire da me a chiedermi il permesso, anche perché, altrimenti, mi sarei comunque molto alterato; solo recentemente ho appreso del pessimo consiglio fornito al Carobbio dalla Stellini, con il quale mi sono infuriato; lo stesso, peraltro, in medesima circostanza, ebbe a riferirmi di aver raccolto le lagnanze di Carobbio in merito alla mia carenza di umanità, appellandomi come "uomo di M***A". In occasione di Juve-Siena, successivamente alle notizie relative all’indagine di Cremona, la mia compagna mi ha riferito di un colloquio avuto in tribuna con la moglie di Vergassola, durante il quale la medesima le riferiva testualmente "hai visto quello che ve la sta facendo pagare"; a quel punto la mia compagna ritenne di raccontarmi quanto accaduto in occasione della festa della figlia di Brienza; ove la moglie di Carobbio, alla presenza del medesimo, si era lamentata con lei con tono acceso, additandola con l’indice, in quanto, a causa del diniego del permesso al marito, in occasione della nascita della figlia aveva dovuto sostenere una spesa di 1.500 euro».

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ROMA, 27 luglio 2012 - Il gruppo dei nuovi deferiti è meno numeroso di quello che ha dato vita al primo processo scommesse di questa estate (44 ieri, 83 il 9 maggio scorso), maa pesare sono i nomi. Antonio Conte ha i riflettori puntati addosso, poi, fra gli altri, ci sono Leonardo Bonucci, Simone Pepe, Marco Di Vaio, il tecnico Mutti, Cristian Stellini e i club, Siena, Bologna, Torino, Sampdoria, Lecce, Grosseto, Udinese, Novara, Varese, Albinoleffe, Bari. Mano dura, ha messo in campo il procuratore federale Stefano Palazzi. Rinvii a giudizio (sportivi) che hanno tutti un punto in comune: la credibilità dei grandi pentiti dello scandalo. A inguaiare Conte, è Filippo Carobbio, l’uomo delle rivelazioni su Novara-Siena e Albinoleffe-Siena, ai tempi in cui il tecnico campione d’Italia con la Juve lavorava sulla panchina del club toscano. Conte andrà a giudizio non per illecito sportivo come si poteva pensare nella peggiore delle ipotesi, ma accompagnato dalla doppia accusa di omessa denuncia. L’illecito è il reato più grave nel mondo del calcio, punito con almeno tre anni di squalifica e aperto al patteggiamento della pena soltanto se l’imputato ha la forza e la volontà di allargare il quadro delle colpe. L’omessa denuncia cambia in rapporto a chi la compie: più lieve nelle conseguenze per i giocatori, più indigesta per allenatori, dirigenti, vertici di società. Come è arrivato Palazzi a formulare la richiesta di processo per Conte per non aver denunciato fatti riconducibili all’illecito sportivo stesso? Carobbio, per gli inquirenti, «non è stato mosso da alcun motivo di risentimento personale nei confronti del suo allenatore» ai tempi di Siena. E le verità di Carobbio, per il pool di Palazzi, hanno un valore probatorio a prova di contraddizioni o smentite: Conte, per l’accusa, ha parlato di accordi fra società o giocatori, e lo ha fatto sia prima della sfida al Novara, sia nelle ore precedenti la gara con l’Albinoleffe. Perché, allora, il processo per omessa denuncia? Perché, scrivono gli inquirenti, «la procura ritiene che non si possa affermare con certezza che si tratti di una condotta integrante un atto idoneo e diretto a realizzare l’alterazione del regolare svolgimento o del risultato di una gara...». Così per i fatti di Novara-Siena, per la ricostruzione di Carobbio che parla di un allenatore - Conte appunto - più che loquace durante la riunione tecnica a tre ore dalla partita. «...la condotta tenuta dal tecnico - si legge nel deferimento - non lascia desumere con certezza l’apporto di un contributo causale idoneo e finalizzato all’alterazione della gara, efficiente rispetto all’accordo già raggiunto di cui Conte medesimo ha dato atto nel corso della riunione tecnica...». Tradotto: l’allenatore della Juve è stato riconosciuto dalla procura non come parte attiva di una potenziale combine, masolamente un tesserato che avrebbe dovuto denunciare qualcosa che aveva conosciuto in un contesto del tutto particolare. Dubbi ha avuto da sempre Palazzi sul ruolo di Conte e, nel dubbio, «anche in applicazione della regola di giudizio costituita dal principio “in dubio pro reo” - scrive il procuratore - si deve ritenere integrante la mera violazione dell’obbligo di denunciare senza indugio...». Il secondo processo sulle scommesse si dividerà in due: mercoledì e giovedì prossimo le due udienze dedicate al filone di Cremona, le 48 ore successive spazio al dibattimento sul filone di Bari. Il primo giorno è quello dei patteggiamenti: la pena minima per l’omessa denuncia per fatti integranti l’illecito sportivo è di sei mesi, se c’è la reiterazione - caso Conte può superare l’anno (con l’accordo fra difesa e accusa per una doppia accusa di omessa denuncia la squalifica si può ridurre fino a 6 mesi). A processo ci saranno altri due juventini: Pepe per omessa denuncia, Bonucci per illecito sportivo. Entrambi chiamati in causa da Andrea Masiello, entrambi per la sfida Udinese-Bari del 9 maggio del 2010: 3 a 3 il verdetto, per Masiello, con la complicità, fra gli altri, di Bonucci.

Fonte: La Stampa (articolo a firma di Gugliemo Buccheri)

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Conte-De Rensis, riunione di 3 ore ieri a Vinovo. I tifosi contro la Figc: «Ci hanno massacrato»

TORINO, 27 luglio 2012 - La società bianconera, però, ha già deciso: Antonio Conte resta alla guida, non esiste e non è mai esistito un piano B. Al massimo, in caso di squalifica, si valuterà chi spedire in panchina, e primo indiziato è Marco Baroni, tecnico della Primavera. O chi comprare per cementare una difesa forse priva di Bonucci e, all’inizio, di Caceres. Alla momentanea via di uscita, in caso di squalifica del tecnico, accenna Beppe Marotta: «Noi abbiamo affidato la gestione tecnica a Conte e sarà così anche per il futuro: insieme a lui troveremo la giusta soluzione». Il tutto in un clima di fair play: «C’è profonda amarezza per il coinvolgimento dei nostri tesserati - argomenta l’ad bianconero - perché crediamo alla loro estraneità», ma c’è pure «rispetto degli inquirenti». Meno calma tra i tifosi che si sfogano sul web, e qualche tesserato, lontano dalle tv: «Ci hanno massacrato». La via d’uscita, legale, pare invece quella del patteggiamento, visto lo sconto sull’eventuale pena: «Come ipotesi di scuola - spiega Antonio De Rensis, legale di Conte un avvocato non deve escludere niente, ma un conto è patteggiare avanti a un processo garantista, un altro è farlo avanti a un processo accusatorio, come è quello sportivo. Considerato tutto ciò, adesso valuteremo quale strada perseguire, tenendo conto di questo primo passo indubbiamente positivo». Cioè la non contestazione dell’illecito sportivo, che pure Conte rischiava: «Ora abbiamo uno scenario completamente ridimensionato che non deve fare esultare o stappare champagne, ma certo bisogna considerare da dove siamo partiti». Di patteggiamento, De Rensis ne ha discusso per circa tre ore a Vinovo con il tecnico, uno poco incline ai compromessi, figurarsi sulla sua credibilità. Stavolta dovrà accettarne uno.

Fonte: La Stampa (estratto dall'articolo a firma di Massimiliano Nerozzi

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Agnelli a Conte: «Non sarai solo»

Il legale di Conte: «Scenario ridimensionato». Si profila l'ipotesi del patteggiamento. Quel "rifugio" allo Stadium

TORINO, 27 luglio 2012 - E' la partita più importante che dovrà giocare, non sui campi di calcio ma nelle aule di tribunale, però Antonio Conte sa di poter contare sul sostegno della Juventus, intesa non soltanto come società ma come popolo bianconero. Che crede nella sua estraneità sui fatti di scommessopoli e sta al suo fianco. You'll never walk alone sembra essere il messaggio di Andrea Agnelli dopo il summit mattutino insieme con gli avvocati, alla sventagliata dei deferimenti. La Juventus alza lo scudo, difende staff tecnico (oltre a Conte, pure Cristian Stellini e Angelo Alessio ), giocatori (Leonardo Bonucci e Simone Pepe ) e non pensa a soluzioni alternative. Conte è e resta l'allenatore bianconero, tanto che in società stanno già pensando al posto da assegnargli allo Stadium per permettergli di comunicare con la panchina nelle partite casalinghe.

TUTTI UNITI Il presidente esterna emozioni, ma resta ferreo sulla condotta e confida che stamattina, alla lettura dei faldoni della procura, gli avvocati possano confezionare una linea difensiva che attenui le posizioni. «Gli eventi odierni lasciano in tutti noi una profonda amarezza, mitigata dalla consapevolezza che, come indicato dai vertici dello sport italiano, le regole del processo sportivo arriveranno a fare chiarezza nel corso di questa partita che si svolge innanzi a vari gradi di giudizio». I temi legali lasciano poi spazio al cuore e all'orgoglio gobbo. «Ribadisco il pieno sostegno a Conte, Alessio, Stellini, Bonucci e Pepe: la Juventus è una società quotata in Borsa, ma per tutti è una squadra e per tutti noi che dedichiamo lavoro e passione ai colori bianconeri lo è ancor di più. Nelle squadre ci si aiuta, si combatte, si perde e si vince. Ma non si resta mai soli. E non succederà neppure questa volta». Parole ribadite anche da Londra, dove si trova per la cerimonia di apertura delle Olimpiadi, dall'azionista di riferimento John Elkann. «Sono fiducioso e credo nella giustizia. Andrea ha fatto dichiarazioni molto chiare: noi sosteniamo l'allenatore e i nostri giocatori».

PATTEGGIAMENTO Scomparso lo spettro dell'illecito, Conte deve rispondere alla Commissione Disciplinare del rinvio a giudizio di omessa denuncia in merito alle partite Novara-Siena e AlbinoLeffe-Siena nel campionato di B, stagione 2010-11, quando il tecnico bianconero sedeva sulla panchina dei toscani. Rischierebbe, se l'accusa venisse confermata in aula, un anno di squalifica, ma se patteggia - e lo deve fare prima del processo, fissato per il 1° agosto - gli verrebbero scontati i due terzi della pena, il che significa che dovrebbe rinunciare alla panchina soltanto per quattro mesi e la squadra in partita sarebbe affidata al tecnico della Primavera Marco Baroni . «All'inizio della vicenda venivano disegnati scenari molto gravi e invece ora il quadro è completamente ridimensionato e si avvicina a rendere giustizia a una persona di moralità specchiata - ha spiegato Antonio De Rensis , uno dei componenti del pool di avvocati del tecnico -. Patteggiare? Un avvocato previdente non esclude niente a priori: l'ipotesi non viene comunque fatta dalla difesa, ora valuteremo come muoverci». Se ieri pomeriggio lavvocato non è stato esplicito sul patteggiamento perché in attesa di conoscere con esattezza le carte con cui la procura ha rinviato a giudizio l'allenatore, in serata nellambiente juventino si è fatta strada la notizia che Conte ricorrerà al patteggiamento per circoscrivere la condanna.

COMBATTIVO La scure della procura non ha provocato delusione ma piuttosto contrarietà in Conte. Che non è certo uno che si arrende e anche ieri, tra ritiro e allenamento, ha manifestato più combattività che scoramento. Insomma, nessuna lacrima è circolata nello spogliatoio bianconero, piuttosto qualche faccia scura - soprattutto quella di Bonucci, non a caso l'unico rinviato a giudizio per illecito - si è aggirata a Vinovo. E i compagni hanno accolto la notizia dei deferimenti con una solidarietà rispettosa e silenziosa. «Conte non è certamente uno che deve essere consolato - conferma in serata da Milano Beppe Marotta -. Lui riesce a trarre forza anche dagli eventi negativi. E non esistono piani B: la gestione tecnica sarà affidata a Conte, straordinario condottiero del nostro scudetto. Sarà lui il responsabile, troveremo insieme la soluzione giusta».

REGOLE DA RIVEDERE L'ad della Juventus amplia però il discorso e chiede un intervento sulle regole affinché la giustizia sportiva si equipari a quella ordinaria. «Dopo questo processo va riformato il tutto perché non è possibile che il presunto colpevole può scagionarsi senza prove, non è giusto che un dirigente come è l'allenatore venga colpevolizzato senza accuse precise con fatti non concreti. Le società sono aziende, non si può restare ancorati con regole di questo tipo».

Fonte: Tuttosport (articolo a firma di Marina Salvetti)

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E in panchina va Baroni promosso dalla Primavera

Potrebbe debuttare già in Supercoppa

TORINO, 27 luglio 2012 - La controfigura di Antonio Conte per questo strano inizio di stagione avrà fisico da difensore, pizzetto brizzolato e accento toscano. Marco Baroni , dall'estate 2011 tecnico della Primavera juventina, è pronto ad accomodarsi sulla panchina principale. Siederà fisicamente nel posto dell'ex capitano la domenica e comparirà ufficialmente nelle distinte. Ma moralmente e durante la settimana a Vinovo non cambierà nulla: la guida è - e resterà - lo Special One del Salento.

VERSO PECHINO Dei deferimenti - e delle conseguenze dirette (quindi delle probabili squalifiche) - Baroni ha saputo da Dortmund, dove è impegnato con i suoi ragazzi in un torneo internazionale. La prossima tappa - la prima da alter Conte - arriverà presto. Il calendario processuale potrebbe regalargli addirittura la supercoppa italiana di Pechino. E' una piccola possibilità, ovviamente in casa Juve vorrebbero evitare. Sarebbe un battesimo di fuoco. Nel caso l'incrocio sarebbe curioso: contro il Napoli, la squadra con cui da giocatore ha vinto lo scudetto. Già, c'era anche lui nella difesa dello squadrone di Diego Armando Maradona del 1989-90.

DIVERSI E UGUALI Fiorentino dalla battuta facile, avrà il difficile compito di sostituire Conte nei novanta minuti di partita. La panchina la vivono in modo diverso. Antonio è sempre in piedi, spesso tarantolato. Marco si alza e si siede, ma nei modi è molto più mite. Simile invece è ldea di calcio. Sono allenatori esigenti, danno tanto e pretendono altrettanto. Fare da tramite per Baroni sarà semplice, quasi naturale. I principi di gioco della sua Primavera sono gli stessi della squadra campione d'Italia: possesso palla, aggressività, azione che deve sempre partire dal portiere e svilupparsi con il pallone rasoterra. Dovrà abituarsi al ruolo, non alla lingua calcistica da trasmettere.

IN SERIE A COL SIENA Sulla panchina-palco dello Stadium Baroni si è seduto la scorsa stagione. Serata sfortunata per la sua Juventus, sconfitta nella finale d'andata di coppa Italia dalla Primavera della Roma. Serata maledetta soprattutto per la casa juventina, che in quella occasione ha scoperto per la prima volta l'amarezza della sconfitta. Da allenatore ha già assaporato pure la serie A. Esperienza veloce, tre partite in tutto. Era la stagione 2009-10. ll Siena - anche li allenava la Primavera - gli affida la panchina a tempo dopo l'esonero di Marco Giampaolo . Conquista un punto e passa il testimone ad Alberto Malesani . La stagione seguente lascia la Toscana per un'avventura tra i professionisti: destinazione Cremonese (Prima Divisione).

AVVENTURA JUVE Corteggiato dal dg del vivaio juventino Giovanni Rossi , che a lui aveva pensato già lanno precedente, Baroni arriva a Torino la scorsa estate. Al buon palmares giovanile (la Primavera del Siena laveva portata in finale) aggiunge una Viareggio Cup, torneo nel quale brilla il talento promettente Leonardo Spinazzola . Adesso Baroni dovrà entrare in fretta nel ruolo di controfigura. L'attore principale è esigente, ma proprio la sua vicinanza (durante la settimana) è la migliore delle garanzie possibili.

Fonte: Tuttosport (articolo a firma di Filippo Cornacchia)

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Palazzi: "Illecito per Conte? Non c'è certezza dell'atto"

"Elementi per omessa denuncia". Smontata la tesi difensiva: non c'era acredine da parte di Carobbio

ROMA, 27 luglio 2012 - Prelibato o amaro, il piatto è servito. Dovranno digerirlo gli altri 67 colpevoli sulla base delle accuse di Carobbio. Il pentito supercredibile non ha distrutto Conte «perché c'è un dubbio pro reo». Lo spiega Palazzi nei deferimenti: «Rimane da valutare, in termini di apporto causale e di qualificazione giuridica, la condotta del tecnico Antonio Conte. Per come descritta dal Carobbio, non c'è certezza che si tratti di una condotta integrante un atto idoneo e diretto a realizzare l'alterazione del regolare svolgimento o del risultato di una gara, ex art. 7, commi 1, 2 e 5, CGS (illecito sportivo, ndr), non c'è certezza dell'apporto, da parte del tecnico, di un contributo efficiente rispetto all'accordo già raggiunto di cui il Conte medesimo ha dato atto nel corso della riunione tecnica. Pertanto, in mancanza di ulteriori elementi fattuali sicuramente dimostrativi, si deve ritenere integrante la mera violazione dell'obbligo di denunciare senza indugio alla Procura Federale fatti integranti illecito sportivo». Ecco perché Antoniocapitano s'è beccato solo una doppia omessa denuncia e non qualcosa di più grave. La Procura Federale ha invece smontato la tesi difensiva dell'acredine di Carobbio verso il tecnico per il mancato permesso per la gravidanza della moglie: «Le motivazioni di Conte appaiono inconferenti e prive di pregio, la versione fornita dal calciatore, orgoglioso del diniego, appare più verosimile ed esclude motivi di astio».

Fonte: Il Corriere dello Sport (articolo a firma di Alberto Abbate)

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a 8:11

I VERBALI ripresi sui giornali:

ROMA, 27 luglio 2012 - Per il procuratore federale Stefano Palazzi, a muovere i fili del racconto di Filippo Carobbio, grande accusatore di Antonio Conte, non è stato in alcun caso il rancore personale, ma nell’intreccio degli interrogatori dei due la lite fra mogli è strisciante.

Il ritorno a casa negato

Carobbio rivela agli investigatori della Figc cosa accadde in occasione della nascita della piccola Adelaide il 21 settembre del 2010: «...avendo appreso da mia moglie che stava andando all’ospedale, chiesi il permesso all’allenatore di poterla raggiungere a Bergamo con l’impegno di rientrare il giorno successivo per recuperare, nel pomeriggio, l’allenamento svolto dai miei compagni la mattina. Il mister - così Carobbio - rifiutò tale proposta, dicendomi che la mattina dopo non poteva fare a meno della mia presenza in allenamento in vista della partita che si sarebbe disputata il venerdì a Piacenza...».

Le consorti sul ring

Conte davanti al pool di Palazzi nell’interrogatorio di due settimane fa. «...In occasione di Juventus-Siena, successivamente alle notizie relative all’indagine di Cremona, la mia compagna mi ha riferito di un colloquio avuto in tribuna con la moglie di Vergassola, durante il quale la medesima gli diceva testualmente “hai visto, quello ve la sta facendo pagare”. Dopo tale incontro, la mia compagna ritenne di raccontarmi quanto accaduto in occasione della festa di Brienza quando la moglie di Carobbio si era lamentata con lei con tono acceso, additandola con l’indice, in quanto, a causa del diniego del permesso al marito in occasione della nascita della figlia, aveva dovuto sostenere una spesa di 1500 euro...», così l’ex tecnico del Siena.

Larrondo conteso

Nel ricostruire le sue accuse a Conte in merito alla partita Novara-Siena, Carobbio si sofferma su un particolare consegnato alla procura federale nel suo secondo interrogatorio il 10 luglio. «... al discorso di Conte che ci informava del pareggio concordato, nessuno di noi si stupì più di tanto... ricordo che, durante la gara, mentre mi scaldavo a bordo campo insieme al mio compagno Larrondo, lo stesso, essendo un giovane e straniero, mi chiese, alla luce di quanto riferito da Conte nella riunione tecnica, come si doveva comportare se l’allenatore l’avesse fatto entrare in campo. Lo tranquillizzai dicendogli di fare movimento senza segnare... ». Larrondo, convocato da Palazzi tre giorni dopo, negherà tutto. «... ricordo la partita Novara-Siena. Ricordo che giocai pochi minuti finali: nella riunione tecnica pre gara l’allenatore ci disse che voleva vincere a ogni costo. Non ricordo di aver parlato con Carobbio a bordo campo...».

Fonte: La Stampa (articolo a firma di Gugliemo Buccheri)

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Conte e Carobbio, quella versione differente su un permesso negato

L'audizione di Conte alla Procura Federale:

Conte su Novara-Siena

CONTE dice: « In occasione della gara NOVARA-SIENA del 1.5.11 non ho appreso in alcun modo che i miei calciatori VITIELLO e COPPOLA si fossero incontrati con DRASCEK o con altri tesserati del Novara (...) con il Novara arrivammo un giorno prima rispetto al solito solo per testare il campo sintetico, ma ci fu comunque una sola riunione tecnica (...) in occasione di Novara-Siena, noi venivamo da una sconfitta con il Portogruaro e ricordo che CALAIÒ mi fece pervenire attraverso ALESSIO la richiesta di un giorno in più di riposo, nonostante ne avessi già concessi due per le festività pasquali; essendo stato dissuaso da ALESSIO, CALAIÒ non mi chiese più nulla; la cosa mi infastidì comunque ed anche per questo serbai con tutta la squadra un atteggiamento di estremo distacco, ritenendo che avessero perso le motivazioni; ricordo quindi che in occasione della riunione tecnica prima di Novara-Siena, mancando solo 4 gare alla fine del campionato, parlai molto dei miei trascorsi da calciatore, sia delle vittorie conseguite, ma anche delle sconfitte, proprio al fine di caricarli emotivamente per fargli comprendere che, dopo un lungo cammino, sarebbe stato assurdo perdere le motivazioni proprio nel momento più delicato (...) escludo di aver mai detto ai calciatori che il pareggio sarebbe potuto essere un buon risultato anche perché, in tal caso, avrei vanificato tutta la mia opera motivazionale (...) non so perché CAROBBIO possa aver riferito una simile circostanza, forse posso ascriverlo al fatto di avergli negato un permesso per raggiungere la moglie che stava per partorire; non concessi il permesso in quanto era fondamentale prepararsi bene, dovendo affrontare una partita molto importante; CAROBBIO non ebbe nulla a replicare in ordine alla mancata concessione del permesso; anzi, in effetti lo stesso CAROBBIO aveva chiesto prima a STELLINI se fosse il caso di chiedermi un permesso e STELLINI gli suggerì di andare a Bergamo e di chiamare direttamente da fuori dicendo che la moglie era stata ricoverata d'urgenza in modo di potersi trattenere; CAROBBIO, però, evidentemente, preferì correttamente venire da me a chiedermi il permesso, anche perché, altrimenti, mi sarei comunque molto alterato; solo recentemente ho appreso del pessimo consiglio fornito al CAROBBIO dallo Stellini con il quale mi sono infuriato; lo stesso peraltro, in medesima circostanza, ebbe a riferirmi di aver raccolto le lagnanze di CAROBBIO in merito alla mia carenza di umanità, appellandomi come "uomo di M***A". In occasione di Juventus-Siena, successivamente alle notizie relative all'indagine di Cremona, la mia compagna mi ha riferito di un colloquio avuto in tribuna con la moglie di VERGASSOLA, durante il quale la medesima le riferiva testualmente "hai visto, quello ve la sta facendo pagare"; successivamente a tale incontro, la mia compagna, a quel punto, ritenne di raccontarmi quanto accaduto in occasione della festa della figlia di BRIENZA; la moglie di CAROBBIO, alla presenza del medesimo, si era lamentata con lei con tono acceso, additandola con l'indice, in quanto, a causa del diniego del permesso al marito, in occasione della nascita della figlia, aveva dovuto sostenere una spesa di 1500,00 euro; In tale circostanza la mia compagna ebbe anche a riferirmi che la moglie di VERGASSOLA, riaccompagnandola a casa dalla festa sopra indicata, le consigliò di non riferirmi nulla, temendo le mie possibili reazioni (...) CAROBBIO non giocò più titolare, quando cominciò a mostrare problemi di interdizione (...) non ricordo se concessi a CAROBBIO un giorno in più di permesso dopo la partita per trattenersi con la moglie e la bambina appena nata, ma non posso escluderlo (...) non accolsi bene la sconfitta con l'Ascoli, ma in effetti la meritammo; ricordo, però, che misi sotto pressione la squadra, in quanto io metabolizzo male ogni sconfitta; anche nella riunione tecnica, ribadiì l'importanza di arrivare primi (...)».

Conte su Albinoleffe-Siena

Dice CONTE, sia con riferimento alla partita di andata SIENA-ALBINOLEFFE che di quella di cui si parla: «Non mi accorsi di nulla di particolare in occasione di Siena-Albinoleffe, in quanto, essendo molto arrabbiato per il gol subito nei minuti finali, andai via velocemente; STELLlNI, solo recentemente, a seguito delle notizie stampa che lo indicavano come coinvolto in presunti accordi presi dal CAROBBIO per la partita di ritorno, mi ha riferito che, al termine della gara in oggetto, vi era stata una rissa tra i calciatori delle due squadre al quale il medesimo aveva partecipato, e, pertanto, essendo preoccupato che potessero accadere incidenti nella gara di ritorno, sollecitò CAROBBIO, quale ex dell'Albinoleffe, a parlare con i suoi ex compagni per cercare di stemperare gli animi; lo scrupolo di STELLINI derivava dal fatto di essere rimasto coinvolto in prima persona nella rissa e pertanto si sentiva ancor più responsabile (...) STELLINI non mi esplicitò i motivi della rissa, anche perché non entrai nei particolari, essendo rimasto molto contrariato per non essere stato informato tempestivamente di quanto accaduto (...) STELLINI non mi riferì neanche i nomi dei partecipanti alla rissa (...) in occasione di ALBINOLEFFE-SIENA del 29.5.11, non ho mai saputo di un incontro tra i miei calciatori e alcuni calciatori avversari fuori del nostro albergo (...) poiché i calciatori non potevano uscire dall'albergo in occasione dei ritiro, non so come si siano potuti incontrare, lo addebito ad un po' di lassismo da fine campionato; se lo avessi saputo mi sarei infuriato (...) anche nella riunione tecnica precedente la gara ALBINOLEFFE-SIENA cercai di motivare i ragazzi per ottenere una vittoria anche perché saremmo potuti ancora arrivare primi, davanti all'Atalanta con la quale avevo una rivalità personale (...)».

Carobbio e la storia del permesso

Audizione di Carobbio: «Quel giorno, avendo appreso da mia moglie che stava andando in ospedale, chiesi il permesso all'allenatore di poter raggiungerla a Bergamo con l'impegno di rientrare il giorno successivo per recuperare, nel pomeriggio, l'allenamento svolto dai miei compagni la mattina; il Mister rifiutò tale proposta, dicendomi che la mattina successiva non poteva fare a meno della mia presenza in allenamento, in vista della partita che si sarebbe giocata a Piacenza nell'anticipo del venerdì; mi promise peraltro che mi avrebbe concesso un giorno aggiuntivo di riposo dopo la gara; tale circostanza, seppur disagevole per mia moglie, mi inorgoglì molto sia per l'attestazione di stima e fiducia mostratemi, sia in quanto mi fece capire che riteneva essenziale il mio ruolo e le mie prestazioni; fui quindi molto contento di rimanere insieme alla squadra (...) al discorso di CONTE che ci informava del pareggio concordato, nessuno di noi si stupì più di tanto, in quanto durante la settimana già girava voce nello spogliatoio che quella partita si sarebbe potuta concludere con un risultato concordato di pareggio».

Fonte: Il Corriere dello Sport (articolo a firma di Alberto Abbate)

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Bonucci: «So che Masiello era invidioso perché ero andato alla Juve»

ROMA, 27 luglio 2012 - Verbale dell'audizione di Bonucci alla Procura Federale: Sui rapporti che aveva con il compagno di squadra Andrea MASIELLO: «Semplici rapporti da compagni di squadra nel senso che ci siamo incontrati nelle occasioni istituzionali, ma non ho mai approfondito con lui un rapporto di amicizia. L'Ufficio mi chiede di riferire su che atteggiamento avesse Masiello nei confronti degli altri compagni di squadra e se ho mai notato comportamenti tali da farmi sospettare su sue attività antisportive. Posso dire che non avevo, come detto prima, un rapporto intenso con MASIELLO ma che lui mi sembrava che all'interno dello spogliatoio volesse assumere un ruolo da leader. Certo è che io non ho mai notato in lui condotte antiregolamentari. Posso immaginare che lui possa aver covato nei miei confronti una sorta di invidia atteso che gli sviluppi della mia carriera calcistica sono stati nell'ultimo periodo migliori dei suoi. Dico ciò perché abbiamo lo stesso procuratore con MASIELLO, nello specifico il sig. Davide TORCHIA e questo mi ha riferito qualche volta a mo di battuta che lui "rosicava" un po' che io fossi finito alla Juve. Inoltre in occasione di una mia andata a Bari, direi verso la fine del 2010, mi recai in un ristorante di Bari e li trovai molti miei ex compagni tra cui il MASIELLO che io salutai con un calore al pari degli altri ricevendo da lui, quello che mi parve un saluto freddo e di circostanza. Il ristorante dove è avvenuto l'incontro è "I due Ghiottoni" ». Sulla conoscenza di eventuali combine della partita UDINESE-BARI del 09.05.2010: « Assolutamente no ». Sulla possibilità che per tale gara il calciatore Andrea MASIELLO, all'interno degli spogliatoi, la settimana prima della gara, abbia proposto di alterare il risultato di quest'ultima: « No. MASIELLO non mi ha mai proposto nulla di tutto ciò anche perché quella settimana mi trovavo in ritiro con la Nazionale ». Sulla possibilità che tale proposta si è comunque concretizzata in altra occasione sempre nei giorni prima della gara: « Nego che una simile proposta sia intervenuta successivamente ». L'Ufficio ha contestato il contenuto delle dichiarazioni rese da Andrea MASIELLO nel corso dell'audizione del 10.07.2012, chiedendo di fornire delucidazione in merito. BONUCCI ha risposto: « Nego nella maniera più assoluta che un simile colloquio sia avvenuto. Tengo a precisare che dopo il ritiro della Nazionale tornai a Bari il mercoledì. Il giovedì mi riposai per poi aggregarmi alla squadra il venerdì partecipando all'allenamento del pomeriggio. Effettivamente presi l'aereo con la squadra il sabato e raggiunto l'aeroporto di destinazione ci trasferimmo tutti in pullman presso l'albergo di Udine. Voglio però precisare che nel pullman, per ragioni di consuetudine io occupavo un posto nella penultima fila, mentre MASIELLO sedeva abitualmente in una fila centrale; vale a dire a sette otto file distanti dalla mia. Preciso anche che accanto al mio posto non c'era nessuno. L'Ufficio mi fa notare che questa rigidità nell'assegnazione dei posti è quella che generalmente si osserva nel tragitto dall'albergo allo stadio. Rispondo che ormai per noi a Bari, così come nelle altre squadre dove ho militato, questa assegnazione dei posti era diventata un'abitudine che vigeva anche nei normali trasferimenti. Anche se in quelli non pre-gara avviene che ci si sposti per fare qualche chiacchiera con un altro compagno. Non ricordo se, nell'occasione di cui si parla, ciò sia avvenuto o meno».

Fonte: Il Corriere dello Sport (articolo a firma di Alberto Abbate)

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Inviato (modificato)

A schiena dritta

di VITTORIO OREGGIA (TUTTOSPORT 27-07-2012)

Dunque: dopo una settimana di safarismo giuridico tra ipotesi surreali e

illazioni apocalittiche, il conto presentato dal procuratore federale Stefano

Palazzi è salato ma non spropositato. Deferimento per 13 società, cinque delle

quali di serie A, e per 45 tesserati: il 1° agosto si aprirà il processo

sportivo, però c'è già chi si è industriato a calcolare quanto potrebbe

costare un'omessa denuncia patteggiata o non patteggiata, quanto vale un

illecito, in che tipo di penalizzazione potrebbe incappare questo o quel club.

Sono gli aspetti laterali ancorché concretissimi dell'ennesima brutta figura

cui si è sottoposto il calcio italiano nell'attesa che altri filoni vengano

alla luce e altri deferimenti partano per direttissima.

Da giorni i clamori sono tutti per Antonio Conte, come se Scommessopoli fosse

legata solo al suo profilo altissimo. Conte, secondo una grassa corrente di

pensiero, dovrebbe tirare un sospiro di sollievo per aver “buscato” appena due

omesse denunce e aver scansato l’illecito. Che significa - nel caso in cui

venisse ritenuto colpevole della doppia inosservanza - verosimilmente 4-8 mesi

di squalifica e non tre anni; che equivale (anche) a dare un seguito alla sua

brillante carriera e non a verdersi marchiato per l’eternità. Il

patteggiamento dovrebbe fare il resto. A naso, Palazzi poteva usare la mano

più pesante, eppure chi conosce il tecnico della Juventus, chi ne ha

sperimentato l’insaziabile fame di vittorie, chi ha avuto la riprova della sua

schiena dritta, non fatica a immaginarlo ferito e infuriato. Ma con il

sostegno totale/aziendale di Andrea Agnelli: e non è poco. Conte era, è e

rimarrà “comunque” il manovratore della squadra campione d’Italia.

Il presidente ha avuto il buonsenso di sottolineare l’amarezza per i

deferimenti senza scivolare nel piagnisteo: piuttosto, con una sana dose di

realismo ha dato parecchia importanza ai prossimi passaggi, ovvero alla

lettura dei faldoni e alla strategia difensiva al processo: magari qualcosa si

può raddrizzare, magari no. Vale per Conte e, a scalare, per Leonardo Bonucci

- parecchio inguaiato - e Simone Pepe. Il paradosso è che, al tempo dei

presunti illeci e omissioni, nessuno dei tre c’entrava con la Juventus, però

la Juventus pagherà in termini di squalifiche e di conseguenze pratiche: una

soluzione interna (Baroni) per Conte, una soluzione di mercato (la lista è

lunga) per Bonucci.

Anche il Torino vive con il batticuore, malgrado Urbano Cairo abbia ostentato

tranquillità e assoluta fiducia nella giustizia. Risucchiata dall’illecito

(sempre presunto) di Alessandro Pellicori, la società granata potrebbe

ri-cominciare la sua avventura in serie A con una minima penalizzione a causa

della responsabilità oggettiva. Come Samp, Bologna, Udinese e Siena: nel

giorno della compilazione dei calendari è una bella pedata al campionato.

-------

L'INTERVENTO

Disciplinare

ricusabile

Ecco perché

di FLAVIA TORTORELLA (TUTTOSPORT 27-07-2012)

Avvocato, esperta di diritto sportivo

È arrivato di nuovo il tempo dei deferimenti per Scommessopoli, dunque. Mi

sembra che il Procuratore Palazzi abbia osservato quanto anticipato alla

vigilia della seconda tornata di questo calcioscommesse, ossia la volontà di

prediligere l’esame processuale delle responsabilità dirette e quelle

oggettive che toccano punti nevralgici di società blasonate. Il leitmotiv è

sempre lo stesso: la credibilità dei collaboratori di giustizia. Adesso

toccherà alle singole difese tentare di sgretolare l’attendibilità dei

delatori, cercando di rifarsi alla giurisprudenza consolidatasi sul punto e,

sulla base di questa, costruire strategie difensive solide. Ritengo, però, un

profilo certamente più interessante di altri emersi dalle pagine dei

deferimenti: le sentenze emesse dalla Commissione Disciplinare, nel

procedimento conclusosi di recente nel al Foro Italico, contengono al proprio

interno una statuizione che “incidenter tantum” anticipa una valutazione su

profili e soggetti che adesso si trovano ad essere giudicati da quegli stessi

giudici. Ritengo che debba trovare spazio nelle difese una riflessione su una

eventuale ipotesi di ricusazione, per questo aspetto più volte richiamato

negli attuali deferimenti proprio dal Procuratore. In fondo, ben può parlarsi

di anticipazione di giudizio laddove la Disciplinare, invece di stralciare le

posizioni fra loro collegate, scelse di stralciare solo alcune di esse andando

poi però a statuire, seppur marginalmente, su entrambe. Una scelta che adesso

ritengo possa costituire un arma in più per le difese nell’ambito dei due

processi che si vanno ad aprire sul caso Siena e su quello che ruota attorno

al Bari. Specie se il Procuratore richiama con tanta forza nelle sue tesi

d’accusa proprio quei passaggi dei giudici di ieri e di oggi

sull’attendibilità dei Grandi Accusatori.

-------

Castori: «Io l’ho vissuto. Tempra»

Per 19 mesi col Cesena senza poter andare in panchina: «Conte e Juve, sarete più forti»

di FILIPPO CORNACCHIA (TUTTOSPORT 27-07-2012)

In campo durante la settimana e in uno speciale “gabbiotto” il giorno della

partita. «Diaciannove mesi lunghissimi», racconta Fabrizio Castori, tecnico

del Varese, ripensando al periodo vissuto tra il 2004 e il 2006 alla guida del

Cesena. «Una punizione severissima, ancora adesso fatico a comprenderla»,

sottolinea. La squalifica arriva inseguito alla rissa nei play-off di C1

contro il Lumezzane. I romagnoli centrano la promozione in B e decidono di

confermare l’allenatore, nonostante la pesante sanzione inflittagli dalla

giustizia sportiva. Castori resta la guida e Massimo Gadda - affiancato come

vice - l’allenatore in panchina.

Castori cosa cambiava nel suo lavoro?

«Durante la settimana nulla. In campo andavo io e allenavo come sempre. La

differenza veniva il giorno della partita».

Spieghi pure.

«Io scendevo dal pullmann e mi accomodavo in tribuna, mentre la squadra

andava negli spogliatoi e in campo con il mio vice Gadda».

Durante i 90 minuti il distacco lo soffriva più lei o la squadra?

«La sofferenza era solo mia. Io sono un allenatore sanguigno, non un

professore, e le partite le vivo in prima persona. Col distacco si perdeva un

po’ di empatia».

I giocatori non pativano l’assenza delle sue urla?

«La sofferenza tempra: in quella situazione la squadra si era

responsabilizzata maggiormente. Davono di più per per cercare di alleviare la

mia malinconia. Società e tifosi erano tutti con me: a Cesena c’è ancora un

club intitolato a Fabrizio Castori».

Seguire la partita in tribuna porta qualche vantaggio?

«Zero. Chi lo sostiene dice cavolate».

Antonio Conte, dopo gli ultimi deferimenti del calcioscommesse,

dovrebbe vivere la sua situazione, seppur per un periodo più breve.

«Antonio è sanguigno come me: gli dico di tenere duro perché la botta più

grande è all’inizio, quando ti immagini senza panchina».

Però...

«La sua Juve è una squadra collaudata, proprio come il mio Cesena di quegli

anni. Noi prima ci salvammo in B e poi sfiorammo la A ai play-off contro il

Torino. Da questa vicenda usciranno più forti sia Conte, sia la squadra».

Lo Juventus Stadium può essere un vantaggio per Conte?

«Certamente: in casa sarà comunque attaccato al campo, la differenza la

sentirà di più in trasferta».

___

A processo dall’1 agosto

Palazzi si fida di Carobbio:

«Conte sapeva delle combine»

Il pm della Figc deferisce il mister della Juve per omessa denuncia. Nei guai 13 club

e altri 43 tesserati. Trema Bonucci (illecito), Lecce e Grosseto rischiano la Lega Pro

di GILBERTO BAZOLI (Libero 27-07-2012)

Sospiro di (quasi) sollievo per Antonio Conte, mazzata per Leonardo Bonucci,

doppia omessa denuncia per l’allenatore della Juve, illecito sportivo per il

difensore bianconero e della Nazionale, da 6 mesi a 1 anno il rischio di

squalifica per il primo, sino a 3anni per il secondo. Sono 13 i club e 45 i

tesserati deferiti dalla Procura federale alla Commissione disciplinare per

l’inchiesta sul Calcioscommesse nata dagli atti trasmessi dalle Procure della

Repubblica di Cremona e Bari.

Conte deve rispondere per Novara- Siena e AlbinoLeffe-Siena del campionato di

serie B 2010- 2011, quando allenava i toscani.

ESTRANEE LE MOGLI Ha evitato il deferimento per illecito che avrebbe potuto

fargli rischiare fino a 3 anni di squalifica, interrompendo la sua carriera.

Stefano Palazzi non è tenero con lui mentre considera completamente credibile

il suo grande accusatore, Filippo Carobbio, le cui «dichiarazioni - si legge

nel deferimento - appaiono univoche e concordanti ». Nella riunione tecnica

prima dell’incontro con il Novara, il tecnico avrebbe detto che era stato

raggiunto un accordo con gli avversari. «Non so perché Carobbio - si è difeso

Conte davanti alla Procura federale - possa aver riferito una simile

circostanza, forse posso ascriverlo al fatto di avergli negato un permesso per

raggiungere la moglie che stava per partorire». Palazzi bolla le «motivazioni»

di Conte scrivendo che «appaiono incoerenti e prive di pregio» e «non sembrano

poter fornire adeguato supporto nel senso di giustificare un intento

calunniatorio, da parte del Carobbio, nei confronti del proprio tecnico».

E LE PROVE? Allo stesso tempo la Procura federale «ritiene che non si possa

affermare» che quella di Conte sia «una condotta integrante un atto idoneo e

diretto a realizzare l’alterazione del regolare svolgimento o del risultato di

una gara». Insomma, l’allora mister del Siena sapeva della combine ma non ci

sono le prove che sia stato uno dei suoi organizzatori.

ANCHE I VICE Lo stesso discorso e le stesse conclusioni valgono per

Siena-AlbinoLeffe, a proposito della quale Conte ha fatto mettere a verbale:

«Non mi accorsi di nulla di particolare in quanto, essendo molto arrabbiato

per il gol subito nei minuti finali, andai via velocemente. Stellini (il suo

vice, ndr), solo recentemente, a seguito delle notizie stampa che lo

indicavano come coinvolto in presunti accordi presi dal Carobbio per la

partita di ritorno, mi ha riferito che, al termine della gara, vi era

stata una rissa tra i calciatori delle due squadre alla quale il medesimo aveva

partecipato».

Rischia invece grosso Bonucci, chiamato in causa per Udinese-Bari del 2010.

Nell’audizione, Bonucci ha negato che Andrea Masiello lo abbia coinvolto nel

tentativo di pastetta. «No. Masiello non mi ha mai proposto nulla di tutto ciò

anche perché quella settimana mi trovavo in ritiro con la Nazionale ». Con un

nota bene: «Nel pullman, per ragioni di consuetudine, io occupavo un posto

nella penultima fila mentre Masiello sedeva abitualmente in una fila centrale.

Vale a dire, a 7-8 file distanti dalla mia». Palazzi non ha creduto a Bonucci.

«Le emergenze probatorie inducono a ritenere pienamente dimostrato lo

svolgimento di una specifica attività diretta all’alterazione del regolare

svolgimento e dello stesso risultato».

PEPE DI SALE Illecito, con possibile squalifica sino a 3 anni, per l’azzurro e

soltanto omessa denuncia per l’altro juventino Simone Pepe che, sui rapporti

con Masiello, ha detto: «Non ricordo di aver parlato con lui di una Ferrari ma,

da quando ho dieci anni, ho il desiderio di una Ferrari e, quindi, potrei

aver parlato di questo argomento con lui in altre circostanze».

Tra gli altri deferimenti spiccano quelli di Stellini e di 13 società: Lecce,

Grosseto, Albinoleffe, Ancona, Bari, Bologna, Novara, Portogruaro, Siena,

Sampdoria, Torino, Udinese, Varese. A rischiare di più sono Grosseto e Lecce,

le uniche per le quali si parla di responsabilità diretta.

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Assuefatti alla corruzione

Il vero dramma italiano:

non ci scandalizziamo più

di GIULIANO ZULIN (Libero 27-07-2012)

Tutto come previsto. Tutto come sempre. Ormai facciamo fatica a

scandalizzarci degli scandali del calcio. Antonio Conte rischia di non

andare in panchina per qualche mese, Leonardo Bonucci potrebbe essere

squalificato per qualche anno, parecchie squadre dovrebbero essere

penalizzate (cinque di serie A) o addirittura retrocesse. L’accusa è

forte: giocatori e squadre sapevano di partite truccate, di campionati

falsati, di scommesse. In una parola erano consapevoli di prendere in

giro i tifosi. Calciopoli insomma non ha insegnato niente. Così come

il casino del totonero degli anni ’80. È una rogna ciclica che il

calcio italiano vive come le crisi del capitalismo: prima o poi

accadono e non puoi farci niente. Siamo assuefatti alla corruzione.

Tant’è che non è solo il pallone nella cacca. Spuntano inquietanti

intercettazioni anche nel basket: gli arbitri avrebbero favorito

l’assegnazione dello scudetto. E ricordate la retata nel rugby? Si

parlò anche di droga. Ovvio che non dobbiamo fare di tutta un’erba un

fascio: si sa che fa più rumore un albero che cade rispetto a una

foresta che cresce. Il fatto è che in Italia abbiamo troppi cattivi

esempi per gridare allo scandalo.

Tra banche, politica, evasione e chi più ne ha più ne metta, il

calcio è solo un corollario. È parte di un sistema che è bocciato a

livello globale. Quando le agenzie di rating declassano l’Italia non è

solo una questione di conti pubblici. C’è un problema di affidabilità.

Chi si fida a comprare titoli di Stato a 10 anni? Ovvero, fra un

decennio, il Belpaese sarà migliore o peggiore? Stessa cosa accade

nello sport più amato dagli italiani: chi è pronto a investire

(soprattutto stranieri) su un sistema che conta stadi da buttare, di

cui solo uno privato (quello della Juve)? Non c’è stata una

modernizzazione, com’è avvenuta in Inghilterra. Da noi i tifosi sono

in campo a chiedere di togliere la maglia ai giocatori, magari gli

stessi tifosi che provano a pilotare le partite, e che poi si

indignano se c’è stato un accordo su un derby.

E la corruzione non abita solo nelle grandi città o in certe zone del

Paese più esposte alla malavita organizzata. Albinoleffe, Novara,

Varese, Grosseto, Siena, Portogruaro: la provincia, quella comunità

dove fino a qualche anno fa si respirava la cosiddetta «aria buona»,

ora è intossicata come certe stanze di Wall Street. La grande crisi

che ha portato al mal di spread è figlio di quel moral hazard,

l’azzardo morale, che ha spinto i big della finanza a inventarsi di

tutto e a passare sopra a tutti pur di guadagnare. Ecco, in piccolo,

il moral hazard è una costante dell’Italia perché c’è troppa

burocrazia, troppe tasse, troppi politici e per farsi largo si cerca

sempre la scorciatoia. Tanto, questo è il pensiero dominante, se ci

beccano poi si trova sempre il modo per pagare poco o, addirittura,

scamparla. Questo in fondo è il Paese delle Parmalat e delle Cirio, i

cui patron portarono Parma e Lazio ai vertici del calcio europeo. Poi

scoprimmo che tutto era gonfiato con i soldi dei risparmiatori. Tanto

alla fine pagano sempre loro.

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Cosa rischia la Signora

Agnelli salva tutti,

ma è rebus-panchina

Fermati anche i vice, si pensa al possibile sostituto del tecnico: pronto il fedelissimo Carrera

di VALERIO FELLETTI (Libero 27-07-2012)

Una delle prime reazioni alla notizia dei deferimenti non può che essere

quella di Andrea Agnelli. Che, come logico aspettarsi, ribadisce la sua

solidarietà verso i tesserati della Juventus coinvolti in questo processo

sportivo: «Ribadisco il pieno sostegno ad Antonio Conte, Angelo Alessio,

Cristian Stellini, Leonardo Bonucci e Simone Pepe - si legge sul sito

bianconero -. La Juventus è una squadra e per tutti noi che dedichiamo lavoro

e passione ai colori bianconeri lo è ancor di più. Nelle squadre ci si aiuta,

si combatte, si perde e si vince. Ma non si resta mai soli. E non succederà

neppure questa volta».

Il presidente poi aggiunge: «Gli eventi odierni lasciano in tutti noi una

profonda amarezza, mitigata dalla consapevolezza che le regole del processo

sportivo arriveranno a fare chiarezza». Ovviamente quindi si aspettano le

sentenze, ma i rischi che la Juve corre sono molteplici. E riguardano

innanzitutto Antonio Conte.

Che comunque può tirare un sospiro di sollievo. Il rischio squalifica c’è, ma

il procuratore Palazzi ha deferito il tecnico solo per omessa denuncia. La

Juve non è preoccupata solo per l’allenatore ma anche per Simone Pepe, anche

lui deferito per omessa denuncia, e per la più grave posizione di Leonardo

Bonucci, accusato di illecito sportivo. I bianconeri rischiano quindi, nella

peggiore delle ipotesi, di dover rinunciare a due giocatori fondamentali e

alla propria guida per lungo tempo. Conte potrebbe essere fermato per un

periodo tra sei mesi e un anno di stop in caso di squalifica (anche se Palazzi

per l’omessa denuncia ha sempre chiesto un anno), ma la Procura Federale

potrebbe anche decidere per l’inibizione, che gli permetterebbe di dirigere

gli allenamenti senza però poter andare in panchina in gare ufficiali. In

entrambi i casi la Juve si troverebbe in una difficile posizione, non avendo

nessuno a disposizione, per quanto riguarda lo staff di Conte, da mandare in

panchina. Perché ieri sono stati deferiti anche due stretti collaboratori del

leccese, cioè Alessio e Stellini, il primo per omessa denuncia mentre il

secondo per illecito sportivo (riferito a Bari-Sampdoria).

«Non abbiamo ancora pensato a questa ipotesi», ha dichiarato Marotta. In

realtà le opzioni sono già pronte, e sono due: Massimo Carrera oppure Marco

Baroni. L’ex giocatore dell’Atalanta ha solo il patentino di 2^ categoria, ma

potrebbe ottenere una deroga (come Stramaccioni). L’altra ipotesi è quella di

Marco Baroni, tecnico della primavera juventina, che ha già guidato in serie A

il Siena per tre gare nel 2009 sostituendo Giampaolo.

Tuttavia l’avvocato di Conte si dice soddisfatto e per niente preoccupato:

«Quando è iniziata questa vicenda sia a Cremona sia alla Procura federale ci

sono stati scenari molto gravi - spiega l’avv. De Renzis -. Abbiamo visto ora

che per la Procura Federale si tratta di omessa denuncia. Crediamo di aver

ridimensionato il quadro». Sull’ipotesi patteggiamento De Renzis poi aggiunge:

«Un avvocato previdente non esclude niente a priori, perché deve valutare le

situazioni in cui si deve muovere. L’ipotesi non viene fatta dalla difesa: non

posso dire se ci sarà o meno». Il patteggiamento probabilmente ci sarà.

Per quanto riguarda i giocatori, Pepe rischia la stessa sanzione di Conte

(tra sei mesi e un anno di stop), mentre come dicevamo è ben più grave la

posizione di Bonucci. Il difensore è stato deferito per illecito sportivo, e

per questo potrebbe essere fermato per 3 anni. La possibilità di una lunga

squalifica è alta, e per questo la Juventus dovrà tornare sul mercato alla

ricerca di un sostituto. I nomi che sono circolati sono quelli di Bocchetti

del Rubin Kazan, Bruno Alves dello Zenit e Lucchini dell’Atalanta.

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Commento

Antonio, il Siena

e le comode scuse

dei tifosi juventini

di ANTONIO DELL'ORTO (Libero 27-07-2012)

Antonio Conte indagato per omesse denunce (Novara-Siena del 1° maggio

2011 e AlbinoLeffe-Siena del 29 maggio 2011) e se lo dici a un tifoso

juventino lui ti guarda scandalizzato. Sicuramente infastidito: «La

Juve che c’entra? Sono affari del Siena e la questione non riguarda

noi bianconeri», tanto per allontanare definitivamente qualsiasi

pensiero cattivo o per zittire chi aveva ipotizzato una responsabilità

oggettiva per trascinamento come è successo alla Sampdoria, che ha

pagato 50mila euro anche se Bertani, all’epoca dei fatti, giocava nel

Novara. Al di là dell’assurdità delle norme, l’impressione è che

qualche juventino di troppo sia pronto a scaricare Conte pur di

salvare la faccia e il futuro della Juve. Come dire, quello che ha

fatto il tecnico quando non era a Torino non conta e a noi non

interessa quella parentesi. Peccato che l’allenatore in questione non

è altro che il simbolo della Juventus, l’ex capitano, colui che ha

sempre rappresentato - per i tifosi bianconeri - l’esempio di

attaccamento alla maglia, correttezza, voglia di vincere. Un mito. E

colui che la scorsa estate è arrivato sulla panchina bianconera

invocato dal pubblico. Ecco, proprio per questo, ora, è troppo facile

fare finta di niente. Che Conte sia colpevole o innocente, lo è da

juventino e da simbolo bianconero. Comunque. Anche se in quel periodo

allenava il Siena.

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Non è una stangata

Tra i 44 deferiti c’è Conte. Bonucci rischia

Per l’allenatore della Juve niente illecito sportivo solo omessa

denuncia La posizione più complicata per il difensore della Juve

Lecce e Grosseto per «responsabilità diretta» potrebbero essere retrocesse. 13 i club coinvolti

di SIMONE DI STEFANO (l'Unità 27-07-2012)

TREDICI SQUADRE DEFERITE E 45 TESSERATI RINVIATIA GIUDIZIO

(33 ILLECITI), TRA CUI IL TECNICO DELLA JUVENTUS ANTONIO CONTE

PER UNA DOPPIA OMESSA DENUNCIA, I BIANCONERI SIMONE PEPE E

LEONARDO BONUCCI.

Numeri (ed eventuali conseguenze) dei due deferimenti separati che il pm

federale Stefano Palazzi ha notificato ieri. Il Calcioscommesse entra

definitivamente nella serie A, coinvolgendo ufficialmente l’allenatore

campione d’Italia e due giocatori nel giro della Nazionale.

Hanno pesato le rivelazioni dei due pentiti Filippo Carobbio e Andrea

Masiello. Il primo ha aperto il varco sul caso-Siena e sul suo ex tecnico,

Masiello ha aggiunto dettagli sul derby e su Bonucci e ciò gli vale un

patteggiamento. Il Lecce è chiamato per responsabilità diretta dell’ex

presidente Pierandrea Semeraro, e ora rischia la retrocessione in Lega Pro.

Come il Grosseto per il coinvolgimento del suo presidente, Piero Camilli, in

merito alla presunta combine Ancona-Grosseto. Il processo relativo a Cremona

inizierà l’1 e 2 agosto, quello per Bari il 3 e 4 agosto.

POSIZIONI

Conte temeva l’illecito, ora dovrà difendersi da una doppia denuncia. Più

facile scardinare la prima accusa di Carobbio relativa a Novara-Siena. «Conte

ci disse di stare tranquilli che avevamo raggiunto l’accordo per il pareggio»,

rivela Carobbio, aggiungendo nel dettaglio che Sestu a sorpresa non fu

compreso tra i titolari, e che Larrondo gli chiese durante il riscaldamento

come si sarebbe dovuto comportare in partita: «Fai movimento e non segnare»,

la risposta dell’esperto in combine.

Nell’interrogatorio Conte smentisce questo episodio, evidenziando come nel

suo discorso pre-gara incitò a vincere e proseguendo sul filone dell’acredine

con il suo ex giocatore per uno screzio tra la sua compagna e la moglie di

Carobbio. Unico non ricordo del tecnico: «Non ricordo perché ho tenuto fuori

Sestu». Per la procura federale, Carobbio resta credibile, a tal punto che una

sua dichiarazione su AlbinoLeffe-Siena («Conte ha lasciato ai calciatori la

decisione finale del risultato da conseguire») da un lato scagiona il tecnico

da un illecito che Palazzi riteneva possibile, dall’altro fornisce l’assist

alla difesa.

Per quella gara, pagano con l’illecito il suo vice Stellini, oltre a Coppola,

Terzi e Vitiello. Mentre per il resto dello staff tecnico del Siena (Alessio,

Savorani, D’Urbano, Faggiano) scatta l’omessa denuncia. «A nome della società

– ha detto Andrea Agnelli - ribadisco il pieno sostegno ad Conte, Alessio,

Stellini, Bonucci e Pepe». Questi ultimi due chiamati a processo per Udinese-

Bari 3-3. Leo Bonucci sta peggio, in quanto Masiello conferma di avergli

chiesto della combine: «Ci raggiunse in ritiro e proprio lì gliene parlai

ricevendo in risposta la sua personale disponibilità alla combine», ha

riferito in procura federale, aggirando così la difesa di Bonucci («Ero in

ritiro con la Nazionale»).

La difesa farà leva sul fatto che Masiello aveva riferito che l’incontro si

svolse a Bari e non a Udine. Dentro anche Pepe, per omessa denuncia di una

presunta chiamata di sondaggio di Salvatore Masiello, che però produsse

rifiuto dello juventino. Dalle dichiarazioni di Andrea Masiello, esce con le

ossa rotte il Bari, compreso in ben sei gare, tutte per responsabilità

oggettiva. Palazzi potrebbe chiedere dai 12 ai 15 punti in meno, con rischio

di retrocessione in caso di afflittività.

In Lega Pro rischia di finire più il Lecce per il derby Bari-Lecce. I soldi

per farlo li avrebbe forniti Semeraro, allora patron dei giallorossi. Circa

300mila euro che il suo amico, Carlo Quarta, avrebbe offerto al sodalizio di

Masiello in un incontro all’hotel Tiziano. I tabulati forniti dalla procura di

Bari confermano, nonostante le smentite si Semeraro che per Palazzi sono

«prive di riscontro» e non appaiono «né credibili, né verosimili alla luce del

granitico quadro probatorio ». Il segno dell’avvenuto accordo sarebbe stato un

incontro tra Vives e Masiello nel tunnel dello spogliatoio. La frase in

codice: «Ci scambiamo le maglie?». Vives paga con la richiesta di illecito.

Cesena-Bari fu oggetto combine di Bellavista, Masiello e Belmonte, mentre per

le pressioni degli ultras, pagano con l’omessa denuncia Mutti e il ds

Angelozzi.

Bari-Sampdoria sembra oggetto di «due differenti tentativi di combine». Il

primo con Stefano Guberti, il secondo con gli «zingari». Le dichiarazioni di

Masiello su Guberti sono clamorose: «Mi disse che la Sampdoria lottava per la

salvezza e che era disposta ad offrire 45/50mila euro per vincere la gara».

Guberti ammette l’incontromanega il fine illecito, per la procura basta a

deferire Guberti per illecito e la Samp, ma solo per oggettiva.

Quanto a Bologna-Bari, i felsinei evitano la stangata dell’omessa denuncia

generale, tutta la colpa finisce su Portanova e Masiello, per Di Vaio solo

omessa denuncia.

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il Fatto Quotidiano 26-07-2012

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Calcioscommesse Sono 58 i provvedimenti: per Bologna, Siena, Toro e Samp possibili punti di penalizzazione in A

Conte deferito:

è omessa denuncia

Bonucci e altri 32 nei guai per illecito, rischiano fino a tre anni

Pentiti decisivi Il 2 agosto scatta il processo: tremano tutti perché la Disciplinare dà fiducia ai pentiti

B in bilico Prosciolto il Pescara, in B rischiano la retrocessione Lecce e Grosseto per responsabilità diretta

di ANDREA ARZILLI (CorSera 27-07-2012)

Cinquantotto deferimenti in totale, 45 tesserati e 13 club rinviati a giudizio

di cui due (Lecce e Grosseto) a forte rischio retrocessione per responsabilità

diretta. I numeri dicono molto, se non tutto: dicono che nelle 12 partite

prese in esame dalla Procura Figc nell'analisi dei filoni di Bari e Cremona la

regola della mano pesante è stata rispettata in pieno, è il laccio che tiene

annodati il prossimo processo in due tranche (prima la parte di Cremona, poi

il filone di Bari) che parte il 2 agosto all'ex Ostello della Gioventù ai

procedimenti dello scorso anno e dello scorso giugno.

Tremano tutti, la Disciplinare non ha mai ribaltato la linea della fiducia ai

pentiti tenuta dalla Procura federale. Nella lista ci sono anche gli juventini

Antonio Conte, Simone Pepe e Leonardo Bonucci, i primi due per omessa denuncia

e l'ultimo per illecito, una macchia che può portare anche a tre anni di

squalifica. L'accusa di illecito fa tremare in tutto altri 32 tesserati, tra i

quali c'è Daniele Portanova, indicato tra i protagonisti nella combine di

Bologna-Bari 0-4. Ci sono Andrea e Salvatore Masiello, Alessandro Parisi e

Nicola Belmonte, secondo la Procura la «cricca di taroccatori» che ha lavorato

al pari «over» di Udinese-Bari 3-3, indagati per aver, «in concorso tra di

loro e con altri soggetti non tesserati e altri ancora non identificati, posto

in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento e il risultato della gara»

in funzione del risultato prima programmato e poi raggiunto, cosa questa che

dà diritto anche al carico dell'aggravante.

Quasi un sollievo, invece, per Simone Pepe che, sempre per i fatti legati a

Udinese-Bari, è stato deferito con la contestazione dell'omessa denuncia per

aver «violato il dovere di informare la Procura federale, omettendo di

denunciare i fatti integranti illecito sportivo» di cui era venuto a

conoscenza dall'amico Salvatore «Savio» Masiello. Tra gli indagati anche Marco

Di Vaio (ora a Montreal): stesso reato di Pepe perché, per i federali, sapeva

dei giochi pericolosi che il compagno Portanova intratteneva con gli amici di

Andrea Masiello alla vigilia di Bologna-Bari, altro «tarocco» andato a segno,

ma alla denuncia per legge preferì il silenzio.

Tanta roba nel calderone di audizioni che gli 007 di Palazzi hanno tenuto

fino a una manciata di giorni fa. Tanta serie A rischia di cominciare nel

calendario appena stilato con un handicap stile Atalanta: probabili le

penalizzazioni per Bologna, Siena, Torino e Sampdoria, tutte cadute nel

tritacarne della responsabilità oggettiva così come l'Udinese, che però se la

caverà con un'ammenda per l'omessa denuncia affibbiata a Pepe. La Samp è stata

rinviata a giudizio per il presunto illecito sportivo commesso dal proprio ex

tesserato Stefano Guberti nella partita col Bari, mentre il Torino dovrà

rispondere per l'illecito di Alessandro Pellicori nella gara col Siena

dell'anno scorso: la Procura potrebbe chiedere per entrambe le squadre dai due

ai quattro punti di penalizzazione, un inizio in salita per due neo promosse.

Prosciolto il Pescara, ma, in proporzione, meglio di tutti va al Siena, che

rischia punti ma può far festa per aver mantenuto la categoria, cosa non

scontata fino a due giorni fa. Anche in B e LegaPro la responsabilità

oggettiva ha fatto vittime: AlbinoLeffe, Ancona, Bari, Novara, Portogruaro e

Varese possono partire con la penalizzazione, per qualcuna ulteriore. Una

passeggiata in confronto a Lecce e Grosseto: per loro la retrocessione è più

di uno spettro.

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Scenario Il tecnico sapeva, ma non ha combinato le partite: rischia sei mesi

«Pieno sostegno» da Agnelli

Si va verso il patteggiamento

Il presidente: «In una squadra non si resta soli»

Beneficio del dubbio «In dubio pro reo» è il principio che ha salvato Conte

dal reato di illecito per le gare del suo Siena con Novara e AlbinoLeffe

di ANDREA ARZILLI (CorSera 27-07-2012)

ROMA — Non c'è illecito, questo è il punto. Antonio Conte e la Juventus si

sentono oggi più leggeri per un pericolo scampato, una tagliola evitata sulla

strada che porta al successo del tecnico e alla rinascita del club. C'è

l'omessa denuncia, doppia o reiterata che sia può portare a uno stop

quantificabile in mesi, sei o giù di lì, e non in anni, tre, come il reato più

grave. È già un successo, anche se compensato dalla stangata arrivata sul

groppone di Leonardo Bonucci, lui sì deferito per illecito. «Pieno sostegno ad

Antonio Conte, Angelo Alessio, Christian Stellini, Leonardo Bonucci e Simone

Pepe — il messaggio lasciato dal presidente Andrea Agnelli sul sito del club

—: la Juventus è una squadra e nelle squadre ci si aiuta, si combatte, si

perde e si vince. Ma non si resta mai soli. E non succederà neppure questa

volta».

Ancora insieme, prima della Supercoppa, dal 2 agosto nelle aule del processo

sportivo, dove ormai il termine «patteggiamento» sembra assolutamente

sdoganato. È curioso che la via del compromesso la introduca proprio il

procuratore Stefano Palazzi nelle carte dei deferimenti. Certo, le parole

«univoche e insuperabili» di Carobbio pesano per tutti, visto che sono

scremate da intenti «calunniatori randomici» e da acredine personale, come

confermato anche dallo stesso pentito nell'interrogatorio di metà luglio.

Tutto fila finché sopraggiunge il dubbio. «In dubio pro reo» è il principio

che ha salvato Conte dal reato di illecito. Tradotto, significa che le parole

del grande accusatore Carobbio vengono ritenute certamente attendibili, ma,

seppure «correttamente» riportate, non abbastanza circostanziate da

incorniciare un'opera fattiva del tecnico allora del Siena nel taroccare le

partite con Novara e AlbinoLeffe. Anche se tutto gira in quel senso, se il

balbettare della squadra nelle precedenti giornate aveva presumibilmente

indotto un allenatore «vincente» come Conte a non disdegnare la via del

«compromesso», dalla riunione tecnica pre-Novara e dai racconti dell'accordo

sottobanco con l'AlbinoLeffe emerge con certezza solo la consapevolezza di un

risultato concordato a tavolino o lasciato alla discrezionalità degli accordi

tra calciatori, non certo di una partecipazione attiva alla combine. Per

questo, Conte si è beccato «solo» l'omessa denuncia, perché nel dubbio i

federali hanno scelto la lettura più favorevole al soggetto. Una chiave

squisitamente tecnica che, però, lascia aperto uno spiraglio su quello che

potrebbe essere stato, ma che non è possibile provare con certezza.

«Mancando solo 4 gare alla fine del campionato — il racconto della famosa

riunione tecnica fatto il 13 luglio da Antonio Conte ai federali —, parlai

molto dei miei trascorsi da calciatore, sia delle vittorie ma anche delle

sconfitte, proprio per caricarli emotivamente, per fargli comprendere che,

dopo un lungo cammino, sarebbe stato assurdo perdere le motivazioni proprio

nel momento più delicato. Escludo di aver mai detto ai calciatori che il

pareggio sarebbe potuto essere un buon risultato anche perché, in tal caso,

avrei vanificato tutta la mia opera motivazionale». Circostanza confermata in

blocco dallo spogliatoio e su cui Conte ha calato il jolly del rancore

personale per smentire il pentito che lo accusava di aver apparecchiato la

combine col Novara: «Non so perché Carobbio possa aver riferito una simile

circostanza, forse posso ascriverlo al fatto di avergli negato un permesso per

raggiungere la moglie che stava per partorire (...) Stellini ebbe a riferirmi

di aver raccolto le lagnanze di Carobbio in merito alla mia carenza di umanità,

appellandomi come uomo di m...». Più della raccolta di giuramenti dei suoi ex

giocatori presenti alla riunione tecnica, più della strategia impostata sul

rancore tra mogli, più di ogni resoconto da tabellino delle partite in

questione, c'è solo il dubbio.

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Sotto accusa

Calcioscommesse, deferimenti di massa

Conte: omessa denuncia. La Juve trema

Sotto accusa 45 tesserati e 13 club. Bonucci rischia. Agnelli: “Pieno sostegno ai nostri”

Elkann: “Fiducia nella giustizia, ma non lasciamo soli i giocatori e l’allenatore”

[Grandissima impaginazione di quest'articolo su la Repubblica assieme ai necrologi, ndt]

di MATTEO PINCI (la Repubblica 27-07-2012)

ROMA — Altro che pugno nello stomaco, Antonio Conte respira: la Procura

Federale, formulando i «rinvii a giudizio» per il secondo processo dell’estate

al calcio scommesse, ha scelto di non far pesare la propria mano. Il tecnico

campione d’Italia se la cava con due omesse denunce, in merito alle gare

Novara- Siena e Albinoleffe-Siena del campionato di serie B 2010/11, quando

era il tecnico del Siena. Scampato così il rischio di illecito sportivo,

ipotesi accusatoria che avrebbe potuto gravare non solo sul suo futuro alla

Juventus, ma addirittura sulla sua carriera. Quando alle 8.45 di ieri mattina

il corriere espresso ha consegnato presso l’abitazione del tecnico e di altri

57 soggetti, tra tesserati (45 in tutto) e società sportive (13), i «rinvii a

giudizio» disposti dal procuratore federale Palazzi, in molti tremavano Il

bilancio è comunque pesante: 33 deferiti per illecito sportivo che rischiano

fino alla radiazione, 2 club — Lecce e Grosseto — cui viene contestata la

responsabilità diretta e temono dunque la retrocessione in Lega Pro.

«I deferimenti sono solo il primo tempo — è il monito del presidente del Coni

Petrucci — ma devo dare atto alla procura della Figc di aver più che

rispettato i tempi». Tempi necessari per smuovere quello che inizia a

somigliare a un vero e proprio terremoto. A giudizio 5e squadre di serie A:

Siena, Torino, Sampdoria e Bologna a rischio penalizzazione, Udinese che se la

caverà con una multa. Oltre alle tante di B: dall’Albinoleffe al Varese

passando per Bari e Novara. E molti i nomi del calcio alcistico italiano

colpiti al cuore. L’illecito contestato a Portanova priverà, a meno di

sorprese, il Bologna del proprio capitano. E anche chi gli aveva lasciato la

fascia per volare a Montreal, come Di Vaio, va incontro a una squalifica per

omessa denuncia.

Ma pur senza comparire nel lungo elenco di soggetti chiamati a presentarsi a

giudizio dal primo agosto, a sentirsi colpita è la Juventus. Che, oltre a

Conte, subisce il deferimento per illecito del difensore Bonucci — rischia una

squalifica di 3 anni (2 se patteggia) — ma anche l’omessa denuncia

dell’attaccante Pepe e le contestazioni verso uomini dello staff

dell’allenatore: il vice Alessio e il collaboratore Stellini. Scenario che ha

spinto la proprietà a esporsi: «Sono fiducioso, credo nella giustizia», ha

detto John

Elkann, dopo le parole presidente del club, Andrea Agnelli: «Pieno sostegno

ai nostri tesserati. Gli eventi odierni ci lasciano una profonda amarezza,

mitigata dalla consapevolezza che le regole arriveranno a fare chiarezza».

Quasi a chiedere una sponda garantista, che possa agevolare la conferma

dell’allenatore. Più semplice se l’allenatore fosse disposto a patteggiare per

provare a ottenere una squalifica di 4 mesi e mezzo, evitando il rischio di un

anno e mezzo di stop. «Non escludiamo nulla, il patteggiamento nella giustizia

penale è una cosa, nella giustizia sportiva un’altra», è l’apertura dei legali

di Conte. Che già ha ottenuto la considerazione del principio del «in dubbio

pro reo», inedito a livello di giustizia sportiva. Un precedente che potrebbe

far sperare Genoa, Napoli, Lazio: per loro, l’appuntamento con la giustizia

sportiva è rimandato a settembre.

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Il retroscena

Dai pentiti credibili a metà

a Lazio e Genoa stralciate

il grande pasticcio della Figc

Le diverse verità di Carobbio. Ombre sui processi spacchettati

È venuto fuori uno strano ibrido, assai lontano dalla tolleranza zero invocata da Abete

di GIULIANO FOSCHINI & MARCO MENSURATI (la Repubblica 27-07-2012)

Dire ai propri calciatori che bisogna pareggiare perché c’era un accordo con

l’altra squadra non è un illecito. Ma un’omessa denuncia. È questa la capriola

nella quale si è avvitato il procuratore della Figc nelle 109 pagine con le

quali ha deferito l’allenatore della Juventus, Antonio Conte.

Un carpiato che, prescindendo dalle reali responsabilità, certo non si sposa

né con l’accertamento della verità né tantomeno con la tolleranza zero

sbandierata dal presidente Abete.

I primi a essere danneggiati sono sicuramente i protagonisti di questa

vicenda. Il procuratore Stefano Palazzi non ha stabilito chi mente e chi dice

la verità tra Conte e Carobbio. Non ha potuto stabilire se l’allenatore fosse

colpevole di un illecito sportivo, come sostiene il suo centrocampista. Oppure

innocente come ha argomentato la difesa — segnalando anche alcune oggettive

contraddizioni nel racconto del centrocampista — perché altrimenti avrebbe

dovuto sconfessare tutto il primo processo sportivo (fondato sulle

dichiarazioni di Carobbio su squadre e calciatori di serie B, contenute nello

stesso verbale).

Ne è venuto fuori così un ibrido, con due verità opposte che coincidono. Le

accuse di Carobbio a Conte («l’allenatore ci disse di pareggiare») «appaiono

univoche e concordanti» scrive la Figc nel deferimento. Aggiungendo che «in un

tecnico vincente come Conte il rischio di mancare la promozione a quel punto

del campionato può averlo indotto ad accettare anche il compromesso del

pareggio ». Nonostante questo però «conoscenza di Conte dell’accordo non

dimostrano un contributo causale dell’alterazione del risultato». Quindi,

niente illecito ma omessa denuncia.

«Noi siamo soddisfatti», dichiara uno degli avvocati di Conte, Antonio De

Renzis insieme con Luigi Chiappero e Antonio Briamonte. «L’accusa è stata

ridimensionata. Ora vedremo se patteggiare». Conte rischia una condanna a due

anni e tre mesi ma se patteggiasse potrebbe cavarsela con 3-4 mesi lontano dal

campo.

Il caso Conte sembra l’emblema della strada scelta dalla Figc per affrontare

lo scandalo scommesse. Molta confusione, poco coraggio. All’inizio la storia è

stata raccontata come quella di «quattro sfigatelli» poi si è gridato alla

«tolleranza zero », con pene esemplari per i giocatori minori. Non si è avuto

il coraggio però di impiantare un maxi processo come si fece per Calciopoli ma

si sono spacchettate arbitrariamente le accuse, provocando paradossi appunto

come quelli di Carobbio. Ma non solo. La Juve per esempio è in grossa

difficoltà con Pepe e Bonucci: se il centrocampista decidesse di patteggiare

l’omessa denuncia per Udinese-Bari condannerebbe a una lunga squalifica il

difensore. Viceversa (vista l’attendibilità presunta di Masiello che li accusa)

andrebbero entrambi incontro a una batosta.

Ma non basta. Il vero problema è che anche dopo questi due processi (in

calendario per i primi di agosto) la vicenda calcioscommesse è tutt’altro che

terminata: ci sono in ballo gli illeciti di Lazio-Genoa e Lecce-Lazio, per i

quali la procura di Cremona ha trasmesso tutti gli atti (in ballo le posizioni

di Mauri, Sculli e altri giocatori). C’è il caso Napoli con Cannavaro e Grava

accusati di omesse denunce per Napoli-Samp da Grava (e l’allenatore Mazzarri

che ha parlato di «una legge non scritta dello sport» sul pareggio con

l’Inter).

Inoltre la procura di Genova è in piena inchiesta su Genoa-Samp, il derby che

potrebbe essere stato taroccato e Cremona non ha chiuso l’indagine principale

che mira principalmente al Siena e altri club di serie A. Di tutto questo la

Figc non ha voluto occuparsi per il momento. Il Lecce e il Grosseto però sono

nei guai.

___

il Giornale 27-07-2012

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IL MATTINO 27-07-2012

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Il Messaggero 27-07-2012

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«E' SOLO L’INIZIO...»

di STEFANO ROMITA (IL ROMANISTA 27-07-2012)

Vincere contro i Beatles fa sempre piacere, anche d’estate, anche in

amichevole che poi tanto amichevole non può essere. E fa godere enormemente

averlo fatto con una squadra nuova e rinnovata che tuttavia sembra già

trovarsi a memoria. Nonostante piccole e grandi firme si siano scomodate per

bombardare la Roma Americana, ironizzando sui suoi proprietari e sul loro

antiprotagonismo (in Italia si sa è un grande difetto ciò che altrove è un

pregio) la tournee negli Usa che si chiuderà nel fine settimana è stata un

grande successo.

E non per gli spalti di Boston pieni o per l’accoglienza ricevuta, bensì per

quanto si è potuto capire di ciò che ci attende. Andando per ordine possiamo

affermare che la Roma c’è. La squadra è forte e competitiva. Il suo allenatore

è uno dei più forti e seri che esistano in Europa per un tifoso che voglia

davvero divertirsi con il gioco del calcio. La Società esiste ed i proprietari

sono fortemente motivati a fare nei prossimi anni dei passi da gigante. «Siamo

solo all’inizio» ha detto Pallotta, consapevole della sterzata data rispetto

alla passata stagione, ma anche di quanto sia facile per un tifoso

entusiasmarsi e abbattersi nel breve spazio di un giorno. I manager ci sono e

lavorano a pieno ritmo. Con la piena fiducia di Pallotta, a partire da

Baldini. Il mercato fin qui fatto è più che importante. E rafforza un parco

giocatori notevole. E altri colpi - almeno sembra - sono nell’aria. Il

gioiellino italiano di ultima generazione, il Destro che il deferito Conte

voleva portarci via con una manciata di euro in più, ha preferito accasarsi in

giallorosso. Di strisce verticali bianco nere ne aveva, evidentemente, fin

sopra i capelli. I progetti sullo stadio di proprietà e sulla crescita

internazionale del marchio Roma vanno avanti secondo tabellino di marcia. E il

calendario ci dice che dobbiamo partire sgommando fin dalle prime battute. C’è

subito l’Inter stramaccioniana alla seconda giornata e, dopo poco c’è lo

scontro d’epoca con il Deferito. L’uomo che, stando alle decisioni e alle

inchieste di Palazzi, sapeva di imbrogli e ha taciuto. Quel Conte di nome e

non di lignaggio che astenendosi dal denunciare illeciti ha indirettamente ma

colpevolmente reso possibile una "combine". Qualche illecito sulla coscienza i

Pepe e i Bonucci sembrano portarselo. Chi vivrà vedrà. Anche con i deferimenti

e le possibili penalizzazioni «siamo solo all’inizio»; anzi per dirla con il

linguaggio del presidente del Coni uscente, Petrucci, alla fine del primo

tempo.

___

Il Sole 24 ORE 27-07-2012

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Verso il campionato

Siamo Tutti più Poveri

ma Anche più Coraggiosi

Rinforzi La Juventus è l’unica squadra ad aver affrontato il mercato pensando semplicemente a rinforzarsi

Più attaccanti All’impoverimento si replica con la suggestione, più attaccanti a compensare il minor valore tecnico

di MARIO SCONCERTI (CorSera 27-07-2012)

Proviamo a mettere ordine nel calcio degli ultimi due mesi. Il primo dato evidente è che

in Italia siamo tutti più poveri tranne la Juve. Sarebbe però un errore pensare che anche

la Juve possa esercitare questa diversità a tempo indeterminato. La Juve attuale perde

cento milioni l'anno, non può durare. La vera differenza con Inter e Milan è che li perde

da pochi anni e non da 25 come Berlusconi, ma il senso è quello. Non è stata trovata una

regola vincente, sono stati trovati soldi marginali dentro una grande impresa. Nel

frattempo questa superiorità finanziaria è stata brava a produrre diversità. Fra la Juve e

gli avversari la differenza è aumentata. La Juve è l'unica squadra ad aver affrontato il

mercato pensando semplicemente a rinforzarsi. Tutti gli altri hanno pensato prima di tutto

a come rientrare. Non è uno scandalo. Il calcio non è un dovere, va accettato per come lo

dettano i tempi. Nel frattempo però la Juve ha solo acquistato, l'Inter è rimasta a mezza

strada, il Milan ha venduto. La differenza risulta allargata tenendo anche conto che tra

Juve e Inter nell'ultimo campionato la distanza è stata di 26 punti. L'Inter in teoria

avrebbe dovuto acquistare molto più della Juve. Il dato non è aritmetico ma conta pur

qualcosa e questo dice che chi si è rinforzato di più è la squadra che aveva già vinto.

Quindi lo spazio è stretto per tutti.

La domanda diventa allora un'altra: in un calcio dove gli acquisti sono stati decisi da

esigenze diverse da quelle tecniche, come si può trovare un fattore equilibrante? C'è

qualcosa che può rimettere in pareggio la differenza tra partenti e presenti? La prima

risposta è che l'impoverimento complessivo restituisce valore al collettivo, cioè alla

tattica, alla preparazione della squadra. Se manca il colpo di classe, torna a essere

determinante l'organizzazione del particolare. La seconda risposta è che tutte le

avversarie della Juve sembrano aver scelto un calcio offensivo. L'Inter di Stramaccioni

prevede molto orgogliosamente quattro attaccanti, Palacio-Sneijder-Coutinho-Milito.

La Roma è completamente nelle mani di Zeman, maestro dell'oltraggio offensivo. La Juve

stessa ha già Vucinic, Quagliarella, Giovinco, Iaquinta, Matri ma cerca Jovetic e Pazzini. Il

Napoli sostituisce Lavezzi con Pandev e aggiunge Insigne a Vargas. È un calcio che sembra

rispondere all'impoverimento con un aumento di suggestione, più attacco a compensare

il minor valore tecnico. Può funzionare, può bastare? Relativamente all'Italia sì. Spesso

nello sport conta più la qualità della gara che la qualità dei concorrenti. Un duello vale

per la passione che suscita non per i guadagni dei duellanti. Mi capitò di essere sullo

Stelvio molti anni fa quando Bertoglio vinse il Giro d'Italia dopo 20 chilometri di tornanti

testa a testa con Galdos. Tutti dissero che era il nuovo Coppi (si chiamava anche Fausto).

Non era vero, lo sapevamo tutti, ma non interessò a nessuno. Per qualche giorno fu Coppi.

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L'INCHIESTA DELLA PROCURA DI PARMA

Parma A.C., distratti 4 milioni. Indagato Baraldi

L'ex Ad della società sportiva durante l'ultima gestione Tanzi

L'INCHIESTA DELLA PROCURA DI PARMA

Parma A.C., distratti 4 milioni. Indagato Baraldi

L'ex Ad della società sportiva durante l'ultima gestione Tanzi

he102_CALCIO14F10_15--180x140.jpg?v=20120727161358Luca Baraldi (Ansa)MILANO - Luca Baraldi, ex dirigente del Parma calcio e di altre società sportive, è stato iscritto nel registro degli indagati della procura di Parma per bancarotta e distrazione di danaro. Lo ha reso noto il procuratore Gerardo Laguardia spiegando ai cronisti gli ultimi retroscena dell'inchiesta sulla società sportiva di Calisto Tanzi, ex patron Parmalat e artefice del crac da 14 miliardi di euro. Baraldi risulta indagato per aver sottratto circa 4 milioni di euro al Parma A.C. quando ne era amministratore delegato. I fatti si riferiscono agli ultimi scampoli della gestione Tanzi del club. Assieme a Baraldi risulta indagato un commercialista esterno alla società sportiva di cui la procura non ha rivelato il nome. Baraldi, già imputato per la bancarotta del gruppo turistico Parmatour (di proprietà di Tanzi), è stato condannato a 3 anni di reclusione per essere poi prosciolto da ogni accusa in appello. (Ansa).

Redazione Online27 luglio 2012 | 16:13t e artefice del crac da 14 miliardi di euro. Baraldi risulta indagato per aver sottratto circa 4 milioni di euro al Parma A.C. quando ne era amministratore delegato. I fatti si riferiscono agli ultimi scampoli della gestione Tanzi del club. Assieme a Baraldi risulta indagato un commercialista esterno alla società sportiva di cui la procura non ha rivelato il nome. Baraldi, già imputato per la bancarotta del gruppo turistico Parmatour (di proprietà di Tanzi), è stato condannato a 3 anni di reclusione per essere poi prosciolto da ogni accusa in appello. (Ansa). Redazione Online 27 luglio 2012 | 16:13" />

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SCOMMESSOPOLI

LE REAZIONI DEI TIFOSI BIANCONERI

Carobbio,

troppe verità

L'accusa del pentito a Conte era diversa:

allora dove sta la sua attendibilità?

di MAURIZIO PANIZ (TUTTOSPORT 27-07-2012)

Avvocato, deputato e Presidente dello Juventus Club Montecitorio

Ci sono due giustizie, una ordinaria e una sportiva: entrambe gestite da

uomini, impegnati, irreprensibili, dediti con passione al compito, oltremodo

sublime, di valutare il comportamento di altri uomini. Ma, se l'obiettivo è

comune, ben diversi sono i mezzi, i tempi e i criteri ai quali l'una e l'altra

si rapportano. La giustizia sportiva è rapida, è formale quel tanto che basta,

ma è molto sommaria (limite enorme). Ciò non certo per mancanza di impegno

dei suoi protagonisti, ma perché parte dal presupposto che l'accusato sia

colpevole e che a lui tocchi dimostrare la propria innocenza. E a lui si

chiede la "prova provata" della sua innocenza. Insomma, il principio caro

all'ordinamento ordinario, stella polare della Costituzione italiana, per il

quale la condanna può essere pronunciata solo se la prova della colpevolezza

esiste "al di là di ogni ragionevole dubbio", va a farsi benedire. La

giustizia ordinaria è lenta, è molto formale, ma ha il grande pregio del

garantismo: assicurare all'accusato un sistema tale per cui, se davvero è

innocente, se ha un legale che conosca il proprio mestiere e se non incorre in

casi (rari) in cui l'inquirente o il giudice si distraggono o ignorano qualche

aspetto importante del loro lavoro, il risultato positivo è assicurato. Certo,

chi sposa un ordinamento peculiare, come quello sportivo, ne accetta le regole,

ma non è detto che queste debbano valere all'infinito e non possano, prima o

poi, essere messe in discussione o addirittura cambiate. Cosa c'entra tutto

questo con il caso Conte? Facile rispondere. L'allenatore della Juventus è un

uomo che ha fatto della cultura dell'impegno, della dedizione e della serietà

del lavoro una filosofia di vita da praticare e da insegnare. Se della vicenda

si occupasse la giustizia ordinaria, la risposta sarebbe già scritta in modo

indelebile al solo rilievo che il grande accusatore, Filippo Carobbio, è

smentito da una buona ventina di ex compagni di squadra. Basterebbe questo

per chiudere il discorso: è inattendibile e basta. Ma serve la "prova provata".

Ed allora Conte ed i suoi legali hanno trovato le motivazioni di un sentimento

peculiare. Ma non basta ancora. Ed è qui che il sistema della giustizia

sportiva dimostra le proprie carenze. Ciò almeno all'osservatore superficiale

perché, a ben vedere, una breccia nel granitico impianto accusatorio sportivo

si è già aperta: Carobbio ha accusato Conte di compartecipazione ad un

illecito sportivo; la Procura federale ha dimostrato di non credere a questa

impostazione, deferendolo per omessa denuncia. Ed allora, se i dubbi sembrano

affiorare anche in chi inquisisce, non sarebbe il caso di riaffrontare con

coraggio il tema dei limiti della giustizia sportiva e dare a Conte il pieno

proscioglimento? La giustizia sportiva deve dimostrare non solo di essere, ma

anche di apparire, una vera e propria Giustizia. Rinnegare l'assioma per cui

il pentito è sempre credibile e l'accusato è sempre colpevole non è un atto di

scardinamento di un sistema consolidato , ma un atto di vera e propria

Giustizia. Ed in questo, tra giustizia ordinaria e giustizia sportiva, non

dovrebbero esserci differenze.

-------

«L'unica soluzione è il Tar

Siamo pronti alla denuncia»

di PAOLO BERTINETTI (TUTTOSPORT 27-07-2012)

Presidente dell'Associazione Nazionale Amici della Juventus

L'Associazione Nazionale Amici della Juventus è nata nel 2006 subito dopo che

Palazzi aveva contribuito a confezionare la grottesca sentenza che serviva a

nascondere la verità e a impedire alla Juventus di vincere il 30° scudetto

nella stagione successiva. La Juventus di Conte e Agnelli lo ha vinto

quest'anno e per impedire che possa bissare il successo l'anno prossimo,

Palazzi ha deciso di incastrare Conte. Come sei anni fa, alla giustizia

sportiva non interessa granché dei testimoni a favore ma solo ciò che torna

utile alla missione di danneggiare la Juventus. Se Conte non fosse

l'allenatore (della Juventus, ndt), che peso avrebbero avuto le tante

incongruenze di Carobbio? Così, la giustizia sportiva finisce per incarnare il

peggio della tradizione giudiziaria italiana, quella dei cavilli e dei vizi di

forma innalzati a cardini di interi procedimenti. Ma così sembra andare bene

al Palazzo e a milioni di tifosi che non amano la Juventus. Una ragione in più

perché il club proceda con la causa presso il Tar: è l'unico linguaggio che il

Palazzo capisce. Cosa possono fare i tifosi juventini, ora? Una manifestazione

pubblica a Roma, davanti alla Figc, sarebbe opportuna, ma è cosa complessa. Ci

resta il diritto di denunciare l'ennesima disonestà del Palazzo, magari

chiedendo ai tifosi di sottoscrivere una denuncia comune.

-------

«La giustizia sportiva

crede agli inaffidabili»

di MASSIMO ZAMPINI (TUTTOSPORT 27-07-2012)

Avvocato, opinionista e autore de «Il gol di Muntari»

Di solito, per attestare la credibilità, si usa l’esempio della macchina

usata: da chi la comprereste, Carobbio o Conte? Anche il più accanito

avversario comprerebbe dal secondo. Palazzi no, si fida del truccatore di

partite, che stavolta è affidabile. Al contrario di Conte, il vincente,

l’orgoglioso, che però un giorno, anzi due, non aveva voglia di vincere. Senza

prove, soldi, scommesse nè vantaggi in classifica. Pare funzioni così, la

giustizia sportiva: bastano le parole di un accusatore. Lo ripetono, i

professionisti dell’antijuventinità, che in campo non festeggiano mai e

gioiscono solo per gli assist della Procura. Sorridono, per campanilismo, di

fronte a una giustizia che mette sul piedistallo inaffidabili riconosciuti e

umilia senza prove affidabili permanenti. Finché un giorno, se non si aspetta

sempre la prescrizione, magari toccherà a qualcun altro. E non saremo più i

soli a considerare deprimente non riuscire a vendere un’auto usata perché il

compratore ha più fiducia in quella di un Carobbio qualunque.

-------

«Disparità e incongruenze

Così ci tratta il Palazzo»

di SALVATORE COZZOLINO (TUTTOSPORT 27-07-2012)

Presidente di Ju29ro.com

Dal 2006 la giustizia sportiva si è resa protagonista di una serie

interminabile di doppiopesismi. Incongruenze talmente grossolane da aver

indotto un club come la Juventus a procedere con vari gradi di ricorsi per

richiedere una parità di trattamento. Abbiamo riportato le contraddizioni del

quadro accusatorio e le modalità con cui è stato ritenuto attendibile Carobbio

le cui erratiche deposizioni, con versioni e particolari differenti, sono

state sufficienti per mandare a processo i nostri tesserati. Una su tutte, se

Carobbio è credibile per l'accusa di omessa denuncia in merito a Novara-Siena,

non si capisce perché Palazzi non abbia deferito gli altri giocatori del Siena

presenti nello spogliatoio. Oggi gli juventini sono vaccinati e sanno che

devono stare con le spalle rivolte verso il muro (e con le mutande di ghisa,

ndt) perché la Juventus non è amata dal Palazzo. La stessa società ha deciso

di difendere e supportare il proprio allenatore. A differenza del 2006 oggi la

Juventus c'è, e ci sono i suoi tifosi, uniti, compatti, che credono solo a

Conte. Ci preoccupa piuttosto la posizione di Bonucci, non solo per il danno

tecnico e patrimoniale, ma anche per i risvolti psicologici su un ragazzo che

si era proposto come uno dei migliori difensori.

-------

Se leggiamo le carte

non tornano i conti

di ANTONIO CORSA (TUTTOSPORT 28-07-2012)

Fondatore blog uccellinodidelpiero

Quello che mi colpisce dei deferimenti di Palazzi in merito alla doppia omessa

denuncia di Conte è come non sia certo né chi abbia compiuto gli illeciti, né

per quale scopo, né chi lo abbia avvisato degli accordi (da altri) raggiunti.

Col Novara, Carobbio - unico testimone smentito da tutti - confessa: «Non sono

certo di chi per primo si accordò». Fa un’ipotesi e commenta: «Credo che

quello sia stato il primo contatto». Stop. Non rivela chi abbia avvisato Conte,

ma dice solo che rassicurò calciatori e staff dell’accordo raggiunto.

Domanda: se fu un accordo tra squadre per spartirsi i punti, perché ci sono

gli zingari di mezzo? Possibile che Conte sapesse (da chi?) e Tesser no? E i

giocatori presenti alla riunione tecnica? Come potevano non sapere? Con

l’AlbinoLeffe è ancora peggio: i calciatori stessi avrebbero discusso per una

settimana la possibilità di vendere la partita. Avrebbero poi deciso di

perdere (la partita e il premio “primo posto”: soldi) non si sa perché.

Avrebbero comunicato a Conte la decisione, e il solo Conte si ritrova accusato

di omessa denuncia, mentre i calciatori che decisero di perdere sono

innocenti. A voi torna qualcosa? A me no.

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Calcioscommesse:

magistratura sportiva da abolire

di GIANFRANCESCO TURANO dal blog RAGÙ DI CAPRA (l'Espresso.it 27-07-2012)

La magistratura del calcio ha indirizzato lo scandalo delle scommesse verso

una conclusione prevedibile. Esattamente come in certe partite di fine

stagione, l’inquisitore della Figc Stefano Palazzi e la sua squadra hanno

mostrato un deficit di motivazioni di fronte ai padroni del pallone.

Da Londra, Gianni Petrucci ha presentato i suoi complimenti per la celerità

del lavoro effettuato e ha sottolineato che si tratta di accuse da sottoporre

a giudizio, per i pochi che fossero preoccupati dei deferimenti.

Un patteggiamento, come quello studiato per Antonio Conte dai legali della

Juventus, non li seppellirà di sicuro.

La sentenza di primo grado e quella di secondo faranno il loro corso che – è

statistica – ridurrà progressivamente le pene rispetto all’accusa. Alla fine,

qualche big sarà bacchettato con moderazione e la frittura mista finirà

nell’olio bollente.

Una volta ancora bisognerà affidarsi alla magistratura ordinaria per sperare

in qualche provvedimento più incisivo. È accaduto pochi giorni fa con Enrico

Preziosi, condannato in secondo grado per frode sportiva su Genoa-Venezia del

2005. Tra le pene accessorie proposte dalla Procura Generale al recordman di

squalifiche sportive (tre, con nessuna conseguenza pratica) c’è un Daspo di

sei mesi.

Sette anni per stabilire che il presidente genoano va trattato come i suoi

compagni di merende ultras.

Eppure è qualcosa rispetto al ridicolo di una procura sportiva che procede

con il motto: forte coi deboli, debole coi forti.

Ma se è vero com’è vero che il calcio è un’impresa come le altre – così

dicono in Lega -, a che serve la Procura federale? Da anni si lamentano che

sono pochi, che non ce la fanno con il lavoro, che il nemico attacca con forze

soverchianti. Allora chiudiamola e affidiamoci ai tribunali. Senza più fingere

che il calcio sia in grado di liberarsi da solo delle sue mele marce.

___

Il caso Conte, ovvero solo uno juventino può

negare a un uomo il permesso di andare in

ospedale per la nascita di suo figlio

di MASSIMILIANO GALLO dal blog MI CONSENTO (LINKIESTA 27-07-2012)

Nel giorno in cui tutto il mondo (sportivo e non solo) guarda alla cerimonia

inaugurale dei Giochi Olimpici di Lonrda, noi che amiamo l’agonismo e le

competizioni siamo costretti ad occuparci di fatti che non attengono

strettamento all’attività agonistica. E cioè al cosiddetto calcio scommesse.

Come si sa, la devianza esiste. Ed esiste in ogni ambito. Può capitare così

che un allenatore venga accusato da un suo giocatore di aver riunito l’intera

squadra in uno spogliatoio e aver tenuto un lungo e articolato discorso dal

succo facie facile: ragazzi, domenica si pareggia, e basta.

Nessuno dei compagni conferma queste accuse. La difesa dell’allenatore fa

notare anche alcune incongruenze nelle parole dell’accusa, oltre al fatto che

nessuno dei compagni ha mai avallato una versione del genere, eppure non al

punto da indurre la Procura a una scelta. E allora che cosa accade? Come nella

migliori delle tradizioni italiche, si dà un colpo al cerchio e uno alla

botte. Viene incriminato sì l’allenatore, ma non per illecito sportivo bensì

per omessa denuncia. In modo che il tecnico non paghi con un massimo di tre

anni per squalifica, ma magari con uno stop di sei mesi.

Il solito accordo all’italiana che accontenta un po’ tutti. L’allenatore

(Antonio Conte), la sua nuova società (la Juventus, perché la combine o

presunta tale avvenne quando Conte era sulla panchina del Siena) e gli

anti-juventini viscerali (una buona fetta della popolazione) che così potranno

cantare di tutto ad Antonio Conte se, come pare, il tecnico opterà per il

patteggiamento.

Ora, l’unica cosa che a un anti-juventino come me (in realtà non lo sarei,

sono loro che sono bianconeri) preme evidenziare è questa. Nell’esercizio

della difesa legale, gli avvocati di Conte hanno premuto su un tasto: le

accuse di Carobbio sarebbero leate al rancore della di lui consorte. Perché?

Perché Conte, all’epoca, negò al Carobbio il permesso per andare dalla moglie

che stava partorendo in ospedale. “Non puoi, perché mi servi venerdì in campo

col Piacenza”. Ed è qui che a mio avviso lo juventino che è in Conte. Solo a

un gobbo dentro può venire in mente di negare a un uomo il permesso di andare

dalla propria moglie per assistere alla nascita del figlio. Devi essere

juventino dentro. E Conte lo è. Tutto qua.

___

Baroni per Conte?

Salvatemi dall’omonimo juventino

di CARLO BARONI dal blog GIORNALISTI NEL PALLONE (Corriere.it 29-07-2012)

Spero tanto che ci ripensino. Altrimenti sarò costretto a tifare Conte al

processo. Lo so, non è elegante usare i blog per casi personali. Perdonatemi,

ma la mia è una situazione disperata.C’è il rischio, neanche tanto remoto, che

in caso di squalifica sulla panchina della Juventus si sieda l’allenatore

della primavera bianconera. Embe’? Si chiama Marco, Marco… Baroni. Un dramma,

peggio del 5 maggio. Già m’immagino i titoli. Baroni: “Con questa Juve vincerò

tutto”, “GlI scudetti sono trenta e guai a chi ce li tocca!”. “L’Inter? Non è

più quella del triplete”.

Ecco, penso che non potrei resistere a questo stillicidio. Credo ci siano gli

estremi per intentare un’azione legale. E vincerla. Quale giudice potrebbe

negare il danno alla mia immagine? Baroni bianconero suona malissimo. Capisco

che dopo un Conte avevano bisogno di un altro col cognome “nobile”. Ma ci sono

anche dei principi (con l’accento sulla seconda i) da difendere. Uno passa

tutta la vita a crearsi una reputazione (sportiva).

Si congela sugli spalti di San Siro, riempie i cassetti di sciarpe e

armadietti nerazzurri, piange quando vede il Castelo Sforzesco perchè gli

viene in mente Ciriaco, adora navigare sul web solo perché si chiama Inter…

net, ha in camera il poster stropicciato di Boninsegna. Tutto questo spazzato

via per la solita vicenda giudiziaria che vede coinvolto uno juventino.

Insomma, sono un danno collaterale dei loro inghippi. Vi prego: ripensateci!

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Il caso Conte, ovvero solo uno juventino può

negare a un uomo il permesso di andare in

ospedale per la nascita di suo figlio

di MASSIMILIANO GALLO dal blog MI CONSENTO (LINKIESTA 27-07-2012)

Ora, l’unica cosa che a un anti-juventino come me (in realtà non lo sarei,

sono loro che sono bianconeri) preme evidenziare è questa. Nell’esercizio

della difesa legale, gli avvocati di Conte hanno premuto su un tasto: le

accuse di Carobbio sarebbero leate al rancore della di lui consorte. Perché?

Perché Conte, all’epoca, negò al Carobbio il permesso per andare dalla moglie

che stava partorendo in ospedale. “Non puoi, perché mi servi venerdì in campo

col Piacenza”. Ed è qui che a mio avviso lo juventino che è in Conte. Solo a

un gobbo dentro può venire in mente di negare a un uomo il permesso di andare

dalla propria moglie per assistere alla nascita del figlio. Devi essere

juventino dentro. E Conte lo è. Tutto qua.

Fantastico, quindi dato che Conte ha poca sensibilità, e di fronte ad una partita da vincere non guarda in faccia a nessuno, Carobbio ha fatto bene ad accusarlo ingiustamente e a rovinargli come minimo la reputazione.

Questi antijuventini hanno perso completamente il contatto con la realtà.

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Il caso Conte, ovvero solo uno juventino può

negare a un uomo il permesso di andare in

ospedale per la nascita di suo figlio

di MASSIMILIANO GALLO dal blog MI CONSENTO (LINKIESTA 27-07-2012)

Ora, l’unica cosa che a un anti-juventino come me (in realtà non lo sarei,

sono loro che sono bianconeri) preme evidenziare è questa. Nell’esercizio

della difesa legale, gli avvocati di Conte hanno premuto su un tasto: le

accuse di Carobbio sarebbero leate al rancore della di lui consorte. Perché?

Perché Conte, all’epoca, negò al Carobbio il permesso per andare dalla moglie

che stava partorendo in ospedale. “Non puoi, perché mi servi venerdì in campo

col Piacenza”. Ed è qui che a mio avviso lo juventino che è in Conte. Solo a

un gobbo dentro può venire in mente di negare a un uomo il permesso di andare

dalla propria moglie per assistere alla nascita del figlio. Devi essere

juventino dentro. E Conte lo è. Tutto qua.

Boh

solo per me è un complimento?

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Disoccupati

che scalciano

Ex Campioni del mondo. Vecchie glorie della serie A. Eterne promesse

non mantenute. Tutti in attività ma senza una squadra. I dimenticati

dell’Italia pallonara continuano ad allenarsi in attesa della

telefonata di un procuratore. Ecco la formazione ideale di left

di LUCIO MOLLICA (left 28 luglio 2012)

Una convocazione non l’hanno ricevuta, allora in ritiro ci sono andati da

soli. I calciatori senza contratto hanno infilato gli scarpini dentro ai

borsoni di pelle, le foto dei figli nell’iPad e sono partiti. Staranno via tre

settimane, tra sgambate mattutine, sedute di tattica, massaggi muscolari e

partitelle amichevoli. Andranno a letto presto, proveranno a smaltire i chili

di troppo e a ritrovare la forma. Tutto come ogni estate, o quasi. Perché una

volta finita la preparazione, per alcuni di loro il campionato potrebbe non

cominciare mai.

I calciatori senza squadra sono sempre di più. Effetto della concorrenza

degli stranieri, che costano meno e fanno sognare i tifosi, e dei crack

finanziari. Otto squadre sono fallite quest’anno, anche club storici come

Piacenza, Triestina, Taranto e Foggia. Ma dappertutto la crisi ha sgonfiato i

portafogli dei presidenti e assottigliato le rose. Allora si tagliano i

giocatori più stagionati, quelli che magari decidono le partite ma hanno

ingaggi impegnativi, oppu- re quelli dalle ossa di cristallo, che il grosso

della stagione l’hanno passata in infermeria. Per accoglierli, l’Associazione

calciatori guidata da Damiano Tommasi, di ritiri ne ha organizzati due: a

Coverciano, nel centro federale, e a Veronello. La chioccia del gruppo è

Flavio Roma, classe 1974, uno dei tanti esuberi del Milan. «I giovani sono i

più spaesati. Non è facile per loro adattarsi a questa situazione», dice. «Io

invece la mia carriera l’ho fatta, mi basterebbe giocare ancora un anno o due

e pazienza se dovrò abbassare le pretese. Un’altra squadra come il Milan non

la trovo».

Chi da tempo ha abbassato le pretese è invece Fabio Bazzani, centravanti dal

fisico possente, che con la Sampdoria aveva raggiunto la Nazionale. Insieme ad

Alessia Merz, l’ex velina di Striscia, formavano una coppia da copertina. Che

poco alla volta ha scelto di lasciare la luce dei riflettori. Gli ultimi due

anni Bazzani li ha passati al Mezzolara, in Serie D: «È stato un piccolo choc.

All’inizio i compagni mi guardavano come un alieno. Poi, quando vai in campo,

tutto ritorna come sempre. E così sono riuscito a pas sare più tempo in

famiglia e anche a divertirmi giocando a pallone».

A Coverciano si allenano fianco a fianco calciatori a fine carriera e

promesse non mantenute. Vittime di un club che ha chiuso i battenti, di un

allenatore che non li vedeva, di un fisico o di un carattere che non hanno

retto alle pressioni. Mollati sul più bello dagli dei del pallone. Samuele

Dalla Bona se lo prese il Chelsea che ancora non aveva diciotto anni, esordì

in prima squadra e anche in Champions league. Poi il ritorno in Italia, la

panchina, i continui cambi di maglia. L’ultima che ha indossato è quella del

Mantova, in Seconda divisione. Anche Andrea Rabito, scuola Milan, aveva

cominciato bene: piedi buoni e tre promozioni consecutive con Modena, Samp e

Livorno. Le sue squadre andavano in serie A e lui no, lo lasciavano dov’era. A

un certo punto dev’essersi stufato e per il secondo anno è senza contratto.

L’estate scorsa lo prese la Cremonese, quest’anno si vedrà.

Si prende cura di loro un’equipe di venti persone, tra allenatori,

preparatori e medici. C’è anche una psicologa, per ricordare ai calciatori che

anche nella vita si può risalire. Gli racconterà, forse, la storia di

Giaccherini, che nel 2008 era senza squadra e quest’anno ha esordito agli

Europei, da titolare, contro la Spagna. Oppure quella di Paramatti, che

Ulivieri scovò proprio al ritiro dell’Associazione calciatori. Da disoccupato

che era, finì al Bologna e poi alla Juve, vincendo anche uno scudetto nel 2001.

Meno incoraggiante è forse sapere che a spasso ci sono anche dei campioni del

mondo. Sic transit gloria pallonara, mentre Buffon e Pirlo facevano meraviglie

agli Europei, tanti loro ex compagni del 2006 cercavano sistemazione: Inzaghi

e Zambrotta, Barone e Toni, persino quel Fabio Grosso che ha fatto urlare

l’Italia con il gol alla Germania e il rigore decisivo segnato nella finale di

Berlino. Anche Del Piero, per ora, è senza squadra. Giorni fa ha postato su

internet il cartellino che la Juve gli ha restituito dopo ventiquattro anni.

Vorrebbe andare in America o in Brasile, ma valuta proposte anche dalla

Thailandia. Loro al ritiro dell’Assocalciatori non ci sono andati,

probabilmente una squadra disposta a spendere per averli la troveranno lo

stesso, a costo di andare lontano.

Anche ai ragazzi del ritiro converrebbe partire. Lo consiglia Flavio Roma,

che è stato otto anni al Monaco: «Sono stato uno dei primi italiani ad andare

via. Esperienza fantastica, anche se l’adattamento non è facile». In realtà,

qualcuno di loro all’estero c’è già stato, emigranti senza la fortuna di un

Giuseppe Rossi o un Balotelli. Sono ritornati Simone Cavalli, che non ha

gradito troppo il giretto in Transilvania, tra il Targu Mures e il Gloria

Bistrita, e anche Marco Fortin, portiere con il numero 14 sulla maglia,

«perché in inglese si dice fourteen», che voleva chiudere la sua carriera al

Vicenza e invece ha passato gli ultimi due anni a Larnaca, Cipro. Adesso

cercano una maglia vicino a casa, in uno spogliatoio che parli la loro lingua.

Si allenano con la paura di farsi male e con un orecchio al cellulare, in

attesa della fatidica chiamata di un procuratore. Quello che Bazzani non ha

più: «L’ho avuto per tanti anni, quando stavo nel calcio che conta. Adesso mi

gestisco da solo, molti presidenti li conosco di persona». Per chi vuol

mettersi in mostra, l’Assocalciatori ha organizzato dei tornei vetrina.

Andranno a vederli dirigenti in cerca di occasioni, per piazzare qualche colpo

a costo zero in un mercato paralizzato dalla crisi. Perché davvero, a guardare

il parco dei senza squadra, si potrebbe costruire una squadra competitiva. Una

Nazionale dei “disoccupati”.

In porta si va sull’usato sicuro. E c’è l’imbarazzo della scelta. Oltre a

Roma, sono liberi il talentuoso Matteo Sereni, che però è fermo da un anno, e

soprattutto Francesco Antonioli, uno scudetto da titolare con la Roma di

Capello. L’età è il suo limite: nato nel 1969, Antonioli è stato nella passata

stagione il giocatore più anziano della serie A. Ma è un portiere di classe e,

nonostante la difesa del Cesena fosse una delle più battute del campionato, ha

dimostrato che in porta sa ancora starci. Per la coppia di terzini, la

migliore scelta possibile è quella dei due campioni Grosso e Zambrotta,

“scaricati” dalla Juve e dal Milan. Sono usciti da qualche anno dal giro della

Nazionale, ma per qualità ed esperienza non si discutono. Al centro della

difesa, il ritiro di Coverciano offre due colonne. Sono Davide Mandelli, tra

gli artefici della favola del Chievo, che ha lasciato dopo otto anni e oltre

duecento presenze, e Lorenzo Stovini, nelle ultime stagioni a Empoli in serie

B: stopper d’altri tempi, muscolare e affidabile, è ancora difficile da

superare sui palloni alti.

Le chiavi del centrocampo sono al sicuro nelle mani di Michele Marcolini.

Dieci anni di serie A alle spalle, è un numero dieci integro, lo dimostrano le

34 presenze al Padova lo scorso anno, e un’ottima soluzione su cui contare per

punizioni e rigori. Accanto a lui, potrebbe avere un’altra chance Dalla Bona,

mentre sulle fasce potrebbero dare una bella spinta Marchionni, pallino di

Prandelli al Parma e alla Fiorentina, e Simone Del Nero, che dopo cinque anni

di ostracismo alla Lazio ha disputato un brillante finale di stagione a Cesena,

realizzando anche due gol in undici partite. Con delle ali così, per

l’attacco ci vogliono le torri.

La prima scelta è Toni: ha appena rescisso un ricco contratto negli Emirati

Arabi e ha ancora voglia di calcio vero. Sulla giostra con lui, un ultimo giro

potrebbe farlo Fabio Bazzani, a cui gli amici tornerebbero a chiedere le

maglie degli avversari ogni domenica. Viene voglia di vederla sul campo, una

squadra così, che potrebbe permettersi il lusso di lasciare in panchina Alex

Del Piero. Proprio come un grande club.

-------

calcio mancino

Il pallone che fu. Cioè quando le “piccole” facevano notizia

C’era una volta

la provincia

Gente che si esaltava nei servizi di Novantesimo

minuto asserragliandosi alle spalle dell’inviato

di EMANUELE SANTI (left 28 luglio 2012)

Gli anni più belli del calcio di casa nostra sono stati quelli durante i quali

protagonista indiscussa, sebbene indiretta, era proprio la provincia. C’era la

provincia che viveva la sua stagione di gloria, arrivando addirittura allo

scudetto, oppure quella che saliva alla ribalta per una domenica soltanto o

per un paio di giornate. C’era la provincia che sfornava il capocannoniere del

campionato, quella che si guadagnava il titolo di squadra simpatia o di

squadra rivelazione. C’era la provincia che batteva clamorosamente la

capolista, facendole magari un fatale sgambetto.

C’era quella che non perdeva mai sul campo di casa e quella che rappresentava

l’orgoglio di un’intera regione. C’era quella col portiere più difficile da

bucare, quella col difensore più temuto, quella con l’ala destra più veloce,

quella con l’allenatore più scorbutico o più scaramantico o più taciturno. E

poi c’era quella con il presidente più bizzarro, più intraducibile, più

incomprensibile, più impresentabile e più istrionico di tutti. C’era la

provincia troppo forte per la serie B e troppo debole per la serie A, c’era la

provincia con lo stadio inadeguato, quella con la colonna del tetto della

tribuna che impallava la telecamera e quella con le finestre dei palazzi

affacciate direttamente sul rettangolo di gioco. C’era la provincia che si

esaltava nei servizi di Novantesimo minuto, con la gente asserragliata

nell’inquadratura alle spalle dell’inviato e c’era la provincia che si

guadagnava la salvezza pareggio dopo pareggio quando, appunto, due partite

impattate valevano come una vittoria. C’era la provincia che accoglieva a

braccia aperte i campioni a fine carriera, sia che fossero andati a svernare

sia che avessero ancora tante cose da dire o da insegnare. C’era la provincia

che ci teneva a far bella figura e quella che giocava sempre alla morte, sia

contro le più titolate che contro le avversarie dirette. C’era quella

allergica al clima del massimo campionato, quella capace di adattarsi in

fretta e quella meglio abituata a determinati palcoscenici e che, magari, si

toglieva lo sfizio di diventare la bestia nera di qualche squadrone e, perché

no, a costringere la stampa ad usare il soprannome di “ammazzagrandi”. C’era

la provincia vivaio di tanti fenomeni in erba e quella in cui gli allenatori

davano il meglio di sé. C’era la provincia dove l’arbitro correva sempre nello

spogliatoio, quella col campo sempre ai limiti della praticabilità e quella

che ti faceva sempre sprecare una doppia in schedina. C’era la provincia che

giocava il derby contro le stesse squadre protagoniste di nobili stracittadine

e che riusciva a portarsi migliaia di tifosi in trasferta. C’era la provincia

che arrivava al secondo posto a un passo dal sogno e quella capace di finire

imbattuta, benché capoluogo di una piccola regione come l’Umbria. C’era la

provincia che non te la regalava mai, che non si arrendeva, sempre dura a

morire e che non chinava la testa. C’è stata la provincia vittoriosa in Coppa

Italia e anche in Europa. Nel bel calcio che fu c’è sempre stata la provincia

con cui fare i conti. Ma oggi i conti si fanno soprattutto con i diritti

televisivi e con un numero di spettatori tradotto in termini di audience e di

utenti di servizi a pagamento.

Il pubblico non è più pubblico e la provincia è tagliata fuori da un gioco

per sole grandi aree metropolitane.

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Parigi val bene una

CHAMPIONS

Ibra in Francia per 230 milioni di euro. Ed è solo l'ultimo colpaccio

del "Psg" in versione Qatar. Così l'emiro e il patron di Al Jazeera

puntano sul calcio. Per aumentare peso e affari in Europa

di ALESSANDRA BIANCHI (l'Espresso | 2 agosto 2012)

L'ultima perla si chiama Zlatan Ibrahimovic. L'uomo dai piedi giganteschi

(porta il 47) che sforna gol acrobatici e parte in micidiali contropiede è

sbarcato da poco nella città che sta diventando a suon di milioni di euro la

nuova Eldorado del pallone: Parigi.

Un'operazione colossale che costerà circa 230 milioni d'euro al Paris

Saint-Germain (Psg) che lo ha acquistato. Per l'attaccante svedese contratto

triennale e guadagno annuo netto di 14 milioni, bonus compresi, che fanno di

lui il secondo giocatore più pagato al mondo dietro a Eto'o (20 milioni annui

dal club russo dell'Anzhi) e si aggiunge a una lista della spesa

impressionante che è stata fatta in pochi mesi e che mira a far diventare il

Paris Saint-Germain uno dei club più forti, stile Barcellona. E, proprio come

il Barça, vuol essere "mas que un club", più che un club. Sicuramente è già

riuscito a essere uno dei più reclamizzati. è il biglietto da visita più

immediato che il piccolo Stato del Qatar ha deciso di esibire al mondo. Calcio,

soldi e visibilità per un frenetico shopping in cui lo sport è l'acquisto più

mediatico ma non il solo né, se si vuole, il più importante.

Qatar e Parigi, infatti, vanno a braccetto da quando la guerra in Libia ha

rinsaldato un rapporto che era già ben collaudato. Con Nicolas Sarkozy, del

resto, i rapporti erano ben stretti. Nel 2010 l'ex presidente aveva ricevuto

all'Eliseo Tamim ben Hamad Al Thani, il principe ereditario del Qatar a cui

era stato conferito il grado di grande ufficiale della Legion d'onore. E che

era stato invitato già dopo l'elezione a presidente di Sarkozy nel 2007.

Perché il Qatar è sbarcato come un colosso in terra francese ed è un rapporto

che va avanti da anni. Basti pensare che la società Amaury, celebre

organizzatrice di eventi, cura sia il Tour de France sia il Tour ciclistico di

Doha. Un caso? Certamente no. Via via si sono aggiunti tasselli prestigiosi e

importanti: la bella sceicca Mozah Bint Nasser, influente seconda moglie dello

sceicco Hamad ben Khalifa Al Thani, ha rilevato la maggioranza del gruppo Le

Tanneur; sono stati comprati immobili e alberghi, su tutti il Royal Monceau e

ultimo il mega-store di Virgin e di Monoprix sugli Champs-Elysées per 500

milioni d'euro; ci sono partecipazioni nei gruppi Vinci, Suez e Lagardère; si

organizza il Qatar Prix Arc de Triomphe.

Il Qatar. Piccolissimo Stato diventato ricchissimo grazie al gas naturale che

ne fa il terzo paese produttore al mondo: la compagnia petrolifera Total è uno

dei suoi partner più importanti e di recente il Qatar ne ha rilevato il 3 per

cento. Un valore aggiunto che nessun governo può ignorare: non è un caso se

François Hollande, appena eletto presidente, ha incontrato il primo ministro

del Qatar. Potentissimo perché creatore nel 1996 di Al Jazeera - la

televisione che è stata una vera rivoluzione nei paesi arabi - e che ora sta

comprando di tutto dalla maison di Valentino alla Costa Smeralda. Famosissimo

perché l'acquisto del Psg ha proiettato di colpo il Qatar all'attenzione del

mondo come solo il calcio può e sa fare. Mancava, infatti, la ciliegina su una

gigantesca torta d'affari.

L'avventura è cominciata un anno fa. Dopo gli anni in cui Canal Plus ne è

stato il proprietario, il Psg ha vissuto momenti difficili in mano alla

società americana Colony Capital da cui era stato acquistato nel 2006. Fuori

dall'Europa che conta e dalla lotta per il vertice, la squadra che porta il

nome di una delle capitali più amate e visitate al mondo, non riusciva ad

avere un organico all'altezza per competere ad alti livelli. Assisteva

frustrata allo strapotere del Lione che per sette anni consecutivi si è preso

lo scudetto, al ritorno vincente del Bordeaux, alla rinascita ancora più

dolorosa - vista l'acuta rivalità politica, culturale, sociale e calcistica -

del Marsiglia, primo nemico storico dei parigini, e infine al trionfo del

miracolo Lilla. Parigi fremeva e soffriva, squassata da polemiche continue e

da un alternarsi frenetico di giocatori e allenatori.

Ma a volte le preghiere dei tifosi vengono esaudite. E come nei sogni più

belli si è materializzato il genio che è uscito dalla lampada di Aladino sotto

le sembianze di Nasser Al-Khelaifi. Uomo d'affari discreto e potente, amico

intimo della famiglia dello sceicco e amministratore di Al Jazeera: in poco

tempo, i sussurri speranzosi dei sostenitori e anche di buona parte dei media

francesi sono diventati solide realtà. La trattativa non è stata lunga e

tempestosa ma breve e redditizia. Con 50 milioni il Psg è passato dagli

americani agli arabi e la scalata al sogno è cominciata rapidamente. Nasser

Al-Khelaifi ha scelto l'architetto che più rispondeva ai suoi criteri per

costruire il suo gioiello: Leonardo, il brasiliano che a Parigi ha giocato una

sola stagione, ma che è considerato un idolo. L'ex allenatore di Milan e Inter

si è così trasferito a Parigi e a lui è stata data carta bianca, senza

restrizioni finanziare, per rifondare il Psg: mentre i tifosi erano ancora

intenti a chiedersi se stavano sognando e avevano paura di risvegliarsi, sono

arrivati giocatori importanti, di cui il più caro è stato Javier Pastore,

giovane argentino dai colpi tecnici importanti, che il presidente del Palermo

Zamparini ha lasciato partire volentieri per la modica cifra di 43 milioni

tutto compreso.

E il tecnico? C'era già il bravo e competente Antoine Kombouaré, carattere

forte ma immagine poco glamour per il ritorno ai fasti parigini. È stato

quindi esonerato a dicembre, nonostante il primo posto in classifica, per fare

posto al sogno italiano di Leonardo, Carlo Ancelotti, 6 milioni di euro annui

per convincerlo ad accettare. Basta? Per vincere no. Ci vogliono tempo,

amalgama, una squadra, cambiare la mentalità, entrare nello spirito giusto e

creare quello perfetto che porta uno spogliatoio ai risultati. Alla fine lo

scudetto lo ha vinto il "piccolo" Montpellier e il Psg si è dovuto

accontentare del secondo posto e della qualificazione diretta in Champions

League. Non male per cominciare, ma non il massimo per arrivare.

Però quest'anno si ritorna alla grande nel calcio che conta. Nasser lo aveva

(pre)detto, del resto. «Siamo qui per vincere e metteremo sul piatto 100

milioni d'euro ogni anno per fare grande questa squadra».

Uomo di parola. Così Leonardo, che conosce bene il mercato italiano, è venuto

a fare uno shopping tricolore di altissimo livello: sono arrivati Lavezzi (30

milioni), Thiago Silva (40), il giovane Verratti dal Pescara (12) e ora Ibra,

l'uomo in grado di fare davvero la differenza, così come il brasiliano che da

solo fa reparto a sé e sistema la difesa. Conclusione: in appena un anno, il

Psg ha speso più di 200 milioni di euro per il parco giocatori (di cui circa

177 in Italia) facendo impazzire il mercato non solo francese, a questo punto,

ma anche europeo. In totale, tra costo del club e contratti vari (il solo

Leonardo ha un contratto di 5 milioni d'euro a stagione), il Qatar sfiora i

300 milioni di spesa.

Certo, chi non è parigino si affida alla speranza che il bello del calcio è

che tutto può succedere, come dimostra appunto il primato del Montpellier, ma

vista da fuori la squadra fa una certa impressione. Intanto in Francia

infuriano le polemiche e ci si concentra sul fatto che dovrà essere applicata

la nuova tassa del 75 per cento sui guadagni che superano il milione di euro

anche per i calciatori. Per non parlare del fair play finanziario richiesto da

Michel Platini, presidente Uefa.

Insomma è impossibile ormai non parlare del Qatar. Che ha capito che, grazie

al calcio, la vetrina è immediata e assicurata. E alla luce di tutto questo,

non è un caso nemmeno che, nel 2022, la Coppa del Mondo si giocherà proprio

nel Qatar. E ai gufi che già obiettano che farà troppo caldo, anche 50 gradi,

arriva una risposta in stile sceicco. Si sta già lavorando a un progetto per

risolvere il problema. E per convincere la Fifa non si è badato a spese.

Ambasciatore del Qatar è stato eletto, per una decina di milioni di euro, il

giocatore più amato dai francesi, insieme a Platini, Zinedine Zidane. Insomma,

l'acquisto del Psg è solo l'ultimo anello di una catena che sembra infinita.

Ora ci vogliono le vittorie sul campo e tutto passa dai piedi preziosi dei

giocatori. Soprattutto uno: il numero "47", quello di Zlatan Ibrahimovic che

ha già un feeling con i tifosi: «Il Psg? Un sogno», ha detto. E ora Parigi lo

è davvero. E val bene una Champions.

Derby via satellite

art.non firmato (l'Espresso | 2 agosto 2012)

Non solo il Psg ma anche la creazione di un nuovo canale televisivo da

parte del Qatar, lanciatissimo alla conquista della Francia. La nuova

tv "BeIN Sport", il cui slogan è "Ton coeur battra au rhytme du sport",

è stata lanciata il primo giugno e ha avuto il suo primo battesimo

importante con gli Europei di calcio per cui ha già acquistato i

diritti nel 2016. Due i canali a pagamento, BeIN Sport 1 e 2, e

abbonarsi costerà pochissimo, 11 euro al mese per avere entrambi. Il

secondo canale sarà inaugurato a breve, il 10 agosto, con l'inizio del

campionato francese.

La rivoluzione televisiva transalpina è appena cominciata e questa è

la prima vera stagione delle novità dove il monopolio di anni di Canal

Plus non esiste più: BeIn, infatti, trasmetterà quasi tutto il

campionato francese e la Champions League (le partite di cartello sono

ancora in mano a Canal Plus), l'Europa League, parte del campionato

italiano e tedesco, la totalità di quello spagnolo. Per il momento

solo il campionato inglese appartiene ancora a Canal Plus ma i diritti

scadono tra un anno.

___

E perconquistare l’Europa

l’emiro va nel pallone

Con i soldi investiti nel suo Paris St. Germain, e con gli ultimi

clamorosi acquisti, il principe ereditario del Qatar punta a scalare

le classifiche continentali. E a vincere la Champions in tre anni

di FABIO MONTI (SETTE | 30—27.07.2012)

La battuta, che circola in rete, è velenosa: «Il Paris St. Germain ha cambiato

anche l’autista del pullman. Da agosto lo guiderà Fernando Alonso e guadagnerà

il doppio di quanto prende in Ferrari». Dopo gli acquisti di Lavezzi, Thiago

Silva, Ibrahimovic, Maxwell e Verratti, è un modo per riassumere l’estate

senza limiti di spesa di Nasser al-Khelaifi, il presidente del Psg e uomo di

fiducia di Tamin bin Hamad al-Thani, principe ereditario del Qatar e

proprietario del club dal 6 giugno 2011. La crisi mondiale non risparmia il

mondo del pallone: persino Barcellona e Real Madrid si stanno muovendo con

cautela e il Manchester City, che dal 2008 è di proprietà dell’Abu DhabiUnited

group for development and investment, al momento pensa più a vendere che ad

acquistare. Il Psg sta ripercorrendo la strada di Roman Abramovich, quando nel

2003 acquistò il Chelsea, immettendo una valanga di denaro sul mercato per

arrivare in cima all’Europa, dopo un’attesa durata nove anni (Champions League

conquistata il 19 maggio).

Quello che colpisce è il momento storico nel quale il Paris St. Germain ha

deciso di trasformarsi in un uragano economico-finanziario, ma la strategia

societaria è mirata a conquistare la leadership europea in tempi brevi, nel

segno di investimenti sontuosi e per certi aspetti eccessivi, se paragonati

con il resto del mondo pallonaro. Investimenti e non spese folli, fini a se

stesse. L’acquisto da parte del principe ereditario è stato dettato non dalla

voglia di comprarsi un giocattolo un po’ costoso, semmai dalla volontà di

sbarcare in una delle più belle città del mondo, in un club che ha appena 42

anni di vita, molto legato alla capitale («Paris est magique», il motto), che

non vince il campionato dal 1994 e che ha enormi potenzialità (anche

economiche). Proprio per evitare improvvisazioni, al-Thani, non appena

arrivato, ha scelto un presidente e si è affidato a un ex famoso, un uomo di

calcio, conosciuto in tutto il mondo, con un grande passato da calciatore

(anche nel Psg, oltreché nel Milan): Leonardo, brasiliano, che parla cinque

lingue, ha fatto il dirigente (Milan) e l’allenatore (Milan e Inter) con

ottimi risultati, si sente cittadino del mondo e ha sempre cercato “un sogno”

e non “un lavoro”. Anche se in tempi ristretti e con un mercato complicato,

Leonardo si è mosso subito. Un anno fa ha portato a Parigi un portiere (Sirigu,

dal Palermo); un centrocampista (Sissoko, dalla Juve); un fantasista (Pastore,

42 milioni al Palermo) più un centrocampista d’attacco (Ménez dalla Roma). I

francesi faticano ad accettare l’idea che a dettare le strategie del club di

Parigi sia un brasiliano che è vissuto in Italia e gli hanno rinfacciato cento

volte di aver speso troppo per Pastore; Leonardo, che a maggio sembrava deciso

a tornare in Italia, ha sempre risposto ricordando soltanto che il giocatore è

del 1989 e ha davanti a sé dieci anni di carriera.

adeJn7Wp.jpg

Non solo soldi. Un secondo segnale che la costruzione del Psg procede

nel segno della qualità e non della ricca improvvisazione è stata la scelta

dell’allenatore: a fine dicembre 2011, Leonardo ha esonerato Antoine Kombouaré

e ha voluto a Parigi Carlo Ancelotti. Il Psg, che era primo in classifica, ha

finito la Ligue 1 al secondo posto, alle spalle del Montpellier, elogiato pure

da Hollande («nel calcio i soldi non sono tutto»), ma, puntando su uno dei

tecnici più preparati e più vincenti d’Europa, Leonardo ha scelto un uomo per

un progetto globale, destinato a durare nel tempo e non per vincere qualche

partita.

In questa estate, dopo i due innesti di gennaio (Alex dal Chelsea, Thiago

Motta dall’Inter), il cambio di passo, puntando con decisione sui migliori

giocatori in giro per il mondo. Al contrario di quanto faceva il Real Madrid

dieci anni fa, quando era nata la storia dei Galacticos (Ronaldo, Beckham,

Owen, Raúl, Morientes e Zidane, tutti insieme), Leonardo non si è preoccupato

di imbottire la squadra di attaccanti, ma si è preoccupato di costruire una

squadra vera, senza badare a spese (i soldi aiutano sempre), però con una

logica calcistica. Ha scelto il difensore numero 1 al mondo, Thiago Silva, che

deve compiere 28 anni ed è nel miglior momento della carriera; ha puntato su

un centrocampista di 19 anni, che ha stupito l’Europa, Marco Verratti,

prelevato dal Pescara per 12 milioni, e ha cambiato l’attacco, mettendo

insieme per 50 milioni di euro Ibrahimovic, 31 anni (ha vinto otto campionati

negli ultimi nove anni, si è presentato palleggiando sotto la Tour Eiffel), e

Lavezzi, 27 anni (30 milioni al Napoli). Giocatori veri e non campioni al

tramonto, secondo il modello del soccer nordamericano, che privilegia i

giocatori a fine carriera (l’ultimo caso: Nesta, 36 anni, all’Impact Montreal).

Ma il Paris St. Germain appare anche un esempio di squadra che vuole giocare

d’anticipo sui tempi. Vista la situazione del campionato francese, con

Olympique Marsiglia e Lione costretti a ridurre il budget, e nonostante

l’ostilità generale (nello sport i ricchi non piacciono), sembra difficile

immaginare che il Psg possa perdere il prossimo campionato. Semmai la Ligue

può diventare l’occasione per allenarsi per la Champions, perché i qatarioti

vogliono trovare spazio in quello che è ormai il campionato d’Europa per club.

L’obiettivo è chiaro: conquistare la vetta dell’Europa nello spazio di tre

anni, mentre in questa stagione, che segna il rientro fra i grandi d’Europa,

si punta ad arrivare fra gli otto migliori club. Ora il problema più grosso è

dribblare la gabbia del fair-play finanziario, voluto dalla Federcalcio

europea e dal suo presidente, Michel Platini, che impone di spendere soltanto

quello che si incassa, nel segno del pareggio di bilancio. Per ora c’è margine

per uno sbilancio di 45 milioni, che il Psg ha già infranto. Ma c’è sempre la

possibilità di trovare sponsor (veri o indotti, magari attraverso la tv

qatariota Al Jazeera) per scoprire che in fondo nel calcio, fatta la squadra,

le regole sono un’opinione.

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E IL MERCATO, BELLEZZA

CALCIO DA VENDERE.

TUTTO È PERDUTO,

ANCHE LA MAGLIA

SIMBOLI DELL'IDENTITÀ DEI TIFOSI, QUASI ICONE DELLA RETORICA

PALLONARA, OGGI QUEGLI INDUMENTI SONO DIVENTATI UN CORE

BUSINESS (DOPO I DIRITTI TV). COSÌ VENGONO RIFATTI OGNI ANNO

di PIERO MELATI (IL VENERDI DI REPUBBLICA | 27 LUGLIO 2012)

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Palazzi guatemaltechi

di CHRISTIAN ROCCA dal blog camillo 28-07-2012

Ma Palazzi quando se ne va in Guatemala?

Ingroiettare

introiettare come Ingroia

being Antonio Ingroia

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