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K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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L’intervista L’ex pm racconta l’inchiesta del 1991 sulla droga comprata da Diego

Bobbio: volevo arrestare Maradona

«Mi dissero no, si rischiava la sommossa»

di FELICE NADDEO (Corriere del Mezzogiorno - Napoli 14-09-2012)

NAPOLI — Nell'almanacco del calcio, all'annata 1991, Diego Armando Maradona ha rischiato di far registrare il trasferimento del secolo: dal Napoli al Poggioreale. Nella squadra carceraria. «Perché proprio in quell'anno volevo arrestarlo» ammette Luigi Bobbio, oggi sindaco di Castellamare di Stabia, ieri magistrato della Procura partenopea. Il racconto è finito in un capitolo del libro «Pallone criminale», scritto da Simone di Meo e Gianluca Ferraris.

Arrestare Maradona? Scusi Bobbio, ma meanche Palazzi l'avrebbe mai pensato. Che successe all'epoca?

«Ero un giovane pm, in servizio da sei anni, e gestivo insieme ad altri due colleghi tutte le indagini che riguardavano il traffico di droga a Napoli. Era il 1991, durante alcune intercettazioni che riguardavano Iovine (boss della camorra; ndr) ci imbattemmo in Maradona. Lui acquistava consistenti quantità di droga che consumava o cedeva ad alcune prostitute che incontrava all'hotel Paradiso. Siccome l'approvvigionamento di sostanze stupefacenti si rivelò una prassi consolidata, chiesi al procuratore capo di Napoli di autorizzare l'arresto del calciatore».

E Vittorio Sbordone, che ricopriva quel ruolo, le disse di no. Lui temeva una sollevazione popolare a Napoli?

«Il diniego di Sbordone fu legittimo perché era nelle sue facoltà dire di no. La sua valutazione era sicuramente legata a ragioni di opportunità ambientale, ma anche all'idea che si potesse procedere nell'inchiesta con Maradona a piede libero. Secondo me, invece, avremmo cavato di più da quell'indagine se avessimo arrestato Maradona».

Rischiando, però, di scatenare una rivoluzione tra i tifosi.

«Ero pronto a subirne le conseguenze. Sono ancora convinto oggi che in una inchiesta giudiziaria i motivi di opportunità esterna debbano restare fuori».

L'inchiesta dimostrò che il calciatore faceva uso costante di droga, ma cambiò anche il suo rapporto con il calcio.

«Da quelle indagini emerse un Maradona diverso, dedito in maniera assidua alla droga. Ma non fu solo quello che mi sorprese. C'era dell'altro. Un elemento che ha contribuito ad allontanarmi dal calcio. Perché fino a quel momento ero un tifoso acceso del Napoli e un innamorato del pallone. Poi mi sono completamente disinteressato a questo sport».

Cosa accadde?

«Quasi negli stessi giorni Maradona venne sottoposto a test antidroga da parte nostra e da organismi calcistici. Noi lo abbiamo sempre trovato positivo alla cocaina, la commissione antidoping no».

Quindi?

«Forse c'è stata copertura da parte del mondo del calcio».

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Dilemma giallorosso Dopo le ultime uscite, c’è chi lo ama e chi si preoccupa

Zeman piace, ma Roma teme l’effetto boomerang

A Trigoria sicuri: sarebbe meglio che il boemo tenesse il basso profilo

di MARCELLO DI DIO (Il Giornale 14-09-2012)

La domanda che ci porteremo dietro per tutta la stagione è: alla fine di Zeman si parlerà più per ciò che la sua Roma farà in campo o per le sue dichiarazioni velenose e ad effetto? Se lo chiedono in tanti, se lo chiede la stessa società giallorossa, seccata o quantomeno infastidita dall’ennesima «picconata» del boemo. Anche se quando l’hanno preso a furor di popolo, conoscevano il rischio di trovarsi di fronte a queste situazioni.

Alcuni all’interno della Roma credevano di poter gestire la forza mediatica di Zeman, ora sono preoccupati specie in un momento in cui la società sta stabilendo rapporti sempre più solidi col mondo politico-finanziario e sta cercando anche di disinnescare possibili focolai di violenza. «Per il bene del club e della squadra, sarebbe meglio che usasse il basso profilo», i sussurri da Trigoria. Ma Zeman sa che questi argomenti hanno una cassa di risonanza addirittura enorme rispetto a uno schema di gioco. È il suo stile e alla gente di fede giallorossa piace anche per questo. Tanto che le sue frasi al vetriolo e il suo atteggiamento da «predicatore» hanno trovato e continueranno a trovare solo elogi sul web o nell’etere romano.

L’attacco al presidente Abete (o al sistema calcio in generale se prendiamo per buono il chiarimento di Zeman sulla frase incriminata, che ha più il sapore di toppa messa dal club) è l’ultima di una serie di uscite dell’allenatore negli ultimi 14 anni, in cui ci ha rimesso soldi e carriera: dalla celebre frase sul doping («il calcio deve uscire dalle farmacie») alla stoccata a Vialli e Del Piero («mi sorprendono i loro muscoli, credevo venissero solo ai culturisti») fino alle recenti frecciate alla Juve («la terza stella? Per me gli scudetti sono al massimo 22 o 23») e al collega Conte («i tecnici sospesi per più di tre mesi non dovrebbero allenare, io al loro posto mollerei»).

Per la verità, nell’intervista Zeman ha anche ribadito la sua contrarietà alla commistione finanza-calcio (si era opposto fieramente già nel 1998), trovando la sponda del vicedirettore generale di Unicredit Paolo Fiorentino («con la situazione di oggi non ha un particolare senso avere una società di calcio quotata») che pure ha escluso per ora l’uscita dalla Borsa del club di Trigoria.

Cosa accadrà adesso? Un deferimento per la frase su Abete è possibile ma non certo. La convinzione di molti è che però, attraverso le tante chiacchiere, un condizionamento inconscio arbitrale sia inevitabile. Appena un anno fa la dirigenza giallorossa aveva promesso di non parlare più dei direttori di gara, Zeman ha pensato bene ­seppur velatamente- di sottolineare i due gol in fuorigioco del Catania nella prima partita del campionato pur non negando i demeriti della sua squadra. Che ha comunque la forza di far bene sul campo proprio perché Zeman, oltre che «picconatore», è anche un allenatore che sa conquistare il gruppo.

E così torniamo al dilemma iniziale, al quale si può aggiungere una considerazione che fanno in molti nell’ambiente: c’è bisogno dello Zeman battagliero, ma esiste una componente del calcio che non vede l’ora di sparare sul boemo. Alla sua prima sconfitta, in tanti lo aspetteranno al varco per criticarlo. Anche se lui continuerà imperterrito sulla sua strada. E con il favore della gente di fede romanista.

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Scommesse Un conto segreto in Svizzera porta a un giocatore di serie A

L'assist dei verbali Figc

Nuove indagini sulla Lazio

A Cremona sarà risentito Erodiani. Il rebus Sculli

La volta dei dirigenti Il pm Di Martino intenzionato a chiamare anche i dirigenti

di ARIANNA RAVELLI (CorSera 14-09-2012)

MILANO — Il mondo del calcio passerà ancora dagli uffici della Procura di Cremona. Nuovi interrogatori sono attesi per approfondire la situazione di Lazio e Siena. È lontana dall'essere arrivata a una conclusione l'inchiesta sul calcioscommesse. Il procuratore Roberto Di Martino ha passato l'estate a leggere con attenzione i verbali delle audizioni di molti dei protagonisti di fronte agli 007 della Figc. E ha trovato più di un particolare interessante.

Per esempio vuole approfondire quanto dichiarato da Massimo Erodiani, titolare di un'agenzia di scommesse, già ritenuto membro dell'associazione che mirava a taroccare le partite (esistono tabulati telefonici che dimostrano conversazioni con il gruppo degli zingari) e più volte ascoltato dallo stesso Di Martino. Il fatto è che ai federali Erodiani — difeso dall'avvocato Paolo D'Incecco — ha parlato di due gare chiacchierate della Lazio: una con l'AlbinoLeffe in Coppa Italia (3-0, 25 novembre 2010) e l'altra col Siena nella stagione 2006-07. Nel primo caso paventando il coinvolgimento diretto della dirigenza laziale. La fonte di Erodiani è Ivan Tisci, ex giocatore di Avellino e Lanciano. Le puntate erano sull'over (2-0) nel primo tempo e anche come risultato finale. Di questa partita — e negli stessi termini — gli inquirenti di Cremona avevano già sentito parlare dal pentito Carlo Gervasoni: «Gegic mi riferì che Lazio-AlbinoLeffe di Coppa Italia era stata combinata dai giocatori dell'AlbinoLeffe con over e sconfitta. Non mi disse chi aveva organizzato la combine». Ora Di Martino vuole capire se va messa nel lungo conto degli zingari. Anche sul Siena Di Martino effettuerà qualche approfondimento. Fino a ora nessun dirigente è transitato dalla procura di Cremona, ma gli inquirenti fanno capire che presto potrebbero decidere di chiamare Massimo Mezzaroma, presidente del Siena, Claudio Lotito, presidente della Lazio e anche l'ex d.s. del Grosseto Andrea Iaconi. Così come potrebbe essere sentito Giuseppe Sculli, già coinvolto più volte nell'inchiesta (è indagato per la presunta combine tra Genoa e Lazio, è amico di un trafficante di droga, compare nella foto davanti al ristorante con gli ultrà rossoblù e Criscito) ma che curiosamente non è mai stato chiamato né in procura né in Figc.

L'altra pista calda è quella dei soldi. E quando si seguono i soldi è facile capitare in Svizzera. Il procuratore Di Martino ha chiesto movimenti di conti correnti, atti e informative che riguardano l'indagine di riciclaggio avviata dalla Procura di Berna. A sua volta gli inquirenti elvetici hanno chiesto buona parte degli atti sul calcioscommesse. Incrociando le prime informazioni è saltato fuori che un calciatore «ancora in attività», già coinvolto nell'ultimo filone di inchiesta cremonese, ha aperto un conto oltralpe servendosi di un prestanome. Sarà presto interrogato (assieme ad altri cinque giocatori) a Cremona, alla presenza del gip Guido Salvini, dai magistrati elvetici. Che sono sicuri di aver trovato su quel conto i proventi delle combine.

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L’INCHIESTA SUL CALCIOSCOMMESSE

Cremona riparte dal conto in Svizzera

Scambio di documenti con i magistrati elvetici

Di Martino convocherà la prossima settimana anche alcuni dirigenti

di ETTORE INTORCIA & ANDREA RAMAZZOTTI (CorSport 14-09-2012)

Nuovi documenti in arrivo dalla Svizzera, approfondimenti “obbligatori” sugli interrogatori della Federcalcio. L’indagine sul calcioscommesse a Cremona va avanti e sta per arricchirsi di interessanti sviluppi: il pm Di Martino ha pronto un elenco di persone che ascolterà dopo il faccia a faccia, probabilmente già la prossima settimana, con i colleghi svizzeri. Alcuni degli interrogati sono già stati ascoltati negli scorsi mesi a Cremona, per altri sarà la prima volta. La novità è che stavolta saranno chiamati anche dei dirigenti. Tutto questo aspettando lo scambio di carte con i magistrati svizzeri dopo i frequenti contatti degli ultimi giorni.

ROGATORIA - Dalla procura di Berna-Mittelland è arrivata una rogatoria internazionale sugli atti dell’inchiesta di Cremona. La magistratura elvetica sta lavorando su un’ipotesi molto precisa: riciclaggio di denaro sporco attraverso i canali delle scommesse. E ha concentrato la sua attenzione su uno degli indagati di Cremona a cui sarebbe riconducibile un conto corrente “coperto” utilizzato per movimentare i flussi di denaro legati alle scommesse e accumulare il “tesoretto” maturato con le vincite. Si tratterebbe di un personaggio di primo piano: ieri qualche media svizzero, in particolare fussball.ch, ha tirato in ballo Cristiano Doni ma da gli inquirenti arrivano smentite. La Procura, peraltro, non è ancora pienamente a conoscenza degli atti contenuti nel fascicolo che la magistratura svizzera metterà a disposizione dopo l’incontro.

NUOVE AUDIZIONI - A Cremona inoltre attendono (senza eccessive illusioni) che Gegic, esponente di spicco del gruppo di scommettitori degli “zingari”, si costituisca: da tempo manifesta questa intenzione ma finora niente da fare. E’ in arrivo una svolta? Intanto il pm Di Martino lavora a un nuovo calendario di audizioni: ha letto tutti i verbali trasmessi dalla Figc e ha deciso di richiamare alcuni indagati e di sentire altre persone per la prima volta. Sicuramente convocherà di nuovo Massimo Erodiani, in passato già oggetto di un provvedimento di custodia cautelare, per approfondire le dichiarazioni che ha reso nel frattempo in Federcalcio. In quella sede, a metà luglio, Erodiani aveva parlato di un paio di partite della Lazio (Siena e Albinoleffe) sulla base di informazioni che avrebbe acquisito “de relato", da terzi. Accuse che la Lazio aveva già seccamente rispedito al mittente considerandole «false e calunniose» . Il procuratore Di Martino chiamerà sicuramente Erodiani, appunto. E nell'elenco dei tesserati da ascoltare ci saranno certamente dei dirigenti, a partire dall'ex ds del Grosseto, Andrea Iaconi.

FEDERCALCIO - A proposito di Grosseto, ieri la Procura Federale ha fissato per martedì tre nuove audizioni legate al club toscano: Michele Serena, attuale allenatore dello Spezia ma sulla panchina del Grosseto da gennaio a giugno 2011; gli ex calciatori biancorossi Luigi Consonni (prosciolto nel processo di giugno) e Antonio Narciso (ha patteggiato 1 anno e 3 mesi). Il 26 settembre, invece, la Commissione Disciplinare Nazionale giudicherà Bertani, Turati e Pellicori: a giugno avevano ottenuto lo stralcio perché oggetto a Cremona di misure cautelari.

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DA BERNA A CREMONA PASSANDO PER LA UE

Una rogatoria per uno

non fa male a nessuno

di MARIO BIANCHINI (IL ROMANISTA 14-09-2012)

I sospetti che lo scandalo del calcio scommesse avesse varcato pure i confini nostrani, hanno trovato una clamorosa conferma con la rogatoria internazionale avviata dalla procuratore di Berna Mittelland, e giunta al Tribunale di Cremona. Ma non deve stupire più di tanto se facciamo un passo indietro di appena un paio di mesi. Fu proprio il Romanista ad evidenziare un notizia rimasta confusa fra i clamori dell’imminente campionato europeo. Era esattamente il 28 giugno quando il "problema" entrò nel mirino dei massimi organismi europei. Non era sfuggito il timore di riciclaggio internazionale che adesso sembra arrivare in superficie. La denuncia partì dal Commissario per l’Istruzione e la Cultura dell’UE Androulla Vassiliou che dichiarò: «Le partite truccate sono una minaccia per l’integrità dello sport e l’Ue è pronta a fare la sua parte per contrastare il fenomeno mettendo in campo le agenzie europee specializzate nella lotta anticrimine Europol ed Eurojust. Negli ultimi mesi una serie di scandali ha scosso il movimento sportivo costituendo un serio pericolo anche per altri settori». C’è da supporre che la stessa Commissione Europea abbia dato seguito agli avvertimenti facendo entrare in azione gli inquirenti dell’Europol. L’allarme non è caduto inascoltato ed è stato fin troppo facile scegliere come primo bersaglio il ”paradiso” elvetico dove pare che sia transitato un sospetto fiume di euro. Il "barcaiolo" sembra già individuato in un noto calciatore già coinvolto nelle indagini della procura di Cremona. Inutile nascondersi dietro un dito. Ci troviamo di fronte ad una organizzazione criminale di gigantesche proporzioni. Sembra impossibile che non se ne siano accorti pure nelle stanze di via Allegri, dove ci si è limitati a tuonare in sintonia con Platini («Faremo piazza pulita»).

Risultati? Solo sconcerto. Basterebbe leggere la lista dei nomi che partecipano al torneo di Europa League. Al contrario, si ignorano gli insulti alla Giustizia sportiva, ma ci si infuria se uno scomodo Zeman replica alle bacchettate continuando a mettere in discussione il sistema.

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Caccia aperta

Il tesoro in Svizzera:

4-5 giocatori nel mirino

Resta segreta l'identità del «calciatore importante» che a

breve sarà interrogato a Cremona per conto dei pm di Berna

Per le autorità elvetiche sul conto somme sospette e legate alle scommesse

Smentito il nome di Doni, c’è fermento tra gli inquirenti: ieri il Gip al lavoro

di FRANCESCO CENITI (GaSport 14-09-2012)

E' caccia al mister X, il calciatore «importante» che secondo i magistrati della Procura di Berna sarebbe il titolare di un conto particolare: con molti soldi e dalla provenienza oscura. Facile collegare il tutto a combine e guadagni del calcioscommesse: è trapelato, infatti, che il giocatore rientra tra gli indagati a Cremona per associazione per delinquere e dovrebbe essere uno di quelli finiti nel mirino degli investigatori lo scorso maggio. Gli svizzeri sono convinti di aver scoperto qualcosa di grosso (ipotizzano anche il riciclaggio) e per questa ragione hanno chiesto con una maxi rogatoria buona parte degli atti dell'inchiesta condotta dal pm Roberto di Martino. Non solo, vogliono interrogare il calciatore e altre quattro persone. Cosa che potrebbe avvenire già nella prossima settimana. C'è un certo fermento a Cremona: ieri si è visto anche il gip Guido Salvini, nonostante sia in ferie. Il giudice dovrà presiedere l'interrogatorio per conto delle autorità elvetiche: facile che abbia iniziato a prendere visione delle carte.

Movimenti Anche gli inquirenti della squadra Mobile guidata da Sergio Lo Presti sono in movimento: ieri si sono spinti all'estero per motivi inerenti all'inchiesta. Forse proprio in Svizzera per collaborare con i colleghi di Berna oppure verso altri Paesi, magari per prendere contatto con Almir Gegic. Il latitante, considerato il numero due degli slavi, sembra oramai prossimo al rientro in Italia. Da tempo ha deciso di consegnarsi, ma per svariati motivi il giorno è sempre stato rimandato. Ora tutti i tasselli sembrano al punto giusto.

Rosa ristretta Ritornano al mister X, c'è da segnalare come dalla rosa dei papabili (4-5 nomi) ieri è uscito ufficialmente quello di Cristiano Doni. L'ex capitano dell'Atalanta, arrestato lo scorso 19 dicembre, era stato indicato come il «giocatore importante» dal sito svizzero Fussball.ch: in un articolo si spiegava come il conto con i soldi sospetti potesse appartenere proprio a Doni. Ci ha pensato il suo avvocato, Salvatore Pino, a chiarire le cose: «Doni non ha ricevuto alcun invito a comparire di fronte alle autorità elvetiche o italiane, nell'ambito dell'indagine sul riciclaggio svizzero dei proventi del calcioscommesse, riferita da molti siti internet. Escludo che il mio assistito abbia a che vedere con quest'inchiesta. E' sua intenzione querelare chiunque ne accosti il nome alla vicenda del presunto riciclaggio in Svizzera». La smentita è stata doppia: anche la Procura di Cremona ha confermato che il calciatore nel mirino non è Doni. Chi resta sulla graticola? Come dicevamo i nomi per caratteristiche e indizi non sono più di 4-5. Al momento il riserbo assoluto degli inquirenti, svizzeri e italiani, ha impedito qualunque fuga di notizie. I sospetti sarebbero convogliati soprattutto verso un giocatore, ma nessuna certezza. Il segreto avrà comunque vita breve: gia nelle prossime ore si potrebbe sapere qualcosa di più, mentre l'interrogatorio sarebbe già stato fissato.

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Scommesse

Conto svizzero, i pm

ascolteranno mister X

di GIULIANO FOSCHINI & MARCO MENSURATI (la Repubblica 14-09-2012)

Riprende dalla caccia a mister x – «il calciatore di un certo prestigio» titolare di un conto corrente sospetto in Svizzera — l’inchiesta cremonese sul calcioscommesse. Tutto nasce dalla richiesta rogatoriale avanzata dalla procura di Berna ai colleghi italiani che da quasi un anno e mezzo stanno facendo luce sulle vergogne del calcio. Secondo gli svizzeri ci sarebbe un enorme giro di riciclaggio, collegato alle scommesse, il cui epicentro sarebbe proprio questo conto corrente (sul quale sono stati trovati movimenti anomali). Stando a quanto trapela dalla Svizzera, si tratterebbe di un calciatore di serie A, piuttosto noto, già coinvolto nell’ultima tornata dell’inchiesta, quella relativa a Lazio-Genoa, per capirsi, che nel maggio scorso portò all’arresto di diciannove persone, tra le quali Stefano Mauri e Omar Milanetto.

Ieri, in un primo momento, da Berna era trapelata dalla stampa locale l’indiscrezione secondo la quale mister x fosse in realtà l’ex calciatore dell’Atalanta Cristiano Doni, già arrestato nel dicembre scorso nell’ambito della stessa inchiesta. Con il passare delle ore si è capito però che si trattava di una bufala: «Il mio assistito – chiude la questione l’avvocato Salvatore Pino – non ha ricevuto alcun invito a comparire ed escludo che possa avere a che fare con l’indagine svizzera».

Il mistero durerà ancora poco, comunque sia. Perché nei prossimi giorni il giudice per le indagini preliminari Guido Salvini procederà all’esecuzione della rogatoria, convocando gli indagati e i testimoni “richiesti” dai colleghi. Agli interrogatori parteciperà anche il procuratore capo Roberto Di Martino, oltre agli uomini della squadra mobile di Cremona e del servizio centrale operativo di Roma. L’indagine “Last Bet” – comunque, di suo, ancora molto attività — potrebbe trovare ulteriore slancio dalle analisi del conto corrente effettuate dagli svizzeri e dalle risposte ottenute dagli indagati. Senza considerare che, proprio in queste ore, si stanno ultimando le trattative per la “consegna” del latitante Almir Gegic. Il braccio destro di Hristian Ilievski, lo zingaro. Stando a quanto ha fatto sapere dal luogo della sua latitanza, l’ex calciatore svizzero sarebbe intenzionato a dire tutto quello che sa. «Fosse vero – commentano gli inquirenti – per la nostra inchiesta sarebbe un testimone decisivo».

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SCOMMESSOPOLI IL FILONE INTERNAZIONALE

SI APRE UN’ALTRA FASE DI AUDIZIONI SULLA SCORTA DELL’INCHIESTA DELLA FIGC SARÀ SENTITO IL “TABACCAIO” ERODIANI

CREMONA RIPARTE,

LA SVIZZERA INDAGA

Doni riciclatore su un conto svizzero? I suoi legali: «Macché, lui non c’entra con l’inchiesta cantonale»

Ma allora chi è?

L’identità misteriosa del correntista sarà presto nota?

La Procura di Berna ha chiesto un interrogatorio ad hoc

di GABRIELE MORONI (Quotidiano Sportivo 14-09-2012)

MENTRE la magistratura svizzera indaga per riciclaggio, la procura di Cremona rimette in moto i meccanismi dell’inchiesta sul calcioscommesse. In base agli interrogatori svolti a Roma dalla Figc, gli inquirenti cremonesi si preparano a una nuova tornata di audizioni, fra cui quelli di Massimo Erodiani e di alcuni dirigenti. In particolare Erodiani, titolare di un’agenzia di scommesse (oltreché di una tabaccheria a Pescara), blindato nel primo troncone dell’inchiesta, verrà ascoltato su quanto ha dichiarato a Roma su alcune partite della Lazio, fra cui un incontro con il Siena.

L’INCHIESTA SVIZZERA Sarebbe uno dei personaggi coinvolti nell’ultima tornata dell’inchiesta cremones, scattata in maggio con 19 arresti e una raffica di nuovi indagati, il calciatore che attraverso un prestanome avrebbe aperto un conto segreto nella Confederazione. Lo scopo quello di riciclare il denaro lucrato con le combine delle partite di calcio.

Qualche sito elvetico di lingua tedesca ha adombrato, accostandolo a questo nuovo capitolo di una storia infinita, il nome di Cristiano Doni, ex capitano e bandiera dell’Atalata (coinvolto, peraltro, in una fase precedente, quella della «tornata» di dicembre). Gli inquirenti cremonesi non danno credito, mentre una fiammeggiante smentita, concordata con il calciatore, viene dal legale di Doni, l’avvocato Salvatore Pino: «Smentisco categoricamente che Cristiano Doni abbia avuto convocazioni dall’autorità giudiziaria italiana o elvetica. Ribadisco che Doni non ha nulla a che vedere con questioni che riguardano l’inchiesta svizzera. E’ ferma intenzione del calciatore di procedere contro chiunque accosterà il suo nome alla vicenda della rogatoria e del conto corrente svizzero». «Non mi risulta nessuna indagine in Svizzera che riguardi Mauri» si unisce, interpellato, l’avvocato Amilcare Buscemi, uno dei legali dell’attaccante e capitano della Lazio Stefano Mauri, coinvolto nell’ultimo lotto dell’inchiesta. La procura elvetica di Berna Mittelland ha richiesto l’interrogatorio del calciatore e a breve il suo nome potrebbe essere conosciuto. I magistrati svizzeri hanno fatto di più aprendo una imponente rogatoria e attendono buona parte degli atti dell’inchiesta «Last Bet» di Cremona, migliaia di pagine da leggere e analizzare alla ricerca di elementi di contatto fra le due indagini. Quello che appare certo è che l’inchiesta svizzera rafforza il carattere «transnazionale» di Scommessopoli, già emerso a Cremona, e va oltre ipotizzando la presenza della criminalità organizzata, spuntata a più riprese e mai provata.

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L’indagine elvetica sul riciclaggio

In Svizzera: «Di Doni il conto segreto»

Ma il pm Di Martino smentisce

art.non firmato (Libero 14-09-2012)

Attenzione alla Svizzera. Perché lì un nome ritenuto «importante» all’interno dell’inchiesta sul calcioscommesse avrebbe un conto segreto, un tesoro alimentato con il denaro proveniente da combine e scommesse. E che sarebbe sotto indagine da parte della procura di Berna-Mittelland.

L’indiscrezione l’aveva anticipata un mese fa, sulle pagine di questo giornale, il procuratore di Cremona Roberto di Martino, che il 18 agosto scorso aveva affermato: «Oltre a un seguito della rogatoria ungherese, ci saranno due richieste molto corpose di rogatoria in Svizzera che fanno riferimento a un’inchiesta per riciclaggio contro un calciatore italiano che non posso indicare», aggiungendo che «è un calciatore ancora in attività» e che «non posso rivelare se sia un nome già emerso oppure nuovo ».

In realtà dovrebbe essere un giocatore già indagato dalla procura di Cremona per associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva. Il nome potrebbe essere noto a giorni, perché come detto la procura di Berna vuole vederci chiaro: infatti nei prossimi giorni i legali svizzeri si presenteranno a Cremona per interrogare il calciatore in questione alla presenza anche del gip Salvini e del procuratore Di Martino (che risentirà anche altri personaggi come Erodiani, poiché dalle indagini federali sono emersi nuovi particolari interessanti riguardanti società come Lazio, Siena e Grosseto).

L’ipotesi, da parte della procura svizzera, è che combine e scommesse avessero attirato l’attenzione della criminalità organizzata, che avrebbe potuto approfittare di questo giro di soldi ai fini del riciclaggio. Una vera e propria organizzazione transnazionale, in grado quindi non solo di truccare gare e campionati.

Non filtra ancora nessuna indiscrezione relativamente al nome del calciatore (ma Di Martino ha smentito possa essere Cristiano Doni, come indicato da alcuni siti svizzeri). Gli indizi ci sono, ma non è chiaro quale dei molti giocatori coinvolti possa essere il proprietario del conto in Svizzera.

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L’intervista Il presidente Aic all’attacco

Tommasi: «Farina vuole giocare»

di FEDERICO PISTONE (CorSera 14-09-2012)

Da quando c'è lui, sedici mesi, il calcio italiano è uno scontro furibondo, un colpo di scena via l'altro: su contratti collettivi, accordi pubblicitari, fuori rosa, scommesse. «Non so se sono io la causa», ironizza Damiano Tommasi, 38 anni, presidente dell'Associazione calciatori e un passato certamente più quieto come centrocampista.

Ci mancava il deferimento di tutto il Genoa per l'episodio delle maglie tolte su «invito» degli ultrà.

«Credo sia un atto dovuto. Da fuori è facile giudicare. Ma quando sei in una situazione così drammatica, quando percepisci così forte il pericolo, allora i comportamenti diventano più complicati. Facile dare dei vigliacchi».

Quindi ha ragione Preziosi quando dice che i giocatori hanno scelto la strada più coraggiosa?

«La squadra stava soffrendo, al di là dei risultati. Togliere la maglia è l'ultima cosa che uno sportivo vorrebbe fare. Certo, sarebbe stato meglio resistere, attraverso la forza del gruppo. Ma prima di tutto c'era da preservare l'integrità fisica. Non so che tipo di deferimento sarà adottato, ma la giustizia sportiva dovrà tenere conto delle condizioni».

Il caso Criscito: cacciato dagli Europei e, tre mesi dopo, le scuse.

«Dispiace che sia stata fatta quella scelta da parte della Federazione e del c.t. D'altra parte il giocatore non sarebbe stato sereno. Ora spero possa riguadagnarsi il posto in nazionale».

Simone Farina, 30 anni, simbolo della lealtà sportiva contro le porcherie del calcioscommesse, improvvisamente non ha più una squadra. Brutto segno.

«Pessimo segno. Ho personalmente voluto averlo nel Consiglio dell'associazione, perché lo considero un punto di riferimento, oltre che un giocatore a tutti gli effetti. Non sarà un top player ma è un elemento valido e ha conquistato una promozione in serie B con il Gubbio. Ora si ritrova a parametro zero e nessuna richiesta».

Il presidente del club umbro dice che è stato il giocatore a scegliere di smettere.

«Lo dice lui. La volontà di Simone è quella di continuare a giocare, di fare il calciatore, ma in maniera corretta e lineare. Per delicatezza però ha scelto di non rilasciare dichiarazioni».

Da domani a Vicenza convegno nazionale dell'Aic. Riuscirete ad arrivare in fondo ai punti all'ordine del giorno?

«L'importante è concretizzare, e migliorare il quadro: parleremo di accordi collettivi, collegi arbitrali, codice di giustizia sportiva, ma anche di calcio scommesse e di altre questioni delicate».

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ESUBERI E CONTRATTI

CARO TOMMASI

LA CRISI CI HA CAMBIATO LA VITA

di ANTONIO MAGLIE (CorSport 14-09-2012)

Il presidente della Reggina, Lillo Foti, ha sollevato un problema di carattere generale, che riguarda tanto la A quanto la B: i contratti onerosi di giocatori in esubero, i rifiuti reiterati ai trasferimenti pur a parità di garanzie. Damiano Tommasi, presidente dell'Aic, ha risposto appellandosi a un principio incontestabile: i contratti liberamente sottoscritti vanno rispettati, nel bene e nel male, vale per i club ma vale anche per i calciatori e i procuratori che spesso li considerano più deperibili del latte a breve conservazione.

Tutto chiaro se non fosse che nell'ultimo anno la crisi ha ferocemente aggredito il calcio e ciò è avvenuto per due motivi: ricavi crescono poco, i proprietari, in difficoltà sul fronte del business principale, faticano a ripianare le perdite di esercizio mettendo mano al portafoglio (vale per Foti e Spinelli ma anche per Berlusconi e Moratti). Ha ragione Zeman: il sistema va rifondato prendendo atto che molte certezze sono state disintegrate dalla crisi. Lo sanno bene i comuni mortali che popolano gli stadi con grandi sacrifici economici e crescente insofferenza verso categorie privilegiate come quella dei calciatori. Questo aspetto specifico della malattia ha diverse cause. Se ai presidenti è doveroso chiedere maggiore coerenza ed economicità nella programmazione (meno cambi di allenatori, «rose» più contenute, semmai contratti meno lunghi), da Tommasi è lecito attendersi uno scatto culturale che lo induca a prendere atto che la difesa dei diritti non può accompagnarsi alla tutela di posizioni di rendita rigogliosamente germogliate nei periodi delle vacche grasse e che hanno arricchito non solo i calciatori ma anche quella vasta e variopinta flora intorno a essi cresciuta come certe erbacce che tolgono alimento all'albero da frutto.

Modificato da Ghost Dog

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La Merkel e i calciatori gay

“Ditelo senza più avere paura”

L’intervista a un giocatore anonimo della Bundesliga riapre il dibattito: “Io devo fingere”

di ANDREA SORRENTINO (la Repubblica 14-09-2012)

Le favole per bambini hanno sempre il lieto fine. Così si sta avviando alla logica conclusione anche la favola secondo cui i gay nel calcio non esisterebbero, anzi nessuno ne avrebbe mai visto uno. Invece il velo comincia a squarciarsi. In un’intervista al magazine tedesco Fluter, un calciatore della Bundesliga che mantiene l’anonimato l’ha detto: «Sono gay. Non ne ho mai parlato coi miei compagni anche se con loro non ho mai avuto problemi. Ma sono costretto a nascondermi lo stesso, e a recitare ogni giorno: se i media e i tifosi sapessero, non sarei al sicuro. Tutti vorrebbero sapere cosa faccio col mio compagno sotto le lenzuola, la mia passione per il calcio diventerebbe irrilevante e se andassi col mio fidanzato da qualche parte finirei su tutti i media per tre settimane. L'unica alternativa è limitare la mia sfera privata e mentire. Un po’ di normalità mi farebbe felice: anche il solo fatto di poter andare con un fidanzato in un ristorante pubblico è un sogno. Ma non so se riuscirò a sopportare fino al termine della mia carriera la tensione crescente tra il modello di calciatore eterosessuale e la possibile scoperta».

Il cancelliere Angela Merkel, appassionata di calcio, conservatrice ma fiera dei progressi della sua Germania nel campo dei diritti civili, è intervenuta con parole limpide sull’argomento: «Tutti coloro che si assumono il rischio e che hanno il coraggio di rivelare la propria omosessualità devono sapere che vivono in un paese in cui non c'è nulla da temere. E’ il mio messaggio politico. Diamo un segnale forte: non abbiate paura ». In Germania il tema è caldo da anni, almeno da quando iniziarono a circolare chiacchiere molto allusive sull’amicizia tra Jurgen Klinsmann e Joachim Löw. E’ fin troppo chiaro che calciatori gay esistono eccome, e nelle stesse proporzioni del resto della società: quindi ce ne sono molte decine nel calcio professionistico, e sono gay ad esempio anche almeno tre celebri allenatori internazionali. Ma guai a dirlo: contrasterebbe con l’immagine machista che lo sport si è affibbiato. Per questo la cortina fumogena è sempre stata fitta, anche in Italia. Però per un Lippi che diceva di non aver mai incontrato un gay in 40 anni di calcio e per un Cassano che ai recenti Europei diede pessima prova di sé e fu poi costretto a scusarsi («ƒroci in nazionale? Spero di no») c’è stato anche un Prandelli che ad aprile ha invitato i calciatori gay a venire allo scoperto. Anche negli Usa il dibattito divampa: al giocatore Brendon Ayanbadejo (Baltimore Ravens, football) che ha chiesto leggi per i matrimoni gay, ha risposto Emmet C.Burns jr, un delegato del Maryland, che direttamente dal Medioevo ha chiesto al presidente dei Ravens di impedire certe dichiarazioni «ingiuriose, che non c’entrano nulla con lo sport». Gli ha risposto un altro giocatore, Chris Kluwe dei Minnesota Vikings: «Trovo inconcepibile che lei sia stato eletto. Il suo livore e la sua intolleranza mi imbarazzano, e mi disgusta pensare che lei sia in qualsiasi modo e a qualsiasi livello coinvolto nel processo di formazione delle politiche sociali...», condendo il tutto con una raffica di insulti. Qualcosa sta cambiando, anche nello sport. E in fretta.

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LA ZUFFA DEL PALLONE

SCALCIOPOLI

Sta arrivando l’ennesima lista di deferimenti,

tra scommesse e sfoghi dei dirigenti

La Fifa estende la squalifica a Conte a ogni competizione

Zeman e Agnelli: dichiarazioni in attesa di giudizio

di PAOLO ZILIANI (Il Fatto Quotidiano 15-09-2012)

La stagione si è appena messa in moto, oggi si giocano i due anticipi della terza giornata (Palermo-Cagliari e Milan-Atalanta) e il pallone made in Italy, come nella migliore delle tradizioni, si è presentato agli occhi del mondo esibendo una serie di biglietti da visita a dir poco inquietanti. 1) La foto di gruppo, scattata a Nyon, dei 32 allenatori dei club che disputeranno la Champions League, orfana di Conte, allenatore della Juventus, non invitato perché squalificato – e quindi indesiderato – per fatti legati al calcioscommesse (lo stesso Conte messo al bando ieri da ogni competizione, ufficiale o amichevole, anche dalla Fifa con apposito comunicato).

2) IL PRESIDENTE della Federazione, Abete (una delle mummie del Palazzo che ai tempi di Calciopoli non parlava, non vedeva e non sentiva) definito da Zeman, allenatore della Roma, “un nemico del calcio”, il tutto all’indomani dell’elogio che Petrucci, presidente del Coni, ha tessuto dello stesso Zeman, definito “uomo che dice le cose che tutti pensano, ma che nessuno ha il coraggio di dire” (ehm, per l’appunto...). 3) L’annuncio che la Procura di Cremona interrogherà, settimana prossima, per conto della Procura di Berna, un importante giocatore in attività, già indagato per associazione a delinquere, sospettato di essere la centrale di riciclaggio, in Svizzera, di denaro sporco attraverso i canali del calcioscommesse; ed effettuerà “un incidente probatorio per computer e materiale informatico” che potrebbe avere protagonisti a sorpresa (domanda: chi sono i tesserati che hanno ricevuto perquisizioni con sequestro di pc, iPhone e quant’altro?). 4) L’attesa dello scatenarsi di deferimenti in serie di tesserati di altissimo livello dimostratisi intemperanti come il presidente della Juventus Andrea Agnelli, che ha definito “barbara“ l’aggressione del Palazzo ai danni della Juve; il suo allenatore Conte, che ha sbertucciato la giustizia sportiva descrivendola come “pappa e ciccia” con i pentiti che lo accusano; il presidente del Napoli De Laurentiis, che a Pechino, davanti al mondo che ci guardava, ha boicottato la cerimonia di premiazione della Supercoppa portando via la squadra, come un bambino dell’asilo, in segno di protesta contro i favori ricevuti dalla Juventus. 5) L’attesa di un temporale-bis di deferimenti, questa volta per motivi di calcioscommesse, che si abbatterà su calciatori come Mauri della Lazio, Cannavaro del Napoli e compagnia cantante (almeno così si augura Palazzi), per l’avvio del terzo troncone del procedimento-scommesse che promette di polverizzare il record (di episodi) di Beautiful. 6) L’imbarazzo di Palazzi, procuratore federale, che a breve riceverà nuove carte dalla Procura di Bari e dovrà decidere se deferire o meno indovinate chi? Ma sì, sempre lui, Conte Antonio condottiero della Juve, che ai tempi del Bari 2007-2008 e 2008-2009 – sotto inchiesta per essere diventata (la definizione è dei magistrati) “una vera squadra di calcioscommesse” – sedeva in panchina e come l’Abete di Calcipoli non vedeva, non sentiva e non parlava. 7) Simone Farina, il calciatore del Gubbio che rifiutò 200.000 euro per taroccare la partita Cesena-Gubbio, e denunciò il collega corruttore Zamperini dando il via all’inchiesta sportiva, che come volevasi dimostrare alla fine della fiera, tra finti applausi e ipocriti riconoscimenti, è rimasto a spasso, senza squadra, perché il vero appestato, nel mondo del pallone italico, è chi non ci sta ai biscotti, mentre i truffaldini fanno comunella e se qualcuno li tocca piangono e strepitano, e c’è anche chi si commuove; e ci fermiamo qui, se siete d’accordo, per quel pizzico di amor di patria che ancora ci rimane.

NE CONVERRETE anche voi: in confronto, il Cristiano Ronaldo che in Spagna pesta i piedi perché vuole 13 milioni, e non i miseri 10 che il Real Madrid gli passa, sembra un bimbo che fa i capricci perché il Chupa-Chupa che stava leccando gli è caduto a terra, e lui ne vuole uno nuovo; e persino l’Ibrahimovic che a Parigi ha già cominciato a fare a cazzotti con i compagni fa tenerezza, e ci sembra quasi un Bud Spencer alto alto e magro magro, anche se incazzoso uguale. Insomma: se il calcio italiano fosse un automobilista, e questo automobilista venisse fermato da una volante per fare la prova del palloncino e misurare il tasso alcolemico, gli verrebbe ritirato tutto, macchina, patente, libretto di circolazione, passaporto e anche l’accendino. Non si sa mai, con tutto quell’alcool in corpo.

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Manchester City’s long-term goals

to be served by regeneration game

by JAMES DUCKER (THE TIMES 14-09-2012)

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The first thing that hits you as the Sikorsky S-76 helicopter begins its circle of the land that will form Manchester City’s new training complex is the colossal scale of the development.

Only owners as ambitious and affluent as City’s Abu Dhabi paymasters could have envisaged, barely weeks after buying the club, turning an 80acre site that bore the ugly remnants of an industrial age into a sporting mecca that they hope will not only inspire a generation of young footballers, but also an area that has been down on its luck for too long.

The City Football Academy (CFA), construction on which will begin in the next few weeks with a view to opening in July 2014, will be a £200 million monument to Sheikh Mansour’s plan to make City a pre-eminent force in world football while regenerating the flatlands of east Manchester in the process.

Even before Uefa’s Financial Fair Play rules were conceived in a bid to get clubs to spend only what they earn, City were always aware that the lavish transfer outlays that helped to deliver the Barclays Premier League title could only be a short-term measure.

The long-term goal was always to develop a system in which the club could produce their own conveyor belt of top-class talent, and while there is an acknowledgement that bricks and mortar alone will not help them to achieve that, the CFA will create a foundation for success as players from the first team down are given access to facilities to rival anything in the sporting world.

Stare out of the Sikorsky and you see a site that cost £15 million just to clean as part of a remediation process over the past year that has already created 49 jobs, the vast majority of which were taken up by the long-term unemployed. It is hard to think that the land once housed a coalmine and chemical factory, and yet the bleak surrounding landscape underlines the importance of the project to one of the city’s poorest districts.

While the Commonwealth Games of 2002 provided the stadium that would prove vital in luring Mansour in the first place, it has taken the vision and investment of Abu Dhabi to offer locals hope of a brighter future. Under the so-called “Beswick Project”, 5½ acres have been given over to Manchester City Council, which plans to build a sixth-form college and a sports research institute on the land, while City have also donated £3 million for the development of a new swimming pool near by.

A minimum of 160 jobs will be created over the next two years as BAM Construction develops the site, although that promises to be only the tip of the iceberg. All told, the area the club and Manchester City Council are looking to regenerate totals 300 acres, about a third of which has been earmarked for commercial opportunities. “The real winner from all of this are the people of Manchester, and the people of east Manchester in particular,” Howard Bernstein, the chief executive of Manchester City Council, said yesterday.

Together with a 7,000-capacity stadium, an academy for up to 400 youngsters, a first-team complex complete with changing rooms, gym, refectory and medical centre and vast on-site accommodation for players and their parents, the CFA will boast 16 full-size pitches and a half-size one for goalkeepers, offices and a purpose-built media centre.

A giant footbridge will connect the Etihad Stadium to the site, which will be heavily powered by renewable energy sources and involve the plantation of 2,000 trees that will transform the existing harsh environment.

Patrick Vieira has played for some of Europe’s biggest clubs, including Arsenal, Inter Milan and Juventus, but City’s football development executive believes the scale of the project could set City apart. “I’ve never spent time at a club that is as dedicated to its community as this,” he said.

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La squadra in attesa di giudizio

che imbarazza la Federcalcio

Da Ranocchia a Mauri, in campo una rosa di indagati

I guasti della giustizia a velocità variabile: tanti stop ma tanti altri ancora da deferire

di GIULIANO FOSCHINI & MARCO MENSURATI (la Repubblica 15-09-2012)

In questo fine settimana di pallone scenderà in vari stadi del campionato di calcio di serie A una formazione molto particolare: quella dei calciatori in attesa di giudizio. Undici titolari, più una lunga serie di panchinari (classica rosa lunga) Giocatori, alcuni anche top player, come si dice adesso, accomunati dal fatto di essere iscritti nel registro degli indagati di alcune procure italiane o in attesa di essere giudicati dalla giustizia sportiva.

Sembra una curiosità. E invece è un verdetto: la politica giudiziaria imposta dalla Federazione è stata un fallimento. La promessa di Abete di chiudere i processi prima dell’inizio del campionato non è stata mantenuta. E così, mentre alcune squadre (quelle che contano meno, ovviamente) sono state falcidiate dai primi frettolosi processi, altre possono contare su tutti i propri uomini, anche quelli indagati. I quali scenderanno in campo portando sulle proprie spalle, oltre al numero di maglia, anche il peso di accuse pesanti, per le quali non sono stati né condannati né assolti. Le accuse mosse al portiere del Torino Gillet, ad esempio. O a Ranocchia, difensore dell’Inter. I due sono accusati di frode sportiva dal procuratore di Bari, Antonio Laudati. Avrebbero partecipato (Ranocchia in maniera un po’ più defilata) alla spartizione di poco più di duecentomila euro ricevuti da un emissario della Salernitana, ultima stagione del campionato 2009-2010, quando il Bari di Antonio Conte fu promosso in serie A. Molti giocatori di quel Bari sfileranno tra oggi e domani nelle zone miste dello stadio e risponderanno alle domande (rigorosamente tecniche) dei giornalisti. Bene: non perdetevi il momento. Perché le parole sono merce rara. Sfruttando un diritto dell’indagato, ma calpestando un dovere dello sportivo, tutti (tranne Lanzafame) si sono rifiutati di collaborare con le indagini rimanendo zitti davanti ai magistrati e avvalendosi della facoltà di non rispondere. Ma i giocatori di questa squadra particolare, saranno ovunque. Il capitano del Napoli, Paolo Cannavaro, e il suo collega Gianluca Grava non sono stati ancora giudicati per le parole del loro ex compagno di squadra, Matteo Gianello, che racconta di aver chiesto loro una mano per la combine di Napoli-Sampdoria del 2010. I due risposero picche, ma non denunciarono. Stesso discorso vale per gli indagati di Cremona: Bertani (l’attaccante ex Samp) per esempio è fuori per qualche anno, ma Ferrario (il difensore che secondo gli ungheresi fece parte della combine di Lecce-Lazio) può scendere in campo con il Lecce. Ancora più emblematico il “caos Mauri”, l’attaccante passato direttamente dall’ora d’aria all’ora e mezza di gioco senza che nessuno abbia stabilito se è colpevole o innocente.

A questa squadra manca il mister: Conte è già stato condannato in due gradi di giudizio (è atteso a breve il Tnas), quindi non va bene. E allora si può pensare a Mazzarri. Non è indagato, ma è a rischio deferimento per quanto ha raccontato ai magistrati su Napoli-Inter (pareggio “per una legge non scritta dello sport”). Ecco, potrebbe essere lui la guida di questa squadra «fortissimi, fatta di gente drittissimi, vittime dell’arbitrarietà », per citare Checco Zalone.

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Warped tribalism

insults forgotten victims

by OLIVER KAY (THE TIMES 15-09-2012)

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Now that the lies and cruel myths about the Hillsborough disaster have been exposed once and for all, those who clung to them out of warped tribalism have but one straw left to clutch. “What about justice for Heysel?”, they plead. “What about the truth of what happened there?”

Actually, they have a point, even if they raise it out of malice rather than consideration for the bereaved. Questions remain unanswered about the Heysel Stadium disaster, in which 39 spectators — 32 from Italy, four from Belgium, two from France, one from Northern Ireland — were killed in a stampede before the 1985 European Cup final between Liverpool and Juventus. While those bereaved and outraged by Hillsborough have fought to keep their campaign for justice alive and been entirely vindicated for doing so, Heysel remains the tragedy that dares not speak its name.

So let us talk about it. Let us state a few of the facts about whether justice was done.

We all know that English football, collectively, was punished, with clubs excluded from Uefa competition. Liverpool immediately withdrew, in disgrace, from the next season’s Uefa Cup. Within hours the FA, under pressure from the Government, announced that no English club would play in the next season’s European competition. Two days later Uefa, European football’s governing body, announced an indefinite ban on English clubs. It ended up at five years, with Liverpool serving a sixth as punishment for their supporters’ behaviour at Heysel.

This was not a kneejerk reaction to a one-off night of mayhem. This — both the sanction and, it could be argued, the widespread loss of life — had been coming. Heysel was the disgraceful culmination of more than a decade of ugly incidents involving English supporters on their European travels: Tottenham Hotspur in Rotterdam in 1974 and 1983, Leeds United in Paris in 1975, Manchester United in Saint-Étienne in 1977, the national team in Basle in 1981 and so on until the spiral of depravity reached its tragic conclusion — logical in one sense, crazy in all others — in Brussels.

As to whether individuals were brought to account, 27 arrests were made on suspicion of manslaughter and 26 men were charged. (These, incidentally, do not tend to be described as Liverpool supporters — in part because of claims at the time from John Smith, the club’s chairman, and two Merseyside councillors that National Front members from London had been responsible. There are many sensitive issues here, but let us not pussyfoot over this one. As Tony Evans, Times football editor and author of Far Foreign Land, a brilliant book about his experiences following Liverpool at Heysel and all over Europe, put it: “It was a red herring. Hooligans from the far right would not have been welcome.”) The prosecutions stemmed from television camera footage of the charge — the third such charge in a matter of minutes — that led directly to the deaths of those 39 innocent spectators. There are dozens of points that are usually offered to explain the context, but the context does not begin to excuse anything. No amount of context could. That stampede might have been considered standard terrace fare, a token act of territorialism and intimidation, but it led innocent fans to flee in terror. Some tried to climb a wall to escape. The wall crumbled. Thirty-nine people were crushed to death. The world was appalled. Turin went into mourning. Liverpool and their supporters were left with the stigma and the stain.

As for “justice”, an initial inquiry by Marina Coppieters, a leading Belgian judge, found after 18 months that the police and the authorities, in addition to Liverpool supporters, should face charges. Quite apart from the hooliganism, ticketing arrangements and police strategy and responses were criticised. By this stage, English supporters were regarded across Europe as such animals that shock was expressed at how the authorities had played into the hands of the troublemakers.

There was bewilderment, too, at the choice of stadium. And where have you heard that before? Uefa chose a ground that had been built in the 1920s and condemned in the early 1980s for failing to meet modern safety standards.

Evans recalls that the outer wall, made of cinder block, was decaying, that he was not required to show his ticket and that, long before the stampede, he saw a crash barrier in front of him crumble.

Jacques Georges, the Uefa president at the time, and Hans Bangerter, his general secretary, were threatened with imprisonment but eventually given conditional discharges. Albert Roosens, the former secretary-general of the Belgian Football Union (BFU), was given a six-month suspended prison sentence for “regrettable negligence” with regard to ticketing arrangements. So was Johan Mahieu, who was in charge of policing the stands at Heysel. “He made fundamental errors,” Pierre Verlynde, the judge, said. “He was far too passive. I find his negligence extraordinary.”

In 1989, after a five-month trial in Brussels, 14 of the 26 Liverpool supporters who stood trial were found guilty of involuntary manslaughter and given a three-year prison sentence, 18 months of which was suspended, and each ended up serving about a year behind bars. The remaining ten defendants were acquitted of manslaughter, but some had their £2,000 bail money confiscated, having been absent for part of the trial. And civil damages estimated at more than £5 million were provisionally awarded to families of the Heysel victims against the convicted fans and the BFU.

You never hear of this because the tragedy is taboo. It was only brought into the open when the clubs were drawn together in the quarter-finals of the Champions League in 2005. Liverpool, after consultation with their Italian counterparts, announced it would be a game of “friendship”. Before the first leg at Anfield, Liverpool supporters held up a mosaic to form the word “amicizia”. Some of the visiting Juventus fans applauded. Most, it seemed, turned their backs in disgust.

Heysel is an unspeakably awkward subject for Liverpool — perhaps more, perhaps less, for the anguish the club and the city endured four years later at Hillsborough. But they do at least now have a memorial plaque at Anfield, they do have extensive coverage of the tragedy on their official website and they do pay tribute on May 30 every year, even if it took far too long for the club to recognise the tragedy and the stain it had left — not unlike Sheffield Wednesday with Hillsborough. None of this diminishes Liverpool’s or their supporters’ right to grieve or complain at what happened four years later.

The real mystery is that Heysel is even more of a taboo in Turin. Go on to the Italian club’s official website in search of a tribute and you will find merely 106 words within a 645-word article called “Juventus wins everything”. “The long-awaited success in Europe’s highest accolade was tainted with sadness”...

“Something unexplainable happened … and 39 innocent victims lost their lives. Football, from that moment, would never be the same again.” … “It’s a joyless success, but the victory enabled the Bianconeri to fly to Tokyo in winter to play the Intercontinental Cup final. Argentinos Junior were beaten on penalties and Juve were the world champions.”

Is that it? No wonder the Association for the Victims of Heysel has felt hurt by Juventus’s reluctance to acknowledge what happened on the night they won the European Cup for the first time. Justice for Heysel? There can never be justice for 39 lives lost at a football match, but it is in Turin, not on Merseyside, that the cries of the bereaved are met with silence. The families do not want their lost ones to become a cause célèbre in England, where the purpose is purely to score points on the terraces. A little recognition closer to home is what they want.

Modificato da Ghost Dog

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il Retroscena

Quel 5% della torta televisiva difeso da Lotito

Ecco perché le riforme della Lega sono ferme

Lazio contraria a eliminare la quota legata agli abitanti

Bozza congelata, e pure quella sulla nuova governance

di MARCO IARIA (GaSport 15-09-2012)

Chi si era illuso in una svolta riformista della Lega di Serie A aspettava con ansia il varo della nuova governance, che togliesse il tappo a una macchina ingessata dove tutto passa dall'assemblea e si finisce spesso per litigare. Annunciata, la governance, dapprima entro il 30 giugno, poi a fine luglio, quindi a inizio settembre. E invece la bozza dello statuto confezionata da una commissione costituita ad hoc è ancora chiusa in un cassetto. Il consiglio di Lega che dovrebbe approvarla, preludio alla ratifica assembleare, viene rinviato di volta in volta: le ultime voci parlano di una data da trovare a ottobre. Perché? Si è scoperto che l'impasse non sta in quel documento ma in un altro, potenzialmente esplosivo, che è legato a doppio filo al primo.

Pomo della discordia Si tratta della bozza sulla ripartizione dei proventi tv del triennio 2012-15, quella torta (al netto della mutualità) da circa 900 milioni a stagione che già in passato ha spaccato la Serie A, con tanto di sconfinamenti giudiziari. Tra le nuove tabelle circolate ce n'è una che ha fatto venire l'orticaia a Claudio Lotito: parte da un input di Andrea Agnelli e prevede di spostare il 5% in quota ai bacini d'utenza (in particolare, alla popolazione del comune dove gioca la squadra) sulla fetta «meritocratica», dipendente dai risultati sportivi. Quel 5%, eredità della Legge Melandri, viene difeso coi denti dal patron della Lazio, ma anche dalla Roma (in questo, involontari alleati) perché — dati Istat alla mano — i 2,8 milioni di abitanti della capitale assegnano a biancocelesti e giallorossi un indubbio vantaggio sulla concorrenza. Parliamo di 4 milioni a testa che ogni anno finiscono nelle casse di Roma e Lazio per effetto di questo «privilegio» demografico. Lotito non ci sta a perderli. E, guarda caso, il presidente di Lega Maurizio Beretta temporeggia ritardando la convocazione del consiglio.

Vantaggi e alleanze A questo punto la domanda è: la maggioranza delle società sarebbe d'accordo con la svolta meritocratica suggerita da Agnelli? A guardare i vantaggi economici, la risposta è sì. Il 5% tolto ai bacini d'utenza, infatti, andrebbe a rimpolpare la quota (un altro 5%) già suddivisa in base alla graduatoria dell'ultimo campionato, premiando le prime dodici classificate. Considerato che, contestualmente, verrebbe aumentato il paracadute per le retrocesse, i club solleticati da una simile soluzione sarebbero davvero tanti. Ma qui subentra il fattore Lotito. Il presidente della Lazio è ormai centrale negli equilibri di Lega: proprio nella battaglia sui diritti tv, che inizialmente l'aveva visto all'opposizione, ha saputo infine coagulare gli interessi di grandi e piccole evitando ulteriori spargimenti di sangue. Sopratutto si è speso perché gli effetti dei bacini d'utenza allargati (non solo tifosi, ma pure simpatizzanti e ascolti tv) penalizzassero ulteriormente Juventus, Milan e Inter. Ecco perché le big si guardano bene dal fare uno sgarbo a «Claudio». Ecco perché tutto è paralizzato. Anche quelle riforme strutturali di cui la Lega avrebbe tanto bisogno.

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Palazzo di Vetro di RUGGIERO PALOMBO (GaSport 15-09-2012)

LA VOLATA CORTA DI ABETE ALLA FIGC

E LE TENTAZIONI DI TAVECCHIO

Ci sono volate lunghe e volate corte. Tra le prime quella del Coni, elezioni il 19 febbraio, Pagnozzi e Malagò candidati fin da luglio. Quelle della Federcalcio sono invece fissate per il 17 dicembre, 14 gennaio in seconda battuta, e nessuno si è ancora candidato. Volata corta, per l’appunto. A precederla, un surplace ricco di suspence. E’ fermo sui pedali Giancarlo Abete, che ha abbandonato l’idea di tornare in politica e pensa di ripresentarsi. Ma lo pensa soltanto, senza fretta, per vedere bene che tempo che fa presso tutte le componenti (e anche al Coni, dove la fiducia in Petrucci non conosce incertezze).

Una sola delle componenti, i Calciatori di Tommasi, ha rinnovato le cariche. Devono fare altrettanto Allenatori, Dilettanti e Lega di B, Ulivieri, Tavecchio e Abodi non temono sorprese, Lega Pro, Macalli dovrebbe sconfiggere il probabile sfidante Lombardo, e Lega di serie A. Dove per essere eletti bisogna mettere d’accordo 14 società su 20. Una parola. Ad agitarsi sono in molti: Abodi, che ben volentieri si specializzerebbe nel salto in alto, Paolillo, per ora specialista nelle uscite di scena (Inter prima ed Eca poi), e Campoccia, il vicepresidente dell’Udinese che difende gli interessi delle medio-piccole. Chi per un motivo chi per un altro, hanno tutti pochissime chances. Anche perché, dimenticati per un momento baruffe e tradimenti, si sarebbero frattanto rinsaldati i legami tra poteri forti e quelli ad essi limitrofi: Juventus, Milan, Inter, Napoli, Lazio... Sarebbero in diversi a spingere per un Galliani presidente, ma quello, che pure tesse quotidianamente la tela, non sembra essere granché entusiasta all’ipotesi di mollare il Milan in una fase della vita societaria rossonera così movimentata. Situazioni complesse che rischiano di riportare all’immarcescibile Beretta. Il presidente di Lega che a forza di dimettersi non si dimette ormai da più di un anno e mezzo.

Ancora lontani dall’avere un presidente, vecchio o nuovo che sia, i notabili della A pensano tuttavia al futuro della Federcalcio. A non amare Abete sono almeno in due, Agnelli e Lotito. Che devono avere fatto proseliti, se è vero, come è vero, che più di qualcuno ha preso a titillare Tavecchio. Perché non candidarsi alla presidenza federale? Tavecchio, che ha giurato fedeltà ad Abete, potrebbe finire col ritrovarsi spiazzato nel caso la A lo nominasse quale proprio candidato ai vertici Figc. Ma l’ipotesi non lo spaventa (e non gli dispiace). Tanto più dopo i non esaltanti esiti del riservato summit tra le componenti svoltosi giovedì a via Allegri. Dove Abete ha cercato invano una unanimità da trasferire al commissario ad acta Giulio Napolitano, chiamato a riscrivere le regole della Governance coi nuovi numeri del Consiglio federale. Niente da fare. Tutti in ordine sparso ma con in testa una idea non proprio meravigliosa: le nuove regole Coni impongono la riduzione del Cf da 27 a 20 membri? E noi moltiplichiamo (da tre a quattro) le vicepresidenze.

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SCOMMESSE La Procura di Cremona indaga anche su riciclaggio

Si stringe il cerchio

sul conto svizzero

Il titolare è un calciatore che sarà sentito martedì

di CLAUDIA GUASCO (Il Messaggero 15-09-2012)

MILANO Di solito in Svizzera si va per i soldi e per il cioccolato. Il misterioso calciatore nel mirino della procura di Berna, secondo i magistrati, era interessato più alle banche che alle pasticcerie. Tramite un prestanome, è il sospetto dei pm, avrebbe aperto un conto cifrato sul quale sarebbero confluiti i guadagni delle scommesse illegali. Denaro da ripulire, insomma. Che farebbe immediatamente scattare la pesante accusa di riciclaggio.

Ma chi è il giocatore attorno al quale si sta stringendo il cerchio? Gli investigatori non fanno nomi, ma la lista dei sospetti ormai si è ridotta a due atleti: uno milita attualmente in serie A, l’altro è un ex del campionato principale, entrambi sono indagati a Cremona per associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva. Il presunto beneficiario del conto svizzero, in ogni caso, resterà nell’ombra ancora per poco. A metà della prossima settimana sarà interrogato dal procuratore capo Roberto Di Martino e dal gip Guido Salvini su rogatoria dei colleghi di Berna. I quali stanno studiando le migliaia di pagine di atti dell’inchiesta sul calcioscommesse, nella convinzione che parte del denaro incassato con le puntate illecite sia finita in una delle riservatissime banche oltre confine. A conferma del carattere transnazionale dell’organizzazione più volte rimarcato dagli inquirenti. Singapore che comanda, gli zingari e gli slavi che agganciano e trattano con i calciatori, gli istituti svizzeri che custodiscono il denaro e in cima a tutto la lunga mano della criminalità organizzata. Una vera e propria piramide, con cospicue disponibilità economiche, in grado di coinvolgere direttamente i calciatori prima nelle scommesse sulle combine e poi negli illeciti. Seguendo questo filone e ipotizzando il reato di riciclaggio, la procura di Berna è risalita ad alcuni conti, uno in particolare riconducibile a un calciatore italiano. E la caccia al nome si è ormai ristretta a due persone, dopo le recise smentite dell’ex bandiera dell’Atalanta Cristiano Doni e dell’ex capitano della Lazio Stefano Mauri. All’entourage dell’ex centrocampista biancoceleste non risulta alcun coinvolgimento e anche i suoi legali ne ribadiscono l’estraneità: «Non abbiamo riscontri di indagini in Svizzera che riguardino Mauri».

Intanto, sulla base degli interrogatori svolti a Roma dalla Figc, i magistrati di Cremona si rimettono in moto e si preparano a una nuova serie di interrogatori. Primo a essere sentito sarà Massimo Erodiani, titolare di un’agenzia di scommesse finito in carcere nella prima fase delle indagini, che verrà ascoltato su ciò che ha riferito a proposito di due partite della Lazio: quella con l’AlbinoLeffe in Coppa Italia del 25 novembre 2010 finita 3 a 0 e quella con il Siena del campionato 2006-07. Nel primo incontro, citando come fonte l’ex giocatore dell’Avellino Ivan Tisci, Eordiani ha parlato di una partecipazione diretta nella combine della dirigenza biancoceleste. Non è escluso dunque che possano essere sentiti anche il presidente della Lazio Claudio Lotito e il presidente del Siena Massimo Mezzaroma.

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SCOMMESSOPOLI

Si stringe il cerchio su «Mister X»

Presto convocato a Cremona il giocatore indagato in Svizzera. Due i nomi possibili

di GILBERTO BAZOLI & FRANCESCA MORANDI (Libero 15-09-2012)

Si stringe il cerchio intorno al calciatore italiano «ancora in attività», come ha detto il pm Roberto di Martino, e già coinvolto nell’ultimo filone dell’inchiesta cremonese, indagato in Svizzera per riciclaggio di denaro. Il giocatore (e altre cinque persone) sarà ascoltato la settimana prossima dal gip Guido Salvini, alla presenza dei magistrati elvetici e di Di Martino.

Lo stesso di Martino ha chiesto movimenti di conti correnti, atti e informative sull’indagine avviata dalla Procura di Berna. A loro volta gli inquirenti svizzeri hanno chiesto documenti sul Calcioscommesse. L’indagato ha aperto un conto oltralpe, servendosi di un prestanome, sul quale sarebbero transitate somme rilevanti provenienti dalle puntate sulle partite truccate. Circolano alcuni nomi, compreso Omar Milanetto, l’ex del Genoa finito in carcere nell’ultima ondata di arresti. Ma il suo avvocato, Mattia Grassani, ha smentito seccamente: «Ho parlato con il mio assistito un paio di giorni fa, dopo la notizia del suo proscioglimento a Genova. Vengo a conoscenza in questo momento degli sviluppi in Svizzera. Escludo che Milanetto sia stato convocato».

L’inchiesta cremonese si prepara, quindi, a ripartire. «Sentirò un po’ di persone - aveva detto di Martino -. Probabilmente Erodiani (Massimo, uno dei capi dell’organizzazione, ndr), che ha indicato altri elementi. Sentirò parecchie persone, tutte quelle che, parlando con la Procura federale, hanno dato conferme alla credibilità di Carobbio (Filippo, il pentito dello scandalo, grande accusatore di Conte, ndr) ammettendo cose che lui non aveva ammesso». Si punta alle società. Potrebbero essere chiamati anche Massimo Mezzaroma, presidente del Siena, e Claudio Lotito, patron della Lazio. Erodiani, interrogato dai federali, aveva puntato il dito contro due partite proprio della Lazio, con l’AlbinoLeffe in Coppa Italia e con il Siena nella stagione 2006-2007. Potrebbe essere convocato anche Giuseppe Sculli, coinvolto più volte nell’inchiesta ma mai sentito.

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Calcioscommesse Il cerchio si stringe attorno a due giocatori in attività. Il conto segreto in Svizzera

Mister X il riciclatore sta per avere un nome

Lavoro senza soste La procura di Cremona rilancia l’inchiesta: verrà sentito ancora Erodiani

di GABRIELE MORONI (Quotidiano Sportivo 15-09-2012)

MISTER X avrà presto un nome. La prossima settimana verrà interrogato a Cremona il calciatore che servendosi di un prestanome ha aperto un conto segreto in Svizzera dove sarebbe transitato, per essere riciclato, il denaro lucrato con le combine delle partite di calcio.

Il cerchio si stringe attorno a due nomi che non smettono di essere sussurrati: due giocatori in attività, entrambi coinvolti nell’ultimo filone dell’inchiesta cremonese, scattato in maggio con 19 arresti e un nugolo di iscrizioni nel registro degli indagati. Ad ascoltarlo, affiancati dal gip Guido Salvini e dal procuratore Roberto di Martino, saranno i magistrati della procura federale di Berna Mittelland titolari di una inchiesta per riciclaggio. Berna ha richiesto per rogatoria a Cremona buona parte degli atti. Ma anche la procura lombarda ha chiesto documentazione, movimenti di conti correnti, informative. Le due inchieste sembrano convergere su quel conto trasformato nella lavanderia del tesoro di Scommessopoli.

CREMONA va per la sua strada. L’inchiesta si rilancia con nuove audizioni programmate e mirate su Lazio e Siena. Nei verbali della Figc gli investigatori cremonesi hanno trovato ampi spunti d’indagine. Verrà ascoltato Massimo Erodiani, gestore di un’agenzia di scommesse (e di una tabaccheria) a Pescara, uno degli arrestati nel primo troncone di «Last Bet».

In ambito federale Erodiani ha parlato di due incontri della Lazio: con l’AlbinoLeffe in Coppa Italia (3-0 il 25 novembre 2010) e con il Siena nel campionato 2006-2007. Per la prima partita le puntate erano sull’Over (2-0) sia nel primo tempo sia come risultato finale. Fonte di Erodiani l’ex giocatore Ivan Tisci. Del match dei biancocelesti con l’AlbinoLeffe parla anche Carlo Gervasoni, il grande «pentito»: «Gegic mi riferì che Lazio-AlbinoLeffe di Coppa Italia era stata combinata dai giocatori dell’AlbinoLeffe con Over e sconfitta. Non mi disse chi aveva organizzato la combine». Il suo nome rimbalza di carta in carta: Almir Gegic, calciatore serbo fino a poco tempo fa in forza a squadre del Canton Ticino, indicato come elemento di punta degli scommettitori «zingari». Oggi un latitante di lusso. Fino a quando non tradurrà in pratica l’intenzione, comunicata agli inquirenti, di costituirsi.

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IL CASO DELL’ITALO-TEDESCO

Pezzoni al veleno

«Colonia di bugiardi»

Il centrocampista costretto a rescindere per le minacce dei tifosi:

«Mi aspettavo che il club mi difendesse, invece ha accontentato i teppisti»

di FEDERICO LO GIUDICE (TUTTOSPORT 14-09-2012)

COLONIA Deluso e arrabbiato. Sono le sensazioni di Kevin Pezzoni , centrocampista tedesco di origini italiane, obbligato lo scorso 4 settembre a rescindere il suo contratto con il Colonia. A “spingerlo” verso questa decisione le minacce verbali e fisiche subite dai tifosi dei Geissböcke, che hanno trovato nel giocatore il capro espiatorio per l’andamento deludente della squadra, un punto in 4 partite, in questa prima parte di stagione.

CONFESSIONE Ma la delusione e la rabbia di Pezzoni non sono nei confronti dei suoi ex tifosi, ma del Colonia. «Ho giocato 5 stagioni con questa maglia, dando sempre il massimo. Sinceramente mi sarei aspettato che in un momento difficile per me, ma anche per la mia famiglia, il club avrebbe preso le mie difese. E invece, il presidente Spinner e i consiglieri della squadra hanno colto l’occasione per scaricarmi. Lo hanno fatto senza difficoltà, giustificando la loro decisione col fatto che ero io che avevo approfittato di questa situazione per potermi liberare e andare a giocare in qualche altra squadra. Niente di più falso, visto che sino a mercoledì non avevo ricevuto nessuna offerta da altri club».

CHANCE Offerte che sono arrivate ieri dall’Inghilterra, dove Pezzoni ha già giocato tra il 2003 e il 2007 indossando la maglia delle giovanili del Blackburn. A richiederlo ufficcialmente sarebbero stati Aston Villa e Middlesbrough. Ma Pezzoni, prima di scegliere il suo futuro, vuole chiarire quanto avvenuto con il Colonia che come ultima mossa sembra deciso a denunciare per diffamazione il giocatore. «Il mio manager - ha detto il giocatore - non mi ha ancora contattato per dirmi di eventuali offerte. Certo, giocare nell’Aston Villa o nel Middlesbrough non mi dispiacerebbe. Ma prima di tutto voglio chiarire la mia posizione e dimostrare che il bugiardo, perchè è questa l’accusa che mi è stata fatta pubblicamente dal presidente Spinner, non sono io. La possibilità di lasciare il club l’avevo avuta quest’estate. Era stata offerta a me, ma anche a quei compagni come Geromel , Novakovic e Riether che avevano uno stipendio troppo alto per il club. Loro hanno accettato, io ho preferito rimanere sia perchè sto bene a Colonia, sia perchè mister Stanislawski mi ha dato la fascia di capitano. Se ho deciso di rescindere il contratto è stato solo perchè ho avuto paura per quello che mi era successo, ma anche perché non mi sono sentito tutelato dal Colonia che ha preferito salvaguardare i rapporti con questi teppisti, piuttosto che quelli di un suo giocatore, anzi, ex».

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Sport e poltrone Qualcosa si muove

Giuseppe Abbagnale si candida alla presidenza del canottaggio azzurro, Quadri sfida Barelli dopo il fallimento del nuoto ai Giochi. Dondi oggi lascia il rugby dopo 16 anni. La prima volta di un presidente federale donna. Guiderà l'equitazione. Poi tocherà al Coni, con Raffaele Pagnozzi che resta il grande favorito per succedere a Petrucci

Alberto Caprotti - Avvenire - 15-09-2012

Insieme a Carmine è stato uno dei "fratelloni" d'oro del canottaggio italiano. Ora Giuseppe Abbagnale, 53 anni, oro olimpico a Los Angeles 1984 e a Seul 1988 si candida alla presidenza di una delle discipline peggio uscite - per i colori azzurri - dalle Olimpiadi di Londra. «Me lo hanno chiesto tanti appassionati e addetti ai lavori a cui sta a cuore il futuro del movimento remiero nazionale: proveremo a tornare grandi come eravamo...». Lo slogan elettorale è semplice, il messaggio - indirettamente - pure. Lo sport agli sportivi, meno politica e più competenza.

L'altro segnale arriva dall'equitazione. Antonella Dallari, 47 anni, modenese, una vita fra cavalli e maneggi, è appena stata eletta presidente della sua Federazione. E la prima donna a ricoprire un incarico di questo tipo nella storia dello sport italiano: un successo ottenuto a sorpresa e con numeri davvero minimi rispetto al suo rivale, Andrea Paulgross, presidente uscente, che si è fermato al 49,25% dei voti.

Forse qualcosa dunque si muove nell'ingessato mondo delle poltrone federali. Londra 2012 è già un ricordo, ma è dai responsi dei Giochi che lo sport italiano riparte. Si chiude il quadrienno olimpico (mercoledì Napolitano riceverà gli atleti al Quirinale) e in queste settimane tutte le federazioni dovranno misurarsi con le elezioni, in attesa della nuova Finanziaria.

Lo sport ha già subito un taglio consistente: dai 470 milioni l'annodi un tempo, agli attuali 417. Anche il Coni ha avviato la sua politica di spending review interna: ora dovrà convincere Monti che lo sport non può fare altri sacrifici, che le 28 medaglie di Londra sono un lusso e che se non si inizia davvero a sviluppare seriamente lo sport nel- La prima volta di un presidente federale donna Guiderà l'equitazione Poi toccherà al Coni, con Raffaele Pagnozzi che resta il grande favorito per succedere a Petrucci la scuola, il futuro sarà sempre più nero.

Le Federazioni dunque stanno andando al voto. La previsione è che almeno una mezza dozzina (su 45) cambino presidente: non molte, anche considerando che sono 32 quelle che hanno portato atleti ai Giochi.

Perchè lo zoccolo duro resiste, la piccola casta dello sport vive di posizioni consolidate e la voglia di rinnovamento si scontra spesso con la mancanza di alternative credibili.

Lo dimostra l'atletica azzurra che da Londra è tornata con un bilancio fallimentare, anche più grave dell'unica medaglia conquistata, quella del triplista Donato. Alla Fidai mancano talenti, sostanza e prospettive e l'attuale presidente, Franco Arese, in carica da 8 anni, in sede di voto troverà un rivale per la sua poltrona, Alfio Giorni, che guida una cordata che punta alla rifondazione. Decisiva potrebbe essere la posizione dei gruppi sportivi militari che nell'atletica contano molto: è quasi certo che il prossimo vicepresidente federale avrà le stellette sulla divisa. Anche i tempi sono importanti. Lo stesso presidente del Coni, Gianni Petrucci, in scadenza di mandato, è stato chiaro: vuole che le Federazioni votino in fretta, entro gennaio tutte le caselle devono essere riempite per accelerare anche la sua successione fissata per il 19 febbraio, tre mesi prima del consueto, quando ci sarà l'assemblea elettiva del Coni. «Cosa mi aspetto? Serenità e tranquillità - ha ribadito Petrucci in questi giorni -. Si dice di noi che ci sono sempre le stesse facce, ma vedo in giro che la faccia di tutti è sempre la stessa. Io sono per l'usato sicuro nelle mie scelte: prima di tutto serve competenza per guidare lo sport...».

Quella che - almeno per anzianità di servizio - non manca ad Angelo Binaghi, il primo dei rieletti. Candidato unico a presiedere la Federtennis (particolare che dice molto), la scorsa settimana è stato riconfermato con il 94% delle preferenze. I risultati parlano per lui: il tennis maschile azzurro in realtà è molto debole in ambito internazionale, ma le donne in questi anni hanno fatto cose splendide. E Binaghi può anche vantare che la sua è l'unica federazione ad avere un canale televisivo tematico di proprietà (Supertennis, canale 64 del digitale terrestre), privilegio invidiato da molti colleghi.

Il clamoroso tracollo olimpico della Pellegrini e compagnia non dovrebbe invece comunque impedire la rielezione del senatore Pdl, Paolo Barelli, alla presidenza del nuoto azzurro. Un nome, il suo, evidentemente molto considerato anche fuori dai nostri confini visto che dovrebbe diventare responsabile anche della Federazione nuoto europea. Si voterà il 14 ottobre a Riccione e Barelli si troverà ad affrontare l'avvocato Giorgio Quadri, ex nuotatore, legato all'Aniene, che mai si è occupato di piscine o di attività natatoria, sceso in campo ufficialmente ieri: «Mi candido con grande voglia e passione perchè credo sia doveroso un ricambio. Non può essere sempre la stessa storia, dobbiamo cambiare il sistema - spiega Quadri -. La mia iniziativa nasce da un malcontento che esiste in questo settore, da troppo tempo monocorde, in cui non cambia mai nulla».

Oggi intanto toccherà al rugby: dopo 16 anni di reggenza, Giancarlo Dondi lascia la poltrona. In corsa per sostituirlo ci sono Gianni Amore, Amerino Zatta e Alfredo Gavazzi, con quest'ultimo (appoggiato da Dondi) che parte favorito dai pronostici.

Lunedì 24 sarà la volta della Federazione Golf, disciplina da ricchi che sta tentando di non essere relegata solo ai circoli esclusivi, ma che ancora non è certo diventata per tutti. Anche qui Franco Chimenti succederà sicuramente a se stesso, essendo candidato unico.

Magmatica, ma dal finale scontato, la situazione del calcio che voterà il 17 dicembre: Giancarlo Abete ufficialmente non si è ancora ricandidato ma sarà ancora lui il capo del pallone italiano nel prossimo qua-dnennio. Nessuno si presenterà come suo avversario: le alternative praticamente non esistono, o stanno già molto comode sulle poltrone delle leghe. Carlo Tavecchio verrà riconfermato a capo dei Dilettanti, Mario Macalli alla Lega Pro, mentre l'attuale reggente di quella di Serie A, Maurizio Beretta, potrebbe essere sostituito dall'ex amministratore delegato dell'Inter, Ernesto Paolillo. Nel frattempo il Coni ha nominato il professor Giulio Napoletano, figlio del presidente della Repubblica, quale commissario ad acta per definire le regole necessarie per arrivare all'assemblea elettiva.

Già chiaro anche il futuro del basket, con Petrucci che prenderà il posto di Dino Meneghin.

L'attuale presidente del Coni - e sindaco di San Felice Circeo - tornerà così al suo primo amore (ha già guidato la pallacanestro dal 1992 al 1998), non prima di aver agevolato l'elezione al soglio più alto dello sport italiano del suo "delfino", Raffaele Pagnozzi. L'attuale segretario generale del Coni ha offerto a Luca Pancalli (numero uno della Federazione paralimpica) il ruolo di vice, e gode dell'appoggio di quasi tutti i presidenti federali uscenti. Difficile che le elezioni in corso cambino gli equilibri, anche se l'unico candidato che si oppone a Pagnozzi, il presidente della Canottieri Aniene, Giovanni Malagò ha grandi amicizie politiche.

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BILANCIO IN ROSSO MA TREND POSITIVO: DA-95,4 A- 48,7 MILIONI

Stadio d'oro

Juve, perdite dimezzate. E il nuovo impianto vale 20 milioni in più Per la prima volta quantificati i benefici dell'investimento immobiliare

Gianluca Oddenino - La Stampa -15-09-2012

C'è un numero che vale più di mille analisi, discussioni, proposte di legge, sondaggi e confronti sull'importanza di avere stadi nuovi, funzionali e di proprietà in Italia. Quei 20.271.106 euro incassati in più dalla Juve alla voce "ricavi da gare", nell'arco di un solo anno, spiegano perfettamente che miniera d'oro della società bianconera è lo Juventus Stadium. Per la prima volta non ci sono proiezioni o dati parziali sull'effetto stadio, ma il resoconto di bilancio della stagione 2011/2012 che ieri è stato approvato dal cda bianconero uscente e verrà sottoposto all'assemblea degli azionisti il prossimo 26 ottobre. Il documento sottolinea come il miglioramento dei conti al 30 giugno (perdite dimezzate da 95,4 milioni a 48,7) sia strettamente legato alla nuova struttura juventina. E le cifre parlano chiaro. Se all'Olimpico la Juve ricavava 11.552.155 euro (bilancio del 30 giugno 2011), ora ha chiuso la prima stagione nello Juventus Stadium con 31.824.261 euro nelle proprie casse. Ovvero la differenza tra il potersi permettere di ingaggiare un "top player" oppure no.

Ovviamente una casa di proprietà ha il suo costo (infatti la spesa per servizi esterni è cresciuta di 7 milioni), ma il guada- I ricavi superano il tetto dei 200 milioni. E sui conti manca ancora l'effetto Champions gnoènetto. E non solo per ilvalore immobiliare della Juve, aumentato di 104 milioni in 12 mesi (in attesa che decolli il progetto "Area Continassa" dove creare la nuova sede). Sia per l'immagine che nei ricavi, che tornano a superare il tetto dei 200 milioni proprio grazie all'accelerazione derivata dallo stadio, si viene a raddoppiare quel "valore aggiunto" che si era già manifestato a livello di risultati. II nuovo stadio ha contribuito allo scudetto della squadra di Conte (0 sconfitte da quando è stato inaugurato) ed ora aiuta a risanare anche il bilancia Abbiamo girato la barca», trapelava da corso Galileo Ferraris dopo il CdAperchégli sforzi fatti non vengono premiati solo dal campo, ma anche dai commercialisti.

Il "tutto esaurito" sfoggiato nell'arco di un intero campionato allo Juventus Stadium ha dunque prodotto ricchezza autentica. Gli 850mila spettatori ospitati, i 105.500 pasti caldi consumati dal pubblico, le 20mila magliette vendute nei giorni di partita, i 2.320 tour dell'impianto organizzati e i 50mila visitatori per il neonato museo della Juve hanno confermato come il più importante investimento fatto da una società di calcio non fosse un azzardo. Anzi, lo stadio d'oro è realtà e l'effetto proseguirà nella stagione appena inaugurata. Perché ci saranno le partite di Champions da disputare, oltre a quelle del campionato e di Coppa Italia, e la campagna abbonamenti ha già registrato un nuovo boom di ricavi. Le 27.400 tessere staccate (tutte quelle messe in vendita) valgono una crescita dell'll% a livello di presenze e del 50% in termini di ricavi con 22,8 milioni incassati.

L'assenza della Champions nella scorsa stagione (nel prossimo bilancio ci saranno almeno 35 milioni in più di ricavi) è stata resa più morbida dai guadagni prodotti dallo "stadio che cambierà il calcio". E così anche quei 12 milioni da pagare per i premi pattuiti (leggi scudetto) sono stati digeriti grazie ai migliori ricavi da botteghini, merchandising ( 10 milioni da sponsor e pubblicità, anche qui si sente l'effetto Juventus Sta-dium) e diritti tv ( 1,9 milioni). In più l'aumento di capitale da 118,6 milioni dello scorso gennaio ha permesso di riportare il patrimonio della società in attivo a quota 64 milioni (-5 milioni al giugno 2011) e agevolare le operazioni di mercato con un impegno finanziario complessivo pari a 84,5 milioni (con 3,8 milioni in svalutazioni per Elia e Krasic). Quasi una rivoluzione, che ora coinvolgerà anche il Consiglio d'Amministrazione dove entreranno per la prima volta due donne in base alla nuove norme sulle "quote rosa".

DIFFERENZA DI RICAVI L'Olimpico al confronto con lo Juventus Stadium: gli introiti sono passati da 11.552.155 a 31.824.261 euro 50% Aumento incassi

TUTTO ESAURITO Numero di abbonamenti cresciuto dell'11%, tutte vendute le 27.400 tessere messe a disposizione Sconfitte

CAMPO INVIOLATO La Juve in casa non ha mai perso in campionato, amichevoli e Coppa Italia. Ospitati 850 mila spettatori 24% Aumento ricavi

ESERCIZIO 2011-2012 213,8 milioni di ricavi rispetto ai 172,1 milioni del bilancio 2010-2011 Differenza di oltre 41 milioni 48/7 Milioni

LA PERDITA Registrata al 30 giugno 2012, il 49% in meno dell'anno scorso quando il bilancio segnava -95 milioni

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Juventus, i conti migliorano: deficit dimezzato a 48,7 milioni

Marco Iaria - Gasport -12-09-2012

Perdita dimezzata, boom dei ricavi, stipendi invariati. Dopo aver vinto lo scudetto sul campo, la Juventus si prende anche una rivincita sui conti. Il cda ha approvato il bilancio 2011-12 con una sfilza di variazioni positive, rispetto a un anno fa: il rosso è sempre allarmante, 48,7 milioni di euro, ma nel 2010-11 ammontava addirittura a 95,4 milioni; il fatturato, al lordo delle plusvalenze, è schizzato da 172,1 a 213,8 milioni; le spese per il personale (da 139,6 a 150 milioni) non sarebbero aumentate senza i 12 milioni di premi pagati per il tricolore e la qualificazione in Champions. E proprio il ritorno in Europa spalanca il sorriso a John Elkann e Andrea Agnelli: l’esercizio al 30 giugno 2013 vedrà un deficit ancor più basso, visti gli introiti della vetrina continentale.

Effetto stadio A far volare le entrate ci ha pensato il nuovo stadio. Non solo perché i proventi da botteghino sono triplicati, passando da 11,6 a 31,8 milioni, ma anche per l’effetto benefico sul conto economico del contratto con Sportfive per la cessione del naming right (6,2 milioni). Più in generale, tutta l’area commerciale è cresciuta ( 10,2 milioni) grazie al ritorno al vertice della squadra. Inoltre, 14 milioni sono stati recuperati dalla valorizzazione sul mercato della library bianconera e un altro paio in più sono piovuti dalla ripartizione dei diritti tv. Certo, aver varcato la soglia psicologica dei 200 milioni di fatturato non basta per reggere la concorrenza straniera: si pensi al Real Madrid, che nel 2011-12 ha toccato quota 514 milioni (per la prima volta un club di calcio sfonda il muro del mezzo miliardo), registrando 24 milioni di profitti. Il gap, tuttavia, non è solo bianconero, ma di tutto il sistema italiano.

Patrimonio I conti della Juve sono migliorati nonostante i continui investimenti sul mercato: 99 milioni la scorsa stagione, al netto delle cessioni che ancora non riescono a generare importanti plusvalenze. Senza dimenticare, poi, le ulteriori svalutazioni: 3,8 milioni per i partenti Elia e Krasic; 1,6 per Iaquinta, in scadenza. In totale i costi operativi sono aumentati solo del 5%. La ricapitalizzazione da 120 milioni ha risollevato il patrimonio netto, che ora è positivo per 65 milioni, ed evitato l’esplosione dell’indebitamento finanziario netto (cresciuto solo di 6 milioni, a 128). Proprio le riserve fresche copriranno la perdita di bilancio: l’ok verrà dato dall’assemblea dei soci convocata per il 26 ottobre.

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Juventus: Effetto Stadium, ricavi più di 20 milioni

Perdite dimezzate -48,7. Il fatturato vola oltre i 200

Bene anche le sponsorizzazioni, in attesa dei proventi Champions. Il club ha speso 12 milioni per i premi scudetto

Marina Salvetti - Tuttosport - 15-09-2012

Nel giorno in cui il Real Madrid annuncia pomposamente di essere il primo club ad aver superato i 500 milioni di euro di fatturato nell'industria dello sport, anche la Juventus può rivendicare un ruolino di marcia niente male con i conti economici del 2011-12. A sei anni da Calciopoli, gli effetti negativi possono essere definitamente cancellati perché i ricavi sono tornati a scollinare quota 200 milioni e ad avvicinarsi ai 229 fatturati prima che lo scandalo colpisse il calcio italiano. Il merito di questa performance va soprattutto allo Juventus Stadium che ha contribuito per il cinquanta per cento allincremento anche se il risultato di bilancio vede ancora il segno negativo con 48,7 milioni di perdite, la metà però rispetto allo scorso anno, quando il passivo aveva raggiunto la cifra record di 95,4 milioni.

GLI ESAURITI Segnali incoraggianti nel Consiglio di Amministrazione che si è riunito ieri sotto la presidenza di Andrea Agnelli alla vigilia di un'annata che potrebbe addirittura consentire al club un'inversione di tendenza e portare qualche utile perché la Juventus tornerà a beneficiare degli introiti della Champions League. In attesa dei proventi Uefa, il club bianconero si coccola la sua nuova casa che ha spinto la squadra alla conquista dello scudetto e ha trascinato i conti. Rispetto agli 11,5 milioni incassati nella stagione precedente dalle gare disputate nell'ex Comunale, nel 2011-12 lo Stadium ha triplicato i ricavi passando a 31,8 milioni. E l'effetto economico dell'annata di esauriti che si sono susseguiti sugli spalti e che è destinata a migliorarsi ulteriormente. La campagna abbonamenti di questa stagione, con 27.400 tessere vendute ( 11,7%), ha infatti già permesso alle casse della Juventus di incassare 22,8 milioni, il 50 per cento in più dell'anno scorso, anche per via dell'aumento dei prezzi. Lo Stadium è quindi l'elemento discriminante che avvicina la Juventus ai grandi club europei e la allontana da quelli italiani, sempre deficitari rispetto a Inghilterra e Spagna: adesso che l'impianto è quasi a regime, i cosiddetti ricavi da gara, che includono biglietti e indotto dello stadio (ristoranti, merchandising, tour guidati, museo), rappresentano il 15 per cento del fatturato quando prima non superavano l'8%. Ma esistono ancora ampi margini di miglioramento se si pensa che il Real arriva al 26%, il Manchester United supera il 30% e il Bayern Monaco sfonda il 50%. Tutto ciò permette anche una minore dipendenza dalla vendita dei diritti tv e ricavi più bilanciati.

SPONSOR Se lo Stadium trascina, gli sponsor hanno completato l'opera e consentito ai ricavi di balzare da 172,1 milioni di un anno fa ai 213,8 milioni dell'esercizio chiuso il 30 giugno. Il che significa che la Juventus ha ritrovato il suo vecchio appeal anche agli occhi degli investitori commerciali: saranno i risultati sportivi con la squadra che ha macinato successi e imbattibilità, sarà il progetto industriale che sta dietro alla pianificazione, con il rinnovamento della prima squadra e il potenziamento del settore giovanile, lo stadio e il museo, sta di fatto che gli accordi con gli sponsor stanno ripagando dopo annate di vacche magre.

I COSTI SCUDETTO Anche le spese riservano sorprese. I costi sono aumentati, però soltanto di 10 milioni (da 196,3 a 206,3), pari a un 5,1%. Meno della cifra che il club ha speso per pagare il premio scudetto: non si tratta di un bonus uguale per tutti i giocatori, come accadeva in passato, ma di un premio variabile inserito nei contratti. Per esempio, l'ultimo di Alessandro Del Piero prevedeva in caso di vittoria del campionato 2 milioni in più in busta paga. Il capitolo comprende anche le svalutazione di alcuni giocatori, come Elia e Krasic, la cui cessione ha prodotto una minusvalenza di 3,8 milioni, ma anche di Iaquinta, per 1,6 milioni, che a gennaio potrà liberarsi in quanto in scadenza.

DIECI CONSIGLIERI Il Cda, che ha votato la copertura della perdita di 48,7 milioni attraverso l'utilizzo delle riserve, di nuovo rimpinguate dopo l'aumento di capitale di 120 milioni, terminerà il suo mandato con l'assemblea degli azionisti fissata per venerdì 26 ottobre quando, su proposta della Exor che presenterà la lista dei candidati, sarà rinnovato per altri tre anni, fino al 2015. Tutti quanti i consiglieri saranno confermati, ma dovrà essere individuato anche il decimo membro dopo le dimissioni dellavvocato Michele Briamonte. In particolare, il Cda ha raccomandando la nomina di un congruo numero di consiglieri indipendenti.

LA CONTINASSA Dopo lo Stadium, il Museum e il College Juventus, il prossimo progetto del club bianconero riguarda la Continassa. E cioè la riqualificazione di tutta larea adiacente allimpianto. Per un milione di euro la Juventus ha acquistato l'anno scorso il diritto di superficie per 99 anni su 270 mila metri quadrati. A luglio il club e la Città di Torino hanno sottoscritto un aggiornamento del protocollo dintesa fissando per il 24 luglio 2013 il termine per la presentazione del progetto definitivo e della convenzione per poi iniziare con i lavori che cambieranno il volto del quartiere. Sarà ristrutturata la Cascina Continassa, in condizioni fatiscenti e luogo di rifugio per gli zingari, e qui sarà trasferita la nuova sede sociale del club. Sarà creato un parco pubblico di 100 metri quadrati per il tempo libero e le attività sociali. Sarà aperta una scuola calcio con impianti calcistici, palestra e spogliatoi, che potranno avere anche un utilizzo pubblico. E cambierà anche il nome del corso che passa a fianco dello Stadium: da Grande Torino a Gaetano Scirea, giusto riconoscimento al campione, come ha deciso l'anno scorso la conferenza dei capigruppi.

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Il Real Madrid sfonda la cifra record di mezzo miliardo di ricavi e, seguito a ruota dal Barcellona, che si ferma poco più sotto, a quota 494: sono le due big della Liga i club più ricchi del mondo. E precedono in classifica sia le inglesi, con il Manchester United al top, sia le tedesche. Rispetto a queste cifre, la Juventud deve ancora lavorare ancora molto per raggiungere certi fatturati, ma è incoraggiante il numero che compare nella seconda colonna, e cioè la percentuale di incremento dei ricavi rispetto all'anno precedente, Il balzo bianconero è impressionante con un più 24 per cento, il ritorno in Champions League consentirà quest'anno di compiere un ulteriore salto in avanti, indispensabile per reggere l'urto del fariplay finanziario dell'Uefa che impone di non spendere più di quanto si guadagna

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Zeman: polemica con Abete? Tutelo la Roma. Ottimista per il Bologna, non siamo l'anti-JuveZeman: polemica con Abete? Tutelo la Roma. Ottimista per il Bologna, non siamo l'anti-Juve

ROMA - «Io mi impegno per la tutela della Roma. La società non mi ha detto che non approva il mio comportamento. La dichiarazione su Abete? Non era personale. Per me, la federazione in questi anni poteva migliorare tante situazioni».Alla vigilia della gara col Bologna, il tecnico della Roma, Zdenek Zeman, torna così sul contenuto dell'intervista al magazine "Sette" in cui aveva definito il presidente federale «nemico del calcio».

La querelle con Abete. «Ho spiegato quello che volevo dire. Mi rimangio le parole se il senso è quello che avete capito voi», dice Zeman nella conferenza di Trigoria. «Penso che la mia intervista non possa nuocere alla Roma. Qualche titolo sparato nelle anticipazioni dell'intervista, forse, sì», aggiunge. «La società non approva il mio comportamento? Non me lo ha detto. Se è così, me lo dice. La società vuole creare le condizioni ideali per la Roma, vuole tutelarla e io mi impegno anche in questo», afferma ancora Zeman. Dopo la diffusione dell'intervista, Zeman non ha avuto contatti con la Federcalcio: «All'esterno non ho parlato, all'interno ne abbiamo parlato, ho spiegato quello che volevo dire e come è uscito».

Anti-Juve. «Mi aspetto sempre risposte positive dalla mia squadra, poi non sempre tutto riesce come si vorrebbe ma penso che sta lavorando bene e per domani mi aspetto cose positive». Il boemo è comunque ottimista alla vigilia della sfida di campionato con il Bologna, in programma domani pomeriggio allo stadio Olimpico. «Se siamo l'anti-Juventus? Noi non facciamo l'anti-Juve, noi siamo la Roma e vogliamo fare il nostro campionato al meglio possibile - ha proseguito Zeman - poi se siamo anti-Milan, Napoli o altre non fa differenza. Ci sono venti squadre e il campionato italiano penso sia più equilibrato rispetto a quelli esteri».

Riguardo alla sfida col Bologna, Zeman ha spiegato che «in ogni partita mi aspetto difficoltà, nessuno ci regala niente, il problema è nostro, è vedere se riusciamo a superare queste difficoltà. Dubbi sulla formazione? Io ho un undici titolare in testa poi se avrò dubbi devono venire stanotte» ha concluso il tecnico boemo che ha confermato il recupero di Balzaretti, regolarmente convocato.

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Sabato 15 Settembre 2012 - 12:52

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solo la squalifica di conte e il folclore di questo individuo

potevano rendere interessante

un campionato come il nostro

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Il retroscena Mediaset riserverebbe i canali acquisiti all’offerta in pay-tv

Attacco a Sky

le partite in hd

sulle nuove reti

Le trasmissioni a pagamento non rientrano nei tetti antitrust per volere dell’AgCom

L’Antitrust dell’Ue aveva imposto il tetto dei cinque multiplex per editore

di ALDO FONTANAROSA & GIOVANNI PONS (la Repubblica 16-09-2012)

ROMA — Comprare le frequenze di Telecom Italia Media (o almeno una parte di queste “torri”). Riservarle a trasmissioni a pagamento (così da aggirare le norme antitrust). E rilanciare così l’offensiva a Sky, regina della pay-tv nazionale. Può essere questa la strategia del gruppo Berlusconi nell’ultimo clamoroso risiko delle frequenze.

Dunque Mediaset ha chiesto di vedere le carte. Ha invitato Telecom Italia Media a mostrarle il cosiddetto “Information memorandum” che contiene tutte le notizie chiave sulle due entità in vendita: i canali La 7 e Mtv (con dentro Mentana, Lerner, Dandini, Gruber) e poi le tre reti (“multiplex”) necessarie alla trasmissione del segnale. Ma solo il 24 settembre, termine per presentare una offerta non vincolante, si vedrà se la famiglia Berlusconi tenterà davvero l’acquisizione. Magari delle sole reti trasmissive. Bene davvero strategico.

Se Mediaset e Telecom Italia Media firmeranno il contratto, la pratica finirà subito sul tavolo delle “sentinelle” del settore tv. Certo, avrà qualcosa da dire l’Autorità Antitrust dell’Ue. Quando nel 2009 il governo Berlusconi meditava la sua operazione benefica (regalare alcune reti digitali alle emittenti del Paese con la procedura del beauty contest), l’Europa stabilì che Rai, Mediaset e la stessa Telecom non avrebbero potuto oltrepassare un certo tetto. Gli operatori storici — tra le reti già in loro possesso e quelle ricevute in omaggio — non avrebbero potuto superare quota cinque. Ecco, cinque reti: questo limite caro all’Ue resta in vigore? E si applica all’operazione Mediaset- La7?

Il Garante nazionale della tv (AgCom) fece proprio lo stesso tetto — 5 reti — nella sua delibera 181 del 2009. Sarà anch’esso autorizzato, dunque, a frenare Berlusconi? E c’è poi l’altro Garante nazionale, l’Antitrust tricolore. A Natale del 2011, proprio l’Antitrust autorizzò Elettronica Industriale (leggi Mediaset) a comprare la società Dmt, che aveva in pancia centinaia di ripetitori tv. Nel dare il via libera alle nozze, l’Antitrust ebbe il pudore di porre delle condizioni a garanzia della concorrenza perché — scrisse — la nuova entità avrebbe avuto in mano siti trasmissivi in maggioranza «strategici». Ecco: l’Antitrust avrà qualcosa da dire adesso se anche le torri Telecom Italia Media finiranno a Mediaset?

Tuttavia esperti del settore svelano la strategia che Berlusconi può adottare per limitare l’interferenza delle “sentinelle” nazionali ed europee. Il gruppo milanese (che ha già in mano 5 reti nazionali o “multiplex”) tenterebbe dunque l’acquisto delle tre di Telecom Italia Media. Queste tre reti non verrebbero destinate a programmi “in chiaro” (tipo Canale 5 o Italia 1), ma a trasmissioni pay. I canali a pagamento – per volontà del Garante delle Comunicazioni (AgCom) – non sono contati ai fini antitrust. A quel punto, Mediaset proverebbe a rilanciare il suo zoppicante settore Premium. Trasmettendo, ad esempio, le partite in alta definizione, come fa già la nemica Sky. Per tacitare le resistenze dei garanti, Berlusconi accetterebbe qualche “paletto”. Acconsentirebbe, ad esempio, ad ospitare sulle sue reti (diventate intanto 8) altri editori a condizioni economiche non penalizzanti.

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Daspo a Preziosi

Scatta oggi il divieto

Vedrà in tv la partita

Esecutiva la pena accessoria

per la combine con il Venezia

Il n°1 del Genoa: «Io vessato»

di FILIPPO GRIMALDI (GaSport 16-09-2012)

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«Divieto di accedere a luoghi dove si svolgono competizioni agonistiche per mesi 6» a carico di Enrico Preziosi. Un Daspo per il presidente del Genoa: la notizia è diventata ufficiale ieri, ma risale al 17 maggio scorso, giorno in cui la Cassazione aveva rigettato il ricorso contro la sentenza d’appello che confermava la pena (condonata) per frode sportiva legata alla vicenda di Genoa-Venezia della stagione 2004-05. Costata, poi, la retrocessione in C1 alla società rossoblù. Fra le pene accessorie c’era, appunto, un Daspo di 6 mesi. Venerdì scorso, in via assolutamente riservata, il provvedimento di chiusura indagini è stato notificato allo stesso Preziosi.

Il giallo Ma cos’è successo esattamente? All’origine di tutto, probabilmente, c’è un’errata interpretazione legale. Il parere negativo della Cassazione ha di fatto provocato l’immediata inibizione a recarsi allo stadio per lo stesso Preziosi. Che, invece, ignaro di tutto ciò, ha poi seguito in tribuna d’onore il debutto vincente in campionato dei rossoblù con il Cagliari, il 26 agosto, violando così la decisione dei giudici. «È successo così che un pubblico ministero di Genova abbia aperto e chiuso rapidamente un’indagine», spiega ancora Preziosi, che non riteneva subito esecutivo il provvedimento.

Il ricorso «È la goccia che scava la roccia, ma stavolta la roccia non crollerà. . . ». Questa, ieri sera, la reazione del presidente rossoblù allaĠazzetta dello Sport. Certo è che un Daspo al presidente di un club rappresenta una storia mai vista, nè sentita. Preziosi ha comunque preannunciato che attraverso i suoi legali presenterà opposizione al provvedimento, a suo giudizio «valido sino al prossimo 1° novembre», mentre secondo altre fonti scatterebbe solo domani. Già oggi, comunque, non potrà assistere alla gara del Ferraris con la Juventus, e—se i tempi comunicati dallo stesso presidente verranno confermati—il divieto varrà anche per le successive sette gare di campionato, sino alla decima.

L’amarezza Preziosi non si dà pace: «Provo una grande amarezza. Rispetterò la legge eme ne starò a casa, non potrò andare a vedere neppure un torneo di bocce. Lascio ad altri giudicare certi provvedimenti. Ho capito benissimo cosa succede a Genova. Mi sembra ci sia un atteggiamento vessatorio nei miei confronti, ma mi resta l’orgoglio di essere me stesso, indipendentemente da tutto il resto. Ho visto di peggio, nella mia vita, ma considerare il sottoscritto come una persona pericolosa allo stadio, dove vado regolarmente da otto anni, è triste. E, fra l’altro, considerando che il Genoa è una mia proprietà, in questo modomi viene impedito di amministrare un bene che mi appartiene».

Che botta Aspettando la Juve, il Daspo a Preziosi chiude una settimana nera per il Genoa. Che, dopo il caso-Velazquez (rientrato in Argentina nonostante il divieto del Genoa), ha ricevuto notizia del deferimento alla Disciplinare dello stesso Preziosi, dell’ex team manager Salucci e di sedici giocatori per le maglie di Genoa-Siena del 22 aprile.

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CALCIOSCOMMESSE

Tnas, il presidente del caso-Conte

scelto dalla Bongiorno per la Samp

Zaccheo va bene anche alla Figc: venerdì decide sulla sospensiva

Sta per svelarsi mister x con il conto svizzero: a metà settimana il giocatore è atteso a Cremona

di ALBERTO ABBATE (CorSport 16-09-2012)

ROMA - Eppur si muove un vento caldo dal Nord. Soffia da Torino: «Riavremo presto il nostro tecnico» , è il dolce ritornello che avvolge Conte, dopo la tormenta. Il Tnas è l’ultima speranza. E’ viva e si rianimerà venerdì 21, a mezzogiorno di fuoco. Prima udienza dell’arbitrato a Roma, il collegio è già sull’attenti: gli arbitri di Conte e della Figc (Calvi e De Giovanni) e il terzo, con funzioni di presidente, l’avvocato Massimo Zaccheo. Deciderà lui, entro il 7 ottobre, il destino di Conte. E pensare che la dottoressa Bongiorno lo aveva nominato come proprio arbitro per un’altra sua “causa” sportiva: la multa comminata alla Samp. Col benestare della Figc, sempre vigile nell’aderire, Zaccheo è addirittura diventato (venerdì ha tenuto la prima udienza) arbitro unico nella controversia doriana. Per carità, poca roba 50mila euro, tanta le sorti dell’allenatore campione d’Italia, nelle sue mani. Saranno super partes. Non ha dubbi Abete sulla sua terzietà, altrimenti non lo avrebbe concordato.

Saprà già, Zaccheo, che Conte non vuol neppure sentir parlare di patteggiamento. Dovrà comunque tentare la conciliazione in prima istanza. All’ordine del giorno pure la richiesta di sospensiva che, se accolta, permetterebbe all’allenatore di tornare subito in panchina: difficile perché il procedimento sarà breve, a meno che non vengano accolte tutte le richieste istruttorie. E che senso avrebbe se, in caso di mancato proscioglimento (a cui aspirano i legali bianconeri), Conte dovesse poi scontare una squalifica? Di 10 mesi? E’ concreta l’ipotesi di uno sconto, di tre, quattro, persino cinque mesi per l’omessa denuncia di Albinoleffe-Siena. Sembra un miraggio l’assoluzione, il Tnas un’oasi felice? Venerdì c’erano il Lecce e l’ex presidente Semeraro nel deserto: ridotto a un terzo il termine di pronuncia del lodo.

Intanto si attendono sviluppi a Cremona. Fra martedì e venerdì dal pm Di Martino dovrebbe materializzarsi - perché convocato - il mister x che avrebbe depositato denaro riciclato in un conto segreto svizzero. Il cerchio s’è stretto intorno a due giocatori, ancora in attività, già indagati nell’inchiesta «Last Bet». Interessati all’audizione i magistrati della procura di Berna, che hanno già richiesto per rogatoria buona parte degli atti. Sui quali peserà il contributo determinante dello “zingaro” Gegic, atteso dalla Macedonia. Al Nord tira pure una brutta tramontana.

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PIPPO BAUDO SCRIVE PER NOI

No, questo calcio non fa per me

di PIPPO BAUDO (TUTTOSPORT 16-09-2012)

Ho una sensazione: il calcio non è più un’isola felice. Crollano le imprese, le famiglie non arrivano alla fine del mese e anche il mondo del pallone soffre. E questo mi preoccupa molto. C’è grande confusione, le squadre giocano con troppa cattiveria e poi, permettetemi di dirlo, è devastante pensare che i tribunali intervengano costantemente per moralizzare il calcio e stabilire la veridicità dei risultati.

Lo confesso, mi ero illuso. Un tempo la serie A era poesia pura, l’onestà era il valore primario. Molti allenatori e calciatori mi hanno deluso sul piano comportamentale. E la Nazionale? Prandelli, per carità, è molto bravo, ma sembra che non sappia cosa fare. Che gara penosa contro Malta: siamo stati alla mercé di una squadra al livello della nostra Lega Pro, battuta solo per fortuna, non per abilità. Ora i grandi club sono costretti a puntare sui giovani perché non possono più sostenere i cachet dei grandi campioni. Guardate il Milan: ha smobilitato e ha pure sbagliato a non liberare subito Pato. Berlusconi l’ha trattenuto per questioni sentimentali, ma il giocatore brasiliano non c’è più. Volete altri esempi di un calcio sempre meno credibile? Simone Farina punito dopo aver dato una prova di grande onestà. Ti esponi e qual è la conseguenza? Non ti fanno giocare. Penso anche al caso Genoa-Siena: tutti deferiti, ma più in generale un po’ tutte le squadre sono alle prese con la giustizia sportiva. E poi ci stupiamo se la gente diserta gli stadi: l’ennesimo bruttissimo sintomo.

In questo “spettacolo” i calciatori sanno che c’è sempre qualcosa che non va e così non danno il meglio di loro stessi. Come se ne esce? Ma perché, voi pensate davvero che esista una soluzione a breve termine? No, non se ne esce. Ci sono troppe cose strane in giro: lo stesso Del Piero, una vita professionale trascorsa con la stessa maglia, vissuta col sorriso malgrado gli infortuni. Si è andato a curare in America, è tornato più forte e vincente di prima, e poi? Non viene confermato e lui, giustamente, va via, a caccia di nuove avventure. Volete una mia opinione sul campionato di serie A? Semplicemente, è un campionatino...

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Il caso Nuove polemiche tra l’allenatore della Roma e l’ex juventino

Zeman fa la pace con Abete

ma attacca ancora Vialli

«Io paraculo? Pensavo avesse smesso coi farmaci»

di LUCA VALDISERRI (CorSera 16-09-2012)

ROMA — Finirà mai la polemica tra Roma e Juve, tra Zeman e Vialli, tra chi vede nell'allenatore boemo l'unico paladino del calcio pulito e tra chi lo considera solo un provocatore che non ha mai vinto nulla?

La data della partita tra bianconeri e giallorossi si avvicina (a Torino, il 29 settembre) ma le polemiche non si placano. Semmai, aumentano. Ieri Zeman, nella conferenza stampa prima di Roma-Bologna, ha risposto alla pesante accusa ricevuta da Vialli nei giorni scorsi. L'ex attaccante della Juve aveva definito l'allenatore «un paraculo, una persona intelligente ma che combatte solo le battaglie che gli fanno comodo e si dimentica delle altre».

Queste le parole di Zeman: «Vialli si sbaglia. Pensavo che avesse smesso di prendere farmaci. Io, per le battaglie che ho combattuto, sono stato fuori dal calcio che conta per dieci anni».

Battaglie per far uscire il calcio «dalle farmacie e dalle banche», come disse Zeman in passato. Ed ecco che il riferimento ai farmaci può essere pesantissimo (se voluto e studiato) o comunque sgradevole (se è stato usato come sinonimo di «affermazione senza senso»). E se Zeman potrebbe querelare per il «paraculo», lo stesso potrebbe avvenire da parte di Vialli. La speranza, però, è che tutti facciano un passo indietro, capendo la delicatezza di una partita che sta diventando giorno dopo giorno un rischio.

Zeman, del resto, un parziale passo indietro lo ha fatto ieri nella polemica con il presidente della Federcalcio, Giancarlo Abete, che il boemo aveva definito «nemico del calcio» in un'intervista pubblicata venerdì scorso da Sette: «Quelle tre parole — ha detto Zeman — non le pensavo così come sono uscite. Me le rimangio, se il senso è quello che avete capito voi. Io continuo a dire che la Federcalcio, in questi anni, poteva approfittare di tante situazioni per cercare di migliorare il nostro movimento, così come hanno fatto in Germania. Ma non lo ha fatto».

Zeman, che non crede di meritare un deferimento («Perché ho chiarito il mio pensiero»), non ha parlato direttamente con Abete ma si è confrontato con i suoi dirigenti, assai poco contenti di vedere il nome della Roma sui giornali più per le polemiche che il bel gioco mostrato, ad esempio, nella vittoria di San Siro contro l'Inter. C'è stato un «cartellino giallo» per Zeman, insomma, ma non uno rosso. «All'interno ne abbiamo parlato, ho spiegato quello che volevo dire e cosa invece è stato scritto, ma non credo che le mie parole danneggino la Roma. Forse lo fa qualche titolo. La società, però, non mi ha detto che non approva il mio comportamento. È normale che voglia la tutela del nome della Roma e io mi impegno anche in questo senso». Vialli a parte, verrebbe da dire, dopo le parole di ieri.

Questo è Zeman: prendere o lasciare. E i tifosi della Roma prendono con grandissimo entusiasmo: anche oggi, all'Olimpico, saranno in più di 50 mila per la partita contro il Bologna. La maggioranza assoluta sta con Zeman, solo una minoranza trova le sue battaglie esagerate oppure «pericolose» per la squadra. Difficile dire se possano compattare ancora di più un gruppo o essere una distrazione. Il Bologna, ancora a zero punti ma molto sfortunato nell'ultima gara contro il Milan, sarà un bel banco di prova. L'impressione è che, squalificato Osvaldo e con Destro centravanti, sarà più facile vedere in campo Nico Lopez che Lamela.

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Zeman, altra botta a Vialli

«Le sue parole su di me? Pensavo avesse smesso di prendere farmaci...»

«Non faccio battaglie perché mi fanno comodo Per dieci anni io fuori dal grande calcio. Abete? Non volevo offenderlo»

di ROBERTO MAIDA (CorSport 16-09-2012)

ROMA - La cartuccia da mitragliatrice esce fuori quando il fuoco delle domande sembra esaurito. Zdenek Zeman spara il colpo a tempo scaduto, a gambe accavallate e microfoni spenti, davanti a una platea numerosa. Trigoria, 15 settembre 2012. Segniamoci questo luogo e questa data, perché non saranno ricordati per la conferenza stampa di presentazione di Roma-Bologna, ma per un altro affondo dialettico di un uomo incontenibile.

LA REPLICA - Stavolta il bersaglio non è Abete ma Gianluca Vialli, che nei giorni scorsi lo aveva definito «un paraculo che fa le battaglie secondo quello che gli fa comodo» . A Zeman non ha dato fastidio l’aggettivo, perché «si può querelare o farsi scivolare addosso certe dichiarazioni» , ma il concetto utilitaristico: «C’è un errore. Sono stato dieci anni fuori dal calcio che conta, non mi pare di avere avuto vantaggi nel dire certe cose. Pensavo che Vialli avesse smesso di prendere farmaci...» . Prego? Sì, ha detto proprio così, testuale. Il riferimento, naturalmente, è alla vecchia polemica sul doping innescata da Zeman e diventata un processo contro la Juventus. Aspettiamoci adesso un’altra battuta di Vialli, in un duello che non sembra voler più scendere di tono.

QUA LA MANO - E pensare che nella stessa chiacchierata con i giornalisti, Zeman aveva mostrato un volto più dolce e morbido del solito. «Ad Abete devo chiedere scusa per quelle tre parole - spiega a proposito dell’appellativo “nemico del calcio” - Le parole non le pensavo così come sono uscite nell’intervista, me le rimangio. Ma ho già spiegato cosa intendevo dire. Per me la federazione avrebbe potuto approfittare di certi scandali per migliorare. Nulla di personale contro Abete» . E nessuna telefonata ricevuta da Via Allegri, in vista di un eventuale deferimento: «Non credo di dover essere deferito, perché se leggete l’intervista non c’era nessun intento polemico da parte mia. Avevo anche detto che a cena con Abete sarei andato... Comunque non ho parlato con nessuno, fuori. All’interno di Trigoria sì, di certe cose abbiamo parlato» . Ma assicura (infastidito) di non essere stato rimproverato dai dirigenti per il suo stile: «Nessuno mi ha comunicato niente. La società giustamente vuole tutelare il nome dell’As Roma e io mi impegno nella stessa direzione» . In questo caso però Baldini e Sabatini non hanno gradito. Avrebbero evitato nuove polemiche, anche per non creare tensioni intorno agli arbitri: «Forse sono certi titoli a danneggiare la Roma, non le mie dichiarazioni. Se voi date un quattro in pagella a un giocatore, siete autorizzati anche a darlo all’arbitro. E allora? Ci sta. Sbaglio io, sbagliano gli arbitri. Nel lavoro che facciamo siamo quasi costretti a commettere errori. Non vedo nulla di strano nel sottolinearlo. Anzi, certe osservazioni possono aiutare il movimento calcio a crescere» .

FILOSOFIA - In questo senso, Zeman indica un modello da seguire: «Il calcio tedesco. Anche loro hanno avuto molti scandali negli Anni Novanta ma adesso li hanno superati e sono un esempio per tutti» . Lui non smetterà mai di esprimere il suo pensiero in libertà: «Io mi sono sempre sentito libero. E se a volte uso il silenziatore nelle mie frasi è per la vecchiaia.... Nessuno mi ha mai imposto niente» . Per questo continua ad allenare con la passione dei primi giorni: «Faccio questo lavoro da trent’anni e sono sempre stato felice nel farlo, soprattutto in campo. Poi è chiaro, si può sempre migliorare: sia io che i dirigenti» . Amici e nemici.

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LA POLEMICA

Zeman, replica al veleno contro Vialli

«Pensavo avesse smesso con i farmaci»

di UGO TRANI (Il Messaggero 16-09-2012)

«Pensavo che Vialli avesse smesso di prendere farmaci». Una frase acida e velenosa. Con la violenza e la precisione di una freccia che centra il bersaglio. Zdenek Zeman risponde a uno dei suoi storici accusatori, all’ex centravanti della Juve e della nazionale, che lo aveva provocato a inizio settimana, accusandolo di essere furbo nelle sue esternazioni. «È un paraculo, combatte le battaglie che gli convengono» ha detto Gianluca a Radio 24 il 10 settembre.

Evidenziando come il boemo guardi solo ai suoi interessi. «Sbaglia. Visto che lo faccio per me, sono rimasto dieci anni fuori dal calcio...» la replica puntuale del tecnico di Praga. Zeman è sempre lui. In campo e anche fuori. Nessuno può fermarlo. Nemmeno la Roma a stelle&strisce. Il boemo torna indietro di 14 anni, quando a Predazzo, in due differenti interviste, lanciò l’allarme sull’abuso di farmaci nel nostro calcio. Evidenziò anche il cambiamento fisico di Del Piero e appunto Vialli, i campioni bianconeri allenati a quei tempi da Marcello Lippi e più avanti finiti in tribunale davanti al pm Guariniello che indagò sulla denuncia dell’allenatore della Roma, così dettagliata da portare alla chiusura del laboratorio antidoping dell’Acqua Acetosa e alle conseguenti dimissioni del presidente del Coni Pescante. Fu la prescrizione a mettere una pietra su quell’estate caldissima che tutti ricordano. Nella capitale, a Torino e anche nel resto d’Italia.

Oggi Zdenek riparte da lì. Perché non dimentica quello che pagò dopo il suo attacco frontale al club più potente del nostro campionato. Lo ha sottolineato anche ieri, aspettando però di lasciare la sala Champions di Trigoria, dove per contratto deve parlare davanti alle telecamere delle tv, e fermandosi con una decina di giornalisti nella piccola stanza riservata alla stampa. Si è sfogato in un ambiente più raccolto, ma anche lì alla presenza delle responsabili della comunicazione della società giallorossa. Zeman ha tirato fuori quello che aveva dentro da inizio settimana. E da quattordici anni. È stato definito, in pochi giorni, comunista e paraculo. Ne ha preso atto, spiegando che «dichiarazioni del genere ci saranno sempre». «Io sono abituato. Sta a me decidere quando farmi scivolare certe parole addosso o magari in qualche caso pure querelare». La giornata sembrava diversa dalle altre. Perché il boemo aveva affrontato interrogativi sulle caratteristiche di diversi calciatori della Roma, sulla differenza tra Lamela e Lopez, l’argentino che costruisce gioco e l’uruguaiano che è più attaccante. Inoltre si era preso la completa responsabilità per quanto detto su Abete a Sette. «Non credo di essere deferito. Le mie parole, a leggerle, sono brutte. Chiedo scusa per quelle tre parole, anche se però ne manca una, prima. Quella dovete chiederla a chi mi ha intervistato». Aggiungendo: «Ripeto, quelle tre parole che erano lì non le pensavo così come sono uscite, me le rimangio nel senso che avete capito voi. Io continuo a dire che per me nel calcio la Federazione in questi anni poteva approfittare di tante situazioni per cercare di migliorare. La difficoltà di gestione c’era anche in Germania negli anni novanta e se è stata superata, il calcio tedesco può essere da esempio per gli altri. Ma non c’era niente di personale». È stato lui a volere la rettifica, perché non voleva attaccare il presidente della Figc, anche se ammette di averne discusso poi con i dirigenti. «No, non ho sentito Abete. Fuori non ho parlato con nessuno. Dentro sì, ho spiegato quello che volevo dire e come è uscito».

Baldini, il dg giallorosso che fino a poco tempo fa è stato socio di Vialli di un’azienda extra calcio, e Fenucci, l’ad romanista che si occupa dei rapporti istituzionali, ieri hanno preso male il nuovo attacco di Zdenek. Che, con un bel sorriso, smentisce di avere ormai il silenziatore o che gli sia stato imposto. «Forse sono invecchiato, ma continuo a essere libero di dire quello che penso. La società non mi ha mai detto di non approvare il mio comportamento. Se è così, aspetto che lo faccia. È normale che il club voglia la tutela del nome della Roma e vuole creare le migliori condizioni per la Roma. E io mi impegno anche in questo. Io non danneggio la società, i titoli sì».

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Tra Bologna e vecchi nemici

Zeman a gamba tesa su Vialli

di MATTEO PINCI (la Repubblica 16-09-2012)

Il volto piegato in un mezzo sorriso, qualche istante di silenzio. Poi, l’argine intorno all’umore di Zdenek Zeman, ferito da quell’accusa mossa dal “nemico” Gianluca Vialli di aver combattuto «soltanto le battaglie che gli convenivano», cede. Ne esce un sibilo sottile, ma travolgente: «Pensavo avesse smesso di prendere farmaci...». Un tuono su Trigoria, nel silenzio della sala stampa popolata soltanto dai taccuini della carta stampata, lontano da telecamere e microfoni che potessero darne eco. Il boemo continua, spiega: «Io le mie battaglie le combatto per me e per questo sono stato 10 anni fuori dal calcio», ma nella penna di tutti resta quella battuta sfortunata, velenosa, violentissima. Che trasforma la vigilia di Roma-Bologna, la gara che oggi riaprirà il campionato romanista due settimane dopo la vittoria a Milano con l’Inter, in una anacronistica appendice dell’estate ’98: quella delle accuse al doping e alle “esplosioni muscolari” di Del Piero e di Vialli. Un discorso, a questo punto, mai chiuso davvero.

Anche ai vertici di Trigoria, che prendendo Zeman avevano accettato “tutto il pacchetto”, è passata la voglia di evocare l’immagine del film “Amici Miei”, quando pur di rubare la bella moglie al Melandri, il Sassaroli si accolla anche cane, bambine e governante. Gli “extra” del pacchetto Zeman, adesso, risultano stucchevoli persino ai dirigenti, soprattutto dopo il confronto in cui, giovedì, avevano cercato di convincerlo sull’inopportunità di nuove polemiche dopo quelle accese nel corso dell’estate sugli scudetti della Juventus, sulla squalifica di Conte, con la Figc. E ancor di più sull’inutilità di una risposta a Vialli che il boemo sentiva invece di dovere a se stesso. Perché farsi dare del «paraculo» o del comunista non l’aveva ferito: «Ci sono abituato, a volte posso querelare, a volte lascio scivolare ». Ma quell’indice puntato sull’unico dogma del Vangelo secondo Zeman che il tecnico non è disposto a mettere in discussione – la buona fede pagata con un’emarginazione decennale – ha fatto tracimare il serbatoio del suo buongusto, portandolo quasi a evocare i vantaggi farmacologici sfruttati in passato da altri.

«Ma non sono le mie polemiche a danneggiare la Roma – aveva detto il boemo poco prima del patatrac – quanto i titoli sparati sui giornali». Ritrattando poi l’appellativo di «nemico del calcio» rivolto a Giancarlo Abete: «Quelle parole me le rimangio rispetto al senso che gli avete dato voi – aveva detto – non mi aspetto di essere deferito, mi scuso per la brutta frase, ma intendevo altro». Abbastanza da far pensare che qualcuno avesse provato a modellare il suo punto di vista? «Potete pensare che mi abbiano messo il silenziatore, ma magari è solo la vecchiaia». Il colpo era già partito.

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Zeman attacca L’ex juventino lo accusa di far battaglie per convenienza

«Vialli? Pensavo non

prendesse più farmaci»

di PAOLO FRANCI (Quotidiano Sportivo 16-09-2012)

«Quelle tre parole su Abete me le rimangio, nel senso che sono uscite non come le pensavo. Se possono nuocere alla Roma? L’intervista no, i titoli usciti due giorni prima che uscisse sì». Il primo round su Abete «nemico del calcio» è questo. Poi, un’altra manciata di cenere sul capo: «Chiedo scusa, intendevo parlare del sistema, della Figc..». Ma quando la sala delle conferenze di Trigoria resta a aperta alla sola carta stampata, il trattato di non belligeranza finisce in coriandoli. Basta una provocazione: ‘Nell’ultima settimana le hanno dato del comunista (un quotidiano) e del paracu... (Vialli) che fa le battaglie solo per convenienza..’, e qui ancora si tiene. «E’ successo altre volte — risponde Zeman — e ci sono cose che ti fai scivolare addosso e altre per le quali si può querelare..». La sensazione è che l’idea della querela possa essere per Vialli. Ma forse, avrà pensato il boemo, è meglio la vecchia legge del Taglione: «Vialli sbaglia, pensavo che avesse smesso di prendere farmaci..». Bum.

Eppoi la riflessione amara: «Se le mie battaglie le ho fatte per convenienza, mi è convenuto poco, sono stato dieci anni senza calcio». Una battuta brutta e infelice quella di Zeman su Vialli, la seconda in pochi giorni che mette in difficoltà la Roma, già in imbarazzo per l’attacco frontale alla Figc.

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Money men get fresh incentive

Chelsea’s climb to European summit has fuelled belief in the new elite

by IAN HAWKEY (THE SUNDAY TIMES 16-09-2012)

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On the night Chelsea went to Spain last April and drew 2-2 with Barcelona, eliminating the then holders from the Champions League, purists wailed, Catalans complained and a smartly dressed man from Qatar made his way down the ancient stairwells of the Camp Nou stadium after the final whistle with plenty to think about.

Nasser Al Khaleifi had just witnessed an encouraging signpost for his new project, even if his instincts would more likely applaud the type of football played by the 2011 winners of the Champions League than the team who were on course to take over that title.

Al Khaleifi is the president of Paris Saint-Germain, the club in which the Qatar Investment Authority last year took a majority stake. PSG broke various transfer records for spending in their first close-season under new ownership and their runners-up position in Ligue 1 qualified them for the Champions League for the first time in eight years. Their opening group phase match, home to Dynamo Kiev on Tuesday, ushers in what Al Khaleifi hopes will be a long era of PSG presence in the most prestigious club competition.

The victory of Chelsea in last season’s final, nine years after Russian billionaire Roman Abramovich took over and transformed the London club, can only act as a spur to the likes of Al Khaleifi; as to the Abu Dhabi group who control Manchester City; or to others closer to Abramovich’s roots, like the Russian club Zenit St Petersburg, who spent more than £60m on the Brazil striker Hulk, from Porto, and the Belgium midfielder Axel Witsel, from Benfica, at the end of the transfer window.

To clubs like these, the Champions League trophy had seemed, for much of the 21st century, to be a sizeable piece of jewellery that gets stubbornly shared out only among the sorts of institutions who tended to win it when it was simply called the European Cup either in the 1960s (Real Madrid, AC Milan, Inter, Manchester United) or 1970s (Bayern Munich, Liverpool) or, if not one of them, by a Barcelona who keep smugly telling everybody who tries to copy their youth system that it would take decades to replicate the homespun excellence of Barça’s La Masia academy anywhere else.

But Chelsea, the first new winners since 1997, broke that chain and their defence of the trophy coincides with the broadest, most intriguing collection of new-moneyed clubs on the starting grid. They share with Chelsea more than simply patrons who spend. Like Chelsea, PSG have an Italian head coach, Carlo Ancelotti, who oversaw a bigger total spend on transfers than any other club coach in Europe this summer. Zenit have an Italian on the bench, Luciano Spalletti, as of course do Manchester City.

Sudden financial muscle-flexing, as City learned 12 months ago, does not guarantee a rocket-propelled start. Zenit begin at Malaga, freshmen in the competition and propelled into it by two years of unprecedented spending thanks to a Qatari owner, although he, Sheikh Abdullah bin Nasser Al Thani, has shown a great deal less interest in the club since the turn of the year.

Malaga, who owe money to Spain’s tax authorities, are among a tranche of clubs in Uefa competition this season who have been asked, under European football’s governing body’s Financial Fair Play regulations, to explain their debt before prize money for qualifying is released. They will not be the last club under such scrutiny.

Though Uefa’s president, Michel Platini, is earnest in his desire to make FFP work, he anticipates legal challenges. Platini’s manifesto on assuming the Uefa presidency had been to make the tournament more accessible to clubs outside the traditional establishment.

It is a vision that has informed the award of World Cups to Russia, site of the 2018 World Cup, and Qatar, home to the 2022 tournament. That will make any confrontations with Uefa about how much money clubs with Russian or Qatari interests are spending compelling to watch.

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spero promitto iuro

mai più parlare di zeman

qwuesto co*****e ora che ha un pulpito non ti darà pace

nessuno lo degni di uno sguardo

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Conte nel mirino degli inglesi e dell'Uefa

Sorvegliato Speciale

L'allenatore bianconero, che è sotto squalifica anche in Champions League, sarà filmato con gli smartphone nella tribuna di Stamford Bridge per evitare contatti con il suo staff durnate la gara

Occhio, Conte, sarai filmato

Massima severità: Mourinho è nella lista nera, Wenger fu pescato a spedire sms e venne di nuovo squalificato

Tuttosport - Camillo Forte - 18-09-2012

Caro Conte , domani a Stamford Bridge fai attenzione che i delegati Uefa filmano tutto. Non sono particolarmente rigidi ma girano in gran numero e scattano immagini che invieranno a Nyon. Ne sa qualche cosa Wenger che tempo fa, squalificato, fu pescato a mandare messaggi ai suoi collaboratori in panchina. Per questo scattò un ulteriore stop di due giornate.

CON MOU E’ PEGGIO Conte, ovviamente, sarà seguito dagli 007 dell’Uefa ma senza particolari accorgimenti. Perché lui, fino a oggi, non ha creato problemi e tutti si ricordano la sua grande sportività da calciatore. Aspetto, questo, che non è passato inosservato. Non come Mourinho che, a causa dei famosi cartellini gialli pilotati, è sotto stretta osservazione per tre anni. Che sono tantissimi. E’ nella speciale lista nera della massima autorità calcistica europea che non tollera certi comportamenti e fa del fair play l’esempio da seguire. Su questo non ci sono sconti. E allora significa che il galattico verrà sempre immortalato da speciali telecamere anche quando se ne starà tranquillamente seduto in panchina, figuriamoci se dovesse incappare in qualche giornata di squalifica. Quando ti fai una cattiva fama diventa difficile andare avanti.

CONTE NO Per il bianconero, come detto prima, nessun accorgimento particolare considerato che in campo non si è mai comportato in maniera antisportiva: però, ovvio, l’allenatore della Juventus non dovrà esagerare con suggerimenti continui perché in questi casi il telefonino è considerato un reato e, quindi, scatterebbe un’ulteriore squalifica. Ci vuole cautela, dunque, per non esasperare i funzionari di Nyon. Quindi: cellulare in tasca e pochi gesti plateali. Anche se il Sun , presente a Genova con un inviato, ha balenato l’ipotesi che il tecnico tra il primo e il secondo tempo sia sceso negli spogliatoi. Fantacalcio. O meglio: un meschino tentativo di scaldare l’ambiente.

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DOMANI CHELSEA-JUVENTUS, IL DERBY DELLA FINANZA

Gianni Riotta: "In economia tifo Agnelli"

Riotta: Juve e Fiat: i cugini sono il futuro. Abramovich, oligarca... sognatore

Tuttosport - Fabio Riva - 18-07-2012

TORINO, 17 settembre 2012 - Chelsea-Juventus, un match... colossale. Nel senso che a sfidarsi - volendo andare leggermente oltre l'aspetto meramente sportivo - saranno anche due colossi, appunto, del mondo economico-finanziario internazionale: quello legato alla famiglia Agnelli e quello legato al magnate russo Roman Abramovich . Con annessi modi diametralmente opposti di gestire gli affari. E la popolarità.

VILLA FRESCOT Per sviscerare più a fondo la questione ci siamo avvalsi della collaborazione del direttore Gianni Riotta ( Tg1, Sole 24 ore, La Stampa, Corriere della Sera ...). Evidentemente esperto di economia e dinamiche politico-finanziarie, ma anche - da buon ex allenatore di una squadra dilettantistica - esperto di calcio. Nella fattispecie di Inter, in quanto tifoso, così come di Juventus: giocoforza, per via di quelle partite viste a Villa Frescot insieme con l'Avvocato Giovanni Agnelli...

PRECURSORE A proposito, tornando a bomba al tema, puntualizza: «Attenzione, mondi diametralmente opposti fino a un certo punto. Alcuni punti di contatto ci sono se pensiamo, ad esempio, che l'Avvocato fu il primo ad aprire una fabbrica in Russia, a Togliattigrad: negli Anni Settanta, tempi in cui all'occidentalizzazione si guardava ancora con grande ostilità. Giovanni Agnelli fu precursore anche in questo senso». Però... «Nulla toglie, effettivamente, che si tratti di emblemi di un diverso modo di concepire la gestione delle aziende così come, di conseguenza, delle rispettive società di calcio di proprietà».

RUOLI Nello specifico: «La Fiat, di cui si sta discutendo molto, e la Juventus, dopo le note disavventure, stanno provando a rispondere alle esigenze di mercato. John Elkann ed Andrea Agnelli all'altezza degli impegnativi ruoli che rivestono? Certo, sono in grado di dare seguito all'opera intrapresa dai loro predecessori. Basta guardarsi intorno per capire che viviamo una fase da giovani al potere. Ovunque c'è spazio per i giovani. Guardate gli Usa e Obama ...». Esempio emblematico quanto inevitabile, a maggior ragione considerando che Riotta proprio in questi giorni sarà a Torino per la mostra For President, presso la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo.

«PROFILO PIU BASSO» Quanto al versante russo/londinese, da una gestione famigliare e ormai ultracentenaria, si passa ad una gestione più classicamente da oligarca, con un impero nato dalle ceneri del sistema sovietico. «Personalmente ho incontrato Alexandr Medvedev , Vladimir Putin ... Non Abramovich. Si tratta, però, di un tipico oligarca. Fino a poco tempo fa strafaceva: lussi, yacht, manifestazioni di magnificenza. Dopo la crisi economica si è un po' ridimensionato, come tutti i grandi ricchi russi. La vicenda accaduta al povero Mikhail Khodorkovsky , ora in carcere, ha suggerito di mantenere un profilo molto basso. Grande fair play... Da un punto di vista prettamente calcistico, spostando l'attenzione sul Chelsea, l'impressione è che Abramovich, pur dovendo fare i conti con la crisi generale, insegua ancora il sogno di allestire uno squadrone imbattibile. Un sogno che culla dai tempi di José Mourinho allenatore a Londra. E' curioso notare, tuttavia, che il Chelsea non ha centrato la grande impresa con lo Special One, ma con l'operaio Di Matteo ...».

«COME SI SENTE...» Disamina sì, tifo no... «No, sportivamente non posso schierarmi. Che vinca la migliore. La partita, la Champions. Io posso solo augurarmi, anzi ne sono convinto, che l'Inter vinca scudetto ed Europa League». In chiusura, però, non può mancare un aneddoto legato alle partite viste (o commentate) assieme a Giovanni Agnelli: «L'aneddoto non può che essere legato al 5 maggio del 2002: Inter sconfitta dalla Lazio e Juventus campione d'Italia. Stavo chiudendo l'edizione de La Stampa, mi ha telefonato l'Avvocato, sornione. Allora, come si sente?. Mi sono morso la lingua e ho replicato: Mi dica come si sente lei.... E iniziò l'intervista, spiegò che secondo lui Buffon era il giocatore dell'anno e via così».

Bilanci a confronto

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Marina Salvetti - Turrosport - 18-09-2012

PARTE la sfida... economica tra Chelsea e Juventus, ma i conti non tornano, almeno in casa degli inglesi. Con un bilancio 2011 chiuso con una perdita di 87 milioni di euro, con quello del 2012 (non ancora ufficializzato) che dovrebbe vedere un passivo di 50-55 milioni, al netto dei ricavi aggiuntivi per la vittoria della Champions, in parte spesi per il premio ai giocatori, i Blues sono di gran lunga lontani da quel fair play finanziario tanto invocato da Michel Platini. La squadra di Roman Abramovich spende e spande, alla faccia del contenimento dei costi, tanto c'è il presidente russo che foraggia. Per il mercato dell'anno scorso il Chelsea ha investito oltre 70 milioni, ancora più dispendiosa quello chiuso a quota 100 milioni il 31 agosto. L'aumento del costo dei biglietti (fino al 33%) e la cessione del naming rights dello stadio potrebbero fruttare circa 20 milioni di introiti aggiuntivi, il rinnovo con lo sponsor Samsung garantirà altri 22 milioni a stagione. Però Abramovich dovrà contenere il costo degli stipendi se non vuole rimediare un cartellino rosso. La Juventus, invece, dopo la conquista dello scudetto sul campo vince anche quello dei conti: in un anno è riuscita a dimezzare le perdite (da 95.4 a 48.7 milioni), aumentare del 24% i ricavi, trainati dall'eccellente performance dello Stadium di proprietà, contenere i costi, cresciuti soltanto del 5.1 %. E con il ritorno in Champions League si assicura, per il prossimo anno, almeno 25-30 milioni, introiti che potrebbero addirittura consentire di chiudere in bilancio in attivo.

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L'incontro

Un russo, un torinese e due sottomarini. Abramovich contro Agnelli, due modi diversi di essere ricchi e grandi appassionati di calcio

Guido Vaciago - Tuttosport -18-09-2012

Ci sono un russo e un torinese. E, detta così, sembra l'inizio di una barzelletta. Ma alla fine della sfida di mercoledì sera riderà uno solo. Ci sono un russo e un torinese, uno strano derby fra due mondi lontani e due modi diversi di essere ricchi. Il russo (14,38 miliardi di euro di patrimonio personale) possiede cinque super yacht, (il più famoso dei quali il Pelorus ha un equipaggio di 40 persone, un elicottero e un cinema), una delle trenta Ferrari FXX esistenti al mondo (valore oltre 1 milione di euro), un Boeing 767 per 360 passeggeri, dotato di camera da letto su due piani, bar uffici, cucine e pure un sistema antimissile, ma soprattutto due sottomarini che non si capisce bene cosa gli possano servire, ma intanto lui se li è comprati (non si sa mai). Il torinese ha un patrimonio non meno pesante (7,1 miliardi il patrimonio netto della Exor), ma è decisamente più sobrio quanto a mezzi di trasporto (barca sì, niente sottomarini per intendersi) e soprattutto dà meno nell'occhio quando li utilizza. Al russo, infatti, capita spesso di finire sulle cronache, soprattutto quando muove uno dei suoi yacht creando scompiglio sulle coste della Sardegna. Il torinese quest'anno è andato in vacanza con la sua barca e ha trascorso qualche giorno in Maremma, senza meritarsi neppure una riga sui giornali.

NOVANTENNE Il torinese è appassionato di calcio, tifoso prima di essere presidente (e sostanzialmente poprietario, insieme alla sua famiglia) della Juventus. Il russo ogni tanto sembra annoiarsi alla partita e assicurano che prima del 2003 non sapesse neppure che si giocava in undici, essendo lui un maniaco dell'hockey ghiaccio. D'altra parte, il torinese discende da una famiglia che dedica passione e denaro alla Juventus da quasi 90 anni (89 per l'esattezza), il russo possiede il Chelsea da 9 e se certamente non ha lesinato gli investimenti, non ha mai dato l'impressione di godere veramente dell'euforia tifosa che prima di Andrea, ha travolto anche il padre Umberto e lo zio Gianni. Differenze mica tanto piccole.

FINALE Il torinese e il russo si incontreranno, molto probabilmente domani sera a Stamford Bridge e sarebbe interessante sapere cosa si diranno, al di là delle formalità e dei complimenti di rito. perché se il torinese, per esempio, chiedesse al russo cosa se ne fa di due sottomarini, potrebbe esserci un grande finale per la barzelletta.

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Abete e Beretta

ma quale innovazione...

Lo leggo dopo

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Il titolo del convegno ospitato sabato dalla prestigiosa Luiss promette bene: "Palla al centro. L'etica nello sport, in un'ottica di innovazione giovanile". Relatori di spicco: Giancarlo Abete e Maurizio Beretta.

Ecco: innovazione, giovani, etica. Perbacco, chi meglio di quei due? Pensiamo in effetti alla spinta di innovazione proposta dal mondo del calcio, rappresentato dai suoi massimi vertici, il presidente federale e quello della Lega dei club di serie A. Grazie anche a loro abbiamo stadi modernissimi e sempre pieni ovunque, scuole calcio per bambini gratis e magnifiche seminate per il territorio, soprattutto al sud, sistemi antifrode invidiati da tutto il mondo, uno spettacolare apparato di giustizia sportiva, davvero efficientissimo. E poi, ancora: non è grazie ai suoi dirigenti che l'Italia può vantare conti a posto per i club, piena intesa tra tutti nello stabilire regole eque e comuni, accordi di solidarietà senza neppure bisogno di parlarne, armoniosa suddivisione delle risorse provenienti dalle televisioni?

Oppure pensiamo all'etica, ma sì: abbiamo visto con i nostri occhi l'efficace e immediata repressione dei comportamenti immorali, le norme durissime varate per salvaguardare la pulizia e i valori dello sport, l'equità conclamata nel distribuire le pene a chi sgarra, l'uniformità nei tempi e modi di giudizio, la protezione, assitenza e massimo sostegno fornito a chi ha avuto il coraggio di denunciare i corruttori, per evitare che restasse senza squadra e senza lavoro a 30 anni. E ancora:

l'inflessibile ordine a rispettare le norme del fair play ai tesserati, prima tra tutte quella di onorare i momenti solenni come premiazioni o minuti di silenzio, la tolleranza zero per chi esterna veleni, rancori, ingiurie, insulti, vendette, sospetti, illazioni.

Naturalmente, in Italia non c'è per tradizione nessun interesse personale nel ricoprire le cariche: è il bene comune che conta. Per questo, forse, Giancarlo Abete non ha ancora annunciato la propria ricandidatura alla presidenza della Figc. Per questo, forse, Maurizio Beretta non ha ancora messo per iscrittto le dimissioni annnunciate più o meno un anno e mezzo fa, quando accettò un prestigioso incarico presso una banca che è anche azionista di uno dei club della Lega che rappresenta. Dev'essere per una questione di etica. Oppure di innovazione, fate voi.

(18 settembre 2012

da repubblica.it

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