Vai al contenuto
Accedi per seguire   
bidescu

Salvatore Schillaci

Recommended Posts

Joined: 28-Jul-2009
2212 messaggi

Grandissimo giocatore, spero che ne nascono altri come lui qui a Palermo!!!

:sventola: :sventola: :sventola: :sventola: :sventola: :sventola: :sventola:

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 13-Feb-2009
838 messaggi

Schillaci ha una storia particolare, ma che tutti ricordiamo con piacere...dalla serie B alla Juventus e subito al mondiale anni 90, e li l'esplosione...una favola la sua. Chi di noi ragazzi del sud non ha sognato di diventare uno Schillaci, o un Torricelli...dai campi di strada alla serie A.

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 04-Apr-2006
130725 messaggi

158294740_juve1989.png.42800fa7d31171c343725403ab83d426.png   SALVATORE SCHILLACI

 

Video - Schillaci strike against Milan is the goal of the day -Juvefc.com

 

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Salvatore_Schillaci

 

 

Nazione: Italia Italia
Luogo di nascita: Palermo
Data di nascita: 01.12.1964

Ruolo: Attaccante
Altezza: 175 cm
Peso: 70 kg

Nazionale Italiano
Soprannome: Totó

 

 

Alla Juventus dal 1989 al 1992

Esordio: 23.08.1989 - Coppa Italia - Cagliari-Juventus 0-1

Ultima partita: 24.05.1992 - Serie A - Verona-Juventus 3-3

 

132 presenze - 36 reti

 

1 coppa Italia

1 coppa Uefa

 

 

 

Salvatore Schillaci, detto Totò (Palermo, 1º dicembre 1964), è un ex calciatore italiano, di ruolo attaccante.

Lo si ricorda principalmente per le sue prestazioni e reti nel campionato del mondo 1990, competizione chiusa dalla nazionale italiana al terzo posto, durante la quale Schillaci si aggiudicò anche i titoli di capocannoniere e di migliore giocatore della competizione. Nello stesso anno giunse secondo nella classifica del Pallone d'oro, alle spalle del tedesco Lothar Matthäus, vincitore con la sua nazionale del mondiale italiano.

 

Salvatore Schillaci
Salvatore Schillaci (Italia) - Mondiale 1990.webp
Schillaci in nazionale al campionato del mondo 1990
     
Nazionalità Italia Italia
Altezza 175 cm
Peso 70 kg
Calcio Football pictogram.svg
Ruolo Attaccante
Termine carriera 1997
Carriera
Giovanili
1980-1982   AMAT Palermo
Squadre di club
1982-1989   Messina 219 (61)
1989-1992   Juventus 132 (36)
1992-1994   Inter 30 (11)
1994-1997   Júbilo Iwata 86 (58)
Nazionale
1989 Italia Italia U-21 1 (0)
1990-1991 Italia Italia 16 (7)
Palmarès
 
Coppa mondiale.svg Mondiali di calcio
Bronzo Italia 1990

 

Biografia

Il fratello minore Giuseppe giocò nella Fermana nella stagione 1990-1991; un terzo fratello più giovane, Giovanni, da ragazzo sostenne un provino per la Juventus.

Ha inoltre un nipote, Francesco Di Mariano e un cugino, Antonio Maurizio Schillaci, anche loro calciatori.

Caratteristiche tecniche

Attaccante molto rapido, «aveva una voglia di fare gol che non ho mai visto in nessuno», disse di lui il suo allenatore nel Messina, Franco Scoglio.

Carriera

Club

Gli inizi, Messina

170px-Salvatore_Schillaci_-_ACR_Messina_
 
Schillaci capitano del Messina nella stagione 1987-1988.

 

Nato e cresciuto nel quartiere popolare di San Giovanni Apostolo, iniziò a giocare nelle giovanili dell'AMAT Palermo, squadra di quartiere che rappresentava l'omonima azienda municipalizzata palermitana. Schillaci ricordò così i tentativi del Palermo di acquistare sia lui che il compagno Carmelo Mancuso: «La società rosanero per entrambi offrì 28 milioni di lire; ma i dirigenti dell'AMAT sapevano che da noi due dovevano guadagnare il massimo per sopravvivere e giocarono al rialzo chiedendo 35 milioni. Così, per soli 7 milioni non andammo al Palermo».

Nel 1982 fu ingaggiato dal Messina, in Serie C2. Nella stagione 1985-86 contribuì con 11 reti alla promozione in Serie B. Nel 1987 dovette sottoporsi a due interventi ai menischi che ne compromisero la stagione, segnando solo 3 gol. Tuttavia Franco Scoglio puntò ancora su di lui e Schillaci segnò 13 reti nella stagione seguente. Il giocatore ricordò così il rapporto con il tecnico: «Mi diceva sempre un concetto base: fai quello che vuoi e gioca come ti senti. Questo mi caricava a mille proprio in virtù di questa libertà che mi concedeva sul campo di gioco. Ho imparato tantissimo dalla sua persona e non smetterò mai di ringraziarlo. Con lui e i compagni di allora abbiamo reso ai messinesi anni fantastici».

Nella stagione 1988-1989 Zdeněk Zeman sostituì Scoglio sulla panchina giallorossa. Sotto la guida del tecnico boemo, Schillaci segnò 23 gol e fu capocannoniere del campionato cadetto; a detta dell'attaccante, i metodi di allenamento portati da Zeman a Messina contribuirono alle sue ottime prestazioni.

Dopo quest'ultima stagione e sette campionati tra Serie C2, C1 e B, Schillaci lasciò la Sicilia: «Gli anni che ho passato a Messina mi hanno insegnato qualcosa, anche perché ho avuto allenatori bravi a disciplinarmi». Complessivamente giocò 256 gare coi peloritani, delle quali 37 in Coppa Italia: è a tutt'oggi il secondo giocatore più presente per il Messina in campionato (219 presenze, dietro solo ad Angelo Stucchi con 235). Con i suoi 77 gol totali (61 in campionato, 16 in Coppa Italia), è il secondo cannoniere assoluto — preceduto solo da Renato Ferretti (89 reti) — nella storia del club giallorosso.

Juventus

170px-Salvatore_Schillaci_-_Juventus_FC_
 
Schillaci in azione coi colori della Juventus

 

Nel 1989 venne ingaggiato dalla Juventus per 6 miliardi di lire. Esordì in Serie A il 27 agosto nella partita in casa col Bologna (1-1). Nella sua prima stagione in bianconero conquistò subito il posto da titolare e realizzò 15 gol in 30 partite di campionato, acquisendo il soprannome di Totò-Gol e contribuendo in maniera decisiva al double del club torinese nella Coppa Italia e nella Coppa UEFA, vinte superando in finale, rispettivamente, Milan e – nella prima finale di coppa europea tutta italiana – Fiorentina. La sua ottima annata convinse Azeglio Vicini a convocarlo al successivo campionato del mondo 1990 da giocarsi proprio in Italia.

Dopo la rassegna iridata, Schillaci giocò altre due stagioni coi bianconeri, andando tuttavia incontro a una pesante involuzione e trovando poche volte la rete. L'11 novembre 1990, al termine di Bologna-Juventus, Schillaci minacciò il giocatore rossoblù Fabio Poli (che durante la partita lo aveva provocato) al momento di uscire dal campo, dicendogli: «Ti faccio sparare». Il gesto, da cui scaturì una serie di polemiche, fu ricordato così da Schillaci: «Avrei dovuto contare fino a dieci. Ma lui mi aveva provocato con uno sputo e io non ci ho visto più. Ho sbagliato, ma mi hanno massacrato come fossi stato un killer».

 

170px-Salvatore_Schillaci_e_Angelo_Aless
 
Schillaci stringe in mano il trofeo della Coppa UEFA 1989-1990 vinta in bianconero

 

Ai cori discriminatori contro di lui si aggiunse la lite con Roberto Baggio. Schillaci ricordò così questo gesto: «Nella Juventus e in nazionale siamo diventati amici. Dividevamo la stessa camera, lui parlava poco, io niente. Eppure, nonostante questo, una volta facemmo a cazzotti: anzi, fui io a rifilargli un pugno. Si è trattato veramente di una stupidaggine. Eravamo nello spogliatoio della Juve. Roberto stava scherzando con me, ma si lasciò prendere la mano e lo scherzo divenne pesante. Io reagii in quel modo e me ne pentii subito. Per fortuna, la cosa si chiuse lì».

Alla fine della stagione 1991-1992, con l'arrivo di Gianluca Vialli in bianconero, Schillaci trovò sempre meno spazio, fino a decidere di lasciare il club torinese; una scelta, a detta dello stesso Schillaci, facilitata dal fatto che la dirigenza juventina non vide di buon occhio la contemporanea separazione dalla consorte: «La società non mi perdonò la decisione di separarmi da mia moglie. Non dovevo farlo, così, senza tanti riguardi, mi vendettero».

Inter

Nella stagione 1992-1993 passò per 8,5 miliardi di lire all'Inter. Schillaci ricordò con grande entusiasmo il suo trasferimento da Torino a Milano: «Ho ottenuto il massimo, sognavo la maglia nerazzurra e avrei accettato di restare fermo se non fossi riuscito a raggiungerla. I soldi non sono tutto. [...] Riparto da zero a 27 anni e cerco una rivincita». L'esordio con il club nerazzurro avvenne nella gara Inter-Reggiana (4-2) in Coppa Italia, in cui segnò il suo primo gol con la nuova maglia.

 

170px-Salvatore_Schillaci%2C_Inter_%2792
 
Schillaci in azione all'Inter nell'annata 1992-1993

 

Con l'Inter, con cui giocò due stagioni siglando in totale 11 gol in 30 partite, vinse un trofeo, la Coppa UEFA, superando in finale gli austriaci del Salisburgo. Riguardo a questa esperienza, il centravanti siciliano affermò che i suoi inizi a Milano furono buoni (e i rapporti con il presidente Ernesto Pellegrini ottimi), ma che la mancanza di continuità e i problemi fisici gli impedirono di sfondare.

Júbilo Iwata e ultimi anni

Nell'aprile del 1994, messo ai margini dall'Inter ancora prima del termine della stagione e con gli altri campionati nazionali del continente che, nell'era immediatamente pre-Bosman, erano generalmente preclusi ai calciatori italiani, si trasferì in Giappone nelle file dello Júbilo Iwata, che gli aveva proposto un ottimo contratto economico.

Schillaci divenne il primo calciatore italiano a militare nel campionato giapponese; i nipponici gli fornirono un interprete, un autista personale 24 ore su 24 e una bella abitazione. Al suo esordio con il club giapponese, Schillaci segnò il suo primo gol nella vittoria per 2-0 contro il Kawasaki Frontale. Il 9 giugno 1994 venne squalificato per due giornate per aver insultato l'arbitro che aveva diretto l'incontro fra Júbilo Iwata e JEF United. Nel 1997 vinse con la sua squadra la J. League, ma subì anche un serio infortunio che lo relegò definitivamente lontano dai campi di gioco, fino al ritiro ufficializzato nel 1999.

Con la maglia del Júbilo Iwata segnò in totale 56 gol in 78 partite. Il giocatore italiano ricordò così la sua esperienza giapponese: «Quando arrivai lì trovai un entusiasmo contagioso. Per loro lo Schillaci del mondiale non era mai finito e dimostrai con i miei gol quanto era forte il connubio: entusiasmo uguale impegno in campo e palla in fondo al sacco».

In carriera ha totalizzato complessivamente 120 presenze e 37 reti in Serie A e 105 presenze e 39 reti in Serie B.

Nazionale

220px-Mondiali_1990_-_Italia_vs_USA_-_Sa
 
Schillaci in azione in maglia azzurra durante le «notti magiche» dell'estate 1990

 

Le buone prestazioni offerte alla sua prima stagione nella Juventus lo portarono nel 1990 a esser convocato per la prima volta nella nazionale maggiore, col commissario tecnico Azeglio Vicini che lo inserì nella rosa azzurra per il mondiale casalingo di Italia 1990. In precedenza, Cesare Maldini aveva fatto vestire per la prima volta all'attaccante siciliano la maglia azzurra, come fuoriquota, nell'Under-21.

Schillaci partì dalla panchina come riserva di Carnevale, cui subentrò nella seconda metà del secondo tempo dell'incontro di apertura contro l'Austria, quando il punteggio era fermo sullo 0-0: dopo appena 4' dal suo ingresso in campo, l'attaccante siciliano segnò di testa il gol decisivo che permise agli azzurri di vincere la partita, anticipando i due difensori austriaci che lo pressavano da vicino al momento del cross di Vialli. Ad eccezione della seguente gara contro gli Stati Uniti, Schillaci diventò titolare dell'attacco italiano, insieme a Roberto Baggio, e segnò in tutte le successive gare giocate dagli azzurri contro Cecoslovacchia, Uruguay, Irlanda, nella semifinale persa ai tiri di rigore contro l'Argentina e nella finalina contro l'Inghilterra che l'Italia vinse per 2-1; in quest'ultima partita, Baggio fece tirare a Schillaci un calcio di rigore, poi rivelatosi decisivo, in modo da fargli vincere la classifica dei marcatori del torneo. In semifinale, invece, Schillaci aveva preferito non rientrare fra i cinque giocatori designati per la sequenza dei tiri dal dischetto: «Avevo un problema muscolare ed ero stanco, ho preferito lasciare il compito a qualcuno più fresco di me. Non sono un grande tiratore di rigori: a volte li segno, a volte li sbaglio. Quando prendi la rincorsa, pensi a un sacco di cose e in un momento simile non puoi rischiare. È una grande responsabilità. Avrei voluto calciare, ma non ero al meglio».

 

220px-Salvatore_Schillaci%2C_Nazionale%2
 
Schillaci (al centro) sorridente sul terzo gradino del podio, assieme ad alcuni suoi compagni di nazionale, al termine del mondiale 1990

 

A fine torneo vinse il Pallone d'oro adidas quale miglior giocatore della manifestazione e la Scarpa d'oro adidas in qualità di capocannoniere (6 reti); nello stesso anno solare si classificò secondo nella graduatoria del Pallone d'oro di France Football, dopo il tedesco Lothar Matthäus. I gol del mondiale 1990, ricordato come quello delle «notti magiche» dal testo della canzone ufficiale della manifestazione interpretata dalla coppia Bennato-Nannini, rimasero negli anni a venire nella memoria di tifosi e sportivi italiani.

Schillaci ricordò così la sua avventura in quella rassegna iridata: «Nemmeno un folle avrebbe mai potuto immaginare cosa mi stava per accadere. Ci sono periodi nella vita di un calciatore nei quali ti riesce tutto. Basta che respiri e la metti dentro. Per me questo stato di grazia è coinciso con quel campionato del mondo. Vuol dire che qualcuno, da lassù, ha deciso che Totò Schillaci dovesse diventare l'eroe di Italia '90. Peccato che poi si sia distratto durante la semifinale con l'Argentina. Una disdetta: abbiamo preso solo un gol in quell'edizione dei mondiali, e quel gol ci ha condannati».

Dopo il ritiro

Dal 2000 gestisce a Palermo il centro sportivo per ragazzi "Louis Ribolla" dov'è cresciuto il figlio di sua sorella, Francesco Di Mariano, anche lui calciatore, oltreché altri ragazzi diventati professionisti, come Antonio Di Gaudio, Francesco Ardizzone, Andrea Saraniti, Giulio Sanseverino e Mauro Bollino; è inoltre proprietario dell'U.S. Palermo, squadra delle categorie dilettantistiche siciliane. Nella stagione 2017-2018 ha seguito da direttore tecnico la nascita del progetto dell'Asante, club palermitano di Terza Categoria legato a un'omonima ONLUS e composto interamente da atleti migranti.

Alle elezioni amministrative del 2001 si candidò come consigliere comunale della sua città tra le file di Forza Italia; venne eletto con circa 2 000 voti ma, non abituato all'agone politico, si dimise dalla carica dopo due anni.

Nel 2004 partecipò al reality show televisivo L'isola dei famosi, arrivando terzo con il 15% dei voti. Nel 2008 prese parte, assieme ad altri ex calciatori, al film Amore, bugie e calcetto. Nello stesso anno, nell'ambito del programma televisivo Quelli che il calcio in cui era spesso ospite, tornò scherzosamente a vestire i panni di calciatore con la formazione dilettantistica dell'Altamura, disputando la partita conclusiva del campionato pugliese di Eccellenza; replicherà l'esperienza nel 2017 con il Crocetta, squadra del campionato piemontese di Terza Categoria. Nel 2011 interpretò il ruolo di un boss mafioso nel quinto episodio della terza stagione della serie televisiva Squadra antimafia - Palermo oggi, mentre l'anno dopo partecipò in un cameo a un episodio della serie Benvenuti a tavola - Nord vs Sud. Nel 2016 pubblicò l'autobiografia Il gol è tutto, scritta assieme ad Andrea Mercurio.

Nel 2019 partecipò al singolo Gli anni degli anni dei 78 Bit. Nel 2021 prese parte come concorrente al programma televisivo Back to School di Italia 1.

Palmarès

Club

Competizioni nazionali

Competizioni internazionali

Individuale

  • All-Star Team del campionato mondiale di calcio: 1 - Italia 1990

Onorificenze

Cavaliere Ordine al merito della Repubblica Italiana - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere Ordine al merito della Repubblica Italiana
 

— Roma, 30 settembre 1991. Di iniziativa del Presidente della Repubblica.

 

Nella cultura di massa

In ambito comico, a supportare la popolarità di Schillaci ha contribuito il trio Aldo Giovanni e Giacomo, in cui uno dei componenti, Aldo Baglio, ha proprio nell'ex calciatore il suo idolo; in particolare si ricorda la citazione contenuta nel film Tre uomini e una gamba (1997), entrata a posteriori nell'immaginario collettivo dei fan, in cui Schillaci è definito «el gran visir de tücc i terun».

 

 

 

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 04-Apr-2006
130725 messaggi

158294740_juve1989.png.42800fa7d31171c343725403ab83d426.png   SALVATORE SCHILLACI

 

schillaci%2B%25288%2529.jpg

 

 

 

Nasce a Palermo il primo dicembre del 1964 da una famiglia povera. Il calcio è la sua passione e dopo un campionato nella categoria Dilettanti, approda al Messina, dove gioca dal 1982 al 1989 segnando un’infinità di goal. La Juventus lo nota e lo acquista nel 1989 insieme con un altro attaccante semisconosciuto, Pierluigi Casiraghi, e lo fa esordire in Serie A il 27 agosto 1989. Da quel momento inizia la favola di Totò, che realizza il sogno da bambino, giocando nella squadra per la quale ha sempre fatto il tifo.
Il primo anno con Casiraghi e Rui Barros fa faville, vincendo una Coppa Uefa e una Coppa Italia, facendolo entrare nel cuore dei tifosi che lo accostano a un altro idolo, Pietro Anastasi, anch’esso siciliano, anch’esso esploso in provincia.
«Da quando ero ancora un moccioso, l’unica cosa che contava per me era segnare, a dispetto di tutti, compagni e avversari. Una voglia sfrenata, che non è mai finita. Ma io non potevo cambiare, perché se perdevo quella mia voglia matta di goal perdevo tutta la mia forza di calciatore. Da noi, per emergere, devi avere la fortuna che qualcuno venga a scovarti. Non ci sono scuole calcio, i club investono poco nel settore giovanile. Ho conosciuto tanti ragazzi che potenzialmente sarebbero stati dei talenti e che si sono scoraggiati. Io ce l'ho fatta, perché ho avuto il coraggio, magari l'incoscienza, di puntare tutto sul calcio: dopo un anno e mezzo che aggiustavo le gomme, e dopo, sfinito, mi andavo ad allenare, ho deciso che dovevo scegliere. E ho scelto il calcio, dandomi una scadenza. Se non avessi sfondato, mi sarei rimesso a bottega. Non sono uno sprovveduto. Gli anni che ho passato a Messina mi hanno insegnato qualcosa, anche perché ho avuto allenatori bravi a disciplinarmi. Ho sempre cercato di giocare per la squadra, almeno finché non vedo la porta. In quel momento scompare tutto. Siamo io, lei e il portiere. Se capisco che c'è il varco giusto, io ci provo. Un attaccante deve ragionare così e fidarsi del proprio istinto. Altrimenti quando segna?»
Attaccante tutto istinto vive il suo momento di maggior fortuna con l’esordio nella Nazionale di Vicini per i Mondiali casalinghi del 1990. Parte in panchina come riserva di Gianluca Vialli, ma il suo ingresso in campo è un’esplosione. Chi non ricorda i suoi occhi spiritati in quel Mondiale che ci vide al terzo posto? Uno sguardo che è entrato nella storia. La capocciata contro l’Austria, ai Mondiali italiani, gli ha stravolto, esaltato e distrutto la vita; lo stato di forma assolutamente pietoso di Vialli e Carnevale impone il suo impiego e Totò risponde. Trascinato-trascinatore da-di un’intera nazione, vive il Mondiale con un’aggressività, un’intensità e una pressione disumane: a Mondiale finito è completamente svuotato, prosciugato.
«Speravo di giocare qualche minuto, ero già al settimo cielo per la convocazione in Nazionale. Certo, in allenamento davo tutto me stesso per convincere l'allenatore, ma nemmeno un folle avrebbe mai potuto immaginare cosa mi stava per accadere. Ci sono periodi nella vita di un calciatore nei quali ti riesce tutto. Basta che respiri e la metti dentro. Per me questo stato di grazia è coinciso con quel Campionato del Mondo. Vuol dire che qualcuno, da lassù, ha deciso che Totò Schillaci dovesse diventare l'eroe di Italia '90. Peccato che poi si sia distratto durante la semifinale con l'Argentina. Una disdetta: abbiamo preso solo un goal in quell'edizione dei Mondiali, e quel goal ci ha condannati».
I fiumi di inchiostro, i chilometri di pellicola e gli ettari di immagini a lui dedicate lo innalzano a livelli di popolarità da psicosi; facile pronosticare che avrebbe pagato tutto quel clamore per il quale era inadeguato sotto vari punti di vista. Alle largamente preventivabili difficoltà della stagione successiva i media, la critica e i tifosi avversari e non (Totò era diventato un personaggio nazional popolare, come si diceva allora) gli presentano il conto, ovviamente troppo salato per lui.
Con la Juventus due lunghe stagioni d'ombra: undici reti in ventiquattro mesi, pochine. In crisi con la zona di Maifredi, in difficoltà persino negli schemi dell'italianista Trap. E le polemiche continue: le voci sul suo matrimonio in precario equilibrio; i cori razzisti in ogni stadio («Ed è triste che siano state le città del Sud, Bari e Napoli, ad avermi insultato di più»); il «Ti faccio sparare» rivolto al bolognese Poli («Era una frase detta così, nella foga del momento, ma non dovevo dirla: ne pagai a lungo le conseguenze»); il pugno contro Baggio («Nella Juventus e in Nazionale siamo diventati amici. Dividevamo la stessa camera, lui parlava poco, io niente. Eppure, nonostante questo, una volta facemmo a cazzotti. Anzi, fui io a rifilargli un pugno»), segni grandi e piccoli di un disagio, di una solitudine. Però, fiera. E tutto si può dire di Salvatore Schillaci fuorché dubitare della sua autenticità di animo persino esagerata. Per questo la fredda Torino non l'ha mai contestato né troppo fischiato, per questo le sue clamorose gaffe sintattiche suscitavano sorrisi ma non scherno.
«Sono rimasto un bravo ragazzo e lascio la Juventus senza polemiche. L'arrivo di Vialli mi ha messo fuori gioco, comunque auguro ai bianconeri ogni fortuna. Oramai la Juve è solo un ricordo: saluto i tifosi, gli ex compagni, Boniperti e Agnelli, tuttavia mi sento già interista purosangue. Ho ottenuto il massimo, sognavo la maglia neroazzurra e avrei accettato di restare fermo se non fossi riuscito a raggiungerla. I soldi non sono tutto. Tra l'altro vado a guadagnare meno. L'Inter mi piace, ha programmi importanti. Riparto da zero a ventisette anni e cerco una rivincita».
Gli anni seguenti occupano un posto marginale nelle cronache sportive e costituiscono argomento di dibattito per la stampa scandalistica e per il pattume televisivo. Nella sua vicenda umana e professionale c’è molto della società italiana che si apprestava a pagare il conto, salatissimo, dei fiammeggianti anni Ottanta. Un giocatore che ha dato tutto ed ha vinto poco, ma che ha saputo sfruttare la grande occasione che ha avuto.

VLADIMIRO CAMINITI LO RACCONTA NEL 1991
Prendiamo Schillaci, che la fantasia popolare ha soprannominato Totò, come il paradigma di una certa Sicilia, soprattutto di una certa Palermo, nuova e antica, ma non originale, semmai tormentata e dolorosa, la Palermo del quartiere CEP dove questo calciatore dalle straordinarie qualità istintive è nato, andando a farsi notare verso i sedici anni come scatenatissimo centrattacco dell’Amat.
Il Messina lo acquistava quando aveva diciotto anni; nella squadra peloritana, Schillaci riusciva non senza fatica a mettere in chiaro le sue risorse di attaccante solista tanto egoista da apparire egotista, un pezzo d’autore, un calciatore di ruolo centravanti che si batte soprattutto alla luce del goal conquistato di forza, con lo scarto saraceno dei lombi, con l’orgoglio smisurato del povero.
Gli attaccanti devono essere poveri, per risultare a conti fatti ricchi; e arricchirsi sul serio. Più Salvatore Schillaci sale di categoria, più si affina la sua azione di vertice rampante del gioco, in B con il Messina fa molto meglio che in C, tredici goal nel 1988, ventitré nel 1989 quando, in mezzo a mille titubanze, quel grande dirigente sgombro da pregiudizi che è Boniperti si decide a ingaggiarlo, e il picciotto del CEP corona il suo sogno lussurioso: giocare nella più bella e gloriosa squadra d’Italia per la quale ha sempre fatto il tifo, fin dall’età scolare. Che poi la scuola l’abbia spesso marinata per giocare a calcio, dopo avere inghiottito frettolosamente un pane con le panelle, è inevitabile; così nascono i grandi calciatori, quelli con la vocazione nel sangue.
Grande attaccante, Schillaci è di sicuro. Osservatori superficiali si limitano all’aspetto dell’egoismo per bocciarlo. All’inizio della sua attività nella Juventus, Totò era visto male e mal giudicato anche dai migliori notisti torinesi, cito Salvatore Lo Presti e lo stesso Enzo D’Orsi (che personalmente metto un palmo su di altri); ma si sbagliavano, e lo avrebbero ammesso. Quanto al sottoscritto, il cammino inverso.
Colgo subito la dote primaria del giocatore nelle sue partite agostane, lo saluto come il centravanti atteso dopo Anastasi, ma nei rapporti diretti trovo infinite difficoltà non dico dialettiche ma di intendimento, proprio per l’estrazione sociale diversa, il povero scrivano borghese, figlio di violoncellista, e il ragazzo povero del CEP, quartiere palermitano che è un risvolto di umanità anche andata. Che poi Schillaci ne sia risalito fino a conquistarsi il suo posto al sole, va tutto a suo onore, della sua fierezza, del suo coraggio, della sua tenacia, da calciatore provetto nell’istinto, capace di ogni più singolare prodezza tecnica nell’attimo fuggente, acrobatico e spettacolare.
Vanno così a incasellarsi come gemme luminose i suoi sei goal al Mondiale, con i quali vince la concorrenza con lo stesso più completo Luca Vialli; sei goal ardimentosi e tecnicamente perfetti, che ne dipingono tutta la classe di solista egotista e lussurioso; che vive per il goal e insegue il goal nei pomeriggi di scarsa vena ignorando i compagni; che in quelli di botta felice, magari non lo segna, ma dà un contributo fondamentale agli stessi schemi tattici, come gli chiede Trapattoni.
La sua intesa spesso felice e razziante con Baggio lo ha riproposto, anche nel campionato appena conclusosi, per alcune prodezze indimenticabili (ad esempio il goal al veronese Gregori), ma anche per il ricorrente egoismo che fa capire, meglio tardi che mai, perché Zeman, nipote di Cesto Vycpálek, e patrocinatore del calcio totale, non ci andasse d’accordo, mandandolo spesso in panchina.
L’esperienza di uomini e cose della mia Sicilia bedda, e della mia rosazzurra e sventurata Palermo, mi inducono a voler bene a Schillaci, quanto a essere nei suoi confronti molto severo come critico. A fin di bene, perché trovi una maggiore continuità di esercizio nella coralità del gioco, al servizio non solo del goal ma delle esigenze tattiche della squadra.

“HURRÀ JUVENTUS” DEL MAGGIO 2002
Si parlasse solo di Mondiali, juventini da ascoltare ne avremmo moltissimi. Si parlasse solo di Estremo Oriente, il numero si ridurrebbe, ma avremmo comunque una discreta schiera di protagonisti nelle due finali di Coppa Intercontinentale vinte a Tokyo. Volendo parlare di Mondiali e di calcio orientale vissuto per un periodo più lungo di una sola partita, la scelta è obbligata: il taccuino dei ricordi è quello di Totò Schillaci, l’uomo delle Notti Magiche di Italia ‘90 che poi collezionò anche un’indimenticabile esperienza nel campionato giapponese. Oggi Totò lavora per il futuro. È, infatti, presidente dell’U.S. Palermo e gestore del Centro Sportivo Ribolla, sede per i quasi seicento bambini e ragazzi dai cinque ai diciotto anni del club. «La maggior parte di loro non mi ha mai visto giocare, ma i loro genitori sì e spesso capita che quando mi vedono si mettano a spiegare ai loro figli chi ero, come giocatore, e quello che ho fatto in quell’indimenticabile stagione 1989-90. Quell’anno resta il più straordinario della mia vita. Già in estate il passaggio dal Messina alla Juventus rappresentava il massimo delle aspirazioni, ma si trattò solo di un punto di partenza. Quella Juventus era fortissima e, infatti, vincemmo Coppa Italia e Coppa Uefa. Io, Tacconi, De Agostini, ma tutti eravamo un gruppo straordinario. Poi, sembra ieri, un sogno bellissimo: la convocazione in Nazionale e per giocare i Mondiali nel tuo paese. Era uno stimolo in più e che emozione!»
Emozione condivisa da milioni di italiani e, soprattutto, dagli juventini che vedevano il loro centravanti trascinarsi la squadra sulle spalle e condurla fino al podio iridato. Totò vinceva il titolo di capocannoniere di quel Mondiale, bissando l’impresa di un altro juventino, otto anni prima, Paolo Rossi. E il mondo intero si innamorava di quell’attaccante agile e opportunista, ma anche dotato di un bel tiro secco dalla distanza e capace di segnare in mille maniere disparate, testa compresa. Tutto il mondo sorride ammirata davanti a quegli occhioni sgranati, mentre la meraviglia è di chi scopre all’improvviso l’importanza di Totò per la Nazionale e per la Juventus.
Anni dopo quell’estate di notti magiche, Totò si inventa in un certo senso pioniere e vola in Giappone per giocare nelle file dello Jubilo Iwata. E del paese del Gol Levante, Schillaci conserva ottimi ricordi. Come i giapponesi non si sono dimenticati di lui, se è vero che questa intervista per “Hurrà” è concessa in mezzo ad altre richieste da colleghi con gli occhi a mandorla, in avanscoperta europea prima del fischio di inizio della rassegna iridata in Giappone e Corea, il 31 maggio.
Allora, Totò è proprio tutto un altro mondo? «Sicuramente e non lo si può raccontare più di tanto, bisogna viverle certe esperienze. Il livello tecnico del loro calcio, comunque, è buono ed è cresciuto di molto negli ultimi anni, anche se il football ha la concorrenza spietata del baseball e del sumo che sono un po’ gli sport nazionali. Curiosità? Beh, innanzi tutto il pubblico è straordinario: caldo, affettuoso, rispettoso. Al di là dei risultati, sia che la squadra del cuore vinca o perda. La gente compra il biglietto solo prima  della partita, va ordinatamente al suo posto, con il suo bel pacchettino con lo spuntino e segue compostamente la partita. Il calcio italiano è molto conosciuto ed è anzi il più ammirato e seguito, dunque posso preannunciare che ai Mondiali sarà l’Italia la seconda squadra più amata, almeno in Giappone. Ma vedrete che il discorso sarà valido anche in Corea».
E ripartenza per il futuro più remoto: «Ho scelto di tornare a vivere nella mia Palermo perché credo negli affetti e nei valori familiari e perché sono un sentimentale. Così, a chi mi chiede quale futuro auguro ai miei ragazzi io rispondo che siamo una società seria e organizzata come un club di Serie A e che investiamo ogni nostra risorsa per cercare di preparare nel miglior modo possibile i nostri ragazzi. E così, per ognuno di loro, io spero in un grande futuro e siccome sono un sentimentale e il mio cuore è rimasto, naturalmente, bianconero sarei la persona più felice di questo mondo se un giorno qualcuno dei miei ragazzi potesse vestire la maglia della Juventus».
Non lo dice, ma lo aggiungiamo noi: e magari per regalare altri giorni da sogno e notti magiche ai sostenitori bianconeri e della Nazionale. Come seppe fare lui, il piccolo grande bomber della Juve e della Nazionale. Nelle notti magiche: inseguendo un goal e trovandone sei, arrivando sul trono dei cannonieri di Italia ‘90.

 

https://ilpalloneracconta.blogspot.com/2007/12/salvatore-schillaci.html

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Crea un account o accedi per lasciare un commento

Devi essere un utente registrato per partecipare

Crea un account

Iscriviti per un nuovo account nella nostra community. È facile!

Registra un nuovo account

Accedi

Sei già registrato? Accedi qui.

Accedi Ora
Accedi per seguire   

  • Chi sta navigando   0 utenti

    Nessun utente registrato visualizza questa pagina.

×
×
  • Crea Nuovo...