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Ciro Ferrara - Calciatore E Allenatore

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Joined: 31-May-2005
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http://it.wikipedia.org/wiki/Ciro_Ferrara

 

 

 

“Ciro Ferrara, c’è solo un Ciro Ferrara” cantavano i tifosi della Juventus. Personaggio straordinario, dotato di una notevole simpatia e di un’umanità fuori dal normale. Sicuramente, uno dei più forti difensori italiani di ogni epoca.

Nato a Napoli l’11 febbraio 1967, a quattordici anni è costretto momentaneamente in carrozzella dalla “Sindrome di Osgood-Schlatter”, ma si riprende prontamente ed esordisce in serie A, con la maglia azzurra del Napoli, il 5 maggio 1985, al “San Paolo”, proprio contro la Juventus.

Nella città partenopea, Ferrara gioca durante tutta l’era di Maradona: vince il primo scudetto e la Coppa Italia nella stagione 1986/87, poi due secondi posti consecutivi in Serie A ed ancora uno scudetto, nel 1989/90.

Nella stagione 1988/89 il Napoli vince anche il suo primo trofeo europeo, la Coppa Uefa, battendo in finale lo Stoccarda grazie anche ad un goal di destro al volo di Ferrara, servito da Maradona con uno spettacolare assist, sempre di testa. Nei ricordi dei tifosi napoletani, rimangono le immagini di Maradona che, abbracciando un Ciro Ferrara in lacrime per la commozione, ne sottolinea i grandi meriti della vittoria.

«Sicuramente, uno dei ricordi più belli è legato alla finale di ritorno della Coppa Uefa 1988/89. Giocavamo», ricorda Ciro, «a Stoccarda, in casa di una squadra fortissima e davanti a tanti emigrati. Pareggiammo 3-3 ed io segnai anche un goal; vincemmo la Coppa e regalammo una grande gioia ai nostri connazionali. Ma non posso dimenticare lo scudetto vinto con il Napoli nel 1987, un’emozione forse irripetibile, perché è stato il primo e perché l’ho conquistato nella mia città».

In dieci stagioni totalizza duecentoquarantasette presenze in serie A segnando dodici goals, cinque in Coppa dei Campioni, venti in Coppa Uefa segnando un goal.

Nel 1994 il suo allenatore, Marcello Lippi, lascia Napoli per trasferirsi alla Juventus e Ferrara lo segue; inizia così una nuova vita per Ciro. Il primo anno è subito scudetto, accompagnato da una Coppa Italia. Sarà solo l’antipasto. Nel 1995/96, la Juventus conquista la Coppa dei Campioni, contro l’Ajax; è di Ciro uno dei rigori realizzati dalla squadra bianconera.

«In verità, non avrei mai immaginato di andare via da Napoli e di giocare con una squadra come la Juventus. A Napoli ero il capitano, apprezzato e coccolato da tutti. Aggiungo che la nuova esperienza a Torino, mi ha gratificato. È stata una sfida importante anche con me stesso. Ha creato in me nuovi stimoli ed oggi posso tracciare un bilancio incredibile. Si, sono enormemente soddisfatto. Devo qualcosa a me stesso, al mio carattere. Non potevo fallire ed ho affrontato l’impegno in maglia bianconera con il massimo entusiasmo ed in maniera molto professionale. Si, è vero, nei primi sei mesi trascorsi a Torino, mi sentivo un po’ strano, ma era soltanto una questione di ambientamento. D’altra parte era cambiata la mia vita».

La stagione successiva, viene affiancato da Paolo Montero; per tanti anni, il napoletano e l’uruguagio comporranno la coppia di difensori più forti del campionato italiano e, probabilmente, non solo. Nuovo scudetto, così come nel campionato successivo, caratterizzato, però, da un grave infortunio, Infatti, in uno sconto con il leccese Conticchio, Ferrara si rompe una gamba; fine della stagione e, soprattutto, addio alla maglia azzurra ed alla possibilità di disputare il Mondiale francese.

Ciro, il guerriero, ritorna dall’infortunio più forte che mai; la Juventus non ingrana, Lippi deve dare le dimissioni, ma Ferrara è sempre un baluardo fondamentale della difesa bianconera. Arriva Ancelotti, ma la musica non cambia; la Juventus non è più capace di vincere, ma Ciro rimane un giocatore insostituibile.

Nell’estate del 2001, ritorna Lippi a guidare la truppa bianconera ed è nuovamente scudetto; Ferrara è uno dei protagonisti indiscussi, c’è chi lo vorrebbe titolare nella Nazionale che sta per affrontare i Mondiali coreani. Trapattoni non è d’accordo, per lui Ferrara è troppo vecchio; tutti sanno come va a finire, la Nazionale gioca male e viene eliminata dai padroni di casa.

Ancora uno scudetto con Lippi, uno con Capello e fanno otto; Ciro eguaglia il record di Giovanni Ferrari e Giuseppe Furino. Nella stagione 2004/05, contro il Parma nel finale di campionato, gioca la sua cinquecentesima partita in serie A e decide di appendere gli scarpini al chiodo, dopo ventuno stagioni consecutive; è il decimo giocatore italiano di tutti i tempi per presenze.

Con la maglia bianconera gioca 358 partite e segna 20 goal. A Torino vince sei scudetti, la Champions League 1996, una Supercoppa Europea, una Coppa Intercontinentale, una Coppa Italia e quattro Supercoppe Italiane.

Ferrara esordisce in nazionale in Italia - Argentina 3-1 del 10 giugno 1987. In azzurro gioca quarantanove partite, facendo parte anche della squadra che ha partecipato alla XXIV° Olimpiade nel 1988 classificandosi al quarto posto, dopo essere stata sconfitta per ben 4-0 dall’esordiente Zambia.

Su espressa richiesta di Lippi, fa parte dello staff della Nazionale italiana di calcio campione del mondo come vice dello stesso Lippi, durante il Mondiale tedesco del 2006; ancora una volta, sarà un nuovo trionfo e la Coppa del Mondo passa anche fra le sue mani.

Dopo l’esperienza con la Nazionale, ritorna alla Juventus, come responsabile del settore giovanile; nel maggio del 2009, si siede sulla panchina della prima squadra, causa l’esonero di Ranieri. Guida la Juventus nelle ultime due giornate di campionato, conquistando due vittorie nette ed il secondo posto in classifica; grazie a questi risultati, ottiene la conferma anche per l’anno successivo.

Ma la stagione 2009/10, nonostante un buon inizio, si rivela presto disastrosa per il sodalizio bianconero. Eliminata al primo turno nella Champions League, nonostante un girone per niente impossibile (Bayern Monaco, Bordeaux e Maccabi Haifa le avversarie), la Juventus viene presto staccata dalla capolista Inter, nonostante la vittoria nello scontro diretto. A cavallo fra la fine e l’inizio dell’anno, a causa di una interminabile serie di sconfitte (fra la quali Catania, Milan e Roma fra le mure amiche), la Juventus precipita al sesto posto della classifica, a ben 16 punti dall’Inter.

Il 28 gennaio 2010, la squadra bianconera è eliminata in Coppa Italia dalla stessa compagine nerazzurra e la società decide di esonerare Ciro, sostituendolo con Alberto Zaccheroni.



http://ilpalloneracconta.blogspot.com/2008/02/ciro-ferrara.html

 

 

Modificato da Socrates

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grande ciro,un guerriero,un campione che ha sempre dato tutto dentro il campo

insieme a montero grande intesa dentro e fuori dal campo,una delle coppie difensive pi

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Video - On this day, Juventus won their 4th Italian Super Cup -Juvefc.com

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UEFA Champions League on Twitter: "Juventus 1996/97. #FlashbackFriday  #UCLfinal https://t.co/Twce9KMEJn" / Twitter

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Ciro_Ferrara

 

 

Nazione: Italia 20px-Flag_of_Italy.svg.png
Luogo di nascita: Napoli
Data di nascita: 11.02.1967
Ruolo: Difensore
Altezza: 180 cm
Peso: 90 kg
Nazionale Italiano
Soprannome: Stielike

 

 

Alla Juventus dal 1994 al 2005

Esordio: 31.08.1994 - Coppa Italia - Juventus-Chievo 0-0

Ultima partita: 15.05.2005 - Serie A - Juventus-Parma 2-0

 

358 presenze - 20 reti

 

7 scudetti

1 coppa Italia

4 supercoppe italiane

1 champions league

1 supercoppa Uefa

1 coppa intercontinentale

1 trofeo intertoto

 

Allenatore della Juventus dal 2009 al 2010

 

Campione del mondo 2006 con la nazionale italiana (Collaboratore Tecnico)

 

 

 

Ciro Ferrara (Napoli, 11 febbraio 1967) è un allenatore di calcio ed ex calciatore italiano, di ruolo difensore.

 

Annoverato tra i migliori difensori degli anni 1980 e 1990, nel corso della sua carriera ha vestito le maglie di Napoli e Juventus, conquistando 9 scudetti (1986-87, 1989-90, 1994-95, 1996-97, 1997-98, 2001-02, 2002-03, 2003-2004 e 2004-2005), 2 Coppe Italia (1986-87 e 1994-95), una Coppa UEFA (1988-89), 5 Supercoppe italiane (1990, 1995, 1997, 2002 e 2003), 1 UEFA Champions League (1995-96), 1 Supercoppa UEFA (1996), 1 Coppa Intercontinentale (1996) e 1 Coppa Intertoto (1999).

Tra il 1987 e il 2000 ha totalizzato 49 presenze in nazionale, partecipando al campionato d'Europa 1988 e al campionato del mondo 1990, chiusi entrambi al terzo posto, e al campionato d'Europa 2000, concluso in seconda posizione. In giovane età ha fatto parte anche dell'Under-21 e della selezione olimpica, con la quale ha disputato i Giochi di Seul 1988.

I 9 campionati vinti lo collocano tra i giocatori più decorati nella storia della Serie A. Nel 1997 è stato incluso nella squadra dell'anno ESM e candidato al Pallone d'oro, classificandosi 33º.

 

Ciro Ferrara
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Ferrara nel 2012
     
Nazionalità Italia Italia
Altezza 180 cm
Peso 90 kg
Calcio Football pictogram.svg
Ruolo Allenatore (ex difensore)
Termine carriera 2005 - giocatore
Carriera
Giovanili
1981-1982 non conosciuta Salvator Rosa  
1982   Grumese  
1982-1984   Napoli  
Squadre di club1
1984-1994   Napoli 247 (12)
1994-2005   Juventus 358 (20)
Nazionale
1985-1987 Italia Italia U-21 6 (1)
1988 Italia Italia olimpica 6 (1)
1987-2000 Italia Italia 49 (0)
Carriera da allenatore
2005-2006 Italia Italia Coll. tecnico
2008-2009 Italia Italia Coll. tecnico
2009-2010   Juventus  
2010-2012 Italia Italia U-21  
2012   Sampdoria  
2016-2017   Wuhan Zall  
Palmarès
 
Coppa mondiale.svg Mondiali di calcio
Bronzo Italia 1990
UEFA European Cup.svg Europei di calcio
Argento Belgio-Paesi Bassi 2000

 

Biografia

È nato a Napoli l'11 febbraio 1967, nel quartiere di Posillipo. Esiste un altro calciatore nato nella stessa città, nello stesso anno e con lo stesso nome, che ha fatto parte della rosa del Napoli nella stagione 1985-1986; essendo all'epoca entrambi nella stessa squadra, per differenziarli venivano chiamati per soprannome: al più anziano dei due toccò il nomignolo Stielike, con riferimento all'ex difensore della Germania Ovest noto per il suo energico stile di gioco. L'altro, che sarebbe diventato meno famoso, veniva chiamato Totó.

Insieme alla famiglia, nel 2004 è comparso in una serie di spot televisivi della marca di yogurt Danette della Danone, mentre nel 2021 ha recitato negli spot TIMvision insieme a Lino Banfi e agli ex colleghi Christian Vieri e Filippo Inzaghi. In precedenza, nel 2002 era comparso, insieme ad altri due giocatori suoi conterranei, Fabio Cannavaro e Vincenzo Montella, nel film Volesse il cielo! di Vincenzo Salemme. Dalla stagione televisiva 2015-2016 è stato commentatore e opinionista tecnico per Premium Calcio, mentre nel 2021 diventa opinionista per DAZN. Nel 2019 ha partecipato al celebrity talent show di Canale 5, Amici Celebrities, mentre nel 2022 partecipa al reality Pechino Express in coppia col figlio Giovanbattista.

A maggio 2005, sempre insieme a Cannavaro, ha creato la Fondazione Cannavaro-Ferrara, associazione di volontariato che si occupa dei bambini disagiati dei quartieri napoletani.

Al termine dell'attività agonistica si è stabilito con la famiglia a Torino, dove ha aperto una pizzeria che porta il suo nome.

Nel 2020 pubblica il libro Ho visto Diego e dico 'o vero con prefazione dell'amico ed ex compagno di squadra Diego Armando Maradona.

Caratteristiche tecniche

Giocatore

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Ferrara (a sinistra), giovane capitano napoletano, in marcatura sul milanista Marco van Basten nel campionato 1990-1991.

 

Affermatosi in giovane età, Ferrara era un difensore grintoso ma corretto, molto dotato atleticamente nonché valido sul piano tecnico. Abile in acrobazia e nel gioco aereo, spiccava per carisma e personalità, ed era in grado di adattarsi a diversi ruoli e moduli tattici: poteva infatti agire da stopper, libero e terzino; inoltre, pur essendo uno specialista della marcatura a uomo, nella quale non lesinava interventi decisi — per questo motivo, avversari come Zbigniew Boniek e Ryan Giggs lo annoverarono tra i difensori più difficili da affrontare —, dimostrò di potersi disimpegnare con profitto anche negli schieramenti a zona, a dispetto di qualche scetticismo. Il suo repertorio comprendeva altresì una buona propensione agli sganciamenti offensivi.

Carriera

Giocatore

Club

Gli inizi, Napoli
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Ferrara al Napoli nella stagione 1987-1988

 

A quattordici anni fece il suo primo provino per il Salvator Rosa, squadra del quartiere napoletano del Vomero, grazie all'accordo che il presidente strappò ai suoi genitori: un giorno di allenamento in meno rispetto agli altri per avere più tempo da dedicare allo studio. La stagione successiva fu ceduto alla Grumese che tuttavia lasciò dopo un solo allenamento per la troppa lontananza da casa.

Quindi, dopo un provino con il Napoli, entrò negli Allievi B e successivamente negli Allievi A del club azzurro. Per la vittoria dello scudetto di categoria, la squadra di Ferrara verrà premiata dal numero dieci della prima squadra, Diego Armando Maradona, nel corso della sua presentazione allo stadio San Paolo il 5 luglio 1984; come premio, a sorpresa Ferrara verrà poi convocato, insieme ad alcuni compagni degli Allievi, per il ritiro precampionato della prima squadra a Castel del Piano. Costretto momentaneamente in carrozzella dalla sindrome di Osgood-Schlatter, una volta ripresosi poté esordire in Serie A con la maglia azzurra il 5 maggio 1985, al San Paolo contro la Juventus, partita del campionato 1984-1985.

Nella stagione 1986-1987 vinse i suoi primi trofei: lo scudetto e la Coppa Italia. Nella 1989 il Napoli vinse il suo primo trofeo europeo, la Coppa UEFA, battendo in finale lo Stoccarda: nella finale di ritorno Ferrara segnò il gol momentaneo del 2-1. Dopo due secondi posti consecutivi in campionato, Ferrara vinse da protagonista un altro scudetto nel 1989-1990, seguìto dalla Supercoppa italiana conquistata contro la Juventus. Nel 1991, dopo la cessione di Diego Armando Maradona, divenne capitano del Napoli, suffragando il suo status di bandiera del club, molto apprezzata dalla tifoseria.

In dieci stagioni vestì la maglia azzurra 323 volte: 247 presenze in Serie A e 12 gol, 47 in Coppa Italia con due segnature e una in Supercoppa italiana, 28 presenze nelle coppe europee e un gol.

Juventus
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Ferrara in azione alla Juventus nell'annata 1994-1995

 

Nell'estate del 1994 viene ceduto alla Juventus, dove ritrova Marcello Lippi il quale già lo aveva allenato a Napoli. Pagato 9,4 miliardi di lire, contribuisce con un rendimento eccellente alla vittoria dello scudetto, il terzo della sua carriera, e della Coppa Italia, la seconda per lui. L'anno successivo vinse ai rigori la Champions League, allo Stadio Olimpico di Roma contro l'Ajax di van Gaal, realizzando il primo penalty per la Juventus. Nella stagione successiva gli venne affiancato Paolo Montero, con il quale comporrà per anni una coppia difensiva di alto livello.

A Torino vinse sette campionati, una Coppa Italia, quattro Supercoppe italiane, una Champions League, una Supercoppa UEFA, una Coppa Intertoto dell'UEFA e una Coppa Intercontinentale. Oltre a quella vinta nel 1996, ha disputato altre tre finali di Champions League: nel 1997 contro il Borussia Dortmund, nel 1998 contro il Real Madrid e nel 2003 contro il Milan.

Il 15 maggio 2005, a trentotto anni, gioca la sua ultima partita ufficiale, contro il Parma allo Stadio delle Alpi. Si ritira al termine di quella stagione, vantando in tutto 500 partite in Serie A, nel corso di ventuno stagioni consecutive.

Con la maglia bianconera ha giocato in totale 358 incontri: 253 partite in Serie A (più uno spareggio per l'accesso alle coppe europee) segnando 15 gol; 26 in Coppa Italia; e 3 finali di Supercoppa, con 2 segnature; 74 incontri europei con 3 centri e una presenza nella Coppa Intercontinentale.

Al 2019 è quattordicesimo nella classifica di presenze in nella massima serie. Con Giancarlo De Sisti e Luciano Castellini, è uno dei tre calciatori ad aver collezionato almeno 200 presenze in Serie A con due differenti squadre.

Nazionale

Dopo aver totalizzato 6 presenze in Under-21, esordì nella nazionale maggiore il 10 giugno 1987, a 20 anni, in Italia-Argentina (3-1), amichevole disputata a Zurigo. Venne convocato dal commissario tecnico Azeglio Vicini per il campionato d'Europa 1988 e il campionato del mondo 1990, che videro l'Italia giungere al terzo posto. Le due competizioni furono inframmezzate dalla partecipazione con la nazionale olimpica ai Giochi di Seul 1988, chiusi dagli italiani al quarto posto.

 

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Ferrara, con la maglia dell'Italia, in azione durante la finale per il terzo posto contro l'Inghilterra al campionato del mondo 1990

 

Durante le qualificazioni per il campionato d'Europa 1992, Ferrara iniziò a essere impiegato con maggiore frequenza, insidiando la titolarità di Giuseppe Bergomi nel ruolo di terzino destro, ma, sul finire del 1991, l'approdo di Arrigo Sacchi sulla panchina dell'Italia determinò una brusca interruzione della sua carriera azzurra: dopo aver ricevuto tre convocazioni tra il novembre 1991 e il marzo 1992 (senza scendere in campo), il difensore partenopeo fu escluso per tre anni dal giro della nazionale, poiché ritenuto scarsamente adattabile alla marcatura a zona. Reintegrato nelle file azzurre a partire dal giugno 1995, Ferrara si affermò come titolare durante le qualificazioni al campionato d'Europa 1996, ma si infortunò prima dell'inizio della competizione, venendo sostituito dall'esordiente Alessandro Nesta.

Sotto la guida di Cesare Maldini, successore di Sacchi, prese parte alle qualificazioni per il campionato del mondo 1998, ma dovette saltare anche quest'ultima manifestazione per via di un altro infortunio; al suo posto fu convocato il rientrante Bergomi.

Il 23 febbraio 2000 scese in campo con la fascia da capitano degli azzurri nell'amichevole vinta 1-0 contro la Svezia. A trentatré anni venne convocato dal CT Dino Zoff per il campionato d'Europa 2000 chiuso dall'Italia al secondo posto, e dove nella sfida della fase a gironi contro la Svezia giocò l'ultima delle sue 49 gare in nazionale.

Allenatore

Inizi e giovanili

Nel 2005, subito dopo il suo ritiro, è entrato nello staff della nazionale italiana da collaboratore tecnico del CT Marcello Lippi, partecipando alla vittoria del campionato del mondo 2006. Successivamente torna alla Juventus da responsabile del settore giovanile ed è commentatore televisivo per Sky Sport. Il 26 giugno 2008, col ritorno di Lippi sulla panchina azzurra, torna a ricoprire il ruolo di collaboratore tecnico, senza lasciare le responsabilità del settore giovanile bianconero. Il 18 maggio 2009, in seguito alla sua nomina di allenatore della Juventus, lascia l'incarico in nazionale.

Juventus

Il 18 maggio 2009 assume la carica di allenatore della Juventus dopo l'esonero di Claudio Ranieri.

Esordisce sulla panchina bianconera il 24 maggio con vittoria per 0-3 a Siena, interrompendo la striscia negativa che non vedeva vincere la Juventus da 64 giorni e conquistando la qualificazione diretta alla fase a gironi della successiva Champions League. La settimana seguente, con la vittoria per 2-0 in casa sulla Lazio, la squadra raggiunge il secondo posto finale. Il 5 giugno 2009, dopo aver lasciato l'incarico in nazionale, è confermato allenatore della Juventus.

 

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Ferrara (a destra) nell'estate del 2009, mentre firma autografi da allenatore della Juventus

 

La stagione seguente inizia con quattro vittorie consecutive in campionato, ma la squadra accusa presto segni di cedimento, e scivola in una fase negativa che culmina con l'eliminazione dalla Champions League e conseguente retrocessione in Europa League. Nonostante la vittoria 2-1 nel derby d'Italia di dicembre, la crisi di risultati prosegue anche nelle settimane seguenti; il 29 gennaio 2010, all'indomani dell'eliminazione in Coppa Italia per mano dell'Inter, Ferrara è esonerato e sostituito da Alberto Zaccheroni.

Nazionale Under-21

Il 22 ottobre 2010 diventa allenatore dell'Italia Under-21, sostituendo Pierluigi Casiraghi. Il 17 novembre seguente esordisce battendo in amichevole la Turchia 2-1 allo stadio comunale di Fermo. Siede per l'ultima volta sulla panchina dell'Under-21 il 4 giugno 2012 in Irlanda-Italia 2-2. In totale colleziona 19 gare (12 vinte, 6 pareggiate, 1 persa).

Sampdoria

Il 1º luglio 2012 firma con la Sampdoria. Esordisce il 27 agosto nel campionato di Serie A, vincendo col Milan a San Siro ed eliminando il punto di penalità inflitto dal giudice sportivo alla squadra.

Dopo altre due vittorie e due pareggi, a partire dalla sesta giornata, la squadra inizia una serie di sconfitte consecutive: quella col Palermo alla dodicesima giornata è la settima consecutiva e la prima con due gol di scarto (le sei precedenti erano sconfitte di misura), determinando il record negativo per la squadra per quanto riguarda la massima serie. Lo stesso Ferrara dichiara, al termine della gara, di avere la totale colpa ma di non volersi dimettere. La serie negativa finisce con la vittoria 3-1 sul Genoa nel derby, il primo in carriera.

Il 17 dicembre, dopo la nona sconfitta subita (sette consecutive) col Catania 3-1 e con la squadra classificata al 15º posto, è esonerato e sostituito da Delio Rossi. Nella sua permanenza nella panchina blucerchiata, ha ottenuto in totale 18 punti (-1 a causa della penalizzazione) frutto di 5 vittorie, 3 pareggi e 9 sconfitte.

Wuhan Zall

Il 5 luglio 2016 torna ad allenare firmando per il Wuhan Zall, club della seconda divisione cinese. Subentra con la squadra al tredicesimo posto nella classifica, portandola alla sesta piazza finale. La stagione seguente, causa un avvio stentato (un punto nelle prime due giornate), viene esonerato.

Palmarès

Giocatore

Club

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Ferrara e Attilio Lombardo festeggiano il successo della Juventus nella Supercoppa UEFA 1996
Competizioni giovanili
Competizioni nazionali
Napoli: 1986-1987, 1989-1990
Juventus: 1994-1995, 1996-1997, 1997-1998, 2001-2002, 2002-2003. 2003-2004, 2004-2005
Competizioni internazionali

Nazionale

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Ferrara (terzo da destra) festeggia coi compagni di nazionale la vittoria italiana al mondiale militare 1987

Individuale

Onorificenze

Cavaliere Ordine al merito della Repubblica Italiana - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere Ordine al merito della Repubblica Italiana
  — Roma, 30 settembre 1991. Di iniziativa del Presidente della Repubblica Italiana.
Ufficiale Ordine al merito della Repubblica Italiana - nastrino per uniforme ordinaria Ufficiale Ordine al merito della Repubblica Italiana
 

— Roma, 12 luglio 2000. Di iniziativa del Presidente della Repubblica Italiana.

 

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GIULIO SALA, “HURRÀ JUVENTUS” GIUGNO 2005
Il 5 maggio 2005 Ciro Ferrara ha compiuto vent’anni; ventiquattro giorni dopo, il 29 maggio, ha vissuto la sua ultima domenica da calciatore. Nulla di strano comunque, il nostro è tutto fuorché un baby pensionato: le candeline spente un mese fa, non erano quelle di un compleanno, ma di un anniversario, quello della sua ventesima stagione in Serie A. Considerato il fatto che Ciro di anni ne ha trentotto, significa che ha trascorso più della metà della sua vita sui campi di calcio, a inseguire vittorie e avversari, raggiungendo il più delle volte entrambi e divenendo, partita dopo partita, prima un uomo, poi un campione, poi ancora un monumento.
Un personaggio speciale, quello lo è sempre stato: quando lo scorso 15 maggio, al 43° minuto di Juventus-Parma, è entrato in campo, divenendo il decimo giocatore di sempre a raggiungere le 500 presenze in Serie A, il Delle Alpi gli ha riservato un’ovazione commossa, rispondendo all’invito di capitan Del Piero, che da bordo campo, dirigeva i cori, incitando lo stadio a gridare più forte. Una dimostrazione di simpatia e affetto da parte di tifosi e compagni, che non era solo il giusto tributo per il record, ma un doveroso omaggio all’ultimo atto di una carriera straordinaria, resa unica da statistiche impressionanti e da personaggi da leggenda.
Una storia che inizia il 5 maggio 1985: al San Paolo giocano Napoli e Juventus, quasi uno schiaffo per chi non crede nel destino. In campo ci sono Maradona e Platini e quattro Campioni del Mondo di Spagna 1982. È un incontro di cartello, ma si gioca ugualmente la domenica pomeriggio: non esistono ancora Pay TV o Pay per View. Per seguire le partite in diretta, o vai allo stadio o ascolti Ameri e Ciotti alla radio e, per vedere i goal, aspetti “90° minuto” come una benedizione.
È un mondo diverso: non ci sono cellulari, internet è ancora un mistero per tutti, Berlusconi non è neanche ancora Presidente del Milan. Ciro è un ragazzino di diciotto anni e si sta scaldando a bordo campo. Quando Rino Marchesi, l’allenatore del Napoli, lo chiama per farlo entrare, non sa che, in quel momento, sta mettendo la sua firma su uno dei capitoli più importanti della storia del calcio italiano. «E chi se lo aspettava di giocare? Era una domenica di fine stagione. Marchesi mi aveva portato già diverse volte in panchina e diverse volte mi aveva fatto scaldare, ma non ero mai entrato. Io andavo sempre a scaldarmi vicino alla bandierina; un giorno l’allenatore degli Allievi, mister Delella, mi disse: “Guarda che se non stai vicino alla panchina, il mister si dimentica che ti stai scaldando” e allora misi a frutto il suo consiglio. In realtà quella domenica si fece male Ferrario e così presi il suo posto dopo una ventina di minuti. Mi trovai di fronte Boniek e naturalmente cercai di fare del mio meglio. Terminò 0-0 ed io ero convinto di aver giocato bene e che fosse stata una grande gara. In realtà poi l’ho rivista e fu una partita scandalosa, bruttissima camminavano tutti in mezzo al campo».
Quanto avevi sognato quel momento, quando eri piccolo? «Mah, a dire la verità, da piccolo proprio non ci pensavo. Come tutti i bambini ero appassionato di sport e di calcio in particolare ma fino a tredici anni non ho mai fatto parte di una squadra. Facevo tante attività, nuoto, mini basket, ma a calcio giocavo giusto con gli amici nel cortile di casa. Poi, a tredici anni, appunto, ho fatto il mio primo provino, nel Salvator Rosa, una squadra del Vomero. Il campo però era piuttosto lontano e andare fino là portava via troppo tempo allo studio, così dopo appena una settimana di allenamento non andai più. Per fortuna l’allora presidente Varriale chiamò a casa e parlò con i miei genitori ed io promisi loro che avrei continuato a studiare. Devo dire che, in quel periodo, i sacrifici maggiori li fecero proprio i miei, mia madre in particolare, che mi veniva a prendere a scuola per portarmi all’allenamento. Io da parte mia ho mantenuto la promessa e ho terminato gli studi».
A scuola te la cavavi bene? «Tutto sommato sì, anche quando ho iniziato a giocare non ci sono stati grossi problemi, almeno nei primi tempi. Poi, verso i sedici, diciassette anni, quando ero già al Napoli, gli impegni diventavano per così dire più importanti, visto che iniziavo a entrare nel giro della prima squadra, e naturalmente avevo meno tempo. Diciamo che comunque sono stato un allievo scaltro, mi facevo interrogare solo quando ero preparato».
Visto che non sognavi di fare il calciatore, che tipo di carriera avevi in mente? «Ero convinto di dover continuare l’attività di mio padre. Lui è un tecnico ortopedico e aveva il suo studio dove ogni tanto andavo per iniziare a conoscere il mestiere. Pensavo che quello sarebbe stato il mio lavoro, poi è capitato talmente tutto in fretta che non mi sono neanche reso conto di avere per le mani una grossa opportunità».
Quando hai capito che ce l’avresti fatta? «Il giorno che sono andato in ritiro con la prima squadra. Fu un premio che la società riservò a me e ad altri tre ragazzi, per aver vinto il campionato Allievi. L’allenatore, Marchesi, durante le amichevoli mi metteva in campo, mi buttava nella mischia e allora cominciavo a dirmi: “Oh, Ciro, guarda che il treno non passa tanto spesso”. Non volevo lasciarmi sfuggire l’occasione anche se non pensavo di poter arrivare a certi livelli».
Come ti sentivi ad allenarti con i campioni? «Era già un sogno essere in squadra con Bruscolotti, con Bagni, con Maradona. Quello era il primo ritiro di Diego con il Napoli. Li guardavo mentre si allenavano e mi chiedevo: “Ma che ci faccio io qui?”. Cercavo di rubargli qualche segreto, di capire da loro come ci si doveva comportare, avevo profondo rispetto per i compagni più grandi. Ora mi pare che le cose siano un po’ cambiate: sarà che ci sono più possibilità di allenarsi con la prima squadra, sarà che è più facile finire sui giornali ma credo che oggi i ragazzi perdano un po’ di umiltà. Il primo giorno di ritiro, io ero in imbarazzo: non sapevo se dare del lei o del tu; poi sono stati gli stessi compagni a mettermi a mio agio, però di borse ne ho portate tante. Oggi è un po’ più difficile che accada».
Poi sei diventato un punto fermo di quel Napoli, non solo tu, partenopeo doc, ne sei diventato un simbolo. «Per me era un grande onore rappresentare non solo la squadra, ma anche la città. Oltretutto la società, spinta dal fatto di non aver mai vinto nulla di importante, era sempre alla ricerca di giocatori già affermati e difficilmente puntava su un ragazzo delle giovanili. Invece credo proprio che il primo scudetto sia stato vinto grazie ad un’ossatura fatta di giocatori campani, oltre che, naturalmente, grazie ai fenomeni che avevamo in squadra».
Quello scudetto resta indimenticabile: tutta Napoli festeggiò per settimane. «La cosa bella quando si ottiene un risultato è festeggiare! E noi festeggiammo per tanto tempo! Ho vinto ancora diversi scudetti, ma quello per me resta il ricordo più importante, proprio per come fu vissuta quella vittoria, per la gioia, la felicità con cui fu accolto quel successo. I giornali lo descrissero come il riscatto di Napoli. In effetti, andare sui campi di Juve, Milan, Inter e dettare legge era una bella soddisfazione, per tutta la città».
Mentre il Ferrara calciatore vinceva e faceva carriera, l’uomo metteva su famiglia. È a Napoli che hai conosciuto tua moglie. «Naturalmente. Ci conoscevamo da quando avevamo quindici anni e ci siamo sposati molto giovani. Lei, come tutta la sua famiglia, è sempre stata un punto di riferimento e pur standomi vicino nei momenti difficili, ha sempre avuto l’intelligenza di non entrare mai nel mio lavoro».
Neanche quando è arrivato il momento di lasciare Napoli e di venire alla Juve? «Mah, si sapeva che il Napoli era in un momento di difficoltà e aveva necessità di vendere. C’era la possibilità di andare anche in altre squadre, alla Roma o al Parma, in città più vicine. Ne ho parlato con i miei familiari, ma ho preso io la decisione di venire alla Juve e loro successivamente l’hanno condivisa. Per me era importante avere la possibilità di rimanere a certi livelli e nonostante fossero nove anni che la Juventus non vinceva lo scudetto, scelsi Torino e credo proprio di non aver sbagliato».
Napoli e Torino, due città molto diverse tra loro. Com’è stato il primo impatto? «Beh, Torino comunque è una città abbastanza meridionale, quindi non mi sentivo così lontano da casa! A parte gli scherzi, il primo impatto non è stato semplice, anche se conoscevo bene l’allenatore, Lippi, e molti compagni. Mi ricordo che giravo con mia moglie per il centro e ci chiedevamo: “E che ci facciamo qui?” Quando sono venuto alla Juve, avevo ventisette anni e per ventisette anni avevo sempre vissuto a Napoli, ero il capitano della squadra, guadagnavo bene. Ritrovarmi in un’altra città era una sensazione strana. Devo dire che aver vinto lo scudetto e la Coppa Italia il primo anno mi ha aiutato molto. Di successi poi ne sono arrivati tanti e quando si vince è tutto più facile. Certo le differenze tra le due città ci sono, eccome: sul piano sportivo: Napoli vive di calcio, Torino invece è più fredda, anche nel modo di vivere le vittorie. Qui si è obbligati a ottenere dei risultati, ma quando arrivano bisogna comunque esserne felici. Questo è proprio un rimprovero che sento di dover fare alla città: quando si vince, anche se si è abituati, bisogna festeggiare come merita».
Ti aspettavi di riuscire a vincere già al primo anno di Juventus? «No, proprio perché la Juventus non vinceva da tempo. E invece, nonostante si stessero ponendo le basi di un progetto completamente nuovo, riuscimmo subito a compattarci in quello che divenne poi, il gruppo storico».
Al primo anno, scudetto e Coppa Italia, poi, l’anno dopo, la Champions League. È stato quello il successo più gratificante nei tuoi anni alla Juve? «Riuscire a vincere la Coppa Campioni è importantissimo per la carriera di qualsiasi calciatore, Oltretutto, come dicevo, qui a Torino l’euforia per gli scudetti passa abbastanza in fretta: il sogno dei tifosi bianconeri è sempre la coppa, proprio per questo sono felice di aver fatto parte di quel gruppo».
Un gruppo che sempre stato la forza della Juventus, nonostante, gli arrivi e le partenze di diversi campioni. «Negli anni sono andati via giocatori molto carismatici, dei veri e propri leader, ma ne sono arrivati altri, magari con caratteristiche diverse, ma sempre validi dal punto di vista tecnico. Io penso sia una questione di mentalità: quando arrivi alla Juventus, sai che devi comportarti e lavorare seriamente, perché la società ti mette a disposizione tutto, nei minimi particolari, permettendoti di pensare solo a giocare. Da questa squadra, negli oltre cento anni della sua storia, sono passati giocatori fortissimi, ma la continuità credo che sia sempre arrivata dalla società e dalla famiglia Agnelli. Ognuno di noi smetterà di giocare, ma la Juventus è destinata a vincere sempre».
I tuoi successi in bianconero sono legati a Marcello Lippi. Insieme siete arrivati da Napoli e insieme avete vinto tutto. «Lippi ha dato tantissimo a questa società e a questa squadra, continuando ad aggiornarsi, evolvendosi, cambiando modo di giocare quando era il caso. Con la Juve ha sempre avuto un feeling particolare ed è riuscito fin da subito a creare un gruppo compatto e una mentalità vincente, la stessa che sono certo, riuscirà a dare anche alla Nazionale».
A proposito di Nazionale: tu ti sei tolto grosse soddisfazioni con le squadre di club, ma in azzurro non sono sempre state rose e fiori. «In effetti, sono stato per tanti anni nel giro, ma ho avuto qualche infortunio che non mi ha mai permesso di essere protagonista, nel vero senso della parola. Nel 1998 proprio per un incidente molto grave fui costretto a saltare i Mondiali».
Hai pagato anche l’arrivo di Sacchi sulla panchina azzurra. «Sicuro: per tre anni non fui convocato, ma mi presi una grossa rivincita quando venni richiamato. È stata una delle soddisfazioni più grandi, perché evidentemente lo convinsi che sarei potuto essere utile anche se il suo gioco era diverso da quello del Napoli».
L’esordio in maglia azzurra resta comunque uno dei ricordi più belli. «Come no. Debuttai nel 1987, contro l’Argentina, contro Maradona. Per me fu molto imbarazzante trovarmelo di fronte: anche se lui cercava di mettermi a mio agio, parlandomi, dicendomi di stare tranquillo, affrontavo comunque Maradona, i Campioni del Mondo. Però li battemmo, poi Diego si arrabbiò per un po’ di tempo, ma meglio lui che io, no?»
A proposito di Diego, che ora sta affrontando l’ennesima battaglia: ti capita mai di pensare, con il senno di poi, che forse tu e i tuoi compagni, in quegli anni, avreste potuto fare qualcosa di più per aiutarlo? «Guarda, bisogna prima chiarire che Diego, anche se può sembrare il contrario, ha un carattere molto forte, ha la testa bella dura. Per quanto mi riguarda, io l’ho conosciuto che avevo diciassette anni e a quel punto diventa difficile andare al cospetto di Maradona e parlargli in un certo modo, anche anni dopo. Credo che tutti noi abbiamo cercato di aiutarlo anche solo andando a chiamarlo a casa per farlo venire al campo ad allenarsi, a fare ciò che amava di più. Ora sta cercando di rimettersi in forma: non è facile, ma se ci si mette d’impegno sono sicuro che ce la potrà fare e mi riempirebbe davvero il cuore di gioia».
C’è ancora una cosa che Diego potrebbe fare per renderti felice: venire al San Paolo il 9 giugno, per la tua partita di addio. Passeresti alla storia come l’uomo che ha riportato Maradona a Napoli. «Se riuscisse a venire sarei l’uomo più felice de mondo e credo che come me lo sarebbe ogni napoletano. Comunque sarà una bella festa, che ho voluto fortemente. Ho sempre detto che non mi sarebbe sembrato corretto finire la carriera nel Napoli, tornando a trentotto anni con tanti successi alle spalle, ma con poco da dare alla squadra, però avevo ancora un obiettivo, che non ho mai detto a nessuno: indossare ancora una volta la maglia del Napoli. Lo farò nella mia ultima partita».
Quando hai deciso di smettere? «Questa stagione. È giusto che la Juventus ringiovanisca la rosa ed è giusto che io termini qui la mia carriera. Avrei avuto l’occasione, anche per il prossimo anno di andar giocare altrove, ma io ho ricevuto tanto dalla Juventus, soprattutto quando ho subito l’infortunio, sette anni fa. In quel momento avrei anche potuto andare via, ma la società invece ha creduto in me e mi ha permesso di giocare fino a trentotto anni. Sono sicuro che mi mancherà il campo. Ci sono stato per vent’anni. Il calcio è ciò che mi diverte di più, ma è arrivato il momento di smettere. Ho preso questa decisione molto serenamente e so che non me ne pentirò».
Hai mai pensato che tra cento anni, quando qualcuno prenderà in mano l’almanacco del calcio, il tuo nome ci sarà ancora e anche in bella evidenza? Ti rendi conto di essere un monumento vivente alla storia del calcio? Ciro, orgoglioso e divertito, si ferma un attimo a pensare. «Forse significa che qualcosa di buono l’ho fatto, forse perché ho giocato in due sole squadre, entrambe vincenti. Le vittorie sul campo però vanno divise con il resto della squadra, con l’allenatore, con la società. Io spero di aver lasciato un ricordo positivo anche come uomo. Comunque chi tra cento anni prenderà in mano l’almanacco, su Ferrara dovrà fermarsi a leggere per almeno cinque minuti».

 

http://ilpalloneracconta.blogspot.com/2008/02/ciro-ferrara.html

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Juve, l'ex Ferrara punge Pirlo: 'Io sono partito meglio... E chi è arrivato  dopo di me ha fatto peggio' | Serie A | Calciomercato.com

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Chi è Ciro Ferrara carriera vita privata Napoli e la Juve

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