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Socrates

Pietro Vierchowod

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Vierchowod: "Le marcature di oggi un insulto al calcio. Vorrei allenare per insegnare a difendere"

 

Vierchowod: tu chiamalo se vuoi Zar

 

 

 

Interessante intervista concessa ai taccuini del quotidiano 'Libero' da Pietro Vierchowod. L'ex difensore ha appena compiuto 61 anni e, nel corso del botta e risposta in cui ha affrontato anche il tema del taglio stipendi, s'è soffermato sul suo futuro: "Aspetto una squadra da allenare perché vorrei insegnare a difendere. Le marcature di oggi sono un insulto al calcio. I difensori non sanno leggere l'azione, i movimenti della palla". ......

 

Continua -> https://bit.ly/3bZa6L1

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Il 8/4/2020 alle 19:25 , Socrates ha scritto:

Vierchowod: "Le marcature di oggi un insulto al calcio. Vorrei allenare per insegnare a difendere"

 

ESCLUSIVA MB VIERCHOWOD: “Chiellini e Bonucci i più forti ...

 

 

 

Interessante intervista concessa ai taccuini del quotidiano 'Libero' da Pietro Vierchowod. L'ex difensore ha appena compiuto 61 anni e, nel corso del botta e risposta in cui ha affrontato anche il tema del taglio stipendi, s'è soffermato sul suo futuro: "Aspetto una squadra da allenare perché vorrei insegnare a difendere. Le marcature di oggi sono un insulto al calcio. I difensori non sanno leggere l'azione, i movimenti della palla". ......

 

Continua -> https://bit.ly/3bZa6L1

 

ma non si può portare in società? quest'uomo è un c**** di talismano

 

scudetto con la roma

scudetto con la samp

quasi scudetto con la fiorentina

quasi champions con la sampdoria

 

già una di queste cose è una roba epocale, lui ormai le realizza tutte e 4.

 

in più 1 anno con noi subito champions

ai mondiali 82 era in rosa ma non giocò mai perchè infortunato

 

vicini ai mondiali 90 gli preferì ferri, no comment

 

per un decennio è stato lo stopper più forte d'europa facendo le fortune di ogni squadra che lo ha avuto in rosa.

 

maradona disse di lui che era hulk, il miglior marcatore mai incontrato. e ricordiamoci che van basten contro di lui non ha mai segnato, duelli all'ultimo sangue ogni volta.

 

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55062307_juve1989.png.0e751d8b023348d650bcfe17bd167d22.png   PIETRO VIERCHOWOD

 

File:Pietro Vierchowod - Juventus FC (Trofeo Berlusconi 1995).jpg -  Wikipedia

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Pietro_Vierchowod

 

 

Nazione: Italia 20px-Flag_of_Italy.svg.png
Luogo di nascita: Calcinate (Bergamo)
Data di nascita: 06.04.1959
Ruolo: Difensore
Altezza: 179 cm
Peso: 76 kg
Nazionale Italiano
Soprannome: Lo Zar - Il Russo - Orso

 

 

Alla Juventus dal 1995 al 1996

Esordio: 27.08.1995 - Serie A - Juventus-Cremonese 4-1

Ultima partita: 22.05.1996 - Champions League - Ajax-Juventus 1-1

 

31 presenze - 2 reti

 

1 supercoppa italiana

1 champions league

 

Campione del mondo 1982 con la nazionale italiana

 

 

Pietro Vierchowod (Calcinate, 6 aprile 1959) è un allenatore di calcio ed ex calciatore italiano, di ruolo difensore, campione del mondo nel 1982 con la nazionale italiana.

 

Ritenuto uno dei migliori difensori italiani di sempre, è stato uno dei massimi interpreti del ruolo negli anni 1980 e 1990. Dopo gli esordi nella Romanese in Serie D, militò per un quinquennio nel Como, con cui vinse un campionato di Serie C1 (1978-1979) e uno di B (1979-1980), debuttando quindi nella massima serie. Acquistato dalla Sampdoria, fu girato in prestito prima alla Fiorentina e poi alla Roma, con cui vinse il suo primo scudetto nella stagione 1982-1983. Rientrato a Genova, divenne una bandiera della Sampdoria, legandovi la maggior parte della propria carriera e conquistando nell'arco di 12 stagioni quattro Coppe Italia (1984-1985, 1987-1988, 1988-1989 e 1993-1994), una Coppa delle Coppe (1989-1990), un altro scudetto (1990-1991) e una Supercoppa italiana (1991). Nel 1995 fu ceduto alla Juventus, dove rimase per una stagione vincendo una seconda Supercoppa italiana (1995) e una Champions League (1995-1996). Svincolatosi dal club torinese, si accasò per un anno al Milan per poi chiudere la carriera con un triennio al Piacenza, ritirandosi nel 2000, a 41 anni, dopo aver totalizzato 562 presenze in Serie A.

Tra il 1981 e il 1993 ha fatto parte della nazionale italiana, con cui ha totalizzato 45 presenze, segnando 2 reti; ha disputato tre edizioni del campionato del mondo, vincendo l'edizione di Spagna 1982, senza scendere in campo a causa di un infortunio, e ottenendo un terzo posto a Italia 1990.

Intrapresa la carriera di allenatore, nella prima metà degli anni 2000 ha guidato il Catania, la Florentia Viola e la Triestina; negli anni 2010 ha maturato due esperienze all'estero, prima all'Honvéd e poi al Kamza.

 

Pietro Vierchowod
Pietro Vierchowod - UC Sampdoria 1990-91.jpg
Vierchowod alla Sampdoria nel 1990
     
Nazionalità Italia Italia
Altezza 179 cm
Peso 76 kg
Calcio Football pictogram.svg
Ruolo Allenatore (ex difensore)
Termine carriera 2000 - giocatore
Carriera
Giovanili
1969-1973 non conosciuta Oratorio Spirano
1973-1975   Romanese
Squadre di club
1975-1976   Romanese 3 (0)
1976-1981   Como 115 (6)
1981-1982    Fiorentina 32 (2)
1982-1983    Roma 30 (0)
1983-1995   Sampdoria 358 (25)
1995-1996   Juventus 31 (2)
1996   Perugia 0 (0)
1996-1997   Milan 16 (1)
1997-2000   Piacenza 79 (6)
Nazionale
1981-1993 Italia Italia 45 (2)
Carriera da allenatore
2001-2002   Catania
2002   Florentia Viola
2005   Triestina
2014   Honvéd
2018   Kamza
Palmarès
 
Coppa mondiale.svg Mondiali di calcio
Oro Spagna 1982
Bronzo Italia 1990

 

Biografia

Il padre Ivan Lukjanovič Verchovod era un soldato dell'Armata Rossa originario di Kiev, che fu prigioniero a Bolzano, Pisa e Modena; terminata la seconda guerra mondiale si rifiutò di tornare in patria e si stabilì a Spirano, in provincia di Bergamo.

Le origini ucraine hanno valso al giocatore il soprannome di Zar, un appellativo che peraltro ben si adattava alle sue doti caratteriali.

Caratteristiche tecniche

Giocatore

220px-Serie_A_%2790-91%2C_Fiorentina-Sam
 
Vierchowod (a destra) in maglia sampdoriana nel 1990, mentre duella in velocità con il fiorentino Borgonovo.

 

Stopper tenace e grintoso, Vierchowod aveva nella velocità in campo aperto, retaggio di un passato nell'atletica leggera, la propria caratteristica distintiva: infatti, pur non essendo fulmineo nello scatto breve, risultava difficilmente eguagliabile sulle lunghe distanze — «facevo i cento metri in meno di 11 secondi: ero un missile» —; Enzo Bearzot lo riteneva «il difensore più rapido del mondo».

 

Le principali rivalità sportive

Nel corso della sua lunga carriera, Vierchowod si confrontò con varie generazioni di attaccanti — «ho giocato contro Boninsegna e Ševčenko» —, alcuni dei quali, ad esempio Gabriel Batistuta, Gary Lineker e Fabrizio Ravanelli, espressero giudizi lusinghieri su di lui, descrivendolo come il marcatore più difficile da affrontare. Le maggiori rivalità sportive, caratterizzate da un acceso ma leale agonismo, furono però quelle vissute con Diego Armando Maradona e Marco van Basten: l'argentino restò impressionato dalla forza fisica del difensore, tanto da ribattezzarlo Hulk; l'olandese, dal canto suo, nel 1992 manifestò il proprio disappunto per non aver mai segnato su azione contro lo Zar, un tabù peraltro sfatato il giorno successivo.

Oltre ai succitati Maradona e van Basten, considerati da Vierchowod i più forti avversari mai incontrati, il difensore annoverò Alessandro Altobelli e Franco Selvaggi tra i giocatori capaci di metterlo maggiormente in difficoltà: il secondo, in particolare, gli diede spesso del filo da torcere in virtù della sua agilità — «mi faceva girare la testa, era imprendibile» —, tanto da segnare diverse reti contro di lui. Degna di nota fu, inoltre, la menzione di Giampaolo Montesano, funambolico centrocampista che diede a Vierchowod numerosi grattacapi a inizio carriera, quando i due si affrontarono in Serie B.

Tra gli attaccanti marcati in tarda età, Vierchowod spese parole d'elogio per Ronaldo, ritenendo che il brasiliano, potenzialmente, avrebbe potuto metterlo alle strette anche se l'avesse affrontato all'apice del suo vigore fisico.

 

Ispiratosi a Tarcisio Burgnich, era uno specialista della marcatura a uomo, molto temuto in tal senso dagli attaccanti avversari, ma seppe adeguarsi anche alle sopravvenute innovazioni zoniste tanto da trovare posto, seppur a fasi alterne, nella nazionale di Arrigo Sacchi. Dapprima piuttosto grezzo nel tocco di palla, grazie a una spiccata etica del lavoro riuscì ad abbinare progressivi miglioramenti sul piano tecnico e tattico alle doti innate di personalità e prestanza fisica.

Sebbene non fosse particolarmente alto, riusciva a vincere la maggior parte dei contrasti aerei in virtù di una notevole elevazione e di un grande senso dell'anticipo. Era inoltre avvezzo alle sortite offensive e al gol, soprattutto di testa: con 38 reti in Serie A, è nel novero dei difensori più prolifici nella storia del massimo campionato italiano.

Di grande longevità sportiva, mantenne elevate prestazioni atletiche anche in età avanzata, ritirandosi a 41 anni senza aver mai accusato grossi problemi fisici, ad eccezione di tre casi di pneumotorace.

Carriera

Giocatore

Club

Gli inizi e Como
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Un giovane Vierchowod al Como

 

Dopo le giovanili nello Spirano e un provino al Milan dove fu scartato, esordì nella Romanese, squadra bergamasca di Serie D, ma crebbe calcisticamente nel Como con cui disputò cinque campionati ottenendo una doppia promozione dalla Serie C1 alla Serie A. Esordì nella massima serie nella stagione 1980-1981, a 20 anni, nella sconfitta interna del 14 settembre contro la Roma (0-1); a fine campionato contribuì alla salvezza della formazione lariana.

Fiorentina e Roma
220px-Pietro_Vierchowod_-_Fiorentina_198
 
Vierchowod alla Fiorentina nella stagione 1981-1982

 

Acquistato nel 1981 dalla Sampdoria di Paolo Mantovani, che al tempo militava in Serie B, il 15 luglio venne prestato in Serie A alla Fiorentina, con la quale nel campionato seguente giunse secondo, battagliando fino all'ultima giornata con la Juventus per il titolo.

Lasciò a malincuore Firenze a fine stagione, tuttavia il presidente doriano Mantovani, nel cederlo nuovamente in prestito, gli garantì l'approdo in una formazione con ambizioni da Scudetto: il 14 luglio 1982 diventò quindi un giocatore della Roma, un trasferimento di cui si sussurrava avesse dato il suo beneplacito persino Giulio Andreotti.

Nella Capitale andò a fare parte di una linea difensiva composta da interpreti fortemente votati al gioco d'attacco e in cui il neoacquisto, di conseguenza, era chiamato a svolgere un importante ruolo equilibratore: in una squadra dall'accentuata vocazione zonista come da dettami del tecnico Nils Liedholm, un marcatore puro quale Vierchowod divenne immediatamente imprescindibile nelle dinamiche di gioco romaniste — «la vera mossa vincente di Liedholm, oltre a mettere il mancino Nela terzino destro, Maldera a sinistra e Di Bartolomei regista arretrato, fu piazzare Vierchowod al centro della difesa. Una pedina fondamentale. Marcava tutti lui da solo, era insuperabile», ricorderà il suo compagno di spogliatoio Roberto Pruzzo —, rivelandosi uno dei protagonisti del secondo Scudetto giallorosso nell'annata 1982-1983.

 

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Vierchowod alla Roma nell'annata 1982-1983

 

L'ottimo rendimento della stagione romana gli valse inoltre la vittoria del Guerin d'oro.

Sampdoria

Da Roma venne quindi richiamato definitivamente a Genova nell'estate 1983. Inizialmente restio ad abbandonare la squadra campione d'Italia, fu in breve convinto dal carisma e dalla personalità di Mantovani il quale, dopo avere riportato la Sampdoria in Serie A e avere ottenuto un'agevole salvezza da neopromossa, sotto la sua presidenza stava iniziando a palesare ambizioni ai massimi livelli attraverso la costruzione di una squadra in cui, tra gli altri, anche Vierchowod doveva avere un ruolo centrale. Confermatosi fin dal primo anno in Liguria tra i difensori più affidabili in circolazione (una giuria di esperti lo elesse miglior centrale della stagione 1983-1984), vestì la maglia blucerchiata per le successive dodici stagioni, in coincidenza con il periodo più glorioso del club.

Nell'annata 1984-1985 partecipò alla vittoria della Coppa Italia, primo trofeo della storia sampdoriana, un successo replicato per altre due volte nella seconda metà del decennio. Frattanto nel 1986 l'arrivo di Vujadin Boškov in panchina aveva segnato un ulteriore punto di svolta: proprio il solido rapporto umano instauratosi con il tecnico jugoslavo nonché con Mantovani portò Vierchowod, insieme agli altri senatori dello spogliatoio come Roberto Mancini e Gianluca Vialli, a stringere un patto di ferro che li impegnò a non lasciare Genova finché non fosse arrivato lo Scudetto. Un successo che si materializzerà nel campionato 1990-1991, non prima di avere festeggiato anche il primo trionfo confederale del calcio genovese con la Coppa delle Coppe 1989-1990.

 

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Vierchowod (accosciato, primo da destra) con la maglia scudettata della Sampdoria 1991-1992, finalista di Coppa dei Campioni

 

Nel nuovo decennio Vierchowod, ormai uno dei leader e bandiera della compagine doriana, rimpinguò il proprio palmarès con la Supercoppa italiana 1991 e un'altra Coppa Italia nell'edizione 1993-1994, quest'ultima sollevata nell'occasione da capitano blucerchiato. Era invece sfuggita nel 1992 la Coppa dei Campioni, persa in finale a Wembley contro gli spagnoli del Barcellona; un tarlo che il giocatore si trascinerà dietro per i quattro anni a venire.

Juventus e Milan

Il 16 giugno 1995, a 36 anni, si trasferì alla Juventus per 500 milioni di lire, insieme ai compagni di squadra Attilio Lombardo e Vladimir Jugović. Approdato a Torino con l'obiettivo dichiarato di vincere la Champions League, contribuì con ottime prestazioni alla conquista del trofeo, disputando da titolare, all'età di 37 anni, la finale vinta ai tiri di rigore contro gli olandesi dell'Ajax, detentori del trofeo. A fine stagione, chiuso dai nuovi arrivi Paolo Montero e Mark Iuliano, fu lasciato libero dal club piemontese per ragioni anagrafiche.

 

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Vierchowod in azione alla Juventus nella stagione 1995-1996

 

Vierchowod si accordò inizialmente col neopromosso e ambizioso Perugia di Luciano Gaucci; tuttavia, a causa di sopravvenuti dissidi con l'allenatore Giovanni Galeone, rescisse il contratto coi grifoni prima dell'inizio del campionato.

Stante il sopraggiunto infortunio di Franco Baresi, il 3 settembre 1996 firmò quindi con il Milan dove rimase per una stagione, tuttavia avara di gioie.

Piacenza

Il 5 settembre 1997 si accasò al Piacenza, dove rimase tre stagioni, contribuendo alla salvezza nelle prime due annate. Degni di nota, nella stagione 1997-1998, furono i suoi duelli contro alcuni dei più temibili attaccanti della Serie A di allora: prossimo ai 39 anni, Vierchowod si prese la soddisfazione di negare il gol a molti di loro. Nel campionato 1998-1999 segnò il gol-salvezza nella sfida all'ultima giornata contro la Salernitana; rete che sancì la retrocessione della squadra campana.

 

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Vierchowod al Piacenza nel campionato 1997-1998

 

Si ritirò dall'attività agonistica nel 2000, a 41 anni, dopo la retrocessione dei piacentini in Serie B.

Ha disputato 562 partite in Serie A, settimo assoluto dietro Gianluigi Buffon, Paolo Maldini, Francesco Totti, Javier Zanetti, Gianluca Pagliuca e Dino Zoff; al momento del suo ritiro, era secondo solo a Zoff per presenze nella massima serie.

Avendo segnato un gol all'età di 40 anni e 47 giorni (il 23 maggio 1999 contro la Salernitana), è il quarto marcatore più anziano nella storia della Serie A, dopo Alessandro Costacurta, Silvio Piola e Zlatan Ibrahimović.

Nazionale

Convocato dal commissario tecnico Enzo Bearzot, esordì in nazionale maggiore il 6 gennaio 1981 a Montevideo, giocando titolare nella partita contro i Paesi Bassi (1-1) valevole per il Mundialito. Fece parte dei 22 convocati per il vittorioso campionato del mondo 1982 in Spagna in cui, tuttavia, non fu mai impiegato, anche a causa di un infortunio alla caviglia.

A partire del 1983 entrò in pianta stabile tra gli Azzurri e fu titolare fino al campionato del mondo 1986 in Messico, dove prese parte a tutte le gare disputate dall'Italia che fu eliminata dalla Francia agli ottavi di finale.

In seguito non fu confermato dal nuovo selezionatore Azeglio Vicini, che lo escluse dalle convocazioni.

 

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Vierchowod (in basso, a sinistra) in maglia azzurra, sul terzo gradino del podio al campionato del mondo 1990

 

Reduce da un periodo di ottima forma, ritornò in nazionale dopo quattro anni, il 21 febbraio 1990 per un'amichevole, e venne convocato per il campionato del mondo 1990 in Italia, dove venne impiegato in tre partite, compresa la finale per il 3º posto vinta 2-1 contro Inghilterra che giocò da titolare.

Rimase nel gruppo anche con Arrigo Sacchi, che tuttavia gli preferì spesso Alessandro Costacurta, più avvezzo ai movimenti difensivi richiesti dal tecnico. Vierchowod ottenne la sua ultima presenza il 1º maggio 1993, in una partita contro la Svizzera valida per le qualificazioni al campionato del mondo 1994, al quale preferirà non prendere parte, visto il ruolo di riserva prospettatogli da Sacchi: «Dissi no, perché non mi andava di sperare negli infortuni dei compagni. E pensare che poi si fece male Baresi...».

Con l'Italia conta 45 presenze e 2 reti, l'ultima delle quali, realizzata a 33 anni, 11 mesi e 18 giorni (il 24 marzo 1993 contro Malta), lo ha reso per diversi anni il marcatore più anziano nella storia della nazionale.

Allenatore

Il 19 dicembre 2001 ha esordito sulla panchina del Catania, in Serie C1; chiamato a sostituire Aldo Ammazzalorso, il 22 aprile 2002 viene esonerato a due giornate dal termine, con gli etnei in zona play-off.

L'11 agosto viene ingaggiato dalla Florentia Viola, nata sulle ceneri del fallimento societario della Fiorentina, per il campionato di Serie C2; il 29 ottobre viene nuovamente esonerato, dopo nove giornate, a causa dei risultati negativi ottenuti dalla squadra toscana, e sostituito da Alberto Cavasin.

Il 13 settembre 2005 è stato designato come nuovo allenatore della Triestina, in Serie B, incassando il terzo esonero consecutivo il 21 novembre dello stesso anno.

Il 13 giugno 2014, a distanza di nove anni dalla precedente esperienza in panchina, viene assunto dai magiari dell'Honvéd in sostituzione del connazionale Marco Rossi, venendo poi esonerato il 6 ottobre.

Il 31 maggio 2018 viene nominato allenatore della squadra albanese del Kamza.

Dopo il ritiro

Dal 2008 è opinionista Rai a Sabato Sprint. Nel 2012 si candida a sindaco nelle elezioni comunali di Como, alla guida di una lista civica, e ottiene 1017 voti (2,53% delle preferenze).

 

Palmarès

Vierchowod mostra la Coppa delle Coppe 1989-1990 vinta dalla Sampdoria (in alto), riceve da capitano blucerchiato la Coppa Italia 1993-1994 (al centro), e posa con Ravanelli dopo il trionfo della Juventus nella Champions League 1995-1996 (in basso).

 

Vierchowod mostra la Coppa delle Coppe 1989-1990 vinta dalla Sampdoria (in alto), riceve da capitano blucerchiato la Coppa Italia 1993-1994 (al centro), e posa con Ravanelli dopo il trionfo della Juventus nella Champions League 1995-1996 (in basso).

 

Vierchowod mostra la Coppa delle Coppe 1989-1990 vinta dalla Sampdoria (in alto), riceve da capitano blucerchiato la Coppa Italia 1993-1994 (al centro), e posa con Ravanelli dopo il trionfo della Juventus nella Champions League 1995-1996 (in basso).
Vierchowod mostra la Coppa delle Coppe 1989-1990 vinta dalla Sampdoria (in alto), riceve da capitano blucerchiato la Coppa Italia 1993-1994 (al centro), e posa con Ravanelli dopo il trionfo della Juventus nella Champions League 1995-1996 (in basso).

Giocatore

Club

Competizioni nazionali
Competizioni internazionali

Nazionale

Individuale

Onorificenze

Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana - nastrino per uniforme ordinaria Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana
  — 30 settembre 1991. Di iniziativa del Presidente della repubblica.
Collare d'oro al Merito Sportivo - nastrino per uniforme ordinaria Collare d'oro al Merito Sportivo
  — Roma, 19 dicembre 2017.

 

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55062307_juve1989.png.0e751d8b023348d650bcfe17bd167d22.png   PIETRO VIERCHOWOD

 

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Ha attraversato un ventennio del calcio italiano lasciando in tutti la sensazione di essere uno dei più grandi difensori dell’era moderna. Ha avuto l’onore e l’onere di confrontarsi con attaccanti fortissimi come Gullit, Van Basten, Völler, Careca e altri, con risultati sempre soddisfacenti. Noto a tutti gli appassionati di calcio come il Russo che, insieme al cognome, tradiscono le sue origini russe da parte di padre e come lo Zar, riconoscimento alla superiorità nell’arte del difendere.
Proprio dai duelli con questi grandi campioni è nato il mito di Pietro Vierchowod, quello rimasto nella mente di molti grazie alla marcatura su Marco Van Basten che sempre poco ha potuto a causa delle grandi doti atletiche e fisiche che lo stesso Russo metteva negli scontri.
A significarne anche l’ammirazione degli avversari, si può leggere la dichiarazione di Maradona che in un’intervista lo chiamò Hulk: «Una volta gli ero addosso, incollato. L’avevo, come si dice adesso, ingabbiato. Si è girato con una piroetta, un tunnel ed è volato via. Io allora sono scattato e l’ho raggiunto e chiuso in angolo e lui si è messo ridere: “Hanno ragione a dire che sei Hulk: ti manca solo il colore verde”. Ho affrontato attaccanti fortissimi: da Bettega a Pruzzo, da Graziani ad Altobelli. Spillo era completo; agile, potente, tecnicamente dotato, scattante e sgusciante, uno dei più difficili da marcare. Devo ammettere, però, che chi mi faceva impazzire era Selvaggi; alla fine mi faceva girare la testa, era imprendibile. Ma il numero uno era Van Basten; quando era in giornata diventava devastante, immarcabile. Anche per me, lo ammetto».
Pietro è un vanto anche per la storia delle società in cui ha giocato: nel Como, perché unico giocatore convocato nella Nazionale maggiore di tutta la storia comasca. Nella Fiorentina, con la quale ha conquistato il secondo posto. Nella Roma, perché nell’unico anno di militanza, ha vinto uno scudetto formando un quartetto difensivo unico nella concezione tattica, con Di Bartolomei libero in fase difensiva e primo suggeritore nelle ripartenze, che godeva della copertura puntuale e veloce dello Zar.
«Un’altra realtà, altra dimensione, altri giocatori: Ancelotti, Falçao, Prohaska, Bruno Conti. E il Barone… Ci affascinava con i suoi racconti surreali. Liedholm era molto superstizioso. Sulle maglie, ad esempio. Non potevamo prenderle, doveva consegnarle lui. Una volta, l’ho strappata dal mucchio, tanto sapevo il numero. Mi ha guardato malissimo: “Se succede qualcosa la colpa è tua. Non farlo più, capito?” Un’altra volta mi metto, per sbaglio, il suo cappotto: nelle tasche c’era di tutto. Ma proprio di tutto: sale, ciondoli, amuleti, boccettine, cornetti. Uomo fine e ironico ma credeva a queste cose».
Nella Sampdoria, perché ha preso parte ai dodici anni più gloriosi della società, coincisi con la storica conquista dello scudetto. Nella Juventus, perché nella sua stagione disputata con la maglia bianconera, ha conquistato una storica Coppa dei Campioni.
«Sono arrivato a Torino – dice con onestà – essenzialmente per vincere la Champions; non ho dimenticato la sconfitta di Wembley, contro il Barcellona, e ora vorrei prendermi la rivincita. Anche per questo, oltre al grande fascino che emana la Juventus, ho preferito un contratto annuale con i bianconeri, piuttosto che uno biennale propostomi da Roma e Fiorentina». Dirà in seguito: «L’allenamento cominciava alle dieci del mattino, io alle otto e mezzo ero già in campo. Spesso arrivava l’Avvocato. Non mi chiedeva di calcio, era curioso di tutto. Era stato in cavalleria e voleva sapere di mio padre soldato dell’armata sovietica. Della prigionia, del suo lavoro in Ucraina. Poi parlava anche della Juve… Nella Juve sono stato bene, c’era la struttura ideale per giocare al calcio. Tu devi pensare solo a fare il giocatore. Alla casa, all’affitto, al pediatra ci pensano loro».
Il suo distacco dal calcio giocato avviene nella sua parentesi piacentina, durante la quale entra in conflitto con l’allenatore Simoni; il tecnico emiliano non credendo più in quell’atleta di quarant’anni, spinge il Piacenza a non rinnovare la fiducia a Vierchowod, che termina la sua carriera a sole nove presenze dal primato di presenze in Serie A.
Pietro Vierchowod è stato sempre portato ad esempio da tutto il mondo del calcio, come modello di comportamento sia in campo che fuori; non si arriva a giocare titolare in Serie A fino a quasi quarant’anni senza tanta applicazione e dedizione. La sua decisione negli interventi, la velocità e il senso dell’anticipo, hanno consentito a Vierchowod di risultare lo stopper principe del campionato italiano in un periodo durante il quale i campi di calcio erano calcati da grandi campioni.
«La Sampdoria è la squadra della mia vita, di Vialli, Mancini, Cerezo. Di tutti. Era la squadra degli amici e siamo stati un meraviglioso, irripetibile gruppo. Lì ho vinto, è stato fantastico. Ma è stato bello con tutte, perché tutte mi appartengono. Prima il Como: la prima famiglia. Poi la Fiorentina: la scoperta del grande calcio. Sono tornato a Firenze per questo, ho sbagliato. La Roma: il primo scudetto. La Juve: la Coppa dei Campioni. Il Milan: il momento sbagliato. Dovevo arrivare nel 1990, Il presidente Paolo Mantovani mi bloccò. E il Piacenza: la rinascita, in campo a quarant’anni. Sono stato fortunato, non ho mai avuto grandi infortuni e non mai avuto problemi muscolari. Cioè stiramenti, strappi. O menischi e altre cose di questo tipo. Solo alcuni buchi ai polmoni, solo pneumotorace… Il primo a Torino, nel 1991, Juve-Samp. Nell’intervallo dico a Boškov e al medico: “Mi fa male al petto e non riesco a respirare”. Boškov alza le spalle: “Non è niente, passa subito”. Torno in campo e dopo dieci minuti faccio segno alla panchina: “Non ce la faccio, non respiro”. Vujadin mostra l’orologio: “Dai, gioca mancano ancora cinque minuti”. Sono rimasto un’altra mezzora, sino alla fine”. Mi hanno visitato in diversi e liquidato con un sorriso: “Un po’ d’aria nello stomaco, la butti fuori e sei a posto”. Per fortuna poi sono stato visto da uno pneumologo che ha scoperto il buco. Così la seconda volta, una cosa simile. Dicevano di non preoccuparmi, che non era niente. La diagnosi me la sono fatta da solo, oramai ero pratico. Il terzo buco al polmone a trentasette anni Torino. Giocavo nella Juve. Robetta, sono tornato quindici giorni dopo».

 

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