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Socrates

Umberto Agnelli - Presidente

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File:Fiorentina vs Juventus - 1960 - Enrico Befani, Umberto e Gianni Agnelli,  Artemio Franchi.jpg - Wikimedia Commons

 

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La Juventus di Umberto Agnelli

 

A farewell to Umberto Agnelli 15 years ago - Juventus

 

 


L'avventura bianconera di Umberto Agnelli comincia nel '55, come commissario straordinario (poi diverrà presidente): con lui arrivano Sivori e Charles. Nel '59 fu eletto presidente della Federazione (si dimise nel '61). Nel '62 lasciò anche la Juve, per riprenderne il controllo a metà degli anni Novanta attaverso l'Ifi.

C'era mancato poco che Umberto Agnelli non diventasse tifoso del Toro. «La prima partita che andai a vedere fu un trionfo granata per sette a zero a Roma, e mi appassionai. Ma dopo essere tornato a casa, sentii di nuovo più naturali i legami con la Juventus, e mi venne spiegato meglio da che parte dovessi stare». Primavera 1946. è il primo ricordo calcistico di colui che sarebbe diventato lo juventino delle ricostruzioni, un dirigente assai meno "glamour" del fratello Gianni ma non meno competente dal punto di vista tecnico, e più operativo in senso moderno, non solo mecenatesco.

Chiamato alla presidenza bianconera ad appena ventun anni (resta il più giovane della storia), il primo incarico importante della sua vita, Umberto Agnelli s'inventò Charles e Sivori. Dopo essersi chiesto a lungo se l'ingaggio dei due costosissimi campioni (105 milioni di lire il gallese, 180 l'argentino) fosse compatibile con i nuovi criteri di gestione del bilancio (si compra solo se poi si incassa), e dopo avere consumato le pietre di piazza San Carlo in un'agitata notte insieme al suo consigliere Walter Mandelli, tenuto conto che l'acquisto di Omar Sivori avrebbe potuto scandalizzare tutto lo sport italiano, il più giovane degli Agnelli concluse: «E io lo compro lo stesso».

Fu un meraviglioso azzardo, a cominciare dal viaggio in auto dal casello di Novara al centro di Torino, con Umberto che schiaccia l'acceleratore a tavoletta e il campione che si rannicchia sul sedile e tace. «Non avrei mai pensato che si potesse patire più la macchina dell' aereo» dirà Sivori all'arrivo, incredulo di essere ancora sano e salvo, mentre il dottor Agnelli gli ripete: «Erano due anni che ti aspettavamo».

Venne subito lo scudetto '58, e un anno dopo per Umberto venne anche la presidenza della Federcalcio. C'era da ricostruire pure lì. Lui prese l'incarico sul serio, come aveva fatto alla Juventus: molte ore in ufficio, molto lavoro da sbrigare e nulla da concedere alle copertine e alla mondanità. Tuttavia il doppio ruolo trascinò inevitabili polemiche sul conflitto d'interessi.

Una delle prime decisioni della nuova federazione umbertiana fu infatti la creazione di un segno distintivo per la squadra che avesse vinto dieci scudetti: guarda caso, la Juventus. Nacque così la stella del decimo campionato, e sembrò quasi che Umberto Agnelli l'avesse cucita da solo sulle amate maglie.

Di triangoli tricolori ne sarebbero arrivati altri due, nel '60 e nel '61, con risse verbali e di campanile, compresa la lite con il principe degli arbitri, Concetto Lo Bello, che un giorno cacciò dagli spogliatoi il giovane Agnelli.
L'ultimo campionato di Umberto vinto da presidente federale e della Juve coincise con la ripetizione di Juventus-Inter, vinta 0-2 dai nerazzurri per la presenza del pubblico a bordo campo, e che venne fatta ripetere dalla Corte d'appello federale, come alcuni accusarono, su pressioni del presidente. Per protesta, i nerazzurri mandarono a Torino una squadra di ragazzini che perse 9-1: l'Inter segnò su rigore con un debuttante di nome Sandro Mazzola, figlio di Valentino, mentre nella Juve giocò per l'ultima volta Giampiero Boniperti.

Umberto Agnelli lasciò la presidenza bianconera dopo il deludentissimo campionato '61-'62, nel quale la Juve rischiò addirittura di retrocedere, e se ne andò con l'amarezza provocata da altre polemiche: quelle sulla norma federale che consentiva i trasferimenti dei giocatori nelle liste suppletive d' autunno, anche se fossero già stati utilizzati. Sfruttando le nuove regole i bianconeri avevano ingaggiato Mora, e anche quella volta si disse che Umberto Agnelli l'avesse fatto apposta.

Il dottore tornò operativo nel calcio nel '94, quando la ricapitalizzazione guidata da Cuccia gli tagliò la strada della presidenza Fiat. Umberto venne in qualche modo risarcito con la Juventus, e lui creò la "triade" (Giraudo, che fu suo segretario personale, Moggi e Bettega. Triade). Molte vittorie in Italia con Lippi in panchina (altri 5 scudetti), un po' meno in Europa, e l'imposizione del calcio come "show-business" con la discesa in Borsa, le cessioni illustri, le priorità di bilancio e il progetto immobiliare del nuovo stadio.

Tutto il contrario di suo fratello. Per finire allora ecco una provocazione: l'Avvocato, con la Juve ci giocò. Umberto ci ha lavorato.......?

 

 

Umberto Agnelli (1934 - 2004) - Genealogy

 

 

 


da Storie di calcio

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27 maggio 2004 -  Muore a Torino l'ex presidente della Juventus Umberto Agnelli

 

 

Remembering Umberto Agnelli - Juventus

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243780395_juventus1931.jpg.921d9eec3036d2ab36b91090b1a1bb22.jpg  UMBERTO AGNELLI

 

Umberto Agnelli, il presidente più giovane della storia della Juventus: dal  "trio magico" al dramma di Giovannino fino all'eredità del figlio Andrea

 

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Umberto_Agnelli

 

 

Nazione: Italia Italia
Luogo di nascita: Losanna (Svizzera)
Data di nascita: 01.11.1934

Luogo di morte: Venaria Reale (Torino)

Data di morte: 27.05.2004
Ruolo: Presidente

 

 

Presidente della Juventus dal 1955 al 1962

 

272 partite - 140 vittorie - 63 pareggi - 69 sconfitte

 

3 scudetti

2 coppe Italia

 

 

Umberto Agnelli (Losanna, 1º novembre 1934  Venaria Reale, 27 maggio 2004) è stato un imprenditore, dirigente sportivo e politico italiano.

 

 

Umberto Agnelli
Umberto Agnelli (1970) - CROP (2).jpg
Umberto Agnelli (1970)

Senatore della Repubblica Italiana
Legislature VII
Gruppo
parlamentare
Democratico Cristiano
Circoscrizione Roma VIII
Incarichi parlamentari
  • Membro della 3ª Commissione permanente (Affari esteri) dal 27 settembre 1978 al 19 giugno 1979
  • Membro della 5ª Commissione permanente (Bilancio) dal 27 luglio 1976 al 26 settembre 1978
Sito istituzionale

Dati generali
Partito politico Democrazia Cristiana
Titolo di studio Laurea in Legge
Università Università degli Studi di Catania
Professione Imprenditore

 

Biografia

220px-Gianni_e_Umberto_Agnelli%2C_1965_-
 
Umberto Agnelli (a destra) con il fratello Gianni, 1965

 

Ultimo di sette fratelli, era figlio di Edoardo Agnelli e di Virginia Bourbon del Monte di San Faustino. Orfano di padre (morto in un incidente aereo) ad appena un anno, perse la madre - vittima di un sinistro automobilistico - all'età di undici; il fratello Gianni, maggiore di tredici anni, capofamiglia designato, sarà per lui come un padre. Svolse il servizio militare presso la Scuola di Applicazione di Cavalleria di Pinerolo, come il fratello Gianni e il nonno. Laureatosi in Giurisprudenza all'Università degli Studi di Catania, Umberto divenne a meno di ventitré anni presidente della Juventus e nel 1959 venne eletto presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio.

Impegnato a lungo nel processo di ristrutturazione della FIAT, con la contestuale apertura verso capitali e mercati esteri, Agnelli e famiglia figuravano al 278º posto nella classifica del periodico Forbes (2003) degli uomini più ricchi del mondo, con un patrimonio netto stimato attorno agli 1,5 miliardi di dollari. Subentrò alla presidenza della FIAT il 28 febbraio 2003, subito dopo la morte del fratello Giovanni, che aveva affiancato a lungo nella conduzione della casa automobilistica torinese anche se costretto spesso a restare in panchina per i giochi del potere finanziario. Rispetto al passato decise di cambiare strategia concentrando tutte le risorse Fiat nell'auto e ricorrendo ad un manager esterno, Giuseppe Morchio, a cui affidare la guida dell'azienda.

Negli anni settanta, Agnelli fu senatore della Repubblica nelle file della Democrazia Cristiana. Come alto dirigente della FIAT ebbe a lungo il controllo su primarie imprese editoriali e sulla società calcistica torinese della Juventus.

Eletto da una giunta di soci, tra cui il fratello Gianni, presidente del club nel 1955 – divenendo il più giovane ad assumere la massima carica dirigenziale nella storia del club, ad appena ventidue anni –, la sua gestione presidenziale venne caratterizzata dagli acquisti di giocatori di rilievo, quali John Charles e Omar Sívori, decisivi per la conquista di tre campionati di Serie A e due coppe nazionali consecutive dal 1958 al 1961. Dopo aver lasciato il ruolo presidenziale nel 1962, rimase legato ai colori bianconeri. Trent'anni dopo, nel 1994, rilevò le attività dirigenziali svolte in precedenza dall'Avvocato, esercitando una maggiore influenza sul club in qualità di presidente onorario durante il decennio seguente, periodo in cui i bianconeri vinsero altri cinque titoli di campione d'Italia, un'altra Coppa Italia, quattro Supercoppe italiane, una Coppa Intercontinentale, una Champions League, una Coppa Intertoto dell'UEFA e una Supercoppa europea, per un totale di 19 trofei ufficiali in 18 anni. In virtù dei successi sportivi ottenuti nel corso della carriera sportiva dirigenziale, è stato introdotto alla memoria congiuntamente dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) e dalla Fondazione Museo del calcio di Coverciano nella Hall of Fame del calcio italiano nel 2015.

Affetto da carcinoma polmonare, trascorse gli ultimi giorni assistito dalla moglie e dai due figli nella sua residenza della Mandria, nel territorio di Venaria Reale, dove si spense il 27 maggio 2004, solamente 15 giorni prima del nipote Egon von Fürstenberg, che morì l'11 giugno successivo. La sua ultima comparsa in pubblico era avvenuta il 26 aprile dello stesso anno, quando era stata conferita alla moglie Allegra una laurea ad honorem in Veterinaria dall'Università degli Studi di Torino; l'aggravarsi delle sue condizioni di salute gli impedì però di presenziare all'assemblea degli azionisti della società torinese.

Matrimoni e discendenza

Umberto si sposò due volte: una prima con Antonella Bechi Piaggio (proveniente dalla famiglia d'imprenditori che ha ideato lo scooter Vespa) e una seconda con Allegra Caracciolo, cugina di Marella Caracciolo, moglie di Giovanni Agnelli. Curiosamente Antonella Bechi Piaggio si risposerà con un lontano parente materno di Allegra Caracciolo, Uberto Visconti di Modrone. A Torino, Umberto e Allegra vivevano nella residenza "I Roveri" all'interno del parco La Mandria.

  • dalla prima moglie, Antonella, Umberto ebbe:
    • due gemelli (Alberto e Enrico), nati nel luglio 1962 e vissuti pochissimi giorni;
    • Giovanni Alberto, detto Giovannino, morto di tumore nel 1997.
  • dalla seconda moglie, Allegra, Umberto ebbe un figlio e una figlia:

Ascendenza

      Genitori     Nonni     Bisnonni     Trisnonni
                  Edoardo Agnelli     Giuseppe Francesco Agnelli  
   
    Maria Maggia  
Giovanni Agnelli    
    Aniceta Frisetti Giovanni Frisetti  
     
    Anna Lavista  
Edoardo Agnelli    
    Leopoldo Francesco Primo Boselli Giuseppe Boselli  
     
    Maddalena Lampugnani  
Clara Boselli    
    Maddalena Lampugnani Luigi Lampugnani  
     
    Maria Sanpietro  
Umberto Agnelli    
  Ranieri Bourbon del Monte, III principe di San Faustino Francesco Bourbon del Monte, marchese di Monte Santa Maria  
     
    Carolina Scarampi di Pruney  
Carlo Bourbon del Monte, IV principe di San Faustino    
    Maria Francesca Massimo Vittorio Emanuele Camillo IX Massimo, II principe di Arsoli  
     
    Maria Giacinta Della Porta Rodiani  
Virginia Bourbon del Monte    
    George Washington Campbell Jr. George Washington Campbell  
     
    Harriett Campbell  
Jane Allen Campbell    
    Virginia Watson Alexander Watson  
     
     
   

Onorificenze

Ufficiale della Legion d'Onore - nastrino per uniforme ordinaria Ufficiale della Legion d'Onore
  — Parigi, 1969
Grande Ufficiale Ordine al merito della Repubblica Italiana - nastrino per uniforme ordinaria Grande Ufficiale Ordine al merito della Repubblica Italiana
  — Roma, 2 giugno 1972. Su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri.
Cavaliere della Legion d'Onore - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere della Legion d'Onore
  — Parigi, 1992
Grande cordone dell'ordine del Sacro Tesoro - nastrino per uniforme ordinaria Grande cordone dell'ordine del Sacro Tesoro
  — Tokio, 1996

Nella cultura di massa

È citato, insieme a suo fratello Gianni (definito semplicemente "Avvocato Agnelli") ed a sua sorella Susanna, nella canzone Nuntereggae più di Rino Gaetano. Susanna Agnelli, all'epoca senatrice del PRI, intervistata in una puntata di Bontà loro da Maurizio Costanzo (citato anche lui nel testo della stessa canzone), difese la liceità del giovane artista ad esprimersi come voleva; Costanzo, dal canto suo, non la vedeva allo stesso modo e mise in dubbio il valore artistico del pezzo.

 

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 243780395_juventus1931.jpg.921d9eec3036d2ab36b91090b1a1bb22.jpg  UMBERTO AGNELLI

 

umberto-agnelli%2B-%2BCopia.jpg

 

 

 

«La Juventus è un modo di essere, di esprimersi e di emozionarsi, vivere insieme a tanti altri la stessa passione per il calcio. Una passione che ha unito e che unisce persone di condizione sociali e fedi politiche diversissime… A Torino, in Italia e in tutto il mondo».
 
ANTONIO GIRAUDO, DA “HURRÀ JUVENTUS” DEL LUGLIO 2004
È un momento tristissimo, in cui è molto difficile raccontare le mie emozioni. Umberto Agnelli è stato un personaggio fondamentale nella mia vita, sotto l’aspetto umano e professionale.
Con lui ho trascorso giorni indimenticabili, in lui ho sempre visto un punto di riferimento e provo un’immensa gratitudine per la fiducia che ripose in me fin da quando mi chiamò a collaborare con lui. Lavorare con Umberto Agnelli è stato un privilegio che mi ha consentito di imparare moltissimo: il metodo, la costanza, l’applicazione e per certi versi anche la riservatezza. Sono state queste le regole che ho fatto mie e mi sono portato dietro in tutte le esperienze lavorative che ho affrontato.
Sul piano umano era una persona straordinaria, con la quale era piacevole e istruttivo confrontarsi. Da lui ho ricevuto tanti aiuti e consigli, ma soprattutto ho sempre avuto la piacevole sensazione di sentirmi protetto. Mi faceva sentire come uno di famiglia ed io ho sempre provato un affetto speciale per lui, sua moglie donna Allegra e i suoi figli Andrea e Anna. Giovanni Alberto, suo primogenito, era per me come un fratello minore.
Mi mancheranno le sue telefonate quotidiane e quelle che inevitabilmente, dopo ogni partita, ci portavano a commentare i risultati della “Sua” Juventus. Era profondamente innamorato dei colori bianconeri e proprio per questo il suo entusiasmo era sincero, profondo, contagioso, e le sue critiche puntuali, mirate e costruttive.
Abbiamo condiviso e costruito assieme l’entusiasmante progetto della Juventus di questi ultimi dieci anni. È stato vicino a me, a Moggi e a Bettega partecipando in prima persona alle scelte che ci hanno consentito di essere protagonisti e vincenti. E anche la nuova Juventus, che nasce oggi con l’arrivo di Fabio Capello, è il suo capitolo finale di una storia iniziata quando, a soli 22 anni, diventò il più giovane presidente della storia della Juventus.
 
ANGELO CAROLI, DA “HURRÀ JUVENTUS” DEL LUGLIO 2004
È l’ultima ferita sulla quale piangono la famiglia Agnelli, la Fiat e la Juventus. Si è spento Umberto Agnelli, il Dottore. Per noi bianconeri era ed è il Dottore.
Dolcezza e rigore. Userei questi sostantivi se dovessi imprigionare il ricordo in una frase. Certo che l’immagine di Umberto Agnelli richiede concetti più estesi, impegnati e impegnativi. A me piace cominciare con due parole, “dolcezza e rigore”. Mi perdoni il lettore se per celebrarne la memoria mi appello a qualche itinerario autobiografico.
Ho poco più di 18 anni, è l’inverno del 1956. La Juve gioca a Bologna. In treno l’allenatore Sandro Puppo mi presenta Giampiero Boniperti e ai compagni di squadra con cui avrei debuttato. Vinciamo 1 a 0, perdonatemi se vi ricordo anche questo dettaglio, con un mio gol. Non so da quanti mesi la Juve, che è piuttosto congiunturale, non riesce nell’impresa in trasferta. Siamo tutti felici. Torniamo a Torino, Porta Nuova mi offre una sorpresa inimmaginabile, ben di là dalle mie ardite congetture di giovane sognatore.
Non ci sono molti tifosi, mezzanotte è passata da un po’. Mi affaccio al finestrino, al mio fianco sorridono per i flash Bruno Garzena e Karl Praest. Noto sul marciapiede la minuta figura di mio padre e i suoi baffetti curati. Vicino giganteggiano due persone: una è leggendaria, Giampiero Combi, l’altra è già permeata di suggestioni e prestigio, Umberto Agnelli che ha 21 anni. Scendo dal treno e lui mi viene incontro, con il sorriso appena abbozzato, docile e dolce ma volitivo. Tipico di chi vede e legge lontano. Un sorriso mai enfatico. Come la voce. Una voce che pesa le sillabe e non dispensa mai teoremi vacui. La voce di un uomo schivo che rifiuta la pubblicità. Persino la stretta di mano sintetizza vigore e garbo. Così ricevo il saluto di un signore di altri tempi. Prima di stringermi la mano per il commiato mi bisbiglia, inclinando il capo verso il basso: “Ora devi insistere, sei appena all’inizio”.
Mi sembra di sognare, di aver scoperto intorno a me un universo disegnato nelle mie notti quiete solo come luminoso tragitto onirico di Chagall. Da quel giorno apprezzo del Dottore la signorilità, lo stile, il rigore operativo, la dedizione al lavoro e la competenza. Sì, la competenza. Perché imbastisce un discorso tecnico con perfetta conoscenza anche del calcio. Ed ha l’invidiabile capacità di circondarsi, progetto dopo progetto, di uomini molto validi.
Gli acquisti di Charles e Sivori appartengono alle prime intuizioni di una serie che condurrà all’era di Deschamps, Zidane, Davids, Trezeguet e Nedved tanto per restare nell’ambito straniero. La personalità del giovane Umberto si nasconde dietro un’espressione del viso infantile. L’applicazione e la concretezza sono i suoi tatuaggi. È insomma l’ago magnetico che orienta coloro che lo affiancano. La Juve si arricchisce pertanto di un alone speciale. È difficile non restarne affascinati. L’avvento ufficiale del Dottore nell’orbita juventina risale all’8 novembre del ‘55. Durante l’assemblea dei soci Umberto Agnelli viene eletto commissario, anche se la dicitura su cui discutono i consiglieri più tradizionalisti è quella di reggente.
Gli stretti collaboratori sono Mandelli, Cerutti, Giordanetti e Amapane. Il giovane Agnelli, tra un esame e l’altro in facoltà, si presenta ogni giorno in sede e ausculta i palpiti della squadra e della società. Lievita l’abitudine di frequentare il vernissage ferragostano a Villar Perosa, fra esplosioni di bandiere e tifo ad alta fedeltà. Si moltiplicano le frequentazioni nello spogliatoio dopo una partita e a bordo campo durante gli allenamenti. Per incoraggiare, suggerire, analizzare, capire. Il più giovane presidente della storia calcistica italiana ha idee geniali, come quella di seguire le indicazioni di Carletto Levi, il quale gli confessa che il River Plate è in crisi economica e per 180 milioni può vendergli uno dei tre angeli dalla faccia sporca. Sivori passa alla Juve perché “è un affare tecnico ed economico, con lui vinceremo tanto”, questa la filosofia del Dottore. Insieme con Walter Mandelli vola poi in Gran Bretagna e contatta Charles John è in parola con l’Inter. Senonchè Angelo Moratti è invaghito di Vonlanthen e lascia John al Dottore. Germoglia il ciclo di tre scudetti.
Il ‘59 è un anno speciale per Umberto Agnelli. Sposa Antonella Piaggio, si laurea in Giurisprudenza ed è eletto presidente della Figc. Il 9 agosto lo nomina l’Assemblea federale con formula plebiscitaria. “Mi manca qualcosa”, confida agli amici. Trattasi dell’11° scudetto, il 10° della dinastia Agnelli. Sorride, è convinto che arriverà presto. E infatti l’impresa si realizza la primavera del ‘60, replicata nel ‘61. Ma questa è un’altra storia che indurrà il Dottore a prendere decisioni irrevocabili. Ascoltate.
La Juve comanda la classifica con 40 punti davanti a Milan (37) e Inter (36). In aprile ospita i nerazzurri di Helenio Herrera. Il Comunale è un anfiteatro, un bollitore di emozioni pacifiche. I posti a sedere non sono sufficienti, gli spettatori si accomodano ai bordi del campo. Come è accaduto due stagioni prima al Vomero, dove il Napoli ospita i bianconeri e dove i tifosi dilagano fino ai limiti del campo.
Boniperti e C. giocano e perdono 4-3 senza protestare. Invece Helenio Herrera, dopo mezz’ora e col risultato sullo 0 a 0, pretende lo stop del match. L’arbitro Gambarotta si piega alla richiesta. La Juve è fuori di sé! Il giudizio di primo grado assegna a tavolino il 2-0 all’Inter. L’avvocato Vittorio Chiusano, con un colpo di coda legale, evoca la tesi della responsabilità oggettiva che in quel caso non c’è. La sentenza della Caf recita che “il match è da rifare”. La Juve ha già il 12° titolo in tasca e dilaga contro i boys nerazzurri capitanati da Sandrino Mazzola.
Il verdetto riporta il sorriso nel Palazzo bianconero, ma il Dottore è troppo preso dalla Fiat e irremovibile, allora si dimette dalla carica federale. Con lo scudetto in bacheca la Juve festeggia. Il Dottore ci invita tutti al Perruquet, il più fascinoso night degli Anni ‘60. Il locale è tutto per noi. La serata è accarezzata dalla voce flautata di Gilbert Becaud.
L’anno successivo Umberto conclude il rapporto “presidenziale” con la Signora, ma non il romanzo d’amore. Come il fratello Giovanni, resta l’angelo custode della Juve. Lo sarà fino al 27 maggio del 2004. Gli anni sembrano volare, il Dottore non cambia filosofia. Resta l’esponente pensoso e operoso della coerenza sabauda. Nel ‘64 viene eletto presidente della Fiat France, raddoppia il fatturato e colloca l’azienda al 5° posto nelle importazioni di vetture in Francia. Nel ‘65 è eletto presidente della Piaggio, mentre l’Avvocato nel ‘66 è presidente del gruppo Fiat. Ma c’è dell’altro: Giovanni nel ‘67 assume la presidenza dell’Editrice La Stampa e nel ‘74 quella della Confindustria; Umberto nel ‘70 ricopre la carica di Amministratore delegato della Fiat e nel ‘76 di vice presidente. Nello stesso anno è eletto senatore a Roma, area Dc. E la Juve? Sfuma come un orizzonte autunnale tra le foschie dell’oblio? O resta un obiettivo da raggiungere con appuntamenti occasionali e fuggitivi? No, il Dottore lavora, vigila e dispone. Una sorta di amorevole divinità.
La Juve va avanti e non rinuncia ai successi che rastrella con sorprendente stillicidio di cicli. I presidenti, dall’on. Catella a Boniperti, bandiera bianconera, mietono vittorie. Il calcio si converte in meccanismo sempre più complesso. Nel Palazzo juventino viene accolto l’avvocato Luca Cordero di Montezemolo, vicepresidente esecutivo che si muove in maniera impeccabile a Roma ‘90. Casa Juve gli spalanca finestre e prospettive. Non basta però la sua figura carismatica e ipercinetica, ha la ventura di imbattersi in un tecnico simpatico ma inesperto come Maifredi. Per la prima volta l’area Europea si nega alla Juve. Il Dottore è impegnato in ogni angolo del mondo. L’Avvocato decide per il rientro di Boniperti amministratore delegato e Trapattoni tecnico. Per Luca di Montezemolo, manager duttile e poliedrico, si concretizza il ritorno alla Ferrari dove progetta un ciclo sbalorditivo che inorgoglisce e dura tuttora.
La Juve ha grinta, ma la portaerei berlusconiana è inaffondabile. Il progetto della Famiglia è immutabile, a Boniperti scade l’accordo triennale. Il Dottore dice che è arrivato il momento di Bettega. L’ex Bobby gol è il neo vicepresidente. Umberto sfoggia un pragmatismo che garantisce continuità attraverso mutamenti graduali e sostanziali. La Famiglia rivisita l’organigramma e il Dottore, è lui che decide tutto, si affida a “menti operative” di altissimo spessore.
Il presidente è l’avvocato Vittorio Chiusano ed è affiancato dalla “triade” Roberto Bettega, che eredita da Boniperti una staffetta generazionale, il dottor Antonio Giraudo che si occupa di problemi finanziari in qualità di amministratore delegato, e Luciano Moggi il direttore generale responsabile del mercato che farà parte del Cda. Le loro qualità si miscelano alla perfezione. Il marketing è gestito dall’instancabile Romy Gai. La società è un esempio, una scuola di vita aziendale. Mi piace cioè definire “singolare strabismo operativo” il modo con cui il Dottore rivolge un occhio alla voce “tecnica” e l’altro al “bilancio”.
La “new age” si completa con Lippi, toscano aspro e vincente. Il Dottore lo invita a dare alla squadra gioco, successi, serenità e divertimento. Eseguito. Il Dottore si occupa sempre più direttamente della Juve nonostante sia presidente dell’Ifil e amministratore delegato dell’Ifi. L’avvento della “triade” scandisce l’apertura di un altro ciclo fiabesco: 5 scudetti, una Champions League, un’Intercontinentale, una Coppa Italia, 3 Supercoppe Italiane e 2 Europee. Tutto in due fasi interrotte dalla parentesi non fortunata di Ancelotti. Il ‘97 è un anno glorioso, la Juve compie 100 anni. È bello vedere Giovanni e Umberto Agnelli seduti, con Chiusano e Boniperti, sulla panchina dove si radunavano gli studenti D’azeglini per inventarsi il marchio Juventus. Ma è anche un anno sconvolgente per la Famiglia. Il 13 dicembre muore a 33 anni Giovanni Alberto, figlio di Umberto Agnelli e Antonella Piaggio. Il destino è più forte del ragazzo che ha grosse capacità professionali e umane.
Il destino ha forze ciniche. Nel 2000 Giovanni Agnelli è eletto membro onorario del Cio, ma in novembre perde il figlio Edoardo che ha 46 anni. Il 24 gennaio del 2003 muore l’Avvocato e l’Italia è in lutto. Il Dottore assume la carica di presidente della Fiat. Muore anche Vittorio Chiusano. Franzo Grande Stevens, legale di enorme prestigio, riceve la fiducia dalla famiglia e si impossessa delle redini juventine. Il Dottore, uomo dai molteplici interessi, è dunque responsabile del Gruppo Fiat, vicepresidente della Fondazione Agnelli, membro del Cda della Danone, Worms & Cie, della Worms & C e della Luiss Guido Carli, membro della Giunta direttiva dell’Assonime. Fa inoltre parte degli International Advisory Board dell’Allianz e della Salomon Smith Barney e dell’European Advisory Board della Schroder Salomon Smith Barney. È Co-presidente dell’Italy Japan Business Group. È inoltre Grand’Ufficiale al merito della Repubblica e Officier della Legione d’Onore Francese, Consigliere Internazionale del “Premium Imperiale”. Ciò nonostante non trascura la passione Juve. L’ultimo exploit in campo imprenditoriale è il risanamento della Fiat.
Sedici mesi dopo la morte dell’Avvocato, ecco il dolore e la tristezza per la scomparsa del Dottore. Sulla sua memoria si convoglia la commozione di capi di Stato e Governo, industriali, impiegati e operai, calciatori e tifosi. Una commozione sentita e non retorica perché rivolta a un uomo di valore assoluto.
Si va avanti. La Juve cambia il vertice tecnico. Si chiude il ciclo Lippi e si apre l’era Capello, altro trainer vincente. Si va avanti, dicevo. Ma mi è impossibile immaginare nella tribuna del Delle Alpi il posto del Dottore vuoto e pensare che la sua mano “docile e dolce” non stringerà più quella dei campioni in arrivo. In un momento di grande tristezza noi juventini ci sentiamo vicini con affetto a donna Allegra Caracciolo e ai figli Anna e Andrea. Concludo con un sogno, una speranza, che un giorno un giovane Agnelli si presenti alla stazione o all’aeroporto per salutare una vittoria importante della Juve in trasferta. E magari per stringere la mano, con “sorriso dolce e rigoroso”, di un giovanissimo debuttante autore del gol vincente.
 
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