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Socrates

Andrea Pirlo - Calciatore e Allenatore

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Pirlo presentato dalla Juventus U23: "Avevo offerte da Serie A e Premier  League"

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LA STORIA/Andrea Pirlo

MA L’IMPRESA ECCEZIONALE, DAMMI RETTA, È ESSERE NORMALE

P i r l o

ESCE POCHISSIMO. STA DAVANTI ALLA TV CON MOGLIE E FIGLI.

PRODUCE VINO MA LO ASSAGGIA SOLTANTO. SEMBRA UN TIPO

NOIOSO. CON CHI LO CONOSCE, È UN FORMIDABILE CASINISTA

di ANDREA SCHIANCHI (SW SPORTWEEK 25-02-2012)

L’impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale cantava Lucio Dalla negli Anni 70 e queste parole si appoggiano perfettamente sulla pelle di Andrea Pirlo, come un vestito ben tagliato e ben cucito. Normale non nel senso di quello che fa, perché il personaggio ci ha abituato a cose assolutamente fuori dall’ordinario quando gioca, ma di quello che non fa. Pirlo è un calciatore anomalo, si pettina i capelli allo stesso modo da quando era bambino, non esibisce tatuaggi, non frequenta i luoghi del jet set, parla sottovoce e, generalmente, si sottrae alle luci del palcoscenico. Direte: è un non personaggio. Non proprio, più semplicemente è un personaggio diverso dal classico cliché del calciatore moderno. E in questa diversità stanno la sua forza e il suo coraggio.

Già, coraggio. Perché ce ne vuole tanto per lasciare una squadra con la quale in dieci anni si è vinto tutto, per affrontare una nuova avventura. Prevedibile l’obiezione: l’ha fatto per i soldi, il Milan non gli assicurava lo stipendio che lui chiedeva e la Juventus sì. Non è la verità: Pirlo è il miglior regista del mondo da una decina d’anni, ha avuto richieste dai più importanti club europei, se avesse voluto monetizzare il suo talento avrebbe fatto altre scelte. Semplicemente, dopo aver tanto dato (e tanto ricevuto) con la maglia del Milan sulle spalle, ha capito che il matrimonio era arrivato al capolinea. Non ha fatto come quei mariti (o quelle mogli) traditi che si attaccano a ogni dettaglio pur di rimanere avvinghiati alla storia. No, lui ha preso atto che non c’era più sintonia, non ha gridato al tradimento, non se l’è presa con il partner e ha cercato di ricostruirsi una vita (carriera) senza mai rinnegare quella precedente. Un divorzio normale, insomma. D’altronde da uno come Pirlo non ci si poteva aspettare qualcosa di diverso. Semmai sono da notare la dignità, e anche la signorilità, mostrate quando i tifosi milanisti hanno criticato la società per non avergli rinnovato il contratto e per aver così contribuito a rinforzare una diretta concorrente per lo scudetto. Lui, Andrea, non ha mai aggiunto una parola, non ha mai alzato la voce, né alimentato le polemiche. E, stasera, quando con la sua nuova maglia tornerà proprio a San Siro davanti agli ex compagni rossoneri per giocarsi una fetta importante di scudetto, la sua signorilità (e quello che ha dato al Milan) verrano ripagati – crediamo – da un lungo applauso.

Da Milano a Torino la sua vita non è cambiata di una virgola. Casa in centro prima e casa in centro adesso. Fuori, nel senso di vita di società, ci va pochissimo. Nemmeno per la colazione al bar. Pirlo fa tutto in casa, un caffè, una brioche e poi via al campo d’allenamento. Sempre da solo, in macchina. Non ha autisti, amici-autisti, portaborse-autisti. E poi, poche uscite pubbliche e tante serate in casa assieme alla moglie, ai due figli e agli amici. Magari davanti alla televisione, a guardare un film d’azione, come piace a lui, o una commedia d’amore, come piace a lei. Pirlo fa della riservatezza uno stile di vita. In realtà, è come uno di quei palazzi che mostrano una facciata grigia e anonima, ma se hai la fortuna di varcare il cancello d’ingresso ti si apre un mondo fatto di giardini, cortili, luci, colori. L’ex commissario tecnico dell’Italia Marcello Lippi lo ha definito «un leader silenzioso», il suo vecchio allenatore Carlo Ancelotti non ha mai nascosto che, dentro lo spogliatoio, sia un’altra persona: chiacchierone, simpaticissimo e pure casinista. Assieme a Gattuso, al Milan era quello che organizzava gli scherzi ai compagni. E in dieci anni ne hanno combinate! A Kakà, a Ronaldinho, ai più giovani e ai più vecchi… Tranne che a Maldini, perché lui era un monumento e non si poteva toccare. E ora, alla Juve, è la stessa cosa: Pirlo è uno dei senatori del gruppo, ascoltato e rispettato, ed è anche quello che fa, organizza, aiuta, scherza, gioca e si diverte. Poi, una volta chiusa la porta dello spogliatoio, torna alla sua eccezionale normalità.

Spesso si sente dire: non ride mai, sembra davvero triste. Balle, semplicemente non gli va di far vedere i suoi sentimenti e le sue emozioni. La sua riservatezza lo ha aiutato (e non poco) nei momenti importanti della carriera. Al Milan, estate del 2003, quando ha trovato il coraggio di andare da Ancelotti e proporgli di giocare da regista arretrato anziché da trequartista. E anche alla Juventus, ha dimostrato di avere fegato perché quando ha scelto di trasferirsi non sapeva ancora chi sarebbe stato l’allenatore e, una volta ingaggiato Antonio Conte, ha avuto un confronto chiaro e netto nel quale gli ha spiegato che certe idee tattiche (ad esempio il 4-2-4) a lui non piacevano tantissimo. Pirlo è uno che sa prendersi le sue responsabilità.

Al Milan ha trovato l’amico più caro, o perlomeno quello che tutti ritengono tale: Alessandro Nesta. La camera che divideva nel ritiro di Milanello era chiamata “la muta”, perché nessuno dei due passa per essere un chiacchierone. Eppure lì dentro sono nati gli scherzi più belli e complicati fatti ai compagni (anche Nesta non è come appare...), e si sono disputate le partite più emozionanti e folli di PlayStation. Poi, i due uscivano dalla stanza stropicciandosi gli occhi come se si fossero appena svegliati o avessero terminato due ore di lettura intensa. Con Nesta, è ovvio, il rapporto va avanti anche se non giocano più nella stessa squadra. Così come proseguono le frequentazioni con i pochi amici milanesi. Ma il legame più forte per Pirlo è quello con la famiglia d’origine: padre, madre, fratello e sorella. Loro stanno nel Bresciano e lui a loro ha affidato parte dei suoi affari. Non si occupa personalmente dell’azienda metallurgica e di quella vinicola, ci pensano il padre e il fratello. Andrea controlla, suggerisce, aiuta dall’esterno. E beve qualche bicchiere del vino che produce. Un sorso, non di più. Ma anche questa attività da imprenditore è sempre rimasta nell’ombra, mai una parola, una dichiarazione, un’intervista. Sempre sotto traccia, sempre protetto dalla riservatezza e dalla normalità che ha saputo costruirsi attorno. A casa, dalla famiglia d’origine, ci torna una volta al mese, più o meno: soltanto in un’occasione si è concesso una festa a Flero, il suo paese, ed è stato quando i suoi concittadini lo hanno voluto ringraziare per la Champions League vinta nel 2007 con il Milan. Imbarazzatissimo, salì sul palco, salutò e guardò implorante il presentatore: ma quando finisce questa tortura?

Certo che è strano che l’uomo più normale (a volte addirittura più noioso) del calcio italiano sia anche il più geniale e il più spettacolare degli ultimi vent’anni! Nessuno in campo sa fare le cose che fa Pirlo, qualcuno sostiene che se fosse brasiliano avrebbe già vinto almeno due o tre palloni d’oro: visione di gioco pazzesca, precisione millimetrica nei lanci e nei passaggi, tiro potente, carisma indiscusso, personalità che lo fa apparire almeno una spanna sopra agli avversari. Eppure, quando tutto è finito e le luci si spengono, questo ragazzo ritorna nel guscio, perché soltanto lì si sente protetto e sicuro. È la normalità che vince, davvero “un’impresa eccezionale”.

___

Los pies que todo lo ven

El rostro del silencio

Este verano, durante la Eurocopa, el nombre más buscado en

Google fue el suyo: Andrea Pirlo. Medio enterrado por muchos,

el cerebro de Italia ofreció un recital de pinceladas, tanto

gruesas como finas, sublimadas con su penalti en la tanda de

cuartos de final ante Inglaterra. Un futbolista elegante, limpio,

aristocrático. ¿Reflejo de la persona? Una incognita que todavía

nadie ha acertado a desvelar.

"Cuando lo veo jugar con la camiseta de la Juventus pienso que Dios existe" GIANLUIGI BUFFON

"Era un chico confinado en su silencio. Formal, puntual, demasiado educado" CARLO MAZZONE

"Solo hace falta escuchar. Cuando Pirlo le pega a la pelota suena diferente. Un sonido mucho más puro" FRANCO COLOMBA

por LUCAS DUVERNET-COPPOLA y STÉPHANE REGY (Panenka | Diciembre 2012)

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Foto de MAKI GALIMBERTI

En el pasado existió un Andrea Pirlo diferente. Lo atestigua Aimo Diana. De la infancia hasta el final de la adolescencia, los dos compañeros eran inseparables. Provincia de Brescia. Años 80 y 90. Aimo y Andrea eran vecinos y jugaban juntos a fútbol. "Nos juntábamos en su casa después de la escuela. Después su padre nos llevaba a entrenar y mi madre nos recogía", recuerda. Antes que sus caminos se desviaran, el de Andrea hacia la cima y el de Aimo hacia una carrera digna en la Sampdoria, el Palermo y el Torino principalmente, ambos dieron juntos los mismo pasos: Flero Voluntas y las categorías inferiores del Brescia. Más que tiempo sufìciente para que Diana le viera fumando cigarrillos a escondidas, esquivando con su Vespa y sin casco a las policías locales o ligándose a las mejores chicas de la discoteca. "Andrea hizo muchas tonterias", sostiene su escudero en aquellos tiempos.

DISCRETA BURGUESÍA

Pero incluso en su proprio país, siempre ha habido una nebulosa en cuanto a cómo era el auténtico Pirlo. El silencio sido la banda sonoro de su carrera, pero darse un paseo por el lugar donde creció arroja cierta luz. La villa de Carlos Tévez, el cuadrilatero de boxeo de Wayne Rooney o la pista de cemento de Zlatan Ibrahimovic explican tanto sus movimientos imposibles como sus arrebatos sucios. En el caso de Andrea Pirlo, un jugador que parece que traza sus cambios de juego con pincel y que preferiría retirarse del campo antes que tener que golpear a cualquier adversario, la fórmula también funciona.

Al contrario que los Rooney, Tévez o Ibrahimovic, Pirlo nació donde reina la paz. Un reloj de iglesia, una plaza, casas sobrias, granjas antiguas y fábricas. Flero, su ciudad natal, es intercambiable con ese centenar de pequeños pueblos que se encadenan a lo largo del Po, entre el Piamonte y el Adriático, y que forman el corazon del capitalismo italiano. Un sistema económico a caballo entre las pymes y la agricultura. De hecho, no es casualidad que Luigi Pirlo, padre de Andrea, sea un hijo de agricultores convertido en pequeño empresario de éxito y regidor municipal por un partido de centro-izquierda con inquietudes verdes. La media docena de empresas de Luigi colman el camino entre Flero y la cercana Castel Mella. El negocio está centrado principalmente en la industria del hierro y los ingresos crecieron entre los 41 millones de euro del 2004 hasta los 63 en 2010. De hecho, el campeón del mundo sigue con el rabillo del ojo el devenir del negocio familiar. Cómo explicar si no que el 25 de mayo 2007, solo 48 horas después de llevarse la Liga de Campeones con el Milan ante el Liverpool, Pirlo no estuviera ebrio celebrándolo, sino en perfecto traje y corbata, en un despacho de Brescia, firmando papeles oficiales de Fidbon, una de las firmas del clan familiar. Pero no pregunten al interesado, nunca habla de sus asuntos personales. Ni tampoco a sus vecinos de Flero. El apellido Pirlo provoca mudez entre los habitantes del municipio lombardo. "Aqui la gente se levanta a las seis de la mañana, va a trabajar, come a mediodía, para acabar la jornada y volver a casa sin levantar polvo. Andrea es como ellos: siempre estará en guardia ante las personas que no considera sus amigos", concede Aimo Diana. Kaka Kaladze, compañero suyo en el Milan durante nueve años lo confìrma: "¿Pirlo y yo? Creo que no llegamos a charlar nunca".

"HABLA CON LOS PIES"

Nada sorprendente después de todo. Marcelo Lippi, seleccionador azzurro en 2006, lo expresó mejor que nadie: "Pirlo habla con los pies". Y lo que sus pies dicen, va en clara consonancia con la familia y la región de donde viene: rica, pero nunca ostentosa. "Lo más sorprendente de Andrea es que jamás hace nada complicado. Pocos regates, poco boato. Cada gesto ejecutado a la perfección. Por ejemplo, sus cambios de juego. La pelota sale con fuerza, pero no porque él la golpee violentamente, sino porque le pega de manera perfecta. Solo hace falta escuchar el sonido. Cuando Pirlo le pega, suena diferente que cuando lo hacen los demás. Es un sonido mucho más puro", analiza Franco Colomba, que lo tuvo bajo sus órdenes un año en la Reggina en la temporada 1999-00. "Mi recuerdo favorito de Andrea es un gol que marcó con 12 años. Tiró al suelo a dos jugadores y al portero dentro del área y marcó a puerta vacía. Y todo sin un regate, solo con una simple finta. Justo lo necesario, nada más", evoca Roberto Clerici, que le fichó para el Voluntas al mismo tiempo que nueve de sus compañeros porque no quería que se sintiese solo. De hecho, todos sus técnicos coinciden: Pirlo es la visión de juego.

Roberto Baggio, mejor que nadie, puede ratificarlo. El 1 de abril de 2001, en el minuto 86 de un Juve-Brescia en Delle Alpi, el Balón de Oro 1993 marcó uno de los mejores goles de su carrera tras una invención de su joven delfín. Con un cambio de juego desde el círculo central anuló a ocho defensores bianconeri. "Sobre el terreno de juego, nadie se lo vio venir salvo Pirlo y Baggio. Es el tipo de jugada en el que te sientes un espectador y donde ves la diferencia entre el futbolista humano como yo y los extraterrestres como ellos", relata Antonio Filippini, compañero de ambos esa tarde. Edy Reja pudo disfrutar de cerca esos desplazamientos deliciosos durante la temporada 96-97 como técnico del Brescia. "Lo que más me impresionaba eran esos momentos en los que parecía mirar sus botas, cabeza gacha. Y de golpe, encontraba a un compañero cuando ni yo mismo, desde el banquillo, había visto", detalla Lucescu, que lo hizo debutar como profesional en el 95, ahonda: "Desde mi primer entrenamiento con él, con 15 años, le dije a todo el mundo que tenía al mejor jugador de Europa de su generación".

No estuvo mal el vaticinio de Lucescu, pero llegaba un poco tarde. Pirlo supo desde el inicio que tenía un don fuera de lo común. Para comprobarlo solo hay que coger la via Milano. Sale del centro de Brescia y hacia el oeste conduce hasta Milan. Después de algunos kilómetros, a la altura de Ospitaletto, un hotel, l'Aquila d'Oro. Hagi, Toni, Guardiola. Todos han empujado la puerta de su restaurante. Sobre todo Baggio, a quien le encantaba acabar sus noches allí junto a una botella de grappa. Corioni con la grappa va piano piano: un solo vaso al final de la comida. Pese a sus gafas oscuras, el presidente del Brescia ha sido testimonio de muchas cosas, entre ellas, la eclosión del Pirlo adolescente en 1992. "Un día recibí una llamada de Clerici, del Voluntas, instándome a ver a un jugador muy dotado. Poco después tenía delante de mi despacho al chico y a su padre. Me dirigí al hijo y le pregunté: '¿Por qué debo ficharte?' Respuesta: 'Porque soy el mejor del mundo'. Me dirigí al padre para saber si lo decía en serio. Por lo visto, sí hablaba en serio", narra Corioni. 20 años más tarde, Pirlo senior tampoco ha olvidado aquella respuesta. Añade: "Me sorprendió la forma, pero no el fondo. Hacía poco que había jugado un torneo en Dinamarca, el más importante de la época para los chicos de su edad. Volvió con la copa sin demostrar demasiada emoción, para él era lo mas normal del mundo".

20 METROS ATRÁS

Y pese a todo ese talento, la cosa podría haber acabado mal. Pirlo no explotó hasta los 23 años, cuando Ancelotti decidió retrasar su posición desde la mediapunta hasta el pivote defensivo. ¿Ancelotti? No. El crédito de semejante decisión pertenece a Carleto Mazzone y data de 2001. Pirlo apuntaba a convertirse en un abatini más (pequeños abades), ese tipo de jugador elegante y educados que en Italia se desprecia por falta de fisico y de mala leche. Andrea había regresado a Brescia cedido por un Inter en el que no encontraban lugar para su talento. Mientras que sus coetáneos Buffon y Gattuso juegan la Copa del Mundo en Japón y Corea, él pese a su record de partidos con la sub 21, sigue sin conocer el tacto de la camiseta de la Nazionale. "Era un chico confinado en su silencio. Formal, puntual, demasiado educado", detalla Mazzone. Un día, el tecnico le coge aparte para proponerle retrasar 20 metros su posición. "Me convenía por dos razones: delante tenía a Baggio y siempre me había gustado tener a un jugador técnico delante de la defensa que encontrase los espacios pequeños", narra. Pirlo se queda helado: "Pero míster, así no marcaré". El técnico le enumera los beneficios del cambio: "Le dije que sería el jugador más importante del equipo, tanto en fase ofensiva como en defensiva, y que seguiría marcando goles". Pirlo, obediente, agacha la cabeza y asiente. Aquella temporada enamora a todos los equipos de la Serie A. A todos menos al Inter, que lo intercambia con el Milan en un movimiento visionario por Andrés Guglielminpietro. Y en Milanello será el propio Pirlo el que convenza a Ancelotti de seguir jugando en su nueva ubicacion. A partir de ahí, como le bautizó Lippi, se convertirá "en el líder silencioso del fútbol italiano", haciendo jugar a su ritmo a los otros 21 jugadores sobre el terreno de juego. "Siempre la solución más simple para jamás perder el control", apuntilla Mircea Lucescu.

"DIOS EXISTE"

El segundo punto de inflexión de la carrera de Pirlo es más reciente, del pasado verano. Tras varias temporadas de un juego lento e intrascendente, en el Milan le enseñan la puerta de salida de manera educada al final de su contrato en verano de 2011. Y Andrea se marcha gratis a la Juventus. Un viejo movimiento para un jugador viejo que, sin embargo, recupera su mejor nivel para ofrecer sobre una bandeja a la familia Agnelli el primer scudetto tras el escándalo del Calciopoli. Dos compañeros atestiguan el renacer del campeón del mundo. El primero, Stephan Lichtsteiner: "En un partido amistoso me pidió una pelota pese a que estaba rodeado. Le dije que no quería ponerlo en problemas, pero insistió. Cuando vi lo que hizo me dije que de ahora en adelante le daría siempre la pelota a pesar de que estuviese rodeado de once tipos". El segundo, Gianluigi Buffon: "Cuando lo veo jugar con la camiseta de la Juventus pienso que Dios existe".

Lo piensa Buffon y centenares de aficionados italianos que, tras el penalti ante los ingleses de la pasada Eurocopa, se disfrazaron de franciscanos con un estandarte que representaba a Pirlo como un santo con una cuchara [ndlr: en italiano, un penalti a lo Panenka es un cucchiaio]. Encima de su cabeza, una inscripción: 'Sant'Andrea da Brescia, segna per noi' (Santo Andrea de Brescia, marca por nosotros). Pirlo, como para añadir misticismo al asunto, sigue guardando silencio y, justo a la edad jesucrística de 33 años, ha decidido dejarse la barba. Amén.

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Ricorda molto Nedved: fenomenale in campo, persona normalissima fuori.

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Sono orgoglioso che un calciatore eccezionale come Andrea Pirlo faccia parte della squadra per cui tifo, l' ho sempre ammirato. Un signore del calcio, come il nostro capitano.

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l'unico fuoriclasse che abbiamo sia dentro che fuori dal campo.

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Un grande onore per la Juventus averlo come giocatore, spesso è il contrario, il giocatore deve essere onorato di giocare in una squadra come la Juventus. Per me invece la grandezza di Pirlo sia come giocatore sia come persona in tutta la sua carriera dimostra che giocatore sia. Ripeto un enorme onore averlo con la maglietta bianconera.

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Cita

CORRIERE DELLA SERA
STYLE MAGAZINE
MAGGIO 2013 NUMERO 5

 

2013-05_STYLE_ANDREA_PIRLO_01.png

2013-05_STYLE_ANDREA_PIRLO_02.png

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Lo scudetto di Pirlo

 

A. Pirlo celebration on goal against Olympiacos | Juventus, Calcio, Football

 

 


Passano gli anni, diminuiscono le presenze. Non la qualità delle prestazioni. È la stagione, in campionato, di Andrea Pirlo. Da 37 a 32 a 28 (con la prospettiva di arrivare a 30). Sono le presenze in campionato di Pirlo nei tre anni di bianconero vestito. Da un lato la necessità di gestire le forze su più competizioni, dall’altro gli infortuni che non lo avevano interessato all’esordio in bianconero.

Senza coppe il primo anno, Pirlo è stato sempre schierato titolare, saltando solo una partita col Cesena per squalifica. Con Champions ed Europa League di mezzo le presenze in Serie A sono calate. Meglio concentrare le sue energie fuori dall’Italia, dove si gioca un calcio più tecnico, la scelta di Conte. Delle 24 partite giocate dalla Juve in Europa negli ultimi due anni Pirlo ne ha saltata solo una, il ritorno col Galatasaray. La Juve ha perso ed è stata eliminata dalla Champions.

Quella gara, giocata a inizio dicembre 2013, coincide anche col periodo peggiore per Pirlo. Infortunato al ginocchio, salta tutto il mese e torna contro la Roma. Conte prepara una partita d’attesa, lasciando il possesso palla ai giallorossi. Pirlo tocca meno palloni rispetto alla media. Gli bastano comunque per fare l’assist a Bonucci da calcio di punizione.

Diretto o indiretto, una specialità. Un colpo affinato quasi a raggiungere la perfezione, quest’anno. Sono sei i gol in stagione di Pirlo (4 in campionato e 2 in Europa League). Tutti su punizione, compreso quello che Buffon ha definito il gol scudetto.

 

 

 

 

 


L’ultimo e probabilmente il più bello del campionato di Pirlo. Un campionato che lo ha visto ancora protagonista. Fulcro del gioco della Juve, con dati che ne fanno uno dei migliori centrocampisti di questa Serie A. È lui il vertice più importante del rombo juventino che fa partire la manovra dal basso. Le linee di passaggio verso di lui sono sempre le più frequentate, quelle che più di tutte gli allenatori avversari si preoccupano di chiudere.

Primo scarico dei difensori, la manovra offensiva della Juve comincia sempre dai piedi di Pirlo. La sua media di passaggi (70,1, dati Whoscored) è la più alta della squadra, seconda in Serie A solo a quella di De Rossi (74,8). Con meno presenze rispetto a chi lo precede, si piazza al sesto posto tra i giocatori con più passaggi completati (1658), quarto fra i centrocampisti.

Combinando minuti giocati, passaggi completati, precisione e occasioni create, Pirlo è nella top 3 del campionato, con Pjanic e Borja Valero. Un mediano insieme a due che in stagione hanno giocato anche da trequartisti. È l’unicità di Pirlo. Sei assist e 59 passaggi che hanno portato al tiro. Sono numeri da centrocampista offensivo, cui abbina una precisione dell’89% che vale di più dell’88% di Pjanic e Borja Valero. I suoi passaggi hanno una distanza media di 22 metri, contro i 18 di Borja Valero e i 16 di Pjanic.

Chiaro che se passi più lungo è più difficile essere precisi. Oltre a una media di quasi 10 passaggi lunghi a partita, poi, Pirlo è dietro solo a Cassano per passaggi filtranti riusciti (12 a 11). Ciò significa che si prende rischi, gioca palloni tra le linee e oltre la linea difensiva, con una percentuale di errore bassa.

Merito della sua tecnica sopraffina, e non è certo una scoperta di quest’anno. Non è una scoperta che sia tra i migliori centrocampisti del campionato per rendimento e il migliore nel suo ruolo. Nello scudetto della Juventus la sua è una delle prime firme.

 

Andrea Pirlo è il nuovo allenatore della Juventus | Calcio e Finanza


da Calcio Critico

 

 

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Dai campi di provincia in cui giocava con il fratello a simbolo della Juventus, fino al ritiro ancora lontano.

Passando per Brescia, Reggio Calabria e i 10 anni al Milan, compresa Istanbul nel 2005. Un racconto tra passato

e futuro, suo e del calcio di oggi che Andrea Pirlo, come nessun altro italiano nel mondo, rappresenta.

P

 

ANDREA PIRLO

«Puoi essere fortunato per qualche anno, ma alla fine l'inganno si svela. Esiste la realtà. La gente ti vede. Chi sa giocare va avanti, chi è bravino rimane nelle serie inferiori»

«Ho preso le mie legnate senza lamentarmi troppo. Ho guardato ayanti. Ho imparato a non rimuginare. Non ho mai litigato in vita mia»

«L'etichetta di predestinato non mi ha mai dato fastidio, anzi, mi ha responsabilizzato. Sapere di avere talento mi invitava a migliorarmi ogni giorno senza adagiarmi sui complimenti»

All'addio precoce, Pirlo pensò solo dopo Milan-Liverpool di Istanbul: «Per qualche giorno credetti veramente che fosse finita. Non avevo forze. Non mi davo pace né spiegazione»

«Le frasi di Lotito fanno perdere la voglia di giocare, il calcio deve essere un gioco per tutti e in A deve andare la squadra che più merita. Ascolti certe cose e pensi, meno male che sono arrivato alla fine»

«Il calcio è la mia vita, riempie le mie giornate da vent'anni e nel bene e nel male, mi ha insegnato molte cose. La prima è non dimenticare di essere riconoscente. La seconda è non portare rancore»

di MALCOM PAGANI (UNDICI | Marzo 2015)

Nella terra di mezzo, Andrea Pirlo gioca solo a calcio: «Non sono tra quelli che credono in un tifoso onnipotente e non mi schiero dalla parte di chi pensa che pagare un biglietto garantisca un lasciapassare per l'insulto. Se mi fischi, ho il diritto di risponderti. Se mi offendi, non escludo di reagire». Tante volte, dice lui senza accenti che tradiscano rinunce, «eviti, passi sopra o lasci stare». Essere al centro di ogni trama, non prevede finali obbligati. Nella visione di Pirlo, a ogni sforzo inutile corrisponde uno spreco. A ogni urlo, uno scialo. La dispersione confonde, smarrisce e lascia nudi. Da quando ha memoria, anche nella sala impersonale di Vinovo che ne ospita pause e silenzi, Pirlo ha avuto sempre un vestito. E sotto la maglia, un'identità: «Sapevo di essere bravo. Più bravo degli altri».

Di quella consapevolezza, su quella certezza, Pirlo ha dipinto un quadro originale. Non l'avanguardia fine a se stessa, né lo stanco ondeggiare dell'indolenza creativa che un giorno si accende e quello dopo soffoca la candela. Dando e togliendo con lena la cera, in tutto e per tutto simile a un karateka di celluloide del passato, Pirlo è stato tante cose. Ha incarnato un'idea marziale senza precedenti, un'ambizione dalla collocazione in movimento. Ha fatto longanesianamente la rivoluzione, perché ha preferito rimanere in piedi piuttosto che sedersi. Da 35 anni, sulla sponda di un'essenzialità che è soprattutto essenza, Pirlo ha difeso e segnato, osservato e spronato, esultato, rischiato, vinto e perso con la faccia di chi ha sempre dovuto proteggere un'unicità. Non ha avuto paura. Ha superato con eleganza la linea d'ombra illuminando il palcoscenico per gli altri. Poi se l'è preso. Nel Milan, in Nazionale, nella Juventus. Così era scritto. Così è accaduto. Senza mai confidare nella fortuna: «Puoi essere fortunato per qualche anno, ma alla fine l'inganno si svela. Esiste la realtà. La gente ti vede. Chi sa giocare va avanti, chi è bravino rimane nelle serie inferiori». Bravino era Ivan. Ivan Pirlo, figlio di Luigi. Il primo che fece rotolare il pallone a Flero, dove i campi sono all'entrata del paese, il cartello stradale indica una via privilegiata al vino e dove tra cascine e partite sull'aia con zii e cugini, l'Andrea cresce, evade e scarta, nascondendo la sfera dell'età acerba nel Pirlo di oggi. Andrea. E poi Ivan. Quello senza scudetti, senza coppe e senza Mondiali. Quello senza rigori estremi: «Il cucchiaio di Panenka contro la Germania Ovest non l'ho mai visto e i due sbagliati da Beccalossi con lo Slovan Bratislava, neanche. Ho tirato i miei, assecondando la follia di un momento, il vento che prendi durante la rincorsa, lasciando andare liberi i pensieri».

Pirlo ha gesti lenti, ma non parla lentamente. Risponde a tutte le domande scegliendo poche, chiare parole. Si fa capire benissimo. Rapido, ma non frettoloso, va subito al punto. È sorprendentemente ironico. Gli chiedi se nelle lunghe giornate con Marcello Lippi, pomeriggi non sempre lieti e a volte militareschi, «un giorno ci prese da parte dopo un allenamento successivo a Italia-Australia del 2006. Ci rinchiuse in una sala, lamentò che erano uscite dallo spogliatoio delle cose che all'esterno non dovevano filtrare e che in definitiva eravamo un gruppo di ɱerda», ad Andrea, allevato al culto baggesco fino a professarlo da giovane scudiero alla corte di Mazzone, non fosse venuto in mente di chiedere al tecnico «che in Germania seppe straordinariamente spronarci a metà torneo» di quei dissidi lontani in cui il rapporto tra il 10 e l'allenatore di Viareggio segnava tempesta. Baggio era impiegato poco e male. In quell'Inter, Lippi lo detestava, non sempre cordialmente. Poi arrivò una partita da Baggio e in Tv, con gli occhi stretti, il ragazzo che si era fatto apprezzare a Vicenza e molto amare a Firenze, si presentò con un cappello in testa che era insieme manifesto esistenziale e provocazione al tempo stesso: «Matame se no te sirvo». Uccidimi, se di me non hai bisogno. Pirlo ricorda bene, ma dribbla da quando è bambino e alla polemica giurassica, antepone il sorriso: «Al tempo ero a Reggio Calabria, non saprei dire come andò veramente».

Si arriva all'eccellenza proprio perché nulla si dimentica. I discorsi dei mentori, le lezioni, gli incontri, i peccati di lesa maestà. Così in un pomeriggio di promessa pioggia e freddo non severo, con i capannoni grigi ai lati della strada, i tifosi in attesa fuori dal cancello e le guardie giurate a presidio del fortino, Pirlo scorre l'album del recente ieri con la stessa lieta indifferenza di chi ha messo a fuoco il domani in previdente anticipo. «Ho preso le mie legnate senza lamentarmi troppo. Ho guardato avanti. Ho imparato a non rimuginare. Non ho mai litigato in vita mia. Qualche scambio brusco l'ho affrontato di sicuro, ma l'ho limitato al campo. Fuori dal campo esiste altro e io ho cercato di non confondere i piani». Sul terreno verde, gli è capitato di esser preso a calci: «Da ragazzo, in una delle prime amichevoli con il Brescia, un certo Marinoni, uno che giocava nel Darfo e che chiamavano Keegan, si irritò per un virtuosismo di troppo e mi tirò giù senza troppi riguardi». Mircea Lucescu, con tipico, lungimirante sguardo da profeta di frontiera, scattò come un ossesso per denunciare a dio il misfatto: «Arbitro, così non si fa, questo ragazzo diventerà un campione». E Marinoni, 400 gol tra i dilettanti, Re al centro del suo mondo, non si stupì per la teatralità: «Ah sì?, io sono già il campione della Bassa».

Non mentiva nessuno dei due: «L'etichetta di predestinato non mi ha mai dato fastidio, anzi. Mi ha responsabilizzato aiutandomi a farmi voler bene sia dai miei coetanei sia dai più vecchi. Sapere di avere talento mi invitava a migliorarmi ogni giorno senza adagiarmi sui complimenti». Gino Corioni, il presidente che scambiava autobus per calciatori e che tra Ospitaletto, Bologna e Brescia tenne alta la bandiera di un pauperismo intelligente e contadino fino a quando le forze lo sorressero, giurava che Pirlo sarebbe rimasto in Lombardia vita natural durante: «Ma in provincia è normale, i presidenti tengono in vita i sogni e i sogni per svilupparsi hanno bisogno di esagerazioni. A Corioni ho voluto bene, ma esistevano le esigenze di bilancio e in quel caso facevano scopa con le ambizioni. Ho sempre saputo che sarei andato via da Brescia. Volevo arrivare in Nazionale, giocare in una grande squadra, raggiungere i traguardi che sono felice di aver raggiunto». Tappa dopo tappa, Pirlo ha saputo ringraziare. Nessuna avarizia, ma una teoria di nomi perché «ognuno» giura «mi ha dato qualcosa per aiutarmi e essere quel che sono oggi». Gianfranco Clerici, Carlo Mazzone: «Il primo a farmi giocare nel ruolo in cui mi muovo adesso», il suo omonimo Ancelotti, Lippi, Conte, Allegri, persino Marco Tardelli che non lo capiva e che tra una panchina e una tribuna, lentamente, lo esiliò: «All'epoca rimasi malissimo. Dopo vent'anni, impari a relativizzare. Avevo davanti tantissimi campioni e presi un'altra strada». Una sola fermata a sud, a Reggio Calabria: «Esperienza eccezionale che feci su consiglio di Baronio, grande amico fin dai tempi delle giovanili». Il Pirlo di allora aveva la stessa chioma di oggi e il medesimo sguardo obliquo in cui si leggono più sentimenti senza riuscire davvero a decrittarne nessuno. C'è una sfera che protegge, un certo modo di non sembrare, una pagina segreta che tale rimarrà perché non tutto può essere svelato. Esiste il Pirlo controllato che fa cadere le parole con la grazia di un suo lancio e quello che svuota gli estintori sui compagni a dovere compiuto nell'allegra postadolescenza della ricreazione da ritiro. Non c'è contraddizione, dice: «Perché un conto è il campo e altro sono gli amici, la vita privata, l'ambito in cui non devo rendere conto a nessuno. Chi mi conosce sa che so scherzare, ma sa anche che non amo parlare troppo dopo le partite. Per me il calcio non è mai stato soltanto un gioco. Ci sono le regole e vanno rispettate. Ho incontrato tante teste calde che alla classe non riuscivano ad affiancare la disciplina e ho visto ragazzini presi per un orecchio dai vecchi dello spogliatoio al solo scopo di insegnargli che il rispetto non è uno slogan vuoto».

Pirlo non biasima nessuno. Non crede nell'efficacia del moralismo, ma solo in quella della morale. Da ragazzino per incontrare lo sguardo di suo padre doveva guardare dalla parte opposta della rete. Da un lato i genitori di compagni e avversari. Dall'altra, il signor Pirlo: «Che andava altrove perché già allora non aveva voglia di ascoltare le cagate dei padri esasperati che si comportavano da cattivi maestri. Erano già insopportabili qualche anno fa. Immagino che oggi la situazione sia persino peggiorata». Il Razzismo: «Mi fa schifo». La violenza. L'odio tribale. La guerra in miniatura delle domeniche del villaggio: «Il mondo che nuota intorno al pallone è andato di pari passo alla crisi di tutto il paese. Abbiamo parlato troppo e abbiamo agito poco. Non siamo migliorati, non abbiamo fissato paletti essenziali, siamo rimasti fermi. Immobili. Senza evoluzione». Claudio Marchisio, per paradosso, disse che Calciopoli rappresentò un'occasione. Uno spazio da coltivare, un'opportunità per esporsi al sole con la possibilità di esserne scottato. Senza correre il rischio di bruciarsi, forse, sarebbe sbocciato con criminale ritardo: «Calciopoli rappresentò una brutta pagina del nostro calcio». Il realismo di Pirlo non prevede negazioni. Se le cose esistono, bisogna farci i conti. Ci sono i galantuomini e, come cantava Dalla, anche i delinquenti. Basta saperlo. Stare attenti. Conoscere gli indirizzi. Le liturgie. Sapere quando ridere e come corazzarsi per non piangere. Al già evocato fratello acquisito dell'adolescenza bresciana nella Voluntas, Roberto Baronio, accadde di perdere la patria potestà di Gaucci. All'ex presidente del Perugia, la libertà di Roberto il biondo non piaceva e gradiva ancora meno il numero scelto per la stagione 2002/2003. Prese a perseguitarlo: «Gli brucio la maglia numero 13 e non giocherà più»; «Porta sfiga» disse brutalmente. Lo mise fuori rosa. Si accanì e qualcuno finì per crederci: «Una brutta situazione perché non esiste niente di più insinuante della diceria. Ti rimane addosso. Ti marchia. Soprattutto in un mondo come il nostro in cui la scaramanzia è una religione. A Reggio Calabria c'era un mio compagno che prima di dormire metteva le scarpe in verticale vicino alla finestra. Mai saputo il perché. Lo rassicurava. A certe cose non credo e non ho mai creduto. Preferisco il lavoro. La mia fortuna è stata poter fare il mestiere che sognavo». La storia di Pirlo non è mai corsa parallela al denaro. «In famiglia non mi è mai mancato nulla». Il principale interesse professionale del padre, la siderurgia, garantiva serenità: «I soldi non sono mai stati il motore di niente. Non li ho mai cercati e non li inseguo adesso, anche se so di essere un assoluto privilegiato e di aver guadagnato sempre molto bene». Da ragazzo scherzava sui vizi innocenti: «La Playstation è la più grande invenzione dell'umanità dopo la ruota», e oggi che il joystick è nell'angolo, «è stato bello affrontare qualche campionato virtuale, ma sono cresciuto», Pirlo non disdegna un'istantanea di sé in cui al centro del quadro si possa riscoprire uomo. Non senza qualità, ma anche senza stranezze: «La vita vera, la più importante, dista molte lune dai novanta minuti domenicali. È un'altra cosa. È un altro tempo». Un tempo privato: «Di cui non parlo mai per discrezione e perché mi sembra che in fondo ci sia poco da dire. È un mio spazio. Uno spazio in cui ci sono la mia famiglia, i miei figli, qualche viaggio, qualche uscita estemporanea, un cinema, una passeggiata in centro, molti libri. Lei mi dice che per Totti sarebbe impossibile camminare a Roma in Via del Corso e io le rispondo che a Torino, pur firmando qualche autografo, sono un cittadino come tutti gli altri. Al lunedì, quando c'è un po' di libertà, senza neanche sfiorare le pagelle del giorno prima perché tanto se ho giocato bene o male lo so già, finalmente ritorno ad essere soltanto Andrea».

A tanta normalità, un domani, potrebbe corrispondere un distacco. Una nuova geometria. Una partenza che non preveda necessariamente il prato verde e il déjà vu: «Ho trentacinque anni, ma al ritiro non penso mai. È chiaro che un giorno accadrà e che non supererò quel fenomeno di Pierobon, il portiere del Cittadella che va per i quarantasei anni. Mi fermerò prima e non sono neanche sicuro di rimanere nel mondo del calcio. Mi prenderò qualche mese per girare l'Europa, risposarmi, guardarmi attorno. Sono curioso e non le ho soddisfatte tutte, le mie curiosità». Al l'addio precoce, Pirlo pensò solo dopo il naufragio di Istanbul. La notte del 2005 in cui il Milan sembrava aver vinto la Champions e invece vide i dèmoni con il Liverpool di Rafa Benitez: «Per qualche giorno credetti veramente che fosse finita. Non avevo forze. Non mi davo pace né spiegazione». Dal tre a zero alla sconfitta per quattro a tre, c'è lo iato che divide l'eventuale e il suo contrario. Pirlo giocò un tempo da Atatürk e poi, di fronte alla reincarnazione di Bruce Grobbelaar, il polacco Jerzy Dudek, sbagliò da undici metri e perse la campagna di Turchia. «Il calcio è la mia vita, riempie le mie giornate da vent'anni e nel bene e nel male, mi ha insegnato a stare al mondo. Mi ha insegnato che si vince e si perde, che si ascolta e si dissente, si ricevono delusioni e non sempre ti è dovuta una spiegazione. Ho imparato molte cose, ovviamente. La prima è non dimenticare di essere riconoscente. La seconda è non portare rancore perché le partite sono lunghe e le persone non sono mai soltanto quello che sembrano». Nessun cruccio riservato a Hodgson: «Una persona deliziosa che con il suo inglese imbastardito dall'italiano mi chiamava Pirla», nessuna crociata contro Zeman: «Che mi è anche simpatico e con il quale probabilmente sarei andato anche d'accordo. Non ho mai avuto nessun problema. Con nessuno».

Il pomeriggio scende, i secondi se ne vanno, si discute pur sempre di calcio: «Un tema di cui si parla anche troppo. Una cosa che non è una guerra con i bambini e le donne nel resoconto dei caduti, un'allegria che non incupisce, uno sfogo che serve per evadere dai problemi della vita, il mio sogno di bambino, il mio unico desiderio, il mio divertimento, la mia passione. La stessa che è rimasta identica a vent'anni di distanza. Finché avrò questa voglia, continuerò a giocare». Guardando le città dalle finestre di un albergo. Il passaporto senza più spazio per i timbri. I viaggi immobili. Il ritorno - forse - in Provincia. L'anno prossimo, anche se Carpi e Frosinone "non contano un ċazzo", la geografia di Pirlo Andrea potrebbe allargare i suoi orizzonti. Sud. Nord. Niente è perduto se non è sperimentato. «Le frasi di Lotito fanno perdere la voglia di giocare, il calcio deve essere un gioco per tutti e in A deve andare la squadra che più merita. Ascolti certe cose e pensi, meno male che sono arrivato alla fine». Pirlo guarda oltre e non sai se parli dell'intervista o di una corsa iniziata sul Monte Netto nella primavera del settantanove. Andrea ci fa il Trebbiano. Vino buono. Botte piena. Nessun segno di ubriachezza.

16 Andrea Pirlo ha esordito in serie A a 16 anni e due giorni, il 21 maggio 1995. La partita era Reggina-Brescia: Pirlo entrò con la maglia del Brescia sostituendo il compagno di squadra Schenardi. Con la Primavera della squadra della sua città, l'anno dopo vinse il torneo di Viareggio.

37 Pirlo è il giocatore italiano con il maggior numero di presenze nella Nazionale Under 21. Con quella maglia ha giocato 37 volte, a testimonianza della sua precocità. Le presenze salgono a 46 se si considera anche la Nazionale Olimpica. I gol, invece, sono 16, che lo portano al secondo posto di sempre nella classifica marcatori dell'Under.

4 Pirlo è alla quarta stagione nella Juventus. È arrivato a Torino nel 2011, dopo aver giocato dieci anni nel Milan. Prima di allora aveva indossato le maglie del Brescia, dell'Inter, della Reggina, poi di nuovo dell'Inter, poi di nuovo del Brescia.

95% Nella partita Italia-Inghilterra del Mondiale 2014, la percentuale di passaggi riusciti di Pirlo è stata del 95%. Su 108 passaggi, 103 sono andati a buon fine. Nessuno in tutto il resto del Mondiale è riuscito a fare altrettanto.

27 Pirlo è secondo nella classifica dei giocatori che hanno segnato più gol su punizione in Serie A. Con 27 gol è dietro soltanto a Mihajlovic che ne ha segnati 28. In Champions, invece, è terzo con 5 gol, dietro a Juninho Pernambucano (12) e Cristiano Renaldo (9).

4 In questa stagione di serie A, Pirlo ha fatto 4 gol (il dato è aggiornato al 15 marzo) che sono valsi 12 punti. Ogni volta che segna, infatti, realizza il gol decisivo. Altissima anche la percentuale dei passaggi riusciti: 86,6%.

 

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FourFourTwo | August 2015

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Arrivederci, Maestro!

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IL GIORNALE 07-07-2015

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Paura per la figlia di Pirlo: investita vicino a piazza Vittorio

La tredicenne è all’ospedale Regina Margherita, dove verrà tenuta in osservazione per la notte: le sue condizioni non sarebbero preoccupanti

 

Pirlo su Juve-Napoli: "Altre squadre hanno giocato nonostante il Covid..."  | Goal.com Italia

 

FONTE

 

 

La figlia dell’ex campione della Juventus Andrea Pirlo è stata investita oggi pomeriggio, martedì 28 maggio, in pieno centro a Torino.

 

L’incidente che ha visto coinvolta la ragazza, classe 2006, è avvenuto all’angolo tra via Bonafous e via Maria Vittoria, a due passi da piazza Vittorio. Le condizioni della giovane sembrano lievi e non desterebbero preoccupazioni: al momento si trova al Regina Margherita.

Modificato da Socrates

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meno male va...

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Agnelli vuole far tornare Pirlo alla Juve

L’offerta bianconera: prendi una panchina Under 23 o Primavera

 

Risultati immagini per andrea agnelli andrea pirlo

 

FONTE

 

 

Vuoi venire ad allenare da noi? La richiesta di Andrea Agnelli ha smosso qualcosa in Andrea Pirlo. Primo perché l’amicizia che lega i due è di quelle che vanno oltre il calcio e la professione. Secondo perché Pirlo sta progettando un futuro da allenatore e l’idea di una sfida in bianconero lo intriga. Nella fattispecie, per Pirlo sarebbero pronte le panchine dell’Under 23 o della Primavera. Può scegliere, a lui è concesso.

 

Futuro da allenatore certo

E lui, al momento, non ha scelto. Non tanto quale delle due squadre gli piacerebbe allenare, ma se gli piacerebbe allenare già dalla prossima stagione. Il futuro da allenatore, infatti, per lui è certo, ma non urgente. L’alternativa sarebbe un’altra stagione da commentatore Sky, ruolo nel quale si è divertito e che gli piacerebbe coltivare ancora per un anno. «Lui è diverso dagli altri: se farà l’allenatore, lo farà ad alti livelli. Non girovagherà nelle serie inferiori. E sono curioso di vederlo», ha spiegato qualche settimana fa Giorgio Chiellini in visita a Tuttosport, cercando di illustrare l’unicità dell’ex compagno e grande amico.

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Andrea Pirlo signs new contract: Juventus star pens new deal to stay with  the club until 2016 | The Independent | The Independent

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Andrea_Pirlo

 

 

Nazione: Italia 20px-Flag_of_Italy.svg.png
Luogo di nascita: Flero (Brescia)
Data di nascita: 19.05.1979
Ruolo: Centrocampista - Allenatore
Altezza: 177 cm
Peso: 68 kg
Nazionale Italiano
Soprannome: Maestro - Metronomo - Campanellino - Trilly - Bollicine

 

 

Alla Juventus dal 2011 al 2015

Esordio: 11.09.2011 - Serie A - Juventus-Parma 4-1

Ultima partita: 06.06.2015 - Champions League - Juventus-Barcellona 1-3

 

164 presenze - 19 reti

 

4 scudetti

1 coppa Italia

2 supercoppe italiane

 

Campione del mondo 2006 con la nazionale italiana

 

 

Allenatore della Juventus dal 2020 al 2021

 

52 panchine - 34 vittorie - 10 pareggi - 8 sconfitte

 

1 coppa Italia

1 supercoppa italiana

 

 

Andrea Pirlo (Flero, 19 maggio 1979) è un allenatore di calcio ed ex calciatore italiano, di ruolo centrocampista, tecnico della Sampdoria. Con la nazionale italiana è diventato campione del mondo nel 2006 e vicecampione d'Europa nel 2012.

 

Soprannominato il Maestro e il Metronomo, si è segnalato sin da giovane come uno dei maggiori talenti espressi dal calcio italiano. È considerato uno dei più grandi centrocampisti di tutti i tempi oltreché uno dei più forti registi della storia del calcio. Quattro volte fra i tre migliori registi dell'anno secondo l'IFFHS (tra il 2006 e il 2015), in altrettante occasioni è stato inserito tra i 23 candidati al Pallone d'oro, classificandosi nono nel 2006, quinto nel 2007, settimo nel 2012 e decimo nel 2013.

 

Ha giocato con Brescia, Inter e Reggina prima di passare al Milan, squadra in cui è stato titolare inamovibile nello schema tattico del tecnico Carlo Ancelotti e con cui ha vinto, in dieci anni di militanza, due scudetti, una Coppa Italia, una Supercoppa italiana, due UEFA Champions League, due Supercoppe UEFA e una Coppa del mondo per club FIFA.

 

Dal 2011 al 2015 è stato un giocatore della Juventus, con cui ha vinto quattro scudetti, due Supercoppe italiane e una Coppa Italia.

 

Con la nazionale vanta 116 presenze – settimo nella classifica assoluta – e 13 reti. Ha partecipato a tre mondiali, tre europei e due Confederations Cup. Insieme a Daniele De Rossi e Mario Balotelli, è uno dei tre giocatori ad aver segnato almeno una rete in ognuna delle tre principali competizioni calcistiche dell'epoca disputate dalla nazionale maggiore (mondiale, europeo e Confederations Cup). Detiene inoltre il primato di presenze (37, alla pari di Francesco Bardi) e di reti (15, alla pari di Alberto Gilardino) con la nazionale italiana Under-21.

 

Nel 2020 ha intrapreso la carriera da allenatore con la Juventus, con cui ha vinto nella stagione d'esordio una Coppa Italia (2020-2021) e una Supercoppa italiana (2020).

 

Andrea Pirlo
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Pirlo con la nazionale italiana nel 2015

     
Nazionalità Bandiera dell'Italia Italia
Altezza 177 cm
Peso 68 kg
Calcio 25px-Football_pictogram.svg.png
Ruolo Allenatore (ex centrocampista)
Squadra   Sampdoria
Termine carriera 1º gennaio 2018 - giocatore
Carriera
Giovanili
1985-1988   Flero
1988-1992   Voluntas Brescia
1992-1996   Brescia
Squadre di club
1995-1998   Brescia 47 (6)
1998-1999   Inter 18 (0)
1999-2000    Reggina 28 (6)
2000-2001   Inter 4 (0)
2001    Brescia 10 (0)
2001-2011   Milan 284 (32)
2011-2015   Juventus 164 (19)
2015-2017   New York City 60 (1)
Nazionale
1994 Bandiera dell'Italia Italia U-15 3 (0)
1995 Bandiera dell'Italia Italia U-16 6 (2)
1995 Bandiera dell'Italia Italia U-17 4 (0)
1995-1997 Bandiera dell'Italia Italia U-18 18 (7)
1998-2002 Bandiera dell'Italia Italia U-21 37 (15)
2000-2004 Bandiera dell'Italia Italia olimpica 9 (1)
2002-2015 Bandiera dell'Italia Italia 116 (13)
Carriera da allenatore
2020   Juventus U23
2020-2021   Juventus
2022-2023   Fatih Karagümrük
2023-   Sampdoria
Palmarès
 
10px-Coppa_mondiale.svg.png Mondiali di calcio
Oro Germania 2006
10px-UEFA_European_Cup.svg.png Europei di calcio
Argento Polonia-Ucraina 2012
1px-Transparent.png Confederations Cup
Bronzo Brasile 2013
1px-Transparent.png Europei di calcio Under-21
Oro Slovacchia 2000
Bronzo Svizzera 2002
20px-Olympic_flag.svg.png Giochi olimpici
Bronzo Atene 2004

 

Biografia

Dal 2001 al 2014 è stato sposato con Deborah, con cui ha avuto due figli, nati rispettivamente nel 2003 e nel 2006. Dal 2014 è legato a Valentina, con cui ha avuto due figli gemelli, nati a New York nel 2017, con la quale si è risposato a Torino nel 2022.

Caratteristiche tecniche

Giocatore

«Pirlo è un leader silenzioso: parla coi piedi.»

(Marcello Lippi)

 

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Pirlo, con la maglia del Milan, in attesa di calciare una punizione, pezzo forte del suo repertorio balistico

 

Accostato per alcune caratteristiche a Gianni Rivera, in giovane età ha giocato spesso in posizione di trequartista; in seguito, durante la sua militanza nel Brescia, ha iniziato ad agire stabilmente da regista di centrocampo, per volere dell'allenatore Carlo Mazzone.

 

Dotato di grande tecnica e di una visione totale del campo, era in grado di effettuare passaggi con estrema precisione. Pur non essendo molto veloce, era dotato di un ottimo dribbling, che nasceva principalmente da finte di corpo che gli consentivano di liberarsi dell'avversario.

 

Era inoltre uno specialista nell'esecuzione dei calci piazzati, che si trattasse di rigori – talvolta eseguiti col gesto del cucchiaio – o di punizioni; per affinare quest'ultima abilità si è ispirato dapprima a Roberto Baggio, suo compagno di squadra nelle stagioni 1998-1999 e 2000-2001, e in seguito a Juninho Pernambucano: a partire dal 2005 ha infatti aggiunto al proprio repertorio un nuovo modo di calciare le punizioni, «l'ascensore» (o, come ribattezzato successivamente, «la maledetta»), una tecnica che consente di imprimere al pallone traiettorie imprevedibili sfruttando l'effetto Magnus.

 

Pirlo è il secondo giocatore con il maggior numero di gol (26) realizzati su punizione in Serie A, alle spalle di Siniša Mihajlović (28). Nella classifica dei centri realizzati nella stessa maniera in Champions League è terzo con 5 gol, dietro Juninho Pernambucano (10) e Cristiano Ronaldo. Nell'arco della sua carriera, sono 46 le reti realizzate complessivamente su calcio piazzato.

Carriera

Giocatore

Club

Brescia

Dopo aver mosso i primi passi nel Flero, squadra dell'omonimo paese dove è cresciuto, e nella Voluntas, è poi entrato nel settore giovanile del Brescia, giocando come mezzapunta.

 

170px-Andrea_Pirlo_-_Brescia_Calcio_1994
 
Un quindicenne Pirlo nelle giovanili del Brescia nella stagione 1994-1995

 

Nella stagione 1994-1995 ha ottenuto la sua prima presenza tra i professionisti, quando il 21 maggio 1995, con il Brescia già retrocesso, ha esordito in Serie A sostituendo Marco Schenardi nella partita Reggiana-Brescia (2-0) disputata allo Stadio Giglio, diventando a 16 anni e 2 giorni il più giovane esordiente della squadra lombarda nella massima serie. La stagione seguente non è mai stato impiegato con la prima squadra, mentre con la formazione Primavera ha vinto il Torneo di Viareggio.

 

Nella stagione 1996-1997 è entrato a far parte della prima squadra, sotto la guida dell'allenatore Edoardo Reja, e con 17 presenze e 2 reti ha contribuito alla promozione del Brescia, che ha vinto il campionato di Serie B. La stagione seguente è stato impiegato con continuità nella massima serie, dove ha realizzato 4 gol in 29 presenze il primo dei quali in Brescia-L.R. Vicenza 4-0 del 19 ottobre 1997, quando il giovane centrocampista bresciano ha chiuso le marcature per le "rondinelle". A fine stagione il Brescia è nuovamente retrocesso nella categoria cadetta.

Inter, Reggina e ritorno al Brescia

Nel 1998, a 19 anni, è stato ingaggiato dall'Inter, dove ha collezionato 18 presenze in campionato partendo spesso dalla panchina. In totale nel corso della stagione è stato impiegato in 32 partite, facendo il suo esordio nelle competizioni confederali in occasione di un preliminare di Champions League contro lo Skonto Riga (4-0). Nel 1999 l'Inter lo ha dato in prestito alla Reggina, club al suo primo campionato di Serie A, dove insieme a Roberto Baronio e Mohamed Kallon ha disputato un campionato da protagonista nel quale ha giocato 28 partite, realizzando 6 gol.

 

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Da sinistra: Nicola Ventola, Paulo Sousa e Pirlo all'Inter durante il ritiro estivo della stagione 1998-1999.

 

L'anno seguente è tornato all'Inter ma, dopo aver trovato poco spazio nelle prima parte della stagione (solo 8 presenze), a gennaio è stato ceduto in prestito al Brescia, la società nella quale era cresciuto. L'allenatore Carlo Mazzone ha deciso di arretrare la sua posizione in campo, impiegandolo come regista di centrocampo, per farlo giocare insieme a Roberto Baggio. Tra i due giocatori si è instaurata un'ottima intesa, e il Brescia ha raggiunto a fine stagione la settima posizione in Serie A, miglior piazzamento di sempre in massima serie della squadra lombarda. Di notevole fattura il gol di Baggio in Juventus-Brescia nell'aprile 2001, rete nata proprio dall'assist di Pirlo. Baggio dirà di lui:

«Andrea ha dimostrato tutto il suo grande talento e il suo valore. Quando giocavamo insieme tutto dipendeva da lui. Ha sempre avuto il grande merito di vedere in anticipo quello che poteva succedere all'interno dell'azione. La sua visione di gioco, quello che sa fare, quello che sa costruire, fanno di lui un fuoriclasse. Andrea ha qualcosa che non si vede spesso in giro.»

(Roberto Baggio parla di Pirlo nel 2007)

 

Nel corso della stagione Pirlo ha disputato 10 partite fino ad aprile, quando durante un allenamento si è fratturato il quinto metatarso del piede destro ed è quindi dovuto rimanere fermo fino a giugno.

Milan
2001-2003
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Da sinistra: Pirlo, Rui Costa e Fatih Terim, volti nuovi del Milan nel precampionato 2001-2002

 

Nell'estate 2001 Pirlo viene acquistato dal Milan a titolo definitivo per circa 35 miliardi di lire (nell'ambito della stessa operazione Dražen Brnčić passa ai nerazzurri). A causa degli infortuni degli incontristi Gennaro Gattuso e Massimo Ambrosini, Pirlo, d'accordo con l'allenatore Carlo Ancelotti, è ritornato a giocare nella stessa posizione che aveva al Brescia, cioè davanti alla difesa. Il modulo rossonero in questa stagione è stato il 4-3-1-2. L'esordio in maglia rossonera è avvenuto il 20 settembre 2001 nella partita di Coppa UEFA vinta per 2-0 in casa del BATE Borisov; Pirlo è partito dalla panchina ed è subentrato nel corso dell'intervallo al compagno di squadra Massimo Donati. Il 28 febbraio seguente, nei quarti di finale di ritorno di Coppa UEFA contro il Roda JC, Pirlo ha realizzato il quarto tiro di rigore della sua squadra, contribuendo al passaggio del turno del Milan. Il 30 marzo 2002 ha realizzato su punizione il suo primo gol in rossonero, in Milan-Parma, contribuendo al 3-1 finale.

 

Nella stagione 2002-2003 il Milan ha giocato con il modulo "ad albero di Natale" (il 4-3-2-1), in modo tale da far convivere nella stessa formazione giocatori come Seedorf, Rui Costa, Rivaldo e lo stesso Pirlo. Da questo momento in poi Pirlo è stato schierato come regista davanti alla linea difensiva, affiancato a centrocampo da Seedorf e da Gattuso. A fine stagione, qualche giorno prima di disputare e vincere la Coppa Italia, ha giocato titolare la finale di Champions League contro la Juventus: Pirlo è uscito al 71' e il Milan ha poi battuto i bianconeri ai tiri di rigore dopo lo 0-0 dei tempi regolamentari e supplementari.

 

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Pirlo mentre festeggia con i compagni la vittoria nella finale di Manchester

 

In questa stagione Pirlo ha totalizzato 42 presenze e segnato 9 reti (di cui 8 su calcio di rigore), firmando quello che è il suo record di marcature in una stagione e in Serie A, visto che tutte le reti vennero realizzate in campionato. Da questa stagione in poi, Pirlo, che nel nuovo ruolo è stato definito da Parreira uno "Zico davanti alla difesa", è diventato un giocatore insostituibile nei piani tattici del Milan e anche un punto fermo della nazionale italiana.

2003-2005

All'inizio della stagione 2003-2004 il Milan ha affrontato la Juventus in Supercoppa italiana, perdendo ai tiri di rigore dopo l'1-1 dei supplementari (gol, entrambi all'overtime, dello stesso Pirlo e di David Trezeguet); il centrocampista rossonero aveva anche realizzato il primo tiro dal dischetto della serie necessaria per assegnare la vittoria. Dopo questa sconfitta i rossoneri hanno vinto a Monte Carlo la Supercoppa UEFA contro il Porto, (futura vincitrice della Champions League 2003-2004), mentre hanno perso la Coppa Intercontinentale contro gli argentini del Boca Juniors ai tiri di rigore, complici gli errori dello stesso Pirlo, di Seedorf e di Costacurta.

 

Nell'andata dei quarti di finale di Champions League contro il Deportivo La Coruña, Pirlo realizza la prima rete stagionale nella competizione, contribuendo al 4-1 del Milan. Tuttavia, nella gara di ritorno, gli spagnoli hanno ribaltato il risultato ed eliminato i rossoneri dalla competizione. La clamorosa sconfitta ha suscitato tanti interrogativi; lo stesso Pirlo, nella sua autobiografia pubblicata nel 2014, ha sollevato forti sospetti riguardo al possibile utilizzo da parte della squadra avversaria di sostanze dopanti: «Non sono in possesso di prove, per cui la mia non è un'accusa, mai mi permetterei di formularla. Semplicemente è un pensiero cattivo che mi sono concesso, però per la prima e unica volta nella vita mi è venuto il dubbio che qualcuno sul mio stesso campo potesse essersi dopato». A fine stagione, conclusa da protagonista con 44 presenze e 8 reti, ha vinto il suo primo scudetto (il 17º della storia rossonera).

 

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Pirlo in maglia rossonera nel 2005

 

Il 21 agosto 2004 i rossoneri battono la Lazio per 3-0 a San Siro grazie a una tripletta di Ševčenko e si aggiudicano la loro quinta Supercoppa di Lega inaugurando così la stagione 2004-2005. In Champions League, il Milan ha raggiunto la finale contro il Liverpool, perdendo ai tiri di rigore a seguito di un rocambolesco 3-3 nei tempi regolamentari: nell'occasione Pirlo ha fallito, insieme ai compagni Serginho e Ševčenko, uno dei tiri dal dischetto che hanno portato i rossoneri alla sconfitta. Dopo questa dolorosa finale, Pirlo ha pensato addirittura di lasciare il calcio giocato.

«[...] ho seriamente pensato di lasciare il calcio perché mi sembrava che non avesse più senso nulla, non mi sentivo più un calciatore e nemmeno più un uomo, non avevo neanche il coraggio di guardarmi allo specchio. Dopo quella partita abbiamo creato una nuova malattia dai molteplici sintomi, nota come "sindrome di Istanbul" e ancora adesso non so bene davvero cosa sia successo quella sera.»

(Andrea Pirlo racconta la finale di Istanbul nell'autobiografia Penso quindi gioco)

2005-2011

Nella stagione 2005-2006, dopo la sconfitta in semifinale in Champions contro il Barcellona, poi vincitore del trofeo, la squadra rossonera si è classificata terza in campionato, dopo essere stata declassata dal secondo posto ottenuto sul campo a seguito dello scandalo Calciopoli. Pirlo ha concluso la stagione con 5 reti in 49 partite.

 

Nella stagione successiva Pirlo, dopo il successo al campionato del mondo 2006 in Germania, si è classificato 9º nel Pallone d'oro 2006, premio vinto dal compagno di squadra Fabio Cannavaro. Dopo la vittoria in semifinale contro il Manchester United (alla quale Pirlo contribuisce con l'assist per il secondo gol del Milan, firmato da Clarence Seedorf), il Milan tornò in finale di Champions League, nuovamente contro il Liverpool, vincendo per 2-1 e ottenendo la rivincita della finale disputata due anni prima. Pirlo ha propiziato con un calcio di punizione il primo dei due gol di Filippo Inzaghi, che ha descritto così la giocata del compagno:

«Andrea mi ha fatto segnare tanto, ma la punizione per il primo gol di Atene resterà indimenticabile per me: un assist involontario e meraviglioso.»

(Filippo Inzaghi sull'assist di Pirlo nella finale di Champions League contro il Liverpool nel 2007 ad Atene)

 

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Pirlo in maglia rossonera nel 2008

 

Nella stagione successiva Pirlo, dopo il successo in Champions League, si è classificato 5º nel Pallone d'oro 2007, vinto dal compagno di squadra Kaká. Il Milan nel corso dell'annata ha vinto la Supercoppa UEFA contro il Siviglia e la Coppa del mondo per club contro il Boca Juniors.

 

All'inizio della stagione 2009-2010, dopo l'addio di Carlo Ancelotti e l'arrivo di Leonardo in panchina, Pirlo è stato sul punto di seguire il suo ex allenatore al Chelsea, ma il trasferimento è stato bloccato dal presidente milanista Silvio Berlusconi. In un'annata scevra di successi, seppur conclusa al terzo posto in campionato, ha segnato la sua unica rete nel successo in Champions League per 3-2 sul campo del Real Madrid.

 

Il 7 maggio 2011, dopo una stagione segnata da diversi infortuni, ha vinto lo scudetto con i rossoneri a due giornate dal termine del campionato grazie allo 0-0 contro la Roma. Il 18 maggio 2011, non rientrando più nei piani del tecnico Massimiliano Allegri per ragioni tattiche – «nel mio ruolo [...] preferiva altri giocatori» – né in quelli della società che lo considera ormai avviato al tramonto della carriera, non accetta il rinnovo di contratto offertogli – «il Milan ha deciso che non servivo più. L'ho capito subito durante quel colloquio» – e decide di svincolarsi dai rossoneri dopo dieci anni.

 

Con il Milan, Pirlo ha disputato 401 partite nelle quali ha segnato 41 gol, vincendo 2 Champions League, 2 Supercoppe UEFA, una Coppa del mondo per club FIFA, 2 scudetti, una Coppa Italia e una Supercoppa italiana. È inoltre il giocatore che ha disputato più partite in una singola stagione nella storia del Milan: 52 nell'annata 2006-2007.

Juventus
2011-2013

«Mi chiedevano se fossi pazzo per aver lasciato il Milan, risposi che quando mi sposto lo faccio per vincere.»

(Andrea Pirlo, 11 maggio 2012)

 

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Pirlo al debutto con la Juventus nel precampionato dell'estate 2011

 

Dopo avere indossato per dieci stagioni la maglia rossonera, nell'estate del 2011 si accasa a parametro zero alla Juventus. Nonostante i numerosi dubbi della vigilia da parte degli addetti ai lavori, al contrario l'avventura torinese ha costituito una sorta di seconda giovinezza per Pirlo, il cui innesto si è rivelato determinante per il ritorno ai vertici del club bianconero dopo i difficili anni post-Calciopoli e annesso avvio di un nuovo ciclo di vittorie.

 

Ha esordito in maglia bianconera l'11 settembre 2011 nella partita di campionato contro il Parma (4-1), gara nella quale ha realizzato gli assist per il primo e il quarto gol della squadra torinese segnati rispettivamente da Lichtsteiner e Marchisio. Ha segnato il primo gol in maglia bianconera nella partita Juventus-Catania 3-1 del 18 febbraio 2012, sfruttando un calcio di punizione. L'11 marzo 2012, in occasione della gara della 27ª giornata di campionato contro il Genoa, ha disputato la 400ª partita in Serie A. Il 6 maggio 2012, col successo sul Cagliari sul campo neutro di Trieste, si è aggiudicato lo scudetto coi bianconeri. Ha concluso la stagione con 13 assist e 3 reti in campionato. L'AIC lo ha premiato con il titolo di miglior calciatore assoluto della Serie A 2011-2012. Sempre in questa stagione si è classificato al quarto posto dell'UEFA Best Player in Europe Award.

 

L'11 agosto 2012 ha vinto la sua seconda Supercoppa italiana grazie al risultato di 4-2 sul Napoli. Alla fine dell'anno solare si classifica 7º al Pallone d'oro FIFA 2012, vinto poi dall'argentino Lionel Messi, e viene inserito nella Squadra dell'anno UEFA. Il quotidiano inglese The Guardian lo classifica 8º tra i migliori calciatori dell'anno.

 

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Pirlo in azione in maglia bianconera nella sfida di Champions League del 5 dicembre 2012 contro lo Shakhtar

 

Il 5 maggio 2013, grazie alla vittoria casalinga per 1-0 sul Palermo, ha vinto il terzo scudetto personale di fila. Conclude la stagione con 5 gol, tutti su calcio di punizione; risulta così il miglior tiratore del campionato sotto questo aspetto, a pari merito con Francesco Lodi. A fine stagione l'azienda Bloomberg lo ha classificato al quinto posto tra i migliori giocatori europei.

2013-2015

Il 18 agosto 2013 ha vinto la sua terza Supercoppa italiana, seconda consecutiva con la maglia della Juventus, a seguito del risultato di 4-0 sulla Lazio. Nello stesso anno si classifica 10º per il Pallone d'oro FIFA 2013, vinto poi dal portoghese Cristiano Ronaldo. Il 26 ottobre disputa da titolare Real Madrid-Juventus (2-1), gara valida per i gironi di Champions League 2013-2014; al momento della sua uscita dal campo, al 59', tutto il pubblico del Santiago Bernabéu gli tributa una standing ovation così com'era successo solo ad un altro giocatore bianconero, Alessandro Del Piero.

 

Ha segnato il suo primo gol in Europa League, e primo gol europeo con la maglia della Juventus, il 20 marzo nella trasferta contro la Fiorentina, finita poi 0-1, su calcio di punizione, nella sfida di ritorno degli ottavi di finale. Il 10 aprile 2014, nel ritorno dei quarti di finale di Europa League contro il Lione ha realizzato il gol che ha aperto le marcature, sempre su punizione, nella partita conclusasi 2-1: anche grazie al suo gol i bianconeri sono approdati in semifinale; con questa rete è anche diventato, con sei realizzazioni, il miglior tiratore stagionale su calcio di punizione in Europa.

 

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Pirlo con la Juventus durante la tournée in Asia e Australia dell'estate 2014

 

Il 4 maggio, grazie alla sconfitta della Roma contro il Catania (4-1), vince il suo quarto scudetto consecutivo, il terzo con la Juventus. Dopo aver chiuso la stagione con 45 presenze, 6 reti, tutte realizzate su calcio di punizione, e 6 assist all'attivo, è stato inserito nella lista dei 18 migliori giocatori dell'Europa League 2013-2014.

 

All'inizio della stagione 2014-2015, dopo le improvvise dimissioni di Conte, sulla panchina torinese arriva Massimiliano Allegri, proprio colui che tre anni prima era stato tra i motivi dell'addio di Pirlo al Milan: nonostante gli screzi passati, i due ricuciono in breve il rapporto – «abbiamo messo una pietra sopra al passato, se non si fa così non si va da nessuna parte» –, sicché il fantasista bresciano rimane tra i punti fermi della squadra piemontese. Il 2 maggio 2015, con la vittoria della Juventus in casa della Sampdoria (0-1), Pirlo si aggiudica il suo quarto scudetto bianconero e il quinto consecutivo.

 

Il 19 maggio 2015, in occasione del suo 36º compleanno, Pirlo viene inserito nella classifica dei migliori dieci calciatori con oltre 36 anni stilata da France Football. Il giorno successivo vince la Coppa Italia battendo in finale la Lazio per 2-1; nel corso della partita, con i biancocelesti in avanti per 0-1, Pirlo batte la punizione da cui scaturirà il momentaneo pareggio dei bianconeri. Il 6 giugno perde per 1-3 la finale di Champions League contro il Barcellona. Alla conclusione della Champions League, viene inserito nella squadra ideale dell'edizione 2014-2015.

New York City e ritiro

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Pirlo con la maglia del New York City nel 2016

 

Il 6 luglio 2015 passa a titolo gratuito al New York City: il giocatore lascia dunque la Serie A con all'attivo 20 stagioni e 493 partite complessive. Esordisce nella MLS il 26 luglio, entrando al 56' del match tra New York City e Orlando City, conclusosi 5-3 per i padroni di casa. A fine stagione, le presenze in campionato saranno 13. Il 18 giugno 2016, nella vittoria casalinga sui Philadelphia Union, segna su punizione il suo primo (e unico) gol in Major League Soccer; Pirlo colleziona 32 presenze in regular season e una nei play-off, mettendo a referto anche 11 assist.

 

La terza stagione in MLS è la più difficile a livello personale, con il giocatore vittima di numerosi problemi fisici che non gli consentono di giocare con continuità (le presenze in regular season saranno solo 15). Il 5 novembre 2017 disputa la sua ultima partita da professionista subentrando al 90' della gara contro il Columbus Crew, valida per il ritorno della semifinale play-off di Eastern Conference.

Nazionale

Nazionale Under-21 e olimpica

Pirlo ha preso parte con la nazionale Under-21 del commissario tecnico Marco Tardelli all'europeo di categoria 2000, vinto in finale dall'Italia contro la Repubblica Ceca grazie alla sua doppietta, e del quale è stato capocannoniere con 3 gol oltreché nominato migliore giocatore. Ha poi disputato anche l'edizione del 2002, nella quale l'Italia è uscita in semifinale. Con 37 partite giocate e 15 reti segnate tra il 1998 e il 2002, è tuttora il primatista assoluto degli Azzurrini sia come presenze (alla pari di Francesco Bardi) sia come gol (alla pari di Alberto Gilardino).

 

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Pirlo esultante con la maglia dell'Under-21 nel 1999

 

Contemporaneamente, con la nazionale olimpica ha preso parte ai Giochi di Sydney 2000, chiusi dall'Italia ai quarti di finale. Confermato nella rappresentativa olimpica Under-23 anche per la successiva edizione di Atene 2004, stavolta convocato come fuoriquota dal selezionatore Claudio Gentile, contribuisce alla conquista della medaglia di bronzo.

Nazionale maggiore
Gli esordi, Euro 2004

Il 7 settembre 2002, a 23 anni, esordisce in nazionale maggiore con il commissario tecnico Giovanni Trapattoni, entrando nella ripresa della partita vinta 2-0 in trasferta contro l'Azerbaigian, valida per le qualificazioni europee. Trapattoni inizia subito ad apprezzare Pirlo, esaltandone la capacità di costruzione e di interdizione, al punto tale da ridisegnare i suoi schemi tattici per far giocare più frequentemente il milanista nel centrocampo azzurro. Il 30 maggio 2004 realizza il suo primo gol in nazionale, segnando su calcio di punizione dopo essere entrato nel secondo tempo dell'amichevole Tunisia-Italia (0-4) disputata a Tunisi.

 

Pirlo è stato convocato da Trapattoni per il campionato d'Europa 2004 in Portogallo, dove indossa la maglia numero ventuno che lo accompagnerà anche nelle competizioni degli anni successivi. Alla vigilia della competizione, tuttavia, non parte tra i titolari e viene impiegato per la prima volta solo nella seconda sfida della fase a gironi, il pareggio per 1-1 contro la Svezia il 18 giugno allo Stadio do Dragão. Disputa da titolare anche la terza e ultima gara del girone contro la Bulgaria, che malgrado la vittoria per 2-1 sancisce la prematura eliminazione dell'Italia dal torneo.

Mondiale 2006

Dal 2004 in poi diventa titolare nei piani tattici del nuovo CT Marcello Lippi che lo convoca con continuità. Il 26 marzo 2005 ha realizzato la sua unica doppietta in maglia azzurra contro la Scozia, gara valida per le qualificazioni mondiali.

 

Dopo aver disputato gran parte delle partite di qualificazione, è stato inserito dal CT Lippi tra i convocati per il campionato del mondo 2006 in Germania. Esordisce in questa competizione il 16 giugno contro il Ghana, prima gara della fase a gironi, realizzando il primo gol dell'Italia nella competizione mondiale, un destro a girare dal vertice sinistro dell'area su azione d'angolo. Nella seconda sfida del girone contro gli Stati Uniti d'America, ha realizzato su punizione l'assist ad Alberto Gilardino per il momentaneo 0-1 dell'Italia. Nella semifinale contro la Germania, ha servito l'assist vincente a Fabio Grosso per il momentaneo 0-1 dell'Italia. Quindi, nella finale contro la Francia, il centrocampista ha battuto il calcio d'angolo da cui è scaturito il gol dell'1-1 di Marco Materazzi: nell'epilogo ai tiri di rigore, Pirlo ha messo a segno il primo penalty della serie, terminata con la vittoria dell'Italia, laureatasi campione del mondo per la quarta volta nella sua storia. Durante la manifestazione in Germania si è aggiudicato il Man of the Match assegnato dalla FIFA in tre partite: Italia-Ghana, Germania-Italia e anche Italia-Francia, finale del torneo. Pirlo è stato votato terzo miglior giocatore del Mondiale dopo Zinédine Zidane e Fabio Cannavaro.

Euro 2008, Confederations Cup 2009 e mondiale 2010

È stato convocato dal CT Roberto Donadoni per la fase finale del campionato d'Europa 2008 in Austria e Svizzera, dove ha disputato tutte e tre le partite del girone iniziale, segnando una rete su calcio di rigore nella gara contro la Francia vinta 2-0 e decisiva per il passaggio del turno. Ha poi saltato la gara dei quarti di finale contro la Spagna, persa dall'Italia ai tiri di rigore, a causa di una squalifica per due ammonizioni ricevute nel corso della fase a gironi.

 

Nel giugno 2009 ha fatto parte della selezione per la Confederations Cup 2009, disputando tutte le tre partite degli azzurri nella manifestazione e realizzando anche un assist per il secondo gol di Rossi contro gli Stati Uniti- L'Italia è stata eliminata nella fase a gruppi avendo chiuso il girone B alle spalle di Brasile e Stati Uniti.

 

Pirlo è stato selezionato dal CT Marcello Lippi per il campionato del mondo 2010 in Sudafrica, dove, a causa di un infortunio al polpaccio sinistro, è sceso in campo solo nel secondo tempo dell'ultima partita del girone, persa contro la Slovacchia, che sancisce l'eliminazione dell'Italia.

Euro 2012

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Pirlo in azione durante il quarto di finale contro l'Inghilterra a Euro 2012

 

Il 3 settembre 2010, in assenza di Gianluigi Buffon, ha indossato per la prima volta dall'inizio la fascia di capitano della nazionale italiana nella gara delle qualificazioni europee vinta 2-1 a Tallinn contro l'Estonia, partita nella quale su calcio d'angolo è stato autore dell'assist per il primo gol degli Azzurri segnato da Antonio Cassano.

 

Nella partita d'esordio dell campionato d'Europa 2012, contro la Spagna, ha realizzato l'assist per il temporaneo 1-0 di Antonio Di Natale (risultato finale 1-1). Il 14 giugno 2012, nella seconda gara dell'europeo contro la Croazia, ha segnato su punizione il gol del momentaneo 1-0; la partita è poi terminata col punteggio di 1-1. Il 24 giugno seguente, nella partita dei quarti di finale contro l'Inghilterra, dopo lo 0-0 nei tempi regolamentari e supplementari, nell'epilogo ai tiri di rigore calcia uno dei 4 penalty decisivi per l'esito della partita, piazzando un "cucchiaio" alla sinistra di Joe Hart. Ha disputato da titolare tutte le 6 partite degli Azzurri nella manifestazione, chiusa al secondo posto dopo la sconfitta in finale per 4-0 contro la Spagna; in 3 di queste partite è stato nominato man of the match dall'UEFA.

Confederations Cup 2013 e mondiale 2014

Convocato per la Confederations Cup 2013, nella prima gara contro il Messico del 16 giugno 2013, giocatasi al Maracanã, ha raggiunto le 100 presenze in nazionale e ha realizzato su punizione il gol del temporaneo 1-0; la partita è poi terminata col punteggio di 2-1 per l'Italia. A causa di una contrattura, Pirlo è costretto a saltare la finale del girone contro il Brasile. È tornato in campo nella semifinale con la Spagna, persa ai tiri di rigore.

 

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Pirlo in azione durante l'amichevole contro il Portogallo nel giugno 2015

 

Nella prima gara del campionato del mondo 2014 contro l'Inghilterra (vinta 2-1 dagli Azzurri) ha indossato la fascia di capitano dal primo minuto a causa dell'assenza di Buffon. È partito titolare anche nelle altre due partite del primo turno contro la Costa Rica e l'Uruguay entrambe perse dall'Italia che ha così concluso al terzo posto nel girone D venendo eliminata.

 

Sebbene avesse reso nota, nel corso della stagione 2013-2014, l'intenzione di ritirarsi dalla nazionale al termine del mondiale, dopo l'eliminazione prematura dell'Italia Pirlo ritorna sui suoi passi, decidendo di continuare la sua avventura in maglia azzurra, di comune accordo col nuovo CT Antonio Conte. Il 10 ottobre 2014, scendendo in campo contro l'Azerbaigian, raggiunge quota 113 presenze in maglia azzurra superando Dino Zoff, fermo a 112, e portandosi al quarto posto in assoluto. Disputa tuttavia solo 4 partite nel biennio di Conte, che alla fine non lo inserisce nella lista dei convocati per il campionato d'Europa 2016, uscendo così definitivamente dal giro della nazionale.

Allenatore

Juventus

Nonostante quanto aveva dichiarato sul finire della carriera agonistica – «non farò mai l'allenatore» –, una volta cessata l'attività di calciatore Pirlo torna presto sui propri passi; il 27 settembre 2018 ottiene a Coverciano la qualifica UEFA A, che lo abilita all'allenamento di tutte le formazioni giovanili e delle prime squadre fino alla Serie C, oltreché alla posizione di allenatore in seconda in Serie B e Serie A.

 

Il 30 luglio 2020 torna alla Juventus per intraprendere la sua prima esperienza in panchina, venendo inizialmente nominato tecnico della Juventus U23, la seconda squadra bianconera militante in Serie C; tuttavia l'8 agosto seguente, dopo l'esonero di Maurizio Sarri, viene promosso alla guida della prima squadra. Ancora sprovvisto del patentino UEFA Pro, necessario per guidare club in Serie A, il successivo 14 settembre ottiene l'abilitazione a Coverciano. Sei giorni dopo fa il suo debutto da allenatore, in occasione della vittoria casalinga juventina 3-0 sulla Sampdoria in avvio di campionato; un mese dopo, il 20 ottobre fa il suo esordio anche in Champions League, nel successo per 2-0 sul terreno della Dinamo Kiev. Il 20 gennaio 2021 vince il suo primo titolo da allenatore, aggiudicandosi la Supercoppa italiana dopo avere battuto il Napoli per 2-0 nella finale di Reggio Emilia. Pur andando incontro a un'annata altalenate quanto a gioco e risultati, in cui la squadra bianconera abdica quale campione d'Italia dopo nove anni, la stagione si chiude in crescendo per Pirlo che il 19 maggio alza il suo secondo trofeo in panchina, la Coppa Italia, dopo avere battuto in finale, ancora a Reggio Emilia, l'Atalanta per 2-1. L'andamento globale della stagione non gli vale tuttavia la conferma in panchina anche per la successiva.

Fatih Karagümrük e Sampdoria

Dopo un anno d'inattività, il 12 giugno 2022 torna ad allenare, sedendosi sulla panchina del Fatih Karagümrük, club turco di Süper Lig. Sul finire di un campionato che vede la squadra stazionare a centro classifica, il 24 maggio 2023, a tre giornate dal termine, risolve il proprio contratto con la società.

 

Il successivo 27 giugno torna ad allenare in Italia, venendo ingaggiato dalla Sampdoria, neoretrocessa in Serie B.

Palmarès

Giocatore

Club

Competizioni giovanili
Competizioni nazionali
Competizioni internazionali

Nazionale

Individuale

  • Miglior giocatore della finale del Mondiale: 1 - Germania 2006
Squadra dell'anno: 2012, 2013, 2014, 2015
Miglior calciatore assoluto: 2012, 2013, 2014
Premio alla carriera: 2018
  • Squadra della stagione della UEFA Champions League: 1 - 2014-2015
  • All-Time XI dell'Europeo Under-21: 1 - 2015
  • Globe Soccer Awards: 1 - Premio alla carriera per calciatori: 2015
  • Premio internazionale Giacinto Facchetti - 2017
  • Inserito tra le “Leggende del calcio” del Golden Foot - 2018
  • Inserito nella Hall of Fame del calcio italiano nella categoria Giocatore italiano - 2019
  • Candidato al Dream Team del Pallone d'oro (2020)

Allenatore

  • Supercoppa Italiana.svg Supercoppa italiana: 1 - Juventus: 2020

Onorificenze

Cavaliere Ordine al merito della Repubblica Italiana - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere Ordine al merito della Repubblica Italiana
  — Roma, 27 settembre 2004. Di iniziativa del Presidente della Repubblica Italiana.
Collare d'oro al Merito Sportivo - nastrino per uniforme ordinaria Collare d'oro al Merito Sportivo
  — Roma, 23 ottobre 2006.
Ufficiale Ordine al merito della Repubblica Italiana - nastrino per uniforme ordinaria

Ufficiale Ordine al merito della Repubblica Italiana

Di iniziativa del Presidente della Repubblica Italiana.

 

 

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Li ha conquistati subito – scrive Federica Furino su “Hurrà Juventus” del luglio 2011 – fin dalla prima amichevole contro quelli della Val Susa. «Giocate così non si vedevano dai tempi di Platini». Come se 10 anni di Milan fossero passati inosservati. Ma il tifoso è strano, non importa che Andrea Pirlo sia un fuoriclasse dall’età di 16 anni e abbia scritto alcune delle pagine più belle del calcio italiano. Alla gente piace scoprire il proprio campione quando entra in casa, come se fosse una novità assoluta, un bipede giunto da un altro pianeta. Va bene così. Intanto Pirlo è alla Juve, il libro della sua carriera si riapre, con lui il popolo bianconero spera che si ricominci anche a scrivere il capitolo delle vittorie, interrotto sul più bello.
– Andrea, la gente continua a strabuzzare gli occhi. Ma lei che cosa ha provato indossando per la prima volta la maglia bianconera?
«Il contraccolpo cromatico c’è stato, ma il passaggio è stato in realtà indolore. Anche perché è stata una mia scelta lasciare il Milan e qui ho trovato vecchi amici come Buffon, Del Piero, Iaquinta. Avere già un bel rapporto con loro ha facilitato il mio inserimento nel gruppo».
– I leader non bastano mai. La Juve ha trovato un altro giocatore di carattere?
«Sono all’apparenza un timido, in realtà so alzare la voce se occorre, nello spogliatoio mi faccio sentire».
– Può smentire la diceria di un Pirlo musone?
«Non lo sono affatto. Sono silenzioso e poco propenso al sorriso verso chi non conosco. Ma chiedete ai compagni se non sono uno che sa stare allo scherzo: li subisco e li faccio».
– Voto in simpatia?
«4 per chi non mi sta vicino, per il resto 8».
– Quindi quanta fatica le costa questa prima intervista per “Hurrà”?
«Parecchia, ma è giusto che il tifoso mi conosca. Perché uno degli aspetti che non mi piacciono del calcio è proprio quello di apparire sui giornali o in TV. Rifiuto gli inviti ai talk show calcistici. Sono uomo di campo, non un opinionista».
– Ha ragione, ce ne sono anche troppi. Quindi la tutela della privacy è fondamentale per lei. Come evita le “paparazzate”?
«Basta volerlo. Se non vuoi apparire hai mille modi per farlo. Chi va sui settimanali è perché ci tiene».
– Quindi vacanze lontano dalle spiagge dei VIP?
«Ho casa a Forte dei Marmi, ma basta andare all’estero e non ti beccano più». 
– A 22 anni era già sposato. Perché?
«Per fare bene il calciatore lontano da casa servono stabilità ed equilibrio. Io avevo bisogno di una persona accanto e ho anticipato i tempi. Con l’arrivo di Nicolò, che ha 8 anni e giocherà nella scuola calcio della Juve, e Angela di 4 anni e mezzo, ho la famiglia perfetta».
– Lei ha debuttato in Serie A a 16 anni nel Brescia, del calcio conosce ogni sfaccettatura. Cosa le ha permesso di diventare un campione e di restarlo a lungo?
«Sono rimasto sempre con i piedi per terra, il successo non mi ha cambiato. E poi è fondamentale la cultura del lavoro. Se ti impegni i risultati arrivano».
– Fama e denaro. A che posto stanno nella hit parade dei suoi valori personali?
«Molto in basso. Soprattutto la notorietà. Non posso rifiutarla, ma non mi interessa. Il denaro fa parte del nostro mondo: se sei bravo guadagni di più. Normale».
– Qualcuno sostiene che nel calcio più nulla sia normale. Condivide?
«Nel mirino ci sono sempre gli ingaggi dei calciatori. Ma siamo noi che muoviamo un grande business da cui tanti traggono vantaggio. La gente negli stadi e i contratti con le TV li portiamo noi».
– Cosa detesta nel prossimo?
«L’arroganza e l’abitudine di dare giudizi affrettati».
– I calciatori sono apolitici?
«No, ma è meglio non parlarne. Basta una parola per scatenare un casino».
– Oltre il calcio oggi che cosa c’è per lei?
«La mia famiglia. Mi piace stare a casa con i bambini».
– Ha già scelto il suo appartamento torinese?
«Sì, vivrò in centro».
– Immagina già il Pirlo ex calciatore?
«No. Ma al futuro ho già pensato. Produco vino nella zona del Franciacorta. Per ora se ne occupa mio padre».
 
«Andrea Pirlo è fantastico. Ha una superiore visione di gioco e con un colpo mette la palla dove vuole. Il calcio si gioca con la testa. Se non hai la testa, le gambe da sole non bastano». Queste parole di Johan Cruijff spiegano nel migliore dei modi, quale sia stata la grandezza di Andrea Pirlo. E il miglior giocatore del mondo della sua epoca e nel suo ruolo, poteva non vestire la casacca bianconera? Certo che no e, detto fatto, il matrimonio si celebra nell’estate del 2011.
È un regalo che la coppia Marotta-Paratici fa ad Antonio Conte, neo allenatore juventino, approfittando del fatto che Andrea è lasciato libero dal Milan. «Quando abbiamo parlato del mio contratto, mi hanno proposto il rinnovo per un anno. Io chiedevo un triennale, perché ero più giovane degli altri giocatori in scadenza. Ma il vero motivo del mio trasferimento è stato un altro: Allegri voleva piazzare davanti alla difesa Ambrosini o Van Bommel ed io avrei dovuto cambiare ruolo. Allora ho detto “no, grazie” e ho scelto la Juve, che mi offriva motivazioni importanti. Ci tengo a dire che non è stata una questione economica. Il Milan ha deciso che non servivo più. L’ho capito subito durante quel colloquio. Nel mio ruolo Allegri preferiva altri giocatori».
Conte capisce immediatamente che il suo 4-2-4 mal si adatta alle caratteristiche del fuoriclasse bresciano e compone un centrocampo di ferro, con Marchisio e Vidal scudieri di Pirlo che è così libero di dipingere traiettorie impossibili per ogni altro giocatore, che sia un passaggio illuminante o una punizione vincente. E l’esordio casalingo contro il Parma è con il botto: assist meraviglioso per Lichtsteiner (il tifoso si abituerà presto a questa combinazione vincente) e 1-0 per la Juve. Altra pennellata per Marchisio, 4-0 e tutti a casa!
La stagione prosegue in modo trionfale per la compagine juventina. Il Maestro continua a sfornare assist ai compagni, manca solamente il goal: 18 febbraio 2012, il Catania è inaspettatamente in vantaggio allo Stadium. Ma la gioia dei siciliani dura poco, perché Andrea sfrutta al meglio una punizione dal limite e il pareggio è cosa fatta. Ci penseranno poi Chiellini e Quagliarella a regalare i tre punti alla Vecchia Signora. Si ripete a Firenze, con un inserimento su assist di Marchisio, e su punizione contro la Roma. Arriva lo scudetto e Pirlo è eletto miglior giocatore del campionato juventino. Una bella rivincita per chi lo considerava “bollito”!
«Ho avvertito da subito un’aria particolare. A giugno, al matrimonio di Buffon, alcuni suoi amici mi chiedevano se fossi pazzo per aver lasciato il Milan, risposi che quando mi sposto lo faccio per vincere. E dissi che avremmo conquistato lo scudetto. Adesso mi ringraziano, perché andarono a scommettere sul nostro trionfo. Conte è un grandissimo allenatore. Io ne ho avuti tanti, ma nessuno così meticoloso nel lavoro e bravo a spiegare le cose. Dal punto di vista tattico e didattico è perfino più bravo di Ancelotti e Lippi, che pure hanno tante qualità. Prepara benissimo le partite, studiamo i video degli avversari 3 o 4 volte alla settimana e quando scendiamo in campo è difficile che qualcosa ci sorprenda. Conte è un talento della panchina. Il 4-2-4 iniziale mi divertiva, poi Conte ha scelto altre strade: è segno di grandezza saper modificare le proprie idee. Il modulo con tre centrocampisti centrali è il più adatto alla squadra, ci ha reso più aggressivi. Conte parla molto con noi, si confronta».
Si riparte per una nuova avventura: c’è da ripetersi in campionato e da affrontare la Coppa dei Campioni. Pirlo si presenta con tanto di barba, deciso a ripetere le meravigliose prestazioni dell’anno precedente. Se è possibile, Andrea fa ancora meglio: segna 5 reti, tutte su punizione, una più bella dell’altra! Arrivano un nuovo scudetto e la Supercoppa Italiana. Il sogno europeo si infrange contro il fortissimo Bayern, che andrà poi a vincere la coppa.
Stagione 2013-14: il numero 21 bianconero («Non potevo cambiare numero. Mio padre Luigi è nato il 21, io mi sono sposato il 21, quello era il numero del campanello a Milano e perfino del civico a Torino», dice) compie 34 anni ma l’entusiasmo è ancora quello degli inizi di carriera. Si parte con la vittoria nella Supercoppa Italiana, grazie a un perentorio 4-0 contro la Lazio. E si prosegue trionfalmente in campionato, dove Pirlo continua a mostrare magie, che siano assist o calci di punizione poco importa.
L’apice lo raggiunge il 16 marzo, quando la Juve scende a Genova, sponda rossoblu. Come capita sempre, la squadra avversaria sfodera la “partita della vita” ma la compagine bianconera è abituata a queste “battaglie” e non si lascia certo intimidire. Buffon para un rigore a Calaiò, lo 0-0 sembra scritto, quando l’arbitro concede una punizione dal limite per la Juventus. Mancano pochi minuti alla fine della partita e Pirlo disegna una traiettoria impossibile per il portiere genoano Perin: 1-0 e tutta l’Italia che si stropiccia gli occhi per l’ennesima prodezza del fuoriclasse bresciano.
«Goal scudetto? Speriamo sia di aiuto – commenta – sapevamo che era una partita difficile, ma era troppo importante per noi portare a casa i tre punti. Anche se abbiamo fatto molta fatica, lo spirito è stato sempre buono».
Purtroppo, in Coppa Campioni le cose vanno male. La Vecchia Signora non supera il girone eliminatorio, sconfitta all’ultima giornata dal Galatasaray, nella palude di Istanbul. Ma per Andrea c’è la grandissima soddisfazione di ricevere la standing ovation del Santiago Bernabéu, così com’era capitato a Del Piero qualche anno prima. Nonostante la sconfitta contro le Merengues, la Juve gioca un’ottima partita e il pubblico madrilista, famoso per il suo palato fine, non risparmia la sua ammirazione per Pirlo, nel momento della sua sostituzione.
C’è giusto il tempo per festeggiare il terzo scudetto consecutivo (il quinto per Pirlo) e si riparte. Conte abbandona la nave bianconera il secondo giorno di ritiro e al suo posto arriva quel Massimiliano Allegri che aveva relegato Andrea in panchina, non ritenendolo più adatto al proprio modo di giocare. Purtroppo, la Carta di Identità comincia a farsi pesante: 35 anni non sono uno scherzo. Un infortunio lo tiene fuori nella prima parte della stagione e rientra solamente il 5 ottobre nel big-match contro la Roma. Allegri lo gestisce al meglio, regalandogli spesso turni di riposo, e il Maestro ricomincia a dipingere le sue meravigliose traiettorie che tanto fanno felici i compagni e i tifosi.
Segna contro l’Empoli e contro l’Olympiakos su punizione e poi arriva il derby. È il 30 novembre 2014, a Torino piove a dirotto. Come tutti i derby, la partita è molto combattuta. Segna Vidal su rigore, pareggia Bruno Peres dopo essersi fatto tutto il campo palla al piede. Il Torino ha qualche occasione per passare in vantaggio, soprattutto dopo il secondo cartellino giallo rimediato da Lichtsteiner. Juve in 10, quindi, e in difficoltà, ma costantemente proiettata in attacco, alla ricerca della vittoria. Mancano una manciata di secondi alla fine della partita, quando Bonucci recupera un pallone nella trequarti granata e serve Morata. Lo spagnolo passa il pallone a Vidal il quale lo cede a Pirlo. Il Maestro, nonostante la distanza di più di 30 metri dalla porta, non ci pensa su due volte e calcia di prima intenzione. Il pallone rimane a pochi centimetri sollevato dall’erba e si va a infilare nell’angolino alla sinistra del portiere granata.
Lo Stadium impazzisce, non c’è cosa più bella, per un tifoso, che vincere un derby all’ultimo respiro. «Era l’ultimo tiro, quello della disperazione ed è andata bene. È bellissimo vincere un derby in 10 all’ultimo secondo, non mi era mai capitato di segnare a pochi istanti dalla fine. Non abbiamo mai mollato e se succedono cose come stasera meglio ancora».
È, in pratica, l’ultimo assolo di Von Karajan. Va a segno contro l’Atalanta e poi si infortuna nuovamente contro il Borussia Dortmund. Rientra in tempo per realizzare ancora nel derby, con un precisissimo calcio di punizione. La Juve va alla grande anche senza di lui, vince il quarto scudetto consecutivo, la decima Coppa Italia e vola in finale di Coppa dei Campioni. Proprio contro il Barcellona di Messi, chiude la carriera in bianconero. Le sue lacrime alla fine della partita di Berlino, sono quelle di tutti i tifosi che perdono due volte: l’ennesima finale di coppa e uno dei più grandi giocatori che abbiano mai vestito la casacca juventina.
Pochi giorni dopo, infatti, Andrea annuncia la volontà trasferire negli Stati Uniti, per terminare la carriera. «Può essere difficile trasformare le emozioni in parole, soprattutto se coinvolgono quattro anni così importanti della mia vita. Posso solo dire un enorme grazie a tutti coloro che mi hanno accompagnato e sostenuto in questa avventura: la società Juventus a partire dal nostro presidente, senza dimenticare ogni singola persona che ci lavora; i miei compagni di tante battaglie, di molte risate e di qualche lacrima; i tifosi e tutti coloro che mi hanno sempre seguito con affetto anche nei momenti meno belli. Grazie di cuore a tutti voi. Non è stato semplice decidere, ma è arrivato il momento di iniziare una nuova avventura, che però non mi farà mai dimenticare il legame che ho con questi colori. Fino alla fine Forza Juventus».
Ritorna nell’estate del 2020 nelle vesti di allenatore dell’Under 23. Ma dopo poche settimane, a sorpresa, Andrea Agnelli gli affida la prima squadra. È una mossa molto azzardata, perché Pirlo non ha mai allenato in vita sua, ma il presidente bianconero è convinto della sua scelta. Sarà una stagione molto complicata per la Vecchia Signora: mai in lotta per lo scudetto, riuscirà a portare a casa la Coppa Italia e la Supercoppa italiana. Ma Pirlo non verrà confermato.
«Si è conclusa la mia prima stagione da allenatore. È stato un anno intenso, complicato ma in ogni caso meraviglioso. Quando sono stato chiamato dalla Juventus non ho mai pensato al rischio che correvo, sebbene fosse abbastanza evidente. Ha prevalso il rispetto per i colori di questa maglia e la volontà di mettermi in gioco ad altissimi livelli per il progetto che mi era stato prospettato. Se dovessi tornare indietro rifarei esattamente la stessa scelta, pur consapevole di tutti gli ostacoli che ho incontrato legati ad un periodo così difficile per tutti, che mi ha impedito di pianificare al meglio le mie intenzioni e il mio stile di gioco, ma durante il quale ho comunque raggiunto gli obbiettivi che mi erano stati chiesti. Quest’avventura, nonostante un finale che non mi aspettavo, ha reso ancora più chiaro quale vorrei fosse il mio futuro, che spero sia altrettanto completo e pieno di soddisfazioni come quello che ho vissuto da calciatore. È tempo di rimettersi in gioco e affrontare nuove sfide. Voglio comunque ringraziare la famiglia Juventus e tutti quelli che mi sono stati vicini in questa stagione».
 
 
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