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Socrates

Carlos Tevez

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Why Carlos Tevez Should Have Stayed at Juventus for Another Season | News,  Scores, Highlights, Stats, and Rumors | Bleacher Report

 

 

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World Soccer | December 2013

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IL | Maggio 2014

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La fuerza dell’Apache

 

Losing Carlos Tevez would be a huge blow for Juventus - Football News

 


Torna il campionato e torna Carlos Tevez. L’impatto dell’”Apache” sulla Serie A è stato devastante. La tripletta al Sassuolo è solo l’ultimo squillo di un inizio di campionato straordinario. Certo, la casella zero nei gol segnati in Champions pesa. Ma Carlitos si è rifatto alla grande alla prima occasione. Vittima la malcapitata squadra di Di Francesco, che ha dovuto confrontarsi con tutta la rabbia e la determinazione dell’argentino.

La grinta, la voglia di non mollare, sono le caratteristiche distintive di Tevez. Troppo spesso si è fatta della retorica sull’infanzia dell’”Apache”. In campo però la sua voglia feroce è quella di chi per emergere ha dovuto faticare il doppio degli altri. “Il ‘barrio’ è l’essenza di quello che sono”. Questa la sintesi perfetta di Carlitos. Uno che ha conquistato il Boca Juniors e poi il Brasile. Un argentino idolo in Brasile, basta questo a descrivere al meglio Tevez.

La carriera - Inizia a giocare nel Boca Juniors e ben presto diventa un idolo. Col Boca vince tutto. Campionato, Libertadores e Intercontinentale contro il Milan nel 2003. Nel dicembre 2004 passa al Corinthians. L’ambientamento è difficile, ma anche in Brasile Tevez ci mette poco a farsi amare. Diventa il simbolo e il capitano del “Timao”, che trascina alla vittoria nel Brasilerao del 2005. Nel mezzo c’è anche una medaglia d’oro alle Olimpiadi del 2004 con la maglia della nazionale argentina.

Nel 2006 lo sbarco in Europa. Al West Ham Carlitos non riesce a incidere e dopo una sola stagione passa al Manchester United. Nei “Red Devils” ci sono Rooney e Cristiano Ronaldo. Tevez gioca spesso sulla fascia, ma la sua classe brilla comunque. Nei due anni allo United vince due Premier League, una Champions e il Mondiale per club.

Nel 2009 va a giocare per i rivali cittadini dello United, il Manchester City. Ai “Citizens” vive anni di alti e bassi. Nelle prime due stagioni segna a raffica e vince la FA Cup (2011). A settembre 2011 litiga con Mancini e viene messo fuori squadra per diversi mesi. Quando torna a marzo il suo apporto è decisivo per conquistare il campionato. L’ultima stagione al City è avara di soddisfazioni e porta all’addio.

Il resto è storia recente. Il passaggio alla Juventus, la vittoria della Supercoppa italiana e l’inizio di campionato col botto. Nessuna sorpresa per un campione a tutto tondo come Carlitos. Dai piedi fatati e dai polmoni grandi. Un vincente per definizione, capace di conquistare ogni posto in cui ha giocato. Le sue scelte hanno fatto discutere, ha litigato con gli allenatori, si è fatto odiare e poi amare incondizionatamente. Ma alla fine ha sempre avuto ragione lui. E con lui chi ha creduto nel ragazzo venuto dal “barrio”, l’idolo delle folle, che tutti gli argentini vorrebbero al prossimo Mondiale.


da Calcio Critico

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Ore di terrore per Carlos Tevez:
il padre rapito e poi rilasciato dopo il riscatto

 

L'attaccante della Juventus ha fatto da tramite con l'Argentina,
appena appresa la notizia shock, usando il telefono.

 

Carlos Tevez football render - 13837 - FootyRenders

 

 

29-07-2014

Scossone in casa Juventus; nella mattinata di martedì 29 luglio è arrivata come un fulmine a ciel sereno la notizia del rapimento del padre di Carlo Tevez in Argentina. L'attaccante, appena appreso l'accaduto, ha cercato il modo di mettersi in contatto con i rapitori per risolvere di persona la triste vicenda che con il passare delle ore si sta arricchendo di particolari. Il padre dell'Apache della Juve sarebbe stato sequestrato nella sua auto da due rapitori per caso, cioè non sapevano chi fosse il signor Juan Carlos Cabral, padre adottivo del campione argentino. Apprese le sue reali generalità, i rapitori hanno deciso di chiedere un grande riscatto per liberarlo.

Carlos Tevez in ansia per il rapimento del padre adottivo

In poche ore, la famiglia di Tevez tramite l'avvocato ha fatto sapere ai media locali della costernazione e del dolore che stavano vivendo per l'accaduto con la speranza che tutto possa risolversi al meglio. La somma richiesta per il riscatto era di 2 milioni di pesos, circa 200 mila euro che sarebbero stati prontamente pagati, secondo indiscrezioni, per permettere l'immediata liberazione. L'attaccante della Juventus non è partito per l'Argentina come inizialmente si era detto ma ha contattato via telefono i rapitori riuscendo a risolvere il caso anche a chilometri di distanza. Dopo otto ore di sequestro, il signor Juan Carlos Cabral è stato liberato senza alcuna conseguenza, dietro il pagamento del riscatto richiesto.

Sospiro di sollievo per Carlos Tevez; il padre è stato già liberato

La stampa argentina si è occupata in modo dettagliato della triste vicenda che ha coinvolto l'Apache, un idolo nella sua terra d'origine e, al momento della tanto attesa liberazione è stato pubblicato un comunicato ufficiale. Alle 18.40 ora italiana anche il sito ufficiale della Juventus e tutti i media nostrani hanno riportato la bella notizia della fine dell'incubo che stava preoccupando Carlos Tevez dalle prime ore della mattina. Il signor Juan Carlos Cabral è di nuovo un uomo libero ed è già tornato in famiglia e, nonostante il grande spavento, pare stia piuttosto bene. L'attaccante della Juventus non è più partito per l'Argentina nonostante lo volesse fortemente perchè è stato tranquillizzato dai suoi familiari sulle condizioni del padre; dunque Tevez resta in ritiro con la squadra a Vinovo e continua la preparazione al prossimo campionato, anche se fortemente scosso dalla vicenda.

 



http://it.blastingnews.com/calcio/2014/07/video/rapimento-lampo-per-il-padre-di-tevez-0018431.html?ref=115051

 

da Blasting News

 

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OLÉ 14-09-2014

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Carlitos non deve dimostrare nulla , la sua grande carriera , i suoi gol , i suoi assist parlano per lui. Attaccante che si sacrifica per la squadra , pressing e recupero sugli avversari. Non è certo per demerito che ha saltato i mondiali. sefz

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Carlitos non deve dimostrare nulla , la sua grande carriera , i suoi gol , i suoi assist parlano per lui. Attaccante che si sacrifica per la squadra , pressing e recupero sugli avversari. Non è certo per demerito che ha saltato i mondiali. sefz

Pre-convocato. Vediamo se rientra nella lista dei convocati ufficiali.

CLARIN 22-09-2014

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La selección de Martino jugará el 11 de octubre con Brasil, en Beijing. Y el 14 en Hong Kong ante el equipo nacional como parte de los festejos del cenetenario de la federación del país.

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CLARÍN 25-09-2014

Martino: “Veremos cuándo

es conveniente citar a Tevez”

El Tata volvió a elogiar al delantero de Juventus (ayer no

jugó): “Dice mucho en la cancha con sus rendimientos”.

Martino juega con su táctica

por HERNAN CLAUS (OLÉ 25-09-2014)

A la hora de tomar decisiones, Martino utiliza una táctica menos agresiva que sus equipos ultraofensivos dentro del campo. Y el caso Tevez es el fiel reflejo de cómo se maneja el nuevo técnico de la Selección. Cuando el tema no estaba muy en danza, el Tata lo puso arriba de la mesa y habló de las condiciones de Tevez. Y, ahora, en cada una de las entrevistas el técnico se anima a hablar (mejor) del delantero de la Juventus. El entrenador está preparando el terreno, dejándole claro al grupo (con declaraciones indirectas) que su idea es incorporar al Apache en el futuro cercano (el momento sería en la gira de noviembre por EE.UU.) y hasta se animó a decir que no habló del tema con el plantel. Eso sucederá en la gira por China y Honk Kong. No pedirá permiso, simplemente avisará y tratará, si es que hay negativas, de explicar por qué cree que Tevez es importante para este momento de la Selección. Para algunos está tardando mucho, para otros está dando los pasos justos. Lo que está claro es que la táctica de la acción es más cauta.

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TEVEZ

La historia secreta de cómo

terminó el cepo en la Selección

Sabella no lo convocó nunca, dándole prioridad al

grupo. Más de tres años después, Martino lo recupera.

por JAVIER QUINTELA (CLARÍN 28-10-2014)

En cada convocatoria de la Selección Argentina era el gran ausente. Su apellido surgía en colegios, bares y oficinas, y las aguas se dividían entre aquellos que se mostraban firmes en tenerlo en su lista y entre los otros, esos que apoyaban la decisión del técnico de mantenerlo al margen. Más de tres años duró la discusión sobre si Carlos Alberto Tevez debía ser parte del combinado nacional. Y ayer, finalmente, esa discusión se terminó. Gerardo Martino anunció los convocados para los amistosos ante Croacia (el 12 de noviembre) y Portugal (el 18), y entre ellos se encuentra el actual delantero de la Juventus, que así volverá a vestirse de celeste y blanco.

El quiebre entre Tevez y la Selección se dio el 16 de julio de 2011, en Santa Fe. Aquel día, Argentina cayó por penales ante Uruguay por los cuartos de final de la Copa América, y el delantero erró su remate desde los doce pasos. “Fue uno de los peores momentos que me tocó pasar como profesional. Me dolió mucho y todavía me cuesta salir de esa situación. Hay muchísima presión por parte de la gente y desde los periodistas, por eso cuesta mucho, mucho más, jugar en la Selección que en los clubes”, había comentado el Apache algunos meses después de aquel partido. Lo cierto es que la caída ante Uruguay trajo sus consecuencias: Sergio Batista dejó de ser el técnico de Argentina (Alejandro Sabella lo reemplazó) y, además, Tevez dejó de formar parte de los habituales convocados por una decisión del nuevo entrenador, que priorizó al armado del grupo.

Con Sabella al mando, la ausencia de Tevez se hizo algo habitual, sin importar el nivel que mostraba en el Manchester City, primero, y luego en la Juventus, que adquirió su pase en junio de 2013. Precisamente en Italia el ex Boca se reencontró con su mejor nivel y se convirtió en la estrella de la Vecchia Signora. Y con el Mundial de Brasil cercano en el calendario, los rumores sobre un posible regreso a la Selección aparecieron, pero rápidamente quedaron al margen: Sabella ni siquiera lo incluyó en la lista de 30 preseleccionados. “No estoy viendo nada de la Selección. No sé cómo está el grupo ni cómo llega al Mundial, no sé nada. Yo estoy con mi familia, juego al golf, tomo sol... estoy aislado porque me duele no estar. No veo lo que pasa alrededor de la Selección”, reconoció un dolido Tevez. Del otro lado, la respuesta de Sabella no dejaba lugar a las dudas: “No hablo de los no convocados”, dijo Pachorra más de una vez, tajante. “Creo que Sabella no tiene cable para ver a la Juventus”, respondió el Apache -a esta altura ya campeón en Italia-, para aumentar la polémica.

El Mundial pasó, Sabella decidió dar un paso al costado y el escenario cambió, aunque desde un primer momento la idea inicial de Julio Grondona, el por entonces presidente de la AFA, era renovarle al DT y que Tevez volviera a la Selección. Gerardo Martino fue elegido para sustituir a Sabella, y el propio Tata comenzó a tantear el terreno para un operativo retorno. Sin Lionel Messi en el plantel para su debut en el banco ante Alemania (estaba lesionado), Martino habló telefónicamente con el rosarino para saber su opinión sobre la vuelta de Tevez, y ya en Beijing -en la previa del amistoso ante Brasil-, la charla fue personal. Antes, también, hubo un encuentro entre Leo y el Apache, en el que charlaron durante una hora en Milán, donde coincidieron en un evento de Dolce & Gabbana. “No tengo problemas con Grondona, con Bilardo, con Messi ni con nadie”, había asegurado en su momento Tevez, desechando un posible conflicto con el diez del Barcelona.

“Todos tienen las puertas abiertas”, fue una de las primeras declaraciones de Martino como DT de Argentina. “Si Tevez sigue en este nivel, probablemente esté”, comentó luego. Ayer, finalmente, el regreso del Apache se confirmó. La espera, al cabo, fue larga.

Un potencial ofensivo único

por ADRIÁN MALADESKY (CLARÍN 28-10-2014)

Ahora el problema será de abundancia. No hay selección en el mundo que tenga una superpoblación semejante. Higuaín, Agüero y Tevez disputando la camiseta número nueve. Al menos ese es el imperativo táctico con el que arranca Martino, según su propio manual: un centrodelantero y dos extremos. Hasta ahora ha dicho que no los ve, ni a Tevez ni a Agüero, jugando como segunda punta, por afuera, acompañando al nueve de área como Carlitos lo hace con Llorente en la Juventus y el Kun con Dzeko en el Manchester City. En principio parece una autolimitación.

Lo concreto es que el llamado a Tevez no merecía postergarse más. Y si la polémica estuvo apagada durante gran parte de estos más de tres años de ausencia fue porque la Selección no vio limitado su poder de fuego. En el ciclo de Sabella, siempre sin Tevez, el equipo convirtió 75 goles en 41 partidos. Messi anotó 24; Higuaín, 15; Agüero, 7 y Di María, 6. Durante las Eliminatorias poco se habló del Apache, pero en el Mundial nada fue igual. Ni el equipo, ni el estilo. Un solo gol del Pipita y ninguno del Kun, demostrando que los dos llegaron lejos de su mejor versión. Allí sí se extrañó a Tevez. Y la mirada del hincha no puede evitar las comparaciones. Pero para Sabella nunca existió la posibilidad de tener a Carlitos en Brasil, incluso poniéndole freno al deseo de Grondona. Apostó a la unidad del grupo, dando por segura que la presencia de Tevez provocaría radioactividad. Todo eso parece haber sido desactivado, no sólo por la decisión de Martino, también por el “permiso” (demorado) de Messi, Mascherano y Cía. ¿Hubiera sido así si eran campeones del mundo?

Ahora llega el tiempo de armar otro equipo. Y Tevez puede ser el símbolo de una mirada distinta: hacia los que atacan. Nadie tiene un potencial ofensivo como Argentina. Juntar a Messi, Di María, Tevez, Higuaín y Agüero suena imposible y lo es, los cinco, en un equipo de 11. Los tres “9” empiezan una pelea imperdible.

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OLÉ 28-10-2014

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Ho il barrio nel sangue

Carlos Tévez ha ricevuto il Guerin d'Oro 2013-14 e per l'occasione ci ha rilasciato un'intervista esclusiva distribuita tra passato, presente e futuro. «Sono cresciuto a Fuerte Apache, tra le difficoltà del quotidiano, ma anche tra l'amore dei miei genitori. Oggi esulto mostrando quelle maglie perché so che a Buenos Aires mi guardano bambini poveri come lo ero io». Juventus, Nazionale, Maradona, contratto, Allegri e Conte: un fuoriclasse tutto da leggere

di MATTEO MARANI (GUERIN SPORTIVO | DICEMBRE 2014)

Carlitos Tévez da Fuerte Apache è il vincitore del Guerin d’Oro 2013-14, ideale suggello di una stagione straordinaria che ha portato lui a segnare 19 reti e la Juventus allo scudetto. Il terzo di fila vinto dai bianconeri, ma il primo per l’attaccante argentino arrivato in Italia un anno fa per la cifra – oggi rivalutatissima – di 9 milioni di euro. Diciamola tutta: al di là dei voti dei quotidiani sportivi e del nostro giornale, dalla cui media scaturisce ogni anno l’assegnazione del Guerin d’Oro, il suo rendimento è stato decisivo per il successo in campionato. La firma di Carlitos non è stata meno importante di quella di Conte.

La consegna del premio – assai gradito dal vincitore per via della sua storia e della sua caratura – è l’occasione per incontrarsi e conoscersi meglio. «L’anno scorso ho visto proprio sul Guerin Sportivo il servizio che avete dedicate al mio barrio: molto bello» dice Tévez al momento dei saluti. E aggiunge: «So che siete per l’Italia ciò che è il Grafico per l’Argentina». Fuori di retorica, è un uomo tenero, che ha sicuramente sofferto lungo la sua vita e che nelle difficoltà ha maturato umanità. Gli si illuminano gli occhi quando parla della sua infanzia e gli capita anche quando parla dei tre figli, la cosa più grande che abbia avuto in dono. È gentile, cortese, sorridente, per nulla superficiale come potrebbe apparire visto dall’esterno. Da vicino, nel dialogare qui nel centro sportivo di Vinovo, Tévez è diverso da quello dei litigi con Mancini o dalla fama di giocatore difficile.

Subito dopo la consegna del premio, tra fotografi e telecamere affamati di sue immagini, ci sediamo per chiacchierare. Jeans, maglietta colorata, molti tatuaggi che spuntano dalle braccia. Riprende il Guerin d’Oro e lo riguarda con piena soddisfazione. «Mi fa un grande piacere ricevere un premio vinto anni prima da gente come Maradona o Batistuta. Credimi: un’autentica emozione».

Carlos, ti va se partiamo proprio da Lui, da Diego?

«Un uomo eccezionale, con un carisma unico. Ho avuto la fortuna di dividere con lui l’esperienza del Mondiale 2010 in Sudafrica. È il mio idolo, il modello a cui guardo da quando sono bambino».

Qual è la prima immagine che hai di lui?

«Molte quando tornò al Boca nel 1995. Ovviamente ho qualche immagine precedente: Napoli, seppure pochissimo, un po’ a Siviglia. Ricordo benissimo il Mondiale negli Stati Uniti, il primo che ho seguito. E lì c’era Diego».

Tu e lui siete gli idoli del pueblo, del popolo argentino. Ti sei chiesto che cosa piaccia di voi due alla gente?

«Non lo so, ma so che io non faccio niente per conquistare il consenso. Non ho mai fatto dichiarazioni per accattivarmi simpatie, ho sempre detto le cose che pensavo in quel momento.Non ho mai scordato le mie origini, da dove vengo: forse piace questo alla gente».

Andiamo subito lì. Esercito de Los Andes, ma per tutti Fuerte Apache, un nome con cui oggi vieni chiamato tu. Apache, appunto.

«Ho avuto un’infanzia non semplice, come ancora oggi non l’hanno molti bambini che crescono nelle periferie di Buenos Aires. Però ho avuto anche l’amore, quello di mia madre Adriana e di mio padre Segundo, per il quale sono stato molto in ansia durante il sequestro in estate».

Torre 1, giusto?

«Sì, ho iniziato a giocare a calcio lì, tra i bambini del quartiere. Poi sono passato all’All Boys. Il calcio era la mia passione, la mia vita. Come lo è ancora adesso. A volte mi chiedono se è diversa la gioia nel segnare in Champions o nei campetti di periferia. Io dico no. La differenza grande è che allora non potevi mangiare con il pallone, anzi eri tu a dovere pagare le spese, mentre oggi ci vivo. Posso aiutare così i miei genitori in Argentina e la mia famiglia in Italia».

Prima di addentrarci nel calcio, ti vorrei chiedere che padre sei?

«Sono come tutti i padri del mondo: vivo per i miei figli. Qualcuno si è sorpreso quando ho esultato in quel modo dopo il gol in Champions, mimando il ballo che faccio con mia figlia Florencia, ma trovo che è un fatto normale. Il lavoro riserva momenti duri anche se fai il calciatore. Ma quando rientro a casa, con mio figlio e con le mie due bambine tutto si cancella all’istante».

Sei contento che stiano crescendo in Italia?

«Molto contento, perché vivere qui da voi è bello. Le scuole sono ottime, le persone gentilissime, e poi sento l’amore dei tifosi della Juventus. Ma ho anche voglia che i miei figli conoscano bene e vedano più spesso possibile Buenos Aires, perché sarà la città in cui vivremo tutti insieme una volta finita la mia carriera di calciatore».

Ovviamente non ti chiedo nemmeno quando succederà.

«Mi auguro il più tardi possibile, perché il calcio è la mia vita».

I tifosi bianconeri, che ti adorano, si chiedono quanti anni resterei alla Juventus. Questo lo sai?

«So che ho un contratto sino al giugno 2016. Oggi non posso dire altro, né se resterò, né se andrò via. Non è il tempo di parlare del contratto, non lo faccio io e non lo fa la Juventus. Vivo nel presente e voglio continuare a concentrarmi su questo».

Oggi vediamo il migliore Tévez della carriera?

«Forse sì, il più maturo. Ho fatto grandi cose anche in Inghilterra, dove ho vinto sia con il Manchester United che con il Manchester City, ma oggi sto bene e sono contento che gli italiani possano vedere da vicino Tévez. Qualcuno si è stupito del mio rendimento, ma forse non mi avevano seguito bene in Premier».

Tu hai dato alla Serie A un respiro internazionale, ma la Serie A cosa sta dando a te?

«Sta completando la mia identità. Gli ultimi anni in Premier li ho vissuti male e per questo non ho avuto dubbi quando si è trattato di scegliere la Juventus. L’Italia mi sta migliorando anche tatticamente. La Serie A è piena di grandi giocatori ed è il torneo più difficile in Europa. Se sono tornato al massimo lo devo alla Serie A e alla Juventus».

Ecco: cos’è la Juventus?

«È un club dove non puoi sbagliare. Qui non è concesso fare male una cosa o fare male un allenamento».

Disse Antonio Conte: «Vedere Tévez allenarsi è un esempio di professionalità».

«Io la penso così: in settimana lavoro duro, alla domenica mi diverto. Devo sentirmi in pace con me stesso impegnandomi in allenamento, poi nella partita vivo con gioia e allegria».

Il gol cosa rappresenta per Tévez?

«Un’emozione unica. Un brivido. E cambia poco se segni davanti a 60mila tifosi come oggi o davanti a 500 come succedeva un tempo. Il gol resta il gol e segnare è il massimo ovunque».

Ogni gol è corredato da un’esultanza e le tue portano spesso il nome dei quartieri poveri di Buenos Aires. Ci racconti il perché di quelle maglie?

«Lo faccio perché la crisi economica è dura. È pesante qui in Italia, ma lo è ancora di più nelle periferie della mia città, che ben conosco. Moltissimi in Argentina guardano la Serie A, si mettono davanti alla tv alle 9 o alle 10 della mattina per seguirci. E io, in quel modo, voglio rivolgermi a loro».

Così si diventa il giocatore più amato del Paese.

«Lo ripeto: non mi voglio attirare le simpatie. Lo faccio semplicemente perché lo trovo giusto. Ripenso a quando ero bambino e passavo la domenica mattina davanti al televisore per vedere la Serie A. Ricordo Batistuta: io adoravo Bati. E così metto quelle maglie perché so che laggiù ci sono bambini che adesso guardano me e che magari fanno fatica ad avere il pranzo».

Carlitos, nel calcio quasi mai arriva la vita reale.

«Io sono la personalità che ho “mangiato” nel barrio».

Quanto ti è dispiaciuto non giocare il Mondiale brasiliano?

«Molto. In parte me ne ero fatto una ragione, perché sapevo da tempo che non sarei stato chiamato da Sabella. Ma sono rimasto male, perché è dura vedere i tuoi compagni, molti dei quali tuoi amici, e non potere essere lì con loro. Ti confesso che la finale non sono riuscito a vederla».

Sofferenza finita, però. Il Tata Martino ti ha richiamato in Nazionale.

«Martino ha detto da subito che le porte della Nazionale erano aperte. Spero. Con la maglia dell’Argentina ho vissuto il momento più bello e appagante della mia carriera: la vittoria alle Olimpiadi di Atene nel 2004».

È vero che la svolta è venuta dopo l’incontro a Milano con Leo Messi?

«Non è stata una cena, come ho letto da qualche parte. Ci siamo trovati e non c’entra nulla con il mio eventuale ritorno in Nazionale. I giornalisti ci hanno voluto mettere contro, ma non esistono problemi tra di noi».

A questo punto si può anche sognare il Mondiale del 2018. In fin dei conti avrai 34 anni.

«Prima bisogna che continui a fare bene con la Juventus, poi vedremo che cosa succederà».

Soldi, celebrità, ora anche la Nazionale: c’è qualcosa che manca nella vita di Tévez?

«La vicinanza di mio fratello, di mio padre e di mia madre. Ma anche degli amici. Sono 11 anni che vivo lontano dal mio Paese. Non è facile».

La cosa più importante che hai imparato da tuo padre Segundo?

«Il principio di essere sempre un uomo. Di salvare la dignità e di operare nel modo migliore. Come cerco di fare».

E da tua mamma Adriana?

«La dolcezza e la sensibilità».

Vedendoti in campo, non avrei mai detto della tua dolcezza.

«In campo sono una cosa, fuori no. Nella mia vita di tutti i giorni contano gli affetti. Prima mi domandavi dei figli: sono felice di vedere che crescono in un mondo più facile del mio, corredato di cultura».

Sei stato vicino al Milan tre anni fa. Cambieresti la scelta della Juve?

«Mai. Quando faccio una scelta, significa che è quella definitiva. Sono nel club giusto».

Club che nel frattempo è passato da Antonio Conte a Massimiliano Allegri. Le differenze?

«Conte è troppo impegnativo, Allegri è più permissivo. Mi piace la sua tranquillità, come parla ai calciatori. Con Allegri mi diverto. Lui mi ha chiesto di muovermi di più ed è il mio modo preferito di giocare. Entrare nella manovra, spaziare fuori area. Conte mi chiedeva di stare maggiormente attaccato ai difensori avversari».

Lo scorso campionato hai chiuso con 19 reti. Dopo il grande inizio di stagione, qual è l’obiettivo?

«Nessun obiettivo. Penso alla squadra, al quarto scudetto consecutivo. È mai successo in Italia?».

Sì, alla Juve degli Anni 30, al Grande Torino, all’Inter di Mancini-Mourinho.

«Nello stesso tempo dovremo fare meglio in Europa. Sono sicuro che in futuro possiamo fare meglio del passato. Qui la Champions è un’ossessione, ma dobbiamo superare il condizionamento. Dico anzi che in Europa dobbiamo trasferire la fiducia che ci viene dal campionato. La Juve di questa stagione mi sembra addirittura più forte di quella di un anno fa».

Pronti a vederci qui per il Guerin d’Oro 2014-15?

(sorride) «Ci proverò».

Modificato da Ghost Dog

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@@

 

 

:sventola:

 

Bellissimo topic, complimenti...

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La missione di Tevez “Ho bisogno di vincere, la Juve

mi ha capito, ora voglio la Coppa ma Baires mi manca”

di EMANUELE GAMBA (LA REPUBBLICA 13-04-2015)

Carlos Tevez, archiviamo Parma come un incidente e guardiamo oltre. La Juventus può vincere la Champions?

«Sì».

Sì e basta?

«Dortmund ha dimostrato che possiamo arrivare lontano. Dipende da noi».

Solo da voi? Non dal Barcellona o dal Bayern o dal Real o dal Monaco?

«La Juventus può battere chiunque e lo ha dimostrato. Non ci sono squadre fuori dalla nostra portata. Neanche una».

Avverte le stesse sensazioni che avvertiva a Manchester, quando alla fine della stagione la coppa la alzaste?

«È una situazione diversa. Là c’erano dei campioni incredibili: Cristiano Ronaldo, Rooney, Giggs, Ferdinand, Scholes. Io penso che invece adesso c’è una squadra. Noi siamo durissimi da battere».

Come l’Atletico Madrid un anno fa?

«Come l’Atletico Madrid. Ma con un finale diverso». E perché invece vi battevano, perlomeno in Europa? «Perché pensavamo di aver vinto già prima di giocare, ma ora abbiamo imparato, ne abbiamo parlato. Oggi siamo più tranquilli».

È la tranquillità di Allegri?

«È riuscito a far passare questo messaggio e la squadra lo ha capito, ma non fatemi fare paragoni con Conte. Allegri ci dice di giocare tranquilli, e che prima o poi il gol faremo. E noi adesso tranquilli giochiamo».

Si può sognare il triplete?

«Si può fare. Sognare non fa male».     

Perché oltre alla Juve è cambiato anche lei, che prima in Europa non segnava mai?

«Perché adesso in Champions gioco sempre. A Manchester c’era un Ronaldo fantastico, veniva prima di tutti. Adesso identificano me come il leader, e mi dà fiducia anche se non mi sento tale: allo United ho vinto tutto, ho vinto sempre ed è quello che conta, non ho bisogno di sentire l’importanza del mio ruolo. Ho bisogno di vincere».

Ma questo è il miglior Tevez di sempre?

«No, quando era al Boca volavo».

È il Tevez più libero di sempre, perlomeno?

«I compagni e Allegri mi danno tanta fiducia, sono contento di come il mister mi chiede di giocare. Abbiamo fatto una specie di patto: quando ho la palla posso fare quello che voglio, quando difendiamo devo però eseguire compiti ben precisi, perché quando ci difendiamo abbiamo un ordine generale. Mi piace stare a contatto con la palla, se non arriva me la vado a prendere. Contro l’Empoli mancavano Pirlo e Marchisio e allora andavo a farmela dare da Buffon. È divertente».

Ha detto: “Identificano me come leader”. Ma lei non parla italiano, e al City era capitano senza parlare inglese: ma come fa?

«Mi faccio capire. A volte faccio fatica a concentrarmi, dopo la partita sono stanco e devo parlare usando il linguaggio che mi viene da dentro, quindi lo spagnolo. Ma leader devi esserlo sul campo, facendo una corsa di più quando la squadra ne ha bisogno».

E quando si dava alla macchia, che razza di leader era?

«Al City ho sbagliato. Non c’era più fiducia tra noi e ho reagito sparendo. Mi sono comportato male, lo so. Ma qui la fiducia non me l’hanno mai tolta».

E quando non segnava in Champions, non ha perso fiducia in sé?

«È un problema degli attaccanti che leggono sui giornali da quanti minuti non segnano. Io neanche me ne sono accorto di essere stato sei anni in Europa senza fare un gol».

In serie A invece ci sguazza: troppo facile, vero?

«Ma guardate che è molto più facile segnare in Premier: la palla va e viene di continuo, c’è un’azione di qua e una di là, il centrocampo non esiste, si pensa solo a fare gol. Qui capita di vedere un attaccante contro cinque difensori, è molto molto più difficile che in Inghilterra. Non buttatevi giù: il campionato italiano è sempre di alto livello».

Eppure lei sogna l’Argentina, no?

«Sono in Europa da tanti anni, ho bisogno della mia famiglia, di tornare a casa mia. Mi mancano mio padre, mia madre, mio fratello. Stare dieci anni lontano è dura. Non mi posso lamentare, tutti mi hanno trattato bene, ma la mia vita è là, la mia mentalità è argentina, il mio desiderio è Buenos Aires. Nemmeno il rapimento di mio padre ha intaccato questa volontà. Io e tutta la famiglia siamo tifosi del Boca, voglio giocare con quella maglia ancora una volta».

Nel 2016?

«Quando non so. Ma tornerò a casa. Certo, la gente preferirebbe che la famiglia Tevez si trasferisse in blocco a Torino. Qui sto bene, ma la mia vita è là. Io sono familiero, come diciamo noi».

Cosa andrà a fare? Il politico, magari?

«Politicamente sarei scorretto. Non è il mestiere mio. Però mi piacerebbe fare il presidente del Boca, a costo di correre il rischio che le cose vadano male come è successo a Passarella con il River Plate. Ma se ho un sogno è quello».

È contento di non dover parlare del suo passato di strada?

«Ne parlerei sempre. È più facile parlare del passato che del futuro».

Sta almeno saldando i conti con la Selección, che aveva lasciato dopo l’ultima Copa America?

«Nel 2011 non ero preparato, dovevo rimanere fuori dal torneo ma mi chiamarono all’ultimo e non mi sintonizzai con il gruppo. Adesso quello che cerco è una rivincita, ma stavolta me la prendo tranquilla, perché io devo dimostrare tanto».

Tevez deve ancora dimostrare qualcosa?

«Almeno in Nazionale penso di sì».

Ha capito chi sarà il vostro rivale per la Champions?

«Penso il Bayern».

Perché?

«In realtà non lo so esattamente. Quando torno a casa da Vinovo stacco dal calcio, non vedo la televisione. A me piace tantissimo giocarlo, ma guardarlo non tanto. Io di calcio non so niente ma so tutto di Violetta, la beniamina delle mie figlie. Vedremo se al piccolo piaceranno le partite, adesso è ancora presto».

Risulta difficile immaginare Tevez che canta Violetta.

«E mi immaginate ai fornelli? No, vero? Eppure sono un bravissimo cuoco, preparo di tutto, sono bravissimo anche con le ricette italiane. Tutti pensano che io sia un duro, uno ştronzo, invece sono un romantico che vive per la famiglia. E non faccio in tempo ad arrivare nell’albergo del ritiro che già mia moglie mi scrive che le manco. Non sembra, ma io sono così».

 

En la vida de Carlitos todo es posible

por HORACIO PAGANI (CLARÍN 14-04-2015)

No debe haber un jugador más triunfador que Carlitos Tevez en el mundo entero. A los 31 años está en el esplendor de una carrera única, que arrancó en Boca cuando tenía 17. Ya fue campeón en la Liga de Italia con la Juventus el año pasado. Y se encamina a sumar su título ¡número 20! con la Vecchia Signora. Y como hoy mismo juega con el Mónaco por los cuartos de final de la Copa de Campeones de Europa, nada parece imposible para este muchacho de infancia difícil en su entrañable Fuerte Apache y de fulminante éxito en el ámbito futbolero. Marcó 278 en 656 partidos. Hábil, guapo, atorrante, goleador y ahora también delantero pensante. Fue campeón en todos lados. En Boca, en Corinthians, en los dos Manchester (United y City) en la Juve. En las Selecciones Juveniles. Títulos locales e internacionales. Para elegir.

Se fue de la Argentina en 2005 para concretar su formidable carrera. Pero dice que extraña, que es familiero, que quiere volver a su tierra y a vestir -otra vez- la camiseta de Boca. Tiene contrato hasta junio de 2016 con Juventus. Pero coquetea con un retorno anticipado que parece muy difícil de concretar. Tiene un salario muy alto y las autoridades del club turinés le ofrecieron una renovación con cifra en blanco. Dijo que no renovará, mientras una supuesta disputa política (¿Scioli y Macri?) busca una difícil repatriación para este mismo año con fines electorales.

No habla inglés ni habla italiano. Igual fue líder de los equipos que integró en esos países. Y hasta en Brasil. Es puro carisma, pura simpatía. Y puro jugador. El periodista de La Repubblica, el diario italiano que le hizo la última entrevista, se sorprendió de ese liderazgo incondicional. Y se sorprendió también con una confesión inédita: “Algún día quiero ser Presidente de Boca” Aun corriendo el riesgo de perder como le pasó a Daniel Passarella en River.

Y todo es posible en la vida de fantasía de Carlitos Tevez, el bien llamado Jugador del Pueblo. Si es capaz de resignar millones de euros para volver a la cuna de sus afectos y ponerse otra vez la camiseta de Boca.

 

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TEVEZ

La vuelta tiene una historia secreta

Carlitos había tomado la decisión de regresar a su casa hace tiempo. Rechazó una oferta del fútbol chino de 20 millones de dólares anuales. Ni el Cholo Simeone pudo convencerlo. Ver a Boca por TV en Italia terminó de inclinar la balanza.

por SEBASTIÁN VARELA DEL RÍO (CLARÍN 20-07-2015)

“Por fin cumplí el sueño. Hace tanto que esperaba esto...”. Es sábado a la noche y Carlos Tevez está más feliz que nunca. No puede contener la sonrisa abraza a quien se le cruce, porque se acuerda de todo eso que dejó para estar en la tarde que acaba de terminar. El Apache volvió a Boca de una vez por todas, en un camino mucho más largo que las gestiones del último mes. El retorno del 10 es una historia de pertenencia y de pasión. Es dejar todo de muchas maneras y durante mucho tiempo, pensando solamente en un destino azul y amarillo. Desde el día en el que se fue que Tevez está volviendo.

Son 40 millones de dólares y no hay manera de convencerlo. El enviado del Shanghai Donghai del fútbol de China está en Turín y juega sus cartas con impaciencia. Luego de cruzar el mundo en un vuelo, en la noche del 5 de mayo del 2015 el hombre ve todo lo que tenía que ver. Tevez la rompe en el 2 a 1 ante el Real Madrid, al que la Juventus eliminará una semana después, para encaminarse a la final de la Champions. Las negociaciones entre el Shanghai y el conjunto italiano comienzan. A Carlitos le ofrecen ser el jugador mejor pago del mundo. 20 millones de dólares por año hasta el 2017 y después, sí, la vuelta al fútbol argentino, con 33 años y todavía en plenitud. El propio Darío Conca, que juega en el club chino, lo llama para convencerlo. “Yo me voy a Boca”, dice Carlitos y rechaza la estratosférica oferta.

El teléfono de Tevez suena sin parar. Todos preguntan por su futuro y todos lo quieren. Hay un entrenador que decide tentarlo una y otra vez para tenerlo en su equipo. Diego Simeone sostiene su operativo seducción y le pide que lo piense, que al menos se tome unos días, pero que lo quiere en el Atlético de Madrid. Hasta le cuenta que la capital de España es una ciudad linda para vivir y le augura que se sentirá cómodo por el idioma. Al mismo tiempo, el PSG de Francia y el Galatasaray de Turquía ponen contratos siderales sobre la mesa. Carlitos lo tiene claro: Boca y nada más.

Más atrás en el tiempo, la historia es igual. Como en aquellas tardes de San Pablo, cuando negociaba con Daniel Passarella, por entonces técnico del Corinthians, que si hacía goles le dejaría una tarde libre para volver a casa, a Buenos Aires, para ver a Boca por televisión, pero comiendo un asado con sus amigos. Como en Manchester, mientras jugaba en el City, cuando Sulaiman Al-Fahim, el jeque que es dueño del club, le ofreció una mansión en la ciudad, y escuchó como respuesta por parte del Apache: “¿Para qué quiero una casa en Inglaterra si voy a volver a jugar en Boca y acá no voy a pisar nunca más?”. Tevez nunca compró una propiedad fuera de la Argentina porque siempre imaginó su retorno con gloria.

La pertenencia de Tevez se hizo carne en la negociación que lo vio volar de Manchester a Turín, en el 2013. Allí, el delantero le dejó en claro a la Juventus que no quería un contrato más largo, debido a que la Vecchia Signora era su último club antes del regreso. Más tarde, rechazaría un virtual cheque en blanco para quedarse en la Juventus hasta el 2018. Luego, hasta le diría a Pirlo: “Tenés que venirte a Boca conmigo. No sabés lo que es la Bombonera. No hay nada igual a eso”. Aquí, allá y más allá, Carlitos siempre tuvo el corazón en Brandsen 905.

Son las 3 de la mañana del 26 de febrero del 2015 y hay un televisor que ilumina la noche del norte de Italia. Daniel Osvaldo, ese con el que Carlitos se imaginó tantas veces el retorno, debuta en Boca, ante Montevideo Wanderers, por la Copa Libertadores. Tevez mira todo con nostalgia y termina de tomar la decisión que viene preparando hace meses. Cuentan sus cercanos que fue la vuelta de su amigo la que lo terminó de inclinar a apurar la historia doce meses antes del final de su vínculo con la Juventus, en junio del 2016.

Este Tevez, el que dejó de lado todo y el que incluso percibe un contrato siete veces menor al que recibía en Europa de la marca que lo viste, es, a pesar de lo que atestiguaría el marco gélido de sentimientos de la economía, el tipo más feliz del mundo. Carlitos lo dice porque sabe mejor que nadie de qué se trata toda esta historia: “La plata no compra la felicidad”. Es ahí que el fútbol se representa como la ilustración magnífica de lo que es la vida: amor, ni más ni menos.

  

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Tevez: «Mai creduto allo scudetto del Napoli, la Juve è avanti anni luce. Su Buffon…»

Carlos Tevez è tornato a parlare della sua Juventus e non solo. Molti i temi trattati dall’Apache nell’intervista al Corriere della Sera.

 

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Fonte: https://bit.ly/2MiT929

 

 

Ex mai dimenticato dai tifosi, Carlos Tevez è tornato a parlare di Juve ma non solo. Molti i temi trattati dall’Apache nell’intervista al Corriere della Sera a cominciare dalla sua mancata convocazione per il Mondiale: «Ci ho sperato, ero tornato al Boca dalla Cina per quello, poi però ho avuto una lesione muscolare e lì ho capito che non ce l’avrei fatta. Sento l’età che passa, recuperare diventa sempre più lento. E poi mica possiamo andarci tutti al Mondiale, no? Guardate Icardi».

 

Su Dybala e Higuain«Mauro è forte ma la concorrenza enorme. Dybala e Higuain non potevano mancare, mi aspetto un grande Mondiale da entrambi».

 

Sull’assenza dell’Italia ai Mondiali: «Seguo tutte le partite alla tivù e ho la stessa sensazione di quando giocavo da voi: vi manca il potrero, il campetto, i ragazzini sanno tutto di tattica ma la palla non la toccano bene. In Argentina si gioca ancora per la strada, la differenza sta lì. Guardate Pirlo: non è all’accademia che s’impara a giocare così».

 

Sulla Juve«La Juve è sempre davanti a tutti anni luce, il settimo scudetto non mi ha sorpreso, non ho mai creduto molto alla vittoria del Napoli. La Juve cambia giocatori ma resta fortissima. Ha una mentalità vincente, unica».

 

Infine su Buffon«Se è vero che Buffon al Boca era una mia idea? No, io non c’entro. Però Gigi lo capisco, se hai giocato a pallone tutta la vita smettere non è facile. Io faccio ancora un anno e poi smetto, sento che sto finendo la benzina e sto bruciando olio, come diciamo noi. Bisogna capire quando si è in riserva, sennò si fanno brutte figure».

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grandissimo Carlitos, mi è sempre piaciuto ben prima che arrivasse alla juve... uno con classe, garra da vendere, cattiveria sportiva, un vero campione e lo è anche fuori, ma non avevo dubbi, è sempre stato vicino al pueblo

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Partita d’addio Tevez: invitati Buffon, Evra, Pogba, Pirlo e Ronaldo

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.... L’Apache ne ha parlato così a Radio la Red: «Chiamerei Buffon, Hugo Ibarra, Río Ferdinand, Gabriel Heinze e Patrice Evra. A centrocampo Andrea Pirlo, Paul Scholes, Paul Pogba, poi Cristiano Ronaldo, Leo Messi e Wayne Rooney».

 

Continua -> https://bit.ly/2A9CexL

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Non ricordo giocatori che mi sono entrati nel cuore in soli 2 anni di permanenza, ma sicuramente Carlitos è uno di questi. Fantastico sotto ogni punti di vista, tecnico, di cuore e con una mentalità vincente. Peccato quella finale di Champions dove è arrivato spompato. 
Mi sarebbe piaciuto averlo ancora qualche anno, ma il suo cuore batte per il Boca.

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Grave lutto per Carlitos: é morto il padre adottivo Segundo

 

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Quando la madre era al settimo mese di gravidanza il padre biologico, Carlos, venne ucciso a colpi di arma da fuoco e, non potendolo mai conoscere, il neonato venne battezzato appunto con il nome del genitore scomparso. Nato come "Carlos Martinez", venne abbandonato dalla madre biologica, Fabiana Martínez, a soli tre mesi.

 

A dieci mesi è vittima di un grave incidente domestico: gli cade sul viso l'acqua bollente di un bollitore; viene portato in ospedale avvolto da una coperta di nylon che, scioltasi, aggrava ancora più le ustioni di primo e secondo grado. Rimane in terapia intensiva per due mesi, portando da allora i segni dell'incidente su viso, collo e petto. Quando si riprese, Carlos venne affidato agli zii materni, Adriana Martínez e Segundo Tévez. Insieme vivevano al primo piano della Torre 1 del quartiere Ejército del los Andes, a pochi metri dal temuto Nudo 14: proprio perché il barrio dov'è cresciuto veniva anche detto Fuerte Apache (dal film con Paul Newman, Fort Apache, The Bronx), fin da bambino Carlos è soprannominato l'Apache.

 

Segundo Tevez, padre adottivo di Carlitos, si è spento oggi dopo una serie di gravi problemi di salute che lo avevano afflitto nell'ultimo anno, tra cui anche il Coronavirus. L'Apache era molto legato a "Don Segundo", che lo ha cresciuto senza fargli mancare mai niente nonostante le tante difficoltà.

 

Non c'è stato niente da fare per Segundo Tevez che dopo lunga battaglia contro la malattia si è dovuto arrendere. Quasi un anno fa, il papà di Carlos Tevez aveva subito un intervento chirurgico al collo. In occasione di una delle successive visite mediche poi come se non bastasse è arrivato anche il Coronavirus, che ha complicato e non poco il quadro di Segundo, che nella sua vita ha dovuto fare i conti anche con il diabete. Da lì in poi è iniziato un vero e proprio calvario, che si è chiuso definitivamente poche ore fa, come confermato anche dal Boca Juniors con una nota ufficiale.

 

Carlos Tevez appena ha appreso la triste notizia è tornato a Buenos Aires per stare vicino alla famiglia. L'Apache non ha mai nascosto il suo legame molto forte con il genitore, che nel 2014 era stato anche rapito e poi liberato nel giro di poche ore dopo il pagamento di un riscatto. In un'intervista a TyC Sports, Tevez aveva parlato così del suo padre adottivo: "Mio padre si è preso cura di me senza avere niente a che fare con me. Ha visto un ragazzo che era indifeso, che non aveva una guida, e si è preso cura di qualcosa che non doveva. In tutta la mia vita non ha mai fatto la differenza con El Chueco, che era suo figlio. È sempre stato un punto di riferimento per entrambi".

 

Un rapporto forte e sincero, con Segundo Tevez che non gli ha mai nascosto la verità: "Un giorno mi ha afferrato e mi ha parlato del mio vero padre. Mi ha detto che non era mio padre, mio padre era stato ucciso prima che io nascessi. Questo è Segundo, quello che ha messo la famiglia sulle spalle e l'ha portata avanti. Mi ha sempre spinto nel giocare a calcio. Ha sempre lavorato e non ha mai voluto, che io lo aiutassi finanziariamente. Mi diceva che costruire muri era la sua vita, che si era divertito". (da Fanpage.it).

 

Condoglianze Carlos!

 

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Che vita difficile deve avere avuto Carlitos, a maggior ragione lo apprezzo. Condoglianze.

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Carlos Tevez smette con il calcio? In ogni caso lascia il Boca

 

In Beeld: Juve doet goede zaken tegen Real | Goal.com

 

 

 

L'attaccante del Boca Juniors Carlos Tevez ha dichiarato che lascerà il club anche se non ha detto se si ritirerà completamente dal calcio.

 

Parlando in conferenza stampa venerdì, Tevez ha detto che ha bisogno di riposare e ha aggiunto che non giocherà per un altro club in Argentina. La notizia arriva dopo aver aiutato il Boca a raggiungere gli ottavi di finale della Copa Libertadores, dove il club giocherà contro l'Atletico Mineiro a luglio.

 

"Non so se posso dire che mi ritiro, perché tra tre mesi forse avrò voglia di giocare di nuovo. Ma non indosserò i colori del Boca, quel capitolo è chiuso", ha detto Tevez.

 

Tevez ha aggiunto: "Oggi è uno dei giorni più tristi della mia vita, ma sono contento della mia decisione. Non sono mentalmente al 100%, quindi sento che devo allontanarmi ed è quello che sto facendo.

 

"Sono in buona forma ma il Boca ha bisogno che porti il mio 120%. Non posso darlo al club oggi. Non ho nemmeno avuto il tempo di piangere mio padre dopo la sua morte [tre mesi fa]. Sono tornato per giocare subito... Ora ho bisogno di stare lontano dai campi per stare con la mia famiglia".

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