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1997 - Marco Pantani scatta sull'Alpe D'Huez. Un solo uomo al comando

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Adesso è ufficiale: Pantani non era dopato, analisi del sangue alterate con la de­pla­sma­zio­ne per eliminarlo

La tecnica della de­pla­sma­zio­ne del sangue usata per eliminare Pantani dal Giro d'Italia 1999: fu l'inizio del suo declino


Fonte: https://bit.ly/2NVDDJK

 

 

Adesso è ufficiale. Ci sono voluti quasi 17 anni ma finalmente possiamo urlarlo con la conferma della giustizia italiana. Marco Pantani non si è mai dopato. Ed a fermarlo il 5 giugno 1999, nel giorno della penultima tappa del Giro d’Italia che aveva già vinto, e che a questo punto gli deve essere restituito, fu la camorra. Tramite la de­pla­sma­zio­ne, fu alterato il sangue del “Pirata” che risultò con un ematocrito superiore al consentito e venne quindi escluso dalla corsa che aveva dominato. Troppi interessi per le scommesse clandestine, troppi miliardi di puntate su Marco, con il rischio di bancarotta per i clan partenopei che avrebbero dovuto pagare troppe vincite. Massacrato dalla stampa e da chi lo accusava di essere un dopato, per Pantani iniziava un lungo calvario tra depressione umana e declino sportivo che l’avrebbe portato fino alla morte ancora avvolta nel mistero.

 

 

marco pantani 02

 

Ma i suoi amici e tifosi non l’hanno mai tradito ne’ abbandonato: troppo strano quel controllo anomalo del sangue, un valore che non poteva essere scientificamente plausibile con quello dei controlli svolti poche ore prima e poche ore dopo, tutti in regola. Eppure ci sono voluti 17 anni per arrivare alle conclusioni che chi è vicino a Marco sosteneva dal giorno stesso all’esclusione dalla corsa rosa. Troppo strano anche solo pensare che uno come lui, sempre onesto e leale, avesse pensato di doparsi e che l’avesse fatto proprio quel giorno, quando sarebbe stato anche “inutile” nel senso che quella corsa l’aveva già vinta. Proprio lui che era il più forte di tutti senza alcuna discussione.

Probabilmente lo stesso Pantani aveva percorso la strada per avere le prove che inchiodassero chi gli aveva causato quel fango, per affermare la propria innocenza, per farsi giustizia da se’ visto che nessuno lo faceva per lui. E non è da escludere che ci sia proprio questo dietro la sua morte prematura, e misteriosa, avvenuta il 14 febbraio 2004, neanche cinque anni dopo Madonna di Campiglio. Anche su quell’episodio ci sono ancora tanti, troppi punti di domanda a cui mai è ancora stata data una risposta.

 

 

marco pantani

 

La nuova rivelazione, stavolta ufficiale, arriva infatti dalle indagini della Procura della Repubblica di Forlì per la quale “un clan camorristico minacciò un medico – scrive il pm Sottani – per costringerlo ad alterare il test e far risultare Pantani fuori norma“. Un controllo antidoping effettuato a Madonna di Campiglio trovò il pirata con un ematocrito al 51,9% contro il 50% consentito dalle norme dell’Uci, la federciclismo mondiale. Da quel momento cominciò la caduta del pirata conclusa con la sua morte ancora avvolta nel mistero. Quel giorno, a Madonna di Campiglio, hanno distrutto il più grande ciclista di sempre e uno dei campioni più amati del mondo.

La Procura di Forlì, adesso, può soltanto archiviare perché i reati sono prescritti. Diverso invece il fronte civile e sportivo, sul quale i legali della famiglia Pantani stanno lavorando per capire se possano esserci spiragli per qualche azione.

L’intercettazione della vergogna

pantani 1999

 

Intanto la redazione di Premium Sport ha trasmesso in esclusiva l’audio di un’intercettazione telefonica di un detenuto vicino alla Camorra e ad ambienti legati alle scommesse clandestine. L’uomo intercettato e’ lo stesso che, secondo Renato Vallanzasca, confido’ in prigione al criminale milanese quale sarebbe stato l’esito del Giro d’Italia del ’99, ovvero che Pantani, che fino a quel momento era stato dominatore assoluto, non avrebbe finito la corsa. Dopo le dichiarazioni di Vallanzasca, e grazie al lavoro della Procura di Forli’ e di quella di Napoli, l’uomo e’ stato identificato e interrogato e subito dopo ha telefonato a un parente. Telefonata che la Procura ha intercettato e che Premium Sport ha diffuso oggi per la prima volta, in esclusiva assoluta.

Questo il testo dell’intercettazione.

Uomo: “Mi hanno interrogato sulla morte di Pantani”.
Parente: “Noooo!!! Va buo’, e che c’entri tu?”.
U: “E che c’azzecca. Allora, Vallanzasca ha fatto delle dichiarazioni”.
P: “Noooo”.
U: “All’epoca dei fatti, nel ’99, loro (i Carabinieri, ndr) sono andati a prendere la lista di tutti i napoletani che erano…”.
P: “In galera”.
U: “Insieme a Vallanzasca. E mi hanno trovato pure a me. Io gli davo a mangia’.Nel senso che, non e’ che gli davo da mangiare: io gli preparavo da mangiare tutti i giorni perche’ e’ una persona che merita. E’ da tanti anni in galera, mangiavamo assieme, facevamo societa’ insieme”.
P: “E che c’entrava Vallanzasca con sto Pantani?”.
U: “Vallanzasca poche sere fa ha fatto delle dichiarazioni”.
P: “Una dichiarazione…”.
U: “Dicendo che un camorrista di grosso calibro gli avrebbe detto: ‘Guarda che il Giro d’Italia non lo vince Pantani, non arriva alla fine. Perche’ sbanca tutte ‘e cose perche’ si sono giocati tutti quanti a isso. E quindi praticamente la Camorra ha fatto perdere il Giro a Pantani.Cambiando le provette e facendolo risultare dopato. Questa cosa ci tiene a saperla anche la mamma”.
P: “Ma e’ vera questa cosa?”.
U: “Si’, si’, si’… si’, si'”.

La reazione di mamma Tonina

tonina pantani

 

“Finalmente qualcuno e’ riuscito a fare un buon lavoro, dopo tanti anni che cerco e leggo da tutte le parti – ha detto sempre a Premium Sport Tonina Pantani, la mamma del campione romagnolo trovato morto in un residence di Rimini il 14 febbraio 2014 – Devo ringraziare i ragazzi di Forli’, che ci hanno messo un grande impegno. Non mi ridanno Marco, logicamente, ma pensi gli ridiano la dignita’, anche se per me non l’ha mai persa. Le parole di questa intercettazione fanno male, e’ una conferma di quello che ha sempre detto Marco, cioe’ che l’avevano fregato. Io mio figlio lo conoscevo molto bene: Marco, se non era a posto quella mattina, faceva come tutti gli altri. Si sarebbe preso quei 15 giorni a casa e poi sarebbe rientrato, calmo. Pero’ non l’ha mai accettato, non l’ha mai accettato perche’ non era vero. Finalmente la gente ora potra’ dirlo, anche se tanta gente sapeva che l’avevano fregato. Io sono molto serena oggi: finalmente sono riuscita e sono riusciti a trovare queste cose”.
 

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Quelli che dopo Campiglio 
chiamarono Pantani traditore

Xavier Jacobelli - 22 ottobre 2014

La circostanza è casuale. Ti fermi a un autogrill dopo mezzanotte, di ritorno da un impegno in tv, sorseggi un caffè e l’occhio cade sulla raccolta della giornalaccio rosa dello Sport, il giornale storico organizzatore del Giro d’Italia. È aperta sulla prima pagina del 6 giugno 1999. È il giorno dopo Madonna di Campiglio dove Pantani, che sta stravincendo il Giro, viene fermato per un valore dell’ematocrito leggermente, cioè curiosamente alterato, visto che la sera prima alle 18 era tutto in regola. A un certo punto, nell’editoriale intitolato “Attorno a lui, il tradimento”, firmato Candido Cannavò, si legge: “… Fra i tanti aspetti deleteri che emergono da questa vicenda, quello che mi ferisce di più è il senso feroce del tradimento: umano e sportivo. Non so da quale fonte provenga, non so quale sia il grado di colpa di Pantani o quanto lui sia vittima del suo stesso ambiente. Ma comunque sia, di tradimento si tratta. Io me lo sento addosso. L’ho letto nel volto della gente incredula, sgomenta, calpestata nei suoi sentimenti, alla fine anche civilissima. Credo che neanche i più beceri tifosi possano tenere in piedi la tesi di un complotto. Illogica, irreale, profondamente stupida. Nell’orribile mattino in cui è affiorata la notizia, le facce dei medici, dei giurati, dello stesso presidente Verbruggen esprimevano il nostro stesso doloroso scoramento. Analisi clinica clamorosamente sbagliata? Ne sarei paradossalmente felice, anche se il trauma si appesantirebbe di un’ingiustizia. Ma non è possibile crederlo, vista la tecnica approfondita, le prove e le riprove, che sorreggono questi esami della federazione internazionale: elementari ma affidabili”.

Sono passati 15 anni, Marco se n’è andato il 14 febbraio 2004, a Rimini. Marco cominciò a morire a Madonna di Campiglio. Marco mai trovato positivo a un controllo antidoping. Mai. E questo non lo può negare neanche chi, per anni, gli ha dato del dopato.

Stamane compri La giornalaccio rosa dello Sport e in prima pagina leggi: “Caso Pantani, Vallanzasca in 6 ore svela tutto sul giallo di Campiglio. Interrogatorio di due giorni: identificato il detenuto che nel ’99 rivelò lo stop di Marco”. E all’interno, pagina 31, Vallanzasca conferma ciò che scrisse a Tonina, la mamma di Pantani che da anni difende la memoria del Pirata e, assieme al marito Paolo, si batte come una belva, tanto da ottenere la riapertura dell’inchiesta sulla morte del figlio.

Ai Carabinieri che l’interrogano nel carcere di Bollate, Vallanzasca ribadisce le parole inviate a Mamma Pantani: «Non posso dirti quello che non so, ma è certo che 4 o 5 giorni prima di Madonna di Campiglio sono stato consigliato vivamente di puntare contro il  tuo ragazzo perché poteva vincere Gotti o Jalabert o al limite chiunque altro, ma Pantani non sarebbe arrivato a Milano in maglia rosa. Questi sono i fatti che ho raccontato anche al giudice di Trento».

A Trento, il pm Giardina aveva aperto un’indagine a carico di Pantani, assolto nel 2003. Assolto, chiaro?

Aspettiamo di conoscere come andranno a finire le due inchieste in corso: su Madonna di Campiglio e su quella tragica notte di San Valentino.

Nella totale estraneità di Pantani a Campiglio ho sempre creduto sin da quel 5 giugno, tanto che il giorno dopo, su Tuttosport, il giornale che dirigevo, titolammo a nove colonne in prima pagina: “Marco è innocente”.

Così innocente che, quando lo accerterà anche la lenta macchina della giustizia italiana, davanti alla sua tomba, nel cimitero di Cesenatico ci sarà la fila di quelli che dovranno chiedergli scusa.

 

 

 

CANNAVO' FIGLIO DI UNA GRANDISSIMA TROJKA

 

il quale cannavò poi ebbe anche il coraggio di scriverne l'elogio funebre

 

  :: IL RICORDO di Candido Cannavò

Eroe perduto, ti adoravamo

La morte di Marco Pantani, una tragedia che ci è entrata in casa in modo violento

 

Ricordo giorni tragici, notti in cui abbiamo maledetto i demoni dello sport e le angosce del nostro mestiere, ma la mazzata che ci è arrivata addosso ieri sera ha pochi paragoni. Certo, abbiamo vissuto tragedie di altre proporzioni nella nostra vita: l’aereo del grande Torino schiantato contro la basilica di Superga, la strage dell’Heysel. Ma questa di Pantani è una morte diretta, è un lutto che ci è entrato in casa in maniera diretta e violenta, è una mazzata che, oltre al dolore, ci riporta lungo il sentiero infido di un grande rimorso collettivo. L’eroe che aveva riportato il ciclismo ai tempi mitici di Coppi è finito in frantumi, è precipitato in una sorta di perdizione volontaria, si è ucciso prima che la notizia della sua morte, piombata ieri sera nella casa degli italiani, avesse i crismi, ormai banali, di una modalità e di una ufficialità. 

Ma noi, pur atterriti dalle ultime notizie sui brandelli della misera vita di Marco, non osavamo pensare che alla fine ormai certa dell’atleta seguisse così fulminea quella dell’uomo. Evidentemente in Marco le due realtà si sovrapponevano. Per lui la vita era una soltanto: quella incontrata sulla bicicletta. Dopo la caduta del campione, i resti di un uomo smarrito si aggiravano, senza amici e senza prospettive, per luoghi dove non c’era spazio per le speranze. Sino al residence di Rimini: una tomba nella sua Romagna che lo adorava e seguiva sgomenta il suo tragico crepuscolo. Quando mi chiedono quale sia stato il più brutto giorno della mia vicenda professionale, nella mia mente emerge quel fatale 5 giugno del 1999. Sono arrivato a detestare uno dei luoghi più belli delle montagne d’Europa: Madonna di Campiglio. La sera prima ero stato con lui, in una tavola ormai vuota di pastasciutta e bistecche. Marco aveva praticamente stravinto il Giro, in un clima di delirio. Il ciclismo dell’epopea era rimato in lui e il Giro e il Tour dell’anno prima lo avevano celebrato. Di cosa parliamo, Marco? Non più di ciclismo, ma della vita. Investiamo in qualcosa di bello, di solidale questa tua gloria. I poveri, i bambini. Inventiamo un progetto. E lui assentiva, puntandomi addosso i suoi occhi dolci. Ma in quel momento - questo l’ho intuito dopo - pensava al Mortirolo, la tremenda montagna che lo aveva reso grande agli inizi della carriera. 

Là, sui quei tornanti, voleva sconfinare dalla sua fisiologia. Il trionfo in più. E il desiderio del Mortirolo, dove il grande Pantani era nato, ha decretato la sua fine. 
L’indomani mattina, verso le sette, Castellano picchiò alla mia porta: "Pantani, Pantani...". Epo, sigla infame: il suo sangue era fuori da tutte le regole. Un medico spagnolo, decretando la sua esclusione dal Giro, piangeva. L’eroe Pantani lasciò l’albergo tra due carabinieri. E io ebbi la sensazione che il ciclismo fosse finito per sempre. Di certo, finì Pantani. L’unica via di salvezza sarebbe stata quella della confessione. Scendere di bicicletta, scontare la pena e ripartire. Marco non ci ha mai pensato. Non ha avuto consiglieri all’altezza. O forse era impossibile guidarlo verso una forma di contrizione.

Entrò in una spirale di vendetta, vide nemici dovunque. Trovò tribunali su tribunali sulla sua strada e altri andò a cercarne, sbagliando tutte le mosse. Ha tentato di ritrovarsi, ma i processi e i livori che si portava addosso lo stordivano. La gente non ha finito mai di implorarlo. Ad ogni suo scatto un urlo si levava da qualsiasi strada. Ma erano vampate di un fuoco che si era ormai spento per sempre. Dai suoi riposi invernali emergevano notizia raggelanti. Gli incidenti di macchina a ripetizione, le scorribande notturne in posti dove un atleta non dovrebbe mai entrare. Dal doping ciclistico a qualcosa di peggio. Ci hanno provato amici, da Gimondi a Cassani, a tirarlo fuori da quella bara che si stava costruendo. Ma la sua voglia di autodistruzione ha prevalso. 
E adesso, tra le lacrime di una notte, qual è la conclusione? Stiamo piangendo una vittima del doping? Troppo facile rispondere di sì. Ma non sarebbe la risposta giusta e completa. Certo, il doping c’entra come base della perdizione: ma il suicidio di Pantani si è consumato lungo il labirinto più complesso di una vita che ha smarrito i suoi valori di base. E purtroppo anche lo sport ne fa parte. Marco è entrato, con le sue prodigiose gambe e le sue orecchie a sventola, in un meccanismo che lo ha esaltato sino a farne un eroe, prima di rivelarne l’artifizio. La caduta è stata senza ritorno. E lui si è perso in quel precipizio, pensando che gli eroi come lui avessero diritto a una sorta di impunità. 
O forse che un eroe della bicicletta non potesse rassegnarsi a essere un corridore normale. 

Non sapremo mai quale tipo di campione sarebbe stato Pantani senza quel suo sangue potenziato e avvelenato. Ma io penso alle sue montagne, penso alla famosa tappa del Galibier con arrivo alle Deux Alpes, penso a quella maglia gialla emersa dalla tempesta. E penso infine a quello che, grazie a Pantani, ho scritto sulle pagine rosa. Molte cose terribili sono successe dopo. Ma io di quelle pagine non rinnego una sola sillaba. Per me, in quei giorni di ebbrezza, Pantani era una verità scolpita nella leggenda. Non lo tradisco con il minimo pentimento. Oggi posso dire che a quel ragazzo, da cui un giorno mi sono sentito tradito, ho voluto bene. Ed è lui che piango con una terribile angoscia, pensando alla tomba che si è scelto e ai suoi genitori. Il campione, per me, non esisteva più dal quello sventurato 5 giugno. Solo adesso sappiamo che anche l’uomo Pantani stava eclissandosi in una tragedia.

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Joined: 10-Sep-2006
3601 messaggi

Troppo sensibile per resistere alla valanga di fango che gli venne gettata addosso. 

Ricordo che all'epoca la *****accia rosa lo distrusse, anzi, proprio mediaticamente ci fu una gara per azzerarlo come uomo ed atleta.

Per me restera' il piu' grande ciclista che abbia mai ammirato. 

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Joined: 05-Oct-2008
103735 messaggi

Purtroppo tutta quella merxa intorno a Pantani era intrinseca del mondo del ciclismo stesso.

Con quello che succede lì dentro, alzi la mano chi non ha alzato un sopracciglio al momento della notizia della sua positività. 

Quando senti di un ciclista che fa uso di EPO non pensi che sia stato incastrato dalla camorra.

Modificato da Bradipo76

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Joined: 29-Dec-2007
4858 messaggi

Lo hanno ucciso loro con tutto questo...

 

assassini

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