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CRAZEOLOGY

Topic "C O M P L O T T O D I F A M I G L I A"

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lp3oS8f.jpg

 

Vabè, sta cercando una strada "per farlo", forse

Ma il fatto è che c'è solo una strada, "per farlo". Un solo modo che ha un senso. E se si fa, ci saranno morti e feriti come nel 2006.

Strategie chirurgiche non riescono in questo caso, serve l'accetta ben affilata.

Ma è troppo ambizioso e pieno di se stesso per capirlo. 

Senza contare che "per farlo", deve passare dall'assenso e dall'appoggio totale e incondizionato del cugino (che poi in teoria è più nipote che cugino, ma questa è un'altra storia...).

E dato che dal 2006 ad oggi nel mondo dei media sono cambiate tantissime cose, probabilmente nemmeno basterebbe.

Serve più del doppio dello sforzo questa volta.

Per fare una cosa degna, dovrebbe dimettersi.

Ma è troppo ambizioso e pieno di se stesso per farlo. 

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3 hours ago, CRAZEOLOGY said:

lp3oS8f.jpg

 

Vabè, sta cercando una strada "per farlo", forse

Ma il fatto è che c'è solo una strada, "per farlo". Un solo modo che ha un senso. E se si fa, ci saranno morti e feriti come nel 2006.

Strategie chirurgiche non riescono in questo caso, serve l'accetta ben affilata.

Ma è troppo ambizioso e pieno di se stesso per capirlo. 

Senza contare che "per farlo", deve passare dall'assenso e dall'appoggio totale e incondizionato del cugino (che poi in teoria è più nipote che cugino, ma questa è un'altra storia...).

E dato che dal 2006 ad oggi nel mondo dei media sono cambiate tantissime cose, probabilmente nemmeno basterebbe.

Serve più del doppio dello sforzo questa volta.

Per fare una cosa degna, dovrebbe dimettersi.

Ma è troppo ambizioso e pieno di se stesso per farlo. 

Ma io il nipote lo vedo molto vicino. Secondo me il patto che suggella la completa vicinanza si puo' dividere in due parti: Acquisto di Cristiano Ronaldo (che dovrebbe essere pagato con i soldi degli azionisti Exor) e la dipartita dal club di due uomini di JE (Aldo Mazzia e Beppe Marotta). Poi tutto puo' essere.

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1. SE NE VA A 92 ANNI MARELLA AGNELLI, VEDOVA DELL’AVVOCATO: ERA MALATA DA TEMPO – E’ STATA L’”ULTIMO CIGNO”, L’ULTIMA RAPPRESENTANTE DI UNO STILE CHE NON C’È PIÙ
2. L’ARTE, LA MODA, I WEEK END CON I KENNEDY, LE VACANZE DORATE, LE FESTE ORGANIZZATE DALL’AMICO TRUMAN CAPOTE A NEW YORK - NELLE INTERVISTE GIANNI HA AMMESSO DI ESSERE STATO UN MARITO DEVOTO, MA NON FEDELE. MARELLA LO SAPEVA. ANCHE DA QUESTO FORSE È NATO IL SUO DISTACCO, IL SUO RIFIUTO DELLA MONDANITÀ, IL RINCHIUDERSI IN UN MONDO FATTO DI CASE E DI CANI, DI QUADRI E FOTOGRAFIE - LE LITI CON LA FIGLIA MARGHERITA SULL'EREDITA'

 

http://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/se-ne-va-92-anni-marella-agnelli-vedova-dell-rsquo-avvocato-era-196422.htm

 

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(tralascio il titolo proposto da Dagospia, perché come spesso capita è stupidotto, semplicistico, e pro-click facile)

Ma il contenuto è interessante. 

 

http://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/marito-cocainomane-che-cornifica-pubblicamente-tutta-vita-196428.htm

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Gianluigi Gabetti (Torino, 29 agosto 1924 - Milano, 14 maggio 2019)

 

https://www.lastampa.it/2019/05/14/economia/morto-gianluigi-gabetti-manager-e-consigliere-della-famiglia-agnelli-AQPiJqOgxORkoZFJMw6RVJ/pagina.html

 

 

 

 

Visto che ci siamo, scriviamo quello che sui giornali non si legge.

E' lui che si è occupato di mettere e istruire Jaki per la posizione ereditaria e d'impresa ove si trova ora.

Si vocifera che sia stato lui a costruire le scatole cinesi estere in paradisi fiscali cui sono finiti un bel po' di pimpi imboscati di Gianni.  

E poi le questioni ereditarie con Margherita Agnelli, il caso Equity Swap, ecc. 

Per ciò che ci riguarda, non era affatto un amante della Juve. La considerava uno spreco di tempo e di denaro. Quando qualcuno gli rivolgeva qualche domanda sul club lui ne era visibilmente infastidito, mi raccontano. 

In effetti è una cosa sensata, perché per un imprenditore vero che non lavora nel settore, il calcio di per se è proprio uno spreco di tempo e denaro. Un modo assurdo di buttare i soldi dalla finestra se non si hanno almeno dei grossi tornaconti indiretti.

Ma Gianni e Umberto avevano la passione ed erano i padroni, per nostra fortuna, quindi lui si è adattato senza mai proferire parola a riguardo, credo. Almeno fino alla morte dei due. 

E' stato lui, nel perfetto rapporto generale-soldato, ossia chi ordina e chi obbedisce, a chiamare Giovanni Cobolli Gigli nel 2006 per accompagnare la Juve in B. 

E pare che sia stato sempre lui a ri-chiamare Andrea, quando le cose stavano precipitando. Ci sarebbe stata una telefonata a cui Agnelli non ha potuto dire di no. (i termini del rientro sono tutti da chiarire)

Il suo fedele compagno di tante avventure, soprattutto negli ultimi anni, era Franzo Grande Stevens (età quasi 91).

Queste sarebbero le due persone più titolate a spiegarci, insieme a John Elkann e Luca di Monprezzemolo, il motivo per cui allo stadio c'è un insegna con la scritta 37 e sull'albo d'oro si legge solo 35.

Ora una di loro si è portata i segreti nella tomba. L'altra è ancora Presidente onorario della Juventus. 

 

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15 MAG 2019 17:20 GABETTI SI PORTA I SEGRETI DEGLI AGNELLI NELLA TOMBA. PUR ESSENDO UNO DEGLI UOMINI PIÙ RICCHI D'ITALIA, VIVEVA IN UNA CAMERETTA D'ALBERGO, LA 168 DEL NH LINGOTTO O IN UN PICCOLO APPARTAMENTO A MILANO, SOPRA I FIGLI. EPPURE AVEVA IMMOBILI INCREDIBILI, DA GINEVRA A NEW YORK - SOPRANNOMINATO ''FRATELLO MINORE DI BELZEBÙ'', AVEVA UN PESSIMO RAPPORTO CON JOHN ELKANN CHE GLI AVEVA TAGLIATO CARTE DI CREDITO. LE MEMORIE DELL'AVVOCATO, IL MATRIMONIO SEGRETO, LA MOGLIE CHE LO HA INTRODOTTO IN AMERICA E…

Gigi Moncalvo per “la Verità

 

Si è spento senza soffrire.

Un arresto polmonare poco dopo mezzanotte.

Accanto a lui solo la fedele badante filippina, Espie. Gianluigi Gabetti, il «Gran Ciambellano», il «Richelieu», uno dei «grandi vecchi» della finanza non solo italiana, il custode dei più grandi (e, soprattutto, dei più inconfessabili) segreti prima di Gianni Agnelli e poi di Marella, il detentore delle chiavi delle casseforti con i «tesori» nascosti all' estero prima dal «sovrano» e poi, forse, dalla (ex) royal family, è morto a Milano all' Ospedale San Raffaele, nella camera 604 della divisione D. Ad agosto avrebbe compiuto 95 anni. Era stato trattenuto dai medici mercoledì scorso dopo l' esito di alcuni esami.

 

Qualche giorno prima era tornato a casa dopo un ricovero di una settimana. Soffriva di problemi cardiaci e respiratori. Qualche tempo fa Patrizia Presbitero, moglie dell' ex banchiere socialista Nerio Nesi e stimata cardiologa torinese dell' Humanitas a Milano, gli aveva diagnosticato un' ostruzione all' aorta. Al suo consiglio di intervenire chirurgicamente avevano detto no Alessandro e Cristina, i due figli di Gabetti: nonostante la bravura del medico, forse temevano che il padre non superasse l' operazione o avesse problemi per quel poco che gli restava da vivere.

 

Astuto e furbo, prima che intelligente, soprattutto nel farsi gli affari suoi. Uomo dagli occhi di ghiaccio, abile, manipolatore, geniale nel volgere le situazioni a suo favore, privo di amici (l' unico forse è stato Aimone di Seyssel d' Aix, morto cinque anni fa), capace di penetrare nella mente altrui e di tenere in pugno perfino Gianni Agnelli, facendo credere al suo «principale» che era lui e solo lui a decidere ma in realtà affermando sempre il proprio volere, condizionando e influenzando l' Avvocato in modo incredibile, Gabetti negli ultimi tempi sembrava desideroso di raggiungere un solo obiettivo: attribuire a sé stesso tutti i meriti (la scelta di Sergio Marchionne, la salvezza del gruppo, il ruolo di comando e supremazia nella Famiglia, l'«incoronazione» di John Elkann) attribuendo a Gianni Agnelli un ruolo addirittura «secondario», e perfino dannoso per il business specie negli ultimi anni addossando a lui grandi responsabilità per la crisi Fiat e lo stato prefallimentare del Gruppo.

 

Naturalmente metteva in secondo piano anche John, quasi lo ignorava. L' asprezza di rapporti tra John e Gabetti, ricambiata - anche se mascherata da atteggiamenti formalmente ossequiosi all' esterno - si era concretata in numerose occasioni. Ad esempio, nel far sì che Giordano Bruno Guerri, nella monumentale biografia sul nonno autorizzata e commissionata da John, scrivesse solo le tesi care a Gabetti, quelle che ne esaltavano il ruolo. John venne a sapere della «complicità» tra i due (si incontravano segretamente alle terme di Sirmione dove Gianluigi arrivava con la contessa Maria Perrone di San Martino), e quindi bloccò il libro impedendone l' uscita.

 

Una sera a Murazzano in una cena lontana da orecchi indiscreti, Gabetti disse di John: «Recentemente mi ha regalato un Turner. Forse crede di comprarmi senza sapere che ho già centinaia di Turner alle pareti». Si riferiva al fatto che John gli aveva fatto quel regalo dopo avergli tolto carte di credito aziendali e benefit vari (compresi i 108 euro al giorno per la stanza all' Nh Hotel) con la scusa che bisognava reintestare tutto dopo il trasferimento delle aziende in Olanda.

 

A Torino qualcuno chiamava Gabetti addirittura «il fratello minore di Belzebù». Con lui scompare l' ultimo baluardo di un sistema Torino, che, dopo la scomparsa di Donna Marella e Gabetti, vede l' ultimo caposaldo traballante e male in arnese nel novantunenne Franzo Grande Stevens ormai ridotto su una sedia a rotelle.

 

Pur essendo uno degli uomini più ricchi d' Italia, e fino a qualche anno fa tra i più potenti, Gabetti viveva in una cameretta d' albergo, la 168, a Torino, all' Hotel Nh Lingotto o in un piccolo appartamento in via Carlo Maria Maggi a Milano, sopra l' appartamento dei figli. E pensare che in tal modo rinunciava a godere delle sue bellissime case: un grande rustico ristrutturato a Murazzano, nelle Langhe cuneesi, la prestigiosa residenza al numero 14 di rue Calvin nella città vecchia di Ginevra, un duplex pieno di quadri di inestimabile valore, sorvegliati dalla fedele governante Erminia e dall' autista Fodi.

 

E ancora: due appartamenti a New York, curati dalla governante Anna Loza, e una casa a Parigi al 22 di rue Boissy d' Anglais. Per non parlare della splendida villa della moglie scomparsa nel 2008, Bettina Sichel, agli East Hampton, affacciata sull' oceano Atlantico, a Lily Pond Lane, a due ore da New York.

 

Gabetti lascia due figli: Alessandro (sposato con Diomira Mazzolini, figlia del giornalista Rai Salvo Mazzolini, per 40 anni corrispondente del Tg1 da Bonn e Berlino) e Cristina, una giornalista che si dedica ai problemi ambientali, una signora chic e affascinante molto somigliante al padre, sposata col velista Paolo Martinoni (ex marito della giornalista del Tg5, Barbara «Bambi» Parodi, che gli ha dato un figlio, Briano, e che ha figliato anche con Luca Montezemolo, Panfilo Tarantelli, Paolo Mieli).

 

Gianluigi Gabetti aveva sei nipoti: Gianluigi, Gaddo e Galvano, cioè i figli di Alessandro, e inoltre Pietro, Elena, Gregorio, per parte di Cristina. Il preferito era «Igi», cioè Gianluigi, che portava il nome del nonno, e cui toccherà in eredità la fetta più cospicua del trust appositamente costituito a New York per i sei nipoti. C' è anche un gigantesco trust per i figli, che da anni fruivano di un cospicuo appannaggio mensile, e che hanno avuto in eredità dalla madre la sua villa sull' Atlantico.

 

Un paio di anni fa Gabetti aveva «regalato» al figlio Alessandro la comproprietà di un vecchio salumificio, il Franchi, a Borgosesia. C' è anche una figliastra, Ann Tuteur, ex dipendente dei supermercati Auchan, frutto del primo matrimonio di Bettina Sichel, la signora americana che, con le sue frequentazioni newyorkesi, fu artefice di gran parte delle fortune di Gabetti e delle sue relazioni negli Stati Uniti.

 

Gianluigi l' aveva sposata il 4 marzo 1961, lui aveva 37 anni, lei 32. La bellissima signora (celebrata da Natalia Aspesi in un articolo su Il Giorno del 1972 come «L' italiana più chic» e anche «Bettina l' elegante dell' austera Torino»), è morta il 14 marzo 2008 a Milano a 79 anni. Un matrimonio durato 47 anni.

 

Sua figlia Ann era furibonda per essere stata cancellata dal libro del patrigno, anche perché si sentiva una di famiglia dato che era sempre stata trattata come una Gabetti, non solo da Gianluigi ma anche dai suoi figli, un paio d' anni fa impedì l' uscita dell' autobiografia di Gianluigi dal titolo Never give in, «Non mollare (quando la causa è giusta)», dieci capitoli, due premesse, 209 pagine, stampato da L' Artistica Savigliano. Gianluigi teneva molto a questo libro ma Anna non era degnata nemmeno di una citazione, di una delle cento immagini, né della foto di famiglia con Gianluigi al centro con i dieci componenti Ann esclusa.

 

Ieri a Milano, per volere dello scomparso, nessuno, a parte i figli e «Gianna», ha potuto vedere la sua salma. La camera ardente è stata allestita nella funeral house della San Siro a Milano. I funerali si svolgeranno in forma strettamente privata a Murazzano. È stato reso noto che, oltre alla popolazione locale, sarà ammessa una sola persona «estranea»: la «Dottoressa Gianna».

 

Si tratta di Giovanna «Gianna» Recchi, 75 anni, figlia della mitica Marida Recchi, 102 anni, la «Signora delle Costruzioni», vedova di Giuseppe, e presidente onoraria della holding che porta il nome di famiglia, cinque figli (due maschi, Enrico, morto nel 1989 in un incidente aereo, e Claudio, e tre femmine, Gianna, Emanuela, Evelina).

 

Marida, amica personale di Bettino Craxi che ospitò più volte nella sua villa di Portofino, è colei che ha inventato con anni di anticipo il capitalismo di relazione, la sua dinasty delle costruzioni ha realizzato importanti opere in Italia e all' estero, dall' Autosole al ponte sul Nilo di Kosti, alle Al Jazeera Towers di Abu Dhabi. Suo nipote, Giuseppe Recchi, è stato ceo e presidente di General electric, Eni e Telecom Italia.

 

Gianna Recchi rappresenta uno dei «grandi segreti» che Gianluigi Gabetti si porta nella tomba, insieme alla «Dicembre» e all' unica azione e preziosa che egli possedeva, insieme a quel che accadde nelle ultime 72 ore di vita di Gianni Agnelli e alla procura generale che gli venne fatta firmare, insieme al ruolo di Marella, insieme ai luoghi ove sono custodite le «casse nere» dei tesori sottratti al fisco e depositati all' estero, insieme al nome dei beneficiari veri dell' oro custodito al Freeport dell' aeroporto di Cointrin a Ginevra, insieme alle password di accesso per incassare ciò che è depositato nelle carte dello Studio Fonseca di Panama.

 

Nemmeno John probabilmente è a conoscenza di tutto. Tornando a Gianna Recchi, secondo alcune fonti si erano sposati una decina di anni fa, nel luglio del 2009, un anno e mezzo dopo la morte di Bettina secondo una indiscrezione di Dagospia. La notizia non è mai stata smentita. Lei è sempre stata al suo fianco in ogni occasione ufficiale, e aveva organizzato nella casa romana dei Recchi, sedendo accanto a lui e Cristina, la festa per la presentazione di un libro di quest' ultima.

 

Allo Stato civile di Torino le nozze non risultano. Ma ci sono molte conferme indirette, tra cui quella del filosofo Gianni Vattimo, che era fidanzato con Gianna qualche tempo prima di fare outing. Ci sono testimonianze anche dell' insistenza con cui mamma Marida chiese a Gabetti di «regolarizzare» quella relazione ormai pubblica. Alla fine pare sia stata trovata la soluzione del «matrimonio di coscienza», che dal 1983 è definito dal diritto canonico «matrimonio segreto».

 

Il ritorno in scena di Gianna Recchi per il funerale privato, fa molto scalpore anche perché Gabetti nel suo libro non l' aveva mai nominata. Le madame e madamine torinesi saranno capaci di dissolvere ogni dubbio e di mettere le cose al loro posto, capaci come sono di superare ogni eventuale trabocchetto legato al rispetto del protocollo. Non a caso Marida Recchi, quando invita a casa per un tè, è nota per tenere sempre accanto a sé la sua borsetta di coccodrillo. Al mondo sono rimaste in due a fare così: lei e la Regina Elisabetta.

 

https://www.dagospia.com/rubrica-4/business/gabetti-si-porta-segreti-agnelli-tomba-pur-essendo-203472.htm

 

 

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LEONI PER AGNELLI – IL VERO FONDATORE DELLA FIAT NON È GIOVANNI AGNELLI, MA “IL CONTE ROSSO” EMANUELE CACHERANO DI BRICHERASIO: IL NONNO DELL’AVVOCATO ARRIVO' DUE MESI DOPO E LO BUTTO' FUORI DALLA FIAT  - RAMPOLLO DI SIMPATIE SOCIALISTE DI UN ANTICO CASATO SABAUDO, MORÌ IN CIRCOSTANZE MISTERIOSE IL 10 OTTOBRE DEL 1904, SUICIDA CON UN COLPO DI PISTOLA. MA IL VISO E LE TEMPIE ERANO INTATTI...

 

https://www.dagospia.com/rubrica-4/business/leoni-agnelli-ndash-vero-fondatore-fiat-non-206724.htm

 

 

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Juve, altro ricorso respinto sullo scudetto 2006
Il Tfn aveva definito 'inammissibile' il reclamo club bianconero

 

https://m.corrieredellosport.it/news/calcio/serie-a/juve/2019/08/06-59748688/juve_altro_ricorso_respinto_sullo_scudetto_2006/

 

 

La Stampa

 

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Corsera

 

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La cacca

 

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Libero

 

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E sempre grazie alla Royal Famliy.... 

 

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L'ennesimo schiaffone

 

http://www.giulemanidallajuve.com/newsite/articoli_dettaglio.asp?id=5736

 

Ogni tanto mi prendono i 5 minuti e sento l'esigenza fisica di ricordargli chi sono realmente loro e cosa sono stati in grado di fare.

 

  • Thanks 1

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Nuova banana. 

 

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5 ore fa, CRAZEOLOGY ha scritto:

Nuova banana. 

 

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Commissario Guido Rossi, un nome una garanzia!

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03-12-2019

ELKANN, L'ULTIMO GEDI - ECCO PERCHÉ I DE BENEDETTI HANNO VENDUTO ''REP'' E TUTTO IL CUCUZZARO: LA PARTECIPAZIONE IN GEDI GLI È COSTATA UN BUCO DA 170 MILIONI NEI CONTI E NON POTEVANO PIÙ PERMETTERSI L'EMORRAGIA - IL CDR DE ''LA STAMPA'', CHE DA PREDA RISCHIAVA DI DIVENTARE LA CRONACA DI TORINO DI ''REPUBBLICA'', TORNA PADRONA E FESTEGGIA L'OPERAZIONE. MENTRE QUELLO DE ''L'ESPRESSO'' È DECISAMENTE ALLARMATO

-

https://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/elkann-39-ultimo-gedi-ecco-perche-de-benedetti-hanno-venduto-220736.htm

 

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sefz 

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Inviato (modificato)

La storia del prestito chiesto da FCA

Se ne sta molto parlando, per via delle garanzie che dovrebbe dare lo stato italiano e perché il gruppo ha sede fiscale e legale all'estero

https://www.ilpost.it/2020/05/17/fca-prestito-italia/

 

La solita faccia tosta torinese. 

Dovrebbero chiederlo a Boris Johnson, visto che ormai sono inglesi. O ancora meglio, agli olandesi. Il fatto che pagherebbero degli interessi è una falsa questione.

La garanzia la mette lo stato italiano, e quindi se la casa automobilistica che ancora fa la tipo coi freni a tamburo davanti, dovesse avere dei problemi grossi, (potrebbe capitare visto che Marchionne non c'è più), i rischi sono che ci tocchi sborsare, per coprire le loro mancanze. 

Un paese serio li farebbe pedalare. 

E questo a prescindere da un'eventuale ritorno in Italia. Troppo facile cambiare quando fa comodo. 

Per non parlare delle tante promesse del passato, riguardo alla ristrutturazione di Mirafiori ecc. Tutte balle. 

Modificato da CRAZEOLOGY

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10 ore fa, CRAZEOLOGY ha scritto:

La storia del prestito chiesto da FCA

Se ne sta molto parlando, per via delle garanzie che dovrebbe dare lo stato italiano e perché il gruppo ha sede fiscale e legale all'estero

https://www.ilpost.it/2020/05/17/fca-prestito-italia/

 

La solita faccia tosta torinese. 

Dovrebbero chiederlo a Boris Johnson, visto che ormai sono inglesi. O ancora meglio, agli olandesi. Il fatto che pagherebbero degli interessi è una falsa questione.

La garanzia la mette lo stato italiano, e quindi se la casa automobilistica che ancora fa la tipo coi freni a tamburo davanti, dovesse avere dei problemi grossi, (potrebbe capitare visto che Marchionne non c'è più), i rischi sono che ci tocchi sborsare, per coprire le loro mancanze. 

Un paese serio li farebbe pedalare. 

E questo a prescindere da un'eventuale ritorno in Italia. Troppo facile cambiare quando fa comodo. 

Per non parlare delle tante promesse del passato, riguardo alla ristrutturazione di Mirafiori ecc. Tutte balle. 

 

Fatta la premessa che questa è una situazione del tutto particolare per via del coronavirus e di ciò che ha comportato, ma....

 

...da sempre penso che chi fa imprenditoria, a tutti i livelli, a maggior ragione se sei una multinazionale, devi prenderti gli onori e gli oneri della gestione.

 

In parole povere quando incassi metti in saccoccia? Ecco , allo stesso modo allora, quando ci sono perdite o si deve ripianare per una qualsiasi ragione, allora devi mettere mano al TUO portafoglio, soprattutto, in questo caso, che è già bello che gonfio.

 

Da sempre la Fiat ad esempio riceve sovvenzioni statali, sin dai tempi del fascismo, ma lì per altre ragioni ancora...

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Lapo Elkann: «Tutto su mia madre (ma il passato è alle spalle)»

Il nipote di Gianni Agnelli si racconta in 3 ore d’intervista: «Ho capito con tristezza che mia madre è autodistruttiva, autolesionista. Ha diviso la famiglia in due. Amerei che non ci fossero più battaglie ma è lei che le vuole. E se c’è da difenderci, ci difenderemo»

 

Alla fine, c’è un momento in cui Lapo Elkann volta la testa per nascondermi le lacrime che stanno arrivando. Lo vedo serrare la faccia, come a scacciarle via. In quell’istante, è un ragazzo di 43 anni seduto nella cucina di casa, a Milano, maglietta bianca e jeans. Sugli scaffali, decine di piccole Ferrari tutte in fila e nessun giocattolo che possa consolarlo. Non succede mentre racconta dei giorni in cui voleva suicidarsi, anche se ne sta parlando per la prima volta, né quando ripercorre i tanti accidenti della sua vita: gli abusi in collegio, il finto rapimento a New York, l’overdose e il coma nella Torino della sua Fiat a casa del trans Patrizia, l’incidente a Tel Aviv e di nuovo il coma... Del passato, parla senza emozione. In tre ore d’intervista, ripete forse trenta volte che il passato è alle spalle e conta invece costruire il presente e il futuro.

 

Il bene che vuole fare con la Onlus Laps

Ogni cosa in lui, ogni pensiero, ogni parola pronunciata a velocità triplicata è proiettata verso il bene che vuole fare con la sua Onlus Laps, in soccorso dei bambini che, come è successo a lui, soffrono di dislessia e disturbi dell’apprendimento, e di quelli abusati e di chi soffre di dipendenze e discriminazioni o di quei «buchi emotivi» che, confessa, sono ancora la sua battaglia quotidiana. Però, nell’istante in cui la sua voce s’inceppa, in cui lui stesso s’inceppa, non stiamo parlando del passato, ma di sua madre, di Margherita Agnelli e di un non detto che è un adesso di beghe legali per storie di testamenti ed eredità. Lapo volta il viso altrove e il torrente di parole si ferma quando gli chiedo qual è il problema di fondo con lei. Silenzio e piccole Ferrari che sembrano roteare tutto intorno. Ora, Lapo parla al rallentatore: «Prima di rispondere, ci voglio pensare cautamente». Prima di lasciarlo rispondere, bisogna ripercorrere l’intervista dall’inizio.

 

La sua vita è fatta di tanti «prima» e «dopo», qual è il momento in cui sente di volersi dedicare agli altri? 
«Ero nel carcere di Nisida, un ragazzino, arrestato a undici anni, mi fa: Lapo, Lapo, sei figo! Chiedo perché. E lui: perché pippavi e andavi a prostitute. Mi sono sentito rabbrividire. Era un baby killer della camorra, aveva ucciso tre persone. Gli ho chiesto che avrebbe fatto se uno gli avesse dato un’opportunità e mi ha risposto: io, se torno al quartiere, mi do sei mesi di vita, m’importa solo di farmi e di andare a donne. Mi sono sentito male. Mi sono detto: adesso, con tutta la fortuna e i privilegi che hai, ti dai una mossa e vedi di fare la differenza».

 

La sta facendo? 
«Ero già una macchina che andava forte, ma in questa pandemia ho avuto la fortuna di avere accanto una donna che mi ha messo le ruote motrici e che, come me, sente il bisogno di restituire».

 

Parla di Joana Lemos, la sua fidanzata portoghese?
«Ha vinto la Parigi-Dakar, sa che vuole dire cavalcare le dune e quindi avere a che fare con una persona non facile: io non sono molle, non sono inattivo. Durante il lockdown, abbiamo fatto la campagna Never Give Up per la Croce Rossa, abbiamo portato gli igienizzanti a Locri, due ambulanze per i disabili in Sicilia, abbiamo distribuito le pizze a Napoli, i pasti a Milano, le mascherine negli ospedali, siamo andati ad aiutare in Spagna e in Portogallo».

 

Joana ha cinque anni più di lei ed è così diversa dalle sue ex, come entra nella sua vita? 
«Ero in un ristorante e ho visto uno sguardo che era una forza della natura. Poi, ho visto anche il resto e mi è piaciuta in tutto. Ci ho provato subito in modo lapesco e mi è andata male».

 

In «modo lapesco»? 
«Le ho scritto un messaggio: ti voglio. La volevo molto prima che lei volesse me. Non ha risposto. Ho dovuto ricominciare in modo lapesco-romantico: costruire un rapporto dove ci si conosce, si vedono nello sguardo passioni, valori, la voglia di presente e di futuro. Lei ha molte cose mie: determinazione, costanza, caparbietà, bontà, generosità. Come me, dà così tanto agli altri che a fine giornata può essere sfinita. È una donna che mi porta su ed è la prima che non sta con me per la visibilità o i soldi. Non ci nascondiamo niente. Abbiamo i codici del telefono l’uno dell’altro. È probabilmente la prima volta che non sono birichino, non guardo altrove e non ho più il complesso del seduttore».

 

Il complesso del seduttore?
«Prima, ero insicuro e la mia donna doveva piacere agli altri e, quasi quasi, non piaceva a me. Joana, invece, piace a me. Con lei, voglio costruire».

 

«Costruire» che significa? 
«Costruire una vita, vedo una prospettiva lunga. Se arrivassero figli, sarei felice».

 

Quali altri complessi ha?
«Nella mia educazione, c’è stato il machismo: ho sofferto per smettere di considerarlo vincente, accettare le mie debolezze e imparare a chiedere aiuto. Ci sono riuscito grazie all’amore della mia fidanzata e dei miei fratelli e nipoti. Ho imparato ad amarmi. Non ero orgoglioso di me. Colpa dell’insicurezza dell’infanzia: se soffri di Adhd, di disturbo da deficit di attenzione e iperattività, e anche di dislessia, ti senti di meno e vuoi dimostrare di essere di più».

 

Quando ha capito che il machismo era un disvalore?
«Da tanto. Post incidente a Torino. Ma metterlo in pratica è stato diverso dal capirlo. Tutti i giorni è una battaglia. Ho buchi emotivi che colmavo con iperattività, iperprogettualità e con le sostanze. Io non ho mai usato le sostanze per divertimento, ma sempre per autodistruzione, per non sentire i vuoti. Oggi, quei vuoti li accetto e li so gestire».

 

La prima volta con una sostanza? 
«Non posso chiamare “sostanza” un essere umano, ma la prima volta è stata una prostituta. Dopo essere stato abusato, ero confuso, non sapevo se ero etero, mi chiedevo se ero io colpevole. Col sesso a pagamento, avevo il controllo, sapevo quello che stava succedendo. Ma questo ha incrementato il buco e ha portato a uno scalare di problematiche, perché il passo successivo sono gli spinelli e via via peggiorando. Il mio problema non è una “sostanza” in sé, ma il fatto che non so limitarmi. Posso lasciare la coca, ma diventare ossessivo-compulsivo o work alcoholic e lavorare 14 ore al giorno. L’intensità è una forma di sostanza, una dipendenza. Il demone è lì, non dorme, devi sempre domarlo. Da vent’anni, faccio un’ora al giorno con i narcotici anonimi, ho completato “i 12 passi” quattro volte. La sobrietà è il mio orgoglio più grande, perché, senza, non ho niente, rischio di perdere le mie aziende, le persone che amo, me stesso».

 

Perché una terapia di gruppo quando potrebbe avere i migliori terapisti?
«Ho provato anche i Rehab a cinque stelle, ma se stai male non conta se sei ricco, povero, se hai l’Aids: sei uguale agli altri. Il mio gruppo di narcotici anonimi è in America: lo preferisco perché lì si parla di soluzioni, non di problemi».

 

Cos’è successo a Tel Aviv un anno fa? 
«È stato un incidente, ricordo solo che sono stato in coma sei giorni, mi sono svegliato e ho avuto shock forti: ero in un ospedale di emergenza, ho visto persone morire, ho perso i capelli per alopecia, ho avuto uno stress post traumatico e 15 operazioni ai polmoni».

 

In questa inclinazione all’autodistruzione, c’è mai stato il pensiero di farla finita? 
«A New York, dove ho vissuto per un po’ dopo l’incidente di Torino. Abitavo al 33esimo piano: la tentazione di buttarmi era continua. Non ho avuto il coraggio e l’amore per la vita è stato più forte».

 

Al suo esordio da brand manager in Fiat riuscì a far tornare simpatica l’azienda con le sue felpe e spingendo per lanciare la 500, ma dopo l’overdose lasciò. La Fiat le manca? 

«Io per la Fiat sarei salito sul ring contro Mike Tyson e non l’ho mai lasciata, resto azionista e le resto grato. Mi ha permesso di imparare da tanti grandi, come Sergio Marchionne che mi ha dato svariati calci nel didietro insegnandomi a mordere il freno. Amo la Fiat perché amavo mio nonno e, quando è morto, ho giurato che avrei dato tutto per quest’azienda. Ero con lui in America quando si è curato. Poi, ha deciso di tornare a morire in Italia e io, per seguirlo, ho lasciato Henry Kissinger, con cui lavoravo».

 

Era accanto a lui quando è mancato? 
«Non si poteva, però so che è morto con un sorriso. Per me, è stato come perdere un faro. Sono andato in paranoia perché non si trovava un carro funebre Fiat. Ho fatto di tutto per farlo fabbricare in tempo. E con la morte di mio nonno ho imparato anche che quando le cose vanno male la gente ti volta le spalle. Al funerale, ho visto molti tramare, fare giochi di potere. Ho riconosciuto sciacalli negli occhi di banchieri, di persone della finanza e della politica. È una cosa che ho vissuto con la mia anima e il mio cuore. Era stato Kissinger a insegnarmi a leggere negli occhi delle persone».

 

Che altro ha imparato da lui?
«Tanto, e soprattutto ero con Kissinger dopo l’11 settembre 2001 e, dall’America, ho imparato il motto united we stand, divided we fall. Uniti stiamo in piedi, divisi cadiamo. Lo applico anche alla mia Onlus: ora, il progetto è sostenere altre associazioni che lo meritano, creare un’Hub della solidarietà. Se posso mettere a disposizione la mia visibilità, io ci sono».

 

Dice «united we stand divided we fall» e penso ai tre bambini di «Magari», il film diretto da sua sorella Ginevra. Eravate così voi due e John? Spersi, in balia di adulti problematici, unitissimi? 
«Mio fratello, come nel film, ha avuto un ruolo difficile perché doveva fare da mediatore fra mio padre e mia madre e infatti è uno da situazioni complesse, lo dimostra costantemente. Mia sorella ha dovuto sopportare un fratellino rompiscatole e iperattivo, ma era sempre con me. L’amore che ho per loro è indistruttibile. Andrò a vivere a Torino per stare più vicino a John e, se dovessi rinunciare a soldi o aziende per i miei fratelli, lo farei perché hanno dovuto supportarmi e subirmi, hanno sofferto e affrontato difficoltà per colpa mia e non mi hanno mai giudicato. Siamo uniti non per le aziende, ma per l’amore che ci lega e perché ci accettiamo come siamo. Sono importanti per me, come è importante mio padre».

 

Che padre è stato Alain Elkann? 
«Ha avuto un ruolo due volte difficile perché nostra madre ci portò in Brasile senza dirglielo e perché competeva con un nonno superuomo, che era la Ferrari, la Juve. Papà è uno scrittore e a me affascinava più Del Piero che un romanzo, però papà c’è sempre stato».

 

Tre fratelli uniti contro cosa? 
«Uniti “per” qualcosa: per confrontarci, per fare. Abbiamo caratteristiche diverse che possono renderci utili l’un l’altro. Poi, ci sono stati percorsi durissimi di sofferenza: un figlio che affronta le conseguenze di scelte irragionevoli e incomprensibili di una madre ne soffre. Non conosco un figlio che non ne soffrirebbe. Ma questo non è il luogo per parlarne, ci sono persone che se ne stanno occupando, perché purtroppo non è possibile dialogare con mia madre, avendoci io provato un milione di volte».

 

Parla delle guerre sull’eredità di famiglia? 
«Sono cose che si affrontano nelle sedi preposte, per scelta sua».

 

Questo rapporto difficile fa più male ora o faceva più male da bambino? 
«Fortunatamente, e molto tristemente, mi ci sono abituato. Ho dovuto imparare a proteggermi. Ci convivo accettandolo: mi rendo conto che mia madre ha visioni contorte e illogiche di come stanno i fatti».

 

Qual è il problema di fondo con sua madre?
(Silenzio. Pausa. «Ci voglio pensare cautamente». Silenzio). «In primis, io non sono in grado di carpire e capire che infanzia ha avuto, ma ho capito con tristezza che è autodistruttiva e autolesionista e fa prevalere cose che io non farei prevalere su quello che dovrebbe essere una famiglia. Lei ha diviso la famiglia in due. Nel futuro, amerei che non ci fossero battaglie, ma le vuole lei e, se c’è da difenderci, ci difenderemo. È una scelta sua e io me ne rammarico».

 

Che vede, se guarda avanti? 
«Il piacere di lavorare nelle mie aziende, in Italia Independent, in Garage Italia, in Independent Ideas, ma sempre più solo da azionista e da creativo, visto che ormai hanno una guida forte, così da seguire sempre più progetti che aiutino a migliorare il mondo attorno a me e il mondo dentro di me. Ora, per la prima volta, guardo avanti e vedo una vita senza più montagne russe».

 

CARTA D’IDENTITÀ


La vita — Lapo Edovard Elkann è nato a New York il 7 ottobre 1977. Si è laureato alla European Business School di Londra, ha fatto l’anno di militare negli Alpini, e l’operaio alla Piaggio di Pontedera, con lo pseudonimo di Lapo Rossi. È stato eletto quattro volte di fila Best Dressed Man da Vanity Fair. 
La carriera — All’inizio ha lavorato in Salomon, Danone, Ferrari, Maserati e, nel 2001, è stato assistente personale di Henry Kissinger. In Fiat si è poi occupato del rilancio del marchio, e della vendita di nuovi modelli, come Grande Punto e 500. Nel 2013 entra nella Automotive Hall of Fame, come solo l’Avvocato prima di lui. Ha fondato diverse società, tra cui Italian Indipendent group, e la Fondazione benefica Laps.

 

30 ottobre 2020 (modifica il 5 novembre 2020 | 14:05)
 
 
 
.oddio
 
Al di là del fatto che qui dentro ci sono anche parecchie favole,
e al di là del fatto che più lo guardo e lo ascolto più mi sembra a tratti un irrecuperabile che si nasconde dietro una scenografia costruita ad hoc,
credo che a breve stia per iniziare la questione ereditaria riguardante la moglie dell'Avvocato, ossia Marella.
Speriamo che non ci rimandino in serie B e ci tolgano un po' di titoli. Sono titoli provvisori, che andrebbero vidimati, misurati  e valutati come tutto ciò che è avvenuto dopo il 2006, ma mi dispiacerebbe se ci buttassero di nuovo nel fango, perché forse anche questa volta la famiglia non muoverebbe un dito. 
Quando questi litigano tra loro non si sa mai dove si va a finire.
Dalle mie parti si diceva una volta, ai tempi delle osterie: i cantinieri litigano ma chi si rompe sono le botti. 
Ecco, loro litigano ma di fondo restano una banda di ipermilionari, noi invece ci rimettiamo, nel caso. 
Modificato da CRAZEOLOGY

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Finale Coppa Campioni 1996

 

 

Dietro di lui Platini e JE, che già lo tampinava.

 

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GINATTA, GLI AMICI CHE GLI AGNELLI RINNEGANO - L'ACCUSA È DI AVER FATTO SPARIRE GLI OLTRE 16 MILIONI DATI DAL MISE E DA INVITALIA DI ARCURI PER IL RILANCIO DI TERMINI IMERESE, GIÀ FABBRICA FIAT - PASSANO DI MANO LE QUOTE AZIONARIE E LE CARICHE SOCIALI DI TUTTO CIÒ CHE PUÒ COLLEGARE LA FAMIGLIA NEI GUAI A QUELLA CHE GUIDA LA JUVE

 

Francesco Bonazzi per “la Verità

 

 

Una vicenda che oscilla tra il lusso di un circolo del golf alle porte della Torino più riservata e la tristezza di uno stabilimento in disarmo in Sicilia, con 630 famiglie appese alla cassa integrazione straordinaria.

 

È una vicenda in bianco e nero il crac Blutec, il gruppo della famiglia Ginatta, amica e socia di Andrea Agnelli e di sua madre Allegra Caracciolo, che nel 2014 aveva tolto le castagne dal fuoco alla Fiat in fuga da Termini Imerese, e che un anno fa è crollato sotto il peso di un' inchiesta giudiziaria per la presunta distrazione di 16,5 milioni di fondi pubblici.

 

Questi soldi concessi dal ministero dello Sviluppo economico, attraverso quella Invitalia che è guidata da Mister Covid Domenico Arcuri, avrebbero dovuto essere investiti nella riconversione elettrica dell' impianto siciliano, ma per le Procure di Palermo e Torino sarebbero letteralmente spariti. E mentre la Guardia di finanza era a caccia dei beni di Roberto Ginatta (74 anni) e del figlio Matteo (26), nella Torino ovattata di circoli e studi notarili passavano di mano le quote azionarie e le cariche sociali di tutto ciò che può collegare la famiglia nei guai a quella che guida la Juventus.

Come raccontano le carte in possesso della Verità.

Roberto Ginatta, a Torino e non solo, vuol dire da sempre famiglia Agnelli, ramo Umberto, per la precisione. Abita nel parco dove cacciavano i Savoia, tra Venaria e Torino, al Royal golf I Roveri, presieduto da Allegra Agnelli e gestito dai manager di fiducia di suo figlio Andrea (44 anni), a sua volta grande amico di Matteo e Mario Ginatta, il fratello maggiore inciampato in una condanna a 8 mesi per lo scandalo torinese delle baby prostitute. Prima del ciclone giudiziario Blutec, Ginatta senior accompagnava regolarmente la madre del presidente bianconero alle partite della Juventus. Adesso, non si capisce se i Ginatta siano stati scaricati, oppure faccia tutto parte di un semplice distanziamento sociale.

 

L' inchiesta penale su Termini Imerese parte a inizio 2019, condotta dalla procura di Palermo, e conduce subito all' arresto di Roberto Ginatta e di alcuni suoi manager.

Difeso dall' avvocato Michele Briamonte, dello studio Grande Stevens e vicino agli Agnelli, Ginatta esce dopo pochi mesi e l' inchiesta viene trasferita a Torino. Il 18 giugno scorso, anche i pm torinesi ne ottengono l' arresto, insieme al figlio Matteo e alla segretaria tuttofare Giovanna Desiderato (76), mandati ai domiciliari con accuse che vanno dalla bancarotta fraudolenta al riciclaggio.

 

Contestualmente, viene disposta un' altra sfilza di sequestri di quote societarie e liquidità varia da oltre quattro milioni. Il 13 novembre, la Cassazione annulla anche il nuovo arresto di Roberto Ginatta, con motivazioni ancora non rese note, ma che probabilmente hanno a che fare con l' età avanzata. Quello che qui interessa però, sono i movimenti dei pacchetti azionari, proprio mentre lo Stato tenta di mettervi le mani sopra dopo aver perso i milioni del Mise e con una montagna di cassa integrazione da pagare alle vittime di questa stangata in salsa gianduia.

 

La principale società dove da sempre le due famiglie sono socie si chiama Investimenti industriali, una spa presieduta dalla vera mente finanziaria tanto di Andrea Agnelli quanto di Roberto Ginatta, ovvero il milanese Francesco Roncaglio (42 anni, non indagato), che siede anche nel cda della Juventus, della Banca del Piemonte ed è amministratore delegato della Lamse. Quest' ultima è la società di partecipazioni di Andrea Agnelli, che controllava pariteticamente la Investimenti industriali insieme alla famiglia Ginatta. Quaranta giorni dopo i sequestri, il 31 luglio, di fronte al notaio Monica Tardivo, va in scena un' assemblea straordinaria della Investimenti industriali, che ha 3.620.000 euro di capitale, per deliberare un aumento di capitale da soli mille euro.

Gli Agnelli lo sottoscrivono, sotto la regìa di Roncaglio, mentre Matteo Ginatta lascia cadere l' opzione e va in minoranza per un pugno di euro. Risultato: gli Agnelli prendono il controllo della società con un esborso ridicolo, mettono in minoranza gli amici di una vita nella loro ora più dura e la quota di Investimenti industriali in mano allo Stato, che tenta di rifarsi della mega fregatura rifilata a Invitalia, si deprezza in pochi minuti di centinaia di migliaia di euro.

 

E certo sarebbe ancora peggio, quantomeno dal punto di vista del prestigio della Real Casa, se per colpa dei Ginatta la Guardia di finanza di Palermo, o un amministratore giudiziario, facessero il loro ingresso nel Royal park golf, con i suoi 300 ettari di riserva naturale, con le sue ville di lusso e le 36 buche per soci e famigli vari della Famiglia. Qui il presidente è Allegra Caracciolo di Castagneto, il vicepresidente è suo figlio Andrea e il consigliere più operativo è sempre Roncaglio.

 

Anche qui, sempre al riparo dai giornali, è andato in scena il distanziamento sociale in stile Agnelli: Roberto Ginatta, consigliere da sempre, si dimette il 6 giugno 2019 e lascia la poltrona al figlio Matteo; che però dura poco e il 15 settembre scorso deve farsi da parte anche lui.

 

Sotto i roveri secolari, c' è un tesoro immobiliare da custodire, assai importante per una famiglia che venerdì scorso si è vista sequestrare dalle Fiamme gialle a Sestriere, montagna ufficiale della corte Agnelli, una villa di 16 stanze e 400 metri quadrati, intestata a una società di comodo (secondo il Tribunale).

La società che controlla il Royal park golf, invece, non è per nulla fittizia. Si chiama Roveri srl, con maggioranza intestata personalmente ad Andrea Agnelli, ma tra i soci spuntano ancora Ginatta senior e una fiduciaria, la Fidirev srl, a lui riconducibile.

Anche su questo tesoro immobiliare della famiglia che ha quasi raso al suolo Termini Imerese veglia Roncaglio, il manager che continua a collegare due famiglie che fanno di tutto per stare alla larga l' una dall' altra. Ma che nonostante uno stuolo di manager e professionisti, non ce la fanno proprio.

 

https://www.dagospia.com/rubrica-4/business/ginatta-amici-che-agnelli-rinnegano-39-accusa-aver-254467.htm

 

 

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1. IL MAL DI “GOLPE” DEL CALCIO – TUTTI CONTRO TUTTI DOPO IL NAUFRAGIO DEI “COSPIRATORI” DELLA SUPERLEGA, CHE RISCHIA DI AFFONDARE ANCHE “I LEALISTI” DEL SISTEMA (GIA’ MARCIO)
2. IL BUSINESS PALLONARO È  IN MANO AGLI GNOMI DELLA FINANZA SPECULATIVA, IL CUI UNICO SCOPO E’ FARE SOLDI IN BORSA SULLA PELLE DEI TIFOSI – BOCCIATA IN ETICA JPMORGAN
3. GLI AFFARI (SBAGLIATI) DI FAMIGLIA DI ANDREA AGNELLI TRA JUVE, GOLF E AUTO ELETTRICHE
4. L’INTERVISTA ALLA “REPUBBLICA” DI SAM(BUCO) MOLINARI? UNA TRAPPOLA DEL CUGINO YAKI, CHE NEL 2005 LIQUIDO’ LE AMBIZIONI DEL FIGLIO DI UMBERTO: "ALL’IFIL E’ SOLO UNO STAGISTA"

https://www.dagospia.com/rubrica-30/sport/tutti-contro-tutti-dopo-naufragio-ldquo-cospiratori-rdquo-267976.htm

 

Dentro ci sono anche alcune/molte cazzate, ma qualcosina di interessante qua e là c'è.

Gomungue... in bradigaaaaa.... siamo in mano a dei barbari, di questo ormai sono sempre più convinto.  :S

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News ultima ora. 

Riunione di famiglia a Torino nella storica casa di corso Matteotti, ex sede exor. Presenti quasi tutti, AA JE LE e via dicendo. 

Alla notizia ufficiale dello scudetto dell'Inter è scoppiata la festa. Bottiglie stappate, dolci, salatini, coriandoli, grida di gioia, abbracci e assembramenti. 

La strategia di dargli Marotta e Conte, (pur con i cinesi pezzentoni che stanno lontani e non pagano lo stipendio a nessuno), ha funzionato. 

Si tratta di un risultato storico, l'ennesimo.

 

- Prima gli abbiamo regalato uno scudetto vinto da noi (05/06), autoaccusandoci di ruberie varie.

- Poi gli abbiamo regalato un paio di campioni e gli abbiamo permesso di vincerne altri 4 senza concorrenza vera e con tutta la serie A e gli enti vari appecoronati (06/07-07/08-08/09-09/10).

- Non paghi, poi abbiamo snobbato di brutto due nostri ex (un allenatore e un amministratore delegato), al fine di permettergli di accasarsi a Milano sponda fogne, e per essere sicuri di dargli una mano davvero, abbiamo costruito a Torino una situazione al ribasso in modo da permettergli di vincere ancora (20/21).

 

"Ma aspetta, questa offerta si ripeterà ancora nei prossimi anni! Approfittane! Se sei interista telefona adesso al numero in sovraimpressione e prenota il tuo prossimo scudodemierda! E la RFTGE (Royal Family Turin Gifts Entertainment) saprà accontentarti! Dai, che aspetti!?!?!" 

 

Sono eccezionali questi qua... 

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Il 20/6/2016 alle 16:57 , CRAZEOLOGY ha scritto:

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Tutti amici. Gente che si vuol bene... 

Ahi, ahi Crazy. Credo che aprendo questo topic tanto tempo fa tu sia stato veramente un veggente. Da juventino malato di bianconero spero proprio che Andrea venga avvicendato. Grazie per i 9 scudetti ma gli autogoal di questi ultimi due anni lo mettono in conflitto di interessi con se stesso

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