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Socrates

Roberto Pereyra

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Reports: Roberto Pereyra moves closer to Napoli transfer after agreeing to  personal terms - Black & White & Read All Over

 

Juventus neemt Pereyra definitief over | Foto | hln.be

 

Santos mantém esperança por Roberto Pereyra e mira outros jogadores livres  no mercado | santos | ge

 

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1675541255_Juventus2004-2017.jpg.83e3431016e175d8bac0dc7167a12c81.jpg   ROBERTO PEREYRA  

 

Official: Juve buy Roberto Pereyra - Eurosport

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Roberto_Pereyra

 

 

Nazione: Argentina Argentina
Luogo di nascita: San Miguel de Tucuman
Data di nascita: 07.01.1991
Ruolo: Centrocampista
Altezza: 182 cm
Peso: 74 kg
Nazionale Argentino
Soprannome: El Tucuman - El Tucu

 

 

Alla Juventus dal 2014 al 2016

Esordio: 30.08.2014 - Serie A - Chievo-Juventus 0-1

Ultima partita: 14.05.2016 - Serie A - Juventus-Sampdoria 5-0

 

68 presenze - 6 reti

 

2 scudetti

2 coppe Italia

1 supercoppa italiana

 

 

Roberto Maximiliano Pereyra (San Miguel de Tucumán, 7 gennaio 1991) è un calciatore argentino, centrocampista dell'Udinese.

È soprannominato El Tucumano o, con il diminutivo, El Tucu.

 

Roberto Pereyra
RobertoPereyra.jpg
Pereyra al River Plate nel 2011
     
Nazionalità Argentina Argentina
Altezza 182 cm
Peso 74 kg
Calcio Football pictogram.svg
Ruolo Centrocampista
Squadra   Udinese
Carriera
Giovanili
2006-2008 Azzurro con diagonale Rosso.svg Cadetes
2008-2009   River Plate
Squadre di club
2009-2011   River Plate 43 (0)
2011-2014   Udinese 84 (8)
2014-2016   Juventus 68 (6)
2016-2020   Watford 106 (16)
2020-   Udinese 106 (16)
Nazionale
2011 Argentina Argentina U-20 4 (0)
2014-2019 Argentina Argentina 19 (2)
Palmarès
 
Transparent.png Copa América
Argento Cile 2015
Bronzo Brasile 2019

 

Caratteristiche tecniche

La sua fonte d'ispirazione è Mauro German Camoranesi. È un destro naturale che in passato ha giocato spesso a sinistra. Il suo ruolo naturale rimane però quello di esterno destro con vocazione prettamente offensiva, in grado di coprire sia il ruolo di esterno offensivo di destra che sulla corsia opposta e, all'occasione, pure di mezz'ala. Nell'ultima stagione all'Udinese svolgeva i compiti di ala destra o di mezzala destra. Può essere schierato anche come interno di centrocampo o trequartista, ruolo che ammette di preferire.

 

Dotato di buoni fondamentali tecnici, vanta una buona velocità, un buon dinamismo e un ottimo dribbling negli spazi stretti.

Carriera

Club

River Plate

Cresciuto nelle giovanili del River Plate, debutta in prima squadra il 16 maggio 2009, a poco più di 18 anni, nella sconfitta contro l'Huracán (0-4). Nella stagione 2009-2010 colleziona 15 presenze, quindi a partire dal torneo di Apertura 2010 entra a far parte stabilmente della formazione titolare. Nell'estate 2011 lascia il River Plate che in giugno era retrocesso in Primera B Nacional, prima volta nei 110 anni di storia del pluridecorato club di Buenos Aires.

Udinese

Il 30 agosto 2011 passa all'Udinese, che versa 2 milioni di euro al River Plate per il suo cartellino. Esordisce con la maglia dell'Udinese il 29 settembre 2011 nella sfida valida per la fase a gironi dell'Europa League 2011-2012 al Celtic Park contro il Celtic. Fa il suo debutto in Serie A in Juventus-Udinese (2-1) il 28 gennaio 2012, sostituendo Mauricio Isla all'85º minuto.

 

Nelle partite successive mostra le sue buone qualità che gli permettono di sostituire in maniera positiva il compagno di reparto Dušan Basta nelle giornate in cui è infortunato. Il 29 aprile 2012 segna il suo primo gol con la maglia dei friulani contro la Lazio, per il definitivo 2-0. Nella stagione 2012-2013 Pereyra, complici anche le partenze di Isla e di Kwadwo Asamoah, diviene titolare nel modulo di Francesco Guidolin, ruolo che manterrà anche nella stagione successiva.

Juventus

Il 25 luglio 2014 viene prelevato dalla Juventus in prestito oneroso per 1,5 milioni di euro. Esordisce con la maglia bianconera il successivo 30 agosto a Verona, nella prima giornata di campionato vinta 1-0 contro il Chievo, subentrando ad Arturo Vidal. Segna il suo primo gol juventino il 15 gennaio 2015, nella gara di Coppa Italia vinta per 6-1 contro il Verona; nella stessa competizione andrà a segno nella semifinale di ritorno contro la Fiorentina (vinta per 3-0), contribuendo all'approdo della propria squadra in finale.

 

220px-Serie_A_2014-15_-_Juventus_v_Napol
 
Pereyra in azione con la maglia della Juventus nel 2015.

 

Pur non ottenendo una maglia da titolare, il primo anno di Pereyra a Torino è molto positivo, venendo impiegato con continuità dall'allenatore Massimiliano Allegri, tanto da risultare tra i recordmen di presenze della stagione juventina: contribuisce alla vittoria di Scudetto e Coppa Italia, e scende in campo anche nella finale di Champions League, persa contro il Barcellona, subentrando a Vidal.

 

Riscattato dal club piemontese il 23 giugno 2015 sottoscrivendo un contratto fino al 2019, l'annata 2015-2016 si rivela complicata, soprattutto a causa di un infortunio alla coscia destra, rimediato nel match casalingo contro l'Atalanta del 25 ottobre, e successiva ricaduta, che lo tiene lontano dai campi per circa quattro mesi. Una volta ristabilitosi, la lunga lontananza dal campo non gli permette di rientrare nelle dinamiche della squadra bianconera, che a fine stagione decide di non rinnovare la fiducia al calciatore. Lascia la Juventus dopo due anni, non prima di avere messo in bacheca il secondo double nazionale consecutivo più la Supercoppa italiana.

Watford

Il 20 agosto 2016 si trasferisce al Watford per 13 milioni di euro, più 2 di bonus. Resta con gli inglesi fino al giugno 2020, anno in cui gli Hornets retrocedono in Championship.

Ritorno all'Udinese

Il 28 settembre 2020 firma un triennale con l'Udinese, squadra con cui aveva già giocato dal 2011 al 2014. Il secondo esordio con l'Udinese avviene il 3 ottobre, nella partita casalinga persa con la Roma per 1-0. Il 6 gennaio 2021 ritrova il gol con i friulani, in occasione del pareggio per 2-2 in casa del Bologna. All'esordio stagionale in Coppa Italia 2021-2022, contro l'Ascoli Calcio segna una doppietta contribuendo alla vittoria per 3-1.

 

Dopo aver inizialmente lasciato il club bianconero al termine della stagione 2022-2023, in seguito alla scadenza naturale del proprio contratto, Pereyra torna poi sui propri passi e l'11 settembre 2023, firma un nuovo contratto annuale con la squadra.

Nazionale

Ha partecipato ai Mondiali Under-20 nel 2011 con la nazionale argentina. Fa il suo esordio l'11 ottobre 2014 nella nazionale maggiore argentina, giocando da titolare nell'amichevole persa 2-0 contro il Brasile. Torna a vestire la maglia dell'Albiceleste l'11 ottobre 2018, nell'amichevole contro l'Iraq, segnando anche il suo primo gol in nazionale.

 

Nell'ottobre del 2022 viene inserito dal CT Lionel Scaloni nella lista dei pre-convocati per i Mondiali di calcio in Qatar, non rientrando però nella rosa finale.

Palmarès

Club

Competizioni nazionali

 

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1675541255_Juventus2004-2017.jpg.83e3431016e175d8bac0dc7167a12c81.jpg   ROBERTO PEREYRA  

 

Juventus' Roberto Pereyra Would Be a Great Fit for Premier League Side  Watford | News, Scores, Highlights, Stats, and Rumors | Bleacher Report

 

 

 

Roberto Maximiliano Pereyra è una delle belle novità della stagione – scrive Paolo Rossi su “HJ Magazine” del gennaio 2015 – arrivato a Torino forte di un’importante esperienza nel nostro calcio, l’argentino sta dimostrando grande continuità di prestazioni e lo spirito di un ragazzo che conferma di avere buona personalità e non solo sul versante tecnico.
Nella Juventus di un altro Massimiliano, mister Allegri, Pereyra rappresenta una sicurezza. Hai un nome doppio e qualche soprannome. Come preferisci essere chiamato? «Mi chiamano Roberto, Robi, Max, Maxi, Tucumano… Quello che mi piace di più è però Tucu, è un omaggio al posto dove sono nato, San Miguel de Tucuman, nel Nord dell’Argentina. È importante avere un segno delle proprie origini. Anche perché me li ricordo bene quei giorni nei quali ho scoperto l’amore per il calcio».
Ecco, il calcio. Dove hai imparato a giocare? «Io sono cresciuto a Mar del Plata, sull’Atlantico. Il calcio è sempre stato una passione di famiglia. Mio padre ne parla sempre, mio fratello più grande giocava e devo a lui molti consigli, mi accompagnava anche a fare gli allenamenti, mi ha dato un grande sostegno. E poi in casa eravamo tutti tifosi accesi del River Plate, ancora adesso se possiamo seguiamo le partite in tv, il tifo è qualcosa che non si cancella. Lo sa bene anche Tevez, lui ha giocato nel Boca e quindi, adesso, si può dire che dentro la Juve c’è un bel derby argentino: recentemente hanno perso loro, Carlitos mi deve offrire un bell’asado…».
Che giocatore eri nell’infanzia? «In Argentina si pratica il fùtbol de potrero. Il calcio di strada, quello dei campi irregolari, con le pietre, l’erba spelacchiata. Giocavamo scalzi ma non ci interessava, quando vedi un pallone, non senti nulla e non guardi nient’altro. E impari tanto, tantissimo, senza filtri. Il dribbling, la furbizia, il coraggio nelle giocate e nei contrasti. È un calcio vivace, ti regala tanta esperienza in modo istintivo. Quando poi affronti il calcio vero ti sembra tutto più facile».
Avevi un modello a cui ispirarti? «Quello che mi ha suggerito mio padre, l’idolo di casa: Ariel Ortega. Lo abbiamo seguito anche quando ha giocato in Italia, nella Sampdoria».
E quando sei arrivato al River Plate? È stato il coronamento di un sogno? «È stata una grandissima soddisfazione. Io comunque sono portato a ragionare per obiettivi. Guai pensare che sei arrivato. Il River Plate è stato fondamentale, perché ho esordito in campionato a soli diciotto anni e per come mi ha testato in tanti ruoli diversi. All’epoca venivo utilizzato a sinistra, perché volevano che sfruttassi il destro quando facevo le finte a rientrare: se ci pensi è anche una difficoltà in più, ma è anche una possibilità per imparare qualcosa di nuovo. È anche grazie a quell’esperienza che ho capito quanto nel calcio di oggi sia fondamentale saperti disimpegnare in tanti ruoli. Io davanti li ho fatti quasi tutti: ala, trequartista, interno. A me piace attaccare, ma mi sono reso conto subito di quanto sia fondamentale impegnarsi nel riconquistare la palla e non essere egoista».
Sei arrivato molto giovane in Italia. «E prima di quanto pensassi. La Serie A era sempre presente nei miei pensieri, se fai questo mestiere non puoi che guardare con attenzione a un campionato così importante. Però non mi aspettavo di arrivarci così in fretta. Quando si è ventilata la possibilità non ho avuto esitazioni. Ne ho parlato in famiglia e siamo stati tutti d’accordo che rappresentava un’occasione decisiva per dare una svolta alla mia carriera».
Ci sono somiglianze tra il calcio italiano e quello del tuo Paese? «In Italia c’è sicuramente un’attenzione tattica che in Sudamerica non esiste. Non solo per la cultura degli allenatori. È la mentalità dei tifosi che ti fa vivere la partita in un modo speciale, molto offensivo e anche individuale. In un campo argentino senti che la gente ti spinge in avanti, è soddisfatta solo se interpreti la partita come una battaglia».
Come ti sei trovato a Udine? «L’inizio non è stato facile. Sia chiaro: la città è perfetta, ti mette a tuo agio, ma io ho fatto un po’ di fatica ad ambientarmi. In più non giocavo tanto, perciò un po’ soffrivo. Però il mister Guidolin mi ha sempre tranquillizzato, confermandomi che avevo fatto la scelta giusta. E ho capito che tanto lavoro stava pagando quando ho fatto il mio esordio proprio in Scozia, in una partita di Champions League. Giocare nella manifestazione che guardavo in Argentina come una meta quasi inarrivabile… È stato indimenticabile. Tutto il resto è venuto dopo».
Del resto tu hai una storia particolare con gli esordi… «Sì, è vero. In Serie A la mia prima partita l’ho giocata allo Juventus Stadium. C’era la neve, quel giorno, un freddo pazzesco. Ho sostituito Isla e, sinceramente, non ci ho capito granché… Decisamente più serena è stata la mia prima da titolare con la Juventus, guarda caso contro l’Udinese. Mi ha fatto un piacere immenso giocare proprio contro i miei ex compagni, perché conosco bene quanta voglia ci mettano per affrontare la gara a Torino, è una sfida elettrizzante e per me è stato un po’ come chiudere il cerchio aperto con il mio arrivo in Italia».
Ma è davvero molto diverso giocare in una grande squadra come la Juve? «Se penso alle pressioni, devo dire che anche a Udine non mancavano. In Italia il calcio ti insegna subito ad assumerti le tue responsabilità, ogni gara è importante, c’è una forte attenzione mediatica, si analizza tutto. Ma quando sei in una squadra come la Juventus c’è qualcosa di particolare: il dovere di vincere sempre. È un pensiero fisso, a partire dalla settimana. Ogni energia viene spesa per questo obiettivo. Ed è meglio così. Perché giocare con grandi campioni ti rende le cose più facili. E a Torino ho capito che se stai attento a tutto – le giocate di Andrea, la grinta di Carlitos, gli insegnamenti del mister – ogni cosa può diventare possibile. Anche perché capisci subito che dopo tre scudetti nessuno è appagato, c’è una voglia di vincere che ti senti addosso».
Oltre alla Juve un’altra tua conquista del 2014 è stata la nazionale. Sei entrato nell’Argentina vice campione del mondo… Che effetto ti fa? «In casa non ci credono ancora. Mi vedono giocare con Messi, Tevez, Aguero… Fantastico! Devo dire grazie alla Juventus e allo spazio che mi ha dato. Qui hai una visibilità che rappresenta una garanzia. È come se ci fosse una legge: se sei bravo nella Juve, lo sei anche per l’Argentina. Per questo sono stato convocato. Lo volevo fortemente, ma pensavo a tempi più lunghi».
Personalmente ti ho trovato già perfettamente calato nella parte in Milan-Juventus. Terza giornata di campionato, primo big match e grande partita… «Io non isolo nessun episodio particolare. È l’insieme del lavoro che mi sta piacendo. Vedere che quello che proviamo in allenamento funziona poi in partita, come affrontiamo le partite, come stiamo crescendo. Fare una bella prestazione è importante, ma non è un episodio che ti fa sentire un giocatore da Juve, devi dimostrarlo in ogni momento».
Perché hai scelto il numero 37 sulla maglia? «Me lo diedero al River Plate, senza una specifica ragione. Da allora è diventato un portafortuna e tutti i miei amici mi dicono che non devo assolutamente cambiarlo».
Come ti prepari alle partite? «Sono un tipo molto tranquillo. Non ho particolari tensioni, semmai ho una gran desiderio che arrivi presto il momento della partita. In camera sono con Asamoah e ci alterniamo. Io gli presento la musica argentina che amo, lui quella africana. Si fanno delle belle scoperte, si conoscono pezzi nuovi. Poi, nell’imminenza della gara, mi carico con ritmi più accesi. Ho bisogno di ritmo. E poi via, fischio d’inizio e si gioca…».
 
Come si evince da quest’intervista, si può dire che il primo anno in bianconero del Tucu è positivo. Allegri scopre il trequartista che cercava da sempre e un elemento che, subentrando a gara in corso, può spaccare la partita. Pereyra risponde con buone prestazioni, condite da gol importanti: come i due che segna al Verona nel giro di tre giorni (in Coppa Italia e in campionato), all’Empoli e alla Fiorentina (ancora campionato e nella fantastica rimonta in Coppa Italia) e, nel finale di stagione, al Napoli e ancora al Verona (con un meraviglioso tiro a giro). Gioca anche pochi minuti della sfortunata finale di Coppa dei Campioni, avendo sul piede l’occasione giusta per il meritato pareggio juventino. Ma ne esce un tiro debole e il pallone termina fra le braccia del portiere catalano, così come la coppa qualche minuto dopo. In totale, 52 presenze e 6 reti, uno scudetto e una Coppa Italia: un bottino per niente male.
La stagione successiva è un calvario: un infortunio alla coscia destra (con relativa ricaduta), lo tiene fermo per più di tre mesi. In più, dopo l’inizio stentato della Juventus, Allegri abbandona la difesa a quattro e il trequartista per il consolidato 3-5-2 e per il Tucu lo spazio si riduce notevolmente. Ne risentono anche le sue prestazioni, sicuramente al di sotto le proprie possibilità, Le presenze sono solamente 16, i goal pari a zero e il suo contributo alle nuove vittorie è poco più che modesto. Cosicché, è ceduto al Watford poco prima della chiusura del mercato estivo.
 
JUVENTIBUS.COM, DEL 19 AGOSTO 2016
LUCA MOMBLANO: La testa bassa. Lo sport nazionale adesso è ridicolizzarlo, ma Pereyra è solo figlio di un equivoco: guastatore a supporto dell’attacco, addirittura libero di svariare, può farlo solo in contesti che lavorano costantemente con 40 metri di campo aperto. La Juve non lo è (più). Nemmeno in Champions. Anche se nel calcio di Allegri quel contesto è una delle cinque armi principali. A Watford, se lo tengono d’occhio, può fare molto bene. Quella testa bassa, ad altissimi livelli, è davvero per pochi pochissimi eletti.
MASSIMILIANO MINGIONI: Mancherà quel che poteva essere e non è stato, l’interruttore a rapido funzionamento per essere il dodicesimo ideale cambia partite, di personalità ed efficacia. Gli è mancato quasi tutto, quindi a noi mancherà quasi niente.
EDOARDO SIDDI: Il primo Pereyra mi aveva fatto ben sperare. Utilizzato spesso e ovunque, pur non toccando mai livelli di eccellenza, era stato un giocatore importante a cui avrei assegnato un ruolo ancora più centrale nella stagione successiva, ove mi aspettavo miglioramenti in quei fondamentali in cui aveva difettato: capacità di prendere decisioni, ultimo passaggio, gestione di se stesso. Purtroppo gli infortuni l’hanno bloccato e il Pereyra 2.0 si è rivelato un flop. Giusto, dopo l’ultimo anno, salutarlo, ma al netto di tutto rimane un po’ di rammarico per ciò che sarebbe potuto essere e non è stato. Se l’upgrade fosse riuscito, l’argentino avrebbe potuto senz’altro dire la sua, continuando a essere il dodicesimo perfetto. E magari anche qualcosa in più. I “sarebbe potuto essere”, però, sono buoni solo per i romanzi. Nella realtà bene così, con un’operazione che anche dal punto di vista economico lascia soddisfatti.
ALEX CAMPANELLI: In un’estate dai tanti addii, il Tucu è uno di quelli che riuscirò e riusciremo a metabolizzare meglio. Aveva, e ha tuttora, un grande potenziale da trequartista guastatore o mezzala brava a dribblare e portar palla, ma l’infortunio e le conseguenti panchine ne hanno arrestato una crescita che può riprendere solo grazie a spazi e fiducia che al momento la Juve non può garantirgli.
CLAUDIO PELLECCHIA: Non mi mancherà il suo esser sempre mancante del centesimo per fare l’euro e la sua eccessiva fragilità muscolare. È un buon-ottimo giocatore, dalle potenzialità ancora inespresse, che in un contesto adeguato può fare bene (e glielo auguro di cuore) a patto di lavorare sui suoi limiti in fase di finalizzazione e lettura delle situazioni. In questa rosa non aveva più molto senso.
FABRIZIO RENNA: Non mi mancherà il Pereyra dell’ultima stagione e di questo precampionato. Mai un’accelerazione, mai uno spunto, scelte di passaggio quasi sempre errate. Un’involuzione totale, se pensiamo all’ottimo contributo dato dal Tucu nella sua prima annata in bianconero, in cui veniva utilizzato spesso da Allegri a gara in corso per spaccare le partite. La cessione rappresenta la soluzione migliore, sia per lui che per la Juventus: il calciatore potrà ritrovarsi in un contesto diverso come quello del Watford, mentre la Juve incassa milioni e libera un posto in rosa.
MATTEO VISCARDI: Non mi mancherà il suo errore in finale di Champions League! Quel goal avrebbe cambiato la sua storia bianconera. Mancherà invece da morire nelle riprese delle trasferte europee, quando con chilometri da attaccare può spaccarti partita e avversario.
 

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