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Gianpietro Marchetti

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A Perfect Day | 12/03/1972 Juventus-Bologna - Juventus
 
Gian Pietro Marchetti - Spelersprofiel | Transfermarkt
 
File:Gianpietro Marchetti - Juventus FC 1970-71.jpg - Wikimedia Commons
 
Juventus Football Club 1973-1974 - Wikipedia
 
1971–72 Juventus FC season - Wikipedia
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File:Juventus Football Club 1970-71.jpg - Wikimedia Commons
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circolarono voci che fu ceduto perch

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146446256_Juventus1931.jpg.3f5ee2c5d873c581fa02b79aee8a39f7.jpg GIANPIETRO MARCHETTI   

 

File:1971–72 Serie A - AC Milan v Juventus - Marchetti, Benetti.webp -  Wikimedia Commons

 

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Gianpietro_Marchetti

 

 

Nazione: Italia Italia
Luogo di nascita: Rudiano (Brescia)
Data di nascita: 22.10.1948

Ruolo: Difensore
Altezza: 177 cm
Peso: 71 kg

Nazionale Italiano
Soprannome: -

 

 

Alla Juventus dal 1969 al 1974

Esordio: 22.10.1969 - Coppa Italia - Juventus-Foggia 2-1

Ultima partita: 01.05.1974 - Coppa Italia - Cesena-Juventus 0-1

 

166 presenze - 7 reti

 

2 scudetti

 

 

Gianpietro Marchetti (Rudiano, 22 ottobre 1948) è un ex calciatore e dirigente sportivo italiano, di ruolo difensore o centrocampista.

 

 

Gianpietro Marchetti
Gianpietro Marchetti.jpg
Marchetti alla Juventus nel 1973
     
Nazionalità Italia Italia
Altezza 177 cm
Peso 71 kg
Calcio Football pictogram.svg
Ruolo Difensore, centrocampista
Termine carriera 1980
Carriera
Giovanili
1964-1966   Atalanta
Squadre di club
1966-1968   Atalanta 6 (0)
1968-1969   Lecco 38 (3)
1969-1974   Juventus 166 (7)
1974-1979   Atalanta 126 (1)
1979-1980   Catanzaro 10 (0)
Nazionale
1969-1970 Italia Italia U-21 7 (0)
1970 Italia Italia U-23 1 (0)
1972-1973 Italia Italia 5 (0)

 

Caratteristiche tecniche

Jolly di difesa e centrocampo, ha ricoperto prevalentemente il ruolo di terzino sinistro, che ha interpretato in senso moderno abbinando le doti di marcatore a quelle di fluidificante. È stato anche utilizzato nei ruoli di libero e mediano.

Carriera

Giocatore

Club

Esordisce con la maglia dell'Atalanta nella stagione 1966-1967, debuttando in Serie A il 28 maggio 1967 sul campo del Foggia. Nella stagione successiva le presenze salgono a 5, e nell'estate del 1968 scende in Serie B al Lecco, dove viene impiegato da titolare collezionando 38 presenze e 3 reti.

 

220px-Juventus_FC_-_Scudetto_1973_-_Marc
 
Marchetti (secondo da sinistra) festeggia con i compagni di squadra Morini, Haller e Anastasi la vittoria juventina nel campionato 1972-1973.

 

Viene quindi acquistato dalla Juventus, con cui debutta il 16 novembre 1969 sul campo del Cagliari, nel ruolo di mediano. Nella prima stagione trova poco spazio (6 presenze), chiuso da Antonello Cuccureddu, mentre nelle annate successive conquista gradatamente il posto da titolare come terzino sinistro, in coppia con Luciano Spinosi. Rimane a Torino fino al 1974, vincendo due campionati agli ordini di Čestmír Vycpálek, totalizzando 102 presenze con 6 reti e disputando anche la finale della Coppa dei Campioni 1972-1973, persa a Belgrado contro l'Ajax.

 

Nell'ultima stagione perde il posto da titolare, complici alcuni infortuni e la concorrenza di Claudio Gentile e Cuccureddu per il ruolo di terzino. Nella successiva sessione di calciomercato torna all'Atalanta, inserito come contropartita tecnica nell'acquisto di Gaetano Scirea; con gli orobici disputa cinque stagioni, tre in serie cadetta e, dopo la promozione del 1977, due nella massima categoria. Chiude la carriera con un'annata nel Catanzaro, sempre in Serie A.

Nazionale

Esordisce con la maglia della Nazionale Giovanile nell'aprile del 1969, contro i pari età della Romania, totalizzando 7 presenze a cui si aggiungono altre due apparizioni nella Nazionale B l'anno successivo.

 

Nel 1972 il commissario tecnico Ferruccio Valcareggi lo fa esordire nella Nazionale maggiore, come alternativa a Giacinto Facchetti. Debutta contro la Romania a Bucarest, il 17 giugno, insieme al compagno di reparto Spinosi, e colleziona complessivamente 5 presenze con gli Azzurri, tra il 1972 e il 1973.

Dirigente

Appese le scarpette al chiodo, Marchetti viene ingaggiato dalla Triestina in qualità di direttore sportivo nel marzo del 1982. Con gli alabardati rimarrà fino al giugno del 1988; il 29 agosto di quello stesso anno viene assunto dal Piacenza, ancora nelle vesti di direttore sportivo. In riva al Po rimane fino all'estate del 2001, rendendosi coprotagonista della scalata degli emiliani dalla Serie C1 alla A, e venendo in seguito sostituito da Fulvio Collovati. Ricopre lo stesso incarico per alcuni mesi nel Napoli, dimettendosi nel dicembre del 2002, e in seguito nel Modena, al posto di Doriano Tosi.

 

Palmarès

Club

Competizioni nazionali

 

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146446256_Juventus1931.jpg.3f5ee2c5d873c581fa02b79aee8a39f7.jpg GIANPIETRO MARCHETTI   

 

marchetti%2Bgiampietro.jpg

 

 

 

Dal piccolo paese del bresciano alla metropoli torinese. Marchetti è rimasto semplice come il ragazzino che cercava di dribblare all’oratorio anche il parroco e che il destino dirottò ben presto a Chiari. «Da ragazzino quando giocavo all’oratorio, io facevo il tifo per i bianconeri. Quante liti con gli amici nerazzurri o rossoneri! Non mi sarei mai immaginato che un giorno avrei portato anch’io quella maglia che amavo tanto».
Poi il passaggio all’Atalanta dove c’era un dirigente, il dottor Brolis che ha l’occhio fino anche in fatto di calciatori dopo i Domenghini e i Pizzaballa vari, Brolis ha stornato anche Marchetti che in cinque anni di maglia nerazzurra è diventato calcisticamente maturo, pronto al gran salto come in effetti avvenne. Con Gianpietro giocavano altri ragazzini. ì fratelli Savoldi, un certo Novellini, un tale Zaniboni Tutti parlavano di calcio dal mattino alla sera. Marchetti cercava anche di affondarsi sui libri di scuola, frequentava le magistrali, si sentiva ormai un maestrino. Invece quando il diploma era a portata di mano, dovette dare forfait: i ritiri con la squadra gli ponevano una difficile alternativa o andare a scuola e rinunciare al calcio per una stagione, oppure rinunciare al diploma. Meditò a lungo poi si decise per il football che in quel momento gli prospettava un avvenire sicuro ricco di soddisfazioni.
Da allora la sua carriera è stata un crescendo: l’esordio in A con la maglia dell’Atalanta il primo premio alla sua costanza di atleta.
«Resta il mio ricordo più bello, una data che non potrò dimenticare. Fu il 28 maggio del 1967. Vincemmo 4-1, e avevo 17 anni. Per un calciatore l’esordio in A resta indubbiamente la giornata più emozionante, quella degna di essere messa nell’angolo principale del cervello. Per me almeno. Vincemmo e cominciarono a guardarmi con maggiore attenzione, i dirigenti e gli sportivi. Insomma, diventai Marchetti, non più uno dei tanti giovincelli del vivaio bergamasco».
Una partita in A nella prima stagione, 5 in quella successiva poi il trasferimento al Lecco dove Marchetti poté esprimere tutte le sue caratteristiche di calciatore e di atleta che vuole sempre dire l’ultima parola quando si discute in campo con la palla.
Fu quasi sempre presente, segnò 3 gol, divenne uno dei pezzi pregiati della squadra, Lui non sa come fatto sta che un giorno gli dissero: «Sei della Juventus». L’aveva già letto su qualche giornale ma pensava alle solite voci della campagna acquisti. Invece era vero.
Torino fece un po’ paura al ragazzo di Rudiano. «All’inizio ero un po’ titubante. Oltretutto facevo il servizio militare, a Torino capitavo di rado, non mi era facile ambientarmi, non conoscevo quasi nessuno. Poi finito il militare, anch’io ho “scoperto” Torino, i suoi viali, le sue strade, i suoi abitanti e mi sono fatto molti amici».
Il suo esordio, il 16 novembre 1969, avviene in una Juventus in crisi di fiducia e, per di più, priva di parecchi titolari; la squadra bianconera è attesa da una durissima trasferta sul campo della capolista, il grande Cagliari di Scopigno e Gigi Riva. Rabitti, l’allenatore delle giovanili bianconere promosso al timone della prima squadra dopo l’esonero di Carniglia, non ha scelta e concede piena fiducia ai giovani. Per due di loro si tratta di esordio assoluto in bianconero. Sono Antonello Cuccureddu e, appunto, Marchetti.
Vale la pena di ricordare la formazione di quel giorno, scesa allo stadio Amsicora con il disperato obiettivo di strappare un risultato utile. In porta Tancredi; terzini Salvadore e Furino; in mediana Marchetti, Morini e Castano; in avanti Leonardi, Del Sol, Haller, Cuccureddu e Favalli. Una partita memorabile che segna la svolta della fin lì grigia stagione bianconera; sotto di un goal segnato da Domenghini, all’inizio della ripresa, la Juventus riesce a pareggiare in extremis, grazie ad una gran legnata da fuori area di Cuccureddu da Alghero, eroe della giornata.
Gli elogi, gli applausi e le interviste vanno tutte al tamburino sardo, giustamente; peccato, però, che in pochi si ricordino di Marchetti, che ha fatto la sua parte con estrema diligenza, meritandosi i complimenti speciali dell’allenatore.
Fortunato per il positivo debutto, nel giorno del rilancio, Marchetti ha, però, la sfortuna di ritrovare in Cuccureddu, un concorrente alla maglia di titolare, nell’unico ruolo disponibile, quello di mediano. Con Cuccureddu in campo e Marchetti in panchina e più spesso in tribuna, il campionato continua, all’insegna di una Juventus tornata protagonista e più che mai in lizza, assieme al Cagliari e all’Inter, per la conquista dello scudetto.
Marchetti trova nuovamente spazio e gloria contro la Lazio e il Brescia, in dicembre; contro il Verona si segnala, nella giornata del gran rilancio di Anastasi in veste di cannoniere, come marcatore energico e tempestivo. Poi, dopo una lunga assenza, rientra in squadra contro il Brescia, in aprile, ma è sfortunatissimo: all’inizio della ripresa si infortuna seriamente e chiude, in questo modo, la stagione.
«Ricordo la gara con il Brescia quando mi portarono fuori in barella e poi mi ingessarono un piede. Più che l’incidente in se stesso, mi diede i brividi il fatto di essere portato fuori dal campo con questo arnese. Mi vennero alla mente analoghi episodi di calciatori rovinati da un calcio: in quel momento sudai freddo. Poi quando conobbi l’entità del mio incidente, sorrisi a quei tetri pensieri».
La vera carriera bianconera di Gianpietro deve, quindi, ancora iniziare. Nell’estate del 1970, alle molte partenze si contrappongano arrivi importanti; talenti giovani e giovanissimi, chiamati a costituire una formazione in grado di durare a lungo ai vertici dei valori nazionali. Marchetti, confermatissimo, trova subito spazio, sfruttando al meglio le sue doti di jolly, utilizzabile tanto in difesa quanto a sostegno del centrocampo.
A Catania, nella partita inaugurale del torneo, Armando Picchi, nuovo Mister bianconero, lo schiera mezzala e, con la maglia numero dieci, gioca le prime gare della stagione. In seguito, retrocede a mediano prima e a terzino poi, trovando con il numero tre e in tandem con Luciano Spinosi, la sua definitiva e completa valorizzazione. La stagione bianconera conosce progressive affermazioni man mano che i giovani trovano amalgama e convinzione nei propri mezzi.
Da un’ibrida posizione di centro classifica, la Juventus risale pian piano la graduatoria, diventando l’immediata inseguitrice alle milanesi e al Napoli. Marchetti, sin qui diligente comprimario e ottimo marcatore, diventa protagonista anche in zona goal, segnando reti decisive al Vicenza in trasferta e all’Inter, prossima a laurearsi campione, al Comunale. In entrambi i casi, il terzino realizza con perentorie conclusioni dalla distanza, rivelando una potenza di tiro e una precisione davvero notevoli.
Termina la stagione con un bottino niente male, ventitré presenze in campionato e due goal, oltre ad una manciata di gettoni in Coppa delle Fiere e in Coppa Italia. Le prime, sostanziose conquiste sono alle porte.
La stagione 1971-72 è quella dei ricordi più lieti, delle soddisfazioni più attese e sofferte. Vycpálek allenatore, Carmignani portiere è l’unica novità di rilievo di un organico confermatissimo e motivatissimo. La zazzera bionda di Marchetti cresce come i sogni dei tifosi; si fa festa a Villar Perosa al raduno, per la squadra nuova del campionato, cui tutti guardano con rispetto, se non con paura.
La Juventus inizia alla grande ed è subito spettacolo di folla e di goal: il Catanzaro è travolto da una girandola di reti, Bettega-Anastasi è tandem già leggendario, si assaporano entusiasmi nuovi cioè antichi. Carmignani, Spinosi e Marchetti compongono il trio difensivo, giovane ma tenace, magari qualche volta distratto, ma tremendamente forte e ben amalgamato.
Le incursioni di Marchetti, sulla fascia sinistra, anticipano concezioni affatto moderne, si scambiano i ruoli di marcatore e di cursore fluidificante, nasce il monumentale Furino. Gianpietro merita tutti gli elogi, il suo rendimento è continuo, diventa è una garanzia.
La partita in cui molto del destino della Juventus si decide, lo vede tra i protagonisti principali. È una buia e piovosissima domenica di marzo, si gioca Juventus-Bologna in un Comunale intristito dalla poca luce e dal molto fango. Si combatte come alla guerra, in trincee che sono poi le aree di rigore. La squadra emiliana gioca una grandissima partita e imbriglia la Juventus nei suoi stessi schemi, prigioniera di un terreno infame che non da spazio alla poesia dei suoi solisti. Segna proprio la squadra felsinea, con quel furetto anziano di nome Perani e questo complica tremendamente tutto. Poi, a metà ripresa, pareggia in una mischia furibonda Pietruzzo Anastasi, ma non basta, non basta proprio.
Ci vogliono i due punti, Milan, Torino e Cagliari incombono in classifica e stanno vincendo le loro partite. Nella battaglia sempre più dura si vede a un certo punto fiondare dalla distanza uno che, coperto com’è dal fango, si riconosce a mala pena. Marchetti trova, non si sa come, lo spiraglio tra una ventina di gambe e segna il goal più importante e drammatico del campionato.
La Juventus vince, perderà il derby, ma saprà poi rimettersi in carreggiata taglierà il traguardo per prima, con una lunghezza su Torino, Milan e Cagliari. Ventinove presenze per Marchetti, oramai perno della squadra e compagno inseparabile di linea con Spinosi il Romanaccio. La Nazionale che va a giugno nei Balcani darà spazio e gloria a entrambi. La maglia azzurra è il premio giusto, strameritato, per un ragazzo al termine della sua stagione più bella.
Non cambia molto per la stagione 1972-73, ma quel poco è importante: arriva Zoff, e la terna difensiva, tutta da Nazionale, diventa Zoff, Spinosi e Marchetti. E arriva Altafini, un pezzo di leggenda del pallone con ancora tanti goal da segnare. Per Marchetti è un’altra stagione esaltante, con un avvio non eccezionale e un pronto inseguimento coronato dal più clamoroso dei successi. Tra l’altro, è la stagione che consente a Zoff di stabilire un nuovo prestigioso record di imbattibilità in campionato, con ben 904 minuti senza subire reti: merito del portierone, naturalmente, ma anche dei compagni della difesa, Marchetti non in secondo luogo.
A ventiquattro anni, Gianpietro è un giocatore completo, agonisticamente sempre su livelli eccellenti e in grado di recitare un ruolo di primo piano anche in fase di impostazione del gioco. A San Siro, contro il Milan, Marchetti torna al goal in modo a dir poco clamoroso, con una sventola da posizione impossibile che non lascia scampo al portiere rossonero e consente alla Juventus di lasciare imbattuta la roccaforte milanista. Nel finale di stagione, poi, in una squadra arrembante alla ricerca del primo posto, il dinamismo e la grinta di Marchetti si rivelano determinanti. A Bergamo, segna la rete della sicurezza per la squadra bianconera, che, approfittando del pareggio dei Milan a Torino con i granata, rosicchia un punto prezioso alla rivale.
Sette giorni più tardi, a Torino, lo stesso Marchetti segna all’Inter la prima rete, poi raddoppiata da Altafini, ipotecando un successo prezioso e bene augurante in vista dell’ultima decisiva partita, a Roma contro i giallorossi. Superfluo ricordare l’esaltante vittoria, con relativo sorpasso scudetto ai danni del Milan. Per Marchetti, le cifre dicono quasi tutto: è stato presente ventotto volte su trenta, segnando tre goal. È un’altra annata da incorniciare.
Purtroppo, la stagione successiva non consente al terzino di ripetersi sui suoi livelli oramai abituali. Qualche infortunio, qualche partita giocata non al meglio della condizione e la concorrenza di altri giovani di valore, come Longobucco, Gentile e lo stesso Cuccureddu, talora utilizzato da terzino, riducono le apparizioni e quindi il contributo di Gianpietro alla causa juventina. La Juventus, per di più, inciampa spesso in ostacoli non insormontabili e alla fine della stagione, chiusa comunque al secondo posto, molte novità sono nell’aria. Marchetti è tra i partenti. È un commiato triste, ma la legge del calcio è ferrea e soggiacervi è inevitabile.
Dopo cinque stagioni, Marchetti merita di diritto un posto di primo piano nella galleria dei personaggi che hanno fatto grande e talora grandissima la Juventus dei primi anni Settanta.

 

http://ilpalloneracconta.blogspot.com/2007/10/giampietro-marchetti.html

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