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Giovanni Koetting

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Giovanni Koetting: Confesso che ho segnato | Storie di Calcio

 

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Koetting

 

 

Nazione: Italia Italia
Luogo di nascita: Ivrea (Torino)
Data di nascita: 10.03.1962

Ruolo: Centrocampista
Altezza: 175 cm
Peso: 72 kg

Nazionale Italiano Under-20
Soprannome: -

 

 

Alla Juventus dal 1979 al 1980 e dal 1982 al 1985

Esordio: 09.02.1983 - Coppa Italia - Juventus-Bari 1-0

Ultima partita: 19.06.1985 - Coppa Italia - Juventus-Milan 0-1

 

17 presenze - 1 rete

 

1 scudetto

1 coppa Italia

1 coppa dei campioni

1 coppa delle coppe

1 supercoppa Uefa

 

 

Giovanni Koetting (Ivrea, 10 marzo 1962) è un allenatore di calcio ed ex calciatore italiano, di ruolo centrocampista.

 

Giovanni Koetting
Giovanni Koetting - Udinese Calcio 1980-81.jpg
Koetting all'Udinese nella stagione 1980-1981
     
Nazionalità Italia Italia
Altezza 175 cm
Peso 72 kg
Calcio Football pictogram.svg
Ruolo Allenatore (ex centrocampista)
Termine carriera 1993 - giocatore
Carriera
Giovanili
1972-1979   Juventus
Squadre di club
1979-1980   Juventus 0 (0)
1980-1981    Udinese 2 (0)
1980   Juventus 0 (0)
1981-1982    SPAL 10 (0)
1982-1985   Juventus 17 (1)
1985-1987   Ancona 48 (3)
1987-1988   Ivrea 1 (0)
1988-1993   Rivarolese ? (?)
Nazionale
1981 Italia Italia U-20 2 (0)
Carriera da allenatore
2009-2013   Santhià
2013-2015   Sporting Bellinzago

 

Carriera

Giocatore

220px-Juventus_FC_-_Coppa_Italia_1982-83

 
Koetting, assieme a Tardelli, Gentile e Cabrini, festeggia la vittoria della Juventus nella Coppa Italia 1982-1983.

 

Di origini fiamminghe (il nonno emigrò nel Canavese dal Belgio) ma italiano di nascita, Koetting entrò giovanissimo nelle giovanili della Juventus, riuscendo ad entrare a 16 anni nel giro delle Nazionali Giovanili. Il battesimo nella massima serie avvenne a 18 anni, precisamente il 14 settembre 1980, alla prima giornata del campionato 1980-81, entrando in campo al 60' nelle file dell'Udinese, sconfitta in casa dall'Inter per 4-0. Collezionò la seconda presenza il successivo 30 novembre, subentrando al 78' della gara in trasferta contro la Roma, vittoriosa per 3-1. In quello stesso anno vinse con la squadra friulana il Campionato Primavera realizzando la rete decisiva nella finale contro la stessa Roma.

 

L'anno dopo iniziò la stagione con la Juventus che ad ottobre lo girò in prestito alla SPAL per riprenderlo la stagione successiva. Koetting rimase a Torino per tre anni (dal 1982-1983 al 1984-1985) ma non riuscì ad esprimere le sue potenzialità nella Juventus, irrimediabilmente chiuso dai grandi nomi della squadra. Ebbe però la soddisfazione di partecipare, sebbene in qualità di rincalzo, al triennio della grande Juve targata Platini e Boniek ritagliandosi 17 presenze tra campionati e Coppe con una rete all'attivo realizzata contro l'Udinese, sua ex squadra. Partecipò alla conquista del Campionato 1983-84, della Coppa delle Coppe 1983-1984 e della Coppa dei Campioni 1984-1985.

 

Vista l'impossibilità di dargli spazio, la Juventus lo cedette in via definitiva all'Ancona ove disputò da titolare due campionati di Serie C1. Al termine del contratto con i marchigiani richiese di essere ceduto a una società piemontese per riavvicinarsi a casa. Sfumato l'ingaggio con la Pro Vercelli per questioni contrattuali, alla prospettiva di tornare ad Ancona preferì l'abbandono della carriera professionistica, a soli venticinque anni. Proseguì l'attività agonistica ancora per alcuni anni, tra i dilettanti, giocando nell'Ivrea e nella Rivarolese. In carriera ha totalizzato complessivamente 11 presenze e una rete in Serie A e 10 presenze in Serie B.

Allenatore

Ritiratosi dal calcio giocato è divenuto allenatore, sedendo sulle panchine di realtà dilettantistiche piemontesi quali Santhià e Sporting Bellinzago.

Palmarès

Giocatore

Competizioni giovanili

Competizioni nazionali

Competizioni internazionali

 

 

juve 1977.jpg

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Nella cartolina ufficiale della Juve 84-85, una di quelle foto di classe dove si fa “cheese” strizzando gli occhi controsole, Giovanni Koetting sta dritto in seconda fila. Il caschetto di capelli biondi e l’aria vagamente fiera spuntano all’incirca fra le costole di Platini e il gomito di Cabrini, più alti di lui, in terza fila. «Adesso sono ancora biondo, ho qualche capello in meno e qualche chilo in più» sorride Giovanni e lo fa per cortesia. «Se pensa all’attacco della Juve nei primi anni ‘80, si rende conto anche lei che era difficile trovare spazio. Adesso magari, con tutte le partite che ci sono da giocare, sarebbe più facile».
Era in assoluto il più biondo della squadra bianconero. Quando andava via in velocità tra il solito nugolo di avversari che cercavano in tutti i modi di fermarlo, ci si poteva rendere conto che quel ragazzino, che prometteva bene, non poteva che essere lui, Giovanni Koetting, detto Gianni, forse per addolcire, almeno in parte, quel cognome così duro e difficile da pronunciare. Già nelle primissime stagioni nel settore giovanile bianconero, dov’era approdato nel 1972 a soli dieci anni, il Tedesco (suo padre è germanico ma Giovanni è nato a Ivrea ed è, quindi, piemontese purosangue) emergeva per tecnica, sagacia tattica e progressione.
I suoi allenatori, da Pedrale a Grosso passando per Sentimenti IV e Bussone, non facevano fatica a intravedere in quel centrocampista, che veniva preferibilmente impiegato sulla fascia, il giusto mix di tutte le doti che fanno di un giovane promettente un potenziale campioncino: «Nel vivaio della Juventus ho fatto tutta la trafila sino alla Primavera, dove ho giocato con Pin, Storgato e Galderisi. A 16 anni ho iniziato a entrare nel giro delle Nazionali giovanili: soltanto allora mi sono reso conto che forse sarei potuto diventare qualcuno».
Così, infatti, è stato. Dopo una stagione da riserva in A con l’Udinese a soli 18 anni e il successivo torneo in B con la Spal, nel 1982 Koetting ritorna alla base, dove diventa il pupillo di Trapattoni: «Purtroppo non è andata proprio così, altrimenti avrei giocato ben di più. In ogni caso durante le tre stagioni in bianconero mi sono tolto le mie soddisfazioni: nel 1984-85, ad esempio, realizzai, contro l’Udinese, la rete decisiva quando ero entrato da appena dieci minuti. Dopo quella partita ho pensato che fosse finalmente giunto il mio momento e difatti, nel prosieguo della stagione, ho fatto piuttosto bene. Ma, purtroppo, nel calcio ci vuole sempre un po’ di fortuna. Nella prima stagione con la Juventus, ad esempio, pur di giocare una volta sono sceso in campo con trentotto e mezzo di febbre tenendo il medico all’oscuro di tutto. E, ovviamente, in quel frangente non ho certo dato il meglio di me. La verità è che quando si è impiegati con il contagocce, come mi capitava in quella compagine ricca di grandissimi campioni, risulta assai difficile dimostrare quello che si vale davvero».
In ogni caso, pur assommando soltanto 17 gettoni di presenza, tra campionato e coppe, Koetting è a tutti gli effetti da considerarsi un giocatore pluridecorato: «In un triennio abbiamo vinto uno scudetto, una Coppa Italia, una Coppa delle Coppe e la Coppa dei Campioni. Certo, io ho giocato poco, ma non mi trovavo lì per caso: se ho dato poco in campo, nel gruppo ho sicuramente fatto la mia parte mantenendo un atteggiamento sempre positivo. Non ho mai creato alcun problema».
Nell’estate del 1985, Koetting fu ceduto per una cifra record all’Ancona in Serie C. Poteva essere l’anno della svolta e della definitiva consacrazione: «Andò diversamente: lo dicevo che nel calcio ci vuole fortuna. Nella Juventus ero chiuso e, pur avendo ancora tre anni di contratto, preferii andar via per giocare. All’inizio sembravo destinato al Bologna in B, poi invece fui venduto all’Ancona. In conseguenza di quanto era stato pagato, tutti si aspettavano da me sfracelli. Ma in quella stagione, se cadeva un sasso, non poteva che beccare me. Sono stato fermo per due mesi e poi ho accusato diversi altri problemi fisici: e il pubblico si sentiva in dovere di fischiare Mister Miliardo. Il secondo anno invece è andato molto meglio, ma alla fine ho avuto un grave problema familiare che mi ha spinto a chiedere di riavvicinarmi a casa. Così sono stato contattato dalla Pro Vercelli che mi voleva a ogni costo e a me quella sistemazione andava benissimo; purtroppo però mi sono scontrato con le esigenze della società, che, per recuperare il più possibile dalla cessione del sottoscritto, voleva vendermi in una serie superiore. Allora mi sono impuntato e, pur di stare vicino a Torino, sono andato a giocare tra i dilettanti dell’Ivrea. L’anno successivo l’Ancona, che voleva girarmi in C1 a La Spezia, dove mi offrivano un contratto annuale, mi ha richiamato: a quel punto, avendo già una famiglia sulle spalle, ho preferito chiudere con il professionismo».
Ma non con il calcio, in ogni caso. Per diversi anni Koetting ha, infatti, calcato ancora i campi piemontesi proprio con l’Ivrea e in seguito con la Rivarolese: «Grazie al cielo, avevo conseguito il diploma di ragioniere, cosicché, pur continuando a giocare, sono riuscito a trovare un posto in banca a Ivrea dopo aver superato un concorso. Se mi sono mai pentito della scelta fatta a soli 26 anni? Assolutamente no; continuando in Serie C avrei forse guadagnato di più, ma poi avrei fatto fatica a sistemarmi per la vita. L’unico rimpianto consiste nel fatto che, pur avendo buone potenzialità, ho raccolto meno del dovuto nonostante le 26 partite nelle rappresentative azzurre. Tutto il resto appartiene ormai al passato. Nostalgia? Tutte le mie scelte le ho portate avanti convinto e nella vita sono realizzato. Certo, potevo fare di più… Nelle Nazionali giovanili c’ero sempre, ero quotato, ho vinto il campionato Primavera con l’Udinese: contro la Roma ho segnato il gol decisivo in finale e mi hanno scritto anni dopo da Udine per ringraziarmi. Sono emozioni bellissime. Come quando ho esordito in Serie A».
14 settembre 1980, Udinese-Inter 0-4. «A 18 anni. O quella volta che siamo andati in trasferta in Austria con la Nazionale Juniores e uno del mio paese, che era emigrato lì e aveva aperto una gelateria a Vienna, a fine partita mi ha chiesto la maglia. Nel ‘79 con la Juniores abbiamo incontrato l’Olanda di Koeman, Rijkaard, Kieft e abbiamo vinto 3-0. Ho fatto gol. In quel tempo ero felice al 100%. Dopo, nella Juve, lo ero solo al 30%. Eppure avevo dimostrato di essere forte, a centrocampo. Mai cambiato ruolo, non mi piaceva giocare con le spalle alla porta».
Giovanni dalle bande bianconere. Un nome rimasto caro ai malati di Vecchia Signora. «Ho vinto nell’84 la Coppa delle Coppe, ho giocato in Coppa Campioni. In Coppa Italia col Milan sono andato alla grande. Nell’85 con me la Juve ci ha guadagnato. E sono rimasto juventino».
 
 

 

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