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Socrates

Tarcisio Burgnich

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1177496531_juventus1931.jpg.94d04af7609a15c1d2f5eb2a08a34796.jpg TARCISIO BURGNICH

 

JuventusFC on Twitter: "La Juventus si unisce al lutto di tutto il calcio  italiano per la scomparsa di Tarcisio Burgnich e porge le sue più sentite  condoglianze alla famiglia. https://t.co/EtwDiXJEzm" / Twitter

 

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Tarcisio_Burgnich

 

 

Nazione: Italia Italia
Luogo di nascita: Ruda (Udine)
Data di nascita: 25.04.1939

Luogo di morte: Forte dei Marmi (Lucca)

Data di morte: 26.05.2021
Ruolo: Difensore
Altezza: 175 cm
Peso: 81 kg

Nazionale Italiano
Soprannome: La Roccia

 

 

Alla Juventus dal 1960 al 1961

Esordio: 23.10.1960 - Serie A - Fiorentina-Juventus 3-0

Ultima partita: 04.06.1961 - Serie A - Juventus-Bari 1-1

 

16 presenze - 0 reti

 

1 scudetto

 

Campione d'Europa 1968 con la nazionale italiana

 

 

 

Tarcisio Burgnich (Ruda, 25 aprile 1939  Forte dei Marmi, 26 maggio 2021) è stato un calciatore e allenatore di calcio italiano, di ruolo difensore, campione d'Europa nel 1968 e vicecampione del mondo nel 1970 con la nazionale italiana.

È considerato uno dei migliori difensori della storia del calcio italiano.

 

Tarcisio Burgnich
Tarcisio Burgnich.jpg
Tarcisio Burgnich con la nazionale italiana al campionato del mondo 1970
     
Nazionalità Italia Italia
Altezza 175 cm
Peso 81 kg
Calcio Football pictogram.svg
Ruolo Allenatore (ex difensore)
Termine carriera 1977 - giocatore
2001 - allenatore
Carriera
Giovanili
19??-19??   Udinese
Squadre di club
1958-1960   Udinese 8 (0)
1960-1961   Juventus 16 (0)
1961-1962   Palermo 31 (1)
1962-1974   Inter 358 (5)
1974-1977   Napoli 84 (0)
Nazionale
1963-1974 Italia Italia 66 (2)
Carriera da allenatore
1978-1980   Livorno
1980-1981   Catanzaro
1981-1982   Bologna
1982-1984   Como
1984-1986   Genoa
1986-1987   Lanerossi Vicenza
1987-1988   Como
1988-1989   Catanzaro
1989-1991   Cremonese
1991-1992   Salernitana
1992-1993   Como
1994-1995   Livorno
1996-1997   Foggia
1997-1998   Genoa
1998   Lucchese
1999   Lucchese
2000   Ternana
2001   Pescara
Palmarès
 
Julesrimet.gif Mondiali di calcio
Argento Messico 1970
UEFA European Cup.svg Europei di calcio
Oro Italia 1968

 

Biografia

Sposò Rosalba Pistoresi, donna toscana, figlia di ristoratori, dalla quale ebbe tre figli: Simonetta, Patrizia e Gualtiero.

È morto il 26 maggio 2021 ad 82 anni presso la casa di cura San Camillo a Forte dei Marmi, dove era stato portato la sera precedente, dopo una degenza all'Ospedale Versilia per un grave malore.

Caratteristiche tecniche

Giocò come terzino destro, stopper e libero. Eccellente marcatore, era solito prendere in custodia l'attaccante avversario più temibile. È stato considerato un modello per la serietà e la correttezza. Le sue virtù principali erano il vigore agonistico, l'abilità nel tackle e la concentrazione, oltre alla prontezza nell'anticipo.

Per via della sua prestanza fisica fu soprannominato Roccia, nomignolo coniato da Armando Picchi, compagno di reparto nell'Inter e in nazionale. A lui si sono ispirati futuri specialisti della marcatura a uomo come Claudio Gentile e Pietro Vierchowod.

Carriera

Giocatore

Club

Udinese

Dopo aver giocato nelle giovanili dell'Udinese avendo come compagno di squadra Dino Zoff, debuttò ventenne con i friulani alla penultima giornata della stagione 1958-1959, il 2 giugno 1959, nella sconfitta contro il Milan per 7-0, già matematicamente campione d'Italia che schierava in campo giocatori come Lorenzo Buffon, Cesare Maldini e Nils Liedholm. Fu confermato per la stagione successiva, in cui giocò 7 gare su 34 in un'epoca in cui non erano permesse sostituzioni e nella quale le zebrette si salvarono dalla retrocessione dopo spareggi con Lecco e Bari; le sue prestazioni gli valsero la convocazione nella rappresentativa italiana ai Giochi olimpici del 1960. A Udine aveva uno stipendio da 50.000 lire al mese.

Juventus e Palermo

Dietro suggerimento di Giampiero Boniperti, venne acquistato dalla Juventus, con cui collezionò 13 presenze senza essere poi confermato per la stagione successiva, poiché ritenuto non adatto allo stile della squadra e con una carriera incerta per un presunto leggero strabismo. Passò poi al Palermo, nel frattempo neopromosso in quell'anno, in cui arriva nella trattativa che porta Roberto Anzolin a Torino: in un primo momento rifiuta il trasferimento, subendo quindi un deferimento, ma poi coi rosanero gioca ottimamente l'annata 1961-1962, durante il quale fa anche il servizio di leva a Roma: preso il posto dell'infortunato Giorgio Sereni, gli viene affidato il ruolo da titolare. Riesce anche a segnare un gol, il suo primo con il Palermo e in Serie A, su punizione, nella prestigiosa vittoria esterna per 2-4 contro la Juventus del 18 febbraio 1962, con un violento tiro in corsa. Al termine del campionato i siciliani si posizionano all'ottavo posto nella classifica finale, piazzandosi meglio degli stessi piemontesi. Il giocatore definì in termini molto positivi la sua esperienza nelle file del club rosanero.

Inter
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Burgnich con la maglia dell'Inter nella prima metà degli anni 1960.

 

Nel 1962, voluto da Helenio Herrera o da Italo Allodi secondo altre fonti, passa all'Inter in cambio di 100 milioni di lire. In nerazzurro rileva nel ruolo di terzino destro Armando Picchi, che da lì in poi agirà da libero. Come capitò durante la sua permanenza alla Juventus, vinse lo scudetto alla prima stagione con la nuova squadra, pur essendo penalizzato dal dover svolgere il servizio militare a Bologna, con il grado di caporale. Ciò lo costrinse a saltare durante il suo primo campionato diversi allenamenti con il club lombardo. Con i nerazzurri giocò in 467 gare ufficiali, vincendo in dodici anni quattro scudetti, due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali, uno dei calciatori più decisivi per i successi della squadra, dapprima come terzino destro e poi, con risultati altrettanto buoni, nel ruolo di libero. Al termine della stagione 1964-1965, il settimanale Il calcio e il ciclismo illustrato lo indicò, con Giacinto Facchetti, come miglior terzino d'ala del campionato.

Napoli

«Non mi sono mai divertito tanto a giocare a pallone»

(Sua dichiarazione)

 

Dopo dodici anni all'Inter, complice l'infortunio subito durante i mondiali tedeschi del 1974 i dirigenti della squadra lombarda credono che sia ormai un calciatore finito. Venne a sapere solo da Francesco Janich, all'epoca dirigente del Napoli, di essere stato trasferito alla squadra campana; chiuse quindi la carriera indossando la maglia azzurra. Qui, dopo un iniziale problema con le tattiche dell'allora suo allenatore Luís Vinício, è titolare inamovibile (nel ruolo di libero), disputando tutte le gare delle sue prime due stagioni e saltando solo sei gare nella sua ultima stagione di carriera, dalla tredicesima del 16 gennaio 1977 alla diciottesima del 27 febbraio 1977.

Durante la sua permanenza con i partenopei la squadra sfiorò la conquista dello scudetto nella stagione 1974-1975, quando la squadra arrivò seconda a due punti dalla Juventus vincitrice del campionato. L'anno successivo i campani conquistarono la Coppa Italia, battendo con lui in campo il Verona allo Stadio Olimpico di Roma il 29 giugno 1976 per 4-0; in questo trofeo segnò la sua unica rete con gli azzurri, nell'edizione 1975-1976, nella vittoria contro la Fiorentina per 1-0. Vinse inoltre nella stagione 1976-1977 la Coppa di Lega Italo-Inglese, giocandovi entrambe le partite, a Southampton contro la squadra locale il 21 settembre 1976 dove i padroni di casa s'imposero per 1-0 e a Napoli il 14 novembre dello stesso anno, quando nella gara di ritorno i campani vinsero per 4-0. Lo stesso anno, il Napoli raggiunse per la prima volta la semifinale in una competizione europea, la Coppa delle Coppe, venendo eliminato dall'Anderlecht.

Nazionale

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Burgnich (a sinistra) in azione in maglia azzurra al campionato del mondo 1974, nel corso della sfida tra Italia e Argentina.

 

In nazionale, in cui ha giocato dal 1963 al 1974, vanta 66 presenze, debuttando il 10 novembre 1963 nella gara di ritorno valevole per la Coppa Europa contro la nazionale sovietica. Ritorna in nazionale un anno dopo, nella gara di qualificazione per i mondiali in Inghilterra del 1966 contro la nazionale finlandese del 4 novembre 1964. Viene convocato per la spedizione italiana ai successivi mondiali, quando ha già giocato dodici gare con la nazionale maggiore, disputando solo le prime due gare, la vittoria contro il Cile per 2-0 nella rivincita della battaglia di Santiago del 13 luglio 1966 al Roker Park di Sunderland e la sconfitta per 1-0 contro la nazionale sovietica del 16 luglio nello stesso stadio.

Ai successivi vittoriosi campionati europei del 1968 fu invece sempre presente, il 20 aprile nella vittoria contro la Bulgaria per 2-0 a Napoli, sempre a Napoli nella semifinale contro la nazionale sovietica del 5 giugno decisa dal sorteggio e nelle due finali contro la nazionale jugoslava di Roma, dell'8 e del 10 giugno, quando gli azzurri prima pareggiarono 1-1 e poi vinsero per 2-0. Al successivo campionato mondiale 1970 in Messico realizza il suo secondo gol con gli Azzurri, il momentaneo pareggio per 2-2 della semifinale Italia-Germania Ovest (4-3, la "Partita del secolo"). Per la gara disputata, Gianni Brera gli diede nella pagella 9+. In finale, sarà poi sovrastato nello stacco da Pelé che realizzerà il gol del momentaneo 1-0 nella partita che il Brasile vincerà 4-1.

Il 13 gennaio 1973 scese in campo da capitano degli azzurri nella gara contro la Turchia valida per le qualificazioni al campionato del mondo 1974; lasciò la nazionale dopo la sconfitta contro la Polonia che valse l'eliminazione dell'Italia dal Mondiale. In azzurro ha totalizzato 66 presenze e 2 reti.

Indossava la maglia numero 5, che è tutt'ora conservata nel Museo del calcio.

Allenatore

1978-1982

Appese le scarpette al chiodo, convinto da Italo Allodi ha intrapreso la carriera dell'allenatore, sedendo, fra le altre, sulle panchine di Catanzaro, Bologna, Como, Livorno, Foggia, Lucchese, Cremonese, Genoa sostituendo Claudio Maselli, Ternana, Salernitana, Pescara e L.R. Vicenza. Dopo aver lasciato il lavoro di allenatore è diventato osservatore dell'Inter. Esordì come allenatore del Livorno, dove subì una squalifica di sei mesi per alcune dichiarazioni sul Pisa; nello stadio intitolato al suo ex compagno di squadra Armando Picchi, dopo un primo anno tranquillo, al secondo grazie a dodici vittorie e sedici pareggi la squadra si piazzò terza in campionato, a quattro punti dal Foggia promosso in Serie B, potendo contare su una difesa che subì solo undici gol. Sarebbe tornato ad allenare la squadra sedici anni dopo.

La sua seconda panchina lo vide in Calabria, dove iniziò la stagione di Serie A in maniera positiva, arrivando alla quinta giornata del girone d'andata a essere in testa alla classifica. La compagine, salvatasi dalla retrocessione avvenuta sul campo per lo scandalo delle scommesse che portarono successivamente al ripescaggio, senza molte strutture per allenarsi puntava alla salvezza, con una squadra dall'età media bassa e con elementi dalle categorie inferiori, raggiunta con un settimo posto finale, miglior piazzamento nel ventesimo secolo. Tornò ad allenare i calabresi nel campionato di Serie B 1988-1989, dove fu esonerato e sostituito da Gianni Di Marzio, con la squadra ottava in classifica generale, dopo la prima sconfitta in campionato, contro il Brescia.

Nella stagione 1981-1982 è al Bologna, per la quale, avendo dato la sua parola è costretto in seguito a rifiutare la proposta di allenare l'Inter; pur dimostrando fiducia nella squadra non concluse la stagione, venendo esonerato il 15 marzo 1982 per contrasti con alcuni dirigenti della società, difeso solo dal presidente Fabbretti e facendosi sostituire dal suo allenatore in seconda, Franco Liguori. Durante questa stagione lanciò un diciassettenne Roberto Mancini.

1982-2001

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Burgnich al Como nella stagione 1983-1984.

 

Fu per tre periodi alla guida del Como, la prima volta dal 1982 al 1984; con la squadra allora militante in Serie B perse alla prima stagione gli spareggi, mentre nella seconda ottenne la promozione nella massima serie. Durante questo periodo, tra i giocatori da lui valorizzati vi fu il futuro giocatore della nazionale Moreno Mannini. Tornò la seconda volta nel 1988 al posto di Aldo Agroppi, con la squadra militante in Serie A con problemi di classifica e d'infortuni che portò alla salvezza. Nel 1992-1993 condusse la squadra nel campionato di Serie C1, inserendosi più volte nella zona promozione.

Arrivò quindi sulla panchina del Genoa, dove sarebbe ritornato nel 1998 in una squadra reduce dal rischio di retrocedere nell'allora Serie C e con un nuovo presidente, il suo ex giocatore Massimo Mauro, che lo volle personalmente, al posto di Aldo Spinelli. Arrivato nell'estate 1986 al Vicenza, fu esonerato nel febbraio 1987: al suo successore Alfredo Magni le cose andarono peggio, sino alla retrocessione in Serie C1. Alla Cremonese non salvò la squadra dalla retrocessione, perdendo le ultime quattro partite.

Confermato nel 1990-1991, Burgnich non andò oltre il centroclassifica e venne esonerato dopo 23 giornate: sarà il sostituto Gustavo Giagnoni a centrare la promozione. Il 4 marzo 1996 Burgnich divenne allenatore del Foggia, ultimo in classifica in Serie B, a sette punti dalla salvezza. Il tecnico di Ruda, con una notevole serie di risultati utili, riuscì ad evitare la retrocessione, conquistando l'undicesimo posto. La stagione seguente, con una formazione giovane, Burgnich conquistò un altro 11º posto, non venendo riconfermato per l'annata successiva. Subentrò nel Natale 1997 a Claudio Maselli sulla panchina del Genoa, ottenendo 20 punti nelle prime otto partite, con la squadra che passò dal penultimo posto a ridosso della zona promozione, classificandosi ottava a fine torneo.

Nella stagione successiva fu chiamato alla 28ª giornata al posto di Giuseppe Papadopulo sulla panchina della Lucchese in Serie B. Non riuscì a salvare la squadra e non fu riconfermato. Il febbraio successivo prese il posto di Vincenzo Guerini alla guida della Ternana, di nuovo in Serie B, e chiuse il campionato al 10º posto. Sono del campionato di Serie B 2000-2001 le sue ultime cinque partite da allenatore, sulla panchina del Pescara al posto di Giovanni Galeone. Ottenne tre pareggi e due sconfitte e fu sostituito da Delio Rossi, che chiuse il campionato all'ultimo posto a 19 punti dalla quintultima. Conclusa la carriera di allenatore, restò nel mondo del calcio come osservatore dell'Inter.

 

Palmarès

Giocatore

Club

Competizioni nazionali
Inter: 1962-1963, 1964-1965, 1965-1966, 1970-1971
Competizioni internazionali

Nazionale

 

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1177496531_juventus1931.jpg.94d04af7609a15c1d2f5eb2a08a34796.jpg TARCISIO BURGNICH

 

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Nasce a Ruda, in provincia di Udine, il 25 aprile 1939. Il pallone come svago e sogno. Che si realizza in una carriera lunghissima dal 1958 con l’Udinese, al 1977 con il Napoli. Quasi 500 partite in Serie A, una buona fetta come terzino destro, il resto come libero.
Dopo due stagioni in Friuli, approda alla Juventus, su imbeccata (pare) di Boniperti. «Questo non lo so. Posso dire che per me fu un sogno indossare la maglia bianconera – racconta a Nicola Calzaretta sul “Guerin Sportivo” – era la Juve di Boniperti, Sivori e Charles. Stava dominando in Italia da alcuni anni tra scudetti e Coppa Italia. Avevo ventuno anni, mi ero appena affacciato alla Serie A con l’Udinese, non potevo chiedere di più. Gioco tredici partite poi venni mandato a Palermo. Ci rimasi malissimo, la sentii come una bocciatura. All’inizio rifiutai il trasferimento e fui anche deferito. Successivamente qualcuno mi spiegò che a Torino sarebbe rientrato dal prestito al Vicenza, il terzino Bruno Garzena, uno della vecchia guardia, al quale avrei dovuto lasciare il posto. Alla fine accettai Palermo. Rientrai nell’operazione che portò Anzolin alla Juve».
La svolta della sua carriera avviene nell’estate del 1962, quando passa all’Inter; con la maglia neroazzurra, vince quattro scudetti, due Coppe dei Campioni, due Coppe Intercontinentali e rendendosi protagonista di tutte le imprese della Grande Inter degli anni Sessanta.
Difensore solido e preciso, soprannominato la Roccia, in campionato realizza solo sei goal. In Nazionale vanta sessantasei presenze e due goal, di cui uno storico, nel Mondiale del 1970 in Messico; Tarcisio, infatti, realizza la rete del momentaneo 2-2 nella semifinale Italia-Germania Ovest. In finale, sarà poi sovrastato nello stacco da Pelé, che realizzerà il goal del vantaggio verdeoro, nella partita che il Brasile vincerà per 4-1.
Chiude la carriera indossando la maglia del Napoli, offrendo ai tifosi partenopei tre stagioni nelle quali è sempre apprezzato sia per le sue doti di difensore che per le sue doti di umiltà e sobrietà. Appesi gli scarpini al chiodo intraprende l’attività di allenatore, con alterne fortune.


ANGELO CAROLI, “HURRÀ JUVENTUS” MAGGIO 2000
Lo vedo nelle vesti di un santo. Come quel giovane seminarista, il quale, piuttosto che lasciarsi strappare l’ostia difesa dietro mani giunte, affrontò il martirio pregando: «La morte, ma non il peccato». Si chiamava Tarcisio, e lo santificarono. L’eroe del pallone che ho scelto questa volta è Burgnich e ha lo stesso nome, Tarcisio. L’analogia può apparire dissacrante, ma non lo è. L’analogia non è reato religioso. E il terzino che conobbi nella Juventus 1960-61 era un uomo mite, accomodante e educato, discreto e timido. Si scontrava con l’avversario e non cedeva un centimetro. Proveniva dall’Udinese, aveva ventuno anni, era costruito con il granito, una corazza di muscoli e volontà, e un francobollo.
Disputò tredici partite in quell’annata tricolore, non erano poche per un provinciale, ma non bastarono per convincere la dirigenza. A un dirigente, scomparso molti anni fa, non piaceva, lo trovava poco stiloso per una società stilosa come la Juve. E, addirittura, non gli profetizzò una carriera brillante perché «era un po’ strabico». E il friulano fu invitato a cercare gloria nel Palermo.
Era il Palermo dell’irascibile Totò Vilardo. Tarcisio trovò gloria scavando nel sudore, insieme a Mattrel (anche lui in prestito al Palermo) si prese la rivincita segnando uno dei quattro goal che i rosanero rifilarono alla Juve al Comunale. La doppietta di Charles non consolò i tifosi bianconeri. Burgnich disputò una stagione eccellente, tanto che Moratti senior, l’anno successivo, ne fece uno dei pilastri su cui riedificare il palazzo. Tarcisio era immunizzato al peccato. La sua vita si snodava tra casa e stadio, stadio e casa. Chi, come il sottoscritto, ha affrontato il calcio più come passatempo che come mestiere, lo indusse spesso in tentazione. Gli presentò una baby-sitter londinese e lo convinse a cedere alle sue grazie sensuali. Da quel giorno e per qualche tempo, l’inglesina con il naso all’insù e un mare di efelidi disegnate sulle gote, lo prese in affidamento come i tanti cuccioli che le venivano consegnati quasi ogni sera. Tarcisio era talmente disponibile che quando il sottoscritto, insieme a colleghi di cui non rivelo il nome per rispetto della privacy, aveva bisogno di una garçonnière per accogliere bellezze subalpine, lasciava l’appartamentino per godersi un film al Reposi.
Tramontata la baby-sitter, si innamorò perdutamente di una ragazza toscana che sposò e alla quale è tuttora fedele. Fedele com’è stato alla maglia interista. Gli alberi di alto fusto e di lunga vita sono fatti della sua scorza. E, è bene ricordarlo, di scorza friulana. Questi aneddoti hanno una morale che mi auguro serva a qualche giovane. Se si vuole estrarre oro dal calcio come da una miniera è bene rispettare le regole. Del gioco e della vita. Chi non lo fa, paga.
C’è un’altra curiosità da raccontare su di lui. Dovevamo giocare a Marassi, contro la Samp. Al mattino attraversai il corridoio che conduceva agli ascensori. E captai una frase di Renato Morino, grande giornalista dalla penna caustica e ironica: «Chissà quanti goal beccherà la Juve oggi con Burgnich e Caroli terzini!» Presi e portai a casa. Ma prima di pranzo incrociai Renato, lo guardai probabilmente in modo strano, e lui mi chiese se c’erano problemi. Gli spiegai e lui sbiancò, imbarazzato.
Al pomeriggio battemmo la Samp con due goal di Nicolè. Tarcisio ed io fummo i migliori in campo, io salvai un goal con una spaccata da ballerina. Il giorno dopo Morino scrisse: «Caroli e Burgnich hanno fatto ingoiare a un giornalista un’incauta dichiarazione della vigilia». Quando la classe non è acqua.

 

https://ilpalloneracconta.blogspot.com/2008/04/tarcisio-burgnich.html

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