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Socrates

Luigi Forlano

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1905 Prima Categoria - Wikipedia
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689183503_juve1905.png.7815e9e41ff85a7413b30ebbd1476f9e.png LUIGI FORLANO

 

Luigi Forlano

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Forlano

 

 

Nazione: Italia Italia
Luogo di nascita: Rocchetta Tanaro (Asti)
Data di nascita: 05.07.1884

Luogo di morte: Nova Vas nad Dravonjo (Slovenia)

Data di morte: 14.09.1916
Ruolo: Attaccante
Altezza: -
Peso: -
Soprannome: -

 

 

Alla Juventus dal 1900 al 1905

Esordio: 11.03.1900 - Campionato Federale - Juventus-Torinese 0-1

Ultima partita: 02.04.1905 - Prima Categoria - Juventus-Genoa 1-1

 

20 presenze - 4 reti

 

1 scudetto

 

 

Luigi Forlano (Rocchetta Tanaro, 5 luglio 1884  Nova Vas nad Dragonjo, 14 settembre 1916) è stato un calciatore italiano, di ruolo centravanti, socio fondatore della Juventus.

 

 

Luigi Forlano
Luigi Forlano - FBC Juventus.jpg
Forlano alla Juventus nei primi anni 1910
     
Nazionalità   Italia
Calcio Football pictogram.svg
Ruolo Centravanti
Termine carriera 1914
Carriera
Squadre di club
1900-1905   Juventus 20 (4)
1906   Torinese 0 (0)
1909   Milan 1 (0)
1910-1914   Stresa ? (?)

 

Biografia

Scomparso durante la prima guerra mondiale, in cui combatté come capitano dei bersaglieri. Nei giorni 14 e 15 settembre 1916 il XLVII battaglione bersaglieri del quale Forlano faceva parte partecipava all'attacco delle posizioni nemiche fra Nova Vas e quota 208 sud; raggiunto e superato l'obiettivo, il XLVII battaglione subì il contrattacco austriaco e rischiando l'aggiramento, fu costretto a ripiegare sulla linea di partenza ed il 15 stesso inviato a Vermegliano per riordinarsi. Nell'azione il capitano Luigi Forlano risultò tra i dispersi il giorno 14 settembre 1916.

Luigi Forlano aveva un figlio, Bruno, il quale seguì le orme paterne giocando nel Novara, e che come il padre morì in guerra, in questo caso durante la campagna di Russia nel secondo conflitto mondiale.

Carriera

Iniziò a giocare nella Juventus, con cui vinse il titolo italiano del 1905 — il primo nella storia del club bianconero — segnando 3 reti in 4 presenze nel corso di quel torneo. Con la compagine torinese disputò sei campionati segnando complessivamente 4 reti in 17 incontri.

Dopo un biennio nelle file dei concittadini della Torinese, senza scendere in campo, nel 1908 passò al Milan. Esordì coi rossoneri il 17 gennaio 1909 nella trasferta di campionato persa 1-3 sul campo della US Milanese; sarà questa la sua unica partita con i meneghini.

Nella parte conclusiva della sua carriera giocò anche con lo Stresa; lo stadio di Stresa è a lui intitolato.

Palmarès

Competizioni nazionali

 

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73756187_juve1905.png.0d711eef542da20735ca18e96ab6c756.png LUIGI FORLANO  

 

forlano.jpg

 

 

 

«Bomber ante litteram – ricorda Renato Tavella – si esibisce nella primissima squadra che si cimenta al Valentino. Forte e irruente come un toro, è insostituibile avanti della squadra vincitrice il primo scudetto 1905. Irresistibile quando è in giornata. Generoso sempre. Nel corso della Grande Guerra parte all’assalto alla testa dei suoi bersaglieri e di lui non si sa più nulla».

VLADIMIRO CAMINITI
«Ricordo i primi compagni: i fratelli Canfari sempre allegri. Enrico fu il primo presidente, Luigi Forlano, il centravanti, un macigno, giocava con la lingua e con i muscoli, quando era in vena lui si vinceva sempre, quando non era in vena dipendeva dal fatto che non aveva potuto dormire. Il fratello non ammetteva di dovergli dare anche i soldi per il football, e il sabato sera non gli apriva la porta di casa.
Luigi dormiva sulle scale, prendeva l’umidità della notte, ci toccava andare all’alba a massaggiarlo per ore finche era ben sveglio. Ce ne accorgevamo quando apriva gli occhi e si strizzava i baffetti. Dovevamo massaggiarlo per bene, quel furbone. Poi gli davamo da mangiare e finalmente era pronto per partire con noi. Anche Luigi Forlano è morto in guerra come Enrico Canfari».
Fu un mattino degli anni Sessanta che andai a intervistare quel lungagnone rancoroso, un terribile vecchio tutto spigoli. L’intervista ebbe luogo nel suo studio. Avvocato Bino Hess. Via Montecuccolo numero 1. Mi bastò salire appena un giro di scale per trovarmi dinanzi la prima Juventus, quella dei calzoni alla zuava, dei figli di papà che respingevano i discorsi troppo seri dei genitori per un futuro fatto anche di viaggi, di scoperta del mondo e dei sani piaceri dello sport. La parola patria ammuffiva già tra vecchie scartoffie, il Novecento portava fremiti originali: «Non arrecavamo disturbo a nessuno, sapevamo vivere e divertirci senza far danno. Non facevamo chiassate per la pubblica via, sapevamo trovare il divertimento nelle cose semplici. C’era la vera democrazia dei sentimenti, non le chiacchiere vuote. Un Mazzonis, della migliore aristocrazia, andava a braccetto con Moschino che portava i telegrammi, era fattorino telegrafico. Andavo al ginnasio. Ero un “gorba”, ragazzo noioso».
Ricordo quel bastone e quella faccia ossuta e rancorosa. Ricordo che mi fece alzare da una sedia: «Sloggi da quella sedia. È mia!» Ero ospite inconsapevole di un vecchio uomo di sport agli ultimi giorni terreni, che sfogava i suoi rimpianti con acre tristezza: «La nostra Juventus. Fu una cosa ginnasiale, ma ebbe significati e valori profondi. Come può capirmi lei che appartiene a una generazione così stordita?».
Per i vecchi, i giovani, come minimo, sono dei superficiali. E Bino Hess era un vecchio acido, con i giorni che gli suonavano blasfemi. La sua Juve era ben un’altra cosa. Essa era poesia: «Non eravamo propriamente giocatori, eravamo sportsmen. Però c’era uno spirito sociale, un piacere di stare insieme. Quella Juventus era fatta di persone civili. Essere juventino voleva dire un favore, un onore. Voleva dire garbo, senso dell’humour, lealtà, e naturalmente cultura. Non si meravigli, perché erano tempi in cui allo sportivo potevano servire anche gli studi. Sentivamo subito il bisogno di avere una sede per riunirci d’inverno e fissare i nostri programmi. Le riunioni cominciavano e non finivano. Si stava insieme nelle ore libere e alla domenica mattina si partiva per Genova o Milano, dove generalmente si giocavano le partite».
Forse, fu quella la mia più bella intervista da quando mi occupo di Juventus. Se mi innamorai della storia, lo debbo anche a quel vecchio rancoroso. Ancora il suo bastone mi ammonisce e la sua aspra voce risuona nella mia fantasia. Assieme a lui conobbi il primo eroico centrattacco della Juventus, Luigi Forlano, del quale Domenico Donna, ala sinistra della stessa squadra Campione d’Italia 1905 (ma Hess ricorderà orgogliosamente che, capitano della seconda squadra bianconera, Campione d’Italia riserve, batterà la prima squadra): «Simpatico al pubblico, l’uomo più lunatico del mondo, che ora fa mirabilie, ora si accontenta di lavorare con la lingua, lanciando rimproveri ai compagni, al tempo, a se stesso. Fortunatamente il pubblico non riesce a sentire il rosario, e si accontenta di ammirare in lui lo slancio, l’abilità pallone che lo rendono scocciante alla difesa avversaria. Simpatico perché non tralascia di lanciare il suo motto arguto, fidente, sul campo, della vittoria».
Certe considerazioni o riflessioni del resocontista ci trovano spiazzati. Ma il ritratto è sbozzato. Forlano è caratterialmente centravanti nato. Indossa con orgoglio la maglia bianconera dei colori giunti da Nottingham e gioca con furore per infilare il ball nella porta del goal-keeper avversario. Forlano, come Moschino, è uomo del popolo. Morì sul Carso, coi gradi e la piuma nera di ufficiale dei bersaglieri.

 

https://ilpalloneracconta.blogspot.com/2009/11/luigi-forlano.html

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