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Socrates

Nicolò Napoli

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Napoli Juventus, i marcatori che pochi ricordano | Sky Sport
 
Cartoncino Juventus - Nicolò Napoli | eBay
 
Toto Schillaci, suporter de lux pentru ieșeni: "Nicolo Napoli mi-a fost  coleg la Juventus. Merg să-mi susțin prietenul din tribune. Sper să câștige"
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Nicolò Napoli, dalle palle inattive di Scoglio al sogno Juventus - Gazzetta  Fan News

 

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Nicolò_Napoli

 

 

Nazione: Italia Italia
Luogo di nascita: Palermo
Data di nascita: 07.02.1962

Ruolo: Difensore
Altezza: 182 cm
Peso: 70 kg

Soprannome: Il Cabrini del Sud

 

 

Alla Juventus dal 1987 al 1991

Esordio: 27.09.1987 - Serie A - Juventus-Pescara 3-1

Ultima partita: 26.05.1991 - Serie A - Genoa-Juventus 2-0

 

94 presenze - 6 reti

 

1 coppa Italia

1 coppa Uefa

 

 

Nicolò Napoli (Palermo, 7 febbraio 1962) è un allenatore di calcio, ex calciatore ed ex giocatore di calcio a 5 italiano, di ruolo difensore, tecnico del FC U Craiova.

 

Nicolò Napoli
Nicolò Napoli.jpg
Napoli con la maglia del Cagliari nel 1991
     
Nazionalità Italia Italia
Altezza 182 cm
Peso 70 kg
Calcio Football pictogram.svg
Ruolo Allenatore (ex difensore)
Squadra FC U Craiova
Termine carriera 1997 - giocatore
Carriera
Giovanili
  non conosciuta Libertas Messina
Squadre di club
1980-1983   Messina 71 (4)
1983   Cavese 2 (0)
1983-1984   Benevento 27 (3)
1984-1987   Messina 104 (16)
1987-1991   Juventus 94 (6)
1991-1996   Cagliari 148 (9)
1996-1997   Reggina 29 (0)
1997-1998   Tempio 3 (0)
Carriera da allenatore
2002   Moncalieri
2003   Vado
2003-2004   FCU Craiova
2005-2007 Rosso e Blu.svg Orbassano
2007-2009   FCU Craiova
2009   Brașov
2009-2010   Astra Ploiești
2011   FCU Craiova
2012-2013   Turnu Severin
2013-2014   FCU Craiova
2014-2016   CSM Studențesc Iași
2018-2019   FCU Craiova
2020   FCU Craiova
2021   FC Politehnica Iași
2022-   FCU Craiova
 
Calcio a 5 Futsal pictogram.svg
Carriera
Squadre di club
1998-1999   Cagliari 4 (1)

 

Carriera

Giocatore

Cresciuto nel vivaio del Palermo, passa poi alla formazione "Allievi" del Tommaso Natale. Viene quindi prelevato dal Messina. Successivamente giocò nella Cavese e poi nel Benevento, prima di tornare al Messina dove rimase per tre stagioni. Nel 1987 venne ingaggiato dalla Juventus. Rimane in bianconero per quattro stagioni raccogliendo 94 presenze ufficiali con 6 gol, dei quali il più importante lo realizzò il 28 gennaio del 1990 allo stadio Comunale di Torino contro l'Inter, sconfitta dalla sua rete. Con la Juventus vinse una Coppa Italia e una Coppa UEFA nella stagione 1989-1990.

 

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Napoli (in primo piano) alla Juventus nel 1989, alle prese con l'azzurro De Napoli.

 

Nel 1991 viene ceduto al Cagliari dove rimane fino al 1996, quando scende in Serie B nelle file della Reggina. L'ultimo suo sprazzo di carriera come calciatore lo vive ancora in Sardegna, dove è stato protagonista tra i più validi nella storia del Cagliari post-scudetto, mettendo a referto tre presenze nel Tempio, nel campionato di Serie C2 1997-1998.

 

Nella stagione 1998-1999 si cimenta con il calcio a 5 giocando nel Cagliari, in Serie A; l'impatto con la disciplina non è tuttavia incoraggiante: il giocatore scende in campo in quattro occasioni, mettendo a segno una rete.

Allenatore

Comincia la sua carriera da allenatore nel 2002 Moncalieri, per poi passare l'anno successivo al Vado. Nella stessa stagione si trasferisce in Romania, chiamato dall'FCU Craiova, dove continua la sua carriera di allenatore, tranne un biennio ad Orbassano tra il 2005 e il 2007. Dal 13 ottobre 2014 allena il CSMS Iasi, divenuto nel 2016 Politehnica Iași con cui interrompe nel giugno 2016.

 

Nell'estate del 2018 viene chiamato dall'FCU Craiova, club fallito nel 2013, ripartito dalla categorie minori e attualmente in Liga III. Dopo una promozione in Liga II Viene esonerato nell'ottobre 2020 L'anno successivo subentra con il Politehnica Iași ma non viene confermato a fine stagione che termina con la retrocessione. Nel dicembre 2021 subentra sulla panchina del FCU Craiova nel frattempo promosso nella massima categoria

Palmarès

Giocatore

Competizioni nazionali

Competizioni internazionali

 

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Riserva di lusso, Nicolò Napoli veste la maglia bianconera a 25 anni, a cavallo fra gli anni ‘80 e ‘90, riuscendo a ritagliarsi un piccolo posto da protagonista e facendosi apprezzare dai suoi allenatori, da Marchesi a Zoff, per arrivare a Maifredi. Dal 1987 al 1991, riesce a totalizzare 93 presenze e 6 gol, conditi con la conquista della Coppa Uefa e della Coppa Italia.
 
ADALBERTO SCEMMA, DA “HURRÀ JUVENTUS DEL GIUGNO 1989
Neanche a inventarle apposta: Napoli pareggia a Napoli il gol di De Napoli. Un gioco di parole che asseconda qualche sconosciuta bizzarria del destino. Ma quando si scopre che di Napoli (il «di» è minuscolo, please) e anche la moglie di Napoli (il Nicolò è sottinteso, arriplease) allora il pasticcio si complica. E il minimo che si possa pensare è che anche lui, Napoli, sia di Napoli. E invece no. Napoli è di Palermo. Una Palermo che all’inizio degli anni Settanta viveva in altalena tra la A e la B la propria avventura calcistica e che aveva Corrado Viciani, allenatore sessuofobo, un fustigatore feroce di costumi e un assertore frenetico della necessità dei ritiri.
A quell’epoca Nicolò Napoli conta Nicolo, aveva una decina d’anni (è del ‘62, nato il 7 febbraio) e vestiva il rosanero nella squadra dei giovanissimi sotto la guida di Tedeschini. I suoi idoli erano Girardi, Arcoleo, Favalli e soprattutto Franco Landri, detto il «Vescovo» per quel suo modo sempre molto curiale di gestire i rapporti tra giocatori e società e tra amici Vicini e Viciani. Landri giocava libero proprio come Napoli, ma l’identità del ruolo non rappresentava evidentemente una garanzia di continuità perlomeno in rosanero.
«A fine campionato», racconta Nicolò, «l’intera squadra, con l’allenatore in testa, si trasferì a Tommaso Natale, che non è un nome di persona, ma un Comune della cornice palermitana. Un ambiente sereno. Giocai per quattro stagioni a livello giovanile vincendo anche un titolo italiano “Libertas”, poi debuttai a 15 anni in prima squadra, campionato dilettanti di prima categoria. Mi sentivo un re anche perché il calcio, a quell’età, è soprattutto un divertimento e alla carriera non ci si pensa ancora».
– E invece...
«E invece, quando avevo già 17 anni, ecco che un giorno arriva da Messina un certo signor Bucalo, uno di quei talent-scout abituati a passare con il setaccio i campetti della provincia. Mi vede, parla con i miei genitori, mi fa firmare per il Messina, Serie C2 ma società solida, di grandi tradizioni. Sono a un bivio: o il calcio o gli studi. Non è una decisione facile, ma io sono convinto che nella vita a vincere sia soprattutto l’istinto, quel radar capace di pilotarti in ogni momento. Ed è così che ho scelto il calcio».
– E i suoi genitori che cosa avevano scelto?
«Qualche mugugno c’è stato all’inizio, ma neppure troppo insistito. Mio padre è impiegato alla Regione Sicilia, mia madre invece è casalinga. Un figlio con un diploma era probabilmente il minimo che potessero aspettarsi, però devo dire che hanno rispettato, senza interferire, la mia decisione: l’importante, mi dicono anche adesso, è che ogni scelta sia condotta sino in fondo. Soltanto così non potranno mai esserci rimpianti».
– Lei ne ha?
«Assurdo. Ciò che faccio mi piace. E poi non bisogna confondere i rimpianti con le delusioni».
– In che senso?
«Forse mi sono concesso qualche sogno di troppo. Quando sono arrivato alla Juve ho cominciato a fantasticare. Mi sono accorto invece che ogni traguardo rappresenta una dura conquista, che non c’è nulla di facile. Sognavo cose, insomma, che non erano certo a portata di mano e che soltanto adesso, ma lo dico piano, cominciano ad assumere contorni un po’ più precisi».
– Lei ha 27 anni compiuti, non è certo un ragazzino. E quasi stagione di bilanci.
«Sei campionati nel Messina, tre in C2, due in Cl e uno in B; in mezzo una breve parentesi alla Cavese, in Serie B, e il trasferimento autunnale a Benevento: un buon rendimento, credo, se è vero che il Messina mi ha richiamato per farmi giocare da titolare. In tre campionati ho segnato sedici gol, una bella media per un difensore».
– Un’abitudine proseguita anche nella Juventus.
«I miei gol hanno stupito tutti, meno che il sottoscritto. Del resto credo di essere un difensore piuttosto duttile, portato naturalmente alla costruzione del gioco. Il calcio moderno non concede più spazio ai “francobollatori” che andavano di moda una volta. Ma queste sono cose che ho memorizzato da parecchio tempo».
– Dal Messina alla Juve in età già matura. Chissà quanti scogli sulla sua strada...
«Di scogli, invece, ne ho avuto soltanto uno a Messina, e con la esse maiuscola. Il “professore” è stato fondamentale per la mia formazione: mi ha insegnato come stare in campo, mi ha costretto a dare sempre il meglio di me, a non perdere mai la concentrazione. Tutte cose che mi sono ritrovato in dote più avanti, quando è arrivato il momento, forse un po’ a sorpresa, della Juventus».
– Sorpresa fino a un certo punto. In Serie B lei era stato tra i migliori.
«Diciamo allora che il mio impatto con la Juve è stato un po’ particolare, perlomeno a livello di sensazioni. Da un lato la certezza di essere arrivato al massimo: organizzazione eccezionale, ambiente splendido. Nessuna società può competere con la Juve sotto questo profilo. Dall’altra la delusione dei risultati che non arrivavano. Proprio il fatto di essere arrivato a Torino in età matura mi aveva costretto ad aprire la porta alle illusioni».
– E invece?
«E invece ecco una lunghissima trafila, un po’ come rifare la gavetta. Tutto giusto, per carità, ma qualche speranza me l’ero proprio tenuta in serbo».
– Eppure il debutto in Serie A e arrivato quasi subito: Juventus-Pescara, 27 settembre 1987, un bel 3 a 1 con la sigla di Rush.
«Un Rush vero, quella partita me la ricordo bene. Ma i problemi sono arrivati più tardi. Problemi fisici, non certo di ambientamento. I miei muscoli erano sempre pieni di tossine, sembravano di seta. Sono andato avanti in altalena, insomma, fino a quando i medici non hanno diagnosticato la causa: una banale tonsillite, roba da bambini. Così alla vigilia di Natale mi sono fatto operare e i risultati, anche agonistici, sono cominciati a fioccare. Sto vivendo un momento di grazia però lo dico pianissimo. Guai a turbare l’equilibrio».
– Un equilibrio che alla Juve è da sempre una regola.
«È per questo che la Juve è diversa da tutte le altre società. C’è un grande rispetto per l’individuo, un rispetto che prescinde dalle valutazioni calcistiche. E poi la vecchia “scuola” funziona sempre...».
– In che senso?
«Nel senso che c’è sempre chi è prodigo di consigli, chi è disposto a darti una mano. La professionalità non è un optional. Prendiamo Scirea, per esempio. Lo scorso anno giocava e non giocava, si apprestava a chiudere la carriera, ma ha compiuto questo passo con una grandissima dignità, allenandosi sempre con l’entusiasmo e la dedizione di un ragazzo. Il gol che si è permesso di segnare, al momento di chiudere con il calcio attivo, credo abbia commosso un po’ tutti. Scirea mi è stato particolarmente vicino, mi ha aiutato, mi ha spronato. Io sono juventino dalla nascita, a Palermo c’è la tradizione dei Vycpalek, dei Furino, Benetti, Causio. Figuratevi che cosa può avere rappresentato per uno come me l’amicizia di Scirea».
– Gaetano Scirea, dunque. E poi?
«E poi Rui Barros, un mostro di simpatia. È il mio compagno di camera. Ci intendiamo a meraviglia, è un bravissimo ragazzo. Ma il fatto è che in questa Juve sono bravi un po’ tutti. Mi spiacerebbe andarmene...».
– Le sue carte lei le sta giocando tutte. E piuttosto bene.
«Da un lato mi conforta constatare che di fenomeni in giro, nel ruolo che occupo adesso, non ce ne sono molti. Dall’altro i miei 27 anni potrebbero rappresentare un handicap, anche se ci sono esempi precedenti proprio qui alla Juve. Prendiamo Favero: perché non dovrei ispirarmi a lui?».
– I vecchi juventini dicono invece che lei ricorda moltissimo Bobo Corradi...
«Non ho alcuna possibilità di verifica, ma prendo per buono il complimento. Corradi ha giocato in Nazionale, e stato un “grande”. Però mi accontenterei anche di molto meno, mi accontenterei di dimostrare che Napoli, nel calcio, occupa un posto non precario. È una specie di impegno che ho preso con mio figlio Giambattista».
– Uno che già la giudica?
«È impossibile: ha solo cinque anni. No, il mio è un impegno morale, nei suoi confronti e in quelli di mia moglie Michela. Per il resto mi accontento di poco. Qualche gita in barca e la pesca alla trota. Anche se preferisco il mare di Messina...».
 
VLADIMIRO CAMINITI, “HURRÀ JUVENTUS DEL GIUGNO 1989
L’eco delle sue prodezze messinesi non era bastato a farlo apprezzare da Marchesi, non soltanto perché il ragazzo era chiuso dal forte Favero, quanto e soprattutto perché una nuvola di ricordi e di nostalgie stava in quei giorni sulla difesa. E certamente l’imbattibile difesa juventina di tutti i primati, andava a essere riveduta e corretta.
Però Nicolò Napoli avrebbe meritato di essere scoperto prima, lui, allievo di quel tecnico scorbutico e geniale che ha il destino nel nome, cioè Scoglio, il quale lo aveva valorizzato nel Messina, e che aveva ripagato a suon di gol, sei nel campionato 1986-87, in 36 partite.
Cosa aggiungere se non una scheda tecnica che faccia capire il repertorio di questo difensore eclettico? Sa marcare ma soprattutto sa salpare; Zoff lo ha rilanciato in occasione della trasferta di campionato a Fuorigrotta, e lui lo ricompensa con un gol di bellissima fattura, di testa, da quel momento proponendosi come titolare.
«Sente» il gol, è la sua caratteristica primaria come difensore, un difensore che «sente» il gol è merce rara. Mi ha colpito anche per la sua corsa snella, la sua attitudine all’anticipo senza sprecare, anzi ignorando i colpi proibiti. Un giocatore lindo, di grossa semplicità psicologica, un professionista adamantino, se è vero che ha subito ogni parte della malasorte, senza mai lamentarsi. Soltanto di recente ha cercato di farsi sentire: almeno provatemi, per vedere se valgo ancora qualcosa. Infatti, a non giocare ci si inaridisce, soprattutto psicologicamente.
Ecco Nicolò Napoli, dunque, alla conquista della squadra più bella, lui che è palermitano purosangue, di una città calcisticamente negata al vivaio e dove ogni fiore spesso è appassito per colpevole negligenza dell’ambiente. Napoli sta dimostrando, in questo finale di stagione – una stagione, la prima zoffiana, secondo me positiva – il suo talento di calciatore. Calciatore di difesa, ma concepito strutturalmente per la costruzione del gioco; giocatore di difesa con uno squisito senso tattico, che può disimpegnarsi con buoni risultati anche impiegato da half.
Lo definirei l’erede spaccato di Antonello Cuccureddu, con un destro meno possente, quello del sardo era proverbiale, ma non meno eclettico nella disponibilità a più ruoli.
Il futuro dirà ancora molte cose su questo giovane troppo trascurato nell’epoca di Marchesi tecnico, quasi snobbato, prima di accorgersi di avere in casa un puledro che sa azzeccare le traiettorie volanti e che dispone di ottimi fondamentali tecnici.
 

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