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Socrates

Roberto Galia

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Juventus, Roberto Galia sbalordito da Danilo e McKennie
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Juve a 3 stelle – Roberto Galia – Enterprise
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1123573793_juve1982.png.6858e4da9cda948e976569b1e6e07910.png   ROBERTO GALIA 158294740_juve1989.png.42800fa7d31171c343725403ab83d426.png

 

Personaggi Trapanesi - Roberto Galia

 

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Roberto_Galia

 

 

Nazione: Italia Italia
Luogo di nascita: Trapani
Data di nascita: 16.03.1963

Ruolo: Difensore/Centrocampista
Altezza: 177 cm
Peso: 70 kg

Nazionale Italiano
Soprannome: Il Postino di Trapani - Il Cavallino Siculo

 

 

Alla Juventus dal 1988 al 1994

Esordio: 24.08.1988 - Coppa Italia - Juventus-Vicenza 5-1

Ultima partita: 10.04.1994 - Serie A - Napoli-Juventus 0-0

 

225 presenze - 11 reti

 

1 coppa Italia

2 coppe Uefa

 

 

Roberto Galia (Trapani, 16 marzo 1963) è un allenatore di calcio ed ex calciatore italiano, di ruolo difensore o centrocampista.

 

 

Roberto Galia
Roberto Galia - UC Sampdoria 1985-86.jpg
Galia alla Sampdoria nel 1985
     
Nazionalità Italia Italia
Altezza 177 cm
Peso 70 kg
Calcio Football pictogram.svg
Ruolo Allenatore (ex difensore, centrocampista)
Termine carriera 1997 - giocatore
Carriera
Giovanili
1980   Como
Squadre di club
1980-1983   Como 56 (6)
1983-1986   Sampdoria 71 (2)
1986-1988   Verona 57 (7)
1988-1994   Juventus 225 (11)
1994-1995   Ascoli 6 (0)
1995-1997   Como 81 (1)
Nazionale
1982-1984 Italia Italia U-21 12 (0)
1986-1988 Italia Italia olimpica 12 (1)
1992 Italia Italia 3 (0)
Carriera da allenatore
2001-2004   Como Vice
2004   Como  
2004-2006   Chiasso  
2007   Pro Vercelli  
2007-2008   Turate  
2010 600px HEX-1372AC White.svg Atletico Erba  
2015-2016   Como Primavera
2016-2017   Como Berretti
Palmarès
 
Transparent.png Europei di calcio Under-21
Bronzo 1984

 

Caratteristiche tecniche

Giocatore

Ha iniziato a giocare come terzino, impiegabile su entrambe le fasce del campo, passando in seguito al ruolo più avanzato di mediano.

Di piede destro naturale e abile nelle incursioni in attacco, era apprezzato per il suo impegno costante e per le sue notevoli doti fisiche e atletiche.

Carriera

Giocatore

Club

Cresciuto nel settore giovanile del Como, esordisce in Serie A il 10 maggio 1981, a 18 anni, nella sfida casalinga contro il Napoli (0-1); il 24 maggio dello stesso anno, proprio all'ultima giornata di campionato, un suo gol al Bologna determina il 2-1 finale che regala la salvezza ai lariani. Di contro, l'anno successivo le sue 21 presenze non riescono a salvare i biancoblù dalla retrocessione. Nella stagione 1982-1983 fa parte di un Como imbottito di talentuosi giovani cresciuti nel vivaio, capace di sfiorare la promozione (rimane agli annali una vittoria sul Milan poi vincitore del campionato), che però sfugge agli spareggi contro Catania e Cremonese.

 

220px-Roberto_Galia_-_Juventus_FC_1990-9
 
Galia in azione alla Juventus nella stagione 1990-1991

 

Passato alla Sampdoria nell'estate seguente, Galia è schierato titolare per tre stagioni consecutive, in cui dà prova della sua versatilità giocando sia da terzino, su entrambe le fasce, sia da mediano: con i blucerchiati partecipa alla vittoria della Coppa Italia 1984-1985, il primo trofeo nella storia del club. Nel 1986 è ingaggiato dal Verona allenato da Osvaldo Bagnoli, il quale posiziona Galia davanti alla difesa in pianta stabile.

Nell'estate 1988 passa alla Juventus, con cui gioca per le successive sei stagioni, riscuotendo la fiducia di tutti gli allenatori che si alternano sulla panchina bianconera: dapprima Dino Zoff, poi Luigi Maifredi e infine Giovanni Trapattoni. A Torino conquista un'altra Coppa Italia nel 1990, siglando peraltro il decisivo 1-0 nella finale di ritorno contro il Milan, e due Coppe UEFA: la prima sempre nel 1990, contro la Fiorentina, in cui segna un'altra rete nella finale di andata, e la seconda nel 1993, contro il Borussia Dortmund.

Ancora trentunenne, nell'estate 1994 passa all'Ascoli, con cui però rimane solo fino a novembre dello stesso anno, e poi chiude la carriera con un triennio nel club che l'aveva lanciato, il Como, con cui retrocede dalla Serie B alla Serie C1 nella prima stagione.

Annovera oltre 300 presenze e 15 gol in A, 65 presenze e 6 gol in B e 54 gare in C1.

Nazionale

220px-Italia_Under-21_-_Europeo_1984.jpg
 
Galia (accosciato, primo da destra) in nazionale per la fase finale del campionato europeo Under-21 1984

 

Ha giocato 12 gare con la nazionale Under-21, con cui ha fatto il suo esordio il 6 ottobre 1982 nell'1-1 contro l'Austria), nonché 12 gare con la nazionale olimpica nel biennio 1986-1988: qui allenato da Dino Zoff nelle fasi di qualificazione e poi da Francesco Rocca al torneo olimpico di Seul 1988), ha segnato anche il gol della vittoria in Italia-Portogallo (1-0) durante le fasi di qualificazione.

Quanto alla nazionale maggiore, Galia ha avuto modo di vestire la maglia azzurra solo nell'estate 1992, in occasione della U.S. Cup: qui il commissario tecnico Arrigo Sacchi lo schiera, peraltro fuori posizione, in tre occasioni, nello 0-0 col Portogallo del 31 maggio, in cui subentra a Luca Fusi, nel 2-0 all'Irlanda del 4 giugno, in cui scende in campo per la prima volta da titolare, e nell'1-1 contro i padroni di casa degli Stati Uniti del 6 giugno, dov'è sostituito da Fusi.

Allenatore

Ha iniziato la carriera in panchina come vice di Loris Dominissini al Como nel campionato di Serie B 2001-2002. Conquistata la massima serie, torna in cadetteria dopo la retrocessione della stagione 2002-2003 e addirittura dirige la squadra nelle ultime otto partite del campionato 2003-2004, quando la squadra ritorna in Serie C1. Nel 2004 viene contattato dal Chiasso, nella seconda divisione svizzera. Da fine febbraio a giugno 2007 ha allenato la Pro Vercelli, in Serie C2, sfiorando i play-out. Il 6 dicembre dello stesso anno comincia la sua avventura sulla panchina del Turate, squadra di Serie D, al posto del dimissionario Domenico Zilio.

È stato responsabile tecnico della Juventus Soccer School di Cogliate.

Nel maggio 2012 torna al Como per occuparsi del rilancio del settore giovanile biancoblù. Nel luglio 2015 assume l'incarico di allenatore della formazione Primavera del Como, in coppia con Andrea Ardito.

 

Palmarès

Giocatore

Club

Competizioni nazionali
Competizioni internazionali

 

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Dire cose importanti in perfetto silenzio è un privilegio degli uomini veri – afferma Maurizio Crosetti su “Hurrà Juventus” del maggio 1992 –. Dirle senza urlare, in un calcio ricco di eccessi, è impresa titanica. Eppure, Roberto Galia percorre questo strano mondo da tanti anni ed è riuscito a non cambiare, a non fare deroghe. Il bello è che, la sua, non è l’umiltà un po’ appiccicosa e retorica dei vinti, ma una serenità che deriva dalla piena coscienza dei propri mezzi e dei propri limiti; una «scheda» personale che il centrocampista bianconero tiene a mente e usa come cartina di tornasole della realtà: «Mi conosco, so di non essere un fuoriclasse ma un giocatore prezioso forse sì. Ho cambiato diverse maglie, sono sempre andato d’accordo con i miei allenatori e sempre ho avuto la precisa sensazione di essere utile. Non è poco».
No, non lo è. Troppo comodo incantare le platee in virtù delle doti naturali, della classe indiscutibile. Se nasci Platini o Baggio, la vita puoi complicartela solo tu. Ma se nasci Galia, tutto è più difficile dall’inizio: «Me ne accorsi appena arrivato alla Juventus. Quando toccavo il pallone, dalle tribune si alzava una specie di mormorio che pian piano diventava contestazione aperta. Quella sfera mi bruciava tra i piedi; avevo paura di sbagliare, non ci capivo più nulla».
Altri si sarebbero smarriti. Avrebbero deciso che la Juventus non faceva per loro. Roberto ha continuato la scalata con lo spirito del gregario: «Devo ringraziare Zoff e Maifredi, cioè i tecnici che mi hanno dato coraggio a dispetto del giudizio generale. E aver convinto gli scettici è stata la mia vittoria più importante».
Galia è un mix di saggezza popolare e tenacia. Nato a Trapani ma cresciuto a Como, sintetizza il meglio di due anime. Altra impresa notevole, in tempi di leghe e beghe, nord-sud: «Sono legato alla Lombardia, però non posso dimenticare la mia terra. Le esperienze di vita e sportive mi hanno insegnato che in ogni luogo ci sono persone ricche di contenuti e degne di essere conosciute. Il razzismo è davvero un atteggiamento assurdo».
Esistono giocatori che ogni allenatore vorrebbe. Ecco, Galia ne è il prototipo: Perché sa soffrire, capisce la partita, è tatticamente sagace, difende e attacca. E ha due piedi più che dignitosi. Non a caso ha segnato, da centrocampista-difensore, quindici gol in Serie A. L’ultimo «importante», contro l’Inter, addirittura da antologia: scatto «alla Schillaci», pallonetto «alla Baggio» e palla in rete. Boato della folla, quella stessa che non poteva vederlo: «Segnare è sempre importante, tifa sentire bene: ed io sono abbastanza abituato a segnare».
E difatti la Juventus ha vinto la Coppa Italia del ‘90 proprio grazie a una prodezza di Galia, a San Siro contro il Milan. Oltre 250 partite in serie A, più di cento con la maglia bianconera. Eppure di copertine ne sono arrivate poche, di titoloni ancora meno. E ogni estate, il mediano gregario sente pronunciare il proprio nome tra quelli che potrebbero cambiare squadra. Salvo non cambiarla mai: «Sono abituato anche a questo e non ci bado, i giornalisti fanno il loro mestiere ed io credo che esista molta verità in quello che scrivono: ogni anno rischio di andar via, perché ci sono squadre e allenatori che mi vogliono».
Parole pronunciate senza un filo di presunzione o arroganza. Ma è un dato di fatto che quelli come Galia, contino più delle presunte stelle. Forza del cosiddetto «rendimento». O, per dirla con uno slogan pubblicitario, della «qualità costante nel tempo». «Il mio gioco» spiega Galia «ha pochissimi lampi e, quando mi riesce qualche numero a effetto, la gente si stupisce. È successo in occasione del gol all’Inter: nessun problema. Però io credo di offrire un contributo sicuro. I miei campionati non sono quasi mai condizionati da alti e bassi».
«È un giocatore ideale» spiega Trapattoni «perché con lui si va sul sicuro. Lavora con grande applicazione e altissimo senso professionale, non si fa mai trovare impreparato, è un titolare a tutti gli effetti anche quando non gioca. Ho sempre detto che per conquistare gli scudetti serve gente così. Un allenatore ha bisogno di certezze, deve poter ottenere un rendimento medio garantito: il principale segreto del successo è la costanza. Certo, poi devono scattare altri meccanismi, servono i colpi risolutivi, ma senza la base ogni discorso è inutile. Pensando alla squadra come a una casa, direi che Galia è un pezzo delle fondamenta».
Anche i compagni apprezzano questo siciliano di poche parole. «Come carattere siamo diversi» dice Tacconi «ma lo stimo molto. È un ragazzo intelligente, un gran lavoratore. E ha carattere. Roberto è sempre stato al proprio posto: una dote rara».
Esiste poi un’ultima qualità, forse la principale. L’educazione, la maturità di chi non ha mai fatto polemiche se relegato in panchina. La serenità di chi accetta di ricominciare daccapo ogni stagione, alla conquista di una maglia che, alla fine, arriva sempre, ma che non è affatto scontata. Anzi, è probabile che arrivi proprio perché rincorsa, sudata, voluta. Questi sono i silenziosi discorsi di Roberto Galia.
 
CAMILLO FORTE, DA “HURRÀ JUVENTUS” DELL’OTTOBRE 1992
È finito il periodo in cui Roberto Galia veniva definito il «tappabuchi» della Juventus: erano altri tempi, grami per lui, difficilissimi da superare. Eppure ce l’ha fatta. Ora i tifosi lo adorano, Trap lo stima e i compagni lo rispettano... Ed è arrivata anche la chiamata in Nazionale. Da tappabuchi e gregario a Principe Azzurro: un bel salto, una soddisfazione unica.
Galia nel club Italia in America. E, guarda la fatalità, negli Usa, si svolgeranno i prossimi Mondiali: non è il caso di correre con la fantasia, ma questo non è un pericolo. Roberto Galia ha sempre tenuto i piedi ben saldi per terra anche nei momenti più difficili, quando avrebbe avuto voglia (e forse il diritto) di prendere a pedate nel sedere qualcuno.
Acqua passata, certo. Però i ricordi restano e da questi il mediano ha sempre trovato la forza di reagire: «Guai se non avessi fatto così: a quest’ora non sarei più nella Juve. Invece ho lottato con tutte le mie forze per mantenere questa maglia che con il passare degli anni sento sempre più mia. Mi appresto a disputare la quinta stagione juventina ed evidentemente qualcosa di buono sono riuscito a farlo. Mai nessuno mi ha regalato niente e forse è stato meglio così».
Un tuffo nel film bianconero della sua vita è doveroso. Immagini già viste e riviste mille volte, le difficoltà incontrate, la valigia sempre pronta, poi puntuali le riconferme e il duplice trionfo in Europa (Coppa Uefa) e in Italia (Coppa Italia): «Vorrei fermarmi su questo punto. Evidentemente qualcuno si è già dimenticato di questi nostri due successi. E visto che nel calcio non si vive di soli ricordi, siamo pronti per vincere lo scudetto. A disposizione di questi fuoriclasse che sono arrivati, tutti di prim’ordine, metterò la mia esperienza juventina. Devono subito capire che cosa significa indossare la nostra maglia. Se lo apprenderanno subito, potranno togliersi parecchie soddisfazioni».
La concorrenza è agguerrita: mai come nel campionato 1992-93 ci saranno parecchie formazioni in grado di puntare al titolo, con il solito Milan sempre più competitivo, consapevole di avere una rosa imbottita di campioni: «Lo sappiamo benissimo...».
Non è una novità, certo. Dati di fatto, però, impongono doverose riflessioni. Bisogna capire, ad esempio, che cosa ha avuto il Milan della passata stagione in più rispetto alla Juve. Solo così si possono sferrare gli attacchi decisivi, vincere la... guerra e non soltanto le battaglie. Galia affronta il contraddittorio senza problemi. Del resto è abituato ad accettare le regole del gioco, anche se a volte possono far male. Non siamo di fronte a un processo, ci mancherebbe: «Iniziamo dicendo che del Milan non abbiamo mai avuto paura, semmai rispetto. Negli scontri diretti non siamo mai usciti con le ossa rotte e il più delle volte li abbiamo messi in seria difficoltà. Ma alla distanza sono stati più forti, niente da dire. A noi è mancato il colpo risolutivo, soprattutto in trasferta: certe partite bisognava vincerle per mettere paura al Diavolo».
Ora c’è la nuova Juve, rinforzata, bella a vedersi e ambiziosa: «I nuovi acquisti mi piacciono. Vialli segna con facilità anche in partitella, figuriamoci in campionato. Lui e Baggio, poi, s’intendono a meraviglia, una bella coppia. Ma attenzione ai vari Platt, Möller, Ravanelli, Rampulla e Dino Baggio. Siamo “coperti” in tutti i ruoli, adesso dipende esclusivamente da noi. Bisogna partire subito spediti, dimostrare che siamo una squadra che non teme nessuno. Poche storie: è all’inizio che si vincono gli scudetti».
Ha visto campioni che se ne sono andati, altri che arrivano... «E questa è la Juve, solo in un grande club come il nostro può esserci un via vai del genere. Ma adesso è diverso: con Boniperti e il Trap ci sentiamo tranquilli, quasi protetti. Loro sanno darci una carica incredibile ed è venuto il momento di ripagarli con le soddisfazioni che meritano».
Per loro, certo. Pure per i tifosi. Ma soprattutto anche per se stesso: «Il mio grande desiderio è quello di chiudere la carriera qui alla Juve e festeggiare tanti trionfi: magari da accarezzare quando avrò i capelli bianchi».
È lo spirito che piace tanto a Boniperti e non per niente Galia è da cinque stagioni a Torino, proprio per questo non è mai stato ceduto.
Il tempo per trasformare il suo sogno in realtà non gli manca. E conoscendo il suo carattere siamo sicuri che alla fine vincerà lui, così come ha fatto altre volte. La lotta, quella dura, non lo spaventa, nonostante il suo fisico asciutto e longilineo non sia quello di un corazziere: intanto non è più un «tappabuchi» (e forse non lo è mai stato...). Se Sacchi ha ancora bisogno di un giocatore con gli attributi giusti, sa dove trovarlo. Alla Juve, naturalmente. Da cinque anni lui è qui e, salutandoci, lo sottolinea ancora una volta. Basta con le parole: Galia non è tipo che ama parlare, preferisce i fatti ed è arrivato il momento di ruggire. L’attacco al Milan è cominciato.
 
I numeri di Roberto: 225 presenze e 11 reti, 1 Coppa Italia e 2 Coppa Uefa. E, non ultimo, il rispetto e l’apprezzamento dei tifosi bianconeri.
 

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