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Socrates

Romolo Bizzotto - Calciatore E Allenatore

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La Juventus ricorda Romolo Bizzotto - Juventus
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https://it.wikipedia.org/wiki/Romolo_Bizzotto

 

 

Nazione: Italia Italia
Luogo di nascita: Cerea (Verona)
Data di nascita: 16.02.1925

Luogo di morte: Torino

Data di morte: 27.03.2017
Ruolo: Centrocampista - Allenatore
Altezza: 177 cm
Peso: 76 kg

Soprannome: Momo

 

 

Alla Juventus dal 1949 al 1952

Esordio: 18.12.1949 - Serie A - Novara-Juventus 2-3

Ultima partita: 22.06.1952 - Serie A - Padova-Juventus 1-2

 

46 presenze - 2 reti

 

2 scudetti

 

Vice-Allenatore della Juventus dal 1972 al 1988

 

Allenatore Juventus Primavera 1971-1972

 

1 Campionato Primavera

 

 

Romolo Bizzotto (Cerea, 16 febbraio 1925  Torino, 27 marzo 2017) è stato un calciatore e allenatore di calcio italiano, di ruolo centromediano metodista.

 

 

Romolo Bizzotto
1950–51 Juventus Football Club - Romolo Bizzotto.jpg
Bizzotto alla Juventus nella stagione 1950-1951
     
Nazionalità Italia Italia
Altezza 177 cm
Peso 76 kg
Calcio Football pictogram.svg
Ruolo Allenatore (ex centromediano)
Termine carriera 1959 - calciatore
1988 - allenatore
Carriera
Giovanili
19??-19??   Audace SME
Squadre di club
1942-1943   Audace SME 5 (0)
1945-1949   Verona 125 (14)
1949-1952   Juventus 46 (2)
1952-1953    SPAL 10 (0)
1953-1954   Palermo 22 (1)
1954-1955   Carrarese P. Binelli 25 (0)
1955-1957   Lucchese 32 (3)
1957-1959   Rovereto ? (?)
Carriera da allenatore
1958-1959   Rovereto  
1959-1960   Verona Giovanili
1960-1961   Verona  
1961-1962   Verona Giovanili
1962-1965   Rimini  
1965-1970   Reggiana  
1970-1971   Reggina  
1971-1972   Juventus Primavera
1972-1988   Juventus Vice

 

Carriera

Giocatore

Club

Iniziò a giocare sedicenne durante il secondo conflitto mondiale, con alcune apparizioni nell'Audace SME, squadra del quartiere veronese di San Michele Extra. Nell'immediato dopoguerra passò al Verona, in Serie B, dove rimase per quattro stagioni prima di essere prelevato nel 1949 dalla Juventus: «essendo, però, quella squadra formata da tantissimi campioni, furono poche le volte che scesi in campo ma, per me, era già un grandissimo vanto vestire la maglia bianconera». A Torino fu infatti principalmente riserva dei più quotati Mari e Piccinini, fregiandosi comunque dello scudetto nei campionati 1949-1950 e 1951-1952; solo nella stagione 1950-1951, l'unica delle tre in bianconero in cui non vinse il titolo, riuscì a imporsi fra i titolari.

A metà degli anni 1950 si accasò quindi dapprima alla SPAL, in prestito, e poi al Palermo, sempre nella massima categoria.

Dopo un triennio trascorso fra Serie C e IV Serie con le maglie di Carrarese e Lucchese lasciò l'attività agonistica nel 1959, all'età di soli trentadue anni, al termine di due campionati nell'Interregionale con il Rovereto: «un giorno si giocava la partita fra il suddetto Rovereto e l'Audace di San Michele Extra, capitanata da Mariolino Corso. Ebbene, proprio Mariolino mi superò con una facilità impressionante, facendomi passare la palla sopra la testa, con il sottoscritto fermo come una statua. Quello sgarbo mi fece intendere che, anche se calcisticamente non ero proprio da buttare [...] era giunto il momento di smettere. [...] Davanti ad una prospettiva piuttosto squallida, cioè quella di girare tutta l'Italia magari in squadrette di provincia a fare figure poco più di mediocri, decisi di appendere le fatidiche scarpe al chiodo».

In carriera ha totalizzato complessivamente 78 presenze e 3 reti in Serie A, e 104 presenze e 8 reti in Serie B.

Nazionale

Nel 1948 venne selezionato dal commissario tecnico Vittorio Pozzo per la spedizione italiana ai Giochi Olimpici di Londra, senza mai esordire in maglia azzurra: «purtroppo, non scesi in campo, perché fummo eliminati alla seconda partita, dalla fortissima Danimarca, quella dei due Hansen [John e Karl Aage, n.d.r.], dei Præst, Pilmark, Jensen, tanto per gradire».

Allenatore

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Bizzotto (secondo da destra), allenatore della formazione Primavera juventina, dopo la vittoria dello scudetto di categoria 1971-1972 s'intrattiene con (da destra) Alessandrelli e il dirigente Allodi; accanto a loro, Maggiora e il capitano della prima squadra Salvadore.

 

Una volta appesi gli scarpini al chiodo a Rovereto, qui iniziò la carriera di allenatore guidando la squadra nell'Interregionale del 1958-1959. Passò poi al vivaio di un altro suo ex club, il Verona, compreso un breve salto in prima squadra, in Serie B.

Seguì un triennio in Serie C al Rimini e la lunga militanza in cadetteria, dal 1965 al 1970, con gli emiliani della Reggiana, «cinque anni, con parecchie soddisfazioni» compresa la promozione sfiorata nella stagione 1968-1969. Nel torneo 1970-1971, sempre in B, ci fu invece la «breve e tutto sommato deludente» esperienze in Calabria, alla Reggina, conclusasi con un esonero in gennaio.

Venne quindi chiamato poco dopo dalla Juventus per prendere in mano il settore giovanile del club al posto di Čestmír Vycpálek, nel frattempo promosso in prima squadra dopo la prematura scomparsa di Armando Picchi. Nel 1972 Bizzotto portò i giovani bianconeri alla vittoria del Campionato Primavera, conquistato superando in finale i pari età della Roma; guidò inoltre per un'unica occasione i titolari, in uno Juventus-Cagliari di Serie A del 7 maggio, sostituendo proprio il tecnico cecoslovacco colpito dal lutto della morte del figlio, perito pochi giorni prima nell'incidente aereo del Volo Alitalia 112.

Dall'anno seguente Bizzotto passò in pianta stabile al ruolo di allenatore in seconda dei bianconeri, ricoprendo tale incarico per il succitato Vycpálek, per l'ex compagno di maglia Carlo Parola, quindi a lungo per Giovanni Trapattoni e infine per Rino Marchesi, sino alla parte finale degli anni 1980; gli succederà nel ruolo Gaetano Scirea.

Palmarès

Giocatore

Allenatore

 

 

 

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Gentiluomo di vecchio stampo, non ama parlare di sé e che lega il suo nome a una delle Juventus più forti della storia, quella dei grandi assi danesi John Hansen e Præst e del giovane Boniperti, tra il 1949 e il 1952. Due scudetti vinti, con il contributo complessivo di quarantasei presenze e due reti.
«Ho iniziato la carriera giocando, giovanissimo, nel Verona in Serie B e in quel periodo fui convocato anche per le Olimpiadi di Londra. Purtroppo, non scesi in campo, perché fummo eliminati alla seconda partita, dalla fortissima Danimarca, quella dei due Hansen, dei Præst, Pilmark, Jensen, tanto per gradire. Perdemmo 5-3 nei quarti di finale. Giocavo centromediano metodista e, dopo i Giochi, fui acquistato dalla Juventus. Era una squadra fortissima, forse la più forte di tutti i tempi; in due campionati, superammo le cento reti segnate, eravamo formidabili in attacco. Essendo, però, quella squadra formata da tantissimi campioni, furono poche le volte che scesi in campo ma, per me, era già un grandissimo vanto vestire la maglia bianconera. Poi, passai alla Spal e di lì al Palermo, alla Carrarese, alla Lucchese e, ultimo della serie, il Rovereto. Qui terminò la mia carriera di giocatore. Infatti, un giorno si giocava la partita fra il suddetto Rovereto e l’Audace di San Michele Extra, capitanata da Mariolino Corso. Ebbene, proprio Mariolino mi superò con una facilità impressionante, facendomi passare la palla sopra la testa, con il sottoscritto fermo come una statua. Quello sgarbo mi fece intendere che, anche se calcisticamente non ero proprio da buttare (avevo trentadue anni) era giunto il momento di smettere. Mi resi conto che i riflessi non erano più quelli, la velocità di esecuzione neppure e non bastava certo una buona dose di esperienza per contrastare quelle forze emergenti, quei baldi giovani che quasi ti irridevano. Allora, davanti ad una prospettiva piuttosto squallida, cioè quella di girare tutta l’Italia magari in squadrette di provincia a fare figure poco più di mediocri, decisi di appendere le fatidiche scarpe al chiodo».
Ma il Bizzotto più importante per la causa bianconera è quello che torna a Torino, in veste di tecnico, nel 1971, Prima si dedica con grande passione e competenza al settore giovanile, vincendo subito lo scudetto Primavera nel 1972; poi, come secondo dell’allenatore di turno.
«La mia esperienza di tecnico la iniziai nel 1958, alla guida del Rovereto, in Quarta Serie. Fui poi al settore giovanile del Verona e di lì alla prima squadra il salto fu breve. Dopo una parentesi con il Rimini, la lunga permanenza alla guida della Reggiana: cinque anni, con parecchie soddisfazioni. E infine, Reggio Calabria, un’esperienza breve e tutto sommato deludente, da cui per tante ragioni non ottenni i risultati sperati».
L’intesa con Vycpálek è perfetta. La competenza di Romolo, detto Momo sin dai tempi di calciatore, è fuori discussione; Tra i suoi compiti, sin da allora, uno dei più delicati è quello di visionare le avversarie della Juventus, tanto in campionato che in coppa. È un lavoro impegnativo e scomodo, poiché obbliga Bizzotto a viaggiare continuamente, due o tre volte la settimana nei momenti di punta.
Le relazioni di Bizzotto sono sobrie e concise, in perfetta sintonia con il personaggio. Un anno importante, il 1971-72, anche per altre ragioni; Bizzotto siede in panchina nel giorno del grande lutto di Vycpálek, accorso a Palermo dove una sciagura aerea gli ha strappato il figlio primogenito. I tifosi juventini si accorgono di questo tecnico garbato e signorile, di misurata compostezza, che pilota la squadra nel decisivo successo sul Cagliari, passaggio obbligato per la conquista del quattordicesimo scudetto.
«Una giornata indimenticabile per tutti noi; dall’angoscia alla gioia per il grande risultato ottenuto. Non fu certo merito mio se la Juventus superò il Cagliari; non feci che seguire le istruzioni dell’allenatore e i ragazzi fecero la loro parte con grandissima determinazione. Ma fu comunque una grossa soddisfazione, pari soltanto a quella dello scudetto Primavera».
La situazione non cambia con l’arrivo dì Carlo Parola. Anzi, l’antica amicizia di Bizzotto con l’ex grande centromediano juventino e azzurro, facilita ancor di più il compito di entrambi. Nella nuova Juventus che nasce a Villar Perosa, nell’estate del 1974, Bizzotto, pur dietro le quinte, ha un compito fondamentale. Sul piano umano, il suo rapporto con i giocatori è ottimo. I suoi giovani, i nuovi arrivati come Scirea, trovano con questo tecnico, che prorio con i giovanissimi ha forgiato la propria esperienza di allenatore, un supporto prezioso.
Poi, arriva Trapattoni. Ad attendere il nuovo mister, nel 1976, e a collaborare strettamente con lui, c’è sempre più che mai Bizzotto. È oramai parte della squadra, della società, dell’ambiente.
«Il Trap l’avevo già conosciuto come giocatore e mi era sempre piaciuto il suo modo di stare in campo, la sua grinta ma, nello stesso tempo, la sua lealtà e le sue dichiarazioni sempre pulite, sincere. Un giorno, Boniperti mi disse che aveva assunto Giovanni come allenatore, pregandomi di recarmi con lui a Villar Perosa per mostrargli gli impianti sportivi e, nello stesso tempo, perché facessi una conoscenza più approfondita del personaggio con cui avrei dovuto lavorare. Trapattoni mi espose le sue idee, i suoi programmi, i suoi progetti, facendomi subito un’ottima impressione; abbiamo legato subito e, così, è iniziata una grande collaborazione».
Bizzotto è una presenza tanto discreta quanto insostituibile. Qualcun altro, dopo aver fatto tanta anticamera, chiederebbe più spazio e attenzioni, oppure accetterebbe al volo qualcuna delle tante proposte che gli arrivano, per trasferirsi ad allenare altre squadre. Ma Bizzotto non si lascia neppure sfiorare dal dubbio. La Juventus è la sua casa, la sua seconda famiglia: Momo se la tiene ben stretta e Boniperti si tiene ben stretto lui. Fino alla pensione, che, se chiude la sua lunga vicenda di allenatore, non interrompe di certo il suo amore per la maglia bianconera.
«È stato un vantaggio, per noi ex juventini, trovarsi a lavorare in un ambiente già conosciuto e, dunque, ci siamo ambientati con maggiore facilità. Ma è stato un vantaggio ancor più grande per la Juventus; il nostro sviscerato amore per i colori bianconeri, infatti, ci ha sempre spinto a dare alla Juventus, oltre al meglio di noi stessi, anche quel di più che forse altri, estranei, non sarebbero stati in grado di dare».

ROBERTO BECCANTINI, 28 MARZO 2017
Ai giovani non dirà niente, e allora mi permetto di dire qualcosa io: ci ha lasciato ieri, all’età di novantadue anni, Romolo Bizzotto. Romolo per tutti. Mediano in campo come nella vita, attento cioè a mediare tra difesa e attacco, buona e cattiva sorte, giocò nella Juventus dal 1949 al 1952, la Juventus di John e Karl Hansen, di Giampiero Boniperti e Karl Aage Præst, con la quale portò a casa due scudetti. L’ho conosciuto e frequentato ai tempi in cui Boniperti presidente aveva rimodellato lo staff: Giovanni Trapattoni allenatore, Pietro Giuliano direttore sportivo (o generale o segretario, boh), Francesco La Neve medico sociale con calumet al seguito. Veneto di Cerea, Romolo era il vice del Trap. La classica persona che aiutava i personaggi a restare persone, appunto. Sapeva di calcio, e per questo veniva spedito in missione, a spiare gli avversari. Riempiva quaderni, limava e limitava gli aggettivi, credo che in cuor suo avesse accettato il ruolo perché appagato (e non solo perché pagato).
Erano gli anni Settanta e Ottanta, e la Juventus si allenava al Combi, in faccia al Comunale, sullo sfondo di caseggiati cupi, quasi gotici. Un altro mondo. Gli allenamenti erano pubblici, e il taccuino motivo di sfottò, al massimo, e non ancora di confino. Romolo scaldava i portieri, palleggiava con Zibì Boniek e Michel Platini, rispettato e rispettoso. Con i cronisti, da Vladimiro Caminiti al più acerbo, si fermava, parlava, sorrideva. Lo ricordo a Villar Perosa, durante i ritiri estivi, quando scherzava con mio papà. Gli telefonavo la vigilia di Natale, ogni anno. La voce era sempre quella: pastosa, modesta, saggia. Finché un giorno la moglie non me lo passò più. E così la Spoon River si allunga, si allarga. Romolo il fedele, Romolo la spalla che non faceva ombra ma luce, un felice paradosso che, commosso, gli dedico.

 

https://ilpalloneracconta.blogspot.com/2008/07/romolo-bizzotto.html

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