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Socrates

Luigi Cevenini III

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File:Foot-Ball Club Juventus 1927-28.jpg - Wikimedia Commons
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Luigi Cevenini - Wikipedia

 

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Cevenini

 

 

 

Nazione: Italia Italia
Luogo di nascita: Milano
Data di nascita: 13.03.1895

Luogo di morte: Masano di Villa Guardia (Como)

Data di morte: 23.07.1968
Ruolo: Centrocampista
Altezza: 170 cm
Peso: 65 kg

Nazionale Italiano
Soprannome: Zizí

 

 

Alla Juventus dal 1927 al 1930

Esordio: 25.09.1927 - Campionato Divisione Nazionale - Juventus-Casale 1-2

Ultima partita: 29.06.1930 - Serie A - Inter-Juventus 2-0

 

67 presenze - 21 reti

 

 

Luigi Cevenini (Milano, 13 marzo 1895  Masano di Villa Guardia, 23 luglio 1968) è stato un calciatore e allenatore di calcio italiano, di ruolo interno sinistro.

È noto anche come Cevenini III, in quanto terzo di cinque fratelli (gli altri furono Aldo, Mario, Cesare e Carlo) che costituirono una delle maggiori dinastie calcistiche italiane. Detto Zizì per la lingua arguta e pettegola, fu probabilmente il più famoso e dotato dei cinque fratelli, arrivando anche a giocare 29 partite in nazionale con 11 reti. Fu il primo calciatore della storia del massimo campionato italiano di calcio a vestire le maglie di Milan, Inter e Juventus.

 

Luigi Cevenini
Luigi Cevenini.jpg
     
Nazionalità   Italia
Altezza 170 cm
Peso 65 kg
Calcio Football pictogram.svg
Ruolo Allenatore (ex interno)
Termine carriera 1939
Carriera
Squadre di club
1911-1912   Milan 1 (1)
1912-1915   Inter 55 (63)
1915-1919   Milan 0 (0)
1919-1921   Inter 40 (54)
1921-1922   Novese 19 (6)
1922-1927   Inter 95 (41)
1927-1930   Juventus 67 (21)
1930-1932   Messina 49 (28)
1932-1933   Peloro 17 (4)
1933-1934   Novara 5 (0)
1934-1935   Comense 15 (5)
1935-1936   Varese[3] 8 (1)
1939   Arezzo 4 (0)
Nazionale
1915-1929   Italia 29 (11)
Carriera da allenatore
1930-1933   Messina
1934-1935   Comense
1935-1936   Varese
1939   Arezzo
1942-1943   Civitanovese

 

Carriera

Club

Milan, Inter e Novese

Esordì in Serie A nel Milan il 28 aprile 1912 nella gara contro il Genoa, vinta grazie a un suo gol, ma per gran parte della sua carriera fu legato all'Inter, con cui fra il 1912 e il 1927 disputò complessivamente 190 partite in campionato, segnando 158 reti in 10 stagioni: rimane tuttora il quinto miglior capocannoniere dei nerazzurri.

 

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Cevenini III (in piedi, primo da destra) insieme ai suoi quattro fratelli all'Inter nella stagione 1920-1921

 

La Prima guerra mondiale, che lo vide tornare provvisoriamente in rossonero e giocare 7 gare segnando 6 gol in Coppa Federale 1915-1916, Coppa Regionale Lombarda e Coppa Mauro, gli rubò gli anni in cui un calciatore solitamente si afferma, ma Zizì riuscì comunque a imporsi nel panorama calcistico italiano.

Campione d'Italia nel 1920, lui al primo campionato dopo il conflitto, rimase in nerazzurro fino al 1927, senza più riuscire a ripetere in campionato l'exploit del 1920. In questo lasso di tempo, i fratelli Cevenini stabilirono un record tuttora in essere, alquanto straordinario: il 26 dicembre 1920, infatti, tutti e cinque i fratelli, (Aldo, Mario, Luigi, Cesare e Carlo), vennero schierati nel derby cittadino contro l'U.S. Milanese, terminato 2-1 per l'Inter grazie ai gol di Luigi e Carlo.

Nella sola stagione 1921-1922 giocò nella Novese nel campionato FIGC, mentre l'Inter partecipava a quello della "ribelle" CCI (arrivando ultimo nel proprio girone senza Zizì). La Novese, con l'apporto del grande campione e trovatasi senza le rivali più titolate, arrivò a vincere lo scudetto nell'anno dello scisma. In quell'anno giocò ancora con il fratello maggiore Aldo e con il secondo della dinastia, Mario.

Tornato a Milano, con la maglia dell'Inter segnò 17 reti nei derby, superato poi negli anni solo da Meazza con 20 reti, mentre il fratello Mario, che a lungo giocò al Milan, si fermò a 16. Nessuno fu poi capace di superare questo terzetto.

Juventus e ultimi anni

Approdato alla Juventus nel 1927, vi rimase per tre stagioni.

 

220px-Foot-Ball_Club_Juventus_1928-29.jp
 
Cevenini III (in piedi, primo da destra) alla Juventus nella stagione 1928-1929

 

Passato al Messina nel 1930, ricoprì il ruolo di allenatore-giocatore nel campionato di Prima Divisione, l'allora terza serie. L'anno successivo, nonostante i 37 anni d'età, guidò la squadra alla conquista della Serie B dopo gli spareggi per la promozione.

Nella stagione 1934-1935 allenò la Comense in Serie B, giocando anche 15 partite e segnando 5 reti. Nella fase conclusiva della stagione 1938-1939 guidò l'Arezzo, con cui, a 44 anni di età, giocò anche 4 gare; allenò poi la Civitanovese.

Nazionale

Già prima della Grande Guerra aveva esordito con la maglia azzurra nella partita del 31 gennaio 1915 vinta per 3-1 contro la Svizzera, con un suo gol su rigore per il 2-1 e nella ripresa il terzo gol del fratello maggiore Aldo (che giocava in Nazionale fin dalla sua prima partita nel 1910). Nel 1929 diede l'addio alla Nazionale, di cui ebbe per 7 volte la fascia di capitano.

Giocò anche 2 partite, con una rete, nella Nazionale B nelle prime due partite della sua storia, nel 1927, segnando 3 reti contro le nazionali maggiori di Lussemburgo e di Irlanda.

Come riportato da Antonio Ghirelli nella sua Storia del calcio in Italia, Cevenini fu il primo giocatore nella storia della Nazionale a rendersi protagonista di un episodio singolare: nell'immediato dopoguerra, alla vigilia di un derby, egli scomparve misteriosamente da Milano. Si venne a sapere una quindicina di giorni dopo che s'era recato in Inghilterra per confrontarsi con i professionisti inglesi. Il provino ebbe esito positivo ma, quando una squadra britannica si fece avanti per ingaggiarlo, Cevenini sparì da Londra così come da Milano.

Palmarès

Giocatore

Club

 

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«La Juventus ingaggia Zizì – scrive Caminiti – il terzo di questi fratellastri sempre affamati e sempre affumati (il fumatore più incallito è lui, va anche in campo con la sigaretta infilata dappertutto) per sentirsi più forte, le ambizioni con l’avvento della famiglia Agnelli sono naturalmente cresciute. Zizì arriva con Barisone, Galluzzi e Mario Varglien; si va a tentoni, il falso conte (Mazzonis non ha le velleità di mostrarsi di sangue blu) cerca di affidare a Carlo Carcano alessandrino giocatori validi.
E Zizì Cevenini gode fama di essere un autentico virtuoso, un fenomeno del dribbling e del goal di possesso come non se ne sono mai veduti; e, in effetti, questo trentaquattrenne dal naso grifagno, dal taglio del labbro vizioso, mezzo storto mezzo gobbo, che calza scarpe di cuoio di sua (e dei fratelli) fabbricazione, merita tutta la sua fama.
Per anni nell’Inter ha dribblato intere squadre, segnando e facendo segnare fantastici goal. È il simbolo di come l’italiano medio considera il calciatore di classe, un dribblomane, un solista senza padroni, un cane sciolto a caccia di emozioni speciali, che sgrida alla voce i compagni, che si sente il più bravo da dieci a zero e lo vomita in faccia a tutti. In allenamento, la sua abilità nel calciare da fermo era così assoluta da mettere spesso in crisi il grande Combi.
Alla partita, cominciava a dribblare, con fanatico impegno e guai a non passargli il pallone. Grifagno come il suo naso, e a ogni impresa pedatoria aduso, pur di arrivare al goal da solo, senza dovere chiedere l’aiuto di nessuno. E che non si osassero di non passargli il pallone; tanto la gente, in quei declinanti anni Venti, si divertiva al calcio ancora da noi football, soltanto vedendolo giocare».

RENATO TAVELLA, DAL SUO LIBRO “ IL ROMANZO DELLA GRANDE JUVENTUS”
Già carico di gloria e di non pochi colpi d’ala, dall’alto dei suoi trentaquattro anni fin da subito si era messo a pontificare. Ma se Combi, con il suo aristocratico distacco, lo invitava alla moderazione e la otteneva; se Rosetta e Caligaris, con altrettanto esempio di signorilità seppur diversa all’apparenza, inchiodavano sul controllo la sua vena polemica; Munerati, con schiettezza per niente diplomatica, al contrario lo mandava con buon abitudine a quel paese, con relativo seguito. D’altronde lui, Ricciolo, pur conoscendo l’arte dei colpi raffinati non meno di altri, si sobbarcava bene sfiancanti galoppate per recuperare qualsiasi palla vagante. E perché ‘sto Cevenini poco si degnava in simili lavori per la squadra: che credeva mai di essere? No, Munerati e Cevenini proprio si potevano vedere come la polvere negli occhi. Troppo diversi di carattere, seppure entrambi fossero fra i campioni più conclamati. «Sono tre gli uomini che, ricevuto il pallone, sappiano giocarlo – ci informa il pioniere Annibale Ajmone nel dicembre 1924 su “Hurrà” – dribbling, finta, passaggio e shoot, con gli occhi bendati e, ciò malgrado, con stupefacente sicurezza e precisione: Cevenini, Baloncieri e Munerati».

PIERA CALLEGARI, DAL SUO LIBRO “LA JUVENTUS”
Zizì Cevenini era il più famoso di cinque fratelli che avevano giocato tutti con la maglia dell’Internazionale. Un anno addirittura contemporaneamente e quella dovette essere una delle poche circostanze in cui i neroazzurri poterono definirsi, con giusta ragione, una grande famiglia. Poi, il primo e il terzo dei Cevenini si erano elevati ai fasti della Nazionale e della fama, specie Zizì, che la brillantezza del gioco e l’estrema stramberia del carattere contribuivano a distinguere. Era, infatti, Zizì per il chiacchierio pungente e mai rallentato con cui aveva afflitto il suo prossimo fin dall’infanzia, protagonista immancabile di beffe e di dispute per mezzo delle quali riusciva a collocarsi al centro dell’attenzione. Era anche l’uomo che una volta, nell’Internazionale, sparì per un mese senza avvertire nessuno e, quando tornò, riprese il suo posto dichiarando di essere stato in Inghilterra. Vi si era recato, così disse, per perfezionare a quell’alta scuola il proprio gioco. Fosse o non fosse vero, bisognava accettarlo così o rinunciare a lui. E la seconda soluzione costava più della prima.

DAL LIBRO “JUVENTUS FIDANZATA D’ITALIA”
Cevenini III era quel finissimo, diabolico, strambo giocatore che era sempre stato. Non aveva più, ovviamente, quelle facoltà che lo avevano reso famoso nell’Internazionale, ma era pur sempre il “vecchio” inimitabile Zizì. E a questo punto è inevitabile parlare di lui, anche se gli aneddoti fioriti sulla sua persona appartenevano al tempo passato. Cevenini era stato un giocatore troppo illustre e troppo conosciuto perché, anche sul declinare di una brillantissima, eccezionale carriera, non si parlasse di lui come di un mito. Terzo di una schiera di cinque fratelli calciatori che per una stagione avevano giocato tutti insiemi nell’Inter, fu tra loro il più celebre, il più classico, il più famoso, il più ecclettico, il più eccentrico, il più bizzarro, il più strambo, il più rude, il più tranquillo, il più focoso. Tutto fu: e spesso, da un momento all’altro, il contrario di se stesso.
Ma perché fu chiamato Zizì? Perché chiacchierava sempre, trovava da ridire su tutto e su tutti, non era mai contento, criticava questo e quello, era sempre con la lingua in moto, pronto ad appuntare lo strale della critica, della maldicenza, della superiorità, in ogni momento e in ogni luogo. E quando non parlava male di qualcuno, parlava di altre cose che magari non interessavano nessuno, erano barzellette, raccontini, parolacce, era un mulinello di parole. In casa, sul campo, al bigliardo, alle bocce, tra i ragazzini del rione cui si piccava di insegnare tecnica calcistica. “Ziz... zi... zi... ziizi”, pareva una mosca, una zanzara, una cicala, con quel suo parlare dialettale. E così nacque Zizì, e con lui la sua leggenda.
Si possono raccontare a decine gli episodi che riguardano il “terzo” dei Cevenini. Come dirli tutti? Del resto sono noti a coloro che conoscono un po’ di anedottica sportiva. Una volta, durante un allenamento, alcuni giocatori, compagni di squadra, provano a tirare in porta: sbagliano, suggestionati dalla presenza del Ceva. Arriva il divo, facendo finta di nulla, si avvicina alla palla, ferma sul disco del rigore, e spara. Il portiere è immobile, come paralizzato. E la sfera va fuori. Cevenini, faccia di bronzo, per nulla scosso, dice: «Ecco come fate voi. Adesso vi faccio vedere come si calcia un penalty». E, dopo una finta da campione mette in rete.
Un’altra volta sparì improvvisamente da Milano: nessuno poté sapere, lì per lì, dove si fosse cacciato. Dopo un mese tornò, calmo, sereno: era stato tutto quel periodo in Inghilterra «per imparare a giocare», come disse poi. Volle riprendere subito il posto in squadra, senza dare ulteriori giustificazioni. Fu accontentato, ovviamente, dato che la società aveva bisogno dì lui. Successe, durante una partita, che un compagno di squadra fece un grave errore. Cevenini dapprima si mise a imprecare, a stramaledire, a malmenare il collega. Infine si mise a sedere, in mezzo al campo, sulla palla. Ci volle del bello e del buono, anche da parte dell’arbitro, per convincerlo a rialzarsi. Divenne celebre una sua polemica con Combi, “l’uomo di gomma” specializzato nel parare i rigori, per un tiro dagli undici metri che Cevenini era riuscito a mettere in fondo alla rete. Zizì non la finiva più di gettare sberleffi verso il tranquillo e signorile portiere juventino. Era successo che prima di battere il famoso penalty Cevenini si era avvicinato all’ottimo Giampiero e gli aveva sussurrato: «Bada che calcerò da quella parte», e sparò davvero nell’angolo indicato, dove Combi, gettatosi con prontezza, non era riuscito neppure a sfiorare il bolide tirato con astuzia e con potenza da Zizì.
Questo era il Cevenini dei bei tempi: ma di lui, quando già rivestiva la maglia della Juventus, si conosce un altro episodio. Ha per protagonista anche Serantoni. Si giocava a Milano: Sera era ancora neroazzurro. Il Ceva, ansioso di far bella figura contro i suoi vecchi amici e i suoi vecchi ammiratori del “pulvinare” e dei popolari, cominciò a sparare verso Degani qualcuno dei suoi micidiali palloni. Serantoni, arguto e pacifico (mica tanto, però) spirito veneto, si avvicinò al “terzo”, e gli disse: «Neh, Zizì, si te tiri an coro cussì, mi te masso...». Cevenini sorrise, e continuò a tirare. Il caso volle però che i primi palloni dopo l’intemerata di Serantoni andassero a finire lontano dai pali. E Sera avvicinò ancora a Cevenini per dirgli «Va avanti cussì, Zizi, e mi no te masso più». Nella Juventus, comunque, aveva trovato una seconda giovinezza, e giocò altre tre partite in Nazionale: l’ultima il 28 aprile 1929, a trentacinque anni, contro la Germania a Torino. Ora è morto anche lui, il 23 luglio 1968 nella sua casa di campagna presso Como.

 

https://ilpalloneracconta.blogspot.com/2008/03/luigi-cevenini.html

 

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