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Socrates

Carlo Osti

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HURRA' JUVENTUS N. 7-8 LUGLIO 1980 FOTO RADUNO CARLO OSTI GIAMPIERO  BONIPERTI | eBay
 
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Osti: 'Quando nel 1993 comprai una muta di maglie della Sampdoria...'|Serie  A | Calciomercato.com

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Juventus Football Club 1980-1981 - Wikipedia
 
Juventus Football Club 1981-1982 - Wikipedia
 
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1980-1982.png.86dc4084f1d8db09641a80f3d81a6524.png CARLO OSTI 

 

Carlo Osti - Tutti Gli Uomini Della Signora - TifosiBianconeri.com

 

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Carlo_Osti

 

 

Nazione: Italia Italia
Luogo di nascita: Vittorio Veneto (Treviso)
Data di nascita: 20.01.1958

Ruolo: Difensore
Altezza: 181 cm
Peso: 78 kg

Nazionale italiano Under-21
Soprannome: -

 

 

Alla Juventus dal 1980 al 1982

Esordio: 31.08.1980 - Coppa Italia - Brescia-Juventus 0-1

Ultima partita: 05.09.1982 - Coppa Italia - Padova-Juventus 1-1

 

24 presenze - 0 reti

 

2 scudetti

 

 

Carlo Osti (Vittorio Veneto, 20 gennaio 1958) è un dirigente sportivo ed ex calciatore italiano, di ruolo difensore, responsabile dell'area tecnica della Sampdoria.

 

Carlo Osti
224px-Carlo_Osti_-_Atalanta_BC.jpg

Osti all'Atalanta a metà degli anni 80

     
Nazionalità Bandiera dell'Italia Italia
Altezza 181 cm
Peso 78 kg
Calcio 25px-Football_pictogram.svg.png
Ruolo Difensore
Termine carriera 1991
Carriera
Giovanili
19??-19??   Conegliano
Squadre di club
1973-1976   Conegliano 54 (5)
1976-1978   Udinese 15 (0)
1978-1979   Atalanta 22 (0)
1979-1980   Udinese 24 (0)
1980-1982   Juventus 24 (0)
1982-1984   Avellino 52 (1)
1984-1988   Atalanta 72 (1)
1988-1990   Piacenza 53 (0)
1990-1991   Virescit Bergamo 27 (0)
Nazionale
1979-1980 Bandiera dell'Italia Italia U-21 6 (0)
1979-1980 Bandiera dell'Italia Italia Olimpica 6 (0)

 

Caratteristiche tecniche

Impiegato come terzino o stopper, era un difensore veloce e abile nella marcatura a uomo; si distingueva talvolta per il gioco duro sugli attaccanti.

Carriera

Giocatore

Club

Cresciuto nel Conegliano, dopo un'iniziale gavetta in Serie C nell'Udinese si trasferisce in compartecipazione all'Atalanta di Titta Rota, con cui debutta in Serie A nel campionato 1978-1979.

 

A fine stagione la Juventus rileva la quota atalantina del cartellino, lasciando Osti per una stagione all'Udinese, nel frattempo promossa nella massima serie e allenata da Corrado Orrico. Con i friulani disputa una stagione ad alto livello e nel 1980 si trasferisce definitivamente a Torino: impiegato insieme a Massimo Storgato come rincalzo per la difesa, incontra diverse difficoltà di ambientamento, e disputa due campionati come riserva alle spalle di Claudio Gentile, Sergio Brio e Antonello Cuccureddu, per un totale di 12 presenze con le quali si laurea per due volte Campione d'Italia (1980-1981 e 1981-1982).

 

Nell'ottobre 1982 viene ceduto in comproprietà all'Avellino, in cambio dell'opzione per il trasferimento alla Juventus di Stefano Tacconi e Beniamino Vignola. In Irpinia ritrova il posto da titolare, disputando due stagioni culminate con altrettante salvezze nella massima serie. Nel 1984-1985 fa ritorno all'Atalanta, neopromossa in Serie A, rimanendovi per quattro stagioni: titolare nelle prime due, perde progressivamente il posto nelle annate successive, l'ultima delle quali in Serie B. Al termine di questa stagione rimane senza contratto, pur vincolato all'Atalanta, e nell'autunno 1988 si trasferisce al Piacenza, sempre tra i cadetti, come parziale contropartita per il passaggio di Armando Madonna ai nerazzurri; non evita la retrocessione in Serie C1, e viene riconfermato anche per il successivo campionato, con i gradi di capitano. Chiude la carriera in Serie C2, con la Virescit Bergamo.

Nazionale

Ha fatto parte della Nazionale Under-21, con cui ha partecipato all'Europeo 1980; con gli Azzurrini ha disputato 6 partite. Nello stesso periodo ha fatto parte anche della Nazionale Olimpica, con cui ha totalizzato 6 presenze nelle qualificazioni in vista dei Giochi Olimpici del 1980.

Dirigente

Tra il 1993 e il 1995 fa ritorno al Piacenza, con l'incarico di responsabile del settore giovanile. Successivamente diventa direttore sportivo della Triestina per una stagione, e quindi dal 1996 al 1999 è alla Ternana, dove acquista tra gli altri Fabrizio Miccoli dal Casarano, e ottiene una doppia promozione dalla Serie C2 alla Serie B. Nel 1999 torna nel Bergamasco, come direttore generale dell'Alzano Virescit neopromosso in Serie B, e vi rimane per due stagioni.

 

Nel 2001 viene assunto dal Treviso, dove rimane fino al 2005 contribuendo alla prima promozione in Serie A dei veneti; viene quindi ingaggiato per un anno dalla Lazio. Dal maggio 2006 ricopre il ruolo di direttore sportivo dell'Atalanta, restando in carica fino alla fine della stagione 2009-2010, terminata con la retrocessione degli orobici.

 

Il 7 giugno 2011 viene assunto dal Lecce, sempre con compiti di direttore sportivo.

 

Nel dicembre 2012 viene chiamato dalla Sampdoria per sostituire il direttore sportivo Pasquale Sensibile, dimessosi dall'incarico. A fine stagione rinnova il contratto fino al 2015. Il 1º dicembre 2014 rinnova il proprio contratto con la Sampdoria fino a giugno 2018. Nel giugno del 2018 Osti rinnova per due anni insieme a Massimo Ienca. Il 1° ottobre 2021 viene sospeso in via cautelare a causa del venire meno dei presupposti per la prosecuzione del rapporto di lavoro. Il 14 gennaio 2022, chiarite e superate le divergenze che avevano caratterizzato il periodo di sospensione, torna a ricoprire la carica di responsabile delle aree tecniche: avrà la supervisione su prima squadra, settore giovanile e squadra femminile e fungerà da uomo di raccordo tra società, squadra e allenatore.

Palmarès

Club

Competizioni nazionali

Competizioni internazionali

 

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1980-1982.png.86dc4084f1d8db09641a80f3d81a6524.png CARLO OSTI 

 

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GIANNI GIACONE, “HURRÀ JUVENTUS” DEL GENNAIO 1981
Che effetto fa giocare, stopper o terzino è lo stesso, nella squadra che più di ogni altra ha esaltato i titolari di queste maglie, elevandoli all’azzurro? Che significa, per il talento giovane, raccogliere alla Juve eredità pesanti, di un Morini o di un Cuccureddu, di uno Spinosi o di un Bercellino? Son domande difficili, che avremmo voluto fare pari pari a Carlo Osti da Vittorio Veneto, e che invece non abbiamo fatto. Per evitare risposte retoriche, per non arrivare alla banalità con un personaggio che di banale non ha proprio nulla.
L’intervista a questo ragazzo di talento, che ha già trovato posto e simpatie in maglia bianconera pur dicendo a destra e a manca che non ha nessunissima fretta di «sfondare», passa attraverso interrogativi più modesti, più legati al quotidiano, e forse per questo meno convenzionali.
Andiamo qui alla scoperta di uno juventino dai tratti antichi, eppur modernissimo, prototipo in sé di questa nuova maniera di esser calciatori che può piacere o non piacere, che a noi personalmente piace parecchio, e che comunque significa, umanamente, evoluzione della specie, della categoria.
Osti, nel linguaggio e nelle abitudini fuori del campo, magari ricorderà pochissimo i colleghi di vent’anni fa, magari avrà poco o nulla da spartire con i rodomonte, epperò finirà, ne siamo quasi certi, per ripercorrerne la strada, per arrivare agli stessi, grandiosi risultati. Tutte le strade portano al successo, e ogni epoca ha la sua strada.
– All’Atalanta ti sei affermato come, difensore eclettico e irriducibile; all’Udinese hai confermato quanto di buono avevi lasciato intravedere a Bergamo. In entrambi i casi, hai avuto moltissime opportunità di metterti in evidenza. Alla Juve trovi una situazione obbiettivamente diversa. Ti spaventa l’idea di dover dimostrare il tuo valore in spezzoni di partita, oppure in partite magari isolate?
«Non mi crea particolari problemi. Giocare sempre aiuta moltissimo, ma arrivando alla Juve sapevo benissimo che non avrei potuto pretendere la luna. Perciò, sono contento così, e non mi pongo traguardi particolari. Del resto, sono convinto che una squadra come la Juve, prima o poi, ha bisogno di tutti i componenti del suo organico. Per quanto mi riguarda, certe opportunità le ho già avute, senza nemmeno dover aspettare troppo».
– Tutti i concorrenti ai posti di marcatore, nella Juve, sono nazionali o quasi. Una bella lotta, no?
«Bella e stimolante. Gentile, Cabrini e Cuccureddu sono degli autentici campioni, e anche a vederli dalla panchina ho tutto da guadagnare».
– Molti addetti ai lavori, pur apprezzando il tuo rendimento, criticano il tuo modo di giocare, il tuo stile. Dicono che sei un «duro», un cattivo…
«Credo che queste persone confondano la cattiveria con l’esuberanza. Il confine tra i due concetti, del resto, non è facilmente individuabile. Si può, si deve, a mio avviso, essere esuberanti, decisi, quando si gioca sull’uomo. Il difensore moderno, secondo me, anche se dispone di doti tecniche rilevanti, deve soprattutto avere grinta e anticipo, deve stare sull’avversario e non mollarlo mai. Quando poi ci sono le finezze, tanto di guadagnato, ma sono un di più».
– Il fatto che Azelio Vicini abbia coniato per te un paragone niente meno che con Burgnich ti ha creato dei problemi, o ti ha semplicemente fatto piacere?
«Essere avvicinato a quel grande campione che è stato Burgnich, tra l’altro l’idolo della mia infanzia, mi ha fatto estremamente piacere. Anche se credo che il signor Vicini abbia un po’, come dire, anticipato i tempi. Spero che sia stato un buon profeta, ma ritengo, in tutta onestà, di dover ancora dimostrare quanto valgo, e che certi paragoni siano prematuri».
– Tu sei un calciatore-studente. I tuoi hobby risentono in modo particolare di questo fatto, o sono gli stessi dei tuoi colleghi bianconeri?
«Confesso che non conosco ancora abbastanza a fondo i miei compagni di squadra per sapere quali sono i loro hobby. Posso dirti che i miei sono assolutamente normali. A parte lo studio, leggo abbastanza e vado al cinema. A Udine, certo, la mia vita fuori del campo era molto diversa. Vivevo praticamente a casa, con gli amici, frequentavo il solito bar e via dicendo. A Torino mi sto ambientando, e trovo vantaggi e svantaggi. I secondi, per fortuna, sono pochi. Tra i vantaggi, direi che qui sono in una città che offre, culturalmente, parecchie opportunità, e le sto valutando con attenzione. Tornando alla domanda sugli hobby, mi piace viaggiare e conoscere gente nuova: col lavoro che faccio, mi definisco senz’altro, in tal senso, un privilegiato».
– Qual è la tua opinione sugli stranieri? Servono, sono indispensabili, sono superflui?
«Servono, in generale. Sono indispensabili, se sono dei campioni. Il nostro Brady lo è senz’altro, e credo quindi che per la Juve l’arrivo dello straniero sia stato un grosso vantaggio. Liam, oltretutto, è un ragazzo d’oro, simpaticissimo. Si è inserito subito tra di noi, non solo tecnicamente, ma anche e soprattutto sul piano umano».
– Qual’è stato, sino a oggi, il tuo maggiore rimpianto?
«Il non aver potuto partecipare, con la nazionale Olimpica, alla spedizione a Mosca. Un rimpianto, comunque, relativo, perché se anche avessimo conquistato il posto a spese della Jugoslavia, io personalmente, in quanto militare, non avrei potuto andarci, per il noto veto».
– Restiamo in argomento nazionale: come Under 21 sei fuori quota, come «moschettiere» hai davanti una nutrita concorrenza...
«Proprio così. Ma non me ne faccio un grosso problema. Questo è un anno importante, nel calcio ogni anno, ogni mese, può essere decisivo. Certo che mi farebbe un immenso piacere entrare nel giro della Nazionale maggiore. Però, i Collovati e i Gentile sono fortissimi, e per il momento non credo proprio che ci sia bisogno di me».
– Hai scelto Giurisprudenza: motivi familiari, visto che tuo padre è avvocato, o decisione autonoma?
«Decisione autonoma, condizionata dalla mia carriera di calciatore e dagli studi che avevo concluso. Ho fatto il liceo classico, e giurisprudenza veniva a pennello anche perché non mi costringeva a frequentare le lezioni. Adesso sono iscritto al quarto anno, e non mi sono trovato male sin qui. Penso che mi laureerò, prima o poi».
– Ritieni di restare nell’ambiente del calcio, dopo la fine della carriera, o pensi che sia troppo presto per una decisione del genere?
«In proposito, ho le idee abbastanza chiare. No, non resterò nell’ambiente del calcio. Dopo anni passati a giocare, sono convinto che arrivi il momento in cui sei saturo, e cerchi altri ambienti, altri settori dove realizzarti. La laurea dovrebbe aiutarmi proprio in questo senso».
– Le norme che regolano il calcio, in Italia, sono sorpassate: lo dicono coloro che sono chiamati ad applicarle, nell’ambito della giustizia sportiva, e quindi è un’opinione più che autorevole. Pensi che una trasformazione possa avvenire in tempi brevi?
«Sono convinto di no, anche se determinati principi, come quello della responsabilità oggettiva della società per fatti compiuti dai propri giocatori o tifosi, mi sembrano abbastanza ingiusti. Credo, infatti, che su quei principi, che hanno retto per decenni questo sport, si basino rapporti e situazioni che potranno modificarsi solo lentamente e gradualmente. Sennò, si rischia il caos».
– Hai un obiettivo specifico, per questa stagione?
«Sì: a parte giocare il più possibile, vorrei che la Juve tornasse a vincere lo scudetto. Non sarà un desiderio granché originale, ma personalmente, ti assicuro, è sentitissimo».
La chiacchierata si esaurisce qui, e non certo per mancanza di argomenti. Basterebbe rivedere l’Osti più recente, quello che gioca con grinta leonina contro l’Inter cancellando dal campo Muraro e propiziando il successo che significa tante cose e tante rinnovate ambizioni. Ci sarebbe un altro articolo da fare, solo per parlare di questa prestazione. Rimandiamo alla prossima occasione, convinti che non dovremo aspettare molto.
〰.〰.〰
Carlo vedrà esaudito il sogno di vincere lo scudetto (anzi, saranno ben due !), ma il campo lo vedrà in rare occasioni: in tutto 24 presenze (12 in campionato, 11 in Coppa Italia e una sul palcoscenico europeo). Lascia la Juventus, con destinazione Avellino, nell’ottobre del 1982. Poi, dopo un biennio in Irpinia, ritorna all’Atalanta.
 
 
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