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Socrates

Pasquale Bruno

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Juventus Football Club 1988-1989 - Wikipedia
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PANINI CALCIATORI 1988 89 Figurina N. 157 Pasquale Bruno Juventus N Velina  EUR 2,00 - PicClick IT
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File:Juventus FC - Pasquale Bruno.jpg - Wikipedia

 

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Pasquale_Bruno

 

 

Nazione: Italia Italia
Luogo di nascita: San Donato di Lecce (Lecce)
Data di nascita: 19.06.1962

Ruolo: Difensore
Altezza: 180 cm
Peso: 72 kg

Nazionale Italiano Under-20
Soprannome: O' Animale

 

 

Alla Juventus dal 1987 al 1990

Esordio: 27.09.1987 - Serie A - Juventus-Pescara 3-1

Ultima partita: 16.05.1990 - Coppa Uefa - Fiorentina-Juventus 0-0

 

99 presenze - 1 rete

 

1 coppa Italia

1 coppa Uefa

 

 

 

«Non è stato un violento, ma un esibizionista della violenza.»

(Adalberto Bortolotti)

 

Pasquale Bruno (San Donato di Lecce, 19 giugno 1962) è un ex calciatore italiano, di ruolo difensore, ricordato per essere stato uno dei giocatori più duri della storia del calcio italiano. Tra le sue vittorie figurano la Coppa UEFA 1989-1990, conquistata con la Juventus, e due Coppe Italia.

Personaggio molto discusso, era soprannominato O' Animale per la sua grinta agonistica — più volte tramutatasi in violenza —, caratteristica che gli fece collezionare in sedici anni di calcio italiano oltre cento ammonizioni, numerosi cartellini rossi e una cinquantina di giornate di squalifica, e per la quale era anche apprezzato dai tifosi, i quali lo incoraggiavano a interventi rudi: in questo senso, durante il periodo granata fu protagonista di un derby contro la Juventus in cui fu espulso e, successivamente, squalificato per otto giornate per il suo impeto dopo il cartellino rosso.

 

Pasquale Bruno
Pasquale Bruno - Torino Calcio 1992-93.jpg
Bruno al Torino nella stagione 1992-1993
     
Nazionalità Italia Italia
Altezza 180 cm
Peso 72 kg
Calcio Football pictogram.svg
Ruolo Difensore
Termine carriera 2003
Carriera
Giovanili
19??-19??   Lecce
Squadre di club
1979-1983   Lecce 111 (9)
1983-1987   Como 109 (2)
1987-1990   Juventus 99 (1)
1990-1993   Torino 74 (1)
1993-1994   Fiorentina 19 (0)
1995   Lecce 17 (3)
1995-1997   Hearts 35 (1)
1997-1998   Wigan 1 (0)
2002-2003 non conosciuta Delta San Donato ? (?)
Nazionale
1981 Italia Italia U-20 2 (0)
1981 Italia Italia B U-21 1 (?)
1987-1988 Italia Italia Olimpica 2 (0)

 

Biografia

Pasquale Bruno è nato a San Donato di Lecce. È sposato con Marcella e ha due figlie: Sandra e Marta. È il suocero di Ernesto Chevantón, legato a sua figlia Sandra.

Il soprannome O' Animale fu coniato da Roberto Tricella, suo compagno ai tempi della Juventus, per l'omonimia con Pasquale Barra, killer pentito della camorra tra i cui appellativi c'è proprio O' Nimale, attribuitogli per la ferocia dei suoi delitti. Bruno ha svelato di non aver mai avuto un amico calciatore, nemmeno tra i suoi compagni di squadra, eccezion fatta per Ian Rush.

Ha dichiarato più volte di essere diventato ricco e di aver raggiunto la notorietà grazie alla sua cattiveria e costruendo un personaggio su di essa, senza la quale non avrebbe mai potuto — a suo dire — giocare ad alti livelli.

Da quando ha terminato la carriera calcistica svolge principalmente la professione di intermediario: è socio, con Jason Ferguson, figlio di Alex, della Elite Sport Group, società di procure sportive a Manchester. Inoltre ha lavorato come commentatore televisivo per TELE+ e nella stagione 2010-2011 per Dahlia TV. Dal 2020 è spesso ospite a Tiki Taka - La repubblica del pallone, programma condotto da Piero Chiambretti su Italia 1.

È tifoso del Torino ed è un appassionato di mountain bike.

Caratteristiche tecniche

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Un rude intervento in scivolata di Bruno ai danni di Renato Buso

 

Difensore arcigno e non molto dotato tecnicamente, faceva del gioco duro la sua arma principale. Tuttavia, ingaggiando duelli non sempre regolari con gli attaccanti avversari, sapeva fornire ottime prestazioni come marcatore a uomo. Numerosi furono gli screzi e le liti avute con gli avversari, tra i quali Crippa, Baggio, Ruben Sosa, Vialli, Casiraghi, van Basten, Răducioiu, Maradona, Lerda.

Veniva impiegato prevalentemente nel ruolo di terzino, oppure come stopper.

Carriera

Club

Gli esordi al Lecce

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Un giovane Bruno con la maglia del Lecce

 

Bruno inizia la sua carriera professionistica nel 1979 con la maglia del Lecce, nel campionato di Serie B. Il 30 marzo 1980 realizza la sua prima rete nella partita Lecce-Ternana (2-1). Con i giallorossi partecipa a quattro campionati cadetti, disputando 111 gare e realizzando 9 reti. Nel campionato 1981-1982 marca 6 gol, suo record stagionale.

L'arrivo al Como e le prime stagioni in Serie A

Nell'estate del 1983 passa al Como, con cui raggiunge il secondo posto nel campionato di Serie B e la sua prima promozione in Serie A, alla prima stagione. Tra i suoi compagni ci sono Annoni e Fusi, che ritroverà poi negli anni 1990 al Torino.

 

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Bruno al Como nella stagione 1985-1986

 

Il 16 settembre 1984 il Como è impegnato, contro i campioni d'Italia della Juventus, nella prima gara di campionato. Bruno fa il suo debutto in Serie A, accompagnato dalla prima espulsione nel massimo campionato. La partita termina 0-0. Il 13 gennaio 1985 Bruno realizza il suo primo gol in Serie A, nella partita Milan-Como, siglando al 40' la rete del definitivo 0-2. Durante il campionato Bruno prende parte a 27 partite e il Como termina all'11º posto.

La stagione successiva, a campionato in corso, come allenatore subentra Rino Marchesi, che vorrà Bruno con sé anche alla Juventus due anni dopo. Il Como termina al 9º posto in campionato e nella Coppa Italia giunge sino alle semifinali, dove viene eliminato dalla Sampdoria. Dopo quattro stagioni, 109 presenze in campionato e due reti, nell'estate del 1987 lascia Como per approdare alla Juventus.

Le vittorie alla Juventus

Nei primi giorni di giugno del 1987 Bruno viene acquistato dalla Juventus. Con i bianconeri, causa un infortunio che gli fa saltare le prime partite, fa il suo debutto ufficiale alla terza gara di campionato, Juventus-Pescara (3-1) del 27 settembre. Al termine del campionato la Juventus sarà sesta, mentre in Coppa Italia verrà eliminata dai concittadini del Torino in semifinale.

 

180px-Juventus_FC_-_Pasquale_Bruno.jpg
 
Bruno alla Juventus a fine anni 1980

 

Nell'estate del 1988 la Juventus cambia allenatore e sceglie Dino Zoff, che conosce Bruno per averlo convocato da selezionatore della Nazionale olimpica nel 1987. Il terzino affermerà che Zoff è stata la persona da cui ha avuto i migliori insegnamenti e di avere sempre fatto tesoro dei suoi consigli.

Il 1º marzo 1989, a Torino, si gioca l'andata dei quarti di finale della Coppa UEFA, che vede affrontarsi Juventus e Napoli; la partita, terminata 2-0, viene sbloccata al 13' da un potente tiro di Bruno da fuori area che supera il portiere partenopeo Giuliani. Questa sarà l'unica rete di Bruno in bianconero in 99 gare, di cui 67 di campionato. Tuttavia, nonostante il vantaggio dell'andata, la Juventus verrà eliminata subendo un 3-0 (dopo i tempi supplementari) nella gara di ritorno al San Paolo.

Il 28 maggio 1989 si gioca Juventus-Fiorentina — trentesima giornata del campionato, che i bianconeri termineranno al quarto posto — e Bruno deve marcare Roberto Baggio. Al 73' vengono espulsi entrambi, il primo per una scorrettezza mentre il pallone era lontano, il secondo per un fallo di reazione. A causa di questa lite, continuata anche negli spogliatoi, entrambi sconteranno due giornate di squalifica e proseguiranno la loro inimicizia: Baggio considerava il gioco di Bruno troppo duro, mentre secondo il difensore, il fantasista era un cascatore.

 

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Bruno stringe in mano la Coppa UEFA vinta in bianconero nella stagione 1989-1990, mentre festeggia negli spogliatoi con i compagni di squadra Oleksandr Zavarov (al centro) e Dario Bonetti (a destra).

 

Nell'ultima stagione in bianconero Bruno vince la Coppa Italia e la Coppa UEFA. La sua ultima partita è Fiorentina-Juventus (0-0), finale di ritorno della UEFA, disputatasi il 16 maggio 1990 al Partenio di Avellino, gara in cui viene anche espulso.

L'affermazione al Torino

«Io non sputo nel piatto dove ho mangiato: la Juve mi ha dato il successo, i soldi e la possibilità di conoscere alcuni grandi personaggi come l'Avvocato Agnelli e Boniperti. Quella maglia granata, però, mi è rimasta addosso per sempre.»

(Pasquale Bruno, 2013)

Una volta svincolatosi dalla Juventus, Pasquale Bruno si accorda coi concittadini del Torino. La trattativa tra la società granata e il terzino — svoltasi durante il mese di giugno e sponsorizzata dal nuovo tecnico Mondonico, già suo allenatore ai tempi del Como, con il quale non mancheranno le polemiche — è contestata da molti tifosi, il cui ostracismo deriva dal recente passato del difensore tra le file dei rivali bianconeri. Ma a distanza di pochi mesi Bruno diventerà il loro idolo nonché un leader della squadra.

Esordisce il 5 settembre 1990 nella partita di Coppa Italia Verona-Torino (0-4). Quattro giorni dopo debutta anche in campionato, allo Stadio delle Alpi, contro la Lazio e viene espulso per una gomitata rifilata a Ruben Sosa, che — secondo quanto riportato dallo stesso Bruno — gli avrebbe sputato. Il Torino si piazzerà al quinto posto in campionato e nel mese di giugno vincerà la Mitropa Cup.

 

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La grande rabbia di Bruno, placata a stento dai membri della panchina granata, dopo l'espulsione nel derby di Torino del 17 novembre 1991: «Quando [l'arbitro] mi ha fatto vedere il cartellino rosso sono rimasto a bocca aperta, come un merluzzo. Poi ho capito, mi sono fatto sotto e mi hanno trascinato via. Senza l'intervento di Lentini forse avrei finito la carriera».

 

Il 17 novembre 1991 si gioca la decima giornata di campionato e il Torino è impegnato nel derby contro la Juventus. Questa partita, terminata 1-0 per i bianconeri, verrà ricordata per l'espulsione e la reazione di Bruno che alcuni giornali definiranno «isterica». Già ammonito dopo 5 minuti di gioco, Bruno rifila una gomitata a Casiraghi, inducendo l'arbitro Ceccarini a espellerlo al 16º minuto del primo tempo per somma di ammonizioni, cosa che fa perdere la testa al calciatore che tenta di aggredirlo, non riuscendoci grazie al tempestivo intervento di Lentini, aiutato poi anche da Cravero, Casagrande e altri componenti della panchina granata, i quali riescono ad accompagnare Bruno, scoppiato in lacrime, fuori dal campo. Ceccarini e i due guardalinee lasceranno lo stadio scortati dalla polizia. Per il suo comportamento verrà squalificato inizialmente per otto giornate, poi ridotte a cinque dalla Commissione disciplinare, che accoglierà il ricorso del Torino. Bruno, dopo l'accaduto, si giustificherà dando la colpa all'arbitro, criticherà i suoi compagni e Mondonico per averlo censurato e accuserà Casiraghi di essere un provocatore.

 

«Al Torino Bruno trova il suo habitat, è il gladiatore a lungo atteso.»

(Adalberto Bortolotti)

 

Il 26 febbraio 1992 si gioca al Delle Alpi il ritorno dei quarti di finale di Coppa Italia tra Torino e Milan. Al 22º minuto di gioco, su un cross di Maldini Bruno colpisce il pallone, svirgolandolo e facendolo rimbalzare dentro la porta difesa da Marchegianivan Basten, dopo avere subito le pressioni del difensore granata in avvio di partita, si lascia andare a un balletto irridente nei suoi confronti, danzando a gambe aperte sopra il corpo di Bruno disteso a terra; Marchegiani, nel tentativo di rincorrere l'olandese, travolge Simone, rischiando l'espulsione, mentre nell'area si accende una mischia. La terna arbitrale non segue attentamente gli sviluppi dell'episodio, che invece inducono l'allenatore rossonero Capello — dopo due minuti dal gol — alla sostituzione di van Basten, per evitare l'aggravarsi della situazione. Bruno segue l'attaccante verso la panchina, insultandolo, e dichiarerà in seguito di non essersi accorto di nulla, in quanto frastornato dall'autogol, e che avrebbe senz'altro reagito se fosse stato lucido.

 

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Bruno in azione al Torino nel 1992-1993

 

In Coppa UEFA, il Torino avanza agevolmente sino alle semifinali, dove incontra il blasonato Real Madrid. Nella partita di andata, al Bernabéu, i padroni di casa si impongono per 2-1. Il 15 aprile 1992, nella gara di ritorno, i granata ribaltano il risultato, vincendo 2-0; Bruno disputa un'ottima gara, neutralizzando Butragueño. Nelle finali i granata affronteranno gli olandesi dell'Ajax, i quali si aggiudicheranno la competizione in virtù del maggior numero di gol segnati in trasferta dopo il 2-2 di Torino e lo 0-0 di Amsterdam.

Il 17 maggio 1992, nel penultimo turno di campionato, Bruno va in rete con una giocata pregevole nella partita Atalanta-Torino, fissando il risultato sull'1-3. Questa sarà la sua unica rete in maglia granata in 106 presenze totali tra campionati e coppe. Al termine della stagione 1991-1992 il Torino si classificherà terzo in Serie A.

Dopo due buoni anni al Torino, Bruno comincia la stagione 1992-1993 subendo un calo di rendimento e non è più efficace nei suoi interventi. Per questo viene criticato da Mondonico e dalla stampa. A chi gli fa notare le sue opache prestazioni risponde:

«I quattro in pagella non contano nulla, l'importante è avere quattro miliardi in banca.»

(Pasquale Bruno dopo Torino-Juventus (1-2) del 22 novembre 1992)

 

Il 7 febbraio 1993 si gioca allo Stadio delle Alpi Torino-Brescia, 19º turno di campionato. Al 45º minuto del primo tempo Bruno entra con irruenza sulla gamba sinistra dell'attaccante romeno Răducioiu — che sarà costretto a lasciare il terreno di gioco in barella —, alla quale verranno applicati nove punti di sutura. Nel dopopartita il romeno accuserà di essere stato minacciato dal difensore e Bruno, di fronte alle telecamere, vi scherzerà sopra:

«Sì, è vero, ho commesso un fallo volontario, e in più avevo in tasca una pistola, una lupara e la magnum. Attenzione, ho scherzato, non vorrei fare la fine di Schillaci che venne squalificato.»

(Pasquale Bruno dopo Torino-Brescia (1-0) del 7 febbraio 1993)

Il neo presidente del Torino Goveani, indispettito dalle dichiarazioni di Bruno, deciderà di non rinnovargli il contratto, in scadenza, e non lo multerà. Nei giorni seguenti la FIGC — su richiesta dello stesso Răducioiu, appoggiato dal presidente dell'Associazione Italiana Calciatori Sergio Campana — aprirà un'inchiesta federale.

 

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Bruno esulta in maglia granata

 

Verso la fine di febbraio Bruno, in un'intervista televisiva, fa sapere di essersi accordato con il Manchester City per la stagione successiva: approfittando di due giorni liberi concessigli, è andato a trattare in prima persona con il club inglese e — stando alle sue parole — si è anche allenato con i suoi futuri compagni, a totale insaputa della società torinese, che rimarrà delusa per la vicenda e lo multerà. Il 19 giugno 1993 disputa la sua ultima partita con la maglia granata all'Olimpico di Roma, in occasione della finale di ritorno della Coppa Italia tra Roma e Torino, che vedrà come vincitrice proprio la squadra piemontese.

Ritorno in Serie B: Fiorentina e Lecce bis

Il 30 giugno 1993 passa alla Fiorentina per la cifra di 1,5 miliardi di lire, firmando un contratto biennale da 650 milioni netti annui, e torna a giocare in Serie B dopo 9 stagioni consecutive in Serie A.

 

Le multe

Pasquale Bruno è famoso anche per aver ricevuto, durante la sua carriera, parecchie multe dalle società. Di seguito sono elencate alcune di esse.

A seguito del suo comportamento nel derby Juventus-Torino (1-0) del 17 novembre 1991, venne multato per 41 milioni di lire dalla società granata.

Nell'estate 1992, in occasione di un'amichevole precampionato contro la Lucchese, venne multato dall'allora direttore sportivo del Torino, Luciano Moggi, per 10 milioni di lire a seguito di un'espulsione.

Nel febbraio del 1993 il neo presidente granata Goveani lo multò per 10 milioni di lire per la sua trasferta a Manchester.

Ai tempi della Fiorentina, il presidente Cecchi Gori lo multò con 32 milioni di lire a seguito di una squalifica di tre giornate, comminatagli per la rissa al termine della partita Fiorentina-Brescia (2-1) del 26 settembre 1993.

Sempre Cecchi Gori, nell'ottobre del 1994, lo multò per altri 30 milioni di lire per aver partecipato alla trasmissione L'appello del martedì senza il permesso della società.

 

Esordisce con la Fiorentina il 22 agosto 1993 nella gara di Coppa Italia Fiorentina-Empoli (2-0). Dopo avere saltato le prime due gare per squalifica, il successivo 12 settembre Bruno fa il suo debutto in campionato con i viola nella terza giornata, in occasione di Cosenza-Fiorentina (1-1). Nel dopopartita viene sorteggiato per il controllo antidoping e allunga la provetta delle urine con acqua minerale; nonostante l'evidenza del fatto, Bruno negherà tutto. In seguito, il 22 ottobre, verrà squalificato per due turni.

«In campo mi dicevano di tutto e io mi regolavo di conseguenza.»

(Pasquale Bruno intervistato nel 2004)

 

Il 26 settembre 1993, al termine della quinta giornata di campionato Fiorentina-Brescia (2-1), Bruno colpisce con un pugno al volto Lerda nel sottopassaggio che porta agli spogliatoi, reagendo agli insulti e agli sputi dell'attaccante bresciano. Il difensore viola, che escluderà il suo coinvolgimento nella vicenda, verrà squalificato per tre turni, ai quali verranno sommati gli altri due per aver falsificato il test antidoping, per un totale di cinque giornate consecutive di squalifica.

In occasione della gara di ritorno, giocata al Rigamonti di Brescia nel febbraio del 1994, Bruno viaggerà sdraiato sul fondo del pullman per evitare di attirare le ire dei tifosi avversari e verrà accompagnato da quattro guardie del corpo fino al campo.

Nel frattempo il 3 dicembre 1993, all'indomani della partita di Coppa Italia Fiorentina-Venezia (1-2) — che fa registrare un'altra espulsione di Bruno —, il presidente Cecchi Gori decide di metterlo fuori squadra a tempo indeterminato (salvo poi rivedere il suo provvedimento e optare solamente per escluderlo dalla rosa, grazie alla mediazione dell'allenatore Claudio Ranieri), stanco dei suoi comportamenti e delle sue squalifiche che — a suo dire — rovinano l'immagine della società. Solamente in questi primi mesi della stagione Bruno è stato multato per la cifra complessiva di 117 milioni di lire dal presidente, in seguito alle sue ripetute gravi condotte.

L'acquisto di Bruno, voluto da Cecchi Gori per dare solidità difensiva, si rivela fallimentare, non solo per i suoi comportamenti, ma — sempre secondo Cecchi Gori — anche per le sue prestazioni insufficienti.

Nel nuovo anno la punizione di Cecchi Gori termina, sicché il 2 gennaio 1994 Bruno torna in campo per la partita di campionato Lucchese-Fiorentina (1-1). Nel girone di ritorno esibisce una buona condizione fisica. A fine stagione la Fiorentina vincerà il campionato cadetto e sarà promossa in Serie A. Bruno, inaspettatamente, sarà riconfermato.

 

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Bruno alla Fiorentina nell'annata 1993-1994

 

Nella stagione successiva viene messo fuori rosa per contrasti con Ranieri, il quale lo reintegrerà in squadra il 30 novembre 1994 — dopo che il difensore deciderà di adattarsi alla panchina — in occasione dei quarti di finale di Coppa Italia Parma-Fiorentina (2-0), partita nella quale andrà in panchina per la prima volta nella stagione.

In rotta con la società viola, dopo una nuova multa di Cecchi Gori, Bruno chiede di essere ceduto; nel mese di ottobre tenta il trasferimento al Crystal Palace, senza successo.

Nei primi giorni del novembre 1994 il Brescia acquista Pasquale Bruno dalla Fiorentina. Dopo le contestazioni dei tifosi lombardi — dovute ai suoi passati incidenti con Răducioiu e Lerda, all'epoca dei fatti calciatori del Brescia — la società preferisce non presentare il difensore, che decide di non trasferirsi a Brescia, preoccupato per l'incolumità sua e della sua famiglia.

Il 3 gennaio 1995 firma un contratto per due stagioni con il Lecce, che disputa il campionato di Serie B. Il suo ritorno in campo con la maglia giallorossa avviene cinque giorni dopo nella partita Lecce-Verona (1-0). A fine stagione il Lecce terminerà all'ultimo posto e retrocederà in Serie C1; Bruno totalizzerà tre reti in 17 gare di campionato e, contrariamente agli accordi, non seguirà la squadra la stagione successiva in Serie C.

Le esperienze nel Regno Unito e il ritiro

Nell'autunno del 1995 firma un contratto biennale dall'equivalente di 300 milioni di lire annui con l'Hearts, squadra di Edimburgo. Bruno, accolto con calore, si ingraziò presto i tifosi scozzesi. Il suo esordio avviene il 4 novembre 1995 nella partita Hearts-Partick Thistle (3-0). Nella sua prima stagione raggiunge la finale della Scottish Cup, dove gli Hearts perdono 5-1 contro il Rangers Glasgow.

Nel 1997 passa al Wigan dove disputerà solamente 45 minuti in tutta la stagione, alla fine della quale si ritirerà, salvo poi ritornare a giocare come attaccante nel 2002 — all'età di quarant'anni — con il Delta San Donato, squadra di terza categoria, della sua città natale, allenata dal fratello Gigi e diretta dal padre Pino.

Nazionale

Bruno fa parte della selezione che, nell'ottobre del 1981, disputa in Australia il campionato mondiale Under-20. Gioca le prime due partite contro la Corea del Sud e il Brasile, rimediando due cartellini gialli. L'Italia esce al primo turno, dopo tre sconfitte in tre partite.

Il 16 dicembre 1981 disputa, con la Nazionale italiana B Under 21, una partita amichevole contro una selezione simile della Spagna.

Nel novembre del 1986, durante il periodo di militanza nel Como, Bruno entra nel giro della Nazionale olimpica allenata da Zoff, nella quale vanta sei convocazioni totali. Tra il gennaio e l'aprile del 1987, viene chiamato per le partite contro Grecia, Portogallo, Germania Est e Islanda. Dopo aver debuttato contro la Germania Est, nell'aprile del 1988 gioca in Italia-Paesi Bassi (3-0) la sua seconda e ultima partita con la selezione olimpica. Bruno verrà incluso nella preselezione per i giochi olimpici di Seul 1988 dal nuovo CT Rocca — che sostituirà Zoff dopo il suo passaggio alla Juventus —, ma non farà parte della rosa dei 20 finali.

 

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In coincidenza col battesimo del nuovo anno – scrive Federica Bosco su “Hurrà Juventus” del febbraio 1988 –, in molti individui si riscopre una vena astrologica e si sprecano le previsioni che in qualche modo, benché facciano semplicemente sorridere il pubblico, condizionano la vita di coloro che ricercano nelle stelle la risposta ai loro problemi. Lo stesso Dalla cantava «L’anno che verrà», inno ormai incontrastato del prossimo futuro italiano, che puntualmente accompagna quel processo di presagio che coinvolge ogni settore di cronaca del nostro Paese, alla sfrenata ricerca di conoscere con un margine d’anticipo gli eventi che condizioneranno il 1988.
In questa sfilata di maghi e cartomanti non si discosta il mondo dello sport, dove, se pur in misura restrittiva, si svelano ipotetici vincitori di scudetti, di coppe o di gare; il tutto frenato da un certo scetticismo degli atleti, che crea nel calcio un terreno poco fertile in cui svilupparsi. Perciò alle tante parole profferite da astrologi di tutta Italia, rispondono con omertà i protagonisti, ormai completamente immersi nella battaglia del campionato così da non essere soggetti a condizionamenti esterni.
Quindi in un clima fiabesco non poteva mancare una storia fantastica; a conclusione di tante predizioni surreali occorrono delle certezze per dare speranza ai tifosi demoralizzati dai pronostici pessimistici espressi dalla cabala. Ecco dunque in vetrina il gioiello di Como: Pasquale Bruno, un ragazzo che in riva al lago ha trovato la sua dimensione di uomo e atleta; e oggi ha saputo dar conferma del suo valore anche con la Juventus. Perciò senza ombra di dubbio il futuro, bianconero s’intende, sarà suo; e, mai come in questo caso, le stelle staranno a guardare...
– Durante la scorsa estate sei stato uno dei protagonisti del mercato italiano, appetito da diverse squadre e sei poi approdato alla Juventus; eppure molti tifosi bianconeri ancora non ti conoscono. Puoi supplire a questa mancanza raccontandoti in breve al nostro pubblico?
«La mia avventura nel mondo dello sport è iniziata con la maglia giallorossa; infatti nelle giovanili del Lecce sono cresciuto e ho appreso i segreti del calcio; quindi a 17 anni ho esordito in serie B con la squadra pugliese e per quattro stagioni ho difeso i colori della mia città. In seguito sono stato acquistato dal Como, con cui ho giocato tre campionati cadetti e uno nella massima divisione; dopodiché il destino mi ha spalancato le porte del grande calcio e, in sordina, sono arrivato a Torino».
– Il tuo aspetto da duro ricorda vagamente Claudio Gentile; chi è stato il tuo modello?
«Per anni ho sognato di emulare giocatori come Antonio Cabrini e lo stesso Gentile, che personalmente ritengo un duo formidabile di difensori. L’aver costruito per molte stagioni l’ossatura portante della retroguardia bianconera dimostra tutta la loro grandezza a livello nazionale ed europeo; perciò sono lusingato ogni qual volta il mio stile viene avvicinato a un campione di quella caratura! Se è possibile azzardare un paragone ritengo di avere, dell’atleta di Tripoli, la camminata piuttosto simile sul terreno di gioco; per cui, quando ho l’opportunità di rivedere delle partite della Juventus di quegli anni, m’identifico col personaggio da te citato sotto il profilo atletico».
– Ma nel tuo caso i tratti somatici ricalcano le caratteristiche essenziali di un carattere piuttosto spigoloso e grintoso; o in realtà dietro uno sguardo inflessibile si cela un ragazzo diverso?
«Sul terreno di gioco sprigiono un’aggressività a me sconosciuta nella vita privata; perciò si può parlare di una vera e propria metamorfosi che interessa il mio carattere durante un incontro di calcio. La mia indole quotidiana è piuttosto tranquilla, quindi decisamente in antitesi all’aspetto che assumo quando indosso i panni di sportivo, il che non mi disturba affatto; anzi penso che un duplice aspetto permetta di condurre un’esistenza equilibrata, senza incorrere nel rischio di mescolare il lavoro con la personalità».
– Da Lecce, tua città natale, sei arrivato, dopo una lunga gavetta, alla Juventus; nell’arco della tua carriera non hai mai avvertito una crisi di rigetto nei confronti del calcio?
«La passione che mi ha coinvolto sin da bambino ha avuto il sopravvento su ogni ostacolo, per cui non si è mai verificato un senso di assuefazione per lo sport che ancora pratico con diligenza. Sicuramente nell’arco di 10 anni ho provato un’inversione di tendenza circa la concezione del pallone: in un primo momento per me rappresentava lo svago, il divertimento; in seguito ha preso spazio una maggiore sicurezza nelle capacità personali e il gioco ha lasciato via libera al lavoro, cosicché l’hobby ha assunto il significato di professione».
– Ma pensi che nel tuo caso il calcio abbia creato l’uomo o l’uomo abbia generato il calciatore?
«Ritengo che un contributo alla maturazione provenga proprio dal mondo dello sport; attraverso un ambiente complesso ho imparato a destreggiarmi anche nelle vicende quotidiane. Con ciò però vorrei precisare che le vere maestre di vita sono state le esperienze negative che coinvolgono ogni individuo indipendentemente dalla sua professione».
– Agli occhi del pubblico il mestiere di calciatore appare immune dai tanti problemi che invece accomunano la gente; concordi con questa tendenza?
«C’è un fondo di verità nella parola “privilegiato” con cui viene etichettato uno sportivo professionista; in quanto la retribuzione è ottima e inoltre abbiamo l’opportunità di divertirci lavorando. Non bisogna dimenticare però che non è tutto oro ciò che luccica e, sotto la campana di splendore in cui siamo avvolti, si nascondono piccole insidie e tante questioni spesso trascurate dal tifoso che del calcio conosce solo i lati positivi».
– Puoi svelare quali sacrifici deve affrontare un atleta per raggiungere l’affermazione e soprattutto per conservarla?
«Non c’è nulla di misterioso nelle difficoltà che deve superare un professionista: in primo luogo è indispensabile una vita regolare; perciò un ragazzo che intende affermarsi nello sport, qualunque esso sia, deve ben presto dimenticare la parola divertimento serale. Una banalità che però per un giovane è importante, quindi non è facile saper rinunciare alla discoteca, agli amici quando l’attività è in fase di sviluppo. Col passare del tempo e la maturazione sopraggiunge un nuovo handicap per il calciatore: la difficoltà nel conciliare gl’impegni lavorativi con la famiglia, quest’ultima spesso viene trascurata con grande rammarico dell’individuo in questione».
– Tra i tanti problemi sicuramente nel tuo caso il trasferimento al nord avrà fatto la parte del leone... Quale vantaggio e invece quale perdita ha determinato la tua scelta?
«In un primo momento le maggiori difficoltà erano di natura ambientale; la lontananza dalla famiglia, dai parenti, dalla ragazza, nonché un certo imbarazzo che accompagna un giovane meridionale nei suoi primi approcci col settentrione, avevano creato qualche perplessità iniziale nell’accettare la soluzione comasca, per altro accreditata dal desiderio di scoprire il mondo che si muoveva fuori da Lecce, fino ad allora totalmente estraneo per me. Quindi in un’altalena di emozioni sono giunto in riva al lago dove, per la prima volta, ho realizzato che nel calcio nulla viene regalato e ho perciò dovuto lottare parecchio per farmi apprezzare dalla società, dai compagni, ma soprattutto dai tifosi. Mentre in Puglia ero il ragazzino coccolato e vezzeggiato dalla squadra perché rappresentavo il frutto del vivaio, a Como ho conosciuto l’altra faccia del pallone, ben più spigolosa di quanto sembri apparentemente. Però l’esperienza fatta mi ha maturato moltissimo e mi ha reso più forte nella tecnica e nel carattere; dunque sono partito da casa che ero poco più di un ragazzino e sono diventato un uomo...».
– Con la vecchia Signora si è aperto un nuovo capitolo della tua vita; che significato ha avuto per te approdare alla società bianconera?
«Juventus come garanzia dello sport è il motto che accomuna questo team a un’altra grande italiana; la Ferrari; due idoli per milioni di persone che seguono rispettivamente il calcio e la formula uno. Perciò nei sogni di ogni giovane promessa calcistica si nasconde il desiderio d’indossare la maglia zebrata, e personalmente mi sento parte integrante di questa ampia fetta di atleti. Quindi nel momento in cui ho dovuto esprimere un parere in merito al mio trasferimento non ho avuto dubbi e sono arrivato a Torino, benché fosse in ballottaggio pure l’Inter. Forse con la casacca nerazzurra avrei disputato l’intero campionato da titolare, ma la mia indole bianconera ha fatto pendere l’ago della bilancia in direzione della Mole».
– Si dice che tu sia un pupillo di Marchesi, e proprio il desiderio dell’allenatore abbia inciso sul tuo trasferimento; quanto c’è di vero in questa affermazione?
«Probabilmente il ricordo di una splendida stagione coi colori azzurri ha avuto un ascendente sulle scelte della Juventus; perciò non posso che essere lusingato dell’attenzione che il tecnico ha mostrato nei miei confronti e spero di ricambiare la sua fiducia con ottime prestazioni anche con la maglia bianconera».
– Com’è il tuo rapporto con la dirigenza della Juventus?
«Nonostante la collaborazione si protragga da pochi mesi, ho avuto modo di ammirare un desiderio reciproco della società e dei giocatori d’instaurare un dialogo basato sulla fiducia, sulla stima e su un’amicizia di fondo necessaria per attenuare il naturale distacco che esiste tra le due posizioni. Per dar credito a questa tesi posso citare che il Presidente, considerato un uomo freddo, è in realtà una persona eccezionale, ben disposta a incoraggiare un giocatore nei momenti difficili, molto cordiale in ogni situazione e oltretutto simpaticissima».
– Proprio all’inizio della preparazione hai subito un infortunio che ti ha tenuto lontano dai campi di gioco per diverse settimane; quanto pensi ti abbia penalizzato tutto ciò nella ricerca dell’intesa coi compagni?
«Ancora oggi, a distanza di tanti mesi, avverto le conseguenze di una stagione iniziata con un certo ritardo; infatti, benché abbia raggiunto la forma migliore, sono danneggiato nel ritmo, non in sintonia con quello degli altri bianconeri».
– Le tue prestazioni, se pur brillanti, restano occasionali. Non pensi di meritare un posto da titolare?
«A 25 anni la carriera e ancora in fase di ampio sviluppo per cui posso attendere senza preoccupazione; oltretutto occorre considerare che la Juventus vanta nel mio ruolo gente come Cabrini, Favero e Brio: uomini che conoscono ogni più piccolo segreto del calcio e hanno in coppe e scudetti gli attestati più eloquenti della loro bravura Perciò sarebbe assurdo se, dopo sole tre partite, rivendicassi uno spazio di primo piano; l’importante e dimostrare la propria validità nei momenti opportuni, dopodiché il tempo sarà un prezioso alleato!!».
– Lo stare in panchina dopo un trascorso da titolare, sia pure col Como, che conseguenze porta a livello psicologico in un atleta?
«Certamente nessun calciatore se pur di giovane età apprezza una soluzione di ripiego, soprattutto se alle spalle vanta stagioni di piena attività; quindi il danno che scaturisce à prevalentemente di natura psichica. Pero nel mio caso devo dire che ero consapevole di dover fare un iniziale rodaggio e ho accettato ugualmente, pur mettendo in preventivo questo rischio, per ragioni affettive che mi legano da lunga data alla maglia bianconera».
– Hai la nomea di essere tra i più simpatici e divertenti; quali sono le battute migliori del tuo repertorio?
«Benché in un primo momento abbia avuto un certo timore di fronte a tanti campioni, dopo una conoscenza maggiore degli altri ragazzi, sono riuscito a superare il baratro d’imbarazzo e ho potuto esprimere la mia indole piuttosto vivace. Oggi sono un trascinatore del gruppo, ma nonostante ciò in tema di barzellette sono poco esauriente».
– Dunque sembra che tu abbia familiarizzato bene coi compagni di squadra; chi per carattere è sincronizzato meglio con te?
«Denominatore comune dello spogliatoio bianconero è l’allegria; a Como i giocatori hanno un’età pressoché analoga, qui a Torino invece la rosa è molto flessibile in quel senso, perciò i giocatori di 30 anni vantano una serietà ancora sconosciuta a noi giovani. La simpatia però supera anche la barriera anagrafica e ci rende tutti partecipi agli scherzi altrui: da Buso a Cabrini senza eccezione alcuna».
– Frequenti i colleghi anche fuori dal campo?
«La dimensione della città, nonché la presenza di figli in parecchie famiglie, penalizza i ritrovi extracalcistici... Ma quando le circostanze favoriscono incontri tra compagni di squadra si approfitta della situazione e si organizzano cene o uscite in gruppo».
– È vero che gran parte dei problemi che nascono sul campo si possono risolvere con una maggiore conoscenza dei compagni?
«Un elemento fondamentale nel mondo del calcio è lo spogliatoio; la presenza di astio o d’indifferenza è il presupposto di un campionato in sordina. Al contrario una sincera amicizia con gli altri giocatori e col tecnico è il sintomo più evidente del successo».
– Molti tuoi colleghi sono piuttosto restii nel rilasciare interviste di carattere personale; anche tu sei geloso del tuo privato?
«Non penso che una conoscenza più approfondita della mia vita possa nuocere alla carriera, mentre può rendere più affiatato il tifoso nei miei confronti. Quindi sono favorevole alla figura del calciatore come personaggio pubblico, con tutte le conseguenze, positive e non, che tale concezione comporta».
– Sei sposato?
«Sì».
– Come hai conosciuto tua moglie?
«La sua abitazione distava circa tre chilometri dalla mia, per cui tramite alcuni parenti ho avuto modo di incontrarla e... Cupido ha fatto il seguito!!».
– Cosa ti ha colpito maggiormente in lei?
«È luogo comune parlare d’intelligenza; in realtà l’impatto iniziale avviene con l’aspetto fisico, perciò di primo acchito sono rimasto affascinato dalla sua persona. In seguito ho avuto moda di apprezzare anche il carattere e ho scoperto di amarla».
– Quanta incidenza può avere la vita affettiva nella carriera?
«La famiglia è un tassello fondamentale nel mosaico di un campione: la tranquillità domestica può garantire un rendimento elevato al calciatore, mentre i problemi coniugali possono dare risvolti negativi pure sul lavoro».
– Se durante una passeggiata una tifosa ti avvicina e fa degli apprezzamenti sulla tua persona, tua moglie come reagisce?
«Per orgoglio dimostra una certa superiorità, ma, conoscendola, so che è gelosa».
– Tua moglie segue con interesse la tua carriera sportiva?
«Il mondo del calcio non l’ha mai coinvolta appassionatamente: solo ora comincia a carpire il significato di area di rigore, di centro campo; senza per altro mostrare un attaccamento che esorbiti da quello strettamente affettivo».
– Avete dei figli?
«Sì, una bambina di tre anni e mezzo di nome Sandra».
– Ma com’è Pasquale Bruno in pantofole?
«Scarico la tensione accumulata durante le partite davanti al televisore; quindi trascorro molte ore in compagnia di Sandra e di mia moglie per supplire alle tante giornate che la mia professione ruba alla famiglia».
– In casa riesci a estraniarti dal mondo del calcio, oppure una parte di te resta legata alla professione?
«È difficile separare la sfera affettiva da quella professionale, anche se, involontariamente, si resta coinvolti nel ciclone che suscita oggi la nostra attività. Quindi in ogni persona viene istantaneo seguire le trasmissioni sportive, anche quando è vivo il desiderio di dimenticare la parentesi lavorativa per qualche ora».
– Da qualche mese vivi a Torino; come giudichi il capoluogo piemontese?
«Ho sempre avuto simpatia per questa città, apparentemente fredda, che s’identifica bene col mio carattere. Negli anni passati avevo modo di conoscerla solo superficialmente; oggi ho l’opportunità di scoprire ogni angolo, anche grazie a una totale discrezione della gente che non infastidisce i personaggi pubblici ogni qual volta passeggiano per le vie del Centro».
– Hai avuto modo di conoscere le bellezze artistiche della nostra città?
«A causa dei frequenti impegni di lavoro ho potuto ammirare solo la Basilica di Superga: un monumento cittadino che riporta alla luce una storta molto amara per il capoluogo piemontese. La tragedia del grande Torino è viva ancora oggi nel cuore di moltissime persone; perciò la struttura architettonica, per altro molto bella, lascia spazio alla memoria di uomini e campioni indimenticabili e il ricordo di quel tempo dona un tocco di fascino alla costruzione».
– Tu provieni da una città di provincia; quali analogie e quali differenze hai riscontrato tra il tifoso di Como e quello di Torino?
«La Juventus per anni ha sempre significato vittoria e di conseguenza il suo pubblico, abituato a grandi campioni, si è avvezzato alle grosse imprese dimenticando col tempo il sapore delle sfide e della concorrenza; in quanto era consuetudine nel calcio italiano un monopolio bianconero. La cittadina lombarda, invece, rappresentava un capitolo atipico al punto che spesso noi giocatori avevamo l’impressione di essere in Svizzera. Quest’isola felice era contornata da un pubblico e da un calore impressionante alla domenica, mentre durante la settimana era tipica poca pubblicità, ma tanta tranquillità. Le motivazioni di questa pace sono da ricercare non nelle dimensioni della città – infatti anche nel sud, Avellino e Ascoli contano pochi abitanti però il calcio è il centro del mondo, tutto ruota intorno alla squadra locale e ai suoi campioni – ma nella concezione dello sport inteso, in riva al lago, come uno dei passatempi domenicali per gli abitanti locali, in alternativa ad altre attività».
– Quest’anno i risultati hanno deluso le attese del pubblico, perciò si è sviluppato un clima freddo nei vostri confronti; cosa diresti ai tifosi per catturare nuovamente la loro attenzione?
«Vorrei ricordare alla gente bianconera un ricorso storico: difficilmente la Juventus fallisce più appuntamenti consecutivi.  Perciò è in programma un pronto riscatto, per regalare nuove soddisfazioni alla gente che ogni domenica ci segue con passione».
– Si dice che anche negli hobbies un individuo esprima la sua personalità; tu quali interessi hai oltre al calcio?
«Il mio tempo libero quest’anno è pienamente assorbito dallo studio; infatti ho deciso di diplomarmi e, poiché ricominciare dopo parecchio tempo è molto difficile, occorre il massimo impegno».
– È importante per un calciatore la cultura?
«Ritengo sia indispensabile una conoscenza di base per poter affrontare ogni discussione con un bagaglio d’idee tali da poter esprimere dei giudizi personali. A questo proposito devo dar atto ai consigli di mio padre, da me snobbati qualche anno addietro, e ora puntualmente riscoperti. Proprio in virtù di questa ragione ho deciso d’impegnarmi per essere culturalmente preparato in ogni circostanza; e tra qualche mese l’Italia potrà vantare un geometra in più…».
– Quali programmi segui alla televisione?
«E mia consuetudine guardare il telegiornale per avere una conoscenza generale dei fatti di cronaca che interessano l’Italia e il mondo; inoltre apprezzo molto il nuovo show di Renzo Arbore: “Indietro tutta”, oggetto di divertimento quotidiano nello spogliatoio bianconero».
– Le tue caratteristiche fisiche, nonché i tratti del tuo volto, farebbero di te un potenziale attore; non ti ha mai sfiorato l’idea d’interpretare un film?
«Per la verità alcune volte ho avuto il desiderio di tentare un’avventura simile, ma i miei impegni calcistici impediscono la realizzazione di ogni progetto in tal senso. Però se un giorno dovessi scegliere un’attività alternativa al pallone non giocherei le mie carte nel cinema, ma piuttosto mi cimenterei nel mondo della moda».
– Ma se domani un regista ti proponesse un ruolo, chi vorresti interpretare?
«Sicuramente scarterei una parte troppo impegnativa, non idonea al mio grado culturale; forse accetterei un personaggio in un film d’avventura sul genere di “Un tranquillo weekend di paura” o di “Rambo”».
– Quali sono le tue preferenze musicali?
«Sono un grande estimatore dei Genesis di cui conservo gelosamente ogni Lp dal 1969 a oggi, per un totale di 15 long plain veramente eccezionali».
– E in tema di canzoni italiane?
«Apprezzo i cantautori: in particolare Baglioni, Cocciante, De Gregori e Dalla».
– Come ogni anno questo è il periodo dei rimpianti e delle promesse; come pensi si possa sviluppare per te il 1988?
«Mi auguro di trascorrere una stagione tranquilla sotto il profilo della salute e di realizzare tanti successi in campo professionale».
– Un’ultima domanda: pensi di continuare il tuo rapporto con la società bianconera anche l’anno prossimo?
«Ho un contratto che mi lega alla Juventus per tre stagioni, quindi spero di soddisfare le esigenze della squadra così da poter portare a termine l’impegno sottoscritto. Se poi mi fosse confermata la fiducia per gli anni futuri, sarei ben lieto di protrarre la collaborazione fino al duemila e anche oltre».
Facendo riferimento ai famosi ricorsi storici, di G.B. Vico si può effettivamente notare, una certa analogia tra la teoria dell’antico filosofo napoletano e la Juventus.
La società di Piazza Crimea puntualmente riesce a smentire tutti coloro che giudicano ormai tramontata l’era bianconera; in passato, ogni qual volta si verificavano stagioni di transizione come l’attuale, si dava per concluso il calcio di vittorie, ma con orgoglio la squadra torinese rispondeva con nuovi allori allo scetticismo che pullulava nel mondo del calcio.
Oggi i presupposti sono tali da far rivivere la situazione sopra citata; perciò, secondo una linea di condotta ampiamente collaudata, la società saprà restituire la grinta recentemente smarrita. Quindi sull’esperienza dei campioni e sulla vitalità di giocatori come Bruno, Alessio e Buso: giovani tra i più promettenti del campionato, la vecchia signora saprà costruire le fondamenta di un nuovo «corso» di splendore…
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Il campionato 1987-88 della Vecchia Signora è molto deludente: eliminata subito dalla Coppa dei Campioni, non riesce mai a entrare nella lotta per lo scudetto. Bruno totalizza, comunque, 34 presenze e ha il merito di legare molto con Ian Rush, oggetto misterioso di quella squadra. Il gallese ricordava divertito di quando Pasquale gli insegnava le parolacce in pugliese!
La Juventus che si presenta alla partenza del campionato 1988-89, vede Dino Zoff in panchina; l’ex portiere ha molta fiducia in Bruno e lo promuove titolare, grazie alla sua capacità di disimpegnarsi in tutti i ruoli difensivi. Durante questa stagione, Pasquale realizza un gol di rara bellezza, contro il Napoli, in Coppa Uefa, che rimarrà l’unica segnatura con la maglia juventina. «Oltre alla comprensibile soddisfazione personale, ho gioito per la squadra che poteva così riscattarsi di fronte a un pubblico caloroso. Anche se per pochi giorni, sono stato l’artefice di un bel sogno. Ho avvertito un susseguirsi di emozioni indescrivibili, ma l’unico pensiero è stato per la mia famiglia».
L’ultima stagione in bianconero è in chiaro scuro: totalizza una trentina di presenze, ma sono più le espulsioni e le squalifiche che le partite giocate bene. Nel suo palmarès, comunque, ci sono la Coppa Uefa e la Coppa Italia conquistate in quella stagione. 
Così, nell’estate del 1990 attraversa idealmente in Po e passa al Torino, lasciando pochi rimpianti. «Io non sputo nel piatto dove ho mangiato: la Juve mi ha dato il successo, i soldi e la possibilità di conoscere alcuni grandi personaggi come l’avvocato Agnelli e Boniperti. Quella maglia granata, però, mi è rimasta addosso per sempre».
 

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