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Socrates

Marco Pacione

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Un incubo di nome Pacione: quel gol al Barcellona che la Juventus sta  ancora aspettando - La Stampa
 
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Una historia de fútbol: El Juve-Barça que hundió a Pacione – Toni Cruz
 
 
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  1982-1986.png.4e34500fc068058a123637fe573425eb.png  MARCO PACIONE 

 

Marco Pacione - Alchetron, The Free Social Encyclopedia

 

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Marco_Pacione

 

 

Nazione: Italia Italia
Luogo di nascita: Pescara
Data di nascita: 27.07.1963

Ruolo: Attaccante
Altezza: 187 cm
Peso: 80 kg

Soprannome: -

 

 

Alla Juventus dal 1985 al 1986

Esordio: 21.08.1985 - Coppa Italia - Perugia-Juventus 0-0

Ultima partita: 06.04.1986 - Serie A - Fiorentina-Juventus 2-0

 

23 presenze - 0 reti

 

1 scudetto

1 coppa intercontinentale

 

 

Marco Pacione (Pescara, 27 luglio 1963) è un dirigente sportivo ed ex calciatore italiano, di ruolo attaccante.

 

 

Marco Pacione
Pacione Marco.jpg
Pacione all'Atalanta nei primi anni 1980
     
Nazionalità Italia Italia
Altezza 187 cm
Peso 80 kg
Calcio Football pictogram.svg
Ruolo Attaccante
Termine carriera 1994
Carriera
Giovanili
19??-1982   Atalanta
Squadre di club
1982-1985   Atalanta 85 (26)
1985-1986   Juventus 23 (0)
1986-1989   Verona 87 (15)
1989-1990   Torino 30 (6)
1990-1992   Genoa 22 (1)
1992-1994   Reggiana 33 (7)
1994   Mantova 15 (2)

 

Caratteristiche tecniche

È ricordato come un centravanti che esibiva «una malizia non comune», tra le altre cose molto abile nell'«appoggiarsi e fare perno sul marcatore avversario».

Carriera

Giocatore

Atalanta

Pacione cresce calcisticamente nel vivaio dell'Atalanta, con cui fa il suo debutto nel calcio professionistico nella stagione 1982-1983, non ancora ventenne, scendendo in campo 20 volte e segnando 6 reti in Serie B. Nell'annata successiva, 1983-1984, consolida la sua importanza all'interno della squadra bergamasca, rivelandosi uno dei principali artefici della promozione in Serie A con 15 reti in 36 gare disputate, conquistando a corollario il titolo di capocannoniere del campionato cadetto.

 

Nella stagione 1984-1985, in cui debutta in massima categoria, nonostante la giovane età è ormai tra i punti fermi degli orobici; giovando dell'affiatamento con il compagno di reparto Strömberg, contribuisce con 5 gol in 29 partite di campionato alla salvezza nerazzurra, togliendosi inoltre la soddisfazione di andare a segno sul campo della Roma e contro i futuri campioni d'Italia del Verona.

Juventus

220px-Marco_Pacione%2C_Juventus-Barcello
 
Pacione alla Juventus nel 1986, contrastato dal blaugrana Víctor, nel retour match dei quarti di Coppa dei Campioni (1-1).

 

Le positive stagioni a Bergamo danno l'opportunità a Pacione, nell'estate 1985, di andare a vestire la maglia di una big del calcio italiano, la Juventus campione d'Europa in carica e al centro di un profondo rinnovamento della rosa nel post-Heysel; i piemontesi, anche alle prese con il lento recupero dell'infortunato Briaschi, acquistano il giovane e promettente Pacione con l'idea di farlo crescere gradualmente, affidandogli il ruolo di vice-Serena.

 

Tuttavia il giovane non si dimostra all'altezza delle aspettative e l'esperienza in bianconero si rivela negativa, costellata da vari e grossolani errori in fase realizzativa. Poco impiegato sino alla primavera, viene improvvisamente buttato nella mischia in una delle fasi più importanti della stagione, ovvero il doppio confronto nei quarti di Coppa dei Campioni contro il Barcellona, inframezzato dalla sfida-scudetto sul campo della Roma; un infortunio di Briaschi fa sì che l'allenatore Giovanni Trapattoni lo inserisca dopo 10' nell'andata di coppa al Camp Nou (persa 0-1), mentre l'ulteriore forfait di Serena gli consegna una maglia da titolare prima per la gara di campionato contro i giallorossi e poi per il retour match al Comunale contro i catalani.

 

Se già nel big match dell'Olimpico (perso 0-3) non brillò, sarà soprattutto la gara del 19 marzo 1986 contro il Barcellona a rivelarsi, a posteriori, lo spartiacque nella carriera di Pacione: nei 90' contro i blaugrana si rende protagonista di numerosi e marchiani sbagli sottorete, di «rara sciaguratezza», che a qualificazione sfumata (1-1) ne fanno suo malgrado il capro espiatorio dell'eliminazione.

 

Pacione conclude la stagione con 12 presenze in Serie A, senza mai segnare. Durante la permanenza a Torino si toglie comunque la soddisfazione di laurearsi campione d'Italia e di vincere la Coppa Intercontinentale, seppur da comprimario; tuttavia la succitata e opaca prestazione contro il Barcellona, di fatto aveva già posto termine alla sua avventura in bianconero nonché alle sue possibilità di carriera ad alti livelli.

Verona

260px-Serie_A_1987-88_-_Verona_vs_Fioren
 
Pacione in azione al Verona, mentre batte il portiere viola Landucci nella vittoriosa sfida di campionato del 24 gennaio 1988 (1-0).

 

Dopo appena un anno, la Juventus si libera senza troppe remore di Pacione, cedendolo al Verona. Diversamente da Torino, in Veneto l'attaccante riesce parzialmente a riscattarsi, disputando tre stagioni su buoni livelli. Nel primo campionato con gli scaligeri, 1986-1987, sigla 4 reti in 28 partite, contribuendo al quarto posto finale in classifica e annessa qualificazione in Coppa UEFA. Rimane su tali livelli realizzativi anche nelle restanti due annate, con 6 gol in 29 presenze nel 1987-1988, e 5 reti in 30 gare nel 1988-1989; in quest'ultima si toglie anche la soddisfazione di realizzare una doppietta all'ex squadra bianconera nella vittoriosa sfida di campionato del 12 febbraio 1989 al Bentegodi (2-0).

 

Risalgono inoltre al periodo in maglia gialloblù le sue due apparizioni (1 gol) con la maglia della nazionale B, con la quale debutta il 18 novembre 1987.

Torino e Genoa

Nell'estate 1989 passa al Torino, scendendo in serie cadetta. Nell'unica stagione in maglia granata Pacione ottiene la sua seconda promozione in massima categoria, contribuendo al salto di categoria con 6 marcature in 30 partite di campionato giocate. Ceduto nell'estate seguente, nel campionato 1990-1991 ha comunque modo di calcare i campi di Serie A grazie al passaggio al Genoa. Con i rossoblù disputa 18 partite segnando 1 rete, la sua ultima in massima categoria. L'anno successivo viene utilizzato soltanto in 4 occasioni, nelle quali non riesce a trovare la via del gol.

Reggiana e Mantova

Nell'estate 1992 si accasa alla Reggiana, in Serie B, dove giocando da titolare ottiene la terza promozione in A della sua carriera, cui contribuisce con 7 gol in 32 partite. Nella stagione 1993-1994 scende in campo per l'ultima volta in massima categoria con gli emiliani, prima di passare, nel gennaio 1994, al Mantova, in Serie C1. Con i virgiliani, dopo 15 presenze e 2 reti in campionato, chiude prematuramente la sua carriera agonistica all'età di trentuno anni, dopo aver collezionato 151 presenze e 21 reti in Serie A, e 118 presenze e 35 reti in Serie B.

Dirigente

Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, Pacione torna nella città di Verona legandosi stavolta al Chievo, per ricoprire dal 1995 il ruolo di team manager dei clivensi. Dopo la mancata iscrizione ai campionati della squadra gialloblù nel 2021, inizialmente rimane a collaborare con Campedelli al progetto "Chievo Sona"; ma a causa dei ritardi nello sviluppo, il 5 ottobre 2022 assume l'incarico di direttore sportivo del Vigasio, militante nel campionato veneto di Eccellenza.

Palmarès

Club

Competizioni nazionali

Atalanta: 1983-1984
Torino: 1989-1990
Reggiana: 1992-1993

Competizioni internazionali

Individuale

 

 

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Da Pescara, classe 1963, è l’attaccante che, nella stagione 1985-86, deve sostituire il titolare Serena all’occorrenza, o affiancarlo quando si tratta di dare maggiore peso e incisività all’attacco bianconero. Il ragazzo, che nell’Atalanta in Serie B era stato ribattezzato Paciogol per la sua abitudine a segnare reti pesanti, è un talento naturale: gran fisico, buon colpitore di testa, sembra fatto apposta per sfondare le difese avversarie.
Racconta il giorno del raduno: «Essere alla Juventus è come arrivare al top, al gradino più alto. Quando ero a Bergamo, nell’Atalanta, sapevo che la Juventus mi stava facendo seguire e si interessava a me. Ora vivo questa esperienza con umiltà e con una gioia incredibile. Non sono storie; quando mi hanno fatto sapere che sarei stato bianconero, mi è sembrato di essere di colpo entrato a far parte del grande calcio. Poi, mi sono detto, quello era soltanto un passaggio e non il traguardo finale. Alla Juventus si deve far sempre bene, crescere con il tempo».
Trapattoni gli dà spesso fiducia, non sempre però ripagato dal ragazzo, che offre buone prestazioni ma che, dopo essersi procurato non poche occasioni da goal, manca sistematicamente di lucidità al momento di concludere, fallendole clamorosamente. La svolta negativa di una stagione già poco entusiasmante arriva una sera di gran gala, in primavera; c’è il Barcellona nei quarti di finale di Coppa dei Campioni, e Trapattoni schiera Pacione nell’undici di partenza, al posto dell’infortunato Serena. Nel primo tempo la Juventus, che deve recuperare lo 0-1 subito al Camp Nou, attacca e Platini offre al centravanti pescarese almeno tre ghiotte palle goal, tutte mancate di un soffio. Poi, una rete dello scozzese Archibald, in forza agli azulgrana, ammutolisce lo stadio e rende ancora più evidente le opportunità non sfruttate da Pacione.
A fine stagione, Marco da Pescara è ceduto al Verona, dove, ironia della sorte, non solo riprenderà a fare goal, ma ne rifilerà addirittura due, in un colpo solo, proprio ai bianconeri, in un Verona-Juventus che lo consegnerà direttamente alla leggenda dei tifosi veronesi. Tre stagioni in Veneto, poi il ritorno a Torino, sponda granata, per disputare il campionato di Serie B; altri quattro tornei con Genoa e Reggiana, per poi concludere la carriera a Mantova, in Serie C, nella stagione 1994-95.
Nell’anno della Juventus, concluso con la conquista del ventiduesimo scudetto, Pacione, mette comunque insieme ventitré partite, di cui quattro in Coppa dei Campioni, pur senza andare mai a segno. Strano destino per un giocatore che in carriera ha realizzato più di settanta reti, molte delle quali, decisive ai fini del risultato.

ANGELO CAROTENUTO, DA REPUBBLICA.IT DEL 5 GIUGNO 2015
Aveva gli anni di Morata e l’esperienza europea di Sturaro. Veniva dalla provincia come Scirea e sognava di diventare un altro Paolo Rossi. Un bravo ragazzo. Cognome e nome Pacione Marco, riserva della riserva del centravanti titolare della Juve, 1986, quarti di finale di Coppa dei Campioni. Se fosse un libro di Colin Shindler, la storia di quella sera avrebbe un titolo facile e diretto: “Il Barcellona mi ha rovinato la vita”. Insomma, all’età di anni ventidue, al povero Pacione tocca di giocare al centro dell’attacco della Juve nella sera in cui mancano contemporaneamente Serena e Briaschi. Non solo. Gli capita di avere tre volte l’occasione di mettere la palla in porta e di sbagliare sempre. La Juve va fuori dalla coppa e siccome Ennio Flaiano aveva capito come gira il mondo, succede che gli italiani corrano in soccorso dei vincitori. Pacione? Si può distruggere.
È il mese di marzo. L’era di Giovanni Trapattoni alla Juve sta finendo. Gianni Brera su Repubblica riferisce che «il proto fotografo Silver Maggi ha sentito bestemmiare adirato Michel Platini e chiedere a Pacione se per caso si considerasse in vacanza». Non è più elegante il portiere dei catalani, Urruticoechea, che a fine partita regala la sua sintesi: «Pacione è stato un amico». Per uno di quei casi clamorosi in cui la realtà si trasforma in tempesta mediatica, il nome di Pacione entra nella tipologia linguistica. Il “Guerin Sportivo” titola “Mi manda Pacione”, giocando con un film di gran successo dell’epoca (“Mi manca Picone”). Se c’è un disastro, si evoca Pacione. Il nuovo mangiatore di goal per antonomasia. Scalza finanche lo sciagurato Egidio, il celebre Calloni milanista.
Invano il ragazzo prova a spiegare che in realtà s’è mangiato soltanto un goal, che la seconda occasione non era così facile da trasformare e sulla terza Urruticoechea ha avuto fortuna. Dice: «Ho lottato, ho combattuto, credo di avere fatto il mio dovere. Quello che mi è toccato è insieme un onore e un onere». Non sa ancora che resterà soltanto l’onere. Alla Juve intuiscono tutto subito. A parte le bestemmie di Platini, la reazione ufficiale è di solidarietà. Briaschi: «Anche Pelé ha sbagliato molto». Sivori, grande ex e all’epoca opinionista TV: «Era emozionato». Boniperti, il presidente: «Non facciamo di Pacione la rovina della Juventus. Palle goal più facili delle sue ne ho sbagliate tante anch’io. È stato ingaggiato per formarsi gradualmente». La realtà è più complessa. Il ragazzo viene mandato a dormire in casa di un compagno di squadra (Bonetti), perché non rimanga solo. Dichiarazione di Bonetti: «Secondo me ha giocato bene, anche se adesso maledice la partita». Adesso. Bonetti è un ottimista. Il giorno dopo al campo Pacione non c’è. I giornali scrivono che s’è assentato per legittima difesa. Non ha il telefono in casa, deve concentrarsi sugli studi per prendere il diploma di geometra, pure il brasiliano Junior del Torino si mette nei suoi panni: «Metterlo in croce è assurdo, impietoso». Trapattoni allora accorre e rasserena: «Ho piena fiducia in lui per il futuro». La Juve lo venderà al Verona. Il sabato che precede la partita successiva, Pacione ha la voce bassa: «Ho già detto tante cose, è meglio che adesso stia zitto».
Non ha aggiunto molto altro da allora. Riprese a far goal a Verona, con il Torino e con la Reggiana (due promozioni dalla Serie B alla Serie A). Ma quella notte deve essere ancora un tarlo, se finanche oggi che è felicemente il team manager del Chievo, a distanza di trent’anni, preferisce sorvolare. «È passato molto tempo, ho fatto la mia carriera, non ho voglia di ricordare». Maledetto Barcellona, come diceva Colin Shindler dello United. Se non altro, a Pacione non hai rovinato la vita.

 

https://ilpalloneracconta.blogspot.com/2012/07/marco-pacione.html

 

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