Vai al contenuto
Accedi per seguire   
Socrates

Ercole Rabitti - Calciatore E Allenatore

Recommended Posts

Joined: 04-Apr-2006
130850 messaggi
Inviato (modificato)
Tutti gli allenatori della Juventus - Il Post
 
Le fatiche di Ercole parte 1 - Toro News
 
Figura:Ercole Rabitti.jpg - Wikipedia an piemontèis, l'enciclopedìa lìbera  e a gràtis
Modificato da Socrates

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 04-Apr-2006
130850 messaggi

1940-1971.png.915bdb20ec960544da3248517be07f4e.png ERCOLE RABITTI 1931-1940.png.f6f805c57195f29b390d40b1231d9527.png

 

Profile Manager Ercole Rabitti

 

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Ercole_Rabitti

 

 

Nazione: Italia Italia
Luogo di nascita: Torino
Data di nascita: 24.08.1921

Luogo di morte: Ferrara

Data di morte: 27.05.2009
Ruolo: Attaccante
Altezza: 168 cm
Peso: 60 kg

Soprannome: -

 

 

Alla Juventus dal 1939 al 1943

Esordio: 28.04.1940 - Coppa Italia - Juventus-Brescia 3-0

Ultima partita: 11.10.1942 - Serie A - Venezia-Juventus 1-1

 

7 presenze - 1 rete

 

1 coppa Italia

 

Allenatore della Juventus dal 1963 al 1964 e dal 1969 al 1970

 

31 panchine - 15 vittorie - 9 pareggi - 7 sconfitte

 

 

Ercole Rabitti (Torino, 24 agosto 1921  Ferrara, 27 maggio 2009) è stato un allenatore di calcio e calciatore italiano, di ruolo attaccante.

 

 

Ercole Rabitti
Ercole Rabitti.jpg
Rabitti al Fanfulla negli anni 1950
     
Nazionalità Italia Italia
Altezza 168 cm
Peso 60 kg
Calcio Football pictogram.svg
Ruolo Allenatore (ex attaccante)
Termine carriera 1957 - giocatore
1981 - allenatore
Carriera
Squadre di club
1939-1943   Juventus 7 (1)
1943-1944   Casale 14 (0)
1945-1946   Cuneo 20 (3)
1946-1947   Spezia 33 (9)
1947-1948   Viareggio 33 (9)
1948-1952   Como 116 (36)
1952-1955   Fanfulla 86 (15)
1955-1956   Cecina 28 (8)
1956-1958   Anconitana 54 (12)
1958-1959   Asti 25 (4)
Carriera da allenatore
19??-1964   Juventus Giovanili
1964   Juventus  
1966-1967   Savona  
19??-1969   Juventus Giovanili
1969-1970   Juventus  
197?-1980   Torino Giovanili
1980-1981   Torino

 

Carriera

Giocatore

Come calciatore, Rabitti esordì in Serie A con la Juventus il 26 maggio 1940 nell'incontro di campionato Juventus-Napoli 2-1. Con la maglia bianconera, però, collezionò appena 7 presenze e 1 rete, cosicché proseguì la sua carriera in altre squadre, in particolare con il Como dal 1947 al 1952, con 116 presenze e 35 reti realizzate. Prese così parte alla stagione migliore del club lariano, che nel campionato di Serie A 1949-1950 conquistò il settimo posto.

Allenatore

220px-D%27amico%2C_Rabitti%2C_van_de_Kor
 
Rabitti allenatore del Torino nella stagione 1980-1981, tra i suoi calciatori D'Amico (a sinistra) e van de Korput (a destra).

 

Come allenatore, dopo aver iniziato nel settore giovanile nella Juventus, nella parte finale della stagione 1963-1964 venne promosso sulla panchina della prima squadra bianconera, subentrando a Eraldo Monzeglio il quale contestualmente passò ad affiancarlo come direttore tecnico. Allenò in seguito il Savona nel campionato di Serie B 1966-1967, conclusosi con la retrocessione dei liguri.

 

Tornato nel frattempo a occuparsi del vivaio della Juventus, nell'annata 1969-1970 venne richiamato in prima squadra sostituendo in ottobre Luis Carniglia: rimontando da una pessima situazione di classifica, sfiorò lo scudetto dando filo da torcere al Cagliari poi campione d'Italia. 

 

Successivamente passò ai concittadini del Torino dove per vari anni allenò nel settore giovanile; nel febbraio del 1980 subentrò a Luigi Radice alla guida della prima squadra, conducendo i granata al terzo posto finale in campionato e alla finale di Coppa Italia (persa contro la Roma), prima di venire a sua volta sostituito nel marzo del 1981 da Romano Cazzaniga.

 

È morto il 27 maggio 2009 all'età di 87 anni.

Palmarès

Giocatore

Competizioni nazionali

Allenatore

Competizioni giovanili

 
Modificato da Socrates

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 04-Apr-2006
130850 messaggi

1940-1971.png.915bdb20ec960544da3248517be07f4e.png ERCOLE RABITTI 1931-1940.png.f6f805c57195f29b390d40b1231d9527.png

 

rabitti.jpg

 

 

 

All’alba degli anni settanta – racconta Vladimiro Caminiti – è riuscito ad arrivare alla prima squadra un maestro di calcio come monsù Rabitti. Fu un momento di fortuna, magari, oltre che specialissimo nella storia della Juventus, alla caduta del presidente oratore Catella all’inizio del regno del geometra Boniperti come dirigente unico responsabile, ecco l’allenatore delle squadre minori, il piccolo sanguigno, dalle orecchiette caprine, dagli occhi azzurri smerigliati, Ercole Rabitti riceve la squadra all’uscita dalla scena dell’hidalgo appassionato Luis Carniglia e la guida per mesi con mano tecnica audace e sicura, con idee modernissime e preparazione atletica di squillante novità, meritandosi la considerazione pur di professional navigati come Helmut Haller.

Gran momento oltre che per monsù, per il suo allievo prediletto Furino. Finalmente appagati e compensati, anche economicamente, i sacrifici di un maestro vero di calcio, nell’avviare, nell’educare, nel migliorare il calciatore in erba formandolo nel carattere oltre che nel fisico. Furino ha preso da lui, ha imparato i segreti del suo calcio.
La parentesi di Rabitti allenatore della Juventus si esaurì con uno stratagemma della società. Improvvisamente, Rabitti accusò dolorini intercostali e l’opinione anche dei sanitari fu che un periodo di riposo gli facesse assai bene. Tanto più che su suggerimento di Italo Allodi, arrivava come allenatore per la stagione ‘70-71 Armando Picchi. Ma si intuiva già che la parentesi bianconera Boniperti-Allodi non era destinata a vita lunga. Allodi, personaggio alquanto spettacolare e di eccentrica vivacità mentale, non riusciva a legare con Boniperti soprattutto sul piano delle valutazioni tecniche.
Rabitti giocatore aveva cominciato da ala destra e centravanti, diventando poi una mezzala. Aveva buone doti tecniche ma scarsa autonomia. Iniziò a giocare nell’Entella società giovanile torinese. Lavorava alla Fiat come disegnatore reparto autovetture e autocarri di Mirafiori sezione impiegati e ricorda quegli anni come una corsa sola a prendere tram sbocconcellando panini e saltando pasti. La passione era tanta e riuscì a colpire Berto Caligaris, il quale lo accompagnò dal gran dirigente Mazzonis cui disse testualmente: «“Questo ragazzino per me ha le doti a fior di pelle. Prendiamolo, non si può sbagliare”. E Mazzonis disse: “Cosa fa?” “Lavora alla Fiat” rispose Caligaris. E a me, Mazzonis chiese: “Quanto guadagni alla Fiat?” “450 lire al mese” ho risposto. “Alla Juve te ne daremo 600” rispose lui. “Non sono riuscito a dire di sì tanto ero contento...”».
Di sé come allenatore della Juventus in quella esperienza cruciale del torneo 69-70 parla con rancore e quasi rabbia. Rancore e rabbia anche nei propri confronti, la considera la grande occasione non sfruttata della vita professionale. «Diciassette risultati utili consecutivi, con otto vittorie di seguito. Purtroppo bo preso in mano la squadra in un momento di trasformazione della società. Mi si dice che bo mancato di capacità psicologica. Certo oggi non ripeterei certi atteggiamenti».
In realtà, Rabitti non riuscì a intendersi con Boniperti e non riuscì ad apprezzare Allodi. Fierissimo della sua parte tecnica di duca e stratega smarrì la calma operativa e non gli bastò avere lavorato sovranamente bene sul piano tecnico e della preparazione tecnica e atletica. Dovette dire addio alla sua Juventus e accasarsi al Torino come allenatore delle squadre minori. Il fatto di avere sempre lavorato con i ragazzi, modellandoli, plasmandoli, creandoli dal niente, lo fece apprezzare soltanto in campo e nei rapporti con i giocatori. Non compatendo i divi professional e pretendendo dai dorati pelandroni lo stesso impegno dei suoi ragazzi ebbe più di qualche pericoloso battibecco sedato a fatica dal presidente.
Prigioniero del suo concetto di allenatore unico responsabile della parte tecnica non ammetteva né interessamenti di Boniperti alla stretta vicenda tecnica, né ingerenze di estranei. Una strana lacuna psicologica gli impediva serenità nei rapporti con gran parte della stampa e la radiotelevisione; né poteva pretendere di isolare la squadra attorno a se stesso monsù del calcio giocato con tecnica e sentimento.
 
ALBERTO REFRIGERI, “HURRÀ JUVENTUS” NOVEMBRE 1969
Ercole Rabitti è un juventino purosangue: nato a Torino il 24 agosto 1921, è entrato fin da ragazzo, quindici anni, a far parte della famiglia bianconera; dopo avere fatto la trafila nelle squadre giovanili, debuttò in prima squadra nel ruolo di centravanti, nel campionato 1940-41: avversaria la Sampdoria, che allora si chiamava Sampierdarenese: risultato 3 a 0, con un gol del «nostro». Dopo aver giocato sei partite come titolare, fu poi dato in prestito al Casale, quindi al Cuneo in serie B, allo Spezia, al Viareggio sempre nella serie cadetta. Nel 1948 fu ceduto al Como, dove, vincendo il campionato inferiore, tornò in serie A: tre anni nella squadra lariana e poi altrettanti al Fanfulla: ancora due campionati al Cecina e all’Anconitana, ed infine, nel 1959, epilogo della carriera come giocatore nell’Asti.
La Juventus, che aveva stipulato con il Pordenone una convenzione per il prelievo di giovani calciatori, lo inviò nella città veneta come istruttore. L’anno dopo Rabitti è a Torino, dove gli viene affidato tutto il settore giovanile della Società, carica che manterrà per sei anni consecutivi, con un intermezzo (fine ‘64) nella prima squadra dopo la partenza di Monzeglio (due partite nella Coppa Città di Torino, con Dukla, Torino e Stella Rossa e una di Coppa Italia).
Dopo avere svolto fino a pochi mesi fa il compito di osservatore, ai primi di agosto è di nuovo chiamato a dirigere i giovani bianconeri; e ora lo ritroviamo nuovamente come allenatore in prima.
Conosciamo da parecchi anni Rabitti: è un trainer preparato, serio, che sa profondamente di calcio; intransigente nel lavoro e nella disciplina, riesce a spremere il meglio da ogni elemento e ha la grande dote di saper dare la carica, negli allenamenti e prima delle partite. I giocatori, sia i giovanissimi emersi sotto la sua guida (i vari Zigoni, Roveta. Rinero, Furino, Tancredi, Piloni, Pandolfi), sia i cosiddetti «grandi», gli vogliono bene e lo ascoltano perché non si dà arie, lavora con loro e più di loro, li sostiene nei momenti di crisi recuperandoli al meglio, e traendo sempre il massimo da ognuno.
Rabitti non crede troppo nella tattica della panchina: «Secondo me non ha un’importanza determinante come qualcuno vorrebbe far credere: la partita si prepara giorno per giorno durante la settimana, e la domenica sul campo vediamo rispecchiate le risultanze di questo lavoro; naturalmente bisogna che il tecnico in panchina sia preparato all’imponderabile, vedi infortunio con relativa entrata del tredicesimo, vedi mossa dell’avversario da combattere, vedi suggerimenti ai ragazzi sull’esatta posizione da assumere o sul marcamento; ma ripeto, sono soltanto sfumature: tutto è già stato studiato e predisposto prima, alla lavagna e sul campo».
«D’altra parte», prosegue l’allenatore, «dalla panchina, con tutto il vociare che ti ritrovi intorno, anche se ti metti a gridare è difficile che ti capiscano; e quand’anche, se magari rinfacci a caldo a un giocatore l’errore appena commesso, finisci che lo deprimi ancora di più, per cui in definitiva la cosa è controproducente; diciamo piuttosto che mi torna utile un cosiddetto giocatore “faro”, che ho designato in Del Sol: questo, durante l’incontro, deve ogni tanto guardare verso di me in panchina, e ricevere qualche piccola istruzione, qualche ritocco alle marcature, da comunicare poi ai compagni; i quali naturalmente sono a conoscenza dei compiti di portavoce di questo elemento; mi viene così più facile controllare la situazione in campo, ma sempre, ripeto, per cose marginali».
Chiediamo a Rabitti se per lui ha maggior valore la tecnica artistica dell’ingegnere, oppure la volontà dell’operaio. «Prima di tutto il giocatore, ingegnere o operaio che sia, deve essere un atleta, nel pieno senso della parola; voglio dire che al giorno d’oggi anche un “grande” che magari col pallone riesce a fare ciò che vuole, se non è al massimo della forma atletica non tocca palla o quasi. È logico che in una squadra vi sia chi pensa di più e chi meno, chi fa lavorare di più il cervello e chi di più le gambe; l’importante è amalgamare questi due diversi elementi, e cercare di fonderli in un solo, unico blocco; parlo sia della domenica sul campo, che durante la settimana negli allenamenti, come pure nella vita privata: tutti amici insomma, pronti a darsi una mano reciproca a favore della squadra come complesso; quello insomma che avete visto contro l’Inter».
È ottimista Rabitti? «Senza rubbio, e a ragion veduta, senza sbruffonerie: ho dei ragazzi che non sono inferiori a nessuno, so di lavorare con un materiale pregiato, che ha solo bisogno di essere mantenuto al massimo livello di condizione per rendere al massimo: i ragazzi sanno che io non chiedo loro cose impossibili, ma solo quello che ritengo possano dare; già dai primi contatti hanno dimostrato di capirmi, e così non ci sono state inutili perdite di tempo; siamo tutti dei professionisti pagati dalla Società, e con alle spalle milioni di tifosi che ci appoggiano e attendono da noi il meglio; abbiamo un solo traguardo e dobbiamo arrivarci insieme: da questa collaborazione reciproca sono certo avremo tutti grosse soddisfazioni».
 
 
Modificato da Socrates

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Crea un account o accedi per lasciare un commento

Devi essere un utente registrato per partecipare

Crea un account

Iscriviti per un nuovo account nella nostra community. È facile!

Registra un nuovo account

Accedi

Sei già registrato? Accedi qui.

Accedi Ora
Accedi per seguire   

  • Chi sta navigando   0 utenti

    Nessun utente registrato visualizza questa pagina.

×
×
  • Crea Nuovo...