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Socrates

Ljubiša Broćić - Allenatore

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1423991167_juventus1931.jpg.e5b6ba113464e775c5eb193649d75cb1.jpg LJUBISA BROCIC  

 

Ljubisa Brocic (1960-61)

 

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Ljubiša_Broćić

 

 

Nazione: Jugoslavia Jugoslavia
Luogo di nascita: Belgrado
Data di nascita: 03.10.1911

Luogo di morte: Melbourne (Australia)

Data di morte: 16.08.1995
Ruolo: Allenatore

 

 

Allenatore della Juventus dal 1957 al 1959

 

46 panchine - 31 vittorie - 7 pareggi - 8 sconfitte

 

1 scudetto

 

 

Ljubiša Broćić (Belgrado, 3 ottobre 1911  Melbourne, 16 agosto 1995) è stato un allenatore di calcio serbo.

 

 

Ljubiša Broćić
Ljubiša Broćić (1959).jpg
Broćić nel 1959.
     
Nazionalità Jugoslavia Jugoslavia
Calcio Football pictogram.svg
Ruolo Allenatore
Carriera
Carriera da allenatore
1946 Albania Albania
1947 Albania Albania
1947-1950   Metalac Belgrado
1951   Stella Rossa
1952   Vojvodina
1953   Stella Rossa
1954-1955 Egitto Egitto
1955   Racing Beirut
1956 Libano Libano
1956-1957   PSV
1957-1959   Juventus
1959-1960   PSV
1960-1961   Barcellona
1961   Tenerife
1962 Kuwait Kuwait
1962-1964 Nuova Zelanda Nuova Zelanda
1964-1966   South Melbourne
1968-1969 Nuova Zelanda Nuova Zelanda
1969   South Melbourne
1970 Kuwait Kuwait
1973-1975 Kuwait Kuwait
1980 Bahrein Bahrein

 

Carriera

Allenatore

Nell'estate 1957, dopo essersi proposto come guida tecnica della Juventus tramite una lettera, viene ingaggiato dalla società torinese, conquistando nella stagione 1957-1958 lo scudetto della prima stella, ovvero il decimo per i bianconeri. Parlava diverse lingue, ma non sapeva l'italiano e si avvaleva della collaborazione di Teobaldo Depetrini. Broćić scelse di affidarsi all'allora ventenne Carlo Mattrel come portiere, mutando il ruolo di Umberto Colombo da mezzala in mediano. La sua Juventus applicava uno schema razionale, con una difesa bloccata e pronta al rilancio per le due punte Omar Sívori e John Charles. Con questo gioco la Juventus vinse il suo decimo titolo italiano.

 

220px-Juventus_1957-58_-_Campo_Combi_-_C
 
Broćić (secondo da sinistra) alla guida della Juventus nella stagione 1957-1958, insieme ai giocatori Charles, Mattrel e Stacchini.

 

L'anno dopo, forte del successo ottenuto, Broćić fu confermato. Tuttavia, in seguito alle pesanti sconfitte a Vienna contro il Wiener Sportklub (vittorioso per 7-0) il 1º ottobre 1958 in Coppa dei Campioni e in casa contro il Milan (che prevalse per 5-4 con il gol decisivo al 90' di Ernesto Grillo) il 16 novembre dello stesso anno in campionato, oltre a incomprensioni con il citato Sívori, fu licenziato a favore di Depetrini e destinato all'incarico di osservatore. La squadra era quarta, a due punti dalla prima in classifica, all'ottava giornata di campionato.

Nel 1960 fu messo sotto contratto dal Barcellona, che quell'anno acquistò giocatori come Jesús Garay, Salvador Sadurní e Josep Maria Fusté, ma la sua carriera in blaugrana non fu felice: dopo aver vinto tutte le amichevoli giocate contro altre squadre europee, le prime quattro giornate di campionato e aver eliminato il Real Madrid agli ottavi di finale della sesta Coppa dei Campioni, prima squadra a riuscire nell'impresa, lentamente la classifica peggiorò, sinché il 12 gennaio 1961, dopo il pareggio per 2-2 contro l'Athletic Bilbao al Camp Nou, fu esonerato e sostituito dall'allenatore in seconda Enrique Orizaola.

Palmarès

Allenatore

Club

 

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364101708_juventus1931.jpg.ac43f658bf370125c29f66ab871affca.jpg LJUBISA BROCIC  

 

brocik.jpg

 

 

 

Candido omone – scrive Caminiti – parla jugoslavo, ma è stato in Egitto e parla anche egiziano; in Libano e parla pure libanese; in Olanda e parla olandese; in Inghilterra e parla inglese. Parla diverse lingue ma si affatica a parlare italiano e ne riferisce le intenzioni l’umile Depetrini. È un tecnico modello, lancia Mattrel e Stacchini, ricostruisce Ferrario, Colombo, sa pungolare Charles, soprattutto sa sopportare Sivori. È sempre tranquillo e fidente nella sorte. Soltanto pretende che i giocatori si allenino. Sarà il suo imperdonabile errore. Pure al cadere degli anni cinquanta era proibito, categoricamente proibito, alla Juve fare gli allenamenti sul serio. Poteva essere tollerato soltanto l’allenatore lacché. Non era stato in fondo un po’ lacché l’ottimo Carcano dei fulgenti anni trenta? Un allenatore vale l’altro. Agnelli docet: l’allenatore non serve.

 

 
“TRE RE PER UNA SIGNORA” DI BERNARDI & NOVELLI
«Ljubiša Broćić, jugoslavo di Belgrado Un altro doktor, anche lui laureato come Puppo. Credo Fosse professore di educazione fisica».
Vigeva la moda o la mania dei tecnici slavi, in quel periodo. Bontà del calcio di quelle plaghe che, sotto forma di scontri fra nazionali, volle dire proprio nel 1957 un micidiale 6-1 per la Jugoslavia ai nostri danni. La partita fu giocata a Zagabria il 12 maggio, ossia il giorno in cui John Charles arrivò a Torino Fu la replica del sonorissimo 4-0 con il quale, due anni prima, ci avevano bastonati al Comunale torinese. «Esattamente. A Zagabria, quel giorno, c’era Boniperti in campo».
Era la Nazionale allenata da Alfredo Foni e composta in larga parte da giocatori della Fiorentina, con l’eccezione di Giampiero da Barengo e del portiere laziale Bob Lovati. Per noi segnò Cervato su rigore. «Boniperti vide le streghe con il loro capitano Milutinović».
Dimmi di Broćić. «Anche lui era un personaggio molto curioso. Si era proposto alla Juventus tramite una lettera indirizzata al commendator Remo Giordanetti, che è stato anche vicepresidente della società. Si era presentato snocciolando il suo curriculum, abbastanza impressionante: giocatore della Stella Rossa, una ventina di gare nella nazionale jugoslava, una laurea alla Scuola Superiore di Educazione Fisica di Belgrado, membro dell’Accademia dello Sport, poliglotta. Soprattutto, aveva allenato la Stella Rossa, vincendo due scudetti e tre coppe nazionali, e arrivò a guidare la stessa Jugoslavia fino al 1953. Poi aveva vagato per il mondo, allenando in Albania e al Cairo: qui si mise alla testa della Nazionale egiziana, portandola al successo nei Giochi del Mediterraneo. Finì successivamente a Beirut e infine in Olanda».
Un autentico zingaro del pallone. Da romanzo d’avventura. «Dall’Olanda, dove era l’allenatore del Psv Eindhoven, il club della Philips, scrisse dunque la sua letterina alla Juve, sostenendo che avrebbe contribuito a farne una grossa squadra E la Juventus, dopo avere preso informazioni, rispose “Bene, ben venga questa dottor Broćić”. Ma questa dottor Broćić non era probabilmente un tecnico molto illuminato. Ti cito un episodio che ha come protagonista il mio collega Angelo Caroli, che giocò nella Juve in quel periodo e si fregiò dello scudetto del 1960-61 disputando qualche partita».
Che cosa ti ha raccontato Caroli? «Tieni presente che Angelo era stato prima centravanti, successivamente si trasformò in terzino. Fatto sta che un giorno Broćić gli disse: “Senta, lei si metta a centrocampo. Ha presente Schiaffino? Sì? Benissimo: allora mi giochi alla Schiaffino”. Però tutto poteva dire a Caroli meno che s’improvvisasse, sia pure in sedicesimo, nelle vesti di uno Schiaffino, dato che aveva ben altre caratteristiche. E questa per farti un esempio del tipo che era Broćić. Con quella Juventus, ad ogni modo, con quegli uomini, con quel trio, credo che verosimilmente chiunque avrebbe potuto allenarla ottenendo dei buoni risultati».
Broćić, comunque, avrà pure avuto dei meriti, se non altro per il suo palmares. «Fu sicuramente un buon preparatore, fatto non secondario visto che la parte fisica è molto importante, e la forma, poi, è quella che sostiene la classe. Almeno sotto questo aspetto, va dato merito al dottor Broćić».
 

 

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