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Socrates

Manuel Giandonato

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Giandonato e la Juventus: notte indimenticabile all'Old Trafford | Goal.com  Italia
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1675541255_Juventus2004-2017.jpg.83e3431016e175d8bac0dc7167a12c81.jpg    MANUEL GIANDONATO    

 

Manuel Giandonato - Alchetron, The Free Social Encyclopedia

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Manuel_Giandonato

 

 

Nazione: Italia 20px-Flag_of_Italy.svg.png
Luogo di nascita: Casoli (Chieti)
Data di nascita: 10.10.1991
Ruolo: Centrocampista
Altezza: 188 cm
Peso: 77 kg
Nazionale Italiano B
Soprannome: -

 

 

Alla Juventus dal 2009 al 2011

Esordio: 06.02.2010 - Serie A - Livorno-Juventus 1-1

Ultima partita: 15.05.2011 - Serie A - Parma-Juventus 1-0

 

5 presenze - 0 reti

 

 

Manuel Giandonato (Casoli, 10 ottobre 1991) è un calciatore italiano, centrocampista dell'Olbia.

 

Manuel Giandonato
Manuel Giandonato.jpg
     
Nazionalità Italia Italia
Altezza 188 cm
Peso 77 kg
Calcio Football pictogram.svg
Ruolo Centrocampista
Squadra   Olbia
Carriera
Giovanili
????-2003   Casoli
2003-2004   Virtus Lanciano
2004-2005   Pescara
2005-2011   Juventus
Squadre di club
2009-2011   Juventus 5 (0)
2011-2012    Lecce 8 (0)
2012-2013    Vicenza 13 (1)
2013    Cesena 13 (0)
2014   Parma 0 (0)
2014    Juve Stabia 10 (0)
2014-2015    Salernitana 12 (0)
2015    Catanzaro 12 (2)
2015-2016   Padova 8 (0)
2016    Virtus Lanciano 11 (0)
2016-2018   Livorno 36 (0)
2018-2019   Fermana 31 (3)
2019-2020   Piacenza 9 (0)
2020-   Olbia 54 (1)
Nazionale
2007 Italia Italia U-16 4 (0)
2007 Italia Italia U-17 6 (0)
2009 Italia Italia U-18 2 (0)
2010 Italia Italia U-19 1 (0)
2010 Italia Italia U-20 1 (0)
2010 Italia Italia U-21 1 (0)
2012 Italia B Italia 2 (1)

 

Biografia

Il padre Mario è stato giocatore ed allena in Serie D.

Carriera

Club

Inizi e giovanili

Dopo i primi calci al pallone a Casoli, disputa un campionato Giovanissimi nel Lanciano. Nella stagione 2004-2005 passa ai Giovanissimi del Pescara.

Dal 2005 fa parte delle giovanili della Juventus con le quali vince il Torneo di Viareggio 2010.

Debutto in prima squadra e l'esperienza in A con il Lecce

Debutta in prima squadra in Serie A il 6 febbraio 2010 all'84' di Livorno-Juventus (1-1).

Nella stagione seguente, il 26 agosto entra all'85' di gara nel ritorno del play-off di Europa League contro gli austriaci dello Sturm Graz; il 4 novembre successivo gioca da titolare nella medesima competizione nella sfida interna contro il Salisburgo venendo poi sostituito al 51'. Il 19 dicembre gioca la sua seconda partita in Serie A, la prima del nuovo campionato, in Chievo Verona-Juventus (1-1), iniziando da titolare e venendo espulso al 52'. Torna a giocare in occasione della partita persa 1-0 contro il Parma giocata il 15 maggio 2011 schierato da titolare ma sostituito nel secondo tempo. Conclude la sua seconda stagione con 4 presenze: 2 in Serie A e 2 in Europa League.

Nel maggio 2011, nel match di addio di Gary Neville, tra Juventus e Manchester United ,segna un gol su punizione all'Old Trafford.

Il 31 agosto 2011, ultimo giorno di calciomercato, passa in prestito al Lecce insieme al suo compagno di squadra Cristian Pasquato. Termina la stagione con 8 presenze in Serie A. Alla fine del prestito ritorna alla Juve.

I prestiti a Vicenza, Cesena, Juve Stabia, Salernitana e Catanzaro

Il 28 agosto 2012 viene ceduto in prestito con diritto di riscatto della metà del cartellino e contro opzione al Vicenza, in serie B.

Il 31 gennaio 2013, dopo essere rientrato dal prestito al Vicenza, viene ceduto sempre in prestito con diritto di riscatto della metà del cartellino e contro opzione al Cesena. A fine stagione non viene riscattato dalla società romagnola e rientra per fine prestito alla Juventus; il 3 settembre 2013 rescinde il contratto con la società bianconera e rimane svincolato.

Il 16 gennaio 2014 firma un contratto con il Parma, che lo gira subito in prestito alla Juve Stabia in prestito con diritto di riscatto e contro-riscatto in favore della società emiliana.

Il 6 agosto 2014 passa alla Salernitana in prestito con diritto di riscatto.

Il 19 gennaio 2015 si trasferisce, sempre in prestito, al Catanzaro.

Padova, Virtus Lanciano e Livorno

Il 30 luglio firma un contratto biennale con il Padova. Il 1º febbraio 2016 passa a titolo temporaneo alla Virtus Lanciano, club di Serie B.

Dopo essere stato convocato per la partita di Coppa Italia contro il Seregno, il 20 agosto 2016 viene ceduto a titolo definitivo al Livorno. Dopo aver collezionato 12 presenze con la squadra toscana, il 6 novembre si infortuna gravemente al ginocchio sinistro, riportando la rottura completa del menisco e la lesione del legamento crociato anteriore, subendo uno stop forzato di oltre cinque mesi. Torna in campo il 22 aprile 2017, nella partita pareggiata per 0-0 a Piacenza.

Nazionale

Ha giocato in tutte le rappresentative nazionali giovanili dall'Under-16 all'Under-21. L'11 novembre 2010 riceve la sua prima convocazione in Under-21 da parte del nuovo commissario tecnico Ciro Ferrara in vista dell'amichevole contro i pari età della Turchia del 17 novembre (vittoria azzurra per 2-1), nella quale debutta scendendo in campo a partire dal secondo tempo.

Palmarès

Club

Competizioni giovanili

Competizioni nazionali

 

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1675541255_Juventus2004-2017.jpg.83e3431016e175d8bac0dc7167a12c81.jpg    MANUEL GIANDONATO   

 

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Ci sono annate certamente non particolarmente felici ma che portano anche segnali incoraggianti. Se prendiamo come esempio la stagione con Delneri in panchina, balza subito all’occhio il deludentissimo settimo posto. Ma uno sguardo più attento può cogliere alcuni aspetti positivi. Intanto, si sono create le basi della Juve che vincerà negli anni a venire (con gli acquisti di Pepe, Bonucci, Barzagli, Matri, Quagliarella, Storari) e si è regalato la possibilità a qualche giovinotto di iniziare la propria carriera professionistica: Ekdal, Sørensen, Liviero, Giannetti, Cammilleri, Boniperti, Libertazzi, Buchel.
Tutti faranno più o meno bene lontano da Torino, così come Manuel Giandonato (che, in verità, aveva esordito l’anno precedente a Livorno) che, in quella stagione, scenderà in campo una manciata di volte (in Europa League contro Sturm Graz e Salisburgo e in campionato contro Parma e Chievo da titolare) prima di essere trasferito al Lecce.

 
 
GIANLUCA DI MARZIO.COM DEL 2 NOVEMBRE 2018
Una pennellata o un colpo di scalpello. Un centrocampista e un artista non sono così diversi. A volte dipingi, altre scolpisci. Il giovane Michelangelo, futuro top player di pittura e scultura, alla fine del ‘400 prese una tavola e realizzò un quadro. Lo chiamarono la “Madonna di Manchester”, perché lì fu esposto per la prima volta. Eterea, spiazzante e incompiuta. Non aveva ancora compiuto vent’anni.
A Old Trafford, Manuel Giandonato entrò con la sfrontatezza dei suoi 19 anni. E a dieci minuti dalla fine, disegnò una parabola perfetta su punizione. Inattesa e imparabile. Era il maggio del 2011. Del Piero lo applaudì, Ferguson pure. La Juventus vinse 2-1 grazie a quella prodezza. «Sentii il rumore del palo e poi il boato del pubblico. Un applauso spontaneo dello stadio. Era solo un’amichevole per l’addio al calcio di Neville, ma fu pazzesco. Venne anche Beckham a stringermi la mano» racconta oggi.
Artista o centrocampista. Bel dilemma, a guardare i disegni di Manuel. «Lo faccio da sempre, è la mia passione. Vado a mano libera, prendendo spunto soprattutto dalla pop art. Adoro Andy Warhol. Magari dovesse andare male col calcio, mi metto a fare l’artista di strada...».
In attesa che un Giandonato sia quotato come un Banksy, il pallone rimane ancora al centro della sua vita. Oggi il ragazzo di Chieti gioca nella Fermana. Domenica scorsa ha segnato il rigore decisivo per espugnare Pordenone. Vittoria e secondo posto, proprio dietro i neroverdi. «Una battaglia, ma siamo stati tosti. E alla fine abbiamo anche sistemato lo spogliatoio, pulendo tutto. Una società seria si vede anche da queste cose». Applausi.
Certo che da quella notte a Manchester ne è passato di tempo: sette anni e dodici maglie diverse. Una valigia troppe volte in mano e qualche treno perso «perché a volte ho sbagliato scelta e altre chi poteva aiutarmi non l’ha fatto».
Passo indietro. Chi era prima di Old Trafford? Una speranza nella Juve che stava rinascendo, con esordio nel febbraio del 2010 in una Livorno che sarebbe poi diventata tappa cruciale. «Zaccheroni era appena subentrato a Ciro Ferrara. Mi portò in panchina un po’ per caso. Felipe Melo si fece espellere. Non mi stavo neanche scaldando. Ricordo che il mister si girò verso la panchina e disse al vice “chiama Giandomenico”. Toccava a me, anche col nome storpiato. Entrai al posto di Del Piero. Io manco me ne accorsi, me lo disse mio padre la sera. Non feci danni».
Fu la sola presenza di quella stagione. L’anno dopo, con Delneri in panchina, ne vennero altre. Compresa la prima da titolare, a Verona contro il Chievo. Iniziata bene, ma finita con un rosso. «Feci un fallo per fermare un contropiede. Dovevo farlo, altrimenti sarebbero andati in porta. Almeno fu memorabile. Il mio compagno delle giovanili Belcastro – oggi all’Imolese – fu profetico. Prima della partita mi disse che per essere ricordati alla prima serve un gol o un’espulsione. Purtroppo non segnai». Un infortunio al ginocchio purtroppo bloccò la sua stagione.
Dopo l’ebbrezza di Old Trafford, in estate arrivò Antonio Conte. Manuel iniziò la preparazione con il gruppo che iniziava la risalita verso la gloria. «Si capiva che stava nascendo qualcosa di grande. A fine mercato, ero in bilico fra rimanere o andare in prestito. Scelsi Lecce. Forse fu una decisione prematura ma sfido chiunque a rifiutare una serie A a vent’anni».
Otto presenze, una retrocessione e via al giro d’Italia. Tante tappe in salita e qualche foratura di troppo. «Feci un grave errore ad andare nella Juve Stabia. Braglia mi distrusse psicologicamente, fu il mio anno peggiore. A Salerno vincemmo il campionato ma Menichini, subentrato a Somma, mi relegò in fondo alla panchina. Era un problema di ruolo e di età: difficilmente si fidavano a mettere un giovane davanti alla difesa, in una posizione cruciale. Però quella era la mia posizione naturale e lì gioco ancora».
Qualcuno iniziò a capirlo. «A Catanzaro iniziò la mia carriera, con Sanderra allenatore». Poi vennero Padova e Lanciano, ma soprattutto nell’estate del 2016 arrivò il Livorno. «Un’esperienza che mi ha fatto crescere sotto ogni punto di vista, con una tifoseria che mi ha aperto il cuore e tante divergenze con la società».
Un’altalena di sentimenti. L’inizio da protagonista, la rottura del crociato, il desiderio di forzare i tempi, il rientro nei playoff con la Reggiana. «La società voleva che andassi via, ma l’unica proposta era da una serie B portoghese. E se fosse andata male? Chi mi riprendeva in Italia? Ho scelto di restare».
Nuovo anno, nuovo inizio. Tutto bene fino a dicembre. Squadra in testa, poi la rottura con la dirigenza. «Volevano che andassi alla Lucchese. Rifiutai e mi misero fuori rosa». Giandonato assiste inerme alle sconfitte dei suoi compagni. Poi il reintegro a furor di popolo, con l’apoteosi nella partita più importante. «Maglia da titolare contro il Pisa. Il Siena ci aveva appena scavalcato in classifica. Vincemmo 2-0. Metà promozione la guadagnammo quel giorno». L’altra metà arrivò in casa con la Carrarese, ma «il giorno che ricorderò sempre pensando a Livorno è il ritorno allo stadio dopo la sconfitta nei playoff con la Reggiana. I tifosi ci applaudirono, capendo che avevamo dato tutto. A Livorno sono così, sanno riconoscere il cuore».
Un cuore che non è bastato per guadagnarsi la conferma in B. «Ero svincolato, a lungo ho sperato nel rinvio del campionato. Poi è arrivata la chiamata della Fermana. Pochi chilometri da San Benedetto, dove vivo con la mia compagna Vanessa – conduttrice di un programma televisivo sull’Ascoli – e nostro figlio Cristian. Sentivo che era la scelta giusta. I fatti ora lo dimostrano».
Lo dicono anche i numeri: 17 punti in 9 giornate e secondo posto solitario nel girone B. Una lettera che inizia a diventare un pensiero stupendo. «Siamo lì, ma l’obiettivo è la salvezza. Siamo uno spogliatoio di amici con un allenatore – Flavio Destro – capace di semplificarci al massimo i compiti in campo. Una brava persona, cosa che non guasta mai».
Una guida e un esempio, soprattutto per Manuel che a 27 anni inizia a buttare un occhio sul futuro. «Fare l’allenatore non mi dispiacerebbe per niente». E il pittore? «C’è tempo anche per quello. A proposito, sto studiando i ritratti».
Se adesso facesse il suo, avrebbe un sorriso vero. Molto più di quella smorfia della Gioconda. Un’espressione più simile alla Madonna di Manchester. Finalmente compiuta.
 

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