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Socrates

Vittore Catella - Presidente

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Juventus Football Club 1963-1964 - Wikipedia
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1551169284_juventus1931.jpg.3f1ece483f7fe2a951f2d443a6cf4129.jpg VITTORE CATELLA  

 

image.jpeg.07887160f67926d6f109fccac64b192d.jpeg

 

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Vittore_Catella

 

 

Nazione: Italia Italia
Luogo di nascita: Trivero (Biella)
Data di nascita: 15.06.1910

Luogo di morte: Torino

Data di morte: 16.06.2000
Ruolo: Presidente

 

 

Presidente della Juventus dal 1962 al 1971

 

382 partite - 179 vittorie - 125 pareggi - 78 sconfitte

 

1 scudetto

1 coppa Italia

 

 

Vittore Catella (Trivero, 15 giugno 1910  Torino, 16 giugno 2000) è stato un ingegnere, politico e dirigente sportivo italiano, che combatte durante la guerra d'Etiopia e la seconda guerra mondiale venendo decorato con due Medaglie d'argento e tre di bronzo al valor militare e cinque Croci al merito di guerra. Fu presidente della Juventus dal 1962 al 1971.

 

 

Vittore Catella
Juventus FC (1962) - Salvadore, Crippa, Catella, Giordanetti.jpg
 

Da sinistra: i calciatori Salvadore e 

Crippa a colloquio con Vittore Catella,

presidente della Juventus, e il

consigliere Giordanetti nell'estate 1962.


Deputato della Repubblica Italiana
Legislature IV, V, VI
Gruppo
parlamentare
Partito Liberale Italiano
Collegio Torino
Incarichi parlamentari
  • IV
    • componente della X commissione trasporti (1º luglio 1963 - 4 giugno 1968)
    • componente della commissione parlamentare
    • sul disastro del Vajont (30 luglio 1964 - 4 giugno 1968)
  • V
    • componente della VI commissione finanze e tesoro
    • (10 luglio 1968 - 24 maggio 1972)
  • VI
    • presidente della X commissione trasporti (11 luglio 1972 - 10 luglio 1974)
    • componente della X commissione trasporti (25 maggio 1972 - 4 luglio 1976)
    • componente della XIII commissione lavoro
    • e previdenza sociale (30 giugno 1972 - 7 luglio 1973)
Sito istituzionale

Dati generali
Partito politico Partito Liberale Italiano
Titolo di studio Laurea in ingegneria
Professione Ingegnere
Vittore Catella
Nascita Trivero, 15 giugno 1910
Morte Torino, 16 giugno 2000
Dati militari
Paese servito Italia Italia
Italia Italia
Forza armata Regia Aeronautica
Aeronautica Militare
Specialità Bombardamento
Grado Tenente colonnello
Guerre Guerra d'Etiopia
Guerra di Spagna
Seconda guerra mondiale

 

Biografia

Biellese, sportivo molto attivo, giocò a rugby, e praticò l'atletica leggera e la pallacanestro; nel 1933 e nel 1937 partecipò ai Giochi mondiali universitari di bob. Appassionatosi al mondo dell'aviazione, dopo aver conseguito la laurea in ingegneria, si arruolò nella Regia Aeronautica come ufficiale di complemento. Con il grado di tenente prese parte alla guerra d'Etiopia in forza alla 1ª Squadriglia Somala Ricognizione Terrestre, al comando del capitano Gastone Gorelli, equipaggiata con 9 IMAM Ro.1. Rientrò in Italia decorato con due Medaglie di bronzo al valor militare. Partì poi per combattere nella guerra civile spagnola, assegnato alla 230ª Squadriglia B.T. equipaggiata con i Fiat BR.20 Cicogna, venendo decorato con una Medaglia d'argento e una di bronzo al valor militare.

Partecipò alla seconda guerra mondiale come ufficiale pilota, e per un'azione di bombardamento effettuata su Gibilterra nel luglio 1940, fu decorato con una seconda Medaglia d'argento al valor militare. Nel 1942 fu assegnato alla Fiat come capo collaudatore, portando in volo per la prima volta il prototipo del velivolo da trasporto quadrimotore Piaggio P.108T (18 luglio dello stesso anno). La sua passione per il volo continuò nel dopoguerra, tanto da collaudare nel 1947 il Fiat G.212 da trasporto civile, e nel 1951 il Fiat G.80, primo aereo a reazione italiano, che aveva contribuito a progettare. Successivamente divenne deputato al Parlamento italiano per il PLI, e nel 1958 assunse l'incarico di Presidente provinciale del CONI, e in seguito anche quella di presidente regionale.

 

Da presidente della Juventus, incarico assunto nel 1962 su pressione di Gianni Agnelli e per cui fu costretto ad abbandonare l'attività aviatoria, dovette rifondare la squadra dopo i successi del Trio Magico. Sul piano finanziario, condusse la società nella trasformazione da azienda con capitale privato a responsabilità limitata, a società per azioni; sul versante sportivo, in un decennio egemonizzato dalla Grande Inter, la squadra bianconera vinse una Coppa Italia nel 1965 e uno scudetto nel campionato 1966-67. Lasciò l'incarico nel 1971, sostituito da Giampiero Boniperti.

Successivamente fu presidente dell'Aero Club d'Italia (1970-1974), dell'Union Internationale Motonautique (1972-1975) e dell'Istituto Nazionale del Nastro Azzurro (1973-2000). Continuò a seguire la Juventus da semplice tifoso senza perdersi, fino a 87 anni, una sola partita. Si spense a Torino il 16 giugno 2000, dopo una breve malattia.

È sepolto nel Cimitero monumentale di Torino.

Onorificenze

Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d'argento al valor militare
  «Ufficiale pilota volontario in missione di guerra per l'affermazione degli ideali fascisti, partecipava in qualità di capo equipaggio di apparecchio da bombardamento, a molte azioni belliche, e riusciva sempre a colpire efficacemente i centri della resistenza nemica, malgrado la reazione contraerea e la minaccia della caccia, dando costante esempio di sereno coraggio e elevate virtù militari. Cielo di Spagna, ottobre-dicembre 1938
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d'argento al valor militare
  «Partecipava in qualità di pilota ai primi bombardamenti su Gibilterra. Superando grandi difficoltà derivanti dall'impiego di un velivolo di nuovo tipo, affrontava vittoriosamente dopo sette ore di volo notturno alturiero, la munita difesa contraerea della piazzaforte avversaria. Portava così a distanza finora mai raggiunta, un forte carico offensivo che sorprendeva il nemico per la potente efficacia dell'azione e che riaffermava sulle estreme rive del Mediterraneo il dominio dell'ala fascista. Cielo di Gibilterra, 18-26 luglio 1940
— Regio Decreto 3 luglio 1942
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia di bronzo al valor militare
  «Ardito e provetto pilota con apparecchio monomotore effettuava lunghe missioni belliche spesso in zone lontane dalla base e con proibitive condizioni atmosferiche. Da ogni volo riportava preziose notizie sull'attività e sulle posizioni del nemico, sul quale volando a bassa quota, eseguiva bombardamenti e mitragliamenti leggeri, sprezzante il pericolo dell'attiva e violenta reazione avversaria. Esempio di completa dedizione al dovere. Cielo di Megga, Iavello, Agheremariam, Uadarà, maggio-novembre 1936
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia di bronzo al valor militare
  «Pilota sicuro e valoroso, già distintosi in precedenti azioni confermava nelle successive azioni di grande polizia coloniale le sue preclari doti di pilota e combattente, effettuando numerosi voli di ricognizione collegamento e mitragliamento su nuclei ribelli. Durante una ricognizione, avvistati ribelli che tentavano di nascondersi con abile manovra e con mitragliamenti a bassa quota, riusciva a fermarli, dando modo alle nostre truppe di effettuare la cattura. Cielo dell'A.O.I., novembre 1936-14 marzo 1937
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia di bronzo al valor militare
  «Ufficiale pilota già distintosi in precedenza, partecipava a numerose altre azioni di bombardamento, rese spesso difficili dalle avverse condizioni atmosferiche e dalla caccia avversaria, ed assolveva brillantemente i compiti affidatigli, quale capo equipaggio e puntatore di squadriglia, dando rinnovate prove di coraggio e abnegazione. Effettuava inoltre, isolatamente, varie ricognizioni strategiche e si addentrava arditamente in territorio nemico, spesso senza scorta, riportandone informazioni preziose ed abbondante materiale fotografico. Cielo di Spagna, dicembre 1938-marzo 1939
Croce al merito di guerra (5 concessioni) - nastrino per uniforme ordinaria Croce al merito di guerra (5 concessioni)
   
Stella d'oro al merito sportivo - nastrino per uniforme ordinaria Stella d'oro al merito sportivo
  — Roma, 1978.

 

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1551169284_juventus1931.jpg.3f1ece483f7fe2a951f2d443a6cf4129.jpg VITTORE CATELLA  

 

heriberto%2Be%2Bcatella.jpg

 

 

 

Presidente della Juventus dal 1962 al 1971 – scrive Fabio Vergnano su “La storia della Juventus” di Perucca, Romeo e Colombero – l’ingegner Vittore Catella ha sempre avuto lo sport nel sangue. Non come semplice tifoso, ma come sportivo praticante. Atletica, rugby e pallacanestro, le sue discipline favorite, senza dimenticare che nel ‘33 e nel ‘37 partecipò ai Giochi mondiali universitari di bob.

Poi la grande passione per il volo. Pilota militare durante la guerra, Catella divenne successivamente collaudatore Fiat. Nel ‘52 fece volare il primo aereo a reazione costruito in Italia: un Fiat G80. Proseguì poi la sua attività in seno all’azienda torinese come direttore presso la Divisione Aviazione, senza però mai lasciare l’ambiente sportivo. Nel ‘58 assunse la carica di delegato provinciale del CONI e successivamente di delegato regionale.
Catella divenne a sorpresa dirigente della Juventus. Racconta che fu un quotidiano torinese ad informarlo un giorno di essere uno degli «uomini nuovi» della società bianconera e quel giorno stesso l’assemblea dei soci lo nominò vicepresidente. Dopo qualche mese Umberto Agnelli lasciò la presidenza ed a sostituirlo fu proprio Catella. Un incarico gravoso, anche perché Catella era deputato e divideva le sue giornate tra il Parlamento e la sede juventina. Erano anni difficili per la Juve. Catella divenne presidente alla fine di un ciclo fortunato: ma dopo non c’erano più Boniperti e Charles, Sivori era ormai in fase calante. La squadra insomma era da ricostruire e non era certo impresa da poco se si considera il particolare momento politico del Paese, gli scioperi, le serrate. Catella doveva rifondere senza spendere o, almeno, senza sprecare denaro. Suoi collaboratori più stretti, Amerio e Giordanetti e per qualche tempo anche Felice Borel, che dal neopresidente ebbe poi il compito di dirigere il mensile «Hurrà Juventus».
Come presidente, Catella si trovò così a gestire una Juventus di valore non eccelso, una squadra che si preoccupava di restare a galla nelle prime quattro-cinque posizioni della classifica, senza avere ambizioni di scudetto. In quel periodo invece Inter e Milan si passavano il bastone del comando ed alla Juve restavano le briciole. Durante la presidenza Catella arrivarono «solo» uno scudetto ed una Coppa Italia. Quando i clubs calcistici divennero società per azioni, Catella preferì lasciare il vertice della società. Ricorda: «A quel punto ero responsabile di fronte alla legge italiana e non solo nei confronti della famiglia Agnelli».
Alla Juventus arrivò quindi un amministratore delegato, un certo... Giampiero Boniperti che prima affiancò Catella, poi ne prese il posto. Il neo presidente volle al suo fianco Italo Allodi, con il quale gettò le basi della Juventus nuovo corso. E finché restò presidente Catella ebbe il grande merito di riuscire a non farli litigare. Certo, il compito di Catella non fu semplice, aldilà delle difficoltà di carattere economico a cui si accennava. Per lunghi anni le frontiere rimasero chiuse e dopo lo spagnolo Del Sol ed il misterioso brasiliano Miranda, uomo dal tiro-bomba, il presidente non riuscì più ad attingere sul mercato estero. Arrivarono anche Haller e Cinesinho, ma giocavano già in Italia. Eppure questa Juve a volte traballante, a volte capace di imprevedibili impennate, vinse uno scudetto al termine del campionato 1966-67. Alla guida della squadra c’era Heriberto Herrera, l’uomo del «movimiento», che portò la Juve alla vittoria proprio all’ultima giornata. Ricorda Catella: «Io credevo nello scudetto, ma pensavo che l’avremmo conquistato battendo 1’Inter in uno spareggio. Ricordo bene quel campionato, perché a Roma contro la Lazio l’arbitro De Marchi non vide un gol di De Paoli. Io mi arrabbiai molto, non tanto per l’episodio in sé, quanto perché anche successivamente il direttore di gara non volle riconoscere il proprio errore».
Vittore Catella in tempi successivi portò alla Juve, tra gli altri, giocatori diventati poi cardini della squadra come Haller, Benetti, Causio e Bettega. Ad ognuno di essi sono legati episodi buffi o curiosi. Tutti ricorderanno, per esempio, che Anastasi giocò una partita con la maglia dell’Inter, che credeva di averlo già fatto suo, mentre Catella definiva l’acquisto del giocatore con i dirigenti del Varese. Molto astuta la clausola imposta per il prestito di Bettega al Varese: meno partite giocate, più soldi da pagare. Anche la cessione di Sivori al Napoli ha un retroscena. Fu Vittorio Valletta, amministratore delegato della Fiat, a trattare il giocatore con l’armatore Achille Lauro, che in cambio si impegnava ad acquistare dalla Fiat un certo numero di motori per navi.
La vita di un presidente di calcio è piena di episodi di questo tipo. Catella, per esempio, visse in prima persona anche il «caso» Meroni. L’acquisto del giocatore granata era già stato perfezionato sulla base di 400 milioni, poi i tifosi granata si ribellarono alla cessione e tutto sfumò. Ricorda Catella: «Ne parlai con l’avvocato Agnelli, e gli dissi chiaro: se lo prendiamo facciamo una brutta figura, se non lo prendiamo diranno che lei è avaro. A noi in ogni caso va male». In conclusione Meroni restò al Torino e per la stessa cifra divenne bianconero Simoni.
Non poche le delusioni. Catella ammette ancora oggi di aver sbagliato tutto ingaggiando Carniglia come allenatore. «Mi fidai delle referenze portatemi da un giornalista» spiega, e ricorda come Zigoni e Volpi furono i due giocatori sui quali avrebbe scommesso qualsiasi cifra e che invece, per diversi motivi, alla Juventus non sfondarono. Oggi il calcio per Catella è ancora una passione genuina, senza faziosità esasperata. La Juve resta nel suo cuore, ma lui non si sente un tifoso nel senso negativo della parola. «Una sconfitta non deve mai essere un dramma» ama ripetere da autentico uomo di sport, e non teme di sembrare fuori del tempo.
 
 
VLADIMIRO CAMINITI
Catella, un ottimista temprato nei rischi dell’amor di Patria. Le guerre combattute, non chiacchierate. Due medaglie d’argento, tre di bronzo, cinque croci di guerra. Volare è una passione. Ufficiale superiore dell’Aeronautica collauda per anni apparecchi militari presso il centro sperimentale di Guidonia, Nel 1941 viene assegnato alla ditta Piaggio dove mette a punto il più grande apparecchio italiano, il quadrimotore P.108. Nel 1942 entra alla Fiat come capo pilota presso la Aeronautica d’Italia. Ventisette nuovi prototipi vengono da lui collaudati, tra i quali il primo aeroplano italiano a reazione costruito nel dopoguerra, il G.80.
Liberale. Come presidente bianconero, lascia ricordi di puntualità e di eleganza, di cultura e di dinamismo. Fa tante cose nel modo di chi sa apprezzare il tempo speso per gli altri e per lo sport. Uomo pieno di vitalità. Culmina con lui la storia dei presidenti juventini festevoli oratori. E forse li sbaraglia tutti. In tempi della Juve aridi e difficili con la sua tempra vivace e fantasiosa illude i tifosi che nulla sia cambiato, che mai nulla possa cambiare in questa famiglia chiamata Juve.
«Avevo dodici anni, inforcavo la bicicletta e filavo in piazza d’Armi nuova a vedermi la Juventus... Mio papà era professore di pedagogia, entusiasta ed appassionato di sport, nella cui forza educativa fermamente credeva. Io presi da lui, presto mi concentrai sugli ideali, ero e sono un romantico. Ho combattuto sempre con fede ed entusiasmo, e non me ne pento. Naturalmente, ho saputo adeguarmi ai tempi mutati per restare al passo. Bisogna vivere nel presente e non nel passato. La vita è ogni giorno piena di novità...».
Uomo giovanile anche sui settant’anni, continua a salire e scendere dagli aerei, ad accettare cariche ed a tenere prolusioni ufficiali. Un po’ più brizzolato, un po’ più stanco, ma sempre lucido e fidente.
«Abbiamo ingaggiato Heriberto per il suo carattere. Io e Giordanetti abbiamo trattato con una decina di allenatori prima di scegliere lui. Anche Munoz scartammo. E la scelta è stata azzeccata. Con Heriberto la Juventus ha camminato. Uomo con tanta passione. Ha creato la Juventus del collettivo, prima è stato lui, poi il mio successore Boniperti. Quanto a me, sono soddisfatto del mio periodo di presidenza. Si è lavorato e lottato, si è vinto uno scudetto sudato e sofferto. Ci mancavano tre fuoriclasse all’attacco per sbaragliare anche l’Inter. Ma il nostro collettivo lavorava di più in campo e non temeva confronti sul piano della serietà professionale».
 
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