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Socrates

Marco Motta

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Why Juventus' Marco Motta Is the Iron Man of All Rejects | News, Scores,  Highlights, Stats, and Rumors | Bleacher Report

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1675541255_Juventus2004-2017.jpg.83e3431016e175d8bac0dc7167a12c81.jpg    MARCO MOTTA       

 

Motta loaned to Bologna - Eurosport

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Marco_Motta

 

 

Nazione: Italia 20px-Flag_of_Italy.svg.png
Luogo di nascita: Merate (Lecco)
Data di nascita: 14.05.1986
Ruolo: Difensore
Altezza: 186 cm
Peso: 76 kg
Nazionale Italiano
Soprannome: -

 

 

Alla Juventus dal 2010 al 2012, dal 2013 al 2014 e dal 2014 al 2015

Esordio: 29.07.2010 - Europa League - Shamrock Rovers-Juventus 0-2

Ultima partita: 18.12.2013 - Coppa Italia - Juventus-Avellino 3-0

 

35 presenze - 0 reti

 

1 supercoppa italiana

 

 

Marco Motta (Merate, 14 maggio 1986) è un calciatore italiano, difensore del Persija.

 

 

Marco Motta
Marco Motta.jpg
Marco Motta all'Udinese nel 2008
     
Nazionalità Italia Italia
Altezza 186 cm
Peso 76 kg
Calcio Football pictogram.svg
Ruolo Difensore
Squadra   Persija
Carriera
Giovanili
2001-2004   Atalanta
Squadre di club
2004-2005   Atalanta 19 (0)
2005-2007   Udinese 22 (1)
2007-2008    Torino 24 (1)
2008-2009   Udinese 14 (0)
2009-2010   Roma 29 (0)
2010-2012   Juventus 32 (0)
2012    Catania 13 (0)
2012-2013    Bologna 19 (1)
2013-2014   Juventus 3 (0)
2014    Genoa 13 (1)
2014-2015   Juventus 0 (0)
2015   Watford 9 (0)
2016   Charlton 12 (0)
2017-2018   Almería 46 (3)
2018-2019   Omonia 8 (0)
2020-   Persija 19 (1)
Nazionale
2001-2002 Italia Italia U-16 3 (2)
2002-2003 Italia Italia U-17 14 (4)
2003 Italia Italia U-18 5 (0)
2003-2004 Italia Italia U-19 6 (0)
2004-2005 Italia Italia U-20 1 (0)
2005-2009 Italia Italia U-21 36 (1)
2008 Italia Italia olimpica 6 (0)
2010 Italia Italia 1 (0)
Palmarès
 
Transparent.png Torneo di Tolone
Oro Tolone 2008
Transparent.png Europei di calcio Under-21
Bronzo Svezia 2009

 

Carriera

Club

Atalanta, Udinese e Torino

Inizia la sua carriera calcistica, per poi passare nelle giovanili dell'Atalanta. Esordisce in Serie A con la squadra bergamasca a 18 anni, il 9 gennaio 2005 contro la Roma. Dopo 19 presenze in maglia atalantina nel campionato 2004-2005, passa in comproprietà all'Udinese ma, nella prima stagione in Friuli, non trova molto spazio a causa di un infortunio, giocando solo 6 partite e segnando 1 rete, contro il Treviso il 16 gennaio 2006 (risultato finale 2-2). Nel campionato 2006-2007 raggiunge le 16 presenze. Nell'agosto del 2007, dopo averlo riscattato dall'Atalanta, l'Udinese lo cede in prestito al Torino, squadra nella quale colleziona 24 presenze e una rete, segnata a Bergamo il 21 ottobre 2007, in Atalanta-Torino (2-2). Nell'estate del 2008, a 22 anni, torna all'Udinese per fine prestito.

Roma

Dopo 14 gare giocate, il 1º febbraio 2009, la Roma lo preleva in prestito gratuito, con la possibilità di trattenerlo in comproprietà versando 3,5 milioni di euro nelle casse della società friulana. Debutta in maglia giallorossa l'8 febbraio allo stadio Olimpico, nella partita Roma-Genoa (3-0) subentrando all'infortunato Cicinho, facendo un'ottima partita e dimostrando le sue doti. Viene impiegato con continuità come terzino destro e gioca da titolare anche le partite degli ottavi di finale della Champions League contro l'Arsenal. Alla fine della stagione la Roma rileva dall'Udinese la metà del cartellino del giocatore.

Juventus, Catania, Bologna e Genoa

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Motta in azione alla Juventus nell'estate 2014

 

Il 26 giugno 2010 viene riscattato dall'Udinese alle buste; tuttavia il successivo 5 luglio vi ceduto in prestito oneroso di 1,25 milioni di euro alla Juventus, con diritto di riscatto fissato a 3,75 milioni. Il 22 giugno 2011, dopo essere stato riscattato dal club piemontese pagando i 3,75 milioni all'Udinese in tre esercizi, firma un contratto quadriennale coi torinesi.

Ciò nonostante, nei mesi seguenti finisce per non rientrare nei piani del tecnico bianconero Antonio Conte, pertanto il 30 gennaio 2012 viene ceduto in prestito al Catania. Fa il suo esordio con la maglia rossazzurra il 12 febbraio 2012 in Catania-Genoa terminata 4-0. Alla fine del prestito torna a Torino. Il 19 luglio 2012 viene raggiunto l'accordo tra la Juventus e il Bologna per il suo trasferimento nella città emiliana in prestito con diritto di riscatto della metà del cartellino. A fine stagione, il Bologna non esercita il diritto di riscatto e Motta si riaccasa alla Juventus. Il 23 gennaio 2014 passa in prestito con diritto di riscatto al Genoa. Fa il suo esordio con la maglia del grifone il 9 febbraio seguente, in occasione della vittoria esterna contro il Livorno.

Tornato alla Juventus per fine prestito, viene trattenuto dalla "Vecchia Signora" senza però giocare alcuna partita, sicché il 2 febbraio 2015, ultimo giorno di calciomercato, rescinde il proprio contratto con i bianconeri.

Watford e Charlton

Il 26 febbraio 2015 firma un contratto fino a fine stagione con il Watford. Fa il suo esordio con il club inglese il 3 marzo nella vittoria interna per 1-0 contro il Fulham, a fine stagione dopo aver contribuito alla promozione del club in Premier League giocando 9 incontri non riesce a trovare un accordo per la successiva stagione rimanendo svincolato.

 

220px-Marco_Motta_in_action_for_Charlton
 
Motta in azione al Charlton nell'aprile 2016

 

Dopo essere rimasto svincolato, per non perdere la condizione atletica si è allenato per un periodo con il QPR. Il 12 febbraio 2016 viene ingaggiato dal Charlton, ultimo nella Championship, con il quale firma un contratto valido fino al termine della stagione. Entrato subito nello scacchiere del mister José Riga, esordisce una settimana dopo contro il Fulham, questa volta venendo però sconfitto 3-0. Chiude la stagione totalizzando 12 presenze.

Almería e Omonia Nicosia

Rimasto senza squadra per tutta la prima parte della stagione 2016/2017, il 31 gennaio 2017 trova un accordo con l'Almería, seconda serie spagnola. Il suo debutto avviene l'11 febbraio nella sfida col Girona, conclusa sullo 0-0. Chiude la prima stagione con 15 presenze condite da un assist. Nella stagione successiva, dopo aver giocato le prime tre gare, non viene più convocato fino a novembre, quando al rientro trova anche il suo primo gol, il 3 dicembre 2017 nella vittoria interna sul Tenerife (2-1). Segna alla fine 3 gol in 28 presenze, ma il 10 luglio 2018 decide di rescindere il contratto che lo avrebbe legato al club spagnolo fino al 2019.

Il 16 luglio 2018 firma un contratto di due stagioni con i ciprioti dell'Omonia Nicosia.

Persija Jakarta

Il 13 gennaio 2020 firma un contratto di un anno e mezzo con la squadra indonesiana Persija Jakarta.

Nazionale

Gioca in tutte le nazionali giovanili, ed esordisce in Nazionale Under-21 nel 2005, con il commissario tecnico Claudio Gentile. Nel 2007 viene convocato dal CT Pierluigi Casiraghi per l'Europeo Under-21 nei Paesi Bassi. Dopo l'Europeo, con l'inizio del nuovo ciclo degli azzurrini, diventa il capitano della squadra. Nel 2008, con la Nazionale Olimpica, dopo aver vinto il Torneo di Tolone, prende parte ai Giochi olimpici di Pechino, dove l'Italia viene eliminata ai quarti di finale. Il 9 settembre 2008 segna di testa, sugli sviluppi di un calcio d'angolo, il suo primo gol con l'Under-21 contro la Croazia. Nel giugno 2009 partecipa agli Europei Under-21 in Svezia, dove gli azzurrini vengono sconfitti in semifinale dalla Germania per 1-0. Viene inserito dall'UEFA nella lista dei 10 migliori giocatori della competizione.

Nel frattempo, il 22 marzo 2009 riceve la sua prima convocazione in Nazionale maggiore dal commissario tecnico Marcello Lippi, in occasione delle partite di qualificazione al Mondiale 2010 contro Montenegro e Irlanda. In entrambe le sfide viene portato in panchina, ma non esordisce. Viene convocato in Nazionale dal nuovo CT azzurro Cesare Prandelli, esordendo il 10 agosto 2010, a 24 anni, giocando titolare nell'amichevole Italia-Costa D'Avorio (0-1).

Palmarès

Club

Competizioni nazionali

Nazionale

Individuale

 

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1675541255_Juventus2004-2017.jpg.83e3431016e175d8bac0dc7167a12c81.jpg    MARCO MOTTA       

 

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Parlantina sciolta, linguaggio forbito, un vasto vocabolario e uno sguardo che promette serietà e dedizione al lavoro – racconta Giulio Sala su  “Hurrà Juventus” dell'agosto 2010 – Marco Motta incarna perfettamente lo stile che deve avere un giocatore della Juventus. Non a caso la sua strada e quella della società bianconera dovevano già incontrarsi un anno e mezzo fa: il suo arrivo, nel gennaio 2009 sembrava cosa fatta. Poi, come spesso accade, gli dei del pallone decisero che si dovesse attendere ancora. E l’attesa ha permesso a Marco di farsi ancor più apprezzare, giocando nella Roma, e di crescere ancora, umanamente e professionalmente. E ora che alla Juve è arrivato davvero, si gode ogni singolo istante, guardandosi intorno ammirato e soddisfatto, con quegli occhi acuti e ancora un po’ sorpresi.

«È come il primo giorno di scuola – racconta – sono arrivato in una società nuova, dal passato glorioso e sto ancora cercando di realizzarlo. In ritiro, a Pinzolo, ammiravo ogni giorno i manifesti dei grandi campioni affissi lungo il tragitto che dall’albergo portava al campo di allenamento, e ancora adesso guardo stupito i giocatori con cui mi alleno e il logo che ho sulla maglia. Vedere il presidente della Juventus, con un cognome così importante, avere tanta spontaneità e umiltà mi ha colpito. E questo vale anche per gli altri dirigenti, da Marotta a Paratici. In sede non sono ancora stato, perché il contratto l’ho firmato in ritiro, ma la immagino importante, come la società che ospita, e piena di trofei».
Si dice sempre che diventare un giocatore della Juventus deve essere un punto di partenza e non di arrivo. Per un ragazzo di ventiquattro anni, non c’è però il rischio di adagiarsi sugli allori, pensando di avere oramai raggiunto il top? «Non voglio essere ipocrita e parlando in generale un rischio simile può esserci. Personalmente però, e forse con un pizzico di presunzione, mi sento di rispondere di no. Perché arrivo comunque da una squadra importante come la Roma, dove abbiamo fatto un bel campionato, con una rincorsa notevole. Da parte mia c’è la volontà di affrontare quest’avventura con umiltà, perché il desiderio è ritagliarmi un ruolo importante e credo che il lavoro, prima o poi, paghi».
Nel tuo caso è assolutamente vero. In effetti, la rincorsa alla Juve parte da lontano. «Da quando avevo sei anni e ho iniziato a giocare nel Lomagna, la squadra del mio paese, in provincia di Lecco. Frequentavo le elementari in un altro paese, dove vivevano i miei nonni, e non riuscivo neanche ad allenarmi. Giocavo solo le partite, con ragazzini più grandi di me di due o tre anni. È servito però, tanto che l’anno dopo mi ha chiamato l’Usmate, la squadra di un paese vicino. Sono stato una stagione lì e ho attirato l’attenzione degli osservatori di diverse squadre, il Milan, il Monza, il Como. Ho avuto la fortuna di essere accompagnato nella scelta dai miei genitori, che hanno deciso di puntare su una squadra dal settore giovanile prestigioso come l’Atalanta. Così sono arrivato a Bergamo, a sette anni e mezzo, iniziando ad allenarmi con i Pulcini del maestro Bonifacio».
Perché proprio l’Atalanta? «Oltre a essere una squadra che ti permette, se meriti, di arrivare sino alla prima squadra, è soprattutto una scuola di vita. Erano molto attenti allo studio, all’alimentazione, ai comportamenti. Ti permettono di crescere dal punto di vista umano, ancor prima che da quello calcistico».
E a te ha permesso di esordire in Serie A, a diciotto anni, proprio contro la Roma. «Il destino mi ha fatto più di uno scherzetto: ho esordito in Serie A il 9 gennaio del 2005 a Roma, contro la Roma, allenata, guarda un po’, da Delneri. Perdemmo 2-1: doppietta di Montella e goal nostro di Marcolini. Quest’anno ho festeggiato la mia centesima presenza a Bergamo, con la maglia della Roma, vincendo 2-1 È stata una coincidenza divertente».
Altri scherzi della sorte? «Beh, ho segnato due soli goal in Serie A e il secondo proprio contro Delneri, quando allenava l’Atalanta ed io vestivo la maglia del Torino».
Calma, andiamo con ordine: prima del Toro, c’è stata l’Udinese. «Una parentesi particolare della mia carriera. Dopo la straordinaria, anche se vana, rincorsa alla salvezza con l’Atalanta di Delio Rossi, venni acquistato dai friulani, nell’anno della prima Champions. Dopo sei mesi però, il 21 gennaio del 2006 mi sono rotto il legamento crociato, stirandomi il collaterale. Un infortunio decisamente brutto, che ho superato con grande difficoltà. Mi hanno sempre detto che per un problema del genere, tra ricostruzione del crociato e riabilitazione ci vogliono sei mesi. Sarà, ma io ci ho messo un paio d’anni a riprendermi del tutto. È stata dura e la mia parentesi a Udine è stata segnata da questi spiacevoli ricordi. Mi sono comunque tolto qualche soddisfazione, come l’esordio in Champions League con il Werder Brema, a diciannove anni».
Veniamo al Toro. Un po’ una macchia agli occhi dei tifosi bianconeri. «Non rinnego mai nulla del mio passato, da cui cerco di trarre le esperienze più positive. Quello al Toro è stato un anno importante, in una piazza non facile. Lottavamo per la salvezza e c’erano innegabili pressioni, ma preferisco così, piuttosto che non averne. Credo poi che i tifosi di calcio sappiano bene che le bandiere rimaste nel calcio sono poche. Ora sono felice di essere alla Juventus, ne sono fiero e cercherò di dare il massimo per questa maglia».
Una maglia che avresti potuto indossare già subito dopo l’esperienza al Toro. «È vero: tornai a Udine e, dopo le Olimpiadi, iniziai la stagione giocando qualche partita e saltandone altre. Il fatto è che inevitabilmente i ricordi ti segnano e quelli di Udine, soprattutto legati all’infortunio, non erano certo positivi. Ero condizionato e chiesi espressamente di essere ceduto. Pareva che dovessi andare alla Juve e invece passai alla Roma, dove c’era Spalletti che mi aveva voluto a Udine, ma che poi aveva lasciato la squadra. I primi sei mesi nella capitale sono andati benissimo, mi sono integrato alla grande, grazie a tutto l’ambiente e al tecnico che mi ha dato grande fiducia».
Lo scorso anno invece hai avuto qualche difficoltà in più. «Già, anche perché la Juve è tornata nel mio destino: battendoci a Roma 3-1 portò Spalletti alle dimissioni. Così arrivò Ranieri. Nel calcio tutti gli allenatori hanno idee diverse, ed io rientravo solo qualche volta in quelle del nuovo tecnico. Per me è stata comunque un’esperienza importante, di quelle che aiutano a crescere. Finita la stagione era fondamentale che il mio cartellino non fosse più in comproprietà, perché volevo una società che credesse totalmente in me. Lo dico con grande serenità: la Roma ha dimostrato quanto ci tenesse a confermarmi, basta guardare quanto ha messo nelle buste. L’Udinese evidentemente ci credeva di più e devo ringraziare la famiglia Pozzo che ha dimostrato collaborazione e mi ha permesso di arrivare alla Juve. Quello che gli altri dovevano fare l’hanno fatto, ora tocca a me».
Hai ricordato quel 3-1 che illuse un po’ tutti i tifosi bianconeri. Ripensando a quella partita, sembra impossibile che la Juve abbia chiuso al settimo posto la stagione. «Quanto accaduto lo scorso anno alla Juve è il bello e il brutto del calcio: con la Roma l’abbiamo affrontata a inizio campionato, ci siamo ritrovati con un 3-1 subito in casa, con zero punti in classifica e con una situazione psicologica destabilizzante, perché l’allenatore si era dimesso e i tifosi chiedevano giustamente di più. Un girone dopo, siamo usciti dall’Olimpico di Torino con una vittoria, terzi in classifica, con uno stato d’animo totalmente diverso e con un migliaio di tifosi che ci aspettava all’aeroporto di Roma per ringraziarci. Questo è il calcio ed è forse il principale motivo per cui amo questo sport».
Hai mai temuto che il tuo passaggio alla Juve potesse saltare? «Chiaro che quando il futuro è incerto un po’ di apprensione c’è, ma ho avuto la fortuna di essere in vacanza e dunque di potermi svagare e poi di essere circondato da amici veri che mi facevano pensare ad altro e mi dicevano di stare tranquillo. Sono partito il 10 giugno e ho spento il telefono, perché credo sia davvero l’unico modo per staccare davvero la spina. Ovviamente di tanto in tanto lo accendevo, per controllare che la mia famiglia stesse bene e per capire come si sarebbe evoluta la mia situazione professionale. Ho fatto un lungo tour: New York, Long Island, passando per la Spagna, andando in Sardegna e finendo in Costa Azzurra. Solo di ritorno dalle ferie, il 2 luglio, mi è stato comunicato che si era a buon punto per concludere la trattativa. Non ho potuto fare altro che dare il mio assoluto consenso al passaggio in bianconero e le due società hanno fatto il resto».
Vestire la maglia bianconera può essere un aiuto per riconquistare anche quella azzurra, con cui hai avuto sempre un feeling particolare. «È vero, ho fatto tutta la trafila nelle Nazionali giovanili, come capitano dall’Under 15 sino all’Under 21 e arrivando anche alla Nazionale maggiore, dove sono stato convocato due volte senza però esordire. Credo che sia il sogno di ogni bambino, sin da quando inizia a giocare a calcio. Essere alla Juve è una grande chance, ma non voglio sponsorizzarmi. Come detto, credo nel lavoro e nel campo. Se si ottengono risultati, allora si può pensare a soddisfazioni personali».
Qualche soddisfazione personale però te la sei tolta eccome: agli Europei Under 21 del 2009 sei stato inserito tra i dieci migliori giocatori del torneo. «Sì e la cosa mi ha inorgoglito molto, anche se non ha cancellato la delusione per non essere riusciti a vincere. Avevamo una squadra talentuosa con Giovinco, De Ceglie, Marchisio, ma purtroppo abbiamo perso contro la Germania che, non a caso, era composta da molti giocatori che hanno preso parte all’ultimo Mondiale».
In cosa credi di poter migliorare e qual è invece la tua miglior qualità? «Devo crescere sotto tutti gli aspetti, non per falsa modestia, ma perché credo che nella vita si possa sempre migliorare. Il mio punto di forza credo sia la fase di spinta, perché amo correre, non mi pesa assolutamente».
Dovendo lavorare con un tecnico come Delneri, questo è un ottimo biglietto da visita. «Penso di sì, visto che punta molto sugli esterni. A noi terzini chiede di ricordarci soprattutto di difendere, ma anche di appoggiare l’azione in fase offensiva. È un allenatore tosto, l’ideale per una squadra in cui il minimo comune denominatore è la gran voglia di rivalsa e il desiderio di lavorare sodo. Mi auguro di giocare con continuità e dimostrare quanto valgo: questo è lo sfizio più grande che potrei togliermi con la Juve».
 
La disastrosa stagione juventina sotto la guida di Delneri, coinvolge anche Motta che alterna buone prove a prestazioni molto negative. Scende in campo trentadue volte, tra campionato Europa League e Coppa Italia. Riscattato dall’Udinese, Marco non rientra nei piani tecnici di Antonio Conte, nuovo mister bianconero, ed è ceduto in prestito al Catania. Rientra a Torino nell’estate del 2013, giusto in tempo per collezionare qualche minuto contro la Fiorentina e il Catania. Quindi, il trasferimento al Genoa e la fine della sua avventura juventina.
 

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