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Così ìl «G10» ha speso 2,5 miliardi Da Moratti a Berlusconi: una pioggia di denaro per per tenere in vita il calcio In 17 anni l'interista ha sborsato oltre un miliardo, quasi il doppio del presidente milanista. Agnelli: dopo Calciopoli due ricapitalizzazioni
INCHIESTA A CURA DI MARCO IARIA - Gasport -15-10 2102
Ora che il mecenatismo italiano è andato in crisi, ora che Berlusconi e Moratti si sono convertiti all'austerity, vien da tremare a sentire questa cifra: 2,5 miliardi di euro. È quanto i dieci grandi patriarchi del calcio tricolore hanno sborsato per le rispettive società, da quando hanno messo piede in questo mondo a oggi. Il calcolo preciso fa 2.483 milioni e si riferisce a tutti gli apporti in conto capitale, sotto forma di versamenti o ricapitalizzazioni, che si sono resi necessari per tenere in vita il giocattolo. Tradotto: senza quei soldi il pallone del Belpaese, così come lo intendiamo, non ci sarebbe. Moratti nell'Inter, Berlusconi nel Milan, Agnelli nella Juventus, Garrone nella Sampdoria, Della Valle nella Fiorentina, Preziosi nel Genoa, Zamparini nel Palermo, Pozzo nell'Udinese, De Laurentiis nel Napoli, Lotito nella Lazio: la nostra ricerca si concentra su questi proprietari, in rigoroso ordine di "generosità". Domanda d'obbligo: e la Roma? Nella capitale, sponda giallorossa, il tramonto del mecenatismo all'italiana si è già consumato, con l'addio dei Sensi e il subentro degli americani fiancheggiati da UniCredit. Il ricorso a capitali stranieri non dovrebbe chiudersi qui, a giudicare dalle dichiarazioni di intenti di questo o quel presidente, sempre più fiaccato dalla crisi, sempre più stanco di un sistema squilibrato.
OLTRE OGNI LOGICA — Bravi a macinare profitti col petrolio, le tv, la moda, i giocattoli, i supermercati, i nostri dieci super-imprenditori hanno agito fuori dalle regole del business - con le dovute eccezioni - dal momento in cui si sono spinti a diversificare le loro attività includendovi il calcio. Che è uno spettacolo bellissimo, accende le passioni, vanta un giro d'affari da colosso industriale. E tuttavia dimentica troppo speso le elementari regole dell'economia (285 milioni le perdite della Serie A nel 2010-11). Certo, nessuno fa beneficenza. Quando il paperone di turno drizza le antenne verso un rettangolo verde, è mosso (quasi) sempre da un secondo fine. Perché il palcoscenico del più grande fenomeno di massa della penisola garantisce visibilità e privilegi, asseconda manie di grandezza, in alcuni casi (prendete il consolidato fiscale) consente pure qualche vantaggio pecuniario. Nessuno, per esempio, riuscirà a stabilire un saldo tra il dare e l'avere dell'avventura più lunga e insieme più emblematica, quella di Silvio Berlusconi nel Milan, le cui vicende si sono intrecciate inestricabilmente con la politica e gli affari. Ma, in fin dei conti, chi compra una squadra di calcio - in Italia soprattutto - sa bene che difficilmente ci guadagnerà.
I TRE PRIMATTORI — L'ultimo quarto di secolo ha raccontato, comunque, storie differenti. Prendete le tre big. Berlusconi, che ha acquistato la società rossonera nel 1986, in 26 anni ha sborsato quasi 600 milioni di euro per assicurare la continuità aziendale del club. Gli amministratori della stragrande maggioranza dei club avvertono sempre: "Il socio di riferimento ha espresso il consueto impegno a supportare anche per il futuro, in caso di necessità, economicamente e finanziariamente la società e su tale presupposto è stato redatto il presente bilancio d'esercizio". È così per il Milan, è così soprattutto per l'Inter: dal 1995 gli interventi dei soci sul capitale nerazzurro sono ammontati addirittura a 1.160 milioni. Massimo Moratti ha tirato fuori di tasca sua oltre un miliardo. Adesso, sia il rossonero che l'interista hanno detto basta avviando (soprattutto il primo) una pesante opera di risanamento. Per la Juventus è un po' diverso. La quotazione in Borsa del 2001 ha portato nelle casse dell'Ifi, la holding di casa Agnelli, 100 milioni, destinati a risollevare le sorti dell'allora agonizzante Fiat. Nel post-Calciopoli si è proceduto a due aumenti di capitale, per un totale di 225 milioni: 141 sono stati garantiti dalla Famiglia, il resto dal mercato e, in minima parte, dai libici. Volendo fare un confronto fra i tre grandi magnati del calcio, si scopre che, dal 1986, a fronte dei 600 milioni di Berlusconi e del miliardo di Moratti, gli Agnelli ne hanno spesi 214.
GLI ALTRI — Immediatamente sotto, due capitani d'industria come Garrone e Della Valle. In 11 anni il primo ha assecondato le ambizioni della Sampdoria al prezzo di 181 milioni, un po' di più dei 165 versati nel forziere della Fiorentina dal secondo. Non hanno mostrato il braccino corto nemmeno Enrico Preziosi (64 milioni al Genoa) e Massimo Zamparini (59 milioni al Palermo). Ma c'è pure chi va controcorrente: presidenti che sono riusciti a tenere i conti in ordine evitando di intaccare le loro risorse personali. Il primato spetta a Claudio Lotito. Per assumere il controllo della Lazio (al 67%) ha investito 21 milioni tra il 2004 e il 2006, ma i costi di acquisizione sono esclusi dai nostri calcoli. Mai il patron biancoceleste è dovuto intervenire in conto capitale per soccorrere il club. Lo ha imitato, a parte le prime difficili stagioni, Aurelio De Laurentiis. E sostanzialmente pure Gianpaolo Pozzo (20 milioni diluiti in 26 anni). Mosche bianche.
La guida Calcolati gli apporti in conto capitale. Esclusi i prestiti Per quantificare l'esborso dei mecenati italiani abbiamo preso in considerazione tutti gli apporti in conto capitale effettuati dagli azionisti nelle rispettive società (sotto forma di versamenti o aumenti di capitale), nel corso degli anni -208,2 di gestione degli attuali proprietari. Dal calcolo sono esclusi i prestiti che, per loro natura, hanno carattere temporale e presuppongono una restituzione dell'importo. Le cifre del-I inchiesta, quindi, si riferiscono esclusivamente a spese a fondo perduto, che i soci sanno di non poter recuperare, e relative alle contingenze che nel corso degli anni si sono manifestate (ripianamento perdite, rientro nei parametri del calciomercato, ecc.). Escluse, pertanto, le iniziali spese necessarie all'acquisizione del club. Tutti i dati sono stati ricavati dai bilanci delle società, fino agli ultimi disponibili.
MILAN (Berlusconi) Ora Fininvest ha ridotto la sua esposizione aa Silvio Berlusconi è il patron più longevo, assieme a Gianpaolo Pozzo. II 20 febbraio 1986, la data dell'acquisto del Milan da Giussy Farina, segna uno spartiacque per il calcio italiano. Il tycoon non bada a spese per portare i rossoneri in cima al mondo, predica la filosofia del calcio-champagne, stravolge i canoni della comunicazione. La bacheca è ricchissima di trofei ma il prezzo da pagare non è stato affatto basso: i versamenti del socio, dal 1986 a oggi, ammontano a 593 milioni di euro, col picco di 87 milioni raggiunto nel 2011. D'altronde, durante la gestione berlusconiana il Milan è riuscito a registrare profitti solo tre volte: nel 1990-91, nel 1999-2000 e nel 2006 (quando fu ceduto Shevchenko). Può darsi che ce la si faccia anche a fine anno, grazie alle vendite di Thiago Silva e Ibrahimovic e ai pesanti tagli di stipendio. Così Fininvest, che aveva staccato un assegno di 25 milioni a marzo, è dovuta intervenire solo a giugno con ulteriori 5 milioni, a copertura dell'acquisto di Acerbi. SI, il Milan ha imboccato una strada nuova.
INTER (Moratti) Mai un bilancio in utile Con Pirelli & C. si sale a 1,2 Da quando Massimo Moratti, nel febbraio 1995, ha acquistato il club da Ernesto Pellegrini, sono stati i soci (fondamentalmente lui) a tenere in vita !'Inter: tra versamenti e aumenti di capitale, il conto è arrivato a 1.160 milioni. Dagli ingaggi faraonici di Ronaldo & Co. al triplete c'è stata una costante: nella seconda era morattiana (dopo papà Angelo) !'Inter non ha mai chiuso un bilancio in utile e ha accumulato perdite per 1.326 milioni. Così i soci di minoranza si sono via via dileguati. L'attuale main sponsor Pirelli nel 2002 era arrivato a detenere il 19,5% delle azioni: da partner forte di Moratti ha contribuito a ripianare i deficit per circa 100 milioni riducendo la sua quota all'1,6% nel 2007. Nel corso degli anni hanno mollato la presa anche Interbanca e la famiglia Giulini. Adesso Moratti esercita il pieno controllo sulla società nerazzurra (98,2%): personalmente ha sborsato oltre un miliardo di euro. Aspettando l'ingresso dei cinesi, si è proceduto quest'estate a una sforbiciata sui costi: 45 milioni risparmiati nel montestipendi.
JUVENTUS (Agnelli) Dall'approdo in Borsa 141 milioni targati Ifil-Exor Calcolare quanto la Juventus sia costata alla famiglia Agnelli è un esercizio impossibile: questa lunghissima storia ha avuto inizio nel 1923, quando Edoardo Agnelli, il nonno di Andrea, divenne presidente. Nel 2001 c'è stata però una svolta epocale - la quotazione in Borsa e la cessione al mercato di un quarto delle azioni - ed è da qui che partiamo. Due volte, in seguito al terremoto di Calciopoli, si è deciso di procedere a un aumento di capitale: nel 2007 furono raccolti 104,8 milioni, con Ifil. l'azionista di riferimento, a sborsarne 63 e i partner libici della Lafico 8: nel 2011 si arrivò a quota 120. di cui 78 assicurati da Exor. Nell'era della Triade la Famiglia aveva imposto l'autosufficienza (7 bilanci di fila in utile e solo 9.6 milioni versati nel 1996-97). dopo i massicci investimenti a cavallo tra gli anni '80 e'90. Dal 1986 al 1993, infatti, quasi a rincorrere il nuovo competitor Berlusconi, furono pompati nel club 63,5 milioni di euro. Poi la svolta umbertiana e, ultimamente, la riapertura dei rubinetti. Compresi gli investimenti Immobiliari, la nuova frontiera.
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Moratti attacca Agnelli e la Juve«Giustizia sportiva da riformare? Io penso sia difficile giudicarla negativamente. Del Piero? Zanetti resta qui...»
«Al titolo credo così ci credono pure i giocatori. Il Milan vuole Guardiola? Io uno bravo ce l'ho...»
Andrea Ramazzotti - Corsport -15-10-2012
MILANO, 15 ottobre 2012 - Massimo Moratti ha inviato ad Andrea Agnelli un sms per complimentarsi all'indomani dello scudetto conquistato dai bianconeri lo scorso maggio e da un po' i due non sono più protagonisti di accesi botta e risposta, ma difficilmente i presidenti di Inter e Juventus potranno andar daccordo sul tema degli scudetti (28 o 30 quelli juventini?) e sulla Giustizia Sportiva. La conferma è arrivata ieri attraverso un'intervista rilasciata dal patron del club di corso Vittorio Emanuele alla trasmissione della Rai 5' di recupero. Ad agosto, quando fu annunciata la squalifica di 10 mesi di Conte, Agnelli non ha mai risparmiato giustizi duri ( «La Figc e la sua giustizia operano fuori da ogni logica di diritto e di correttezza sostanziale» ) e dieci giorni fa, nonostante lo sconto di 6 mesi al tecnico bianconero da parte del Tnas, ha ribadito il concetto anche se usando parole più soft ( «Le istituzioni devono provvedere a una riforma profonda del sistema della Giustizia Sportiva che eviti le pericolose asimettrie e le ingiustizie verificate negli ultimi anni. Spero che questo appello sia accolto presto» ). Moratti invece non ha intenzione di appoggiare la crociata del presidente della Juve e ieri lo ha fatto capire chiaramente: « Quando c'è una polemica, e qualcuno si sente colpito dalla Giustizia Sportiva perché ritiene di avere ragione, si comincia a voler cambiare tutto. Io però ritengo che la Giustizia Sportiva sia oberata di lavoro, anche perché ogni giorno c'è un problema serio e nuovo da affrontare. Credo sia difficile giudicarla negativamente» . Due posizioni in netto contrasto, praticamente impossibili da essere conciliate. Sul caso Del Piero, volato in Australia dopo l'addio annunciato con molto preavviso da Agnelli, nessuna stilettata, ma una sottolineatura non è comunque mancata quando a Moratti è stato chiesto di Zanetti futuro dirigente: «Non sono nella Juve e non so le ragioni delladdio di Del Piero che come Zanetti è un ragazzo fantastico. Zanetti comunque si è costruito il suo futuro da dirigente qui. Sempre che smetta come giocatore...» .
STRAMA E SCUDETTO - Moratti ha poi ribadito la sua voglia di vincere ancora ( «Le vittorie che hai ottenuto non bastano mai ai tifosi e anch'io sono sempre pronto a ripartire da capo per ottenerne di nuove, per ripetere quella strada di successi» ), ha ammesso di credere nello scudetto ( «Devo farlo, così ci credono anche i giocatori» ) e si è detto convinto di poter ottenere grandi risultati con Stramaccioni: «Quando l'ho paragonato a Mourinho era sulla base della dedizione al lavoro che entrambi hanno. Se poi riesce a ottenere anche gli stessi risultati... Il Milan vuole prendere Guardiola? Io uno bravo ce lho già! Continueremo sulla linea giovane perché il nostro vivaio è valido e ha costruito negli anni ragazzi interessanti».
MULTINAZIONALE - Riguardo alla società, con l'ingresso dei cinesi che sarà formalizzato nell'assemblea dei soci del 29 ottobre, il patron è stato chiaro: non ha escluso un futuro passaggio del club nelle mani del figlio e vicepresidente Angelomario, ma è sembrato sottintendere che la strada secondo lui più probabile da percorrere sia la cessione dell'Inter a una multinazionale: «Cedere il timone tra qualche anno a un altro Moratti? Anche se succedesse presto, sarebbe un bene perché i giovani sono sempre più bravi. Da quando ho preso l'Inter, però, penso che il passo successivo sia quello di far gestire tutto ad una grandissima società, ad una multinazionale o qualche cosa del genere. Poi vedremo quello che accadrà» .
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Veleni, liti e riformeIn campo è guerra, ma Agnelli e De Laurentiis sono alleati in Lega
I due presidenti insieme per cambiare il calcio. Però dopo Pechino niente è come prima. Mazzarri tra le polemiche e una panchina sfiorata
GUIDO VACIAGO - Tuttosport - 15-10 -2012
La temperatura della grande sfida di sabato sera si misura in modo preciso pensando alla telefonata di Aurelio De Laurentiis a Giancarlo Abete di qualche giorno fa. Non appena il presidente del Napoli ha orecchiato la possibilità che i giocatori della Juventus avessero un fantomatico trattamento di favore in Nazionale ha alzato il telefono per protestare con la Figc. Il fatto che pure il solitamente bilanciatissimo presidente federale si sia lasciato andare nel definire «ridicola» l'idea, non cancella il segnale: Juventus-Napoli nasce fra veleni e sospetti. Nella peggiore, ma storica, tradizione delle sfide scudetto italiane. D'altra parte il clima fra bianconeri e azzurri non era idilliaco neppure l'anno scorso, ma da Pechino in poi nulla potrà essere come prima.
VAFFANCINA La Super-coppa in Cina, con le furibonde polemiche arbitrali del Napoli e il discutibile gesto di non mandare la squadra a ritirare la medaglia d'argento ha marcato un nuovo confine degli attriti fra i due club, fra i quali c'erano già state scintille un anno fa per il rinvio della gara al San Paolo di campionato, l'unica partita rinviata per pioggia senza la... pioggia (anche se - va ricordato - era il periodo delle alluvioni in tutta Italia e per ragioni di sicurezza si preferì non rischiare). Anche quella volta c'era un problema di "stanchezza", quella del Napoli che veniva da una sfida di Champions League e forse ebbe qualche vantaggio a non giocare nella data fissata dal calendario.
ALL'INFERNO D'altra parte, da quando sono tornate in Serie A, nella stessa stagione e dopo aver vissuto l'inferno di Calciopoli la Juve e quello della serie C il Napoli, non c'è mai stata una sfida serena fra i due club, a partire dai tuffi in area di Marcelo Zalayeta che fecero sbroccare perfino Cobolli. Eppure, litigata dopo litigata, Juventus e Napoli un passo per volta sono arrivate ai vertici del calcio italiano. L'anno scorso si sono contese la Coppa Italia (mentre la Juve sprintava sul Milan per lo scudetto), quest'anno hanno iniziato con la Supercoppa Italiana e ora si ritrovano in testa alla classifica del campionato, pronte a una corsa che - con il possibile e intrigante inserimento dell'Inter - potrebbe andare avanti fino a maggio, fra veleni e spettacolo.
LA STORIA - Chiarnatelo il "nuovo clasico italiano", e la terminologia spagnola è un tributo a chi in questo momento storico può vantare ben altre super- sfide. E se si può discutere sul "nuovo" (Juventus e Napoli si sono già contese lo scudetto in passato), non c'è dubbio che sia un classico, perché una partita che ha messo in scena duelli fra Platini e Maradona è già di per sé uno spazio importante nella storia del calcio. Anche allora litigavano, Juventus e Napoli, ma era un altro calcio e un altro mondo
GLI AFFARI - Oggi, per esempio, si può litigare e contemporaneamente andare d'amore e d'accordo. E capita proprio a Juventus e Napoli che, fra una polemica e l'altra, si siedono spesso dalla stessa parte del tavolo quando si tratta di parlare di riforme del calcio italiano. Perché Andrea Agnelli e Aurelio De Laurentiis , alla fine, combattono le stesse battaglie, magari con stili diversi (sobriamente sabaudo il primo, pirotecnico il secondo), ma con un fine comune: traghettare il calcio italiano nel futuro con idee nuove e il coraggio di cambiare. E così, i due presidenti si ritrovano insieme a scardinare vecchi dogmi, dai contratti ai diritti tv, con un'idea fissa: il calcio italiano va venduto meglio all'estero".
IL CAMPO Insomma, non c'è solo veleno. Anzi, sotto sotto, c'è molta ammirazione reciproca, anche fra i due tecnici, dal carattere infuocato e dal modo di intendere il calcio in fondo molto simile. E, soprattutto, moderno. Tant'è che è proprio per loro che si può esportare senza vergogna il nuovo classico italiano, una fotografia ben incorniciata dallo Stadium da spendere all'estero per riguadagnare punti (non quelli del ranking Uefa, purtroppo. ma almeno quelli dell'opinione dei calciofili europei). Se i loro presidenti vogliono riportare il calcio italiano in Europa, Conte e Mazzarri hanno riportato l'Europa in Italia, proponendo un calcio più consono alla Champions e ai ritmi anglospagnoli.
LE GELOSIE E non è sicuramente un caso che Mazzarri ha sfiorato più volte la panchina della Juventus, diventando un candidato credibilissimo anche nell'estate che incoronò Conte a Torino. Un flirt, quello con i bianconeri, che per poco non costava la panchina al tecnico di San Vincenzo (De Laurentiis non gradì affatto). Chissà se dopo Pechino e quello che ne è seguito, Mazzarri potrà ancora essere un candidato forte per allenare la Juventus? Fabio Capello potrebbe testimoniare a favore, ma tanto per un po' la panchina della Juventus sembra essere occupata da Conte. Non lo sarà sabato pomeriggio, quando i due si sfideranno a distanza: uno nel box a tirare pugni contro il tavolo, l'altro libero di sfogarsi a bordo campo. Ecco, quella libertà, Conte la invidierà a Mazzarri anche più di Cavani.
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“Gli errori esistono ma non vedo sistemi migliori”Pasquale De Lise, garante della giustizia sportiva: “Nelle corti federali ci sono persone degne”
Colloquio
Guglielmo Buccheri - La Stampa - 15-10-2012
ROMA, 15 ottobre 2012 - Procure della Repubblica al lavoro, sport (calcio in prima fila) sotto assedio: questo è il quadro, triste, che prende in ostaggio un mondo impreparato, giocoforza, a difendersi con le proprie armi. Il pallone è in sofferenza, ma, allo stesso tempo, impegnato a cambiare gli strumenti che, oggi, appaiono unici, ma in qualche caso inadeguati. «Tutto è perfettibile, ogni cosa è migliorabile, ma non vedo al momento altri sistemi se non quelli che guidano oggi la giustizia sportiva». Pasquale De Lise, presidente emerito del Consiglio di Stato, è il presidente della Commissione di Garanzia della giustizia sportiva della Federcalcio, l’organismo più sinteticamente definito il Csm del calcio italiano: spetta a questa commissione, ad esempio avviare azioni disciplinari nei confronti dei giudici (sempre sportivi) che si mettono nelle condizioni di dover giustificare il proprio operato. «Qualche criticità è fisiologica, così come qualche errore umano, ma - continua De Lise - nel suo complesso la giustizia sportiva, che ricordiamo è una giustizia cosiddetta domestica, funziona. L’ordinamento è soggetto alla vigilanza del Coni e quindi anche del Comitato Olimpico Internazionale: all’interno della commissioni o delle corti federali si impegnano persone preparate e, soprattutto, degne moralmente. Ripeto, qualche riflessione è giusto farla, ma - ribadisce il presidente del Csm del pallone mi sentirei di dire che, seppur con qualche riforma, altri sistemi al posto di quello attuale non li vedo». Le procure della Repubblica non smettono di entrare in tackle sullo sport italiano. E lo fanno passando da una disciplina all’altra, senza confini, però con il calcio, soggetto preferito da inchieste penali o processi in aule di tribunale. Ma, lo stesso pallone, si è dato appuntamento a più livelli per cercare di rinnovare i propri strumenti per combattere preventivamente ogni tipo di sbandata. Presto una commissione ristretta di avvocati o giuristi si metterà al lavoro per far sì che il percorso della giustizia sportiva diventi più leggero, veloce, al passo con i tempi, se possibile, delle inchieste penali. Gli ultimi scandali hanno fatto capire alle istituzioni sportive che il momento per rivedere gli attuali strumenti non è più differibile.
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DAL CALCIOSCOMMESSE IN GIÙVentinove inchieste
Il nostro sport è un romanzo criminale
Coinvolte le procure di tutta Italia per i reati più disparati. Un fenomeno senza eguali in Europa che rischia di travolgere la giustizia sportiva.
Processo allo sport
Ventinove fascicoli aperti: 19 procure di tutta Ilalia al lavoro, reati gravi dalla bancarotta allo spaccio di droga. Non solo combine e non solo calcio. Attenzione morbosa dei magistrati o è un mondo davvero malato?
LE DUE GIUSTIZIE Sportiva e ordinaria, un rapporto che aumenta il caos
DIVISI Agnelli: procedura da riformare. Moratti: «No. va bene così»
Matteo De Santis - La Stampa 15-10 2012
Quella che una volta era un’eccezione sta diventando la normalità. Le Procure della Repubblica si occupano sempre più spesso di sport. Direttamente o indirettamente, volontariamente o casualmente poco importa. Non ci sono isole felici, vere o presunte, per la magistratura ordinaria. Le coincidenze, dando per valido il parametro di Agatha Christie che a tre diventino una prova, sono già andate a farsi benedire da un pezzo. In Italia, in questo momento, sono almeno ventinove le indagini, i procedimenti penali e i processi in corso che toccano argomenti e personaggi sportivi. Troppi per pensare che sia solo un fenomeno casuale. Nell’elenco dei reati ipotizzati dalle varie Procure ce ne sono di tutti i tipi: riciclaggio, associazione a delinquere, concussione, bancarotta fraudolenta, spaccio di sostanze stupefacenti, evasione fiscale, aggiotaggio, somministrazione e uso di sostanze proibite, omicidio colposo e chi più ne ha più ne metta. Da Moggiopoli a baskettopoli, il catalogo dei neologismi e delle accuse è vasto tanto quanto quello degli accusati, in cui è rappresentata ogni componente dell’universo sportivo. Non mancano atleti di tutte le categorie, dirigenti di qualsiasi qualifica e grado (anche arbitrali), medici, massaggiatori, farmacisti e fanno capolino ovviamente i tifosi.
Benvenuti in Italia, il paese con il maggior numero di Procure alle prese con indagini che riguardano qualcuno o qualcosa che ha a che fare con lo sport. Ora sono diciotto, da Bolzano a Palermo, e qualche mese fa erano addirittura di più. A settembre la Procura di Genova ha richiesto l’archiviazione per la presunta frode sportiva nel derby Genoa-Samp del maggio 2011 e a febbraio quella di Cagliari ha prosciolto definitivamente il presidente della Federtennis Binaghi e il numero uno del comitato sardo Montaldo dall’accusa di mobbing sportivo nei confronti di due giovani tennisti. Due eccezioni che, però, confermano la regola di uno sport sempre più alle prese con il codice penale.
Spesso e volentieri ci si è ritrovato quasi per caso, scivolandoci durante indagini di tutt’altro tipo, ad esempio sulla camorra. Altre volte, invece, è andato a sbattere la testa da solo, trascinato dal vortice di interessi leciti e soprattutto illeciti. Le Procure, d’altra parte, non disdegnano la visibilità che certi fascicoli, più o meno consistenti, comportano. Ogni traccia è utile, ogni filone merita di essere approfondito.
In un simile garbuglio di situazioni totalmente differenti l’una dall’altra, a soffrirne è soprattutto la giustizia sportiva, costretta a inseguire quella ordinaria su un piano che la riguarda direttamente ma con strumenti nemmeno paragonabili. In un clima di montante diffidenza per la fuga di notizie, il rapporto è tutt’altro che agevole. Ognuno tende ad andare avanti per la propria strada. La giustizia ordinaria si è affidata completamente al pentito Carobbio, quella sportiva ha in un certo senso ridimensionato la credibilità del grande accusatore di Antonio Conte. Una non si è mai allontanata dalla linea dura, l’altra ha scelto la via dei patteggiamenti. E ora, proprio per questo motivo, il carteggio degli atti dalla Procura di Cremona alla Procura Federale si è praticamente interrotto. Tempistiche, procedure e metodiche di lavoro sono spesso inconciliabili. Le invasioni di campo della giustizia ordinaria, d’altra parte, hanno riaperto l’annoso dibattito sulla riforma di quella sportiva. Andrea Agnelli invoca cambiamenti radicali, Massimo Moratti preferisce indossare i panni del conservatore («La giustizia sportiva va bene così, quando c’è qualcosa che non funziona si invoca sempre il cambiamento»). Divisi su tutto, soprattutto su questo.
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Contratti e fondi neri. Il sistema Catanzaro
Tentata truffa e credito simulato: 13 giocatori indagati dopo il fallimento del club. Ma il problema è generale
Ceniti-Galdi - Gasport - 14-10-2012
Quesito semplice semplice: può un cittadino incassare un assegno posto sotto sequestro dalla magistratura? Ovviamente no. Ma se il cittadino di professione tira calci a un pallone le cose cambiano. La domanda è questa: può un giocatore farsi pagare gli stipendi previsti in un contratto prelevato dalla Finanza negli uffici della Lega Pro su mandato del pm Domenico Guarascio che lo ha indagato per tentata truffa e formazione di credito simulato? Ovviamente sì. Con tanto di decisione esecutiva di un collegio arbitrale che tira dritto nonostante sia consapevole dell'inchiesta, dimostrando che la legge italiana a volte può aspettare. Forse. Perché va bene l'autonomia del pianeta calcio, ma qui la questione è un po' più complicata.
Dalla A alla C2 - La storia di Catanzaro, infatti, unisce con un ipotetico filo rosso altre Procure e un problema che può devastare lo sport più amato dagli italiani come e forse più delle scommesse. Il sospetto, molto più di un sospetto, degli investigatori è questo: i milioni di euro pagati dalle 111 società professionistiche tra stipendi, provvigioni e diritti d'immagine, sono in realtà solo una parte di quelli spesi. Una fetta consistente sfugge a ogni controllo ed è saldata in nero attraverso contanti o bonifici su conti esteri. Al lavoro ci sono a vario titolo la Procura di Piacenza (nel mirino procuratori e dirigenti di club), quella di Milano (indagato anche Zauri, giocatore della Lazio, accusato di riciclaggio), quella di Berna (indagato Mauri per un versamento sospetto di 350 mila euro), quella di Napoli (vuole vederci chiaro su alcuni contratti, compreso quello di Lavezzi) e appunto Catanzaro. L'evasione fiscale è uno dei punti che stanno più a cuore al governo Monti: forse sarebbe il caso di dare un'occhiata ai bilanci dei club. Oppure leggere la storia dei 13 giocatori sotto accusa in Calabria. Nella sua linearità disarmante fotografa alla perfezione il problema.
Il sistema - Stagione 2009-2010: il Catanzaro Fc (non la gloriosa società defunta nel 2006 che ha disputato 7 campionati di A con i vari Palanca, Ranieri, Massimo Mauro e Carletto Mazzone in panchina) gioca nella vecchia C2 e lotta per la promozione. Ma rischia il fallimento: non paga gli stipendi da mesi, i giocatori scioperano più volte e minacciano di non scendere in campo. Gli amministratori sperano di passare la mano, ma i debiti frenano le trattative: girano strane voci su contratti nascosti. Al 30 aprile 2010 i giocatori firmano la liberatoria necessaria per la successiva iscrizione al campionato: hanno tutti stipendi in linea con la categoria (3/4 mila euro netti al mese). Il controllo della Covisoc (ha il compito di vigilare sulle questioni amministrative) si ferma a quella data. Quello che arriva dopo deve essere saldato nella stagione successiva. E guarda caso a Firenze nella sede della Lega Pro piovono contratti sottoscritti dal Catanzaro agonizzante: tutti a partire dal 3 maggio 2010. E con evidenti sproporzioni. Tipo: il centrocampista Francesco Corapi presenta un conto per meno di 60 giorni (fino al 30 giugno) di 74 mila euro più altri 57 mila per il campionato seguente; stessa cifra del difensore Giovanni Di Meglio che ottiene 37 mila per l'anno seguente, ma poi a ottobre gli riesce il capolavoro di «strappare» al club altri 96 mila mentre la sede sociale è al buio dopo il distacco della luce non pagata; va «peggio» al difensore Ivano Ciano che sottoscrive 37 mila fino al giugno 2010, ma poi intasca un bel aumento per il nuovo campionato: 91 mila euro; ancora di più è promesso al regista Alessandro Bruno: 47 mila dal 3 maggio al 30 giugno 2010 e quasi 110 mila per il 2011; e vogliamo parlare di chi come Davide Lodi al minimo di stipendio federale (circa 17 mila euro lordi) si vede riconoscere un 27 mila (nel 2010) e 72 mila (2011)? Nuovi contratti riguardano anche Antonio Montella, Alessandro Vono, Roberto Di Maio, Ciro De Franco, Stefano Di Cuonzo, Manolo Mosciaro, Roberto Mancinelli e Giuseppe Benincasa. Tutti indagati per truffa tentata e simulazione di credito (reatucci che possono portare a 7/8 anni di galera). Come mai? Basta seguire i fatti.
Ricchi e falliti - Mentre il Catanzaro firma contratti come se fosse gestito da sceicchi, nella realtà non ha i soldi per comprare i palloni. La squadra è forte, arriva alla finale promozione ma frana sul più bello perdendo 4-0 al Flaminio contro la Cisco Roma davanti a 5 mila tifosi calabresi che gridano «venduti». La gara è quantomeno strana: il Catanzaro fa un solo tiro in porta (rigore sbagliato), resta in 10 (espulso Bruno) e sembra non voglia giocare. E se ci fossero di mezzo le scommesse? Nell'attesa che Palazzi faccia luce, andiamo avanti. L'iscrizione al campionato successivo avviene solo grazi ai soldi (pubblici) del Comune. Il club è al verde: a Sorrento in Coppa Italia schiera una formazione di ragazzini e perde 6-0. Intanto molti «eroi» del Flaminio sono andati via, ma pretendono i soldi dei doppi e tripli contratti. Con i giallorossi ultimissimi i libri finiscono in tribunale. Il curatore fallimentare Giulio Nardo inizia a certificare il debito dei dipendenti. Quando s'imbatte nelle anomalie degli accordi multipli sobbalza dalla sedia. Da dove saltano fuori? E' il famoso nero che emerge? In ogni caso Nardo valuta la situazione e sforbicia di parecchio le richieste dei calciatori. Alla fine dichiara le passività verso la Figc: circa un milione di euro.
Epilogo - Soldi pagati cash da Giuseppe Cosentino che rileva all'asta il Catanzaro, sana i debiti, riporta subito la squadra (salvata dopo la retrocessione a tavolino del Pomezia per una fideiussione tarocca) in Prima divisione e punta alla B. Ma i suoi conti rischiano di saltare: la Lega Pro ritiene validi i contratti multipli e comunica al nuovo club che i debiti sono diversi da quelli certificati dal curatore. Ballano 800 mila euro in più e poco importa se sono accordi sottoscritti da una società che mai poteva onorarli. La Lega li ha ratificati: non è tenuta a controlli simili. Il presidente Cosentino è alle strette: se non paga la squadra sarà penalizzata nonostante lui sia parte lesa. Ma si ribella e sceglie una via mai intrapresa da nessuno: denunciare i giocatori per far emergere le presunte irregolarità e i pagamenti in nero. Conclusioni: al pm Guarascio basta una veloce lettura delle carte. Le ipotesi di reato considerate «lampanti». Contratti sequestrati, 4 amministratori sotto indagine per il fallimento: si potrebbe arrivare persino alla bancarotta preferenziale in concorso con i calciatori. Ma questo non li ha spaventati: spalleggiati dal loro sindacato si rivolgono a un collegio arbitrale interno alla Figc per avere i soldi in questione. La Lega Pro è in imbarazzo, un funzionario parla con il pm e capisce il pasticcio. Tanto che in una relazione invita il collegio a sospendere il giudizio aderendo alla richiesta dall'avvocato del Catanzaro, Sabrina Rondinelli. Parole al vento: «pagate i calciatori Ciano, Corapi e Bruno (gli ultimi due domani sera ritorneranno in città da avversari con la Nocerina nel posticipo in diretta tv, ndr)» è la sentenza nonostante la Lega Pro metta per iscritto che il contratto di Corapi non è stato mai ratificato. Per fortuna mercoledì scorso la frana si è fermata: lo stesso collegio (nuova stranezza) ha sospeso il giudizio sul ricorso di altri 5 calciatori. Forse Stefano Palazzi potrebbe proprio iniziare da questa storia per far emergere il fiume carsico dei soldi in nero. Un fiume che alimenta scommesse illegali e avvicina la criminalità a giocatori e club. Gli atti non mancano: come sempre la magistratura ordinaria offre buoni spunti. Per informazioni chiedere al dottor Domenico Guarascio.
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Pezzi di Milano in vendita, ma costano troppoBerlusconi vuole il doppio della cifra reale, Interro rosso di 80 milioni
Investitori stranieri perplessi dalle cifre chieste per squadre poco appetibili di un calcio in crisi
LUCA PAGNI - ANDREA SORRENTINO - La Repubblica - 14-10 - 2012
MILANO — Ma quanto valgono, davvero, Inter e Milan? E siamo sicuri che gli investitori stranieri, potenzialmente interessati a entrare nei due club, ne offrano una valutazione all'altezza delle aspettative dei proprietari? Perché quando si parla di magnati cinesi, arabi o russi che non vedrebbero l'ora di inondare di denaro i club milanesi, non si considerano alcune questioni che all'estero tengono invece in gran conto. La prima è che il "sistema Italia" non attira più investimenti dall'estero, anzi li sta facendo fuggire a gambe levate: secondo il Fondo Monetario Internazionale, nell'ultimo anno sono usciti dall'Italia 235 miliardi di capitali stranieri, pari al 15% del Pil. Fuggonodall' Italia perché è un paese che, tra le altre cose, non garantisce snellezza nelle burocrazie e tempi brevi nell'amministrazione della giustizia. In più il calcio italiano va perdendo sempre più fascino, quindi anche valore. A cominciare proprio da Inter e Milan.
Pare che Silvio Berlusconi abbia dato del Milan una valutazione altissima, tra gli 800 e i 900 milioni di euro, chiedendo agli investitori qatarioti e russi di entrare nel club con una quota del 30% pari a circa 250 milioni. Cifre fuori mercato, dicono gli analisti finanziari e gli stessi investitori, dato che il valore reale del Milan potrebbe aggirarsi sui 400 milioni: considerato che i ricavi dei club italiani sono bassissimi rispetto ai principali club spagnoli e inglesi (su merchandising e sfruttamento dello stadio siamo ancora alla preistoria: fuori da San Siro impazzano decine di bancarelle del falso, ad esempio), che il calcio italiano è in paurosa crisi di credibilità per scandali e malgoverno, che la legge sugli stadi è bloccata da alcuni secoli e insomma proprio non si vede come le cose possano migliorare, i magnati stranieri diffidano assai. Neppure l'idea di cedere i migliori calciatori per erodere le perdite, e dunque rendersi più appetibili a nuovi azionisti, è una buona idea: via i calciatori più importanti, i conti migliorano (di poco) ma il club perde appeal, cioè valore. E poi perché qualcuno dovrebbe immettere capitali freschi in un club per riceverne in cambio una partecipazione azionaria che non garantisce alcun controllo, anzi lascia tutto in mano al proprietario?
Intanto le perdite continuano. Il Milan ha chiuso il bilancio 2011 con -67 milioni, l'Inter il 29 ottobre ne presenterà uno con circa 80 milioni di passivo: per il breve cammino nella Champions passata, per gli incassi insoddisfacenti nelle gare di coppa, per la campagna acquisti anticipata, per un allarmante -12 milioni nei ricavi dal settore commerciale. II monte stipendi è stato abbattuto di 40 milioni di cui beneficerà il prossimo bilancio: però mancheranno i circa 30 milioni della Champions e i 13 milioni spesi ad agosto per Alvaro Pereira, quindi anche il prossimo sarà un anno da sangue sudore e lacrime. Il dg Marco Fassone nel frattempo sta perlustrando Milano alla ricerca di una zona per il nuovo stadio, da costruire entro il 2017 con i cinesi della China Railway Constructions, con cui ad agosto è stata avviata una partnership. Ma nel frattempo è avvolto nel mistero l'ingresso dei tre nuovi componenti del Cda (due cinesi e un italiano) che avrebbero dovuto rilevare il 15% delle azioni, pan a circa 55 milioni perché la valutazione ufficiale dell'Inter è stata di 360 milioni. Sono stati firmati i documenti preliminari ma non si è ancora arrivati al closing dell'accordo. Ad agosto si era detto che i tre sarebbero stati cooptati nell'assemblea di ottobre: ma per ora non ci sono certezze.
I numeri dei club milanesi
4OO milioni
[/b]VALUTAZIONE ROSSONERA
800 milioni di euro è la valutazione che Berlusconi dà dell'Ac Milan. In realtà il valore del club non supererebbe i 400 mln
36O milioni
VALUTAZIONE NERAZZURRA
360 milioni di euro: è invece la valutazione, data alla Fc Inter. L'olandese Wesley Sneijder è il giocatore più pagato dal club: 13 milioni lordi
80 e 67 milioni
IL PASSIVO DELLE SOCIETÀ
80 milioni è il passivo evidenziato dal bilancio dell'Inter al 30 giugno 2012; quello del Milan al 3112.2011 è stato invece di 67 milioni
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Intervista ad Antonio Bellavista«VI SPIEGO COME SI COMPRANO LE PARTITE»
La verità dell'ex barese: «Gli zingari mi davano i soldi che io giravo ai giocatori delle squadre awersarie per convincerli»
«SONO CADUTO IN FORTE STATO DEPRESSIVO E DA TEMPO SOFFRO DI ATTACCHI DI PANICO E ANSIA. CON I CLAN 10 NON C'ENTRO NULLA»
IL sistema Di regola tutta la squadra sapeva della combine, poi i criteri di spartizione variavano
Giulio Mola - Il Giorno -14-10-2012
Bari
APPUNTAMENTO all’ora dell’aperitivo nella hall del Victoria Park Hotel di Palese, cinque minuti d’auto dall’aeroporto di Bari, il doppio dallo stadio San Nicola, comunque sufficientemente lontano dal centro del capoluogo pugliese, zona “off limits” per Antonio Bellavista da quando il nome dell’ex capitano biancorosso è finito nel ciclone del calcioscommesse. Ma il diretto interessato, aprendo lo scrigno dei segreti, respinge subito le accuse più gravi e infamanti.
«Ho sbagliato, sto pagando e continuerò a pagare. Ma io quella fascia da capitano sul campo l’ho onorata. Purtroppo per la gente Bellavista arrestato ha solo un significato».
Riavvolgiamo il nastro. Da dove cominciamo signor Bellavista?
«Intanto dalle falsità sul mio conto. Faccio un esempio: dalle indagini emerge che Masiello sostiene di aver ricevuto da me 20mila euro una domenica sera...Falso. Ho dimostrato che in quel determinato giorno ero altrove. Sa cosa significa? Dal punto di vista penale io posso controbattere, per la giustizia sportiva no. E pago anche per certe invenzioni».
Sta mettendo in dubbio la credibilità dei pentiti?
«La verità è che i pentiti non fanno i pentiti in modo corretto. Per quello che hanno passato rimuovono certe situazioni ed è facile che possano scambiare persone o date. E poi i pentiti parlano solo per proprio interesse, per trarre benefici e sconti di pena».
A proposito: Carobbio attendibile su tutto ma sbugiardato su Conte. Come è possibile?
«Stimo Conte come allenatore e persona, gli ho pure affittato un mio appartamento quando è arrivato a Bari. Ma la sua vicenda è un’ingiustizia per tutti. Mettiamo che l’allenatore non sapesse delle combine con Novara e Albinoleffe, posso anche crederci. Ma se si fanno processi basandosi sulla credibilità di pochi pentiti come Carobbio, perché quando si parla di Conte non è più credibile? Solo perché si è toccata la Juve? Solita cosa all’italiana. Alla fine tanto scalpore e clamore ma la verità è che l’allenatore ha ricevuto la stessa pena concordata con Palazzi».
Riparleremo dopo di Conte. Piuttosto, è vero che nelle settimane scorse voleva tornare dai pm e dire cose che avrebbero «fatto tremare il mondo del calcio»?
«Era uno sfogo del momento. I magistrati e le procure andranno a fondo e scopriranno la verità. Ho tanta rabbia dentro perché è stata distrutta soprattutto la mia immagine, collegando la mia persona alla malavita locale, con l’accusa terribile di associazione a delinquere. Lo ripeto, ho sbagliato e sono il primo a dirlo. Ma le invenzioni, no, quelle non mi vanno bene. Bellavista non c’entra nulla né col Bari né coi clan..ma scherziamo? Dal punto di vista fisico e psicologico ne ho risentito di tutto ciò, è stata una mazzata, sono caduto in forte stato depressivo e da tempo soffro di attacchi di panico e di ansia».
Cosa si rimprovera?
«Pago la superficialità con cui ho affrontato tutto. Mi sono esposto troppo pensando solo ai soldi a discapito della mia persona e dei miei cari, accecato dalla voglia di denaro. Oggi non rifarei nulla di quello che ho fatto».
Ci spieghi meglio. Come funzionava il sistema scommesse?
«Sembra tutto semplice. In base a delle “soffiate” o mie sensazioni davo per scontato che le partite potessero andare in un certo modo. Poi subentravano gli zingari, ed era un gioco da ragazzi portare i soldi di questi ultimi ad alcuni calciatori, convinto che potessero accettare le condizioni degli zingari stessi. Duecentomila euro da consegnare a 4-5 giocatori, i più rappresentativi. Somme importanti che bastavano per convincere... Ma ripeto, lo facevo in modo superficiale senza pensare che con una simile condotta avrei potuto rischiare il carcere...».
Ma tutta la squadra era a conoscenza della combine?
«Di regola sì, poi i criteri di spartizione variavano. Certo, poteva succedere che non tutti fossero d’accordo. E non accettavano neppure eventuali regali al posto dei soldi. Ma a nessuno si metteva pistola alla tempia».
Gli zingari arrivavano dappertutto tramite i calciatori...
«Certo. Basta vedere quel che è accaduto a me. Sono stato accusato di essere il referente degli zingari ma non era così. Io parlavo anche con Masiello proponendogli certe cose, le indagini hanno dimostrato che lui poi prendeva accordi con Carobbio sempre per conto degli zingari e non con me. Forse perché io non volevo avvicinarmi troppo alla mia vecchia società».
Pare che nello spogliatoio del Bari dopo gli accordi ci fossero riti malavitosi, tipo bacio alla scatoletta con i soldi...
«Magari era qualcosa di dissacrante, come uno sfottò. Io non so cosa succedesse, spero che le indagini accertino tutto. Cominciai a interessarmi del Bari nella stagione 2010-2011 quando la situazione era compromessa, la prima gara fu Milan-Bari. Parlai con Masiello ma mi negò la possibilità di accordarsi...».
Torniamo a Conte. Quali erano i vostri rapporti?
«Ci conoscemmo in ritiro vicino Pisa nei pochi giorni in cui ci incrociammo prima della mia cessione nel mercato di gennaio. La società, spinta da Materazzi, aveva già deciso di mandarmi via».
L’attuale allenatore della Juve, interrogato di recente per quel che riguarda l’inchiesta bis di Bari, ha sostenuto che l’allenatore può non sapere di quel che accade nello spogliatoio fra i giocatori...
«Può darsi abbia ragione perché in partita i calciatori possono fare qualcosa di nascosto. Io però ritengo che l’allenatore non può non sapere, al massimo può far finta di non sapere. Basta guardare gli atteggiamenti in campo».
Con quale stato d’animo Conte tornerà in panchina?
«Sicuramente arrabbiato, più di prima. Però io le chiedo: quanti di quelli coinvolti nello scandalo hanno avuto lo sconto? Praticamente nessuno. Solo lui sa se la condanna è giusta o meno, così come Stellini e Alessio».
A proposito, Stellini uscendo di scena ha dato un segnale importante.
«Mi sembra strano che Stellini sapesse e facesse certe cose e Conte fosse all’oscuro di tutto. Stellini aveva così tanto potere? Comunque il suo mettersi da parte è stato un atto da uomo vero».
Lei mesi fa scrisse sulla sua pagina facebook: ora i giochini non riescono e le facce di molti allenatori e giocatori sono più tristi...Cosa voleva dire?
«Vede, la cosa che mi addolora di più oltre al carcere, è stata la bastonata ricevuta da ex calciatori. Mi hanno zittito, ci sono class action che mi hanno diffidato perché ho osato dire che certe cose almeno una volta in carriera sono successe a tutti. Oggi le scommesse, ieri i pareggi di comodo».
Insomma, chi è senza peccato...
«Gli scheletri negli armadi ce li hanno tutti, anche Di Martino a Cremona ha detto «Non posso svuotare il mare con un cucchiaino». Il marcio è radicato, a fine anno sono tante le partite strane, basta vedere le quote. Quando si abbassano troppo c’è qualcosa che non va, vuol dire che i giocatori hanno già messo in moto amici e parenti che sono in coda alle ricevitorie».
C’è un’inchiesta bis in corso a Bari. Che ne verrà fuori?
«Penso cose importanti. Mercoledì scorso mi avevano convocato, ma senza spiegarmi il motivo. E perciò non sono andato. Ma se serve mi presenterò senza problemi. E’ innegabile che siamo in vista di sviluppi importanti su vecchie partite. E all’epoca di quei fatti (fine stagione 2007-2008 e stagione 2008-2009, ndr) Bellavista giocava col Verona».
Anche Ranocchia è coinvolto?
«Un nome come tanti altri tirato in ballo in questa storia. C’è ancora un’indagine in corso...».
Lei ora si sente a posto con la sua coscienza?
«Per strategia difensiva mi sono spesso avvalso della facoltà di non rispondere. Ma se ci sarà bisogno parlerò, anche perché leggo tante invenzioni. Per esempio con Genoa-Lazio non c’entro nulla, però per i magistrati di Cremona il fatto che alloggiassi nello stesso albergo degli zingari era una prova. Così come quella volta che gli zingari erano a San Siro per Inter-Barcellona, c’ero pure io. Ma gli zingari non li conoscevo».
Con le scommesse ci ha guadagnato o perso?
«Il bello è che io ci ho rimesso un bel po’ di soldi. Persi ben 60mila euro per quell’over 3,5 mancato di Inter-Lecce, quando Paoloni, vittima del gioco per colpa dei debiti, ci diede una bufala facendoci credere che aveva parlato con Corvia ed altri calciatori giallorossi».
Quindi a volte ci si fidava delle soffiate?
«Paoloni l’aveva fatta talmente credibile che era difficile non starci dietro. Per chi voleva investire era affidabile. Gli zingari erano più diretti, volevano toccare con mano. E facevano vedere i soldi».
Che idea si è fatto della giustizia sportiva?
«Si è comportata esageratamente male. Io ho sempre detto tutto, però davanti ai pubblici ministeri magari ne uscirò con una condanna diversa o comunque leggera mentre per Palazzi e i giudici del calcio sono stato già condannato a cinque mesi più preclusione più altri quattro anni per una partita del Cesena. E se alla fine i tribunali mi assolveranno chi mi restituirà il tempo perso considerato che devo pur continuare a lavorare per vivere?».
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Calcioscommesse, pronti i deferimenti per il NapoliFulvio Bianchi - Spy calcio- repubblica.it -13-10-2012
Un piccolo passo avanti: Giancarlo Abete, n.1 del calcio, da Yerevan ha annunciato che in futuro i "deferimenti (o le archiviazioni, ndr) per dichiarazioni di tesserati" dovranno avvenire entro 15-20 giorni. Ora la superprocura ci ha messo 70 (settanta) giorni prima di archiviare il comunicato della Juve contro la giustizia sportiva. Un autentico record. In futuro, non potrà più succedere. E' già qualcosa: la decisione di Abete, in sintonia con Giovanni Petrucci, verrà ratificata dal prossimo consiglio federale, 29 luglio. Il giorno dopo la Giunta e il Consiglio nazionale del Coni ratificheranno invece quello che avrà stabilito il commissario ad acta, Giulio Napolitano, sui pesi del consiglio federale della Figc: verranno fatti fuori gli arbitri? Si accontenteranno dell'autonomia gestionale e finanziaria? O minaccerano uno sciopero col rischio di commissariamento? Il n.1 dell'Aia, Marcello Nicchi, è sotto inchiesta, accusato da Robert Anthony Boggi, candidato alle elezioni del 10 novembre, di minacce nei confronti di tre dirigenti (uno è l'ex arbitro Borriello). Stavolta Palazzi-Sherlock Holmes dovrà fare necessaria in fretta.
Per quanto riguarda una riforma più incisiva della giustizia sportiva, bisognerà aspettare almeno la fine delle inchieste e di processi del calcioscommesse, quelli relativi alle indagini di Cremona, Napoli e Bari. Di sicuro verrà modificata la responsabilità oggettiva: troppo penalizzante nei confronti dei club che sono (davvero) all'oscuro dei movimenti di loro calciatori o tecnici "infedeli". Le società potranno rivalersi economicamente nei confronti di chi le ha tradite, ma è chiaro che dovranno dimostrare di non aver avuto alcun tipo di coinvolgimento nella combine o nelle scommesse. Michel Platini, presidente Uefa, vuole inasprire le pene per omessa denuncia e rompere così il muro di omertà. In effetti, come si è visto, anche in Italia sono troppi gli allenatori che non si accorgevano di quello che succedeva nel loro spogliatoio, troppi i calciatori invitati a girarsi dall'altra parte magari dai loro dirigenti. Bisogna trovare un sistema per far sì che chi denuncia non venga poi emarginato: come successo a Farina costretto ad andare all'Aston Villa? Su questa storia, consentitemi di avere qualche dubbio: ci sono degli aspetti che mai sono stati chiariti. La sua è stata davvero una denuncia spontanea? Come mai Farina non ha mai voluto chiarire in una conferenza stampa?
La superprocura intanto va avanti con le sue inchieste, anche se i processi a rate hanno creato non poche polemiche. L'indagine che riguarda il Napoli ormai è chiusa e ben custodita in cassaforte in via Po. Ma i deferimenti dovrebbero arrivare solo dopo Juventus-Napoli del 20 ottobre: è stato l'ex (terzo) portiere Giannello a coinvolgere il club di Aurelio De Laurentiis. Giannello dovrebbe andare a processo per illecito (rischia la radiazione), il Napoli potrebbe avere un punto di penalizzazione, Paolo Cannavaro e Grava che dissero subito di no all'ipotesi di combine potrebbero invece essere deferiti per omessa denuncia (4 mesi in caso di patteggiamento). E qui si ritorna al discorso dell'omessa denuncia: in futuro bisognerà ragionarci con calma, per un giocatore non sempre è facile districarsi fra voci, sussurri di spogliatoio, millanterie, eccetera. E c'è il rischio di pagare caro. Il processo al Napoli (ovviamente in caso di deferimento) si dovrebbe tenere verso fine anno, quando c'è la sosta del campionato. Entro dicembre, la superprocura dovrebbe chiudere anche la pratica che riguarda Genoa e Lazio (venerdì prossimo Palazzi andrà a Cremona a parlare con Di Martino), mentre su Bari, come si vede, ogni giorno salta fuori qualcosa di sconcertante. Che società era mai quella? Che facevano i dirigenti? E gli allenatori di quell'epoca? Negli spogliatoio e in ritiro giravano fior di delinquenti. Mutti ha già patteggiato 4 mesi per omessa denuncia. Ora tocca agli altri. Intanto, ecco nuovo lavoro per Palazzi e c.: aperto un fascicolo su quanto è venuto fuori da Fermo, vale a dire le carte d'identità false che riguardano anche i calciatori. Niente di nuovo, come si vede, rispetto al passato.
Volley, un club di Bergamo sponsorizzato Scientology
Questa ci mancava: ci sono state sponsorizzazioni con ditte di imprese funebri, ma quella con il discusso movimento di Scientology, movimento religioso fondato da Ron Hubbard, non si era ancora vista. La novità arriva da Bergamo: la squadra di volley di B-1 del Cesano avrà come sponsor Scientology e sulle maglie apparirà Dianetics, il libro sacro del movimento. Per noi è uno "sponsor come un altro", fanno sapere dal club. Va bene che c'è la crisi, ma non esageriamo.
(13 ottobre 2012)
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Troppi club professionisticiFulvo Bianchi - Spy calcio - repubblica.it - 12-10-2012
Di questi tempi è un'autentica follia, un'anomalia tutta italiana che non ha riscontri nelle altre Nazioni: 111 club professionistici. Venti in A, ventidue in B, sessantanove in Lega Pro (che è già scesa: prima ne aveva 90!). L'ideale sarebbe arrivare a 78, così divisi: 18 in A, 20 in B, 40 in Lega Pro (o al massimo, 60, divisi in tre gironi). "Se ci mettiamo intorno ad un tavolino e ne discutiamo fra noi, possiamo farcela": Andrea Abodi, presidente della Lega B, è ottimista. "Si potrebbe partire già dal 2014". Il problema è che la A ha già venduto questo format, a 20 squadre, alle tv sino al 2015 e molti presidenti temono di incassare meno soldi: ma non è detto che sia così. A Sky, a Mediaset Premium e a chi vende i diritti tv all'estero fa comodo un campionato vivo, avvincente, equilibrato, di buon livello oppure, come adesso, gare noiose, modeste e stadi desolatamente vuoti? Bisognerebbe trattare con le tv e poi partire con il progetto: Giancarlo Abete crede in una riforma dei campionati, non per niente anni fa ne preparò una, su richiesta di Franco Carraro, che poi fu "impallinata" dai soliti veti incrociati e dagli interessi di parte. Nei cassetti della Lega di A, a Milano, c'è un progetto fermo da 10 anni. Ma adesso, sull'onda di una crisi che non sarà breve nemmeno per il calcio, ecco che se ne può, se ne deve, riparlare. O stiamo a contare le società che scompaiono, 45 negli ultimi anni? |
Nell'ultimo consiglio federale i rappresentanti del sindacato calciatori (Aic), guidati da Damiano Tommasi, si sono espressi per la prima volta a favore di un taglio anche drastico dei club di Lega Pro: per arrivare a 60, come vuole Mario Macalli, ma anche, se fosse necessario, per scendere addirittura a 40. Sì, perché la situazione è talmente grave che quest'anno, su 69 società, già una decina non pagano gli stipendi (e siamo solo ad ottobre...) e chissà quanti club riusciranno ad iscriversi la prossima stagione al campionato. Così non si può più andare avanti: Macalli e il suo staff hanno fatto sicuramente passi avanti, anche coraggiosi, cercando di imporre i giovani, controllando i flussi delle scommesse per scoraggiare i calciatori "infedeli", rilanciando la Nazionale Pro.
Ma non basta ancora: la crisi allontana gli imprenditori, bisogna ridisegnare un nuovo schema di calcio. Tutti insieme: la ritrovata sintonia delle quattro Leghe può aiutare. La serie B ha la sua tv e lunedì a Roma presenterà i suoi progetti per il futuro. Stadi e non solo: non è possibile, presidente Abodi, che il Sassuolo primo in classifica non abbia il suo impianto e sia costretto a giocare a Modena (Pro Vercelli e Lanciano invece stanno per tornare a casa). Chi non ha gli stadi non può partecipare ai campionati professionistici: impariamo dall'estero. Il tema di una riforma radicale, passando anche per la giustizia sportiva (vedi Spy Calcio dell'11 ottobre), va discusso all'inizio del 2013, passate le elezioni delle varie Leghe e della Figc (14 gennaio).
Entro ottobre il commissario ad acta, nominato dal Coni, Giulio Napolitano, finirà il suo lavoro e si conoscerà la ripartizione del nuovo consiglio federale. Il Coni vuole che al massimo sia composto di 20 membri (il presidente più 19). La Lega B, nelle sue considerazioni consegnate a Napolitano jr., propone 19 membri, e sei per i club professionistici (A 3, B 1 e Lega Pro 2). Ma la Lega Pro non ci sta e ne vuole tre. Tutti d'accordo invece a fare fuori gli arbitri dal consiglio federale: l'Aia, secondo la B, non dovrebbe nemmeno intervenire quando ci sono questioni che la riguardano. Fuori del tutto. Gli arbitri conserverebbero comunque autonomia gestionale e finanziaria. E se decidessero di scioperare? "Non scherziamo nemmeno-ci ha detto un autorevole membro del consiglio-Se ci provano, l'Aia viene immediatamente commissariata. Al nostro calcio manca solo lo sciopero degli arbitri....". Che farà Marcello Nicchi? Il 10 novembre ci sono le votazioni Aia: prima Stefano Palazzi deve chiudere l'inchiesta e stabilire se è vero quello che sostiene il candidato Robert Boggi, cioè che Nicchi ha minacciato alcuni dirigenti. Il clima è questo, per la riforma dei campionati si aspetteranno acque più tranquille.
(12 ottobre 2012)
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Palazzi tempismo specialeVittorio Oreggia - Tutttosport -11-10-2012
Due mesi dopo la finale di Supercoppa e 48 giorni dopo la conferenza stampa-sfogo di Antonio Conte, il procuratore Stefano Palazzi ha deferito il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, e l’allenatore della Juventus: il primo per quello che ha fatto (vietare alla sua squadra di partecipare alla cerimonia di premiazione nella bolgia di Pechino), il secondo per quello che ha detto (contro i giudici che lo hanno condannato a dieci mesi, poi ridotti a 4 dal Tnas). Si tratta di atti dovuti, ancorché piuttosto differenti tra loro, sanzionabili solo con pene pecuniarie, ma crediamo che il tempismo dello 007 federale possa essere considerato davvero straordinario.
Non fosse una cosa abbastanza seria, verrebbe da ridere. Alla ripresa del campionato si giocherà Juventus-Napoli e siccome il clima per questa sfida non è sufficientemente surriscaldato, Palazzi ha pensato di agitare le acque. Per carità, tutto proceduralmente ineccepile, tutto in ambito molto bypartizan (De Laurentiis-Conte: 1-1. Olè!), però sorge spontanea la domanda: cui prodest? Non poteva, il Palazzi, scatenarsi con i deferimenti la settimana scorsa o quella successiva alla partita di Torino? No, proprio ieri, il giorno dopo le pesanti anticipazioni del capo della Polizia, Antonio Manganelli, sul calcio scommesse; il giorno stesso in cui gli spifferi del filone barese raggelano il sangue. In effetti, a ripensarci quei deferimenti ci volevano per rendere l’atmosfera tra il pasquale e il natalizio.
Dicono che Palazzi sia così, insomma operi “motu proprio”, distante da qualsiasi contaminazione politica. Sarà pure bello e ovviamente vero, però qualcuno che gli detti i tempi d’azione ci sarà, no? Anche a questo converrà mettere mano quando le istituzioni riorganizzeranno la giustizia sportiva. Speriamo prestissimo. Nell’ambito dell’inchiesta che Tuttosport sta portando avanti sulla revisione dell’intero sistema giuridico, è dirimente la posizione di Gianni Petrucci. In una lunga intervista che ci ha concesso, il presidente del Coni pone in risalto la necessità di intervenire al più presto («ne ho parlato di recente con Abete…»), affronta il problema della scelta dei giudici, che «devono avere competenza sportiva per interpretare in modo corretto la legge, comprendendo a fondo l’intenzione del legislatore», insiste sulla necessità di mantenere il caposaldo della responsabilità oggettiva ma con una «rivisitazione alla luce di certi nuovi reati prima non prevedibili», auspica infine una discussione sulle «maggiori garanzie per l’imputato». Tutto giusto, però che qualcuno cominci.
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IL RISCATTOEFFETTO EURO'12 SUI 50
Sei italiani in corsa per il Pallone d'oro (e anche sei tecnici)
LICARI A PAGINA 17
GLI ALLENATORI
Prandelli, Di Matteo Mancini e Guidolin
Però manca Conte... Anche Mazzarri e Spalletti in corsa. La Fifa premia la Nazionale ma non la Juventus
Fabio Licari - Gasport -11-10-2012
Se per i calciatori sembra d'essere tornati ai tempi belli, per i tecnici è la conferma: il nostro movimento è tra i più preparati e vincenti. Nel 2011 furono selezionati in 5 (Allegri, Capello, Mancini, Guidolin, Mazzarri). Quest'anno siamo a quota 6: Guidolin, Mancini e Mazzarri (di nuovo), Di Matteo, Prandelli e Spalletti (nuovi). E fin qui tutto perfetto. Se non fosse che manca chi ha vinto campionato e Supercoppa, perso la finale di Coppa Italia e reinventato la Juve. Già: dov'è finito Antonio Conte? Tocca a Del Bosque Conte non c'è. Non c'è posto per lui tra i 33 allenatori preselezionati dalla Fifa. Possibile? Naturalmente no. Ma a Zurigo hanno fatto valutazioni politiche. E temendo un tecnico squalificato tra i 10 finalisti, se non di più, hanno preferito glissare. Silenzio rumorosissimo. Naturalmente non avrebbe vinto: il successo spetta, di diritto, a Vicente del Bosque, c.t. della Spagna, campione d'Europa (dopo il Mondiale 2010). Il premio per i tecnici esiste dal 2010 — da quando Fifa e France Football hanno unito Pallone d'oro e World Player — ed è andato a prima Mourinho e poi a Guardiola. Tre IhVai dt Tra i 10 finalisti potrebbero farsi strada 3 italiani. Uno è Roberto Di Matteo, campione d'Europa (più Coppa d'Inghilterra) con il Chelsea dopo aver allentato la gabbia tattica di Villas Boas e restituito buon senso — con un po' di fortuna — a una squadra non finita. L'altro è Cesare Prandelli la cui Italia, finale di Kiev esclusa, ha dato spettacolo e sorpreso i critici internazionali. Infine è in gioco anche Roberto Mancini, campione d'Inghilterra con il Manchester City. Meno chance, obiettivamente, per Walter Mazzarri e Francesco Guidolin: ma Napoli (Coppa Italia) e Udinese (qualificazione in Champions) hanno meritato il riconoscimento nella «lista ampia». Luciano Spalletti, campione di Russia, sta soffrendo con lo Zenit: anche per lui è dura. La Top li Ai primi posti, naturalmente, José Mourinho campione di Spagna, e Diego Simeone (Europa League e Supercoppa all'Atletico Madrid): probabile che, escluso Del Bosque, gli altri 2 finalisti usciranno proprio dalla rosa con Mou, Simeone, Di Matteo e Mancini.
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AGNELLI «Sì, quest'anno puntiamo a vincerla Calciopoli e SCommessopoli: due ingiustizie»
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PAG. 3 • JUVE STRATEGIE E OBIETTIVI
Agnelli avvisa l'Europa «Voglio la Champions» «Vale più della Coppa del Mondo. E noi ci sentiamo a casa»
La classifica della Champions dice che siamo i sesti di sempre, non possiamo che puntare subito al successo. Vi spiego come il cakio italiano può risalire
Noi Agnelli siamo la più antica famiglia nello sport, gestiamo la Juve da 90 anni. Al mio arrivo ho dovuto cambiare tutto. Il risultato è una squadra nuova e di vincenti
Gianni Lovato - Tuttosport -11-10-2012
IL MESSAGGIO all'Europa non poteva che essere inviato da Londra, centro nevralgico del calcio continentale: «La Juve è sesta nella classifica di tutti i tempi della Champions. Quest'anno puntiamo a vincerla, perché noi non scendiamo mai in campo con altri obiettivi», firmato Andrea Agnelli . Parole spese davanti al presidente della federcalcio spagnola, ovvero il rappresentante di Barça e Real, tanto per citarne uno. Il presidente della Juve parla da Stamford Bridge, la tana del nemico trasformata per due giorni nella sede di Leaders in Football??, società organizzatrice di un meeting che riunisce sotto lo stesso tetto molti dei principali dirigenti delluniverso calcistico. Lincrocio con il suo predecessore è solo sfiorato, perché Jean Claude Blanc in veste di direttore generale del Psg parlerà oggi. Poco male. Soprattutto per l'uomo di Chambery, che potrà evitare imbarazzanti confronti. Agnelli invece parla a ruota libera per trequarti dora. L'organizzazione del calcio italiano, Calciopoli, Scommessopoli e soprattutto… Scudettopoli. Perché sotto la sua guida la Juve ha riconquistato la leadership in Italia ed è pronta a dare lassalto a quella europea. E questo il numero uno bianconero lo chiarisce al meglio.
CALCIOPOLI Agnelli è uno dei cosiddetti 'speakers', in pratica gli tocca rispondere alle domande di un intervistatore. Alcune vertono sulla nerissima stagione di Calciopoli, quella che vide una delle migliori squadre del panorama continentale (secondo molti la migliore) finire nellinferno della serie B con costi economici e morali annessi. Il presidente della Juventus risponde con un aplomb che probabilmente non corrisponde al suo reale stato danimo, ma le parole sono pietre: «Mi piacerebbe avere un parere internazionale sulla vicenda che è stata chiamata Calciopoli. Non cè stata una sola prova contro la Juve. Le decisioni sono state prese sulla presunta violazione dellarticolo 1, in pratica sè stabilito che se ci sono stati tre comportamenti antisportivi, allora c'è stato un illecito. Come dire che se uno si è comportato male qualche volta, allora deve aver commesso un reato».
SCOMMESSOPOLI Gli anni di Calciopoli videro l'attuale presidente in veste di spettatore (per quanto possa esserlo un Agnelli quando si parla di casa Juve), la vicenda di Antonio Conte – pur non riguardando la società di corso Galileo Ferraris – lo ha invece spinto in prima linea. «La mia prima reazione di fronte alla squalifica di Conte è stata di delusione. Il ricordo del 2006 era ancora vivo. A me sono bastati un paio di minuti di colloquio con Antonio per capire la verità. Il nostro tecnico è innocente. Quello che l'ha riguardato è un processo inquisitorio, dove la parola di una persona viene messa contro quella di un'altra».
LA SENTENZA Conte professa la sua innocenza in maniera a volte scomposta (proprio ieri è arrivato il deferimento per la famosa conferenza del 23 agosto), Agnelli gli crede, la giustizia sportiva no. Infatti proprio a Stamford Bridge alla Juve è toccato riaffacciarsi in Champions con il proprio tecnico in tribuna. Un inconveniente destinato a perdurare fino al termine del girone di qualificazione. Agnelli non ci sta: «La squalifica di 4 mesi la trovo abbastanza assurda. Bisogna riformare la giustizia perché queste decisioni hanno implicazioni finanziarie molto importanti. Per questo ritengo che quando si fanno delle accuse bisogna essere sicuri al 100%. Sono d'accordo sul punire severamente il calcio scommesse, ma noi abbiamo avuto il nostro allenatore squalificato per 4 mesi con la motivazione che non poteva non sapere??. Non c'era prova che lui sapesse, ma non poteva non sapere??. Se uno non può difendersi, allora tutti possono essere considerati colpevoli». Inevitabile il parallelo con John Terry , accusato di aver pronunciato frasi razziste nei confronti di Anton Ferdinand in occasione di Chelsea-Qpr dello scorso campionato. «Fatico a comprendere quello che è successo qui in Inghilterra con Terry. Per lo stesso capo di accusa il tribunale civile lo ha giudicato innocente, mentre per quello sportivo è colpevole».
IL CALCIO ITALIANO Pur essendo al timone della Juve da soli due anni, Agnelli può esibire trofei (dallo stadio, al Liceo Juve, al prossimo centro sportivo nellarea dello Stadium e, certo, lo scudetto) sconosciuti ai suoi colleghi italiani. Che la spinta propulsiva sia solo all'inizio lo si capisce da parole che hanno lo spessore del manifesto: «Dieci anni fa altre squadre erano d'esempio e il Barcellona non era quello attuale. Anche le squadre inglesi faticavano ad avanzare in Champions League. Mentre oggi la Germania ha chiuso il gap proprio grazie ai nuovi stadi e alle partnerships Champions. In Estremo Oriente solo la Premier League viene trasmessa, perché cè una politica ben precisa nel vendere i diritti tv. La serie A prima deve guidare se stessa e poi vendersi a livello internazionale. Al momento non abbiamo appeal. Io per il futuro punterei sul modello americano, che è esattamente l'opposto del nostro. Ovvero a un sistema solidaristico con i proventi che dall'alto vengono distribuiti in basso».
TRA STORIA E FUTURO Finale a tinte bianconere con il manager che confluisce nel tifoso: «Noi Agnelli abbiamo la gestione familiare più antica nella storia dello sport. Il 40% è nelle mani dei tifosi ma il restante 60% dipende dalla nostra gestione da quasi novantanni. Nel 2010 io sono diventato presidente e Marotta è arrivato poco dopo. Non era rimasto quasi nessun giocatore, abbiamo cambiato tantissimo. Però con Del Neri le cose non sono andate per il meglio, per cui abbiamo dovuto cambiare tutto e con il senno di poi possiamo dire che con Conte abbiamo fatto la scelta migliore. Il risultato è che nella squadra campione dItalia cerano solo cinque giocatori ereditati dalla precedente gestione».
MEGLIO LA CHAMPIONS «Il sogno di ogni ragazzo è di alzare la Coppa del Mondo. Però bisogna anche pensare che questi ragazzi hanno dei contratti multimilionari e ogni volta che vanno in Nazionale rischiano di sminuire il loro valore con un infortunio. Considerando che la Coppa del Mondo si gioca ogni quattro anni, io penso che la Champions sia più importante. Ho visto le statistiche, la Juve è al sesto posto di tutti i tempi nella classifica Champions. Sappiamo che è una competizione daltissimo livello, ma noi in questo ambito ci sentiamo a casa e puntiamo a vincere ogni competizione a cui partecipiamo». Ma questo i suoi interlocutori l'avevano già capito.
ha collaborato VALERIO CAMMARANO
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Nostra inchiesta
Giustizia sportiva
ecco le riforme
Le proposte per la riforma
GUIDO VACIAGO - Tuttosport -10-10-2012
Ora che si stanno depositando le ultime velenose scorie di Scommessopoli, bisogna cogliere l'attimo. Perché è sempre più urgente pensare a una nuova giustizia sportiva La troppo diffusa sensazione di iniquità che ha inquinato i sentimenti di molti appassionati di caldo, non può essere solamente ricondotta (e ridotta) all'isterismo tifoso. Al di là dei commenti partigiani, infatti, si registra una certa unanimità anche nelle componenti istituzionali nel constatare che qualche anomalia, nel funzionamento della macchina giuridicosportiva, c'è stata ed è necessario intervenire. La credibilità, in questo ambito, è il bene più prezioso: perderla agli occhi di chi si nutre di caldo e, quindi, nutre il caldo, significa minare alla base tutto il movimento. Un rischio inconcepibile. Ma tanto la riforma della giustizia sportiva è urgente, quanto va affrontata con calma e professionalità (le riforme sbagliate nascono quando si riforma tanto per riformare). E tutte le parti in causa devono dare il proprio contributo di esperienza e idee. Il nostro è quello di favorire il dibattito, dando voce a esperti e addetti ai lavori, raccogliendo e ordinando spunti utili al lavoro che spetterà nei prossimi mesi ai vertici dello sport italiano.
IN QUESTE settimane si sono espressi avvocati e magistrati che hanno avuto modo o hanno tuttora di lavorare nell'ambito della giustizia sportiva. Dai loro punti di vista, tutti molto equilibrati e costruttivi (alcuni dei quali si ritrovano nella parte bassa della pagina, ndr), si trae la conclusione che la giustizia sportiva non è da radere al suolo come, talvolta, ai può percepire dalle dichiarazioni infuocate di un dopo-processo, ma sono necessari dei ritocchi e dei miglioramenti per adeguare ig meccanismo ai tempi attuali e ai principi del giusto processo. II diritto alla difesa è l'elemento sui quale battono fortemente (e ovviamente) gli avvocati. Troppo poco tempo e troppe limitazioni (negare la possibilità di contro-interrogare i pentiti è stata, effettivamente, una violazione del principio del eontradditorio) inficiano il loro lavoro, con il risultato di avere delle condanne che non sempre sono 'oltre ogni ragionevole dubbio-, altro principio al quale molti si rifanno nel pensare alla riforma C'è chi poi fa notare che le regole ci sono e basterebbe applicarle. Il diritto alle indagini difensive, per esempio, esiste, ma non sempre è stato garantito. Non si tratta, quindi, di riscrivere, ma di... leggere meglio certe sentenze delle stessi corti sportive. In questo senso la fretta può essere più che mai cattiva consigliera. E allora arriva la proposta di separare le posizioni individuali da quelle dei club. Se la retrocessione o la penalizzazione di un club deve essere decisa entro i tempi stretti dettati dall'inizio dei campionati, la squalifica di un allenatore odi un giocatore non ha la stessa urgenza. Potendoci dedicare più tempo, si potrebbe ottenere un processo più approfondito, nel quale attuare una maggiore verifica delle prove. Altri temi di scottante interesse sono, poi, l'utilizzo dei pentiti, una ridefinizione dell'omessa denuncia, un ripensamento della responsabilità oggettiva. Nel primo caso, soprattutto, si sente la necessità di equilibrare il 'potere" che certe situazioni consegnano, non sempre in modo provvido, ai collaboratori, necessari a molte inchieste, ma sulla gestione dei quali esiste ampia letteratura sul fronte della giustizia ordinaria che, forse, non andrebbe trascurata
MARIO STAGLIANO
«Non ci fosse il Tnas d sarebbe più tempo
TORINO. Mario Stagliano è un avvocato, esperto di diritto sportivo (nella vicenda Scommessopoli difende la Nocerina), ma è anche stato il vicecapo dell'ufficio indagini della Figc fino al 2006. Si può sostanzialmente dire che la giustizia sportiva la conosce da entrambi i lati. E spiega:.Servirebbe più tempo per approfondire gli argomenti. A volte vengono concessi cinque giorni per leggere 10.000 pagine, 48 ore per presentare un appello, meno per delle controdeduzioni. Una follia. La mia soluzione sarebbe abolire il terzo grado di giudizio al Tnas. La fretta con la quale si conducono i primi due gradi è dovuta alla necessità di istruire il terzo. A questo punto per fare tre gradi frettolosi, meglio due più ponderati in cui le difese possano avere la possibilità di operare in modo migliore. Oltretutto, avere un terzo grado di giudizio che entra nel merito è un controsenso giuridico, non avviene in nessun ordinamento. 11 Tnas è un tribunale arbitrale che entra nel merito delle vicende dopo che si sono espressi i giudici della Disciplinare e della Corte Federale è illogico, come certi patteggiamenti.
• GIOVANNI MALERBA
«Cambiamo le teste poi via alle riforme»
GIOVANNI Malerba è stato un magistrato della Corte d'Appello di Roma per oltre quarant'anni e ha ricoperto il ruolo di membro della Corte d'Appello Federale della Figc. Oggi è in pensione, ma segue con attenzione e anche un pizzico di indignazione ciò che accade nel mondo della giustizia sportiva. "In tutta sincerità credo che qualche riforma sia da portare avanti, ma citando un mio vecchio maestro dico che prima delle leggi andrebbero riformate le capocce, le teste cioè. Anche delle norme ballerine possono funzionare se chi le amministra di rifàveramente ai principi di terzietà e di imparzialità. Quello della giustizia sportiva è un sistema immarcescibile e inossidabile. Mi sembra di riscontrare se non gli stessi nomi, gli stessi atteggiamenti. Anzi, mi viene da dire che si stava meglio quando si stava peggio, ovvero prima della rivoluzione del 2006. In 43 anni di carriera nella giustizia cosiddetta ordinaria non ho mai visto un componente di una giuria parlare per radio delle motivazioni di una sentenza appena pronunciata e non ancora depositate (il riferimento è a Sandulli che ha anticipato le motivazioni della sentenza d'appello su Antonio Conte, ndr). Se questo è il livello raggiunto, la situazione è preoccupante..
• PAOLO RODELLA
«Diritto alla difesa del contraddittorio»
L'AVVOCATO Paolo Rodella è uno dei mAssimi esperti di diritto sportivo. Protagonista dei processi di Scommessopoli, dove ha difeso una decina di tesserati. Sulla riforma della giustizia sportiva ha un'idea chiara. «L'enorme inchiesta di Soommessopoli si regge sulle dichiarazioni di due o tre pentiti, che non sempre hanno trovato riscontro. Quello che trovo incredibile è che non sia stato concesso alle difese il con-tradditorio in aula con queste persone. Io, fra gli altri ho difeso Pésoli, il calciatore che si è poi incatenato davanti alla Figc. Fin dall'inizio lui mi diceva: sono sicuro che i miei accusatori, se si trovassero davanti a me non avrebbero il coraggio di ripetere le bugie che hanno detto al procuratore federale. Ma questo non è stato possibile e, a mio parere, non è giusto. Eppure il contradditorio con il pentito è previsto dal nostro ordinamento giuridico. Ho sentito parlare, nelle ultime settimane di "confronto", ma questo sarebbe effettivamente extra ordem, perché il cosiddetto confronto all'americana appartiene alla cultura giuridica anglosassone. Ma il contradditorio in aula è assolutamente prevista dall'ordinamento italiano, quindi si potrebbe utilizzare.
MAURILIO PRIORESCHI
Le norme ci sono basta applicarle
Sono anni che dico che la giustizia sportiva non dà garanzie di difesa, ma siccome tutti ritenevano - sbagliando - che la questione riguardasse solo i 'cattive Moggi, Giraudo e Mazzini, nessuno ha speso una parola o mosso un dito. La soluzione del problema è molto più semplice di quanto si pensi e non richiede riforme epocali. Sarebbe sufficiente che i giudici sportivi applicassero correttamente delle norme che già esistono nell'ordinamento sportivo, ma che tutti fanno finta di non conoscere. Mi riferisco anzitutto all'art. 33 n. 2 dello statuto della Feder- calciò il quale stabilisce che: «Le norme relative all'ordinamento della Giustizia Sportiva devo-no garantire il diritto di difesa». Cosi come l'art. 41 n. 9 del C G.& prevede che: «La Commissione disciplinare è investita dei più ampi poteri di indagine, in ordine alla assunzione delle prove. E infine i principi di Giustizia Sportiva emanati dal Coni prevedono il «rispetto del principio del contraddittorio.. Questo vuol dire che gli organi disciplinari sportivi sono tenuti a rispettarei principi costituzionali, appunto del contraddittorio e del giusto processo
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CALCIOSCOMMESSEIl calcio trema ancora
"Sono in arrivo risvolti clamorosi2
Rivelazione di Manganelli, capo della polizia
"Vari modi per ottenere denaro importante"
«Alcune cose scorrette sono venute fuori, altre stanno per venire fuori e porteranno a ulteriori risposte. Se possibile ancora più clamorose», il capo della Polizia, prefetto Antonio Manganelli, lancia un ulteriore allarme sul calcioscommesse. Lo fa da un palcoscenico privilegiato: la presentazione, insieme a Robert Kennet Noble, dell'assemblea mondiale dell'Interpol che si terrà dal 5 all'8 novembre a Roma. Un messaggio importante che avvalora l'ipotesi di «un'organizzazione criminale transnazionale» che si celerebbe dietro l'inchiesta della Procura di Cremona e del pm Roberto di Martino.
«C'è stata una massiccia attività contro diverse organizzazioni responsabili di scommesse clandestine — ha spiegato il segretario dell'Interpol Noble — e ci sono tantissime indagini in corso nel mondo, con migliaia di arresti soprattutto nel sud est asiatico». Una dimostrazione di come lo scambio di informazioni tra polizie sia importante per arrivare alla soluzione del problema dei match truccati. In particolare proprio grazie a questa collaborazione sono arrivate a Cremona le rogatorie internazionali dalla Finlandia, dall'Ungheria e dalla Svizzera. Ma anche dalla Bulgaria dove la polizia sta facendo luce sull'omicidio del rappresentante di Sks365 che aveva denunciato alcune combine.
«Non parliamo di calcio truccato tout court — ha spiegato Manganelli — non si scommette sul risultato finale di una partita ma sul fatto che un giocatore butti la palla fuori, si scommette su chi tirerà il primo calcio d'angolo o su chi toccherà per primo la palla con la testa. È possibile capitalizzare denaro importante anche così». Tutte possibilità di scommessa che vengono pubblicizzate dai siti asiatici. Ma cosa può comportare questo nuovo allarme del capo della Polizia per la giustizia sportiva italiana? Al momento si tratta solo di vedere come l'inchiesta di Cremona possa trovare sbocco in quella più allargata dell'Interpol. «Last Best» ha già messo in evidenza come molte giocate sulle partite italiane siano state «dirottate» su siti asiatici e come intermediari stranieri abbiano trasportato somme di denaro in Italia per combinare partite.
Sviluppi italiani Cremona ha ancora i riflettori puntati su alcune partite del Siena, e il pm di Martino ha intenzione di sentire ancora Erodiani, alla luce di quanto ha detto alla Procura federale. Una sorta di «atto dovuto» per approfondire quel filone. Intanto anche la Procura di Bari starebbe per chiudere il filone relativo alle partite del Bari della stagione della sua promozione in serie A.
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Ranocchia, ecco i guai
per Salernitana-Bari
Gasport - Centiti-Galdi -10 ottobre 2012
Il difensore, allora 21enne, avrebbe partecipato (come tutta la squadra) alla combine, ma non voleva i soldi e forse li regalò
Andrea Ranocchia ai tempi del Bari dove ha giocato nel 2008 al 2010. LaPresse
Un’indagine sotto traccia, molti spifferi, un’intera squadra (il Bari) indagata per frode sportiva e l’attesa della tempesta. Ora quella attesa sta per terminare. Ed è solo una coincidenza che tutto arrivi nel giorno in cui il capo della Polizia "preannuncia" novità importanti sul calcioscommesse. L’inchiesta della Procura di Bari, però, è da mesi che sta scavando nel profondo e ha già messo a fuoco due combine acclarate: Bari-Treviso 0-1 maggio 2008 e Salernitana-Bari 3-2 maggio 2009. Si parte dalle rivelazioni fatte da Vittorio Micolucci a Stefano Palazzi (con un fax) e da quelle di Andrea Masiello al pm Angelillis. Siamo in piena "bufera" agostana con l’attenzione dei media rivolta ai processi romani sulle carte arrivate da Cremona. Più di 20 ex calciatori del Bari ricevono l’avviso di garanzia (frode sportiva) e sono convocati per l’interrogatorio. Molti si avvalgono della facoltà di non rispondere, ma il muro di omertà crolla sotto i colpi di 4-5 verbali collaborativi. Vere e proprie confessioni che metterebbero nei guai i vari Gillet, Barreto, Santoruvo, De Vezze, Belmonte, Parisi, ma anche Andrea Ranocchia fresco di ritorno in Nazionale. Da pochi giorni l’interrogatorio di Andrea Masiello non è più sotto segreto istruttorio. E i contorni sussurrati di una combine da mettere i brividi emergono nella loro interezza.
COME NASCE UNA COMBINE — Bari-Treviso è il principio. La squadra veneta è in enorme difficoltà e chiede un "favore" al Bari. Il regista dell’operazione sarebbe un ex: Pianu. Chiama e ottiene l’okay da alcuni senatori dei pugliesi. Ma c’è chi dice no: è Cristian Stellini. Che cerca di convincere altri a giocarsi quella sfida. Trova terra bruciata. Anche Masiello non è convinto: risolve la questione facendosi squalificare. Alla fine il Treviso ha quello che cercava: il Bari in campo non c’è e perde. Passa un anno e la situazione si ripropone in modo più scientifico. Questa volta è la Salernitana a rischiare la retrocessione. Ultima giornata: Bari già promosso, tifoserie gemellate. L’ideale per vendere una gara. Almeno così la pensano a Salerno. Ma Ganci, ex biancorosso, sa che potrebbero esserci problemi. Il verbale di Masiello su qualche punto si differenzia rispetto agli altri (dovrebbero essere Lanzafame, Spadavecchia, Parisi e lo stesso Stellini, ma probabilmente l’elenco è più lungo), ma la sostanza non cambia. Partita venduta per circa 160 mila euro e soldi spartiti tra i componenti della rosa, staff tecnico escluso. Con qualche distinguo. Cerchiamo di capire.
LE BUSTE — Non è un film, ma la ricostruzione degli inquirenti. Gli scommettitori sono squali affamati, i calciatori stritolati da frequentazioni sbagliate. E comunque Ganci, secondo Masiello, spiega a Fusco il problema: "Stellini". I due hanno giocato insieme. Basta una telefonata per fissare l’incontro. In autostrada? A Bari? Punti di vista diversi. La sostanza non cambia: Fusco mette sul piatto i soldi e chiede l’okay della squadra. I senatori non sanno cosa fare, la tifoseria preme. L’idea allora sarebbe stata questa: riunione plenaria in palestra. Tutti messi al corrente dell’offerta. Tutti devono dare l’adesione. Solo Gazzi si sarebbe allontanato. Gli altri accettano. I soldi sarebbero stati consegnati in due rate. Il resto è più semplice: quote da 5-6 mila euro divise in buste e consegnate nello spogliatoio. A Gazzi e forse Barreto invece dei soldi c’è un computer in regalo. Un modo per cementare l’omertà. E poi c’è il caso Ranocchia: ha 21 anni. I soldi non li vuole. E allora che avrebbe fatto? Li potrebbe aver regalati ad Angelo Iacovelli, il factotum che in una intercettazione ambientale dice: "Ranocchia è bravo, mi ha anche dato denaro quando ne avevo bisogno".
INCHIESTA SPORTIVA — A breve il procuratore Laudati dovrebbe passare le carte a Palazzi. L’inchiesta è "blindata" dalle collaborazioni. Chi si è avvalso della facoltà di non rispondere una volta visti gli atti potrebbe cambiare strategia. Resta defilata la posizione di Conte (era l’allenatore): a Bari è persona informata dei fatti. I giocatori lo hanno scagionato: "non sapeva nulla". Ma uno di loro avrebbe fatto riferimento a qualche comportamento particolare. Nulla che possa prefigurare un reato penale, ma a livello sportivo le cose potrebbero essere diverse. Toccherà a Palazzi fare una valutazione finale. In ballo, comunque, c’è un’altra omessa denuncia.
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Al lavoro la procura federale
Inchiesta di Bari, giallo Ranocchia
E spunta un rappresentante delle forse dell'ordine nella presunta combine Salernitana-Bari
In attesa che da Cremona riprendano gli interrogatori per approfondire nuovi aspetti dell'inchiesta rimasti ancora oscuri (il pm Di Martino ha già pronta una nuova lista di persone da interrogare nella quale sarebbero stati inseriti anche Stellini e alcuni dirigenti), a Bari la Procura sta andando avanti con accertamenti e approfondimenti sulle ammissioni di Micolucci e Andrea Masiello, accuse su due partite del Bari del 2007-08 (Bari-Treviso 0 1) e del 2008-09 (Salernitana-Bari 3-2) che sarebbero state confermate anche dalle deposizioni di Stellini e Lanzafame a Bari il 7 e 8 agosto. Ecco perché da alcune settimane nel registro degli indagati risultano i nomi di molti dei calciatori di quel Bari tra cui l'interista Ranocchia. Nel corso di questi mesi il lavoro degli inquirenti si è concentrato in particolare su Salernitana-Bari, un match sul quale sono arrivate conferme importanti, con 250.000 distribuiti subito dopo la doccia, ancora dentro l'Arechi. Indiscrezioni da confermare vorrebbero che nella vicenda abbia recitato un ruolo importante pure un rappresentante delle forze dell'ordine operativo a Salerno e "custode" della somma (o di una parte di essa). Sarebbe stato lui a consegnarla ai calciatori biancorossi al termine della sfida.
PROCURA FEDERALE - In attesa di avere novità dalle Procura italiane, quella federale, oggi, emetterà nuovi deferimenti, sembrerebbe però non legati al fenomeno del calcio scommesse. Anche se sul tavolo del magistrato militare Stefano Palazzi è ancora fermo il fascicolo relativo all'ex terzo portiere del Napoli, Matteo Gianello, per la tentata combine in Sampdoria-Napoli del 16 maggio 2010, inchiesta che i magistrati di Napoli hanno già chiuso. Ma c'è molto altro nei faldoni dei federali, non ci sono solo le scommesse. A cominciare - tanto per rimanere al Napoli - del comportamento del presidente De Laurentiis in occasione della Supercoppa giocata a Pechino contro la Juventus, quando la squadra non si presentò alla premiazione per protestare contro l'arbitraggio di Mazzoleni. Non solo: gli 007 della Federcalcio hanno fra le mani pure la vicenda-Cellino, che ha portato all'annullamento della partita Cagliari-Roma, con lo 0-3 a tavolino comminato dal Giudice Sportivo. Una vicenda che non si è ancora chiusa, visto che sia le ordinanze del prefetto di Cagliari, sia gli atti del Giudice sportivo sono finiti all'attenzione di Palazzi per verificare eventuali nuove e diverse responsabilità da parte del presidente rossoblù.
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La partita più sporca
Da Gillet a Ranocchia
Salernitana Bari del 2009 finita 3-2 fu truccata da tanti giocatori, che oggi vanno in campo. In arrivo una bufera, annunciata dal capo della polizia
Foschini-Mensurati -la Repuabblica- 10-10-2012
BARI - C'è un segreto che le varie indagini sul calcioscommesse non sono ancora riuscite a raccontare. Un segreto osceno e antico come un peccato originale che torna oggi minaccioso, attraversa la penisola e unisce in una sorta di patto silenzioso tutti i suoi protagonisti, da Bari a Milano, da Genova a Treviso, da Torino a Udine, negli stadi più importanti d'Italia: è il segreto di Gillet, portiere del Torino, Ranocchia, difensore dell'Inter, Barreto, centravanti dell'Udinese, e di loro altri venti colleghi professionisti. È il segreto di Salernitana-Bari 3-2. La partita che potrebbe far saltare il banco del calcio italiano. "Sta per venire fuori altro e porterà a ulteriori risposte, se possibile ancora più clamorose" ha detto ieri il capo della Polizia, Antonio Manganelli.
Il fax dimenticato
Di quella partita, probabilmente, nessuno si ricordava più da molto tempo. Fino a quando qualche mese fa Repubblica scova, tra le carte depositate e ignorate dal procuratore della Figc Palazzi, un fax. È un documento nel quale Micolucci, ex calciatore dell'Ascoli, già testimone chiave del processo di Cremona, denuncia una serie di partite "fatte" dal Bari della stagione 2009-2010. Letto quel fax sulle pagine del giornale, il procuratore di Bari, Antonio Laudati, decide di indagare. Chiama tutti i giocatori e li interroga, chiama i loro referenti in città, gli uomini dell'entourage, i loro amici, analizza telefonate e flussi economici. Insieme ai carabinieri del nucleo operativo ascolta tutti e alla fine, nei giorni scorsi, tira una riga. Ecco, se si potesse immaginare il punto esatto in cui il pallone in Italia ha smesso di essere un sport, bene, il punto esatto è su quella riga.
La partita
La ricostruzione dei fatti ("documentatissima", spiega un investigatore) sembra una sceneggiatura. "Quel Bari" era una squadra super. In campo. E in ricevitoria. Salernitana-Bari fu il capolavoro. Il Bari era promosso. La Salernitana si doveva salvare. Due giocatori della Salernitana, Fusco e Ganci contattano alcuni loro amici all'interno dello spogliatoio del Bari. Vogliono, anzi, devono comprare quella partita. Due tra i giocatori del Bari sono particolarmente recettivi, Stellini e Gillet. L'offerta non è chiara: sul tavolo balla una cifra tra i 200 e i 300mila euro per perdere. I senatori ne parlano all'interno dello spogliatoio. Si discute. Alla fine si accetta. Il primo incontro con quelli di Salerno avviene in uno spiazzo autostradale, a conferma del "perfetto stile malavitoso tenuto dai calciatori" dicono gli investigatori, che è uno dei tratti distintivi di questa inchiesta.
La valigetta
Tratti distintivi che si individuano anche nella modalità con cui avviene il pagamento. In quella piazzola viene deciso che emissari della Salernitana avrebbero visto la partita insieme con la compagna di uno dei calciatori del Bari. E, a risultato conseguito, avrebbero lasciato la valigetta con i soldi. "E il risultato conseguito - riflettono gli investigatori - fu un 3-2, un over... ". Come dire: hanno venduto la partita e hanno passato l'imbeccata agli scommettitori, per arrotondare. La voce passa per le ricevitorie di Bari. La intercetta persino un carabiniere. Che non indaga. Ma scommette pure lui (ora è nei guai). Si gioca. La Salernitana vince 3-2. E all'indomani del match, non resta che dividere il bottino. L'inchiesta di Laudati e dei carabinieri, per la prima volta, è riuscita a violare in blocco il segreto di uno spogliatoio. E a scoprire come vennero divisi quei soldi. I senatori, su tutti Gillet, Stellini ed Esposito, prendono le fette più grosse. Agli altri vanno quelle più piccole. Tanto più piccole quanto minore era stato il ruolo nella combine.
Ranocchia
Tutti i giocatori sono indagati, adesso. Sono stati interrogati e molti hanno rifiutato di rispondere. Dubbi ci sono soltanto su due di loro: Ranocchia e Gazzi. Il centrocampista del Torino, secondo alcuni testimoni, inizialmente rifiutò la propria parte e poi fu costretto ad accettare un computer "in omaggio" (una forma di vincolo imposta dal gruppo). Quanto a Ranocchia le voci dei testimoni si contraddicono: secondo qualcuno prese la busta. Secondo altri rifiutò. La procura di Bari è ormai pronta a chiudere l'inchiesta. Ma a terrorizzare i calciatori sono i processi sportivi. Ranocchia, ad esempio, rischia un'omessa denuncia.
La posizione di Conte
Il fax dimenticato da Palazzi questa estate è destinato a tornare sulla scrivania dello 007 federale (nel frattempo riconfermato nel suo ruolo da un Abete in scadenza di mandato) sotto forma di inchiesta fatta e finita: illecito sportivo aggravato. Per i giocatori si profila una condanna memorabile. La posizione più incerta rischia però di essere di nuovo quella di Antonio Conte, sul quale incombe un altro possibile deferimento ("solo") per omessa denuncia. Conte era l'allenatore di quel Bari. Oggi è l'unico a non essere indagato. "Quando uno spogliatoio decide di tenere nascosto qualcosa al proprio allenatore, allora non c'è modo di sapere nulla", è stata la difesa del tecnico. La sua versione è stata confermata dai giocatori: "Non ne sapeva niente", hanno detto tutti. Tutti, tranne uno: ha raccontato di aver avuto l'impressione che Conte avesse capito perfettamente come quella partita fosse stata "ceduta", tanto che si raccomandò, prendendo a uno a uno i suoi, di non fare sciocchezze, di giocare al massimo. È sufficiente per un deferimento? Molto dipende dalla risposta che si vuole dare a due domande che girano nella testa degli investigatori: possibile che un allenatore noto per la sua attenzione maniacale ai dettagli, non si sia accorto - per due volte, a Bari e a Siena - che i suoi spogliatoi erano diventati un suk? E perché scegliere sempre Stellini come vice?(10 ottobre 2012)
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I trucchi del calcioFulvio Bianchi - Spy calcio - repubblica. it - 9-10-2012 -
I trucchi. In Europa e in Italia. In Europa per sfuggire, dal 2014, alla mannaia del financial fair play, voluto da quel coraggioso presidente Uefa che si chiama Michel Platini. In Italia, invece, per "aggiustare" bilanci molto sovente in (profondo) rosso e aggirare il fisco.
Coppe europee: chi non rispetta certi parametri finanziari dal 2014 rischia sanzioni, che possono essere anche molto serie. Ma ci sarà mai la forza di escludere un Paris Saint Germain Paris o un Manchester City dalle Coppe? I club italiani stanno cercando di mettersi in regola, ma scontano soprattutto (tranne la Juve) la mancanza di stadi di proprietà e lo scarso impegno nella cura dei settori giovanili. I club che hanno alle spalle sceicchi invece riescono a spendere quello che vogliono e possono aggirare le regole, se serve, ad esempio con supersponsorizzazioni. Facili da trovare, per loro. Dieci sponsor da 10 milioni l'uno e il gioco è fatto. Per un club inglese può essere facile, per uno italiano no. Soprattutto adesso che c'è la crisi. Ma così, ecco che si aggirano le norme del Ffp (financial fair play) e chi ne fa le spese è il nostro calcio, già lontano, per tanti motivi, da Inghilterra e Spagna.
In Italia, invece, ora si sta muovendo la Guardia di Finanza: ha iniziato da Napoli, sequestrando le carte dei movimenti di mercato del Napoli Calcio con calciatori (stranieri ovviamente) e relativi agenti. All'esame, appunto, i contratti dei giocatori e i passaggi di proprietà. Non ci sono per ora indagati, e l'inchiesta, per ora, si ferma a Napoli. Dove il costo del lavoro è molto più basso rispetto a quelli di altri club (di primo livello) come Juve, Milan e Inter, e il Napoli è tra i pochi, pochissimi, a rientrare nei parametri Uefa. Un merito, sicuramente. Ma i trucchi dei club professionistici (nessun riferimento chiaramente alla società di Aurelio De Laurentiis) sono tanti per sfuggire il fisco e aggiustare bilanci che fanno acqua da tutte le parti. In passato venivano utilizzate le fatture gonfiate, grazie a sponsor compiacenti. Ora pare sia meno in voga. Ma ecco come si fa: soldi che entrano e riescono. Esempio: uno sponsor versa una cifra (facciamo 100) ad un club ricevendo una fattura regolare che consente appunto sgravi fiscali. Poi, di questi 100, la metà vengono restituiti dal club allo sponsor. Ancora: lo sponsor e il proprietario del club sono la stessa persona, da una parte escono i soldi e dall'altra rientrano. Il massimo, ovviamente, è la "produzione" di fatture false (rischiosissimo). Altro trucco, le "prestazioni professionali" dei calciatori, ideali se stranieri: una cifra (bassa) dell'ingaggio viene registrata in Lega, il resto viene pagato "estero su estero" con società compiacenti o con agenti dei calciatori che fanno da tramite. Un risparmio per tutti, un danno per il fisco italiano perché la prestazione d'opera avviene in Italia, non certo alle Cayman. Il trucco è sui diritti d'immagine, che già in passato erano finiti nel mirino della Guardia di Finanza. Inoltre, nel bilancio dei club c'è anche la voce "servizi vari", soggetti a trattamenti fiscali meno pesanti: che vuol dire? Come mai, in qualche caso, superano il costo del lavoro che, almeno nel calcio, è già altissimo? La fantasia, quella, non è mai mancata ai presidenti dei club, dalla A ai dilettanti. E chissà se adesso arriverà un'altra bufera: per troppi anni, in molti, credevano (o credono ancora?) che il calcio godesse di una certa immunità.
Federazioni: lascia Falcinelli, Di Rocco ai Paralimpici
Agitazioni, liti, dossier, ricorsi: tempo di elezioni, niente di nuovo. Anche se Gianni Petrucci se n'è lamentato in Giunta Coni:"Si vince coi voti". Quello che proverà a fare il senatore (Pdl) Paolo Barelli il 14 ottobre con la Federnuoto: appena eletto n.1 europeo, ora vuole conservare anche la carica italiana. Ha fatto un patto con Pagnozzi, ed è pronto ad entrare in Giunta Coni (poi, potrebbe anche essere nominato vicepresidente). Ma prima dovrà battere i suoi rivali alla Federnuoto. Cip: Renato Di Rocco (ora alla Federciclismo) punta al comitato paralimpico, visto che Luca Pancalli si è accordato con Pagnozzi per la carica di segretario generale del Coni. Non si sa ancora chi andrebbe al ciclismo, anche se è stato fatto il nome di Francesco Moser. Sicuro cambio anche al Pugilato: Franco Falcinelli lascia dopo successi olimpici e dopo aver fatto rinascere il pugilato. Ricomposta la lite con la Rai: niente embargo-tv per gli sport come la boxe, il karate, il judo in prima serata. Era stata un'eccessiva presa di posizione della direzione palinsesti. Una gaffe, per essere chiari. La Federbocce vota a gennaio: Romolo Rizzoli, presidente anche della Confederazione mondiale, è saldo in sella. Molti passi avanti sono stati fatti negli ultimi anni ma il mondo delle bocce, con le sue quattro specialità (raffa, volo, petanque e lawn bowls), deve trovare quella compattezza che a volte è mancata.
Lega Pro, si candidano anche Lombardo e Gravina?
Calcio, Giancarlo Abete non scioglie la riserva. Di sicuro la Figc vota il 14 gennaio, fra le ultime. Prima il commissario ad acta, Giulio Napolitano, deve "sistemare" il nuovo statuto, assegnando i pesi in consiglio federale alle Leghe di A, B e Pro. La A ne vuole tre, la B conservare l'unico posticino che ha e la Lega Pro è pronta a scendere, al massimo, da quattro (attuali) a tre. Il problema è che ci sono solo sei posti a disposizione: probabile che Napolitano jr. ne tolga uno a Macalli, anche se le Leghe come noto vorrebbero fare fuori gli arbitri. Abete, dicevamo: prima di ricandidarsi vuole conoscere i suoi compagni di cordata. La Lega Dilettanti riconfermerà Carlo Tavecchio, candidato unico. Damiano Tommasi è già stato rieletto dal sindacato calciatori, Renzo Ulivieri non ha rivali nell'assoallenatori. La Lega di A è un rebus: ma risalgono le quotazioni di Andrea Abodi, che in B ha fatto (sta facendo) un ottimo lavoro e lanciando la tv cadetta si è ancora di più fatto apprezzare. Lega Pro: Mario Macalli non molla, ma potrebbe avere due rivali, Salvatore Lombardo e Gabriele Gravina.
L'Aia vota il 10 novembre
L'Aia, associazione italiana arbitri, va al voto il 10 novembre: Palazzi ha subito aperto un'inchiesta sulle accuse di Boggi a Nicchi. Boggi, candidato alla presidenza, oggi ha detto che "è stato cambiato anche il regolamento elettorale e sono state fatte pressioni: ci sono strani comportamenti". In un mese il superprocuratore può chiudere la sua indagine. A proposito: fra poco si tornerà ad indagare sulle carte d'identità fasulle (coinvolti, pare, anche quattro sudamericani di serie A). Niente di nuovo nel mondo del calcio...
(09 ottobre 2012)
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INCHIESTA DELLA PROCURA DI FERMO - UN FUNZIONARIO RIMOSSO E 34 INDAGATI
Carte d'identità falsificate: sudamericani di A coinvolti
Centinaia di giocatori avrebbero così conseguito la cittadinanza italiana
Un funzionario dell’Ufficio anagrafe di Fermo rimosso e 34 indagati dalla Procura per false cittadinanze e poi il sospetto che centinaia di stranieri, quasi tutti brasiliani e argentini, nell’arco degli ultimi sette anni abbiano conseguito in questo modo la cittadinanza italiana. Dalla Procura e dagli inquirenti non escono i nomi degli indagati, nè quelli dei giocatori sudamericani, anche di serie A sussurra qualcuno, che sarebbero diventati cittadini italiani grazie ad un traffico gestito da dirigenti e amministratori comunali e procuratori sportivi. Tra gli indagati ex e attuali amministratori locali, dirigenti comunali, procuratori di calciatori, quasi tutti residenti tra Fermo e Porto San Giorgio. Pesanti le ipotesi di reato: soppressione e distruzione di atti, produzione di atti falsi, abuso di ufficio, falso ideologico, associazione per delinquere e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
L’inchiesta Tutto nasce da un altro troncone di indagine condotta dai carabinieri della Compagnia di Fermo nel 2011: la Polizia municipale di Fermo aveva scoperto che un imprenditore italiano era in possesso di un documento intestato a un rumeno: una carta d’identità stampata su carta originale, che proveniva dall’Ufficio anagrafe del Comune di Fermo. Un dirigente del Servizio anagrafe ha fatto alcune rivelazioni agli investigatori, e così è stato scoperchiato un giro di documentazione non regolare attraverso la quale lo stato di straniero veniva artatamente modificato in quello di cittadino italiano.
Il sistema Alcuni procuratori sportivi provvedevano a richiedere la cittadinanza italiana per i loro atleti, facendoli militare per qualche tempo in squadre locali, per poi cederli a club di serie superiori. La posizione di alcuni giocatori di serie A sarebbe attualmente al vaglio della procura fermana.
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CALCIO
09/10/2012 - IL CASO
False cittadinanze, trema la serie A
La procura di Fermo: «Calcio, ma non solo: così i sudamericani sono diventati italiani»
GUGLIELMO BUCCHERI - La Stampa
Un codice sospetto e una stanza piena di documenti da formare una montagna. Il codice è quello che ha dato il via all’inchiesta - un anno fa - della procura della Repubblica di Fermo: 34 sono gli indagati, fra questi ex ed attuali amministratori locali, dirigenti comunali, procuratori di calciatori. L’accusa è produzione di atti falsi, abuso d’ufficio, falso ideologico, associazione a delinquere e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina il tutto per consentire ad alcuni calciatori sudamericani - brasiliani ed argentini soprattutto - di diventare cittadini italiani. Fermo, racconta un inquirente, «sembra diventata improvvisamente la città dello sport...».
Sport perché oltre al calcio, c’è di mezzo il calcio a 5 e la pallavolo. L’inchiesta condotta dai carabinieri ha come obiettivo quello di capire se anche la cittadinanza italiana acquisita da giocatori che attualmente sono tesserati per società di serie A (sarebbero almeno tre o quattro) sia frutto dell’intervento di un funzionario dell’anagrafe del comune che, fin dal 2004, si sia prestato ad agevolarne l’acquisizione attraverso atti falsi. Uno dei dirigenti del servizio anagrafe avrebbe già rivelato ai carabinieri che alcuni procuratori sportivi provvedevano a richiedere i documenti per i propri assistiti facendoli militare per qualche tempo in squadre locali, per poi cederli a squadre di serie superiori. Il sistema avrebbe funzionato così: agenti di giovani e non noti giocatori bussavano alla porta di un addetto al servizio residenza del comune il quale, in cambio di offerte di promozioni o regali, concedeva la cittadinanza italiana. Fra coloro che avrebbero seguito questa strada, molti calciatori professionisti che, adesso, giocano in campionati stranieri. Al momento i carabinieri del capitano Pasquale Zacheo hanno accertato quarantacinque identità «fittizie», già sospese con provvedimento cautelare dal sindaco di Fermo. «La dimensione del fenomeno potrebbe essere di dimensioni enormi...», così un inquirente che è entrato nella stanza del funzionario rimosso dall’incarico dalla nuova amministrazione.
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Tuttosport - S.C. -09-10 - 2012
Non è la prima volta e probabilmente non sarà nemmeno l'ultima. Alcuni calciatori sudamericani, anche di serie A, oltre ad atleti di calcio a cinque e giocatori di volley, sarebbero diventati cittadini italiani grazie a un traffico di false cittadinanze gestito da dirigenti e amministratori comunali e procuratori sportivi, scoperto dalla procura di Fermo.
INIZIO INCHIESTA E' questa l'inchiesta condotta dai carabinieri della Compagnia del comune marchigiano e coordinata dal procuratore della Repubblica Vardaro, nata nel 2011 ma da un altro troncone d'indagine. Tutto risale a un controllo di routine effettuato dalla Polizia municipale di Fermo nel quale era stato scoperto che un imprenditore italiano era in possesso di un documento intestato a un romeno. Si trattava di una carta d'identità stampata su carta originale, che proveniva direttamente dall'Ufficio anagrafe del comune marchigiano. Da qui sono iniziate in gran segreto le indagini.
CONFESSIONE Serviva però qualcuno che parlasse. E le forze dell'ordine hanno trovato la gola profonda in un dirigente del Servizio Anagrafe che, messo alle strette, ha fatto alcune rivelazioni agli investigatori. Da quel momento in poi è stato tutto pia semplice. I carabinieri hanno scoperchiato un giro di documentazione non regolare attraverso la quale, con il ricorso alla formula dello iure sanguini, - che consente ai figli di italiani all'estero di vedersi riconosciuta la cittadinanza italiana e il relativo diritto di voto - lo stato di straniero veniva artatamente modificato in quello di cittadino italiano. Al momento sono 34 gli indagati, tra ex e attuali amministratori locali, dirigenti comunali, procuratori di calciatori, quasi tutti residenti tra Fermo e Porto San Giorgio. Le accuse sono gravi: soppressione e distruzione di atti, produzione di atti falsi, abuso di ufficio, falso ideologico, associazione per delinquere e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina le ipotesi di reato.
SOSPETTI Il sospetto ora va a toccare centinaia di stranieri, quasi tutti brasiliani e argentini, fra cui vari calciatori di serie A e serie minori, che nell'arco degli ultimi sette anni hanno conseguito in questo modo la cittadinanza italiana. Al momento i carabinieri hanno accertato 45 identità fittizie, già sospese con provvedimento di autotutela (e l'interessamento della Prefettura) dal sindaco di Fermo. Quella nel comune marchigiano era divenuta una sorta di prassi: i procuratori sportivi provvedevano a richiedere la cittadinanza italiana per i loro atleti, facendoli militare per qualche tempo in squadre locali, per poi cederli a club di serie superiori. La posizione di alcuni giocatori di serie A sarebbe attualmente al vaglio della procura fermana. I militari del capitano Pasquale Zacheo stanno monitorando anche una ventina gli atleti residenti in appartamenti di proprietà di procuratori sportivi, anche se in realtà vivono altrove.
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Gasport- 9-10-2012
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gasport -9-10-2012
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Parola d'ordine'senza parole 'Antonio Conte, allenatore Juventus
Conte nella bolla il magnifico silenzio dell' allenatore puro
di GABRIELE ROMAGNOLI - la Repubblica - 9-10-2012
È molto più vero, molto più sano così. Senza l'orpello della dichiarazione a caldo titillata da Varriale e non gonfiato dal tremendismo panchinaro. Non parla, si chiude nel box, riceve visite E ci ricorda quanto di eccessivo e polemico ci sia nel calcio urlato
Guardando "L'Artista" l'abbiamo rimpianto tutti, il cinemamuto. Sullo schermo importano le immagini, poche decisive parole che possono anche essere scritte su una lavagna invece che dette. Il resto, alla fine, sai che c'è, è rumore di fondo, son chiacchiere e distintivo. Così rimpiangeremo tutti, lui per primo, i giorni di Antonio Conte nella bolla. È molto più vero, molto più sano così. Èl'allenatore puro, senza l'orpello delladichiarazione acaldo titillata da Varriale, asciutto e non gonfiato dal tremendismo panchinaro dove fa le sue veci una infinitamente più compassata controfigura. Un fumetto in bianco. L'esprit de l'e-scalier che sale i gradini della tribuna, si accomoda in cabina e pensa: «Avrei voluto dire, ma non ho potuto». E meno male. Può sembrare paradossale, in una rubrica che prende spunto dalle parole pronunciate in una domenica di calcio, eleggere a simbolo della giornata il silenzio forzato di Conte. Ma è l'immagine più bella. Lui confinato in una pseudocella trasparente, la sua squadra che vince, gli altri che passano in pellegrinaggio a visitare l'escluso esibendo fattezze e tatuaggi al cui cospetto funge da grazia l'assenza non soltanto dell'audio, ma finanche della didascalia. Valentina Mezzaroma, corleone surbicipite, ma che je dovevi di' aConte? Nun se sa. E meno male. Allegri si lamenta, Stramaccioni si fomenta, Zeman redarguisce, Cosmi ribadisce. Conte, non un fiato. Che pace.Anche per lui.Anche per noi. «Quando tornerà a parlare?», domanda sopraffatto dall'angoscia del vuoto mediatico un cronista di Sky nel pre partita di Siena. E l'amministratore delegato juventino, Giuseppe Marotta, sornione e vendicativo, s'invola sulle ali della sintassi: «Queste norme restrittive dal punto di vista della sua presenza coincidono anche con la sua direi conseguente indisponibilità a comunicare. Queste sono situazioni che penalizzano chi come voi investe dei soldi e porta nelle case quella che è la comunicazione e ciò che un allenatore di. esternare».... ' finito. Scusi. Termina: «Tutto sommato la squalifica di un allenatore in prima porta anche un leggero danno». ,Oddio.Vediamounpo'che cosa ci siamo persi. Quali fondamentali comunicazioni Conte aveva esternato fin qui. Le magnifiche sette, in un conto alla rovescia:
7. «Per vincere ci vuole testa, cuore e gambe. Non in quest'ordine preciso» (dimenticando una parte del corpo solitamente abbinata a Sacchi).
6. «Più vai in vetta e più sono forti le folate di vento» (benché gli arbitri, verso alcuni, fischino il giusto).
5. «Oggi è capitato a me, domani a un altro. Ma con lo stesso nome mio, sennò non lo caga nessuno» (la storia sono io).
4. «La storia è bella, ti giri e non te la tocca nessuno» (è una strofa di De Gregori?).
3. «Chi vede Pirlo ha solo voglia di darci dentro» (un momento di ambiguità capita a tutti).
2. «Ale, perché chiamarlo Del Pieroamevienestrano, trasmette qualcosa di speciale anche quando respira» (ilriscattodelromanticismo).
1. «I se perdo muoio» (spiegazione, vagamente estrema, dell'imbattibilità juventina nella sua gestione e delle responsabilità che gravano sui giocatori).
Detto questo, perché dire ancora? Perché non accontentarsi del lascito già consegnato ai posteri e assecondare il monito "il bel tacer non fu mai scritto"? Conte nella bolla è una meravigliosa autonemesi, ma anche una gloriosa smentita di se stesso. La squadra va anche senza il suo perpetuo delirio a bordo campo, anche se dà riposo alla giugulare, non frusta verbalmente De Ceglie e Giaccherini, non gli tocca presentarsi afono alle interviste. Non ce n'è bisogno. Ed è merito suo. Questa Juventus la sospinge un soffio, non c'è bisogno di un urlo. E allora, perché tanto rumore quando basta nulla? L'Artista Conte ci ricorda quanto di superfluo esiste nel calcio (e nella vita pubblica): l'invettiva, la polemica, l'eccesso. Vengono raccolti, alimentati, postati, twittati e ritwittati. Quella è la vera bolla, non la custodia dove hanno riposto l'allenatore in castigo e le sue esternazioni. Un leggero danno, Marotta? Un favore, una lezione di vita. Tutto quel che ci auguriamo è che l'Artista ne esca in punta di piedi, attraversi il campo, sieda sulla panchina che la giustizia gli avrà restituito e al primo microfono che lo solletica dica con un sorriso: «Silenzio, si gioca».
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Stadi, prezzi troppo altiFulvio Bianchi - Spy calcio - la repubblica.it
E' arrivato il momento che i presidenti dei club prendano in seria considerazione i loro tifosi. Invece di lamentarsi sempre degli arbitraggi o spendere i soldi nel mercato, devono investire nel miglioramento degli stadi e soprattutto devono abbassare i prezzi dei biglietti. Venire incontro alle famiglie non a parole, come sinora: ma coi fatti. Preparare una vera, seria riforma dei campionati. In serie A quest'anno gli spettatori sono ulteriormente diminuiti: in qualche caso (vedi Milan) ha pesato il pessimo inizio di campionato ma i motivi principali sono i prezzi alti dei biglietti (oltre che della benzina), la concorrenza della tv e la percezione di insicurezza che si ha ancora nell'andare allo stadio. Un problema che la Lega di serie A sottovaluta da sempre: l'importante per i presidenti sono i soldi delle tv e gli abbonamenti (in calo, tranne eccezioni). Il resto non interessa. Ha fatto qualche iniziativa la Roma made in Usa, è vero, ma adesso deve studiare il sistema, con l'Osservatorio, in modo che chi ha riempito dopo anni la curva Sud, rispettando i criteri di legge (vedi controlli su questura on line), possa anche andare in trasferta. Fuori casa ormai sono pochissimi i tifosi: si è perso il gusto della trasferta. Della gita con gli amici. Situazione stadi: la legge adesso sta andando avanti alla settima commissione (istruzione pubblica e sport) del Senato: domani, martedì 9 ottobre, seguito della discussione altri emendamenti presentati da ben sei commissioni e della commissione parlamentare per le questioni regionali. Bisogna chiudere in fretta, prima della fine della legislatura: altrimenti rischia di saltare tutto. Ma i club non devono considerare un alibi questo disegno di legge fermo ormai da tre anni. Si diano da fare da soli. La Juventus insegna: anche se i tifosi della curva si lamentano dei prezzi troppo alti (di Coppa). Ma la scelta del club bianconero è quella di fare "selezione" come è successo in Inghilterra, dove il problema della violenza degli hooligans è stato risolto, almeno in parte, anche alzando il prezzo dei biglietti. Così una fascia meno abbiente non ha più potuto andare allo stadio. Giusto? In un momento di crisi è molto discutibile. La Juve ha tantissimi abbonamenti in campionato (27.378) ma in Champions non ha fatto mini-abbonamenti. Sbagliando. E se contro lo Shaktar le curve costavano 40 euro, chissà che prezzo metteranno quando arriverà il Chelsea?
Vola la Domenica Sportiva e Varriale cerca vie nuove
Enrico Varriale cerca di vivacizzare sempre più Stadio Sprint, sicuramente penalizzato dal calcio-spezzatino: ogni settimana un ospite in studio, ieri aveva Abete che ha promesso la riforma della giustizia sportiva (speriamo presto). Risultato: 9,36% di share, 1.182.000 spettatori per Stadio Sprint. Novantesimo Minuti tiene sempre la concorrenza di Cielo: 2.121.000, 14,65% di share per Franco Lauro. La Domenica Sportiva, condotta da Paola Ferrari, sta andando molto bene quest'anno: 13,73%, quasi dure milioni di spettatori (1.940.000). Non particolarmente efficace l'intervista di Carlo Paris a Gazzoni Frascara in "5 minuti di recupero": 16,50% e 4.238.000 (la trasmissione arriva dopo il traino del Tg1).
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Conte, la Juve: storia di una disonorevole vittoriaMensurati-Foschini - Lo Zingaro e lo Scarafaggio - 6-10-2012
Facciamo un po’ di chiarezza. La lieve pena inflitta – in barba ad ogni precedente – ad Antonio Conte dal Tnas sta facendo passare la sentenza di venerdì come una mezza assoluzione.
Ovviamente non è così.
A voler prendere sul serio quella decisione – e purtroppo, almeno in teoria, dovremmo essere costretti a farlo – non si può infatti non osservare come Conte e la Juventus escano devastati dalla vicenda calcioscommesse.
Conte da oggi è ufficialmente un omertoso. Definito così da una sentenza passata in giudicato. Incontestabile. Non è un uomo di sport, tanto meno un campione, men che mai un ginnasiarca. Ma soltanto un omertoso: uno sportivo (sportivo?) che, pur sapendo che i suoi ragazzi - del cui comportamento aveva piena responsabilità, sportiva ed etica – si stavano vendendo una partita, pur avendone le prove, non ha detto nulla, non li ha rimproverati, non li ha fermati, non li ha denunciati. Si è messo i propri doveri sotto le scarpe e si è girato dall’altra parte, come farebbe uno di quei complici silenziosi che a Gela o Milano di fronte a un delitto si girano dall’altra parte provocando lo sdegno dei ben pensanti.
Dall’arbitrato di venerdì, Conte è descritto come uno che lascia fare, tacendo. Un soggetto di certo non degno di sedere sulla panchina gloriosa della Juventus, la squadra più amata, più importante d’Italia. Che da oggi è dunque ufficialmente disonorata, trovandosi come allenatore un uomo condannato per un reato sportivo tanto odioso.
Questo e non altro dice la sentenza emessa dal Coni.
Ecco. Forse vale la pena di partire da qui. Da questo esito tanto sciagurato. Qualcuno di voi, lettori tifosi juventini ma anche non juventini, qualcuno di voi persone normali, normalmente istruite e in buona fede, pensa davvero che le prove a carico di Conte – per come sono state sviluppate e analizzate, per come sono state raccolte e discusse durante il processo – legittimino un esito così disastroso? Non vi stiamo chiedendo se ritenete giusta o no la sentenza. Vi stiamo chiedendo se – dopo aver seguito sui vari organi di informazione tute le fasi del processo – pensate onestamente che ci sia qualcuno in Italia che possa dire di avere in mano un quadro sufficientemente chiaro per esprimere un’opinione fondata. Non diciamo una sentenza, ma una semplice, maledetta, opinione fondata.
Noi pensiamo di no. Anzi, ne siamo certi. Spappolato a piacimento dal procuratore (per mancanza di prove) Palazzi, ipocritamente parcellizzato, sminchiato in ogni fase, il processo è stata una vergognosa presa in giro. E il suo esito, tanto doloroso (Conte nel fango e Juve disonorata) quanto infondato, ne è la perfetta conclusione.
Epperò, alla fine del tunnel, stavolta, abbiamo intravisto un filo di luce. Noi abbiamo scritto un libro. Si intitola lo Zingaro e lo scarafaggio. Non ce lo nascondiamo: il nostro scopo sin da quando abbiamo cominciato a scriverne la prima pagina era quello di mandare a casa Abete e tutti i burocrati centenari che stanno devastando il pallone. In questo libro abbiamo parlato – sia pure in chiave romanzesca – delle responsabilità di tutti: della Roma degli anni 2000, dell’allenatore del Milan Allegri e del suo ruolo nella prima grande partita venduta della nuova era, della Lazio, dell’Inter, e di Conte. Ma abbiamo parlato soprattutto delle responsabilità della Federcalcio. Invocando l’intervento forte e alto di chi il calcio lo ama e di chi nel calcio investe.
Bene. La conduzione così sciagurata del delicatissimo processo a Conte ha fatto sì che in molti si siano accorti dell’emergenza in cui versa il calcio italiano (la stessa che abbiamo raccontato nel libro). E ha portato Andrea Agnelli ad assumere una posizione che condividiamo dalla prima all’ultima riga. Potremmo definirlo il primo manifesto per la liberazione del calcio. Nella lettera agli azionisti della Juve, ha indicato le priorità parlando “delle riforme del sistema del calcio professionistico italiano ed europeo”, considerate “assolutamente imprescindibili”. Ha parlato di un problema di “governance a livello di Lega di Serie A e a livello di Federazione Italiana Giuoco Calcio, di tutela rigorosa dei marchi, di costruzione o recupero degli impianti sportivi, di riforma dei campionati e del calcio giovanile, di legge sul professionismo sportivo e, infine, di giustizia sportiva efficace e in grado di tutelare realmente sia chi investe nel calcio sia i valori inderogabili dello sport”. Ecco.
Se la demenziale conduzione (e il demenziale esito) del processo Conte porterà l’intero movimento calcistico a serrare le fila dietro un programma del genere, allora, almeno, a qualcosa tanta vergogna sarà servita.
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dalla BorsaII numero 1 bianconero prende 490 mila euro Lotito gratis, e quel milione per Dibenedetto...
CARLO LAUDISA - Gasport -6-10-2012
MILANO Nell'anno-scudetto Andrea Agnelli ha portato a casa 490 mila euro lordi, mentre Claudio Lotito è rimasto a zero. Nel leggere i bilanci della stagione 2011-12 colpisce che il presidente della Juventus abbia percepito uno stipendio, mentre quello della Lazio abbia scelto una linea d'austerity. Il bello è che nessuno dei sette amministratori laziali, a partire dal patron Lotito, può contare su emolumenti.
Il caso-Roma Curiosa, invece, la situazione nell'altro club della Capitale. Il presidente uscente Thomas Dibenedetto aveva uno stipendio di un milione 280 mila euro lordi, ma l'assegnazione è rimasta virtuale perché il cda giallorosso non l'ha mai ratificata. E già in primavera l'uomo di Pallotta era stato esautorato. In compenso l'a.d. Claudio Fenucci, il d.g. Franco Baldini e il d.s. Walter Sabatini sono remunerati con 600 mila euro netti a testa. Tornando alla Juventus, il numero uno Andrea Agnelli percepisce una retribuzione che al netto gli permette di guadagnare circa 250 mila euro netti e dispone di due auto aziendali. Ma è anche vero che questa è la sua principale attività manageriale e la proprietà del club, in definitiva, è della Exor: quindi dell'intera famiglia Agnelli. E comunque il numero uno bianconero guadagna all'incirca quanto il preparatore dei portiere Claudio Filippi, ora a 200 mila euro netti, mentre Massimo Carrera è a quota 140.
Conti bianconeri - Da segnalare anche i cachet dell'amministra-tore delegato Aldo Mazzia (circa 390 mila euro lordi), del consigliere Pavel Nedved (200 mila euro lordi) e soprattutto dell' altro amministratore delegato e direttore generale dell'area sportiva, Beppe Marotta, che nello scorso esercizio ha incassato circa 1,4 milioni netti di euro per entrambi gli incarichi. Nel 2011 il club di corso Galileo Ferraris è ricorso a una ricapitalizzazione da 120 milioni, ma ha dimezzato le perdite, riducendo il rosso di 48,6 milioni di euro. Infine la Lazio ha chiuso il bilancio con un piccolo utile (580 mila euro). La cautela sulle buste-paga del management di Lotito è dovuta anche ai 66 milioni di debiti residui verso il Fisco, oggetto di un richiamo anche dagli stessi revisori.
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A Conte non è stata resa totale giustizia
Xavier Jacobelli - calciomercato.com - 06-10-2012
A Conte non è stata resa totale giustizia: è questa la prima considerazione che s'impone dopo il verdetto del Tnas. La riduzione addirittura del sessanta per cento della squalifica comminata in primo grado e confermata dal secondo grado di giudizio sportivo costituisce solo un parziale risarcimento per il tecnico della Juve. Il quale, peraltro, in appello si era visto prosciogliere per Novara-Siena: ciononostante, la sanzione era rimasta incredibilmente invariata.
La verità è che contro Conte non c'è mai stato lo straccio di una prova, di un riscontro, di un'intercettazione: niente di niente. Solo la parola di un pentito, la cui credibilità è stata giudicata a corrente alternata. Il verdetto del Tnas è un'altra mazzata sulla Procura Federale: il suo impianto accusatorio è stato demolito.
Agnelli ha ragione: questa giustizia sportiva deve essere riformata. Ma le parole non bastano più. Contano i fatti. Staremo a vedere se alle prossime elezioni per il presidente federale, Agnelli darà seguito ai suoi propositi. Conte ha pagato sn troppo per non avere fatto nulla.
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Caso Conte, squalifica ridotta del 60%: la Juve a dicembre il suo dicembre
Fabrizio Bocca - Bloooog - repubblica. it - 06-10-2012
Antonio Conte esce dalle cabine TV degli stadi italiani e torna in panchina. La Juventus potrà disporre del suo allenatore titolare in partita il 9 dicembre. Inutile lanciarsi nel merito e sull’opportunità della condanna a 10 mesi e del relativo sconto del 60% arrivato adesso. E’ stato un argomento talmente dibattuto in termini velenosi che credo che quattro parole non spostino assolutamente nulla: da una parte il partito di Conte che si ritiene innocentissimo e dall’altra il partito colpevolista che comunque almeno un’omessa denuncia gli imputa, tesi rafforzata anche dal fatto che si era aperta una procedura di patteggiamento in cui di qualche responsabilità l’ex allenatore del Siena si faceva carico. Da queste due trincee è impossibile muoversi.
La Juventus ha vissuto l’intera vicenda in primissima persona, quasi come un’aggressione al club, pur non essendo tecnicamente coinvolta in nulla di tutto ciò. Ma soffrendone inevitabilmente le conseguenze si è difesa legittimamente con i denti. Adesso la squalifica di 4 mesi viene definita “una sconfitta ingiusta”, il presidente Agnelli parla di riforma della giustizia sportiva, ma insomma il risultato per la difesa della Juventus, capitanata da Giulia Bongiorno, è da considerarsi soddisfacente. Alla fine non ha vinto né il partito innocentista, né quello colpevolista, e i quattro mesi sanno di compromesso.
Quando Conte avrà esaurito la sua squalifica di quattro mesi, saranno trascorse 16 giornate di campionato e l’intero girone di Champions League: non poco. Ho sostenuto fin dall’inizio che la Juventus avrebbe tecnicamente pagato questa assenza a caro prezzo, anche in termini di punti. Proprio perché Conte è un allenatore capace di trasformare la propria squadra in partita, sa comunicarle qualcosa in più. E dal punto di vista tecnico e da quello caratteriale. Fino ad ora sono stato discretamente smentito, anzi direi che è proprio accauto il contrario. Il tandem Conte (in cabina tv) e Carrera (in panchina) credo che abbia addirittura arricchito la squadra in campionato – dopo la partita con la Roma ho parlato addirittura di una “diarchia tecnica”, assai notevole dal punto di vista dei risultati – , forse perché nei momenti complicati tutti, dai tecnici alla squadra stessa, moltiplicano la propria attenzione. In Champions l’ultima partita con lo Shakhtar ha però dato effettivamente quella sensazione di una squadra frastornata, che forse le parole e l’intervento diretto in campo di Conte avrebbero potuto trasformare.
K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
in Calciopoli (Farsopoli)
Inviato · Modificato da huskylover