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Lamberto Leonardi

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341364879_juventus1931.jpg.fa617747477d2fdd5411ca5508680cbf.jpg LAMBERTO LEONARDI

 

 

leonardi.jpg

 

 

 

http://it.wikipedia.org/wiki/Lamberto_Leonardi

 

 

 

Alla Juventus, Leonardi arriva trentunenne, da Varese, in un anno in cui pare giungano nomi illustri a rinnovare la squadra, in ogni reparto. Ma il suo arrivo non è casuale: l’idea è quella di ricostruire il tandem che a Varese, due anni prima, aveva destato sensazione: Anastasi-Leonardi. E La squadra, dopo una partenza piuttosto infelice, si assesta in ogni reparto e comincia a risalire la china. Leonardi, piano piano, conquista il pubblico torinese, che usa per lui lo stesso nome abbreviato di Leoncini, “Leo”.

«È veramente una grandissima soddisfazione poter giocare in una squadra come la Juventus, amata in tutta Italia e con delle magnifiche tradizioni», racconta al suo arrivo a Torino, «sono certo che mi affiaterò presto con i miei compagni ed i dirigenti non dovranno rimpiangere la fiducia concessami. La Juventus, oltre che un grosso traguardo, rappresenta anche una piccola rivincita personale verso la Roma che, cedendomi al Varese, mi aveva certamente declassato».

La Juventus, che Rabitti ha appena ereditato da Carniglia e subito messo in acque più tranquille, gioca in un modo semplicissimo, essenziale, moderno ed antico al tempo stesso. Si capisce che sarà protagonista anche Leonardi da Roma, ala pura tra le ultime in circolazione; era da tempo che la Juventus non aveva più un uomo simile, capace di sfruttare al massimo le fasce laterali e di far spiovere al centro palloni dorati per la delizia dell’attaccante appostato, Anastasi il più delle volte.

L’intesa tra i due è pressoché perfetta e più di una partita viene risolta in virtù dell’abilità del tandem avanzato juventino. Juventus-Fiorentina, 30 novembre 1969: contro i viola, campioni uscenti, i bianconeri danno per la prima volta nella stagione una dimostrazione di grande efficienza tattica. La chiave di volta della partita è proprio Leonardi, inafferrabile e determinato nel dosare i lanci, una spina nel fianco della difesa viola. La Juventus vince 2 a 0, non segna lui ma fa segnare “Pietruzzo”.

Ma Leonardi ha un altro grosso pregio tecnico da far fruttare al servizio della squadra; il tiro estremamente violento e preciso. Le occasioni per mettere in mostra le sue capacità in tal senso arrivano presto; in casa bianconera, i rigori continuano a rappresentare una vera spina nel fianco, nel senso che non si riesce a trovare uno specialista che garantisca il buon esito dell’esecuzione. Ed Rabitti decide che dovrà essere “Leo” a tentare; accade il 21 dicembre, in uno Juventus-Lazio che promette il rilancio al vertice per la Juventus già reduce da tre vittorie consecutive. I bianconeri, che conducono col minimo scarto grazie ad un goal realizzato in mischia da Salvadore, usufruiscono di un rigore al quarto d’ora della ripresa.

Tocca a “Leo”, contro il quale è il portiere laziale Sulfaro. Rincorsa piuttosto lunga e niente tiro; nel frattempo l’estremo difensore è finito a mezza strada tra la linea di porta ed il dischetto. Tutto da rifare, il momento può essere importante e la tensione in campo e fuori è notevole. Ma Leonardi ha nervi d’acciaio e, col portiere al suo posto tra i pali, scaraventa il pallone in rete con memorabile legnata.

A distanza di due domeniche, “Leo” fa ancora di più; risolve, su punizione dal limite la partita casalinga col Bari, fattasi difficilissima a causa del terreno innevato e perciò “ammazza gioco”. Il suo gioco, intanto, continua ad essere di estrema efficacia ed importanza nell’economia della manovra bianconera; a Bologna, contro i rossoblu scatenati alla ricerca del successo di prestigio, “Leo” disputa una grande prova, alleggerendo con i suoi spunti in velocità la costante pressione dei padroni di casa. E, nel derby di ritorno, la sua prestazione è addirittura memorabile, così come sono senza dubbio da ricordare quasi tutte le sue prove del finale di stagione. 8 febbraio 1970, è giorno di gran derby: all’andata hanno prevalso i granata su una Juventus perfino autolesionista nel dosare le marcature, ma adesso molte cose sono cambiate e nei bianconeri, secondi ad un passo dal Cagliari , è grande la voglia di vincere e convincere. Leonardi gioca qui forse la sua migliore partita in bianconero; una prestazione esemplare sul piano della manovra condita da un goal tanto bello quanto decisivo. Sull’1 a 0 per la Juventus, con i granata proiettati all’attacco in cerca del goal del pareggio, un difensore bianconero vince un contrasto e appoggia a Leonardi, che si trova appena oltre la propria metà campo. “Leo” compie uno stupendo slalom in progressione ai danni di tre difensori granata e, giunto in prossimità del vertice destro dell’area torinese, pur sbilanciato da un contrasto, beffa il portiere in uscita disperata con un pallonetto smorzato che si infila nell’angolino opposto. Esecuzione magistrale, una vera “pennellata” che esalta la platea del “Comunale”.

Naturalmente, ci sono nell’arco del torneo momenti meno esaltanti per questa ala di grandi risorse atletiche, che sa pure risolvere situazioni in area di rigore, con la sua considerevole potenza di tiro. Come in Juventus-Napoli 0 a 0, rigore calciato sull’incrocio dei pali e punto importantissimo regalato agli azzurri di Zoff. Od ancora la prova opaca di Firenze, con relativa sconfitta che estromette in pratica i bianconeri dalla lotta per il titolo.

Il 29 marzo 1970, comunque, è nuovamente festa per Leopardi; il Milan, che si illude forse di avere a che fare con una Juventus ridimensionata dalla sconfitta subita dai viola e perciò dimessa, subisce due magnifiche reti da uno scatenato Anastasi e, dopo una manciata di minuti, arriva il definitivo suggello alla vittoria. Haller filtra tra due difensori e scodella al centro un pallone millimetrico che Leonardi sbatte dentro al volo, agganciandolo di collo destro. Finisce 3 a 0 la partita e finisce anche il campionato, che per la prima volta nella sua storia è sfuggito alle squadre del continente per prendere la strada della Sardegna.

Leonardi detto “Leo” si è praticamente congedato dal pubblico juventino con la prodezza della gara col Milan: 37 presenze, 8 goals, sono il bilancio della sua stagione. Un bilancio più che lusinghiero; c’è soltanto il rammarico che un giocatore del genere non sia arrivato prima in bianconero. I piani di rinnovamento della squadra sono estremamente chiari, occorre programmare a distanza e per questo occorre votarsi ai giovani. Leonardi è una soluzione positiva, ma elude il problema. Nessuno lo sostituisce; si torna a giocare secondo quanto comanda il moderno verbo calcistico, che parla di “punte” tuttofare e non di ala o centrattacco.

Per questo, oltre che per il poco tempo trascorso da allora, Leonardi si ricorda bene, senza timore di confonderlo con qualche altro juventino di passaggio: parlare di lui “ala pura” è un po’ come fare un tuffo nel passato.



http://ilpalloneracconta.blogspot.com/2007/08/lamberto-leonardi.html

 

 

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Lamberto Leonardi of Juventus in 1969. | Calciatori, Juventus, Calcio

 

File:Juventus FC 1969-70.jpg - Wikimedia Commons

 

 

 

 

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Conservo uno splendido ricordo di lui :sisi:

Le soddisfazioni maggiori se le tolse con la Sassari Torres, con la quale conquist

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341364879_juventus1931.jpg.fa617747477d2fdd5411ca5508680cbf.jpg LAMBERTO LEONARDI

 

Calcio, è morto Lamberto Leonardi: il cordoglio del sindaco di Latina  Coletta

 

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Lamberto_Leonardi

 

 

Nazione: Italia Italia
Luogo di nascita: Roma
Data di nascita: 08.08.1939

Luogo di morte: Roma

Data di morte: 23.02.2021
Ruolo: Attaccante
Altezza: 178 cm
Peso: 79 kg

Nazionale Italiano Under-21
Soprannome: Leo - Bebo - Cicala

 

 

Alla Juventus dal 1969 al 1970

Esordio: 31.08.1969 - Coppa Italia - Mantova-Juventus 0-0

Ultima partita: 18.04.1970 - Serie A - Juventus-Roma 1-1

 

38 presenze - 8 reti

 

 

Lamberto Leonardi detto Bebo (Roma, 8 agosto 1939  Roma, 23 febbraio 2021) è stato un allenatore di calcio e calciatore italiano, di ruolo centrocampista o attaccante.

 

 

Lamberto Leonardi
Lamberto Leonardi, Juventus 1969-70.jpg
Leonardi alla Juventus nel 1969
     
Nazionalità Italia Italia
Altezza 178 cm
Peso 79 kg
Calcio Football pictogram.svg
Ruolo Allenatore (ex centrocampista, attaccante)
Termine carriera 1975 - giocatore
2009 - allenatore
Carriera
Giovanili
1950-1957   Roma
Squadre di club
1957-1959   Roma 2 (0)
1959-1960   Cosenza 30 (3)
1960-1961   Prato 28 (2)
1961-1962   Modena 29 (3)
1962-1966   Roma 74 (5)
1966-1969   Varese 86 (20)
1969-1970   Juventus 38 (8)
1970-1972   Atalanta 38 (2)
1972-1973   Mantova 0 (0)
1973-1974   Benevento 31 (4)
1974-1975   Ischia Isolaverde 15 (1)
Nazionale
1963 Italia Italia U-21 4 (0)
Carriera da allenatore
1974-1975   Ischia Isolaverde  
1975-1976   Paganese  
1976-1979   Latina  
1979-1980   Benevento  
1980-1981   Salernitana  
1981-1982   Nocerina  
1982-1983   Foggia  
1983-1985   Francavilla  
1986-1988   Torres  
1990-1991   Torres  
1991-1992   Francavilla  
1992-1993   VJS Velletri  
1993-1994   Nocerina  
1997   Sant'Anastasia  
1999-2001   Torres  
2001-2002   Giugliano  
2002   Torres  
2003-2004   Isernia  
2008   Sangiuseppese Neapolis  
2008-2009   La Palma Alghero  
Palmarès
 
Gold medal mediterranean.svg Giochi del Mediterraneo
Oro Napoli 1963

 

Carriera

Giocatore

Club

Cresciuto nella Roma, dove gli affibbiarono il soprannome di "Cicala", esordì in serie A con la maglia giallorossa il 7 maggio 1959 contro la SPAL poi venne ceduto al Cosenza in Serie C. Prima di tornare a Roma, giocò due anni in B con Prato e Modena.

In giallorosso giocò ancora per quattro stagioni, dal 1962 al 1966, totalizzando 74 presenze e 5 reti.

Nel 1966 si trasferì a Varese e con i biancorossi ottenne la promozione in serie A, facendo coppia in attacco con il giovanissimo Pietro Anastasi e mettendo a segno 11 reti in 33 partite. Con la squadra del commendator Giovanni Borghi, nella quale, nel frattempo, era arrivato il libero Armando Picchi dall'Inter, giocherà nella massima serie ancora due stagioni, segnando 9 volte in 53 partite.

 

Lamberto_Leonardi.JPG
 
Leonardi al Varese nel 1966

 

Nella stagione 1969-70 passò alla Juventus dove ritrovò l'amico Anastasi. Dopo un avvio disastroso ed il conseguente allontanamento dell'allenatore argentino Carniglia, sotto la guida di Ercole Rabitti i bianconeri rimontarono posizioni su posizioni fino a contendere sino alla fine lo scudetto al Cagliari di Gigi Riva. In campionato Leonardi scese in campo 28 volte mettendo a segno 5 reti, mentre in coppa delle Fiere realizzò 2 gol in 4 partite, ma i bianconeri furono eliminati già al secondo turno dall'Hertha Berlino.

Per la Juventus la stagione successiva fu quella del grande ringiovanimento: tornano dal prestito Causio e Bettega, arrivano da Roma Capello, Spinosi e Landini ed il trentenne Leonardi, insieme a Leoncini, venne ceduto all'Atalanta in serie B.

Ottenuta subito la promozione in A, nel 1971-72 contribuì con 2 gol alla salvezza degli orobici prima di chiudere la carriera da professionista con il Mantova in Serie B. Decise poi di disputare un'ultima stagione in serie D a Benevento dando una grossa mano per la promozione in serie C.

Da calciatore professionista in campionato, nell'arco di 16 anni compresi tra il 1957 ed il 1973, collezionò 315 presenze e 40 reti.

Nazionale

Nel 1963 contro la Tunisia esordì nella nazionale giovanile, con cui giocò 4 partite.

Allenatore

Iniziò all'Ischia Isolaverde nel 1974, svolgendo il doppio ruolo di allenatore e giocatore, con un terzo posto in Serie D. L'anno seguente passò alla Paganese dove conquistò la promozione in Serie C2 con una cavalcata in solitaria. Leonardi lasciò comunque la squadra per prendere il Latina sempre in Serie D, ottenendo un'altra promozione grazie al primo posto in graduatoria di fine stagione.

Concluse il primo campionato di Serie C al quinto posto, posizione che gli permise di essere inserito nella Serie C1 della stagione successiva, al termine della quale arrivò la prima retrocessione. La stagione 1979-1980 venne dedicata allo studio con il Supercorso di Coverciano, sebbene all'inizio accettò comunque di allenare il Benevento, salvo poi lasciare la panchina dopo la prima giornata di campionato. Nella stagione 1980-1981 allenò la Salernitana, ottenendo un dodicesimo posto in Serie C1. Nel 1981 guidò per la prima volta la Nocerina, giungendo al terzo posto in Serie C1 e tornò alla guida dei molossi nella stagione 1993-1994 del CND, conquistando il secondo posto.nel 1992-93 allena in eccellenza laziale la VJS Velletri con cui vinse la fase regionale della Coppa Italia Dilettanti contro il Palestrina nella cornice dello stadio Flaminio di Roma con 5000 tifosi al seguito pervenuti dalla cittadina dei Castelli Romani. Nello stesso anno arrivò secondo in campionato sfiorando la promozione in Serie D, in quella formazione spiccavano calciatori del calibro di Marco Saltarelli, Morgagni, D'Auria, Di Lazzaro, Busini e Massimo Caprari.

Arrivò nel 1982 la prima chance in Serie B con il Foggia, ma l'esperienza culminò con il primo esonero della sua carriera. Dal 1983 al 1985 allenò il Francavilla dove, nella stagione 1983-1984, ottenne un terzo posto in Serie C1.

Le soddisfazioni maggiori se le tolse con la Sassari Torres, con la quale conquistò nel 1987 una promozione in Serie C1, in una squadra ispirata dalla fantasia e dall'estro di un giovanissimo Gianfranco Zola. Con la stessa Torres conquistò un'altra promozione in Serie C1 nella stagione 1999-2000 con Stefano Udassi e Theofilos Karasavvidīs come coppia d'attacco della vincente formazione rossoblù. La stagione successiva i sardi, sempre guidati da Leonardi sfiorarono la partecipazione ai playoff per la Serie B, playoff che sfumarono in seguito ad una sconfitta per 2 a 1 contro l'Ascoli, in una sorta di scontro diretto previsto per la penultima giornata di quella stagione. Non confermato per la stagione seguente , dopo un anno al Giugliano, tornò in Sardegna per l'annata 2002-2003, pero' Il 7 ottobre 2002 la società Sassari Torres comunicò il suo esonero. Nel dicembre del 2008 viene chiamato in panchina dal La Palma Alghero, formazione militante in Eccellenza Sardegna con cui retrocede in Promozione alla fine del campionato. Da segnalare durante la lunga carriera da allenatore di Leonardi anche un breve intermezzo sulla panchina del Sant'Anastasia nell'Eccellenza Campana dal Gennaio 1997, squadra che condusse per la prima volta in Serie D. Negli anni della Torres aveva come piccola superstizione quella di indossare per tutto il campionato lo stesso maglione blu pesante sia in inverno che in estate, espediente che evidentemente portava bene visto che con i rossoblù ha vinto 2 campionati.

È morto il 22 febbraio 2021, a 81 anni, a causa dell'aggravarsi delle condizioni a seguito di una caduta.

Palmarès

Giocatore

Club

Nazionale

Allenatore

Club

Competizioni internazionali
Competizioni nazionali
Competizioni regionali

 

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«È veramente una grandissima soddisfazione poter giocare in una squadra come la Juventus, amata in tutta Italia e con delle magnifiche tradizioni – racconta al suo arrivo a Torino – sono certo che mi affiaterò presto con i miei compagni e i dirigenti non dovranno rimpiangere la fiducia concessami. La Juventus, oltre che un grosso traguardo, rappresenta anche una piccola rivincita personale verso la Roma che, cedendomi al Varese, mi aveva certamente declassato».
Alla Juve, Leonardi arriva trentunenne, da Varese – racconta Gianni Giacone su “Hurrà Juventus” dell’agosto 1973 – in un anno in cui pure giungono nomi illustri a rinnovare la squadra pressoché in ogni reparto. Ma il suo arrivo non ò casuale: l’idea è quella di ricostruire il tandem che a Varese, due anni prima, aveva destato sensazione, Anastasi-Leonardi vale a dire. E si tratta di un’idea azzeccatissima.
Non appena conosciuta la notizia dell’acquisto di «Bebo», il picciotto non ha infatti potuto nascondere la propria felicità: «È un grosso giocatore, affiatatissimo con me sul terreno di gioco come nella vita privata; un vero amico, un ragazzo allegro e simpatico come tutti i romani, con il quale è impossibile non andare d’accordo; sono lietissimo di ritrovarmelo vicino; ritengo che insieme potremo fare grandi cose».
Anche un suo ex avversario, ora collega, Leoncini, ne parla in termini entusiastici: «Leonardi è una brutta gatta da pelare per un difensore; scatta da fermo come se fosse catapultato da una spingarda, ed ha una velocità progressiva impressionante; inoltre per completare... l’opera, dispone di un tiro a rete fortissimo e preciso. Tutte le volte che gli ho giocato contro mi ha sempre fatto penare, tanto è vero che quasi mai, nel corso della partita, mi sono potuto spingere all’attacco com’è mio costume; era troppa la paura di non potere più recuperare su quel diavolo scatenato...».
La squadra, dopo una partenza piuttosto infelice, si assesta in ogni reparto, e comincia a risalire la china. Leonardi, piano piano, conquista il pubblico torinese, che usa per lui lo stesso nome abbreviato di Leoncini, «Leo».
Come gioca questa squadra, che Rabitti ha appena ereditato e subito immesso in acque più tranquille? In un modo semplicissimo, essenziale, moderno e antico al tempo stesso. Si capisce che c’entra in questo Leonardi da Roma, ala pura tra le ultime in circolazione: era da tempo che la Juve non aveva più un uomo simile, capace di sfruttare al massimo le fasce laterali e di far spiovere al centro palloni dorati per la delizia dell’attaccante appostato, Anastasi il più delle volte.
L’intesa tra i due è pressoché perfetta, e più di una partita viene risolta in virtù dell’abilità del tandem avanzato juventino. Prendi Juventus-Fiorentina, 30 novembre ‘69: contro i viola campioni uscenti, i bianconeri danno per la prima volta nella stagione una dimostrazione di grande efficienza tattica. La chiave di volta della partita è proprio Leonardi, inafferrabile e determinato nel dosare i lanci, una spina nel fianco della difesa viola. La Juve vince due a zero, non segna lui ma fa segnare Pietruzzo nostro, è proprio lo stesso...
Ma Leonardi ha un altro grosso pregio tecnico da far fruttare al servizio della squadra: il tiro estremamente violento e preciso. Le occasioni per mettere in mostra le sue capacità in tal senso arrivano presto: in casa bianconera, i rigori continuano a rappresentare una vera spina nel fianco, nel senso che non si riesce a trovare uno «specialista» che garantisca il buon esito dell’esecuzione. E a un certo punto Rabitti decide che dovrà essere Leo a tentare: accade il 21 dicembre, in uno Juve-Lazio che promette rilancio al vertice per la Juve già reduce da tre vittorie consecutive. I bianconeri, che conducono col minimo scarto grazie ad un gol realizzato in mischia da Salvadore, usufruiscono di un rigore al quarto d’ora della ripresa. Tocca a Leo, contro il quale è il portiere laziale Sulfaro. Rincorsa piuttosto lunga e... niente tiro: già, perché nel frattempo l’estremo difensore è finito a mezza strada tra la linea di porta e il dischetto. Tutto da rifare, il momento può essere importante, e la tensione in campo e fuori è notevole. Ma Leonardi ha nervi d’acciaio, e, col portiere al suo posto tra i pali, scaraventa il pallone in rete con memorabile legnata.
A distanza di due domeniche dal fatto, Leo fa ancora di più: risolve su punizione dal limite la partita casalinga col Bari, fattasi difficilissima a causa del terreno innevato e perciò ammazza gioco. Intanto, il suo gioco continua a essere di estrema efficacia e importanza nell’economia della manovra bianconera: a Bologna, contro i rossoblù scatenati alla ricerca del successo di prestigio, Leo disputa una grande prova, alleggerendo con i suoi spunti in velocità la costante pressione dei padroni di casa. E nel derby di ritorno la sua prestazione è addirittura memorabile, così come sono senza dubbio da ricordare quasi tutte le sue prove del finale di stagione.
8 febbraio ‘70, è giorno di gran derby: all’andata han prevalso i granata su una Juve perfino autolesionista nel dosare le marcature, ma adesso molte cose sono cambiate, e nei bianconeri secondi a un passo dal Cagliari è grande la voglia di vincere e convincere. Leonardi gioca qui forse la sua migliore partita in bianconero: una prestazione esemplare sul piano della manovra condita da un gol tanto bello quanto decisivo. Sull’uno a zero per la Juve, con i granata proiettati all’attacco in cerca del gol del pareggio, un difensore bianconero vince un contrasto e appoggia a Leonardi, che si trova appena oltre la propria metacampo. Leo compie uno stupendo slalom in progressione ai danni di tre difensori granata, e, giunto in prossimità del vertice destro dell’area torinese, pur sbilanciato da un contrasto, beffa il portiere in uscita disperata con un pallonetto smorzato che si infila nell’angolino opposto. Esecuzione magistrale, una vera «pennellata» che esalta la platea del Comunale.
«Sulla rimessa del nostro portiere, ho anticipato Fossati e sono giunto fin sul limite dell’area. Avevo di fronte un paio di avversari, ho fatto la finta di scartare sulla sinistra e invece mi sono incuneato sulla destra. Poi ho sparato e la palla è entrata».
Rincara la dose Renato Molino su “La giornalaccio rosa dello Sport”: «Dimostrazione vivente su cosa sia il contropiede. Mezzo campo di corsa e tiro in diagonale. Poi una botta di Agroppi gli ha tolto una marcia e ha dovuto cedere il posto a Zigoni. Ha lasciato il campo tra gli applausi».
Naturalmente, ci sono nell’arco del torneo momenti meno esaltanti per questa ala di grandi risorse atletiche che sa pure risolvere situazioni in area di rigore, con la sua considerevole potenza di tiro.
Vedi il caso di Juve-Napoli zero a zero, rigore calciato sull’incrocio dei pali e punto importantissimo regalato agli azzurri di Zoff. O ancora la prova opaca di Firenze, con relativa sconfitta che estromette in pratica i bianconeri dalla lotta per il titolo.
Il 29 marzo, comunque, è nuovamente festa per Leonardi: il Milan, che si illude forse di avere a che fare con una Juve ridimensionata dalla sconfitta subita dai viola e perciò dimessa, becca subito due magnifiche reti da uno scatenato Anastasi, e dopo una manciata di minuti arriva il definitivo suggello alla vittoria. Haller filtra tra due difensori e scodella al centro un pallone millimetrico che Leonardi sbatte dentro al volo, agganciandolo di collo destro. Finisce tre a zero la partita, e finisce anche il campionato, che per la prima volta nella sua storia è sfuggito alle squadre del continente per prendere la strada della Sardegna.
Leonardi detto Leo si è praticamente congedato dal pubblico juventino con la prodezza della gara col Milan: ventotto presenze, cinque gol, sono il bilancio della sua stagione. Un bilancio più che lusinghiero; c’è soltanto il rammarico che un giocatore del genere non sia arrivato prima in bianconero. Avrà la conferma per l’anno dopo? No; i piani di rinnovamento della squadra sono estremamente chiari, occorre programmare a distanza, e per questo occorre votarsi ai giovani. Leonardi è una soluzione positiva, ma elude il problema. Chi lo sostituirà nell’ormai atipico ruolo di ala «vecchia maniera»? Nessuno, chiaramente. Si torna a giocare secondo quanto comanda il moderno verbo calcistico, che parla di «punte» tuttofare, e non di «ala» o «centrattacco».
Per questo, oltre che per il poco tempo trascorso da allora, Leonardi si ricorda bene, senza timore di confonderlo con qualche altro «juventino di passaggio»: parlare di lui «ala pura» è un po’ come fare un tuffo nel passato.
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