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Mario Astorri

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206635106_juventus1931.jpg.f4e4f877211ae642332e2721d4d7781c.jpg MARIO ASTORRI  

 

Mario Astorri

 

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Astorri

 

 

Nazione: Italia Italia
Luogo di nascita: Cadeo (Piacenza)
Data di nascita: 07.08.1920

Luogo di morte: Copenhagen (Danimarca)

Data di morte: 03.12.1989
Ruolo: Attaccante
Altezza: 178 cm
Peso: 73 kg

Soprannome: -

 

 

Alla Juventus dal 1946 al 1947

Esordio: 22.09.1946 - Serie A - Atalanta-Juventus 1-3

Ultima partita: 22.06.1947 - Serie A - Venezia-Juventus 0-2

 

23 presenze - 17 reti

 

 

Mario Astorri (Cadeo, 7 agosto 1920  Copenaghen, 3 dicembre 1989) è stato un calciatore e allenatore di calcio italiano, di ruolo attaccante.

 

 

Mario Astorri
Mario Astorri.jpg
Astorri all'Atalanta a fine anni 1940.
     
Nazionalità Italia Italia
Altezza 178 cm
Peso 73 kg
Calcio Football pictogram.svg
Ruolo Allenatore (ex attaccante)
Termine carriera 1957
Carriera
Squadre di club
1939-1941   Mestre 26 (15)
1941-1942   Schio 26 (10)
1942-1943   Ferrara 21 (20)
1943-1944   Venezia 12 (10)
1945-1946   SPAL 19 (11)
1946-1947   Juventus 23 (17)
1947-1949   Atalanta 53 (13)
1949-1953   Napoli 88 (30)
1953-1954   Monza 19 (7)
1955-1957   Cenisia 38 (13)
Carriera da allenatore
1957-1958   Meda
1958-1959   Falck & Arcore
1962 non conosciuta Horsholm
1965-1966   Køge BK
1967   AB
1968 Danimarca Danimarca
1969   Hvidovre
1970   Holbæk
1974   KB
1978   Hellerup

 

Carriera

Giocatore

Primi anni

220px-Spal_1945-46.jpg
 
Astorri (accosciato, terzo da sinistra) alla SPAL nella stagione 1945-1946

 

Piacentino di nascita, Astorri cresce calcisticamente a Mestre, dove la famiglia si era trasferita per motivi di lavoro. Esordisce nella Mestrina in Serie C, debuttando nel 1939 nella vittoria per 2-1 contro il Lanerossi Vicenza e segnando un gol. Disputa da titolare la stagione successiva fino a quando chiede di essere ceduto dopo essere stato fischiato dai tifosi per una prestazione deludente.

Passa allora allo Schio, sempre in Serie C e quindi all'A.C. Ferrara, squadra che aveva da qualche anno sostituito la gloriosa SPAL, segnando 20 reti nel 1943 e vincendo la classifica dei marcatori di quel torneo di serie C. È al Venezia nel Campionato di guerra del 1944: nelle fasi iniziali del torneo mette a segno ben nove reti in una sola partita, contro il Rovigo, e gioca anche le due partite del girone finale per l'assegnazione dell'effimero scudetto di quell'anno. Rientra a Ferrara nel 1945 e nella squadra estense, che nel frattempo ha ripreso la tradizionale denominazione di SPAL, realizza 11 reti nel campionato di Serie B-C Alta Italia 1945-1946.

Juventus

Nel 1946 è alla Juventus, ceduto da Paolo Mazza, che lo aveva acquistato dallo Schio per poche migliaia di lire, per 2 milioni.

 

170px-Mario_Astorri_-_Juventus_FC_1946-4
 
Astorri alla Juventus nella stagione 1946-1947

 

Con i bianconeri gioca da centravanti, relegando Silvio Piola al ruolo di mezzala, e segna 17 reti: sesto miglior cannoniere della stagione, è protagonista delle prime due giornate del campionato in cui la sua squadra vince entrambe le volte per 3-1 con una sua doppietta, il 22 settembre 1946 nel successo esterno contro l'Atalanta e il 29 settembre 1946 nella vittoria casalinga contro l'Alessandria. Mette anche a segno una quaterna alla 17sima giornata, il 19 gennaio 1947 nella vittoria casalinga contro il Venezia per 7-3.

Atalanta

Nel 1947 lascia la Juventus, in contrasto con l'allenatore Renato Cesarini che lo vuole spostare nel ruolo di ala. Passa quindi all'Atalanta con cui inizia il campionato segnando alla prima giornata (il 14 settembre 1947) nella vittoria casalinga contro il Bari per 3-1: il primo gol, all'undicesimo, era stato segnato da Július Korostelev, appena ceduto anch'egli ai bergamaschi. A fine stagione si contano 9 reti, frutto tra l'altro di due doppiette, nella vittoria casalinga contro il Livorno per 3-1 (19sima giornata, disputata il 25 gennaio 1948) e nella vittoria casalinga contro la Lazio per 5-0 (32sima giornata, disputata il 2 maggio 1948). L'anno successivo segna solo 4 reti, tra cui una doppietta nella vittoria casalinga contro il Novara per 3-1, alla ventesima giornata, disputata il 9 gennaio 1949.

Napoli e ultimi anni

Nel 1949 viene ceduto al Napoli, allora in serie B, e contribuisce alla vittoria del campionato e quindi alla promozione segnando 8 reti. Nel campionato successivo (1950-1951) i gol sono 8, tra cui uno nella sconfitta in trasferta contro la Juventus per 3-2 (nona giornata, disputata il 5 novembre 1950), che contribuiscono a dare agli azzurri il sesto posto nella classifica finale della serie A.

Va meglio la stagione successiva, sesto posto finale per la squadra e dodicesimo posto nella classifica cannonieri con 13 reti per lui, frutto anche di una doppietta nella vittoria in trasferta contro il Como per 4-2 (14sima giornata, disputata il 23 dicembre 1951), di un altro gol alla Juventus nella sconfitta in trasferta per 2-1 (nella gara del 30 dicembre 1951, 15sima giornata di campionato), di un'altra doppietta nella vittoria casalinga contro il Torino per 4-0 (28sima giornata, disputata il 6 aprile 1952) e di una terza doppietta nella vittoria casalinga contro il Como per 7-1, alla 33sima giornata, disputata l'11 maggio 1952, in cui segna i due gol nei primi tre minuti di gioco.

L'anno successivo perde il posto da titolare, in seguito all'acquisto di Hasse Jeppson, e in tutta la stagione segna solo un gol, tra l'altro inutile, nella sconfitta per 3-2 contro il Novara. Chiude con il calcio professionistico giocando nel Monza in Serie B, dove segna 7 gol in 19 partite, e quindi milita per due stagioni nella formazione piemontese del Cenisia, terminando la carriera all'età di 37 anni.

Allenatore

Terminata la carriera di calciatore intraprende immediatamente quella di allenatore. Dopo aver guidato Meda e Falck Arcore, nel 1959 si trasferisce in Danimarca, su consiglio del suo ex allenatore Eraldo Monzeglio. Qui pubblica su un quotidiano di Copenaghen un annuncio con cui si offre come allenatore, ed esordisce su una panchina danese nel 1962 con l'Hørsholm, con cui ottiene la promozione in terza divisione. Nel 1965 passa sulla panchina del Køge BK, con cui ottiene la promozione nella massima serie, e vi rimane anche nel successivo campionato. Nel 1967 allena l'Akademisk Boldklub, con cui vince il campionato.

Nel 1968 guida brevemente la nazionale danese, prima di tornare ad allenare i club. Siede sulla panchina dell'Hvidovre IF, con cui, pur disponendo di una formazione rimaneggiata, ottiene il quarto posto nel campionato 1969, e in seguito passa all'Holbæk B&I (in seconda divisione) e al Kjøbenhavns Boldklub, con il quale vince il campionato danese 1974. L'ultimo club che allena in Danimarca è l'Hellerup IK, al quale arriva nel 1978, quando la squadra militava nella seconda divisione danese, sostituendo Tom Søndergaard.

Dopo il ritiro

Rimasto in Danimarca, collabora con una ditta danese di prodotti sportivi occupandosi della distribuzione italiana. All'inizio degli anni 1980, inoltre, segnala al suo ex compagno di squadra Giampiero Boniperti il giovane talento danese Michael Laudrup.

Palmarès

Giocatore

Competizioni nazionali

Allenatore

Competizioni nazionali

 

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  2121947235_juventus1931.jpg.8e75afa2dec34ed284cae4df7193a1a2.jpg MARIO ASTORRI   

 

astorri.jpg

 

 

 

Negli anni dei Sentimenti, si fa valere anche un piacentino acquistato per avere una valida alternativa al giovanissimo Boniperti appena sbarcato dal Momo: si chiama Mario Astorri, è del 1920 e nella Spal, dove è cresciuto, ha segnato cataste di goal in tutti i modi possibili. Nel 1946-47 è molto più di un ripiego, anzi si rivela fior di cannoniere, in assoluto uno dei più prolifici della storia bianconera nel rapporto tra reti segnate e partite giocate: 17 goal fatti in 23 partite non sono bruscolini e si tratta in molti casi di reti pesantissime. Ma Boniperti cresce più in fretta del previsto e Astorri deve trovare fortuna altrove, all’Atalanta prima e al Napoli poi. Con qualche rimpianto.
«Alquanto irsuto, di bruno pelo – racconta Caminiti – con bell’opportunismo, fu più redditizio del Piola juventino. Ma apparve Boniperti con la sua classe bionda e fu venduto all’Atalanta. Per il dispiacere di Zambelli che entrava nello spogliatoio e si deliziava a vederlo».
 
ALBERTO FACCHINETTI, DAL “GUERIN SPORTIVO” DEL MAGGIO 2020
La carriera di calciatore si è appena conclusa, quella di allenatore sembra non decollare. Nel 1957 l’ex centravanti della Juventus Mario Astorri decide di spostarsi in Danimarca a gestire il business delle “cartoline che cantano”. Presto l’appeal di questo particolare prodotto (un disco con le sembianze di una cartolina postale) va in crisi. Nel frattempo Mario a Copenaghen ha trovato l’amore e ‘divorziato dalla moglie in Italia. Deve reinventarsi una nuova vita, perché in tasca non gli è rimasto un soldo. Inizia ad allenare piccoli club danesi delle categorie inferiori, riuscendo a migliorare tutte le squadre che gli danno in mano. Sa caricare i suoi ragazzi, dando loro coraggio ed entusiasmo. Blinda la difesa e lascia spazio ai giocatori con più talento in attacco.
Nel 1964 si trova sulla panchina di AB, una squadra che milita nella seconda divisione danese. La porta nella massima serie e nel 1967 vince il campionato nazionale. E la prima volta in assoluto che un italiano festeggia da allenatore uno scudetto all’estero. Tanti anni dopo vincere i campionati diventerà una consuetudine per i vari Trapattoni e Ancelotti, che oggi detengono il record (assieme a Tomislav Ivic, Ernst Happel, José Mourinho ed Eric Gerets) di quattro titoli nazionali in quattro diversi paesi. L’ultimo allenatore italiano in ordine di tempo a conquistare un campionato nazionale all’estero è stato Fabio Cannavaro, che lo scorso dicembre con Guangzhou è arrivato primo nella Super League cinese per club. Ma è stato Mario Astorri cinquantatré anni fa l’uomo che ha dato il via a questa lunga tradizione di allenatori italiani vincenti fuori casa.
Quando Mario arriva in Danimarca, trova un calcio che è ancora nel pieno della sua fase dilettantistica. Ai calciatori che firmano un contratto all’estero da professionisti è impedito di giocare in Nazionale. Soltanto nel maggio del 1971 gli “stranieri” iniziano a essere convocati nella selezione nazionale. Il primo torneo Pro in Danimarca è quello del 1978, in ritardo di anni rispetto agli altri Paesi dell’Europa occidentale.
Classe 1920, Astorri è stato un ottimo calciatore che ha toccato l’apice della sua carriera nell’immeditato dopoguerra. Nato in provincia di Piacenza, si è trasferito da bambino a Mestre con la famiglia. Qui ha esordito in prima squadra, segnando subito un gol e facendo intravedere la sua classe e il suo carattere. Poi un campionato nel Venezia in tempo di guerra e quindi a Schio, dove viene adocchiato dal presidente della Spal Paolo Mazza, uno dei migliori talent scout della storia del calcio italiano. Da Ferrara arriva nel 1946 alla Juventus. Esordisce con una doppietta e chiude il torneo con 17 gol in 23 partite, massimo realizzatore della squadra. Gioca da centravanti, in una formazione che ha in campo gente come Piola, Boniperti ed Ermes Muccinelli. È una bella Juve quella allenata da Renato Cesarini, arriva seconda dietro solo al Grande Torino. Ma è lo stesso Cé a cambiargli il ruolo. Non più al centro dell’attacco, ma laterale. Astorri pensa, per via di tutti i gol che ha realizzato, di essersi meritato la posizione centrale e preferisce così proseguire la carriera altrove. Continua a segnare prima con l’Atalanta e poi con il Napoli.
Stefan Astorri è uno dei due figli maschi avuti da Mario con la bella sposa danese. Oggi fa il medico in un ambulatorio nei pressi di Copenaghen, la sua città. Da lì è felice di parlare del padre, morto nella capitale danese nel 1989.
«Non ho mai sentito uscire dalla bocca di mio papà – racconta – giudizi negativi su nessun allenatore. Neanche su Cesarini. La Juventus ha sempre avuto un posto speciale nel suo cuore».
Con i bianconeri i rapporti sono sempre rimasti ottimi. Karl Age Praest, due scudetti con la Juve negli anni 50, è stato un suo grandissimo amico.
«Una volta alla settimana giocavano a tennis insieme ed era uno spasso vederli. Ridevano in continuazione».
Ottimi amici gli erano rimasti anche a Mestre. Uno di questi si chiamava Attilio Pittarello, campione italiano dei 110 ostacoli nel 1942. Si erano conosciuti negli anni della Mestrina. I due di frequente si scrivevano cartoline oppure si telefonavano per ricordare i vecchi tempi in Veneto.
«Mio padre – dice Stefan Astorri – si sentiva italiano al 110 percento e gli sarebbe tanto piaciuto ritornare a vivere nella nazione in cui era nato. Aveva avuto delle proposte dal Como e anche per allenare le giovanili della Juve, ma mia madre non voleva lasciare la Danimarca. Dell’Italia diceva sempre che era il Paese più bello al mondo, ma impossibile da capire. Leggendo i giornali italiani, intuisco che probabilmente è così anche ora».
Dopo essere stato in odore di nazionale, il “Mago italiano” negli anni 70 si siede sulla panchina del KB, allora un club molto prestigioso. Qui vince un altro scudetto, il secondo della sua carriera. Allena Finn Laudrup in prima squadra, mentre il figlio Michael gioca nelle giovanili. Il padre è un buon giocatore, ma è il ragazzino a essere un fenomeno. Chiama allora il suo amico Boniperti per consigliargli il giocatorino, che nel frattempo ha esordito in prima squadra ed è passato al Brondby.
Boniperti manda a visionarlo Cestmir Vycpalek, lo zio materno di Zeman, che nel 1946-47 giocava nella loro stessa Juventus. Al cecoslovacco basta poco per riconoscerne la classe innata e dà il suo assenso. Nel 1983 le negoziazioni e la firma del contratto avvengono proprio nel salotto di casa Astorri. Presenti il diciannovenne calciatore, il padre Finn, il manager del Brondby Per Bjerregard e la coppia Boniperti-Vycpalek. A sbirciare dalla cucina i due figli di Astorri. Sempre alla Juve segnala Preben Elkjaer Larsen, centravanti della Nazionale danese che gioca in Belgio e non si è ancora fatto conoscere al grande pubblico all’Europeo 1984 in Francia. La dirigenza fa altre scelte, Elkjaer va a Verona dove vince uno storico scudetto e per due anni si piazza sul podio del Pallone d’Oro.
Stefan Astorri oggi nel suo ambulatorio conserva appese al muro delle foto del papà. Catturano l’attenzione dei pazienti seduti di fronte a lui.
«Mi capita spesso di parlare con loro di calcio. Per un po’ si dimenticano pure dei loro problemi. Ne ho uno in cura, italiano ovviamente, che ricorda di avere visto mio papà dal vivo giocare nel Napoli».
 
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