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Socrates

Paulo Amaral - Allenatore

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Paulo Amaral… o Sargento de Ferro | TARDES DE PACAEMBU
 
Quando Amaral portò la difesa a zona alla Juve - ilGiornale.it
 
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Pioneiro, Paulo Amaral foi vice-campeão italiano pela Juventus nos anos  1960 - Calciopédia
 
File:Juventus FC 1962-63 - Paulo Amaral e Dante Crippa.jpg - Wikipedia.
 
Pioneiro, Paulo Amaral foi vice-campeão italiano pela Juventus nos anos  1960 - Calciopédia
 
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1940-1971.png.243801e75ac844ad8dd3fed7d2f6b64f.png PAULO AMARAL  

 

La Juventus di Amaral | Storie di Calcio

 

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Paulo_Amaral

 

 

Nazione: Brasile Brasile
Luogo di nascita: Rio de Janeiro
Data di nascita: 18.10.1923

Luogo di morte: Rio de Janeiro

Data di morte: 01.05.2008
Ruolo: Allenatore
Altezza: 198 cm
Peso: -

Soprannome: Sergente di ferro

 

 

Allenatore della Juventus dal 1962 al 1963

 

43 panchine - 25 vittorie - 9 pareggi - 9 sconfitte

 

 

Paulo Lima Amaral (Rio de Janeiro, 18 ottobre 1923  Rio de Janeiro, 1º maggio 2008) è stato un allenatore di calcio e calciatore brasiliano, di ruolo centromediano.

 

Fu il primo a schierare la difesa a zona nel calcio italiano allenando alla Juventus nella stagione 1962-63.

 

È morto nel 2008, poco dopo essere rientrato in Brasile, a Copacabana, dove viveva da anni, all'età di 85 anni.

 

Paulo Amaral
Juventus FC 1963-64 - Paulo Amaral (cropped).jpg
Amaral alla Juventus nel 1963
     
Nazionalità Brasile Brasile
Calcio Football pictogram.svg
Ruolo Allenatore (ex centromediano)
Termine carriera 1948 - giocatore
1978 - allenatore
Carriera
Squadre di club
1943-1946   Flamengo 18 (1)
1947-1948   Botafogo ? (?)
Carriera da allenatore
1951-1958   Botafogo  
1958 Brasile Brasile Prep. atletico
1959-1961   Botafogo  
1962 Brasile Brasile Prep. atletico
1962   Vasco da Gama  
1962-1963   Juventus  
1964   Corinthians  
1964   Genoa  
1966   Atlético Mineiro  
1966 Brasile Brasile Assistente
1967-1968   Bahia  
1970   Fluminense  
1971   Vasco da Gama  
1971-1972   Porto  
1973   Botafogo  
1973 Paraguay Paraguay  
1974-1975   America-RJ  
1976   Botafogo  
1976-1977   Remo  
1978   Al-Hilal

 

Carriera

Paulo Lima Amaral fu il famoso preparatore atletico della spedizione della nazionale di calcio brasiliana vincitrice dei campionati mondiali di calcio di Svezia 1958 e Cile 1962. Con i suoi metodi di allenamento (era detto il "sergente di ferro") consentì alla squadra carioca di superare quei limiti atletici e disciplinari che probabilmente ne avevano frenato i successi nei decenni precedenti.

 

Gigantesco, alto quasi due metri, negli anni quaranta aveva giocato senza grande successo come centromediano nel Flamengo e nel Botafogo. Nel 1953 conseguì il diploma di insegnante di educazione fisica e preparatore atletico. Considerato per i suoi metodi di preparazione atletica un perfetto ginnasiarca, incuriosiva all'epoca la sua testa completamente rasata.

 

220px-Juventus_FC_-_Luis_del_Sol_e_Paulo
 
Amaral (a destra) durante la sua esperienza sulla panchina juventina, a colloquio con del Sol in una pausa di allenamento al Campo Combi.

 

Divenne ben presto uno dei migliori preparatori atletici brasiliani, tanto che Vicente Feola lo volle nel team della nazionale di calcio brasiliana nel campionati mondiali di calcio di Svezia 1958. I risultati furono eccellenti, tanto che Amaral assunse un paio d'anni dopo la guida del quotato club del Botafogo, pur continuando a svolgere l'attività di allenatore atletico della nazionale.

 

Straordinariamente prestante, salvò quasi da solo i giocatori della nazionale carioca, aggrediti dagli avversari uruguayani nel corso di una infuocata sfida in Argentina per il Campionato del Sudamerica nel 1959.

 

Come trainer, privilegiava il gioco a zona e applicava l'ardito schema 4-2-4, che si trasformava in 4-3-3 in fase difensiva.

 

I suoi metodi innovativi suscitarono grande interesse, tanto che Amaral fu ingaggiato come trainer nel campionato italiano di Serie A dalla Juventus che allenò con alterne fortune dal 1962 all'ottobre 1963, quando fu rilevato da Eraldo Monzeglio. In seguito in Italia tornerà ad allenare brevemente il Genoa dell'era post-Meroni (nel 1964, per otto partite, dopo essere subentrato a Beniamino Santos, morto in un incidente stradale). In Italia, in 46 partite in panchina in Serie A ha totalizzato 22 vittorie, 11 pareggi e 13 sconfitte.

 

Si trasferì poi in Brasile, dove riprese ad allenare varie squadre di prima divisione e svolse il ruolo di preparatore atletico della spedizione della nazionale di calcio brasiliana nel campionati mondiali di calcio di Inghilterra 1966.

 

Successivamente in Brasile allenò numerose squadre tra le quali l'Atletico Mineiro e il Fluminense, con il quale conquistò il titolo brasiliano nel 1970. Si recò più tardi in Portogallo per allenare il Porto fra il 1971 e il 1972, e in seguito in Paraguay per allenare la nazionale. Tornato brevemente in patria, concluse la sua carriera in Arabia Saudita, a Riyad, con la squadra dell'Al-Hilal, nel 1978.

Palmarès

Giocatore

Competizioni statali

Allenatore

Club

Competizioni statali
Competizioni nazionali

 

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1940-1971.png.243801e75ac844ad8dd3fed7d2f6b64f.png PAULO AMARAL  

 

amaral.jpg

 

 

 

Gunnar Gren, poi Parola nella stagione 1961-62 – si legge su “La storia della Juventus” di Perucca, Romeo e Colombero –finita con la Juventus al dodicesimo posto. Si impone un cambio tecnico: Boniperti va a Rio e convince (facilmente) l’allenatore del Vasco de Gama, che era già stato al Botafogo, a venire a Torino.
Paulo Amaral, fisico da marine, uno sfregio in viso che ne accentuava l’aspetto da duro (mai ha voluto raccontare il perché di quella cicatrice), una moglie esuberante (la signora Florinda) che si piccava di sapere di football, portava un «credo» che sorprendeva chi pensava al Brasile come a una terra calcistica di giocolieri e fantasisti. Amaral parlava invece di lavoro, di impiego, di professionalità e di abnegazione. E lavorava anche lui sul campo. Per seguire meglio certi esercizi dei suoi, saliva con balzi da gatto sulla porta, per sedersi sull’incrocio dei pali. Al Botafogo aveva avuto in cura campioni quali Garrincha e Nilton Santos, Zagalo e Didì, ma aveva anche preparato i pugili dilettanti del club.
I bianconeri imparavano presto a faticare, con Amaral. E la Juve finì il campionato ‘62-63 al secondo posto, e, pure se il distacco dall’Inter campione era sensibile, il passo avanti rispetto al recente passato era da applausi, per allenatore e giocatori. Naturalmente, dopo il secondo posto l’ambiente chiedeva la vittoria. Ma la stagione ‘63-64 non rispettava le attese. Amaral il duro aveva incomprensioni con alcuni atleti, soprattutto con quelli che non amavano il suo tipo di preparazione. Quando alcuni giornalisti cominciarono a chiamarlo «il ginnasiarca» in senso ironico, si capì che Amaral non sarebbe durato molto. L’uomo di Rio non finì neppure il campionato. Gli subentrò Eraldo Monzeglio che riscaldò la panchina per Heriberto Herrera, mentre la squadra finiva il campionato al quarto posto alla pari con la Fiorentina.
Il distacco dalla Juve fu brusco. Vittorio Pozzo, su «La Stampa» diede al partente Amaral un saluto che valse da riconoscimento alle qualità di un uomo, e di un tecnico, magari difficile da capire, ma di sicuro valore: «Saluto in Amaral una persona seria, una persona a modo. Faceva quello che riteneva fosse suo dovere di fare, con grande impegno, con un senso di onestà profondo, con uno spirito che aveva in sé qualche cosa di religioso quasi. Io non andavo d’accordo con qualcuno dei principi tecnici che egli professava. Il che non vuole dire proprio nulla. Nel giuoco del calcio, ogni linea direttiva ed ogni particolare rappresenta una materia opinabile. Lui aveva le sue idee, ed io avevo le mie, ma io rispettavo ed ammiravo l’uomo che, nella applicazione delle sue, metteva tanta abnegazione e tanta dirittura. Era venuto in Italia con certe teorie piantate fisse, come dei chiodi nel cranio. Non sapeva che, nel paese nostro, molte cose sono cambiate in questi ultimi anni, anche e specialmente nel giuoco della palla rotonda. In tema organizzativo, non poteva soffrire, per esempio, che subito dopo di un incontro i giornalisti invadessero gli spogliatoi e volessero che tutto quello che stava nell’animo e nel cervello dell’allenatore e dei giocatori si riversasse sulle cartelle che essi dovevano scrivere. In parte, anche in gran parte, io avendo vissuto a lungo nei panni suoi, aderivo a questi suoi principi. Quante volte mi ero trovato, dopo di una partita perduta, a dire ai giocatori: ‘Ragazzi, non ne parliamo più, per oggi, non diciamo parole che domani dovremo forse dichiararci pentiti di aver detto. Ne riparleremo domani, fra di noi soli’. Quante situazioni delicate nascono, durante un incontro movimentato, che hanno bisogno di riservatezza assoluta perché non degenerino in crisi di squadra o di società. Ora il silenzio viene definito come un impedimento al lavoro da parte di certuni. Il silenzio fa dei nemici! Certi atteggiamenti e certe sfumature a parte, una piccola solidarietà intima, io la sentivo per queste linee direttive. Nell’accettare senza discussioni l’ordine che lo destituiva dalla carica, Amaral ha dato prova di una serenità e di una correttezza, che ha meravigliato tante persone che il Brasile ed i suoi abitanti conoscono soltanto superficialmente. Ha accettato, non ha recriminato. È uscito anzi in una frase che riflette la situazione: ‘Noi allenatori, dobbiamo sempre aspettarcele, certe decisioni’. Proprio così. Ed a me viene in mente Quante volte nell’accomiatarmi dai giocatori che avevano diviso con me soddisfazioni e fatiche, dicevo loro: ‘Ragazzi, non lasciatevi attrarre dal miraggio di diventare un giorno allenatori d’una squadra. È la peggiore delle professioni, perché ognuno si crederà allora in diritto di comandarvi. Cercatevi un mestiere borghese, mentre siete in tempo’. La situazione di Amaral era un po’ che maturava. Ora egli se ne va, perché certi problemi devono essere risolti. Ma vorrei che, andandosene, sappia che qualcuno che lo ha seguito da lontano, anche non sempre approvandolo, lo apprezza e lo stima. Era un uomo che camminava diritto. Vorrei fare mie le parole di un suo giocatore, Castano, che disse: ‘Una persona onesta come Amaral non la conoscerò mai più’».


VLADIMIRO CAMINITI
Con la specchiante vigoria del suo fisico faceva la ginnastica lui per i giocatori al campo «Combi», tra risatine e motteggi dell’arruffato sonnolento nume Sivori (che non si divertiva essendosi già divertito troppo). Amaral schierò la difesa con due stopper centrali, predicando la strategia del Brasile, gioco per l’attacco e non viceversa. Ebbe il merito di insegnare lavoro ai nostri divi in poltrona, i quali dicevano: sì mister, bene mister, ma se ne fregavano. Il gioco della squadra era difficile, come la vita di don Paulo angustiato dalla moglie nostalgica. Così fu sostituito da un allenatore passatista che telefonava a casa di Sivori e s’informava con prudenza: oggi, signor Sivori, con questa bell’arietta, viene a fare una corsettina al campo «Combi»? Al cancello del «Combi» un mattino fu appeso un cartello: chiuso per restauri.

 

https://ilpalloneracconta.blogspot.com/2011/03/paulo-amaral.html

 

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