Vai al contenuto
Accedi per seguire   
Socrates

Harry Goodley - Calciatore e Allenatore

Recommended Posts

Joined: 04-Apr-2006
130805 messaggi
Inviato (modificato)
Harry Goodley: The Forgotten Pioneer of Italian Football – Calcio England
Modificato da Socrates

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 04-Apr-2006
130805 messaggi
img_9528-1.jpg?w=1140
Modificato da Socrates

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 04-Apr-2006
130805 messaggi

1625823933_juve1905.png.954c6a631158f8b30ddfe9f145edb846.png HARRY GOODLEY

 

Harry Goodley: The Forgotten Pioneer of Italian Football – Calcio England

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Harry_Goodley

 

 

Nazione: Inghilterra  
Luogo di nascita: Nottingham
Data di nascita: 30.03.1878

Luogo di morte: Nottingham

Data di morte: 07.01.1951
Ruolo: Attaccante e Allenatore
Altezza: -
Peso: -
Soprannome: Henry

 

 

Alla Juventus dal 1904 al 1908

 

0 presenze - 0 reti

 

 

Harry Goodley (Nottingham, 30 marzo 1878  Nottingham, 7 gennaio 1951) è stato un calciatore, arbitro di calcio, allenatore di calcio, giornalista sportivo inglese, noto anche come Henry.

 

 

Harry Goodley
Harry Goodley.jpg
     
Nazionalità   Inghilterra
Calcio Football pictogram.svg
Ruolo Centravanti
Termine carriera 1905 - giocatore
1913 - allenatore
Carriera
Squadre di club
????   Basford Wanderers ? (?)
????   Notts Rangers ? (?)
1905   Juventus 0 (0)
Carriera da allenatore
1907-1908   Juventus  
1912   Italia Com. tecnica
1912-1913   Italia Com. tecnica

 

Biografia

Nato a Nottingham, in Inghilterra, figlio di un ingegnere meccanico per l'industria del merletto, seguì le orme del padre e si impiegò nella Birkin, la quale esportava in tutto il mondo i propri prodotti. Nel 1903 accettò di trasferirsi in Italia per impiegarsi nell'industria tessile di Alfred Dick, il quale nel 1905 diventò presidente della Juventus. Si racconta che Goodley fu il messo che portò la prima partita di maglie bianconere per la Juventus, richiesta da Gordon Thomas Savage, proprio nel suo viaggio di trasferimento a Torino da Nottingham. A Torino si sposò con una italiana, Erina Parigi, che si trasferì in Inghilterra con lui e i tre figli quando Goodley decise di tornare in patria. Nel 1914 partì per il fronte delle Fiandre con la British Expeditionary Force. Nel 1930 tornò per una visita a Torino, dove gli fu consegnato dai compagni nella Juventus un orologio come ringraziamento per i servigi forniti al gruppo.

Calciatore

In patria giocò per due piccoli club del Nottinghamshire: il Basford Wanderers ed il Notts Rangers. Trasferitosi in Italia, quando il proprio datore di lavoro diventò presidente della Juventus lo introdusse nel club, proprio a ragione della esperienza maturata in patria nel pallone. Disputò un solo incontro amichevole, poi si dedicò all'organizzazione del club. Quando Dick lasciò la Juventus, Goodley rimase ancora per diversi anni nel sodalizio ormai bianconero.

Arbitro

Divenne uno degli arbitri della società torinese in virtù della propria conoscenza del regolamento del gioco di calcio, dato che all'epoca gli arbitri erano stipendiati direttamente dai club, divenendo uno dei più apprezzati, tanto da venire scelto come l'arbitro del primo incontro della nazionale di calcio italiana. Nel campionato italiano diresse tra l'altro le finali della Prima Categoria 1909. Goodley fu un fervente propugnatore dei tornei internazionali e in tal senso convinse la Federazione di allora ad organizzare il Sir Thomas Lipton Trophy.

Allenatore

Dal 1907 al 1908 fu alla guida della Juventus, vincendo il Campionato Federale di Prima Categoria 1908. Nel 1912 entra nella commissione tecnica della nazionale di calcio italiana, poiché all'epoca erano gli arbitri a svolgere il ruolo di selezionatori per la Nazionale, rimanendovi anche l'anno successivo.

Giornalista

Diviene anche uno dei primi giornalisti sportivi, riuscendo a far dare più spazio al calcio nella giornalaccio rosa del Popolo, che all'epoca si occupava prevalentemente di ciclismo ed atletica, come tutti i giornali italiani.

 

Modificato da Socrates

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti
Joined: 04-Apr-2006
130805 messaggi

1517162777_juve1905.png.8e3d658eb28c20e8620b570eb05a042a.png HARRY GOODLEY

 

goodley.jpg

 

 

 

1903, la Juventus veste per la prima volta il bianconero, i colori delle divise fatte venire da Nottingham. Alfred Dick, industriale svizzero nel ramo tessile, diventa presidente e immette nella squadra i suoi dipendenti stranieri che già hanno maggiore famigliarità con la sfera di cuoio. Tra questi, l’inglese Goodley, che con il connazionale Savage insegna football agli ex ginnasiali juventini in Piazza d’Armi e gioca alcune partite nella prima stagione importante della storia juventina: quella che porta la squadra alla finale con il Genoa, persa (a Genova) per 3-0.

MARIO PENNACCHIA, DA “GLI AGNELLI E LA JUVENTUS”
Sono passati 33 anni da quando, su una panchina di Corso Re Umberto, alcuni studenti del liceo-ginnasio D’Azeglio hanno dato vita alla Juventus. La radice del club nasce al Valentino, dove Luigi di Savoia, Duca degli Abruzzi (avendolo scoperto attraversando gli Stati Uniti di ritorno dalla scalata dei 5.514 metri del Sant’Elia in Alaska) ha introdotto alla fine dell’ottocento questo nuovo gioco che si chiama football nel gruppo degli amici, fra i quali Enrico Canfari, primo presidente juventino, suo fratello Eugenio, Malvano, Hess e gli altri fondatori del club bianconero.
Del football è maestra la Gran Bretagna e a Torino di inglesi, scozzesi, irlandesi c’è discreta rappresentanza nel ramo del commercio. Perciò, trovare qualche Mister fra i giovanotti della prima Juventus non costituisce motivo di meraviglia. Anzi, sono accolti e circondati da premure e attenzioni che non potrebbero spiegare meglio l’ansia di apprendere o di perfezionarsi che anima questa brigata di adolescenti torinesi.
In particolare due sudditi di sua maestà la Regina Vittoria conquistano non solo la stima, ma presto anche l’affetto degli juventini: John Savage e Henry Goodley. Sono essi che ordinano a Nottingham, loro città di origine, le prime maglie che con ingenuo disappunto gli juventini scoprono bianconere a strisce (all’origine indossavano addirittura camicie rosa con cravatta nera!); sono essi che ammaestrano di giorno in giorno nelle regole e nella tecnica gli impazienti allievi; sono ancora essi che dirigono anche le partite ufficiali nei primi anni del XX secolo, quando ogni società all’atto dell’iscrizione al campionato deve presentare uno o più soci-arbitri e aggiungerli all’elenco dei soci-giocatori.
Mister Goodley conosce il regolamento del football alla perfezione ed è un gentiluomo, dunque non si potrebbe sperare di meglio. E quando è chiamato ad arbitrare all’Arena di Milano, il 15 maggio 1910, la prima storica partita della Nazionale italiana (Francia travolta per 6-2), è comprensibile che tale scelta sia interpretata dai dirigenti e soci della Juventus come un onore.
Henry Goodley si conferma così in gamba che ancora a lui si ricorre quando l’Italia replica con l’Ungheria, sempre all’Arena milanese, il giorno della Befana 1911. I magiari vincono per 1-0, ma alla fine della partita per Goodley ci sono soltanto ringraziamenti anche da parte degli sconfitti.
È proprio un gentleman, gli juventini lo sanno bene e quindi non si sorprendono quando Mister Henry è invitato ad arbitrare, sempre a Milano, il 7 maggio 1911 contro la Svizzera, anche la terza partita interna che la nostra Nazionale conclude con un pareggio, 2-2.
Tre partite interne, le prime tre della storia azzurra, una vittoria, una sconfitta e un pareggio: anche questi risultati sembrano voler sancire l’imparzialità di Mister Goodley che ha tuttavia un solo rammarico: non aver potuto arbitrare la Nazionale nella sua città di adozione, Torino.
Ma questa gioia (che l’austero inglese tuttavia riesce benissimo a mimetizzare con la sua innata impassibilità) gli viene concessa il 10 maggio 1913, quando sul campo torinese di Piazza d’Armi l’Italia ospita il Belgio. Segna un vercellese, Ara, l’unico goal ed è del resto più che logico dal momento che, fatta eccezione per il doriano Fresia, i vercellesi in campo sono dieci!
Quando Goodley sanziona la fine della partita, gli juventini sono i primi a corrergli incontro per rallegrarsi con lui, ma Mister Henry ha un modo a dir poco strano di ringraziarli: «Sono contento – li gela – di aver concluso in questo modo la mia permanenza a Torino. Ora posso tornare soddisfatto nella mia patria».
I bianconeri restano di sasso. Poi cercano nell’incredulità l’ultimo disperato rifugio. Che Mister Henry abbia voluto sfoderare un altro esempio del suo humour? Ma non è così: Goodley lascia sul serio Torino e l’Italia, se ne torna a casa, forse anche perché il cielo politico d’Europa tende sempre più a caricarsi di nuvole minacciose.
Con Umberto Malvano in testa, i soci della Juventus decidono allora di donare al grande amico e benefattore un ricordo tangibile della loro riconoscenza e del suo soggiorno a Torino. Si pensa a un orologio d’oro. Ma occorrono molti soldi. Ed ecco l’idea: aprire una sottoscrizione di 25 centesimi a persona che in definitiva corrisponde alla rinuncia a comperare per una volta il giornale. Alla “giornalaccio rosa del Popolo” vengono a sapere di questa iniziativa, l’apprezzano, si dicono pronti a patrocinarla.
Lo schivo Henry Goodley parte così alla svelta che i suoi grati e affezionati allievi juventini non fanno purtroppo in tempo a consegnargli l’orologio d’oro. «E ora che l’abbiamo acquistato – si chiedono – che ne facciamo?».
«L’orologio non si tocca, oramai è di Mister Henry»: su questo sono tutti d’accordo. E allora cominciano a scrivere agli indirizzi inglesi di Goodley, dei parenti di Goodley, degli amici di Goodley. Ma passano giorni, mesi, anni, l’Europa precipita nella Grande Guerra e di Henry Goodley si perde ogni traccia.
Delusi, amareggiati, gli juventini tuttavia non sono nemmeno sfiorati dalla tentazione di disfarsi dell’orologio. Piemontesi incrollabili, decidono di aspettare che finisca la guerra per riprendere le ricerche dell’indimenticabile Goodley. E così puntualmente fanno, sino al doloroso giorno in cui nella sede del club arriva una funesta notizia: «Goodley è caduto sul fronte francese».
Gli juventini sono oramai affascinati da quest’orologio d’oro, per loro è di Henry Goodley e basta. E perciò ci attaccano un’etichetta con sei parole: «Destinato a Mister Goodley, forse morto». Quindi si recano dagli amici giornalisti che hanno patrocinato la sottoscrizione e l’affidano alla loro custodia. Così, l’orologio acquistato nel 1913, finisce qualche anno dopo in fondo ad un cassetto nella redazione della “giornalaccio rosa del Popolo”. Torinesi tutti di un pezzo: o di Goodley o di nessuno.
La Juve di Edoardo Agnelli ha appena accolto lo scanzonato Cesarini, in quest’apertura del 1930, quando alla sede si presenta un giorno un distinto e attempato signore. Dice di chiamarsi Henry Goodley e per quanto il suo italiano sia ottimo, pure si capisce benissimo che a parlarlo è uno straniero: «Goodley?» «Proprio Henry Goodley?» «È tornato Mister Goodley!» «È tornato il nostro Henry!».
Così, saltando dal bisillabo pronunciato con tono stupito al nome e cognome scandito con crescente, affettuosa intensità; scuotendosi dall’interrogativo all’affermativo e all’esclamativo, gli juventini si passano la voce e in un baleno tutta la città sa che è tornato Goodley. Alla Juventus fioccano chiamate, alla “giornalaccio rosa del Popolo” si scatena una bagarre. La sede si affolla. Gli abbracci si sprecano. I ricordi vengono su tra un bicchierino di vermouth, un pasticcino e una lacrima che scivola piena di pudore.
Goodley rivela una vicenda che sarebbe piaciuta a Giulio Verne o a Emilio Salgari: è finito nientemeno che in Russia, sperduto, travolto da una rivoluzione. Gli ci sono voluti parecchi anni prima di poter tornare nella sua Inghilterra. «Ma come vedete – si lascia scappare, riuscendo tuttavia a confermare il suo tante volte ammirato self control – non vi ho dimenticati».
Gli juventini stanno ad ascoltare ancora tutti emozionati, quando un grido si leva all’improvviso in mezzo a loro: «L’orologio!».
Sono passati 17 anni da quando fu acquistato, chissà che fine avrà fatto! Ma qualcuno, testardo, vola ugualmente nella sede della “giornalaccio rosa del Popolo”, fruga eccitato nei cassetti ed eccolo lì, sempre lì, l’orologio d’oro con la sua etichetta: «Destinato a Mister Goodley, forse morto».
Anche gli inglesi scoprono questa Juventus che Edoardo Agnelli sta portando al rango di un club sovrano e a quelli che già la conoscevano si rivela il carattere dei piemontesi: Il giornale “Observer” di Londra, infatti, non si fa sfuggire la vicenda e accende la curiosità di milioni di flemmatici sudditi di Sua Maestà: «Mister Henry – così il famoso giornale conclude la corrispondenza da Torino – è riuscito a rimanere imperturbabile fino alla consegna del dono, ma poi si è commosso ed ha dichiarato: “Quest’orologio mi ricorda i giorni più belli della mia vita”».
«La vittoria è del forte che ha fede», è il motto che alla Juventus ha lasciato il poeta Corrado Corradino, presidente del club bianconero a cavallo della Grande Guerra. Chissà che non l’abbia ispirato proprio l’orologio di Goodley. O, più semplicemente, solo due di quelle sei parole scritte sull’etichetta: “Forse morto”».

 

https://ilpalloneracconta.blogspot.com/2011/06/goodley.html

Modificato da Socrates

Condividi questo messaggio


Link di questo messaggio
Condividi su altri siti

Crea un account o accedi per lasciare un commento

Devi essere un utente registrato per partecipare

Crea un account

Iscriviti per un nuovo account nella nostra community. È facile!

Registra un nuovo account

Accedi

Sei già registrato? Accedi qui.

Accedi Ora
Accedi per seguire   

  • Chi sta navigando   0 utenti

    Nessun utente registrato visualizza questa pagina.

×
×
  • Crea Nuovo...