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Socrates

Salvador Calvanese

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1446134470_juventus1931.jpg.177f16ffdbf8a055c80783d1b5adc592.jpg  SALVADOR CALVANESE  

 

Salvador Calvanese | Attaccante

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Salvatore_Calvanese

 

 

Nazione: Argentina Argentina
Luogo di nascita: Buenos Aires
Data di nascita: 17.08.1934

Luogo di morte: Buenos Aires

Data di morte: 05.11.2019
Ruolo: Attaccante
Altezza: 172 cm
Peso: 71 kg
Soprannome: Todo - Toto

 

 

Alla Juventus dal 1961 al 1962

Esordio: 12.05.1962 - Mitropa Cup - Juventus-Dinamo Zagabria 4-1

Ultima partita: 03.06.1962 - Mitropa Cup - Spartak Hradec-Juventus 2-0

 

4 presenze - 0 reti

 

 

 

Salvatore Calvanese, conosciuto comunemente come "Todo" e chiamato in Argentina Salvador "Toto" (Buenos Aires, 17 agosto 1934  Buenos Aires, 5 novembre 2019), è stato un calciatore e allenatore di calcio argentino, di ruolo attaccante.

 

Alto 172 cm per 71 kg di peso forma, ha disputato sette stagioni in patria, in Primera División, segnando un totale di 35 reti, e ha vinto l'unica edizione della Copa Suecia. In Italia ha giocato per sette stagioni in Serie A, con Genoa, Catania e Atalanta, vincendo una Coppa Italia.

È il quarto miglior marcatore del Catania in Serie A con 24 reti, al pari di Gionatha Spinesi. Fu definito un «artista della pelota» e Luigi Prestinenza, giornalista catanese autore di un libro sulla storia della squadra della sua città, lo ha definito «l'uomo di maggior classe schierato dal Catania di tutti i tempi» in attacco.

 

Con la società siciliana ha iniziato anche ad allenare, prima la Primavera e poi la prima squadra; tuttavia in Italia non si è affermato in questo ruolo e, infatti, la sua esperienza più importante e duratura è stata con il settore giovanile del Vélez Sarsfield. Con la società di Liniers è riuscito ad avviare al professionismo molti calciatori, alcuni dei quali giunti anche nei campionati europei.

 

Todo Calvanese
200px-Todo_Calvanese.jpg Calvanese con la maglia del Catania nel 1965-1966.
     
Nazionalità Argentina Argentina
Altezza 172 cm
Peso 71 kg
Calcio 25px-Football_pictogram.svg.png
Ruolo Allenatore (ex attaccante)
Termine carriera 1967 - giocatore
Carriera
Giovanili
    Ferro Carril Oeste
Squadre di club
1953-1957   Ferro Carril Oeste 59 (17)
1958-1959   Atlanta 41 (18)
1959-1960   Genoa 15 (0)
1960-1962   Catania 57 (13)
1962    Juventus 0 (0)
1962   Catania 3 (3)
1962-1964   Atalanta 37 (8)
1964-1967   Catania 63 (9)
Carriera da allenatore
1968-1971   Catania Vice/giov.
1972-1974   Siracusa  
1982-2019   Vélez Sarsfield Giovanili
2000   Vélez Sarsfield

 

Biografia

SCalvanese.JPG Calvanese con la maglia dell'Atalanta

«Era un grande amico, mi è dispiaciuto tantissimo che sia partito per l’Argentina: lui doveva rimanere qua. Poteva realizzarsi meglio come calciatore, qui era a casa sua: ognuno nella sua vita fa sempre un errore indelebile, il suo è stato quello di lasciare Catania»

(Giorgio Michelotti)

Nacque e crebbe a Buenos Aires da genitori italiani emigrati. Il padre, Giovanni, arrivò povero in Sud America ma lavorò nelle condutture d'acqua, fece fortuna ed ebbe in totale cinque figli. Salvador a 23 anni si sposò e rimase in Argentina fino a 25, quando si trasferì oltre oceano chiamato dal Genoa, in quanto oriundo. Si stabilì in Italia per circa quindici anni e visse prevalentemente a Catania, città a cui rimase fortemente legato a livello affettivo e dove aprì un negozio di articoli sportivi. In Sicilia rimase anche dopo il ritiro, malgrado inizialmente intendesse tornare in Argentina.

Ebbe tre figli dalla moglie Silvia: Giorgio, nato a Catania; Adriana, che giocò a calcio come ala destra nel CCF Catania, squadra di Interregionale, disputando qualche partita; e Daniele. Fu grande amico di Adelmo Prenna, che lo aiutò a trovar casa in Sicilia e a cui rimase legato per tutta la vita.

Aveva una personalità focosa e irruente, pur rimanendo umile. Dopo il periodo a Siracusa, rimase tanto deluso dalle sue vicissitudini calcistiche che decise di tornare in patria, dove effettivamente si trasferì alla fine dell'estate 1974. Si stabilì quindi a Buenos Aires, dove inizialmente non riprese con il calcio, decidendo di lavorare con i fratelli nell'allevamento dei vitelli. Successivamente al suo ingresso nel Vélez, continuò a lavorare al di fuori dello sport come direttore in un cantiere in un quartiere popolare della capitale argentina.

Visitò nuovamente Catania nell'aprile 1991, per partecipare a una gara tra vecchie glorie nell'ambito di una raccolta fondi per un'associazione di ricerca contro il cancro; segnò anche una rete.

Caratteristiche tecniche

Giocatore

Era un centravanti (adattabile anche all'ala sinistra o come mezzala) guizzante, di manovra, ma non molto prolifico e senza scatto in velocità. Espresse al meglio le sue qualità nell'esperienza al Catania, dove lasciò un segno importante nella storia del club: è il quarto miglior marcatore in Serie A con 24 reti, al pari di Spinesi. La stampa locale lo apprezzava particolarmente e in particolare Carmelo Gennaro e Luigi Prestinenza, autori del volume storico "Dal fondo al traversone", lo definirono rispettivamente un «artista della pelota» e «l'uomo di maggior classe schierato dal Catania di tutti i tempi» in attacco.

Gli si riconoscevano abilità tecniche e bravura nei passaggi e nell'organizzazione del gioco, così come potenza nello sfondamento della difesa avversaria. Non si trovava bene sui terreni pesanti e aveva bisogno di un compagno di reparto con cui dialogare. Era conosciuto anche per la sua intelligenza in campo. Era alto 172 centimetri per 71 chilogrammi di peso forma.

Allenatore

La sua prima esperienza fu con le giovanili del Catania: il gioco della formazione Primavera era pratico, con inventiva e spunti tecnici, basato sui passaggi di prima e smarcamenti improvvisi. Al momento di prendere in carico i titolari della società siciliana, Calvanese dichiarò di prediligere il gioco veloce, indicando questa qualità come componente essenziale del bel gioco d'attacco. Si ispirava ad Adolfo Mogilevsky, suo allenatore ai tempi del Ferro Carril, che vedeva come un uomo a tutto tondo; pertanto, disse che un allenatore doveva essere come «lo stregone».

A Siracusa, potendo contare solo su una punta di ruolo, improntò una squadra basata sul movimento incessante e la manovra fluida. Sulle sue qualità come allenatore, Roberto Sanagua ha dichiarato che «non ci fu un altro uguale a Toto Calvanese. Mi insegnò cose che avrei utilizzato io come allenatore fino ad oggi, si continuano a usare concetti che mi ha trasmesso. Ciò significa che era un precursore nell'insegnamento del calcio».

220px-Salvador_Calvanese_%28Genoa%29.jpeg Salvador Calvanese con la maglia del Genoa

Carriera

Giocatore

In Argentina

Si formò calcisticamente nel Ferro Carril Oeste, club che militava nella massima divisione argentina. Lasciò il club verdebianco nel 1957 per approdare all'Atlanta. Con Los Bohemios rimase un biennio e fece parte della squadra che nel 1960 avrebbe vinto la Copa Suecia, rendendosi protagonista di cinque reti nelle dieci gare disputate tra il 1958 e il 1959; notevole fu la tripletta segnata all'Independiente il 27 aprile 1958. Calvanese timbrò due reti nelle due partite più importanti del campionato 1958, nei 3-0 contro il San Lorenzo e River Plate. Con il club di Buenos Aires si concluse l'esperienza argentina di Calvanese da calciatore, poiché nel 1959 fu acquistato dal Genoa.

Al Genoa e al Catania

Giunto in Italia, per il suo acquisto fu ceduto Roberto Leopardi. Esordì in Serie A nel 1959-60 con i grifoni il 20 settembre 1959 nella sconfitta per 1-0 contro la Roma e fu impiegato prevalentemente come mezzala (o anche nel suo ruolo naturale, centravanti); tuttavia non trovò mai l'intesa con Julio Abbadie e non rese quanto ci si aspettava da lui, chiudendo la stagione senza reti in campionato. Si sparsero anche voci di referti medici contro di lui per non farlo giocare in quanto il suo cartellino era di proprietà del presidente Fausto Gadolla, destinato ad essere sostituito. In ogni caso, fu un innesto fallimentare e le sue uniche reti valsero il terzo posto nella Coppa Italia 1958-1959. Addirittura si racconta di uno striscione a lui rivolto, comparso in una curva dello stadio Marassi: «Gaúcho, torna nelle Pampas!».

L'avventura in rossoblu terminò nell'estate 1960 con il passaggio al Catania; si disse che fu così svalutato da essere ceduto «per un piatto di lenticchie», cioè circa 15 milioni di lire. Il trasferimento maturò grazie all'incontro tra Giulio Cappelli (inviato dal dirigente etneo Michele Giuffrida) e Antonio Busini (ds dei genoani). Arrivò in prova fino a dicembre, presentato dal commissario unico Ignazio Marcoccio come un ripiego, e non convinse nemmeno nel precampionato. Riuscì a far cambiare idea a dirigenza e tifoseria con un alto rendimento in campionato, in cui segnò nove reti. La prima fu un tiro al volo dopo un cross segnato contro il Vicenza e fu il gol che Calvanese stesso ricordò come il suo più bello. Fu suo il gol dello 0-1 in casa dell'Udinese che valse la seconda delle tre vittorie fuori casa nel girone d'andata, al termine del quale la formazione rossazzurra era a ridosso delle prime in classifica, prima di un fisiologico calo nella fase calante del torneo.

220px-Gol_Calvanese_Catania-Inter_1961.JPG Il gol di Calvanese nella partita Catania - Inter del 4 giugno 1961

Un'altra di queste marcature fu realizzata contro l'Inter. Calvanese fu infatti tra i protagonisti di un incontro rimasto nell'immaginario calcistico italiano, nel quale segnò il primo gol in Catania-Inter 2-0 del 4 giugno 1961, quando si ritiene che il radiocronista Sandro Ciotti abbia gridato in radio il celeberrimo «Clamoroso al Cibali!». Per festeggiare, andò a palleggiare davanti alla panchina interista dopo il primo gol e si racconta inoltre di un suo torello insieme a Biagini e Ferretti a discapito di Facchetti.

Lo richiese dunque la Fiorentina, ma la dirigenza etnea lo trattenne e lui stesso si prodigò (invano) per cercare un partner d'attacco in patria. Giocò la prima partita di campionato, dopo aver avuto problemi di salute, proprio contro i viola alla settima giornata: segnò il terzo gol dopo che negli spogliatoi Prenna gli ebbe dato due schiaffi. In primavera, si trasferì per un prestito provvisorio alla Juventus per disputare la Mitropa Cup. La sua annata al Catania fu meno brillante della prima, tant'è che finì con alcuni compagni in mezzo a una querelle estiva sull'entità dei rinnovi contrattuali.

Il passaggio all'Atalanta

La stagione 1962-1963 iniziò comunque nel migliore dei modi e Calvanese dopo due giornate era capocannoniere con tre reti; dichiarò anche di essere disposto a rinunciare a un mese di stipendio se avesse segnato all'Inter. Non ci riuscì, e in seguito, a novembre del 1962, fu acquistato dall'Atalanta per 70 milioni di lire (anche se lo stesso Calvanese, anni dopo, affermò che furono pagati 115 milioni). Fu un trasferimento voluto dalla società, che aveva bisogno di far cassa, e che il giocatore accettò a malincuore. Con la formazione bergamasca disputò 37 partite nella massima serie nelle quali, grazie al suo fare da sponda ai compagni, permise l'affermazione di Dino da Costa e l'esplosione del giovane Angelo Domenghini. In neroazzurro vinse la Coppa Italia 1962-1963, primo trofeo della società, e giocò anche in Coppa delle Alpi: segnò una doppietta contro il Bienne e un gol contro il Servette, per poi scendere in campo per la finale persa contro la Juventus. Quando arrivò il momento di tornare allo stadio Cibali da ex, tuttavia, chiese al suo allenatore di non essere schierato perché psicologicamente sarebbe stato difficile giocare contro gli ex compagni di squadra e la sua ex tifoseria. Tra gennaio e febbraio 1963, attraversò un pessimo stato di forma che lo spinse addirittura a dichiarare alla stampa di volersi ritirare.

L'anno successivo con i bergamaschi disputò la Coppa delle Coppe 1963-1964; nell'incontro di ritorno del primo turno contro lo Sporting Lisbona finì in porta per sostituire l'infortunato portiere neroazzurro Pier Luigi Pizzaballa, poiché all'epoca non erano previste sostituzioni. L'incontro si concluse con la sconfitta della Dea per 3-1. In totale, disputò tre partite segnando una rete in Coppa. Complessivamente, l'esperienza non fu all'altezza delle aspettative e dei soldi spesi per l'Atalanta; Calvanese inoltre non si integrò mai completamente nell'ambiente bergamasco, a suo dire troppo formale e distante da quello di Catania e pertanto spinse per poter ritornare in Sicilia quanto prima.

Gli ultimi anni a Catania

«Dedico la vittoria a Di Bella, l’unica persona che mi ha dato fiducia.»

(Salvador Calvanese il 7 marzo 1965, dopo Catania-Roma 4-0)

Dopo il tentativo di riportarlo al Catania per la Coppa dell'Amicizia 1963, nel 1964 Calvanese tornò in Sicilia. Giocò spesso adattato all'ala dal suo allenatore, Carmelo Di Bella, e fu protagonista nelle vittorie per 4-0 contro Roma e Bologna. Il Catania lo difese presentando un reclamo quando fu squalificato per due giornate dopo la partita d'andata contro la Roma, in cui fu autore di un fallo di reazione.

A quest'ottima stagione, ne seguì una molto meno esaltante; le premesse erano buone, lo stesso Calvanese pronosticava una squadra da decimo posto finale. Ma nel 1965-1966 Calvanese segnò solo una rete, nella vittoria per 2-1 contro il Cagliari e la squadra retrocesse in Serie B. Rientrò in squadra dopo la quinta giornata del campionato 1966-1967 solo perché glielo chiese l'allenatore Dino Ballacci, per aiutarla a riprendere quota in classifica. Rimase tuttavia ai margini della formazione titolare e decise comunque di rimanere, malgrado un'offerta ricevuta dal campionato statunitense. A fine anno chiuse la sua carriera da giocatore.

Continuò poi a partecipare a manifestazioni benefiche, come scendendo in campo per la Coppa Ogninese del 1971 e per le partite delle "Vecchie Glorie" nel 1972 e nel 1991.

220px-Calvanese_allenatore.jpeg Todo Calvanese nel periodo in cui si occupò della prima squadra del Catania

Allenatore

Dopo il ritiro diventò allenatore: dal 1968-1969 guidò la Primavera del Catania, con Renato Zaccarelli e Guido Biondi in squadra; fu anche vice in Serie A. Nel 1971-1972 fu scelto come tecnico per la prima squadra; tuttavia, Calvanese possedeva solo il patentino di allenatore di seconda categoria, non sufficiente per la Serie B, e dovette seguire le prime partite del campionato dal sottopassaggio per gli spogliatoi e non dalla panchina. Questa situazione creò una forte tensione con il presidente Angelo Massimino, che il 15 ottobre 1971, alle due di notte, ingaggiò con una decisione singolare Carmelo Di Bella al suo posto. Calvanese concluse così con sole quattro partite dirette in panchina (in Coppa Italia, una vittoria, un pareggio e due sconfitte) e tre partite di campionato in cui al suo posto andò con la squadra Luigi Valsecchi, ufficialmente primo allenatore (una vittoria, un pareggio e una sconfitta). A posteriori, il suo allontanamento fu visto come un tradimento nei suoi confronti.

«È chiaro che se avessi saputo di non andare in panchina, non mi sarei neanche sognato di guidare il Catania, una squadra cui voglio sinceramente bene. Tutti i giocatori hanno bisogno del loro allenatore, lo so benissimo. Aggiungo onestamente che un vero tecnico deve seguire i suoi atleti per tutta la settimana, deve andare in panchina perché può esserci bisogno di correggere, aiutare, incitare, sostenere. Credete che non mi renda conto dei problemi del Catania?»

(Salvador Calvanese)

Dopo essere stato in trattative con il Paternò e la Leonzio, l'anno successivo andò al Siracusa; subentrò alla quarta giornata a Humberto Rosa, il 4 ottobre, risolvendo una difficile crisi tecnica. Esordì dopo tre sconfitte iniziali di fila con Rosa in panchina, e guidò i biancazzurri ad un nono posto nel campionato di Serie C, chiudendo con 15 vittorie. La stagione fu però un continuo sali-scendi, segnata da sei sconfitte di fila nella parte centrale del torneo che fecero sprofondare la squadra in zona retrocessione. Complessivamente, però, l'esperienza fu giudicata positiva dalla dirigenza, che decise di dare continuità al lavoro intrapreso dall'allenatore argentino confermandolo.

Nel ritiro precampionato, la squadra impressionò positivamente per il suo gioco, anche se Calvanese la presentò alla stampa con prudenza. Iniziò poi il campionato con nove risultati utili di fila (due vittorie e sette pareggi); la squadra era compatta e su di morale. Infine però la situazione precipitò, dopo due sconfitte di fila la crisi si consumò dopo l'11ª giornata. Il tecnico presentò le sue dimissioni irrevocabili, dopo aver rischiato di venire alle mani con un giocatore e aver capito che la squadra gli era sfuggita di mano. Fu poi sostituito da Gennaro Rambone.

Lo stesso Calvanese definì "amare" le due esperienze di allenamento. Furono condizionate dal suo parlar chiaro, dall'ipocrisia altrui e anche dalla politica sportiva.

(ES)

«Il "Toto" Calvanese è stato molto importante, una persona che vede bene il calcio, che ha sempre la parola giusta, che sa catturare i giocatori ed è stato molto bravo in quel momento della mia carriera.»

(IT)

«El "Toto" Calvanese fue alguien muy importante, una persona que ve muy bien el fútbol, siempre tiene la palabra justa, sabe captar jugadores y fue muy bueno en ese momento de mi carrera.»

(Héctor Almandoz)

Successivamente al suo rientro in patria, allenò dal 1982 alla morte le giovanili del Vélez Sarsfield, svezzando giocatori poi divenuti famosi come Lucas Castromán. Già nel 1993, nove dei suoi giovani erano passati in prima squadra. Lui stesso allenò la formazione maggiore come traghettatore, per una partita nella stagione 2000-2001.

Palmarès

220px-Atalanta_BC_-_Coppa_Italia_1962-63.JPG La formazione dell'Atalanta che vinse la Coppa Italia 1963. Il terzo accosciato da sinistra è Calvanese

Giocatore

Club

Competizioni nazionali
 

 

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1446134470_juventus1931.jpg.177f16ffdbf8a055c80783d1b5adc592.jpg  SALVADOR CALVANESE  

 

calvanese.jpg

 

 

SALVATORE LO PRESTI, DAL SUO LIBRO “TANGO BIANCONERO”
Salvador Calvanese è stato solo una meteora nella galassia juventina. Arrivato in prestito dal Catania, dove aveva disputato due ottime stagioni (segnando 13 gol in 57 partite), in modo da poterne valutare le qualità in vista di un possibile ingaggio. L’obbiettivo era quello di sostituire l’indisponibile Charles. Calvanese venne utilizzato in quattro delle sei partite giocate nell’ambito della fase eliminatoria della Mitropa Cup, cui la Juventus si era iscritta per far fare un po’ di esperienza internazionale ai suoi giovani giocatori. Con la Juve c’erano anche Atalanta, Fiorentina e Bologna.
La Juventus venne inserita in un girone con Dinamo Zagabria, i cecoslovacchi dello Spartak Hradec Králové e gli ungheresi del Ferencváros. Vincendo una volta con ciascuna delle tre avversarie e pareggiando la seconda partita con gli ungheresi la Juventus si piazzò al terzo posto e venne eliminata. La qualificazione fu appannaggio dei croati (allora più genericamente jugoslavi). Calvanese si fece apprezzare per dinamismo e volontà ma in un paio di occasioni, anche per via di terreni poco adatti alle sue qualità tecniche, non riuscì a fornire una prova adeguata del proprio valore. Sicché il prestito non ebbe seguito e venne restituito al Catania.
Nato Buenos Aires il 17 agosto 1934, Calvanese era cresciuto nel Ferrocarril Oeste con la cui maglia disputò quattro campionati (59 partite e 17 gol) prima di passare al C.A. Atlanta (41 partite e 18 gol in due campionati e con cui vinse la Copa Suecia di cui fu capocannoniere con 6 gol). Dall’Atlanta lo acquistò il Genoa: i proventi della sua cessione contribuirono a finanziare la costruzione del nuovo stadio Leon Kolbowski. All’ombra della Lanterna, tuttavia, Calvanese stentò a farsi largo (per tesserarlo era stato necessario cedere Leopardi, un idolo dei tifosi), e passò quindi nel 1960 al Catania. In maglia rossoazzurra in due stagioni disputò 57 partite andando a segno 13 volte. La sua seconda stagione catanese gli valse le attenzioni della Juve che, tuttavia, si risolsero nell’infruttuoso prestito per la disputa della Mitropa Cup in maglia bianconera.
Tornato al Catania, dopo un inizio in sordina a novembre fu ingaggiato dall’Atalanta. Anche a Bergamo si mise in evidenza come centravanti di manovra che segnava pochi gol ma si dimostrò un preziosissimo trampolino di lancio per Dino Da Costa e Angelo Domenghini. E contribuì alla conquista della Coppa Italia del 1963. Tornato nel 1964 al Catania, visse il triennio migliore della sua carriera italiana (63 partite e 9 gol in rossoazzurro), prima di appendere le scarpe al chiodo e iniziare la carriera di allenatore nelle giovanili del Catania. Il suo idillio con il presidente Massimino si ruppe quando questi gli chiese di allenare la prima squadra pur non avendo il patentino. Lo fece dietro le quinte per un mesetto ma poi cambiò aria, allenò per un breve periodo il Siracusa prima di rientrare in patria.
Totò (così lo battezzarono a Catania) Calvanese acquisì un momento di grande notorietà quando il 4 giugno 1961, al 70’ di un’infuocata Catania-Inter (2-0), segnò, dopo aver resistito a una carica di Facchetti, il secondo gol del Catania consegnando praticamente, e contro ogni pronostico, lo scudetto alla Juventus. Fu l’occasione in cui Sandro Ciotti gridò al microfono quel “Clamoroso al Cibali” diventato negli anni un’icona del linguaggio giornalistico-sportivo. Sulla paternità di Ciotti circolano parecchi dubbi: qualche altro collega ne rivendica la primogenitura. Nessuno è mai riuscito a fornire la prova: le registrazioni non esistono più. E non è neanche fondamentale a questo punto. Sandro Ciotti certamente ha dato a quella coloritissima immagine la grande notorietà.
L’italo-argentino Calvanese non sarà il solo giocatore che passerà per la Juventus giocando in coppa senza mai essere utilizzato in campionato. Capiterà allo svedese Roger Magnusson che nel 1967/68 giocò in bianconero 6 partite di Coppa dei Campioni (segnando 2 gol) senza mai esordire in Serie A. Non per suo demerito ma per la chiusura agli stranieri che la Federcalcio aveva decretato da un paio d’anni mentre l’UEFA non era altrettanto intransigente.
 

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