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K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
huskylover ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
Figc, il 22 consiglio federale Abete e tutti i nodi da sciogliere Fulvio Bianchi - SPY calcio - repubblica.it -16-06-2012 Giancarlo Abete ha convocato un consiglio federale per il 22 giugno: il giorno successivo, la Nazionale se finisse prima nel suo girone, giocherebbe un quarto di finale. Altrimenti, se finisse seconda, scenderebbe in campo il 24 giugno. L'altra ipotesi, l'eliminazione, sarebbe devastante: il bis dopo il flop dei Mondiali 2010 in Sudafrica. Il c. f. In giugno è obbligatorio per parlare di bilancio ma questa situazione può, e deve essere l'occasione, per mettere (o rimettere) mano su tanti problemi che rischiano di travolgere il nostro calcio. Una cosa è certa: Gianni Petrucci ha appena detto che l'uomo giusto per la Figc è sempre e ancora Abete, le elezioni saranno anticipate a fine anno, massimo gennaio 2013 (prima tocca alle Leghe), e quindi Abete ha poco tempo per cercare di avviare un piano di rilancio. C'è da dire, ad onore del vero, che uno statuto estremamente ingessato (e non certo voluto da lui) gli lascia scarsi margini di manovra e tutti i tentativi di modificarlo, con la buona volontà della commissione Tavecchio, sono miseramente naufragati. Ma ciò non toglie che sia arrivato il momento che Abete, sempre che voglia conservare quella carica in Figc che detiene dal 22 aprile 2007, alzi la voci, richiami tutti alle loro responsabilità, riavvia la macchina. Abete il 26 agosto fa 62 anni, è dirigente e imprenditore dai toni sempre estremamente moderati: ma ora deve mettere intorno ad un tavolo tutte le Leghe e le componenti, così vediamo chi sfugge e chi rema contro. I problemi da risolvere sono tanti. Troppi. Damiano Tommasi ha appena detto che la "Lega di A è assente, se non si rinnova il contratto dei calciatori c'è il rischio di un nuovo stop". Come lo scorso anno (28 agosto 2011), che il campionato partì in ritardo: su questo sia Petrucci che Abete erano stati già chiari, "non tollereremo più una cosa del genere". Siccome siamo a metà giugno, sarebbe il caso che iniziassero a trattare, no? Lo scorso anno Abete fece da mediatore: coi risultati che sappiamo. Ora Lega e Aic rischiano il commissariamento? Di sicuro, la Figc dovrà mettere mano anche alla giustizia sportiva: del processo-farsa non abbiamo ancora la sentenza, ma ora incombe il secondo (o terzo...), centinaia di audizioni, quando mai andranno in aula? La Figc non ha mai voluto chiarire: quando vanno consegnate all'Uefa le liste per le Coppe? Il processo potrebbe concludersi ad agosto: l'Inter il 2 agosto è già impegnata nei preliminari di Europa League, eventuali sanzioni Uefa su altri club coinvolti potrebbero essere prese a stagione già iniziata. Sai che caos. Abete, nei suoi blitz agli Europei, ha mai chiarito con Platini, di cui è uno dei vice, come sta esattamente la questione? Credo che i tifosi e i club abbiano diritto di sapere. Dopo la gaffe della volontà di intervenire a processo in corso, poi fortunatamente rientrata, un po' di chiarezza non guasterebbe. In futuro, la Procura federale va riformata: così non può farcela. Ci vogliono professionisti, o almeno rimborsi adeguati. Possibile che non si sappia ancora come è finita l'inchiesta di Genoa-Siena? Sono passati quasi due mesi da quello scandalo (22 aprile, Marassi) che ha gettato ombre sul nostro calcio. Per deliberare sul black out di Padova-Torino ci sono voluti cinque mesi: è normale? Lo chiedo ad Abete che aveva promesso celerità e trasparenza della giustizia sportiva. C'è voluto un anno per stabilire che il consiglio federale non era competente sullo scudetto 2006? E' normale? Stanno uscendo atti nuovi, o che erano stati nascosti, sullo spionaggio dell'Inter nei confronti di un arbitro (De Santis) e di un dirigente di un club avversario (Moggi): non si fidavano del mondo del calcio? Perché non sono andati alla procura della Repubblica? Calciopoli 2006 lascia ancora ombre inquietanti e quello scudetto 2006 davvero era meglio lasciarlo vacante. Resta poi la Lega di A. Latitante. Maurizio Beretta si è dimesso nel marzo 2011: in oltre un anno non sono riusciti a stabilire un nuovo sistema di governo, indispensabile per uscire dalla paralisi, tantomeno l'erede del mega-manager di UniCredit. Tanti sono sono "ballati": Carraro, Camiglieri, Carbonetti, Simonelli, Abodi, Paolillo, Albanese, eccetera. Per un motivo o per l'altro non stanno bene ai venti padri-padroni. -
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huskylover ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
LA STORIA Calciopoli, sei anni dopo Fatti e sentenze sull'era Moggi In libreria "Calciopoli, la vera storia", scritto dall'ex pm Giuseppe Narducci: un volume che mette un punto sul più grande scandalo del calcio italiano. Di parte (quella della pubblica accusa) ma difficilmente discutibile. Un esercizio di memoria utile che, ancora oggi, risulta sbalorditivo Corrado Zunino - repubblica.it -15-06-2012 Il libro "Calciopoli, la vera storia" (edizioni Alegre, da ieri in libreria) mette un punto e offre una memoria. Una memoria di parte - dalla parte della pubblica accusa, quella dell'ex pm Giuseppe Narducci - , ma difficilmente discutibile. Ci sono fatti e sentenze sull'era Moggi e la sua mefitica influenza sul calcio italiano. Il libro le ricorda e le esplicita. Luciano Moggi, e a scendere il mondo arbitral-dirigenziale che lo circondava e che da quell'amicizia guadagnava (prestigio e denaro), ha subito solo sconfitte dal momento in cui un giudice (penale, sportivo, civile, amministrativo) ha preso in mano le accuse contro il direttore generale della Juventus più vincente della storia del club. Moggi è stato condannato a Napoli, in primo grado, per associazione a delinquere ai fini della frode sportiva. E' stato condannato a Roma, in primo grado e in appello, per violenza privata (questione Gea, il figlio Alessandro). E' stato condannato nei due gradi della magistratura sportiva e non è riuscito a uscire con un compromesso salvifico dalla filiera degli accordi possibili con il Coni, le Conciliazioni, gli Arbitrati. Ancora, ha perso le querele per diffamazione presentate (in sede penale e civile) e sono stati respinti i ricorsi ai Tar firmati per lui dagli amici e dai sostenitori della Juventus. Per ora il giudice assolutorio Luciano Moggi non l'ha trovato eppure il fenomeno Calciopoli, il suo processo soprattutto, ha conosciuto un'ondata delegittimante senza precedenti, alimentata dal vento del web filo-juventino, potentissimo. Ecco, l'ex pm prestato al sindaco de Magistris, il procuratore antimafia Giuseppe Narducci che presto tornerà a fare il magistrato, a sei anni di distanza dal disvelamento dei fatti, a quasi otto dall'inizio dell'inchiesta - ottobre 2004, appunto - , ha deciso di richiamare opinione pubblica e tifosi (juventini compresi) ai fatti. Questo libro aiuta ad immergersi in un mare di fatti che con puntualità accusatoria e scarsa attenzione al retroscena l'autore ci offre. Qui basta la scena, srotolata per 269 pagine sentenze comprese, per capire che Calciopoli è stato il più grande scandalo del calcio italiano (siamo in attesa di comprendere il perimetro degli accadimenti del calcioscommesse contemporaneo). Lo è stato per alcuni motivi peculiari: i due più importanti dirigenti del calcio italiano a cavallo tra i Novanta e il Duemila (Luciano Moggi e Antonio Giraudo) allestirono un'organizzazione, poi definita in due separati giudizi "a delinquere", che inglobò e mise a servizio proprio e della Juventus i due storici designatori arbitrali, lo storico presidente dell'Associazione italiana arbitri, il vicepresidente della Federazione italiana giuoco calcio, diciassette fra arbitri e guardalinee (fra cui il Massimo De Santis destinato ai Mondiali 2006 e una giacchetta nera del livello di Gianluca Paparesta), l'intero blocco dirigenziale arbitrale e una ventina di club del calcio italiano, ora aiutati, ora puniti dai loro referenti (i più alti dirigenti di sei di questi club sono stati condannati nel processo di Napoli). L'altra ragione dell'inaudita gravità di Calciopoli sta nell'opera realizzata dall'organizzazione di alterare i risultati degli avversari e degli amici, frode per conto terzi. Leggere questo libro per chi ha seguito i fatti fin dall'inizio, anticipandoli con inchieste di giornale (vedi da pagina 176 a pagina 178), è un esercizio di memoria sano eppure sbalorditivo. Come se l'impellenza del momento (salvare il campionato successivo, decidere chi poteva andare a fare le coppe) non avesse fatto percepire nella sua contezza gli affari del designatore Pierluigi Pairetto, pur denunciati al telefono dal pari grado Bergamo: "Gigi risponde a tutti quelli dove ci sono grandi magazzini e lui ha bisogno di lavorare... Risponde alla Sampdoria, al Milan, all'Inter, al Verona, al Vicenza, al Palermo, ha interessi a Genova con l'amministrazione comunale". Quelle intercettazioni, formidabili, teatrali, ci hanno raccontato un intero mondo del calcio, ci hanno illustrato attori e comprimari. Come Danilo Di Tommaso, oggi potente capo ufficio stampa del Coni di Petrucci-Pagnozzi. Paolo Casarin racconta come, ritenendo il giornalista Di Tommaso, allora esperto di arbitri per Tuttosport, "la voce di Moggi", lo si doveva usare "per conoscere il pensiero di Moggi e non farsi sbranare da lui come è riuscito invece a fare il designatore Baldas". Rileggendo "Calciopoli" si riprende in mano il concetto - una certezza nel 2006 - che l'ex arbitro Nucini è stato un teste attendibile (raccontò di un viaggio bendato per la città di Torino, iniziazione al clan) e che persino mister Ancelotti, omertoso in aula, fosse convinto dell'impronta truffaldina della Triade: "A Siena contro il Milan il guardalinee Baglioni è stato mandato da Moggi". E' utile rileggere Calciopoli per ricordarsi che sì, è possibile truccare i sorteggi di inizio stagione nei campionati di quelle stagioni, anche se tre giornalisti sportivi non si accorsero di niente: ci sono comunque due testimoni a raccontare i trucchi lontani dal notaio, le palline corrose e riconoscibili. E poi si ritocca con mano la violenza intimidatoria nei confronti del comunque vile Paparesta, si rivedono gli atti sulle 45 schede telefoniche con 324 ricariche del Lichtenstein, e le ricariche svizzere, quelle slovene. Dovevano essere intestate a nessuno, "le prendi solo se non sono rintracciabili", ordinava Moggi ai tirapiedi. Ancora le parole in gergo e i soprannomi da malavita, l'"Atalanta", il "numero uno". "Poi ti richiamo di là", e spariva l'intercettazione. I telefonini regalati avevano solo i nomi della gang in rubrica. E, si ricordano nel libro, i doppi giochi della zarina Maria Grazia Fazi e quelli di Massimo De Santis che inizia ad arbitrare onestamente quando si accorge di essere sotto inchiesta. Ancora, i 14 incontri segreti dei più alti dirigenti italiani del calcio, le ammonizioni mirate sugli avversari futuri del club bianconero. Che altro si deve aggiungere - questi sono fatti, di più, prove riconosciute - per storicizzare un fenomeno sei stagioni dopo e non giocare ancora alla polemica con due scudetti che non ci sono (perché sono stati rubati)? Ecco, "Calciopoli, la vera storia" è un libro di memoria. Basato su sentenze. Con qualche "fattispecie criminosa" di troppo e qualche spiegazione che - se il libro avesse avuto un impianto più arioso - ci saremmo aspettati. Perché, per esempio, un interrogatorio così tenero con Franco Carraro? In queste pagine si ricorda come la difesa dell'allora presidente della Federcalcio nei confronti della Lazio fosse da considerare centrale nell'impianto accusatorio. Perché non si è spesa neppure una parola sull'indagatore principe, il colonnello dei carabinieri Attilio Auricchio? E perché non si è offerto un senso pubblico - che c'è, ed è puramente investigativo - sul diverso peso dato alle intercettazioni (decine di migliaia) nei confronti dell'associazione a delinquere e a quelle (poco più di cento) nei confronti di Facchetti e i dirigenti interisti? Una spiegazione piana, affidata ai fatti, avrebbe spento l'ordalia di polemiche speciose avanzate da chi vorrebbe continuare a vincere facile. -
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Morti, feriti e biscotti lasciamo in pace gli spagnoli Fulvio Bianchi -Spy calcio repubblica.it -15-06-2012 Proprio questo si provava umilmente a dire a Gianluigi Buffon all'indomani della sua uscita su biscotti, morti e feriti: non si dice, anche se malauguratamente si pensa, che nel calcio è normale fare due conti quando un risultato serve a entrambe le squadre. Perché ora è atrocemente facile fargli notare che non ci sarebbe una sola buona ragione, se tutti ragionassero così, per essere sicuri che quei "due conti" di cui parlava non li facciano Spagna e Croazia, magari pure con qualche sghignazzata. E appellarsi alla fama dei giocatori spagnoli "che non possono permettersi di farsi ridere dietro dal mondo con un 2-2" è purtroppo puerile, una nuova maldestra teoria: solo i calciatori tristi che non hanno vinto mai si mettono dunque d'accordo per i pareggini, quando serve? Solo loro pensano "meglio due feriti che un morto?" Solo i poveri hanno l'inconfessabile diritto a darsi una mano? Il rispetto della lealtà sportiva che impone di dare sempre il massimo è un'esclusiva dei campioni? Si misura con l'ingaggio? Esiste invece, vogliamo ostinatamente crederlo, un'altra speranza a cui affidarsi per evitare il bis delle coliche di bile del 2004, quando svedesi e danesi fecero i due conti che produssero l'eliminazione azzurra e la loro qualificazione a braccetto. E' la semplice, retorica, invecchiata e maltrattata legge dello sport: quella che dice che chi lo pratica lo fa per confrontarsi e possibilmente per vincere, perché vincere dà fama, dà soldi, dà prestigio, dà un senso alle fatiche degli allenamenti. E vincere dà soprattutto gusto. Gli spagnoli, per esempio, che sono innamorati del loro calcio, forse sono più lontani dalla logica di morti e feriti di quanto pensiamo, anche se ora non faremo altro che ricordare loro cose come il rispetto dei valori, l'etica, la lealtà: tutte materie in cui l'Italia si è d'altra parte guadagnata una credibilità che è sotto gli occhi di tutti, con i derby truccati, i rigori concordati tra portiere e centravanti, le mazzette negli autogrill e negli spogliatoi, le calciopoli e le scommettopoli. E allora sarebbe forse meglio fare altre cose, più sagge: stare zitti. Allenarsi. Pensare all'Irlanda e cercare di vincere almeno una benedetta partita, una che sia una. E sperare poi che la lezione di sportività, invece di darla noi con le parole, arrivi dagli altri con i fatti. L'ennesima lezione che purtroppo, però, non riusciamo mai a imparare. -
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Lo spione sotto il Moggi Oliviero Beha -olivierobeha.it - 14-06-2012 Due questioni. La prima: leggendo qui capirete meglio che cosa è stato o non è stato lo scandalo di Calciopoli?. La seconda: misurate la buona fede sui giornali del 14 giugno, per vedere dove queste notizie escono. Se non escono o escono defilate, siete autorizzati a pensare che tutti quelli che lo fanno vi stanno prendendo per il C**O (e naturalmente anche per lo Stivale). (Oliviero Beha) 1- TAVAROLI: “SPIAI MOGGI. CONSEGNAI I REPORT A FACCHETTI” http://www.lettera43 Giuliano Tavaroli, l’ex capo della security di Telecom e Pirelli, sentito al processo sui dossier illegali, ha confermato mercoledì 13 giugno di aver ricevuto da parte dell’Inter incarico di ‘spiare’ non solo l’ex arbitro Massimo De Santis ma anche l’ex direttore generale della Juventus Luciano Moggi. Tavaroli, oltre ad aver ricordato che «i report, tesi a confermare le rivelazioni di un arbitro in merito a possibili frodi sportive del 2002, furono consegnati integralmente a Giacinto Facchetti, allora vicepresidente nerazzurro», ha affermato anche di non ricordare se ci fosse stata attività su Antonio Giraudo, ex amministratore delegato della Juventus. IL DOSSIER LADRONI. La deposizione segue quella del 6 giugno dove Tavaroli ha ammesso che il dossier Ladroni gli fu commissionato proprio dal presidente dell’Inter Massimo Moratti e venne messo in atto con Facchetti. Sentito come testimone, Tavaroli ha spiegato che su Moggi fu Adamo Bove, l’ex dirigente Telecom morto suicida, a fare «l’analisi del traffico telefonico». Inoltre ha aggiunto che sull’esito del dossieraggio «ebbi un incontro col dottor Facchetti. Non so se Facchetti poi riferì a Moratti». 2- PRESCRIZIONE PER LE INTERCETTAZIONI E PER I DOSSIERAGGI ILLEGALI DI TAVAROLI Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera“ Prescrizione per le violazioni della privacy legate ai sistemi informatici che in Telecom fino al 2005 potevano tracciare le intercettazioni; non luogo a indagare su ricatti telefonici in Perù nel 2001; archiviazione per i dossier della Security di Giuliano Tavaroli perché non c’è prova che Marco Tronchetti Provera, al pari di Carlo Buora e Gustavo Bracco, potesse prefigurarsi se e quali reati Tavaroli avrebbe commesso per dargli le informazioni richieste: in gran segreto il 5 giugno la Procura di Milano ha chiuso con queste richieste di archiviazione, accolte già il giorno dopo dall’ufficio gip del Tribunale, quasi tutte le accuse a Tronchetti. Quasi. Perché l’assenza di un episodio lascia presumere che una richiesta di processo, per ricettazione nel 2004 del dvd frutto dell’attacco informatico alla Kroll, possa invece profilarsi sulla base di un inedito interrogatorio di Tavaroli e della deposizione di una segretaria di Tronchetti. «Allo stato non sono accertate ipotesi di intercettazioni illegali», ma i periti dei pm Robledo e Piacente ravvisano che fino al 2005 «il sistema complessivo della rete Telecom era potenzialmente in grado di raccogliere e analizzare i dati sensibili relativi alle comunicazioni intercettate», mentre il sistema Radar poteva «segnalare l’esistenza di traffico tra utenti che si volesse monitorare». Ma per i pm queste «criticità già esistevano verosimilmente all’insediamento di Tronchetti e Buora», hanno «ereditato e non creato una gestione carente della rete», pur se l’«illecito sfruttamento da parte di Tavaroli» può aver trovato «acquiescenza e/o approvazione» nei vertici: c’è «una responsabilità per il mancato impedimento» delle violazioni del Codice sul trattamento dei dati personali, ma la «condotta illecita è prescritta». Poi c’è il Perù, di cui mai si era saputo. Nel computer di Adamo Bove, dirigente della Security suicida nel 2006, un rapporto del 23-27 novembre 2001 su Tim Perù «fa cenno a conversazioni telefoniche registrate su commissione di personaggi di altissimo livello della società peruviana per essere poi utilizzate come arma di ricatto»: ma mancano i presupposti per indagare su «illeciti asseritamente commessi in Perù» e comunque «verificati (anche) prima del subentro» di Tronchetti. Sui dossieraggi illeciti di Tavaroli (che ha patteggiato 4 anni) i pm, criticando «alcune inesattezze» della gup Panasiti, ribadiscono di non avere prove su Tronchetti, Buora, Bracco: «Se Tavaroli ha solitamente seguito la regola di non riferire ai suoi committenti alcuni particolari che potessero imbarazzarli», essi «non potevano prefigurarsi, quando chiedevano informazioni, se e quale specifico reato sarebbe stato perpetrato al fine di acquisirle». E la conoscenza successiva di un reato «può configurare una ipotesi di connivenza, di adesione morale, ma non implica un concorso nella perpetrazione del reato». Di qui l’archiviazione, pur se talune «intrusioni informatiche» (come al pc del giornalista Mucchetti) sono state «finalizzate a tutela. Se per i pm Buora «appare aver comunque assunto una posizione decisamente più defilata rispetto a Tronchetti», invece «elementi di conoscenza sulle modalità illecite di acquisizione di notizie sono stati forniti principalmente al presidente di Telecom» sull’«utilizzo» nel 2004, fatto appunto «in pieno accordo con Tronchetti, dell’illecita attività di hackeraggio ai danni della Kroll», gli 007 privati ingaggiati dai rivali brasiliani di Telecom. Qui i pm coltivano l’ipotesi di ricettazione sulla base di un interrogatorio di Tavaroli il 13 dicembre 2010 su una riunione «in via Negri a Milano con gli avvocati Chiappetta e Mucciarelli. Feci presente loro che un hacker russo ci aveva fornito, dietro pagamento, materiale riservato della Kroll sulle indagini contro Telecom e posi il problema di come utilizzarlo contro Kroll. Proposi di compendiarlo in un dvd da far recapitare in forma anonima alla segreteria di Tronchetti. Ci recammo nel suo ufficio. Fu informato da Chiappetta di quanto avevo detto, e Chiappetta prospettò la soluzione dell’invio del dvd in forma anonima alla segreteria del presidente. Il presidente accettò la proposta, chiamò la segretaria e le disse che sarebbero arrivate informazioni in forma anonima». Il pm convoca allora la segreteria, E. L., che conferma: «Ricordo che il presidente mi disse che qualora fosse arrivato qualcosa che avesse attinenza con il Brasile, avrei dovuto inoltrarla a Tavaroli. Gli avvocati non dissero nulla. Dopo qualche tempo, in effetti, il plico arrivò»: per i pm era «il dvd che Telecom consegnò ai carabinieri il 27 settembre 2004» in un fascicolo originato «dalla denuncia di un ingresso abusivo nella casa del responsabile affari internazionali Zambeletti. -
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L'ex pm di Calciopoli Narducci a Radio 24: «Buffon e Bonucci? Non sono degni degli Europei» Ilsole24ore.com -14-06-2012 «Io non avrei portato questi calciatori nella competizione». Giuseppe Narducci, l'ex pm di Napoli che curò l'inchiesta Calciopoli del 2006, intervenuto a "24 Mattino " su Radio 24 e online sul sito www.radio24.it, ha risposto così alla domanda se avrebbe portato Bonucci e Buffon agli Europei di calcio. «Io sono un integralista da questo punto di vista. Ovviamente la Nazionale doveva andare agli Europei - ha aggiunto Narducci, oggi assessore a Napoli - come successe nel luglio 2006 per i Mondiali. Ma allora, come in questo caso, era opportuno non portare nella competizione persone rimaste coinvolte. Il calcio non può ogni volta solo a parole predicare estremo rigore nei confronti di tutto e di tutti, proporsi di cambiare. Ci vuole coerenza tra i buoni propositi e i fatti. Questa coerenza non sempre c'è». Narducci ha anche rifiutato l'idea di un'amnistia per i reati accertati: «È una delle devastanti proposte ciclicamente avanzate - ha detto -. È accaduto dopo il calcioscommesse del 1980, fu una delle parole d'ordine nel 2006, ritorna adesso. È una parola d'ordine che si propone di non fare i conti con i mali del calcio, di non affrontarli e di cancellarli con un colpo di spugna». Sulla Juventus l'ex pm ha commentato le dichiarazioni di alcuni dirigenti che dopo avere vinto lo scudetto quest'anno hanno detto di avere nel palmares trenta titoli, rivendicando anche i due revocati a seguito dell'inchiesta Calciopoli: «Credo si tratti di una provocazione - ha detto Narducci -. Comprendo i dirigenti di una società colpita sul piano sportivo ma le decisioni all'epoca furono giuste e a distanza di anni sono ancora più giuste. Il tentativo ricorrente di rovesciare la verità dei fatti emersa e contrastare le decisioni della giustizia sportiva e degli organi federali è una provocazione pericolosa». Narducci ha commentato anche le parole dell'ex consulente Telecom Tavaroli che ieri, in un altro processo, ha detto di avere spiato in passato Moggi per conto dell'Inter: «Non è storia nuova - ha detto Narducci -, l'ho ascoltata tante volti in diverse anni. Io ovviamente non conosco cosa ci sia nelle vicende di cui parla Tavaroli, posso dire che quello che può essere accaduto a Milano o altrove, in un periodo antecedente la nostra indagine, non ha nulla a che vedere con quello che storicamente è avvenuto nella nostra indagine». -
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Spagna: spese folli in tempi di crisi Perché Grecia e Spagna sull'orlo del baratro hanno società sportive spendaccione Gianluca Ferraris - Panorama.it - 18-06.2012 Dalle battute sul rigore della Grecia a quelle sul girone dei pericolanti (ovviamente il nostro, dove siamo in compagnia di Irlanda e Spagna). Era inevitabile che, visti i tempi, gli Europei di calcio ci portassero in dote una ricca serie di metafore politiche ed economiche. Ma all’indomani dell’incontro tra azzurri e furie rosse, proprio mentre sui giornali le pagelle di Cassano e Iniesta si alternano alla notizia del pacchetto di aiuti da 100 miliardi che Bruxelles concederà alle banche iberiche, è lecito porsi qualche domanda in più. Una soprattutto: come fa il calcio spagnolo ad essere ancora il più bello, ricco, sfavillante (e dunque, almeno fino a ieri, il più temuto) del mondo se è figlio di un sistema indebitatissimo e di un sistema-Paese dove investimenti e consumi sono crollati in maniera ben più drastica che da noi? La risposta è piuttosto complessa, ma un dato è certo e riguarda i conti economici. Se squadre come Barcellona e Real Madrid dettano legge sul campo, infatti, a livello finanziario non se la passano certo bene. Tanto che, anche se pochi lo sanno, la loro leadership pallonara è tra le principali cause della spirale in cui, tra mancanza di liquidità e asset tossici, sono precipitati gli istituti di credito del Paese. Finora, però, il particolare status giuridico dei club, la loro popolarità e il valore degli asset (giocatori in testa) ha evitato il peggio. Ecco qualche numero per chiarire meglio il quadro. A livello patroniale la situazione del calcio professionistico italiano e di quello spagnolo è piuttosto simile: i debiti complessivi del nostro pallone, al termine della scorsa stagione, ammontavano a 4,8 miliardi di euro, quelli iberici a 4,9. Ma se quelli accumulati dai team italiani sono quasi tutti verso terzi (con le banche a farsi semplici garanti) e in piccola parte verso il fisco, al di là dei Pirenei la situazione è ben diversa. Qui l’80% dell’esposizione delle squadre, pari dunque a circa 4 miliardi, si registra nei confronti degli istituti di credito. Che nonostante la crisi, anche negli ultimi anni hanno generosamente finanziato ricapitalizzazioni, coperto buchi e persino aiutato i club nell’acquisto di calciatori. La crisi di Bankia (nata nel 2010 dalla fusione di 7 casse e parzialmente nazionalizzata lo scorso maggio quando stava per dichiarare default) è emblematica: a dispetto di un buco da 19 miliardi di euro, ha appena concesso al Barcellona un finanziamento per la sua prossima campagna acquisti. Ma lo stesso hanno fatto, per la verità, anche Caja Madrid e Bancaja, che tra il 2009 e il 2010 hanno generosamente pompato contanti, a tasso d’interesse agevolato, nei forzieri di Real e Valencia. Squadre oggi gravate da debiti rispettivamente per 590 e 400 milioni. Non è tutto, perché ad agosto 2011, in piena tempesta finanziaria, gli stessi istituti si sono rivolti per un prestito ponte alla Bce, utilizzando come garanzia obbligazioni ad alto rendimento emesse verso terzi, a loro volta garantite, tra le altre cose, dal patrimonio delle squadre che si erano rivolte a loro. Un po’ contorto, ma semplificando è come se Cristiano Ronaldo e David Villa fossero diventati un bond ad alto rischio. Seconda domanda: ma se le principali squadre spagnole sono in default tecnico e le banche che le finanziano versano nelle stesse condizioni, come fanno a proporre ingaggi che noi non possiamo più permetterci? In questo caso la risposta va cercata nel particolare status fiscale e finanziario di cui godono i team. Primo: a Madrid e dintorni l’aliquota fiscale sui redditi più alti è al 52%, contro il 57% italiano: significa in pratica che a parità di investimento, un team iberico è in grado di assicurare ai suoi calciatori stipendi leggermente più alti. Fino a pochi mesi fa, inoltre, bonus e premi erano totalmente detassati. Provvedimento che è stato cancellato di recente, anche se verrà comunque mantenuto in caso di vittoria di Iniesta e compagni all’Europeo, grazie alla «complicità» di Polonia e Ucraina (dove restano detassati) che riceveranno i bonifici dalla Federcalcio spagnola. Secondo: molte squadre spagnole sono società ad azionariato diffuso, con uno status in parte simile a quello delle nostre cooperative, che permette di detassare una parte degli investimenti e di fare sì che ogni acquisto effettuato dalle decine di migliaia di soci-tifosi (dagli abbonamenti all’acquisto di merchandising) concorra alla ricpaitalizzazione. Terzo: ai club è stata concessa una dilazione di 8 anni per rientrare dei debiti entro il 2020, a partire dalla stagione 2014-15. Si potrebbe obiettare che la situazione resti comunque critica: abbiamo già detto del Real le cui esposizioni ammontano a 590 milioni, ma anche il Barcellona con 578 non scherza. Anche in questo caso, però, i numeri vanno letti, e soprattutto interpretati, in maniera adeguata. Lo ha fatto Swiss Ramble, uno dei blog più autorevoli in questo campo. Secondo la sua analisi, queste cifre comprendono infatti anche la rateizzazione degli acquisti dei giocatori (Il Real ha rate da pagare per 126 milioni, il Barcellona per 75) che sono spesso molto lunghe e, come abbiamo visto, godono di tassi favorevoli. Inoltre, il famoso fair play finanziario in vigore da quest’anno basa i propri conteggi sul metodo denominato Ias, che fa riferimento principalmente ai debiti finanziari e bancari. Utilizzando questa chiave di lettura, i debiti lordi delle due squadre scenderebbero a 146 milioni per il Real Madrid e 150 per il Barcellona. Vale a dire che sarebbero minori rispetto a quelli di molti top club europei, italiani compresi. Inoltre, per il Barcellona, c'è un fattore particolarmente importante da tenere presente, quando si mettono in fila i debiti complessivi. Infatti, i giocatori nati e cresciuti nelle giovanili del club, non sono contabilizzati nel capitale del club come di solito si fa quando si acquista un giocatore (si divide il valore dell'acquisto per il numero di anni di contratto e si detrae quel valore dal totale per ogni anno che passa fino alla scadenza del contratto). Provate a calcolare quale patrimonio attivo potrebbe avere il Barcellona se fossero valutati tra gli attivi di bilancio anche Messi, Puyol, Xavi, Iniesta e Pedro. Questo calcolo, evidentemente, le banche e i creditori lo hanno fatto. -
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Calcioscommesse, il Vicenza: «Ripescateci. Il Grosseto è da punire» I veneti all'attacco. L'ex d.s. toscano Iaconi voleva confessare il 23 maggio, ma la Procura federale disse no. Ventura da Palazzi Maurizio Galdi -Gasport -12-06-2012 Domani dovrebbero arrivare le decisioni della Disciplinare sul filone «cremonese» del calcioscommesse, intanto in via Po (sede della Procura federale) proseguono le audizioni (ieri sentito l’ex allenatore del Bari Giampiero Ventura) che avranno il loro clou oggi con quella di Stefano Guberti (ex Sampdoria, ora al Torino). Ma tiene ancora banco il patteggiamento del Grosseto alla luce delle dichiarazioni rese davanti al gip Salvini dagli ex calciatori dei toscani Turati e Joelson. A chiedere «sanzioni dure» adesso sono i legali del Vicenza, che lavorano per il ripescaggio. Caso Grosseto «Già da sabato mattina eravamo al lavoro — spiega l’avvocato Andrea Fabris, direttore di gestione del club e uno dei legali del Vicenza — perché siamo dell’avviso che sia giusto, anche per un rispetto nei confronti della tifoseria, non lasciare nulla al caso». La sconfitta al playout ha condannato i veneti alla Prima Divisioni: «Abbiamo avuto notizia — aggiunge Fabris — dell’interrogatorio, da parte di Palazzi nella giornata di venerdì, dell’ex d.s. Iaconi. Ora c’è da capire che cosa succederà e solo allora potremo decidere come muoverci». Il presidente Massimo Masolo ha detto di essere pronto anche a incatenarsi davanti alla sede della Figc. Il giallo E proprio intorno alle dichiarazioni di Iaconi si può parlare di giallo. Perché l’ex d.s. del Grosseto non è stato sentito prima? Agli atti della Disciplinare (insieme alla richiesta di stralcio giunta a dibattimento chiuso) ci sono le ricevute di fax inviati alla Procura federale (il 23 e il 28 maggio) nei quali si sottolineava la «volontà di fare dichiarazioni utili al dibattimento». Perché non è stato ascoltato se non venerdì 8 maggio? Molti cronisti, nei giorni del dibattimento all’ex Ostello della gioventù, hanno visto Iaconi. Non in aula, ma al chioschetto poco distante. Come è accaduto con Sbaffo, perché non ha potuto accordarsi e fare le proprie ammissioni in aula? Spesso la fretta è cattiva consigliera. Iaconi venerdì ha confermato quanto Turati e Joelson hanno detto a Cremona, non una testimonianza assolutoria, ma una doverosa (da parte sua) precisazione: «Non ho fatto nulla per favorire le scommesse, ma ho fatto soltanto gli interessi del club». Chiarire, insomma, che con scommesse e Zingari non ha nulla a che fare. Le audizioni Intanto ieri la Procura ha maggiormente focalizzato l’attenzione sul Bari. Domani sono convocati il segretario Pietro Doronzo, il team manager Claudio Vino e il direttore generale Claudio Garzelli, ci sarà anche il d.s Guido Angelozzi, ma il suo nome era già inserito tra i convocati. Ieri è stato Ventura a essere ascoltato per circa due ore, al termine era sorridente e la sua unica battuta è stata: «Spero facciano in fretta chiarezza per il bene del calcio». Oggi, comunque, il clou sarà rappresentato da Guberti, che dovrà parlare dell’incontro con Andrea Masiello alla vigilia della partita Bari-Sampdoria. Per il resto dei convocati al centro c’è sempre Bologna-Bari. Domani, però, l’attenzione si concentrerà su Udinese-Bari visto che è convocato Simone Pepe, oggi alla Juventus, ma all’epoca dei fatti in forza all’Udinese. -
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Tensione Juve-Nike per la maglia Alberto Pastorella - Guido Vaciago - Tuttosport - 12-06-2012 Azzerare le stelle ha moltiplicato i problemi. E così, oggi, ci sono oltre duecentomila maglie nei negozi, ma non possono essere vendute in attesa che Juventus e Nike si mettano d’accordo sulle soluzioni per adattare le casacche alla nuova linea politica del club bianconero in fatto di stelle e scritte. Non senza malumori da parte del colosso americano che tuttavia non sembra scalfire il puntiglio juventino nel realizzare la loro idea. PEZZE E PATCH E’ una questione di pezze, che siccome in italiano suona male fa più figo tradurle in patch, ma sempre pezze rimangono. La maglia della Juventus in commercio dovrebbe averne in dotazione due, secondo le volontà bianconere. Una per coprire le due stelle stampate originariamente dalla Nike e una per inserire la scritta «30 sul campo» da piazzare sotto il classico logo ovale del club. Troppe per la casa americana che storce il naso all’idea di mandare nei negozi un prodotto con il loro marchio che l’utente debba correggere. Non è in linea con gli standard qualitativi, si dice negli uffici del marketing Nike. La maglia è nostra e decidiamo noi cosa deve esserci sopra, si può origliare nelle stanze di Corso Galileo Ferraris. LA CORREZIONE Ma perché la maglia si deve correggere? Non era meglio aspettare a stamparla? I tempi tecnici non lo consentono e le aziende sono solite stampare le maglie con enorme anticipo. Per dare un’idea, il progetto grafico della nuova maglia juventino è stato approvato nel febbraio 2011, più di un anno fa. Poi le maglie sono andate in stampa ben prima che la Juventus vincesse lo scudetto. Anche perché è abitudine che il fatidico triangolino tricolore venga comunque consegnato a parte (un’altra patch, quindi!). Insomma, la Nike ha stampato le maglie con due stelle, perché all’epoca nessuno si era posto il problema del diverso conteggio degli scudetti fra Juventus e Figc. E certamente non ha semplificato le cose il fatto di aspettare un mese prima di dare un’interpretazione ai regolamenti, optando per la cancellazione delle stelle e l’inserimento della scritta «30 sul campo». VERSIONE CHAMPIONS Scritta che, per altro, dovrà sparire in ambito Champions. Perché la Uefa non consente lutilizzo di alcuna scritta sulla maglia e pure il Milan che ostenta con orgoglio la dicitura «Il club più titolato al mondo», la deve cancellare quando gioca in Europa. Esisterà quindi una versione campionato e coppa Italia con la scritta «30 sul campo» e una senza scritta per la Champions. in entrambi i casi il presidente del Coni Petrucci applaude: «Le tensioni con la Juventus per la vicenda del 2006? Vedete, Andrea Agnelli è una persona intelligente e con la quale ho un bel rapporto. Avete visto come si sta comportato ora: tutti sostenevano che avrebbe messo la terza stella sulla maglia, invece, anche se io capisco le pressioni dei tifosi, non lo farà. La frase trenta sul campo è un altro discorso: le regole esistono e vanno interpretate. E gli scudetti alla Juventus non sono stati tolti sul campo. Comunque oltre non voglio andare». Al di là della soddisfazione delle istituzioni, però, resta il problema delle maglie che nei prossimi giorni (se non proprio nelle prossime ore) verrano svelate e, soprattutto, messe in vendita. Per le pezze, invece, servirà tempo (chi compra la maglia subito riceverà probabilmente un buono per ritirarle successivamente). Il tutto quando Nike e Juventus si metteranno d’accordo sui dettagli. Anzi quando ci metteranno… una pezza. -
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SPY CALCIO di Fulvio Bianchi Petrucci vota per Abete "Deve restare in Figc" L'aveva promesso: silenzio e massima attenzione a quello che succedeva nel mondo del calcio. E ora il n.1 dello sport italiano, Gianni Petrucci, è sceso in campo, ancora una volta, a fianco di Giancarlo Abete. "Lui è la persona giusta per guidare la Federcalcio", ha detto Petrucci a Cracovia dove ha visitato Casa Italia insieme con il ministro Gnudi e Lello Pagnozzi. "Non bisogna reclamizzare fenomeni, il presidente di una Federazione deve essere una persona serena e concreta. Abete ha questi requisiti". E ha escluso l'intenzione di tornare in Federcalcio ("non ci penso proprio"), il prossimo anno quando scadrà il suo mandato al Coni. Probabile vada al basket, non è esclusa nemmeno la carriera politica (è già sindaco di San Felice Circeo). Il calcio vive un momento difficile, è vero: "Certo, ci sono gli scandali-ha ricordato Petrucci-ma come ha detto anche il procuratore capo di Bari nel calcio ci sono tre milioni e mezzo di persone e la grande maggioranza è per bene. La responsabilità oggettiva? Oggi è immutabile". Un segnale a quei presidenti di club che aveva tentato, goffamente, di modificarla (a loro vantaggio). A questo punto, Abete potrebbe sciogliere la riserva a decidere di ricandidarsi: c'era l'ipotesi di un ritorno alla politica che lo aveva visto giovane deputato della Dc e in questo caso, per a Figc, si sarebbe candidato Carlo Tavecchio (e non solo lui). Petrucci inviterà le Federazioni a tenere le loro elezioni entro il 30 gennaio del 2013, massimo febbraio. Per anticipare i tempi. Anche al Coni, a questo punto, si voterebbe nella primavera del prossimo anno: e l'intenzione di Petrucci è di passare il testimone a Lello Pagnozzi. Nel segno della continuità, come spiegano molti presidenti di Federazione. "Con questa crisi-aggiungono-non è momento di salti nel buio...". -
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IL CASO Narducci, assessore e scrittore "Pronto a tornare magistrato" L'ex pm e il suo volume su Calciopoli. "L'incarico in giunta? Sto riflettendo sulla possibilità di continuare" di DARIO DEL PORTO la repubblica napoli.it - 09-06-2012 Magistrato. Assessore alla legalità. Adesso anche scrittore. E' la terza vita di Giuseppe Narducci. Dodici mesi dopo aver lasciato la Procura, nel bel mezzo del periodo più burrascoso della sua esperienza amminsitrativa in seno alla giunta de Magistris, l'ex pm anticamorra dà alle stampe un libro. Si intitola "Calciopoli, la vera storia" e racconta l'inchiesta più importante e complessa condotta da Narducci durante la sua carriera di pubblico ministero. "Un mestiere che non ho mai abbandonato", ricorda l'assessore. E un mondo nel quale è pronto a rientrare appena si sarà chiusa l'avventura con de Magistris. Quando? Su questo Narducci non si sbilancia. "Per ora sto riflettendo". Il volume, edito da Alegre, sarà invece in libreria mercoledì 13 giugno. La dedica è per Carlo Petrini, l'ex calciatore recentemente scomparso che, per primo, aveva denunciato i mali del mondo del pallone. Assessore Narducci, perché un libro sull'inchiesta Calciopoli? "L'idea è venuta a Salvatore Cannavò e dall'editore Alegre. Me l'hanno proposta e l'ho subito condivisa. Innanzitutto perché ci sono già delle sentenze, sia pure di primo grado, dunque non ragioniamo solo di ipotesi. Prima sarebbe stata un'operazione pretenziosa e presuntuosa. Ma la ragione fondamentale è un'altra". Quale? "Questo è un Paese che tende a serbare poca memoria. Non trasmette agli altri, a quelli che vengono dopo, il ricordo dei fatti accaduti. A volte invece è necessario. Ed è quello che ho cercato di fare attraverso la requisitoria pronunciata al dibattimento assieme al collega Stefano Capuano (l'indagine fu invece istruita da Narducci con il pm Filippo Beatrice n. d. r.). Quel lavoro, costato uno sforzo notevole, rimette insieme i mille pezzi di una vicenda che ha rappresentato un avvenimento dirompente nella storia italiana, al di là dello stretto ambito calcistico. E ricorda a tutti che Calciopoli non è stata un'invenzione". Sei anni dopo, cosa resta di quell'indagine? "Molto più di tante altre, l'inchiesta ha cambiato la fisionomia del calcio italiano. Abbiamo vissuto un momento realmente straordinario, anche grazie al commissario della Federcalcio, Guido Rossi, e alla Procura federale guidata da Stefano Palazzi. In quei giorni si respirava la concreta sensazione che si stesse voltando pagina. E oggi, pur con tutti i problemi che esistono ancora, il calcio italiano non è più quello del 2006". Sul piano personale invece? "Un'esperienza straordinaria, di quelle che capitano una sola volta nella vita. è stato un momento professionale ineguagliabile, che mi ha dato l'opportunità di conoscere in modo compiuto il mondo del calcio. Tutto questo ha fatto aumentare la mia dose di disincanto. E mi ha fatto scoprire che dietro le apparenze si nascondono fenomeni e fatti inquietanti. Proprio come aveva scritto Carlo Petrini". Che pensa del nuovo scandalo scommesse? "Non mi meraviglia. Il calcio italiano viene ciclicamente scosso da indagini giudiziarie. Non solo si ripropone lo stesso fenomeno, ma addirittura attraverso gli stessi volti. Segno che si tratta di un male strutturale. Per uscirne non basta un'indagine seria e rigorosa, deve essere il mondo del calcio a trovare una soluzione al suo interno". Che farà da grande Pino Narducci? Ancora l'assessore con de Magistris? "Sono un magistrato in aspettativa. Non ho mai abbandonato il mio mestiere, non ho mai lasciato la magistratura. Quindi da grande, quando sarà, continuerò a fare quello che ho sempre fatto". Un anno dopo è pentito di aver lasciato la toga per Palazzo San Giacomo? "Ho fatto una scelta con convinzione e con molto entusiasmo. Oggi, dinanzi a una situazione che è sotto gli occhi di tutti, sto riflettendo sulla opportunità personale di continuare questa esperienza". Scriverà un libro anche sui giorni trascorsi in Comune? "Lo escludo. Ho altri progetti". -
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CALCIOSCOMMESSE Mutti e il giallo Guberti: quei soldi per Bari-Samp Il tecnico 2 ore da Palazzi: per Masiello combine saltata dopo un discorso davanti ai compagni. Torchiato pure Bentivoglio. Maurizio Galdi -Gasport -9-06-2012 Seconda giornata di audizioni in via Po. La Procura federale ha messo sotto torchio Simone Bentivoglio, quattro ore davanti ai vice di Stefano Palazzi. La sua, ieri, era una delle posizioni più «scottanti». Sono in tanti a fare il suo nome e soprattutto Parisi per Palermo-Bari e Carella (amico di Masiello) per il derby con il Lecce. Insomma ha dovuto spiegare a fondo la sua posizione e quella dei suoi compagni di squadra che davanti ai magistrati di Cremona e Bari hanno già fatto molte ammissioni. Anche Daniele Portanova, davanti agli 007 federali, ha dovuto raccontare qualcosa di più di quello che aveva già detto ai magistrati. Grigliata Al centro dell’audizione di Henry Damian Gimenez la famosa grigliata che ha «anticipato» la visita dei tre amici di Masiello a Portanova a Bologna. L’avvocato Grassani ha detto che Gimenez «non è a conoscenza di comportamenti illeciti che sarebbero stati poi oggetto di obbligo di denuncia» perché quando Portanova avrebbe detto ai suoi compagni di «stare attenti», il calciatore «era infortunato e stava facendo dei massaggi alla caviglia destra e anche ove fosse accaduto l’incontro nello spogliatoio non ne poteva avere fisicamente conoscenza». Da Bari a Genova L’ex tecnico del Bari, Bortolo Mutti, è venuto in Procura da solo, senza avvocati. «Sono tranquillo», dice, anche se uscendo ha il viso tirato. Nei verbali di Masiello emerge che il tecnico lo avrebbe affrontato davanti ai compagni alla vigilia di Bari-Sampdoria. «Perché ti sei incontrato con Guberti», gli avrebbe chiesto. Messo alle strette il difensore avrebbe rifiutato la proposta fatta da Guberti (denaro in cambio della sconfitta). Il sospetto è che i soldi offerti sarebbero frutto di una «colletta» dei giocatori doriani. Chi avrebbe avvertito Mutti? Anche a Cremona la stessa domanda potrebbe farla il pm Roberto di Martino, convocando Mutti come persona informata dei fatti per poi stringere il cerchio su Guberti. C’è un filo rosso che unisce Bari con Genova: potrebbe esserci una continuità tra l’offerta presentata a Masiello e la successiva proposta per il derby (altra colletta o sono gli stessi soldi non utilizzati per il Bari?). Ieri sentiti pure Viviano e Cherubin. Si riprende lunedì con l’altro ex tecnico del Bari, Gian Piero Ventura. Caso Iaconi Ieri pomeriggio, intanto, alla Procura federale si è presentato anche l’ex d.s. del Grosseto Iaconi accompagnato dall’avvocato Rigo, l’altro suo legale (Diana) era già con Bentivoglio in via Po. Al centro dell’incontro la richiesta fatta alla Disciplinare di stralcio della sua posizione dopo le dichiarazioni a Cremona di Joelson e Turati. La domanda è arrivata a dibattimento chiuso, ma visto il caso straordinario potrebbe essere accolta. Anche perché da ieri la Procura ha in mano nuove dichiarazioni di Iaconi e la soluzione migliore potrebbe essere di portare il d.s. a processo insieme con Turati e Joelson e probabilmente ancora il Grosseto. Vedremo che cosa deciderà la Disciplinare. -
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Le reazioni Gli ultrà sono d'accordo con la società La curva approva la divisa, i tifosi di Internet la bocciano Più attesa del top-player, la notizia della nuova maglia della Juve è arrivata all’improvviso generando reazioni diverse nei tifosi bianconeri. Fin dal mattino, dopo l’anticipazione della giornalaccio rosa, il popolo della Rete si è mostrato in gran parte contrario alla decisione della società. Nelle ultime settimane la gente della Juve aveva pensato, sperato, creduto di vedere la terza stella sulla maglia. E per la delusione qualcuno ha addirittura usato per Andrea Agnelli la parola «tradimento» che appare decisamente eccessiva e fuori luogo. La curva La posizione più equilibrata, e la cosa sorprenderà solo chi non conosce bene la loro realtà, è probabilmente quella degli ultrà. Per i quali conta più vincere che rivendicare, anche se naturalmente nessuno arretra di un passo quando si parla degli scudetti del 2005 e del 2006. Loris Grancini dei Viking analizza così la questione: «Sul campo gli scudetti sono 30, per le istituzioni sono 28 e quindi la società ha fatto una scelta logica. Noi e i giocatori sentiamo nostri anche quei due campionati cancellati, ma non siamo delusi. Anche perché tanto Inter e Milan sono a quota 18… Meglio pensare a rinforzare la squadra». Ciccio, portavoce dei Drughi, scinde il discorso: «Da tifoso dico che gli scudetti sono 30, da persona razionale ritengo giusta la scelta del club sulla maglia. Sono d’accordo con le dichiarazioni di Andrea Agnelli e Conte dopo la vittoria nel campionato, ma la realtà la conosciamo e non si può non tenerne conto». A Radio Juve Web sono arrivati molti commenti e Anna Maria Licata riassume la situazione con spirito critico: «L’errore è stato creare un’aspettativa. Ci faremo piacere la provocazione del presidente, che ha scelto di mettere la scritta “30 sul campo” invece della terza stella. Tra l’altro in Europa il messaggio arriva più chiaramente così, quindi adesso guardiamo avanti. Io, intanto, le tre stelle me le sono tatuate». Fabio Germani a nome di Italia Bianconera applaude Agnelli: «Questa soluzione dimostra ancora una volta che il nostro presidente continua a lottare con l’obiettivo di riavere quei due scudetti. Per noi è un motivo d’orgoglio». E intanto gli ultrà dovrebbero essere i primi, nei prossimi giorni, a vedere la maglia. -
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Col motto "30 sul campo" la Juve non fa lo strappo Svelata la maglia, Petrucci applaude: "Ho molta stima in Agnelli" Non c'è la 3a stella, si useranno le toppe per coprire le altre due Marco Iaria - Gasport - 9-06-2012 Il mistero, anticipato ieri dalla giornalaccio rosa, è stato definitivamente svelato. Non ci sarà la terza stella sulle maglie della Juventus della prossima stagione ma sotto lo stemma della società comparirà la scritta «30 sul campo». La conferma è arrivata dal direttore commerciale bianconero Francesco Calvo, il quale ha anche annunciato che la seconda divisa sarà nera. «Per affermare sul campo la nostra identità — ha detto a SkySport24 — e per celebrare nel migliore dei modi la conquista di uno scudetto straordinario, il presidente Agnelli ha proposto al consiglio di amministrazione, che ha approvato con delibera del 10 maggio, un cambio del logo della società che esporrà, sotto al tradizionale ovale, la scritta “30 sul campo”. Per lunghe settimane abbiamo assistito a un dibattito sull’opportunità di esporre la terza stella sulla maglia. Un dibattito alimentato da opinionisti, giornalisti, istituzioni, cui la Juventus si è sottratta nella consapevolezza che solo la società e i propri tifosi possano definire la propria identità. Ecco perché abbiamo chiesto e ottenuto dalla Lega di non esporre nessuna stella». Stelle Qui, tuttavia, sorge un problema pratico. L’ingegnerizzazione delle maglie da gioco è un processo lungo e laborioso che parte 18 mesi prima del varo ufficiale: tutte le modifiche successive possono essere introdotte soltanto con le patch (le classiche toppe). Cosa significa? Che le divise della Juve 2012-13 destinate alla commercializzazione sono già pronte, con tanto di stelle (due, come negli anni precedenti) stampate sopra il logo. Se ora il club bianconero desidera una maglia immacolata, l’unica soluzione praticabile è coprire quelle stelle, appunto, con delle patch. Si potrebbe farlo prima di distribuirle negli store, ma l’ipotesi più probabile è di inserire dentro la bustina di accompagnamento (quella che contiene, per intenderci, lo scudetto e anche la scritta «30 sul campo») le toppe con cui il tifoso acquirente, se lo vorrà, potrà nascondere le stelle. In queste ore si sta lavorando alacremente, col fornitore Nike molto attento alla conformità del prodotto tecnico. Reazioni La nuova maglia ha già avuto l’ok di massima da Lega e Federazione. Il presidente del Coni Gianni Petrucci, il cui feeling con Agnelli è stato decisivo, ha spiegato: «Ho molta stima e fiducia nel presidente Agnelli, alla fine conta quello che sarà fatto e so benissimo che non creerà problemi con quelle che sono le regole del mondo del calcio». Prima ancora del trionfo, Pavel Nedved, membro del cda, aveva dichiarato: «In caso di scudetto metteremo la terza stella al 100%. Ne abbiamo 29, e 29 più uno fa 30». Nelle ore immediatamente successive alla vittoria, l’amministratore delegato Beppe Marotta gli aveva fatto eco: «Metteremo la terza stella sulla maglia». Ma ben presto si è capito che la Figc non avrebbe dato l’autorizzazione. Il motto «30 sul campo», con quel riferimento solo implicito ai titoli, è il grimaldello che consente di restare nelle regole e, allo stesso tempo, di cavalcare il sentimento popolare del post-Calciopoli -
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Il sito delle scappatelle non riesce a tentare la Juve Il nuovo impianto bianconero non verrà battezzato con il nome del sito internet specializzato in relazioni extraconiugali. Nonostante i 25 milioni di offerta di TIMOTHY ORMEZZANO Non si chiamerà Ashley Madison Stadium. Il nuovo impianto della Juventus non verrà battezzato con il nome del sito internet specializzato in... scappatelle. Ieri è circolata la notizia di una proposta di sponsorizzazione quinquennale dal valore complessivo di 25 milioni, per brandizzare la nuova casa della Juve con il logo e il colore rosa shocking di ashleymadison.com. “La vita è breve. Concediti un'avventura”, lo slogan che campeggia sulla home page del portale riservato agli oltre 14 milioni di anonimi iscritti all'agenzia “leader mondiale per incontri discreti tra persone sposate” Così Noel Biderman, titolare del sito per incontri extraconiugali: “Parte del nostro investimento sarà sotteso alla realizzazione di un piano di sviluppo che porti all'interno dello Juventus Stadium anche qualche grande evento extracalcistico”. L'anno scorso il manager canadese aveva provato ad abbinare il suo marchio alla Virtus Roma, la società di basket del presidente Claudio Toti: “La loro sponsorizzazione ci avrebbe giovato economicamente, mettendo però in forte discussione alcuni principi morali”. Secondo Walter Crippa, ad di SportFive Italia, società che si è aggiudicata per 75 milioni di euro i diritti di denominazione dello Juventus Stadium fino al 2023, la proposta non sarebbe nemmeno arrivata sulla scrivania di Andrea Agnelli: “Dopo un primo contatto esplorativo, Ashley Madison non ha formalizzato la sua fantomatica offerta. In ogni caso, l'ultima parola sarebbe comunque toccata alla Juventus, forte del diritto di first refusal. Tranquilli, l'azienda che darà il nome allo Stadium dovrà soddisfare diversi requisiti, economici ma anche etici”. Sollievo per i tifosi bianconeri e un po' di pubblicità gratuita per il portale dedicato ai fedifraghi. -
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Il ritorno di Zeman, l’eretico del pallone. “Vorrei che la Roma offrisse emozioni” L'allenatore boemo si siede di nuovo sulla panchina giallorossa dopo 13 anni e parteciperà alla serie A dopo 7: un lungo esilio dopo i j'accuse contro il "calcio delle farmacie". “In questi anni si era già prospettata la possibilità di un mio ritorno a Roma - dice - ma tutto fu poi bloccato: non si poteva. C’è scritto in qualche interrogatorio del 2006...” di Luca Pisapia - Il fatto quotidiano.it .| 5 giugno 2012 L’eterno ritorno di Zdenek Zeman si compie in un pomeriggio alle porte dell’estate. Fuori, nelle strade, i tifosi in festa. Dentro il centro sportivo della Roma una sfinge marmorea, silenziosa, il cui unico vizio è quello di concedersi un ironico sorriso, si ripresenta al calcio italiano che conta. Assente dalla serie A da sette anni (stagione 2004-05 con il Lecce), assente dalla lotta al vertice da tredici anni (stagione 1998-99 con la Roma), il tecnico boemo è ritornato per portare il suo verbo: “Vorrei che la mia squadra riuscisse a divertire la gente e ad offrire emozioni. Poi le emozioni sono di due tipi (si può vincere o perdere, ndr), ma restano sempre sentimenti importanti”. Osare l’impossibile, osare perdere. L’importante è che la gente si diverta. Questa l’eresia zemaniana. Fu in un altro pomeriggio di mezz’estate di tredici anni fa (ultima stagione alla Roma) che il tecnico lanciò il suo j’accuse al mondo del pallone. “Il calcio deve uscire dalle farmacie” disse. E cominciarono le indagini e i processi sull’abuso di farmaci. Zeman si fece dei nemici, troppi, e per lui allenare in Italia divenne quasi impossibile. L’inquisizione pallonara cominciò la persecuzione di questo anabattista boemo che di parole ne ha sempre pronunciate poche, ma taglienti come la lame. Zeman fu allontanato, deriso, umiliato. L’esilio lo portò in Turchia, poi di nuovo in Italia, ma in serie B. Dopo una pessima esperienza col Napoli in serie A adombrò il sospetto che quel fallimento glielo cucirono addosso apposta. Poteva sembrare paranoia, il tempo ha dimostrato che fu verità. “In questi anni si era già prospettata la possibilità di un mio ritorno a Roma, ma tutto fu poi bloccato: non si poteva. C’è scritto in qualche interrogatorio del 2006…” racconta. Già: il 2006, l’anno della notte magica di Berlino, l’anno in cui esplose Calciopoli. Quell’anno, coincidenza, Zeman non allenava già più in serie A. Della stagione precedente alla guida del Lecce è rimasta un’immagine: Zeman, sconsolato, che gira le spalle al campo mentre la sua squadra pareggia 3-3 contro il Parma (arbitro De Sanctis…). In una di quelle partite di fine stagione dove “mancano le motivazioni”, come racconta la vulgata ufficiale. Il profeta aveva capito: quello non era più il suo calcio, non poteva esserlo. Girare le spalle al campo fu il suo modo di urlarlo al mondo. Quell’anno l’inquisizione pallonara – sempre loro, i soliti noti, nelle farmacie come nei rapporti pericolosi con arbitri e dirigenti – anche nel momento della sua rovinosa caduta si premurò che il boemo che l’aveva sconfitta non riuscisse a rientrare in gioco. Ma loro non ci sono più, e lui è di nuovo qui. “Sono tornato, l’avevo promesso”, mormora felice oggi con un filo di voce. Dopo il secondo esilio è ripartito dalla Serbia. Poi la Lega Pro, il ritorno a Foggia, la città dove all’inizio degli anni Novanta l’eretico e godereccio paradiso in terra zemaniano si guadagnò l’attenzione del grande calcio: lì nacque Zemanlandia, laboratorio del divertimento dove si dimostrò che un altro calcio è possibile. Poi Pescara, una stagione strepitosa, condita dalla promozione e dal lancio di nuove promesse del firmamento calcistico, come al suo solito. Sempre uguale. Fedele alla linea del suo 4-3-3 iper offensivo fatto di sovrapposizioni, fuorigioco e triangoli laterali rapidissimi. “Anche se a qualcuno piace dire che io sia cambiato, e allora glielo lascio credere. Ma preferisco sempre costruire che distruggere: sono un uomo di pace”. Se nel 1999 il primo esilio coincise con le denunce contro il doping e il secondo nel 2006 con Calciopoli, nel 2012 il suo ritorno avviene nell’anno delcalcioscommesse. “Diciamo che in questo periodo nel calcio qualcosa è cambiato. Anzi, se non fosse cambiato non sarei tornato. E’ migliorato sotto i primi due aspetti, mentre per il terzo (le scommesse, ndr) ci vorrà ancora molto per uscire”. Zeman è tornato per insegnare il calcio e il rispetto, ai suoi ragazzi, agli avversari e anche ai tifosi. E’ tornato per fare divertire, per regalare emozioni. Ieri il Wall Street Journal, di solito poco propenso ad occuparsi di calcio, ma che per un artista come Zeman si è concesso volentieri un’eccezione, gli ha dedicato un articolo e una foto con la didascalia “Il ritorno dello Jedi”. Perché il boemo è tornato per combattere contro le forze oscure che minacciano il gioco più bello del mondo. Anche se lui si schernisce, e sottovoce risponde: “Troppo difficile fare il cavaliere. Sono solo una persona normale, cui piace insegnare calcio e cercare di trasmettere quello che sa per migliorare il prossimo”. Umano, troppo umano. Anche questa è l’eresia zemaniana. ********************************************************** Ero vicino, ma non si poteva Luca Pelosi - Ilromanista.it - 06-05-2012 C’è scritto in qualche interrogatorio del 2006 che ero abbastanza vicino ma non si poteva». Ha risposto così Zdenek Zeman ieri a chi gli ha chiesto se c’è stato un momento in cui è stato vicino al ritorno alla Roma. La storia, peraltro, era già nota. Nell’estate del 2005 la Roma contattò Zeman, anzi si accordò verbalmente con lui poi, dopo un incontro nella sede di Capitalia tra un rappresentante della società, Luciano e Alessandro Moggi, non se ne fece più nulla. Già, Moggi. Facciamo un salto indietro nel tempo, tra intercettazioni e, appunto, interrogatori. Il 22 dicembre 2004 Moggi discute con Giraudo di Zdenek Zeman. E dice: «Bisogna fargli qualcosa, non so un sistema... bisogna dargli una legnata...bisogna prendere le emorragie dandogli un danno a questo qua, inventandoci qualcosa, portandogli via un giocatore, trovargli qualche...». Ripetiamo: Moggi, quello che la Roma incontrava nella sede di Capitalia. Com’era il clima in quel periodo, l’ha raccontato proprio Zeman, come si legge negli atti depositati dai magistrati di Napoli: «Altro metodo utilizzato per realizzare la mia estromissione dal mondo del calcio è sempre stato quello di persuadere vari presidenti di società calcistiche a non assumermi come allenatore... Al termine della stagione 2004/05 e allorché era chiaro che non avrei allenato il Lecce, il vicepresidente dei salentini, Moroni, mi disse testualmente che aveva partecipato a un’assemblea di Lega e che in quella circostanza Antonio Giraudo aveva detto ai presidenti di Palermo e Cagliari, Zamparini e Cellino, che io non dovevo essere assunto come allenatore... ». E alla Roma come ci si arriva? Con altre intercettazioni, sempre agli atti di Calciopoli. Nel 2005 la piazza vuole Zeman. A maggio però Luciano Moggi incontra Rosella Sensi. La situazione è sempre la stessa: il direttore generale della Juventus vuole mettere suo figlio nella Roma. Il 19 maggio Moggi parla della Roma con Capello: «Hanno accettato il principio di collaborazione. In questo momento si pone in essere in maniera diversa, loro sono disponibili a prendere giocatori, non hanno soldi ma fare scambi di giocatori lo fanno!». Capello, che ha nel mirino qualche giocatore della Roma, è soddisfatto: «Va bene». Moggi continua: «Questa ragazza si sente sola e la nostra compagnia gli fa comodo. Lunedì ci rivediamo, speriamo facciano risultato a Bergamo». A Bergamo la Roma vince e si salva. Il 25 maggio Capello richiama Moggi: «Con Rosella ci vediamo martedì, e penso che con lei non ci siano problemi grossi se non stabilire quali siano i giocatori e poi, soprattutto, metterci l’allenatore! Questo è il punto cruciale! Dopo si parte in tromba! Senza nessun problema!». Moggi rivela anche a Capello di aver convinto definitivamente la Sensi a rinunciare a Zeman. «Adesso la situazione lì sta a posto, perché so andati alla Banca a parlare… gli ho fatto mettere tutto a posto! Quindi dovrebbero stare agli ordini». Ma erano altri tempi. I tempi in cui la Roma stava agli ordini. -
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Calciopoli e il modello 231 informazione.it - 05-05-2012 È unanimemente avvertita una forte esigenza di ritrovare l’etica e l’integrità che devono sempre contraddistinguere il mondo dell’agonismo. Allo scopo di riaffermare i principi di lealtà, correttezza e probità a cui l’intero sistema calcistico è tradizionalmente ispirato e di riacquistare la fiducia e la stima del pubblico e dei sostenitori. Milano, 04/06/2012 (informazione.it - comunicati stampa) Note inchieste giudiziarie e tristi notizie di cronaca hanno recentemente sconvolto il mondo del calcio. Le vicende oggetto del procedimento “Calciopoli” e dei vari filoni giudiziari sul calcio scommesse, la morte sul campo di giovani atleti, il sempre più frequente verificarsi di illeciti sportivi rischiano di minare seriamente la credibilità del sistema federale e delle società sportive che in esso operano e di provocare la disaffezione dei tifosi verso questo magnifico sport. È unanimemente avvertita una forte esigenza di ritrovare l’etica e l’integrità che devono sempre contraddistinguere il mondo dell’agonismo. Allo scopo di riaffermare i principi di lealtà, correttezza e probità a cui l’intero sistema calcistico è tradizionalmente ispirato e di riacquistare la fiducia e la stima del pubblico e dei sostenitori, la FIGC, le Leghe ed alcune società sportive si stanno attivamente adoperando per prevenire la commissione da parte di tesserati e di altri soggetti a loro collegati di illeciti penali e sportivi, tramite l’adozione Codici Etici e di Modelli di organizzazione, gestione e controllo. Il 27 aprile scorso il Consiglio federale ha approvato le linee guida per la redazione di un proprio Modello organizzativo ai sensi del D.lgs. 231/2001 sulla responsabilità amministrativa delle società e degli enti, che dovrebbe entrare in vigore a partire dal 1 Luglio 2012. Solo pochi giorni prima, il 20 aprile, l’Assemblea della Lega di Serie A ha deliberato di adottare un Codice Etico ed un Modello di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del medesimo decreto e di prevedere quale fondamentale requisito per l’iscrizione al campionato di serie A, a partire dalla stagione sportiva 2013/14, l’adozione di un Modello organizzativo ex D.lgs. 231/2001 da parte delle società sportive militanti in tale categoria. Come chiarito dal Presidente Beretta, occorrerà che tutte le società iscritte al campionato siano dotate di un Modello volto sia alla prevenzione dei reati di cui all’elenco contenuto nel D.lgs. 231/2001 (quali ad esempio i reati contro la pubblica amministrazione, i reati commessi in violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro, i reati di associazione per delinquere, ecc.), che possono dar luogo alla responsabilità amministrativa della società in caso di illecito penale commesso da soggetto ad essa legato, sia alla prevenzione della commissione degli illeciti sportivi che, a norma del Codice di Giustizia Sportiva, possono dar luogo alla responsabilità oggettiva della società sportiva per il fatto del proprio tesserato o di altro soggetto ad essa collegato. Lo scopo del provvedimento della Lega è quello di far sì che le società militanti nella massima serie, i loro tesserati e tutti gli altri soggetti ad esse collegati operino secondo un sistema di protocolli e procedure volto a minimizzare il rischio di illeciti, in modo tale da garantire il rispetto della legalità e della correttezza sia in ambito sportivo in generale che nello svolgimento del campionato in particolare. Operàri s.r.l., da sempre attiva nella consulenza in materia di responsabilità amministrativa delle società e degli enti ai sensi del D.lgs. 231/2001, con all’attivo numerosissime implementazioni di Codici Etici e Modelli di organizzazione, gestione e controllo per società operanti in svariati settori di attività, è già stata nominata consulente da società sportive di primaria importanza e di grande fama. Il team di lavoro, fortemente specializzato in materia, sta già predisponendo tutti gli strumenti necessari per l’implementazione di sistemi di prevenzione specifici per il mondo del calcio e dello sport in generale, in modo tale da garantire alle società sportive Modelli organizzativi su misura, che, conformemente a quanto previsto dalle linee guida di settore, affianchino alla tradizionale struttura sui reati di cui al D.lgs. 231/2001 un’apposita parte speciale volta a garantire l’efficace prevenzione degli illeciti sportivi. Per maggiori informazioni: www.operari.it -
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Di chi sono le omissioni? Giuseppe Fumagalli - BeppeGrilletto - blog.oggi.it - 5 giugno 2012 Non siamo ai livelli di Calciopoli, quando gli illeciti dell’Inter vennero prima occultati sotto una vergognosa cagnara mediatica e poi ignorati quel tanto che basta per far scattare la prescrizione. Non siamo ai livelli di Calciopoli, ma anche lo scandalo scommesse non scherza. E lentamente finisce per scivolare nella farsa. Mammolette come Filippo Carobbio che per vincere una scommessa avrebbero venduto anche la madre, ora che si sono pentiti vengono innalzati a simbolo di etica sportiva. Dal suo scranno di rappresentante dell’accusa, come un consumato giocoliere, il procuratore federale Stefano Palazzi agita bastoni e carote. Radiazioni, penalizzazioni e sospesioni ai reprobi, premi e sconti di pena ai pentiti. Ma siamo sicuri che Palazzi e la Federazione possano ergersi a giudici di questa penosa vicenda? Questa certezza io non ce l’ho. Anzi. Dopo aver recuperato un articolo apparso sulla giornalaccio rosa dello sport, comincio a pensare che la federazione più che accusare dovrebbe pensare a difendersi. Il 23 dicembre 2010, a firma Francesco Ceniti, appare sulla Gazza un’intervista a Maurizio Ughi, che all’epoca era amministratore delegato di Snai, una delle maggiori concessionarie di scommesse sportive. Ughi parla a 24 ore dalla partita AlbinoLeffe e Piacenza, finita 3-3, con fiumi di puntate sul pareggio con più di tre gol. Ecco, in sintesi, quel che Ughi disse al giornalista della giornalaccio rosa: «La Federcalcio non può restare a guardare: siamo di fronte a un problema che coinvolge direttamente le istituzioni. Le partite con flussi di puntate anomale sono in aumento. E guarda caso il risultato finale quasi sempre coincide con i nostri sospetti. Ecco perché serve un’ azione preventiva da parte della Figc. Una risposta forte per tutelare la credibilità dell’ intero sistema». Presidente, la Figc ha aperto un’ indagine su AlbinoLeffe-Piacenza. Ci pare di capire, però, che la ritiene poco utile. «Fare un’ inchiesta dopo? Semmai ci aspettiamo un’ inchiesta prima. Da anni segnaliamo agli organi preposti, Monopoli di Stato in primis, le partite a rischio proprio per cercare di risolvere il problema». Ci spieghi. «Prendiamo l’ ultimo caso, AlbinoLeffe-Piacenza. La Federazione nel momento in cui viene a sapere che su quella gara ci sono state scommesse sospette, dovrebbe attivarsi immediatamente. Convocare dirigenti, calciatori, allenatori e avvertirli di quello che sta accadendo. E mandare il giorno della partita degli ispettori a bordo campo e dentro gli spogliatoi. Insomma, far sentire la presenza delle istituzioni e ricordare che la frode sportiva è anche un reato penale». Non le sembra un processo alle intenzioni? «I soldi giocati non sono virtuali. Credo sia doverosa l’ azione preventiva della Figc per tutelare la credibilità del calcio e degli scommettitori onesti». Tornando alle segnalazioni sulle gare sospette,. «Ma è un fenomeno in costante aumento e per questo siamo preoccupati. Far finta di nulla è incomprensibile. L’ Uefa lo ha capito. In Italia bisogna fare lo stesso». Le parole di Ughi mi sembrano abbastanza chiare. E mi sembra altrettanto chiaro il comportamento della Federazione. A fronte di decine di segnalazioni iniziate ben prima del dicembre 2010 («Da anni segnaliamo agli organi preposti, Monopoli di Stato in primis, le partite a rischio»), con centinaia di partite sospese dagli allibratori per flussi anomali di danaro, invece che l’allarme rosso è scattato il protocollo del «pesce in barile». La Figc ha ignorato il problema, non ha messo in atto quei meccanismi di prevenzione richiesti dagli allibratori e il paradosso è che adesso alla vigilia degli Europei, sbacchetta giocatori, allenatori e dirigenti per aver omesso denunce e informative. E cosa avrebbe fatto la Federazione in presenza di una denuncia? Questa intervista apparsa sulla giornalaccio rosa, non sul bollettino della mia parrocchia, costituiva già di per sé una clamorosa denuncia, no? Si può sapere cosa ha fatto la Figc dopo le parole di Ughi? Si può sapere cosa volevano di più i signori della Federazione per alzare le loro auguste chiappe e andare sui campi in odore di combine a vedere cosa capitava? Volevano le ricevute delle scommesse? Volevano i video di moglie e fidanzate dei giocatori in fila alla ricevitoria con i pacchi di euro da giocare e poi nelle gioiellerie a comprarsi solitari da tre o quattro carati? Comoda la vita. E vista la prontezza di reazione della Federazione, perché chi certe cose le sapeva avrebbe dovuto denunciarle? Per passare come un visionario e dover poi spiegare il perché di tanto zelo agli emissari di zingari e farabutti vari che aspettavano te sotto casa e i tuoi figli fuori da scuola? Questa è marmaglia della peggior specie e chi le ha spalancato i cancelli degli stadi, le ha permesso di scorazzare impunita sul nostro calcio? Ma Stefano Palazzi, quando parla delle omissioni degli altri, non prova un filo di imbarazzo? -
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La vera storia di Calciopoli Marco Travaglio - ilmegafonoquotidiano.globalist.it Uscirà in libreria il 13 giugno il libro di Giuseppe Narducci sulla madre delle inchieste che hanno svelato il marcio del calcio italiano. In anteprima uno stralcio della lunga prefazione di Marco Travaglio Ci voleva proprio, questo libro di Giuseppe Narducci, per rinfrescare la memoria agli smemorati di Calciopoli. E non mi riferisco tanto ai tifosi che, per definizione (me compreso, quando ancora lo ero), ragionano con la pancia e non con la testa. Ma ai giornalisti, ai commentatori, agli “esperti” veri o presunti e ai dirigenti del calcio italiano, che sono o sarebbero tenuti a rispettare le regole: quelle della correttezza, della deontologia, della completezza dell’informazione, e anche del codice penale e di quello sportivo. Scrivo questa prefazione poche ore dopo la vittoria dello scudetto da parte della “mia” Juventus: lo scudetto numero 28, che però i dirigenti e molti tifosi bianconeri spacciano per il numero 30, incuranti del fatto che due campionati furono giustamente sanzionati dalla giustizia sportiva (e anche penale) perchè viziati dalle gravissime irregolarità e illegalità di Calciopoli. Sono felice di questo scudetto numero 28 (gli altri due sono quelli della vergogna ed è meglio dimenticarli): felice perchè è stato conquistato sul campo, senza favoritismi né moggismi, così come fui felice che la “mia” Juventus nel 2006 venisse retrocessa per espiare le sue colpe. Colpe che erano sotto gli occhi di tutti i vedenti ancor prima che uscissero le intercettazioni dello scandalo, anche se pochissimi cronisti, commentatori e osservatori osavano scriverlo sui loro giornali e dirlo nei programmi Tv (Moggi controllava militarmente anche quelli). Quelle intercettazioni fui il primo a pubblicarle, sulle pagine di Repubblica con cui all’epoca collaboravo. Ma, per conoscereil sistema Moggi, non ebbi bisogno di leggerne le trascrizioni: mi era bastato seguire le partite della mia squadra del cuore con occhi non foderati di prosciutto, per rendermi conto che molte delle vittorie travolgenti dell’èra Moggi-Giraudo-Umberto Agnelli avvenivano altrove, fuori dal campo, prima ancora del fischio d’inizio: frutto del doping e dell’abuso di farmaci (come poi dimostrò il processo intentato dal procuratore torinese Raffaele Guariniello al capo dello staff medico bianconero Riccardo Agricola e all’amministratore delegato Antonio Giraudo, salvati dalla prescrizione in Cassazione), ma anche del controllo padronale e capillare su arbitri, procuratori, dirigenti federali, giornalisti, moviolisti e addirittura sui vertici di altri club (come poi dimostrarono le sentenze della giustizia sportiva e poi di quella penale). Chi fosse Moggi, poi, l’aveva stabilito un altro processo, celebrato ai tempi in cui Moggi era direttore generale dell’altro club pallonaro subalpino: il Torino Calcio. Un processo che dimostrò come “Lucianone” fosse solito allietare le trasferte delle terne arbitrali sotto la Mole prima e dopo le partite di coppa Uefa con la dolce compagnia di ragazze squillo da lui ingaggiate (quella volta Moggi se la cavò grazie a un buco nella legge sulla frode sportiva, reato punito soltanto se commesso nell’ambito di competizioni organizzate dal Coni e non dall’Uefa). Eppure, nonostante quell’indecente pedigree, o forse proprio per quello, nel 1994 Umberto Agnelli e Antonio Giraudo lo arruolarono come direttore generale del club più blasonato d’Italia, con tanti saluti allo “stile Juventus”. E lui ricominciò a vincere alla sua maniera: con la frode, solo in forme più sistematiche e spudorate (la famigerata “Cupola”) grazie alla potenza della Real Casa zebrata. -
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Calcio, un avvocato catanese commenta «La vicenda di Gianluigi Buffon mi fa paura» Goffredo D'Antona - Ctzen.it - 03-06-2012 Mette le mani avanti e sottolinea di non essere juventino Goffredo D’Antona, penalista catanese autore di questa nota sulle ultime novità dell’inchiesta sulle calcio scommesse. Lo sfogo del portiere sulla fuga di notizie dalle Procure ai giornali italiani e la risposta di questi ultimi il giorno dopo lo inquietano. In un Paese dove, anziché perquisire il covo di Totò Riina, polizia e cronisti si ritrovano a Coverciano, al ritiro della Nazionale azzurra Non sono juventino. Non mi piace la Juve, e quando la mia squadra la batte è come se avessi vinto un campionato. Il livello di dialogo e di democrazia in questo Paese è talmente deprimente, che quando si affronta un tema bisogna dire subito da che parte non si è. Dichiarare la propria parzialità è forse l’unico modo di non apparire parziali. Follia allo stato puro. Comunque non sono juventino. E da non juventino posso parlare di Buffon, il portiere della Juve e il portiere della nazionale. Mesi fa, tanti in Italia con la caduta di Silvio hanno pensato che l’Italia si sarebbe evoluta. Sarebbe diventato un paese più civile, più democratico, dove il dialogo e la libertà di esprimere le proprie idee poteva essere fatto senza la paura di ritorsioni, o senza la paura di essere insultati. Illusi. In Italia, c’è un signore che si chiama Gianluigi Buffon, ma che potrebbe chiamarsi Pinco Pallino, Tizio, Sempronio. Questo signore ha un torto, esprime la propria opinione su una questione. Nella specie questo signore tra l’altro lamenta un fatto, che chiunque operi nei tribunali sa bene. Lamenta la spettacolarizzazione, in certi casi, della giustizia. Effettivamente dà un po’ di fastidio vedere dei giornalisti piazzati davanti a un posto (Coverciano sede della nazionale di calcio) a bella posta per riprendere, un’ora dopo, l’intervento della polizia ( chi li ha avvertiti e perché?). Effettivamente dà un po’ di fastidio sapere dai giornali di essere indagati. Effettivamente dà un po’ di fastidio vedere una perquisizione a Coverciano per cercare… Per cercare cosa? Il tal calciatore cosa può nascondere a Coverciano? Qualcuno mi ha suggerito che forse volevano sequestrare il telefonino o il portatile del calciatore. Può essere, peccato che nel codice di procedura penale ci sono, per questi casi, modalità investigative ugualmente efficienti e meno invasive. Ma tant’è. Questo signore si lascia andare ad uno sfogo. Sfogo per certi aspetti sicuramente comprensibile. La Giustizia deve fare il suo corso, è il tintinnio di manette che onestamente dà fastidio a questo signore. E’ lo sbatter il mostro in prima pagina che fa un po’ di paura. Non solo a lui. In un Paese dove non viene perquisito il covo di Totò Riina, si perquisisce Coverciano. In questo momento il calcio in Italia viene additato come tutti i mali. Addirittura c’è un professore universitario che è pure Presidente del Consiglio che al posto di occuparsi di un terremoto che ha messo in ginocchio la terra d’Emilia, dei suicidi, degli attentatori che ammazzano le ragazzine, trova pure il tempo di parlare di sospendere per anni il campionato. Ma torniamo a noi. C’è quindi questo signore, che si chiama Gianluigi Buffon, ma che si può chiamare in qualsiasi modo che lamenta tutto questo, che si sfoga. Il giorno dopo questo sfogo, un giornale di color rosa ma che non è un giornale economico, pubblica pezzi della sua vita. Vecchia (gli atti risalgono a mesi fa) corrispondenza interna tra due Procure della Repubblica, atti che se il difensore di Buffon chiedesse gli direbbero che c’è il segreto istruttorio, atti di vita personale e di un soggetto, non indagato secondo le due Procure. Ma tant’è. Oggi un signore esprime critiche ad un sistema di fare giustizia. Il giorno dopo questo sistema, lo stesso sistema, mette in piazza pezzi di vita di una persona. E cosi apprendiamo che Buffon si compra degli orologi, dà soldi alla sua compagna, acquista azioni della Pirelli (cavolo questa si che è combine… la Pirelli non dell’Inter?), e paga una tabaccheria, dove esiste pure una ricevitoria Lottomatica. Fermiamoci un attimo. Con molta franchezza, a me questa circostanza, questa “coincidenza” che un soggetto oggi denunzi un “sistema” e domani sia sbattuto in prima pagina dal sistema appena denunziato, che un giornale possa avere corrispondenza interna tra due procure, mi mette paura. Lo dico con molta onestà. E ho paura di dire che paura. Sarà una coincidenza, nonché una violazione del segreto istruttorio. Ma a me inquieta. Con paura dico che questa a me sembra una ritorsione. Oggi a Buffon domani… a chi? Ma la cosa che più mi inquieta non è che chiunque possa veder messa in piazza i fatti propri (se Buffon ha commesso degli illeciti questo è giusto verificarlo, con serietà che fa rima con riservatezza, almeno nella fase investigativa). No. La cosa che più mi inquieta è il fatto del giorno: Buffon scommette. La violazione della dignità del singolo, della privacy, della riservatezza, non turba più nessuno. La possibilità di una ritorsione non viene neanche ipotizzata. Abbiamo un mostro. Per lui i diritti non valgono. Se poi non è un mostro? Se poi Buffon non ha scommesso va beh… pazienza. Tanto è ricco. Non mi piace. Tutto questo mi fa paura. -
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Io sto con Buffon (e non perché bianconero) L'attacco al portiere della Nazionale è una ripicca Roberto Catania - Panorama.it - 03-06-2012 Parto da una premessa. Buffon è un grande portiere. Ma nelle sue uscite, intendo quelle pubbliche, non mi è mai piaciuto. Troppo impulsivo, guascone, a tratti strafottente e nonostante questo troppo morbido, compiacente, insomma l'antitesi del personaggio sobrio, self-controlled ma allo stesso tempo cazzuto e determinato che piace tanto ai cultori dello stile juve (me compreso). Eppure, guardando lo sfogo di Coverciano non ho mai pensato, nemmeno per un minuto, che si trattasse della solita uscita alla Buffon. Questa volta il portierone della Juve e della nazionale è uscito a tempo, proprio come fa incampo, con decisione ma senza infrangere le regole. Anche quelle del buon senso. Buffon ha detto quello che molti di noi pensano. E cioè che c'è qualcosa di strano nei metodi inquisitori della magistratura italiana. E nelintreccio con i media. Perchè nessuno sta qui a sindacare sul fatto che il mondo del calcio sia un modello di sportività e di etica professionale. Tutt'altro. Ma è davvero strano che un giocatore di calcio di cui debbano essere ancora accertate colpe e responsabilità venga sbattuto in prima pagina. E' davvero strano che la consegna di un avviso di garanzia sia ormai uno show con tanto di fotografi e telecamere convocati ad arte. Ed è davvero strano che il giorno dopo il citato sfogo di Coverciano qualcuno parli delle scommesse milionarie di Buffon, citando e rendendo scaricabile in pdf un'informativa di due anni fa che non ha portato a niente, nessuna indagine, nessun avviso di garanzia, niente di niente. Viviamo in un calcio malato che giustifica questo clima di sospetti? Ok, allora lasciatemi sospettare che forse anche per i pubblici ministeri il calcio stia diventando un business, capace di garantire successo e popolarità in breve tempo. Lasciatemi sospettare che la qualità dell'informazione sia andata a farsi f***e e che alla fine ci sia sempre qualcuno che pensi che per vendere i giornali bastano i soliti quattro titoloni da caccia alle streghe (poi ci si chiede perché invece non vendono più). E lasciatemi pure sospettare che quello che stiamo vivendo è un clima da rappresaglia pura. Nel quale non ci sono solo i buoni e i cattivi, le guardie e ladri, gli onesti e i disonesti ma anche quelli che si prostrano a questo stato di cose e quelli che provano a dire di no. No alla giustizia sommaria, o peggio ancora a quella scritta a nove colonne da sedicenti giornalisti. Buffon potrebbe essere invischiato fino al collo nel calcio scommesse, oforse no. Ma non è questo il punto. Il punto è che ci hanno insegnato che chi sbaglia paga. Chi sbaglia, badate bene, e non chi parla. Ma servono prove provate non sospetti e chiacchiere da bar. Serve la pistola fumante, le telefonate i flussi di denaro illeciti: se li trovate mostrateceli e andremo a giusto processo, altrimenti lasciate perdere, cambiate mestiere, tornate a fare i menestrelli. Noi non ce ne dispiaceremo. -
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Bonucci, spunta la richiesta di perquisizione E nelle carte ecco Tiziano Ferro, una sfilata di veline e la droga Gian Marco Chiocci e Massimo Malpica -Il Giornale -02-06-2012 Nelle carte di Cremona sul calcio marcio si delinea il network mondiale delle combine ma saltano fuori anche i rapporti non sempre limpidi tra calciatori e tifosi. Emerge il gossip di un mondo il cui confine con lo show business è spesso esile, relazioni e rapporti non necessariamente illeciti, le vite degli altri passate al setaccio. «HAI CHIAMATO TIZIANO FERRO?» Ed è così che salta fuori, naturalmente non coinvolto dalle indagini, il cantante Tiziano Ferro. Il suo nome spunta in una intercettazione di maggio 2011 tra Safet Altic, il bosniaco tifoso del Genoa e amico di Sculli, e Guido Morso, ultras la cui famiglia per la polizia è «collegata alla cosca mafiosa Emanuello di Gela». Quest’ultimo sembra dare per scontato che Altic conosca il cantante di persona, a meno che i due non parlino in codice. Morso: «Pronto, scusa…». Altic: «Che ora sono?». M: «È ora che ti ripigli, mezzogiorno e venti». A: «Giura!». M: «E giuro sì, ma secondo te cammino con le bugie? Senti un po’, lo hai chiamato a Tiziano Ferro?». A: «No (…) fa il concerto sabato». VELINE E COLLEGHI. IL GIRO DI «ZAMPA» Alessandro Zamperini, per la procura, è il «filtro» tra il laziale Mauri e il boss Ilievski, ed è lo snodo di varie presunte combine. Così «Zampa» finisce monitorato a fondo dalla polizia che evidenzia ogni suo contatto e le sue relazioni sociali. Nella rete finiscono i 1107 contatti con Mauri, i 236 con Bobo Vieri. Ma agli atti restano anche 71 contatti con un cellulare (33117…) intestato al «Consiglio regionale della Lombardia», e poi Gervasoni e Tisci (68 e 62 chiamate), Stefano Ferrario e Beppe Sculli, l’esponente del clan Moccia Angelo Senese, e una serie di amici non coinvolti come Alberto Aquilani (60) la showgirl Cecilia Capriotti, Barbara Fagioli, Melissa Satta, Roberto Baronio, Fabio Galante, Aldo Maldera, Simone Pepe (l’esterno juventino «coinvolto» da Andrea Masiello come a conoscenza, seppur contrario, della presunta combine di Udinese-Bari, la stessa di Bonucci), Abbiati, Rolando Bianchi e tanti altri. BONUCCI E LA PERQUISIZIONE Una nota dello Sco, depositata il 27 aprile come integrazione dell’ultima informativa, rivela che gli inquirenti volevano perquisire anche Leonardo Bonucci. Un «dettaglio» che aggiunge elementi alla polemica sull’incredibile differente valutazione che la Figc ha fatto per Criscito - indagato, perquisito e cacciato dalla nazionale - e per Bonucci – indagato, rimasto agli Europei perché non perquisito. La richiesta di perquisizione rende ancora più sovrapponibile la posizione dei due. Il nome di Bonucci, indagato a Cremona, è al primo posto nell’elenco di 21 persone per le quali sui chiede «l’emissione di decreti di perquisizione» per «favorire l’acquisizione di elementi utili alle indagini». ALTIC, DROGA ALL’AMICA DI SCULLI La sera del 12 maggio 2011 per Altic è in programma un viaggio. Secondo la polizia dopo aver incontrato Milanetto, intrattiene numerosi contatti telefonici con Sculli, Kaladze e altri del «gruppo genovese», propedeutici a pianificare un viaggio da Genova a Roma passando da Milano, «ove egli dovrà incontrare il calciatore Kaladze e la fidanzata di Sculli, M.H.». Ed è proprio Beppe Sculli a guidarlo per telefono fino al suo appartamento. Per la polizia «è evidente che Altic, dopo aver evidentemente consegnato a E.H. il quantitativo di stupefacente, si allontata dalla via per recarsi all’altro appuntamento con Kaladze». KALADZE, IL BOSS E MIAMI BEACH Dall’esame dei tabulati «caldi», nei giorni precedenti la presunta combine di Lazio-Genoa, gli inquirenti trovano uno strano legame parallelo tra il calciatore georgiano Kakha Kaladze e il boss degli «zingari» Ilievski. Il 14 maggio, giorno dell’incontro, Kaladze «alle ore 22.53 viene chiamato dall’utenza telefonica nr. 0017865(…), con la quale parla per circa tre minuti. Tale utenza, che da quanto verificato dovrebbe appartenere al distretto telefonico di Miami Beach - Florida (USA) è risultata essere in contatto con quella di Kaladze dal 02.04.2011 al 21.0S.2011, con la maggior parte delle chiamate concentrate tra il 9 e il 10 maggio». Niente di strano, se non fosse che «il contatto assume rilevanza» perché esce dai tabulati di Ilievski «che nel solo periodo 12/13 maggio 2011 (prima di una partita incriminata, ndr) ha parlato a lungo per 11 volte con l’usuario dell’utenza nr. 001786(…) appartenente allo stesso distretto di quella in contatto con Kaladze». E la «cella» da cui Ilievski chiama, il 12 maggio, è a Milano «non lontano» da casa di Kakha. SPUNTA ANCHE BIAVA Lo Sco a un certo punto analizza il traffico telefonico degli indagati, e rimarca, tra «i contatti di maggiore interesse investigativo» di Carobbio, anche il difensore della Lazio (ex Genoa) Giuseppe Biava. Il «pentito» Carobbio lo chiama soltanto il tre occasioni, il 2 aprile e poi il 17 e 18 maggio. Gli inquirenti annotano che «in prossimità di tali date sono state disputate le competizioni sportive Lazio-Genoa (14 maggio) e Lecce-Lazio (22 maggio), alle quale il difensore laziale ha preso parte». -
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Una vera e propria emergenza democratica! Francesco Alessandrella - Spazio Juve -31-05-2012 Ormai è una certezza: siamo di fronte ad una vera e propria emergenza democratica. La vicenda del calcio scommesse, al di là del tifo calcistico sta facendo emergere una questione molto più grave delle responsabilità dei singoli calciatori. I fatti: 1) il 3 maggio la procura di Cremona invia, tra gli altri, una informazione di garanzia (volgarmente detto “avviso”) a Criscito, nel ritiro della Nazionale. Ciò provoca la mancata convocazione del calciatore per gli europei. Nel pomeriggio si sparge la voce che anche Bonucci sarebbe destinatario di pari provvedimento. Tale voce è smentita dal giocatore, dallo staff dell’Italia e addirittura dallo stesso procuratore di Cremona. Ma qualcuno insiste e questo pomeriggio il sito di un quotidiano pubblica la foto di quella che è tecnicamente una “iscrizione nel registro degli indagati” del difensore juventino, spacciandola per avviso di garanzia. Chi vi scrive è un avvocato che qualche esamino di procedura penale l’ha fatto e conosce bene la differenza tra i due atti, cosa che, forse, manca al giornalista. L’iscrizione nel registro degli indagati è un atto dovuto da parte del magistrato quando è a conoscenza di una notizia di reato. Se io vado in Procura a dire che uno ha fatto qualcosa che la legge individua come reato, chi riceve la notizia è tenuto per legge ad iscrivere quella persona nel registro. Nel corso delle indagini seguenti alla detta iscrizione, se ci sono degli atti che l’indagato deve compiere o di cui deve venire a conoscenza, scatta l’informazione di garanzia (e attenzione che la parola “garanzia” è riferita all’indagato, è una tutela per questi)! Ma la vera gravità del fatto è che tale atto, e cioè l’iscrizione nel registro degli indagati, che per sua natura non è necessariamente notificato alla persona indagata (e a Bonucci non è stato notificato, si ripete), finisce in internet violando ogni principio costituzionale o di legge prima che il soggetto ne sia venuto a conoscenza! Potrebbe sembrare una cosa da poco, ma la legge questo fatto lo chiama REATO, e chi lo commette è un delinquente! E attenzione: i delinquenti, qui, sono almeno 2: chi pubblica la cosa e chi gliela fa avere in modo da pubblicarla… 2) Questo pomeriggio ecco arrivare il turno di Buffon. Perché oggi? Ma ovvio: ieri sera il portiere della nazionale aveva osato accusare stampa e magistratura esattamente di quello che abbiamo scritto al punto 1. Se alle sei del mattino ci sono le telecamere a Coverciano per aspettare l’arrivo delle volanti, se le cose finiscono in rete prima che agli interessati, c’è qualcosa che non va. Ebbene, con un tempismo e una precisione straordinarie ecco arrivare quello che si può definire senza paura di essere smentiti una intimidazione di stampo mafioso. Sullo stesso giornale ecco la pubblicazione di quelle che lo stesso giornalista definisce “nota riservata inviata dalla procura di Torino a quella di Cremona”. Pazzesco: una nota RISERVATA che una procura invia ad un’altra finisce immediatamente su internet. Attenzione: qui non si sta nemmeno parlando di iscrizioni nel registro degli indagati come nel caso di Bonucci. Qui siamo in una fase assolutamente precedente nella quale una procura sta – legittimamente – svolgendo delle indagini ma nella quale Buffon non risulta nemmeno indagato! E attenzione alle date: Torino chiede a Cremona, a mezzo del sostituto Dott. Parodi copia degli atti relativi alle trascrizioni delle intercettazioni nelle quali Buffon sarebbe stato indicato come soggetto dedito a scommesse addirittura il 29 DICEMBRE 2011! La nota con la quale la Guardia di Finanza, nucleo polizia tributaria di Torino evidenzia il flusso animalo nella emissione degli assegni da parte del portiere della Juve nel periodo gennaio – settembre 2010 è addirittura del 13 GIUGNO 2011 (Prot. 225297/11). E la risposta di Cremona a Torino, con la quale il Dott. Di Martino trasmette copia della trascrizione delle intercettazioni ambientali nell’ambito della quale viene fatto il nome di Buffon è del 16 GENNAIO 2012! In questa nota, il Procuratore di Cremona fa riferimento alla intercettazione ambientale di Santoni e chiaramente fa intendere di non averla presa in nessuna considerazione in quanto scrive: “allo stato questo ufficio non ha in programma iniziative investigative nei confronti del predetto Buffon che non risulta tra gli indagati”. Insomma, stiamo parlando di cose vecchie, addirittura già smentite dallo stesso Santoni che aveva bollato come millanterie queste sue presunte conoscenze di scommesse da parte di Buffon (per inciso, in quella intercettazione vengono fatti anche i nomi di Gattuso e Cannavaro!). Ma per i giornali chissenefrega! Sbatti il mostro in prima pagina, questo è ormai il motto. E non solo per modo di dire perché la home page del maggiore quotidiano italiano è stata per tutto il pomeriggio di oggi aperta con questa notizia vecchia, prima di quelle relative al terremoto che anche oggi ha fatto tremare mezza Italia. E anche qui viene spontanea una domanda: chi ha fornito queste carte alla stampa? Chi ha permesso che una persona NEMMENO INDAGATA venisse sbattuta in pasto alla demenziale ignoranza di chi ci costruirà castelli e supposizioni che nemmeno una archiviazione del caso, come è naturale che avverrà, potrà mai abbattere? Questo è un modo vergognoso, anzi, ripetiamo, delinquenziale di fare informazione e di fare giustizia, indegni di un paese civile. Speriamo davvero che questa sia l’ultima frontiera e che qualcuno paghi per questa cosa. Anzi, vi anticipo che sto preparando una denuncia querela che presenterò alla Procura più vicina per i reati commessi da ignoti per la divulgazione di queste notizie. Adesso basta! -
K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
huskylover ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
In Italia c’è il fascismo Christian Rocca - camilloblog -31 maggio 2012 E Gigi Buffon è il nostro Gaetano Salvemini. I giornali sono vergognosi, e poi si lamentano di non vendere copie e di perdere autorevolezza. Buffon ha criticato il circolo mediatico giudiziario, la vera peste italiana degli ultimi 20 anni, e il giorno dopo una vecchia informativa di una qualche procura è diventato un PDF scaricabile sui siti dei giornali titolati a tutta homepage: “Le scommesse milionarie di Buffon”, sottinteso illegali e collegate alle inchieste di questi giorni. E invece non c’entra niente, quella vecchia informativa “risevata” non ha portato ad alcuna indagine nei confronti di Buffon, che non è indagato, è solo una ritorsione della magistratura e della stampa dopo le giuste e doverose accuse di ieri. Una ritorsione. Quell’informativa che fa titolare i giornali, anche quelli in amichevoli rapporti con gli zingari scommettitori clandestini, “Le scommesse milionarie di Buffon” da sottintendere sempre illegali e collegate alle inchieste di questi giorni, dice invece che non si puó escludere che Buffon non scommettesse legalmente, attività peraltro al tempo consentita e lecita anche per i calciatori (ora non più). Per i giornali quel “non si può escludere” sotto dettatura della casta dei magistrati diventa “scommetteva” naturalmente illegalmente. Io non so se Buffon scommettesse. So che in Italia c’è il fascismo. -
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huskylover ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
Così Sculli ricattava Luca Toni "Collaborerà, ho certe sue foto" Milano, 31 maggio 2012 In un'intercettazione col pregiudicato bosniaco Altic, l'attaccante del Genoa svela come forzare la mano all'ex compagno di squadra Giuseppe Sculli e Safet Altic, il pregiudicato bosniaco al centro dell'inchiesta sul calcioscommesse, avevano un modo sicuro per convincere Luca Toni a collaborare al loro tentativo di aggiustare le partite: il ricatto. L'INTERCETTAZIONE — In una telefonata del 3 maggio 2011 l'attaccante del Genoa e Altic, secondo quanto riportato nelle carte dell'inchiesta "Last New Bet", parlano di affari da "monetizzare" facendo riferimento a Luca "Peperone" Toni, che è stato compagno di Sculli al Genoa. L'attaccante nato a Locri dice di "essere in possesso di foto compromettenti del collega che lo ritraggono in atteggiamenti intimi con ragazze, utilizzabili per forzare la volontà del giocatore nel caso non si fosse dimostrato accondiscendente in alcune richieste". Sculli e Altic parlano di come utilizzare quelle foto e citano espressamente la possibilità di inviarle a Marta Cecchetto, compagna di Toni. Ecco il testo della conversazione tra Altic e Sculli su Toni: Safet Altic: E che dice Peperone (Luca Toni, n.d.r.) ieri? Giuseppe Sculli: Peperone è qua ancora... Ti giuro qua stasera lo vedo è rimasto qui, il co*****e è qui. Mamma che co*****e. Ha detto Carabinierovic ho detto se ti piglia Carabinierovic... Si incazza ehh? Ho detto guarda che le foto le ha ancora lui Sergio. No? Ti prego... SA: No non gli dire che non le abbiamo... GS: No ma io ce le ho davvero le foto SA: Giuri? GS: Te le giuro che le ho fratello SA (ride): m***a... Tienile comunque... Se non siamo più amici con questo peperone. GS (ride) SA: Gli recapitiamo alla signora Marta... come si chiama GS: Marta Cecchetto... Allora gli dico Se che domani pomeriggio passi tu da lei. Gli dico di aspettare dai... LA MENTE — Il ruolo di Altic emerge chiaramente dalle carte dell'inchiesta. Il bosniaco aveva contatti quotidiani con Sculli, di cui era amico e da cui ha ricevuto senza problemi in prestito la sua Audi A6, e diversi anche con altri giocatori del Genoa, in particolare Omar Milanetto, Domenico Criscito e Kakha Kaladze, con cui i contatti telefonici erano molto frequenti. Altic risulta anche "ben inserito nella realtà calcistica del Genoa", con "legami significativi" con Gabriele e Guido Morso, pregiudicati siciliani "ben conosciuti dagli appartenenti del gruppo ultras del Genoa nonché da diversi calciatori di tale società". In altre intercettazioni Altic organizza attraverso un intermediario la consegna di 1.500 euro a Sculli, che il calciatore riceve al casello autostradale di Serravalle Scrivia (Al) il 23 aprile 2011.