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Socrates

10 - PAUL POGBA

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Paul Pogba • Welcome BACK to Juve - YouTube

 

Paul Pogba is back on the pitch for Juventus, and he has trophies back in  his sights - Man United News And Transfer News | The Peoples Person

 

Juventus statement as Paul Pogba provisionally suspended after failing  anti-doping test | talkSPORT

 

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FRANCE football | MARDI 4 MARS 2014

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El Gráfico | MARZO DE 2014

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Lo scudetto di Pogba

 

It's time' – Pogba & Juventus tease player's return from private jet after  leaving Man Utd as a free agent | Goal.com Ireland


È passato un anno, Paul Pogba ha spostato in alto l’asticella e l’ha saltata con le sue gambe lunghe che gli consentono di zompare sul pallone prima degli avversari. Da rookie aveva sorpreso, una stagione dopo è già una pedina fondamentale nell’undici di Antonio Conte.

Nessun compagno ha più presenze di lui (35) e solo Buffon ha giocato titolare tante volte quanto il francese (32, con la prospettiva concreta di fare 33 col Cagliari). Guardando all’intero campionato, Pogba è il quattordicesimo giocatore di movimento per minuti giocati (2976, da transfermarkt), terzo tra i centrocampisti, dietro Parolo e Candreva.

Prospettive cambiate. Da prima riserva del centrocampo a titolare fisso, tanto da far scivolare Marchisio in panchina. Doveroso citare l’infortunio del numero 8 in Supercoppa. Quella partita, la prima stagionale, Pogba l’aveva iniziato dalla panchina. Quando è entrato ci ha messo tre minuti a segnare.

Con Marchisio fuori per infortunio Pogba è partito alla grande, sfruttando al massimo la condizione di avere il posto assicurato. Non l’ha mollato più, anche quando il “Principino” è tornato a disposizione.

Più tempo in campo ha significato più gol, 7, contro i 5 del primo campionato. Paul ha variato il repertorio, migliorando negli inserimenti da dietro. Lo scorso campionato 4 dei suoi 5 gol erano arrivati con tiri da fuori, senz’altro il colpo migliore del ragazzo. Quest’anno 4 reti su 7 le ha segnate da dentro l’area. Il più spettacolare resta però quello al Napoli, un capolavoro di coordinazione dopo lo stop sbagliato.

 

 

 

Napoli-Juventus 1-3 - 11/01/2015 - YouTube

 

 


La differenza con l’anno scorso, in ogni caso, non l’hanno fatta i gol, ma gli assist. Nessuno in 27 presenze la scorsa stagione, sette quest’anno. Oltre a questi, Pogba ha creato altre 39 occasioni (dato squawka), mettendo un compagno nelle condizioni di tirare. Confrontate con le 22 del campionato scorso si capisce come sia migliorato nel gioco per la squadra, pur avendo ancora molto potenziale inespresso da questo punto di vista.

Se è vero che nella Juve solo Lichtsteiner (8) ha fatto più assist di lui, d’altra parte nelle occasioni create sta dietro non solo a Pirlo e Vidal, ma anche a Tevez e Llorente. Resta un giocatore che preferisce concludere personalmente l’azione (con 71 tiri è dietro solo a Tevez nella rosa bianconera), piuttosto che rifinirla. Eppure la sua tecnica gli consentirebbe di fare tutte e due le cose in maniera eccellente.

Per il resto nel suo bagaglio deve aggiungere solo un po’ di garra in più, che gli eviterebbe errori come quello contro il Milan (minuto 3:26).

 

 

 

 


Una leziosità che è conseguenza diretta della smisurata fiducia nei suoi mezzi. E che per ora gli impedisce di giocare davanti alla difesa con la stessa efficacia con cui fa la mezzala. Questo è indubbiamente il ruolo in cui si esprime meglio, che gli consente di inserirsi, concludere, rifinire e toccare il pallone quella volta in più senza rischiare di lasciare scoperta la squadra.

La ricerca di un gioco più semplice, a uno o due tocchi, è il prossimo passo per diventare un tuttocampista coi fiocchi. La base è eccellente. Pogba sa concludere, fare assist, dribblare (dietro solo ad Asamoah nella Juve per dribbling riusciti), ma anche difendere (è secondo nella rosa bianconera per tackle fatti, 83, dati whoscored).

La sua strapotenza fisica (è il miglior centrocampista della Serie A per duelli aerei vinti), poi, gli consente di dominare gli avversari. Non so se valga 40, 50 o 100 milioni. Di certo un altro centrocampista classe ’93 di questo livello in giro per il mondo non c’è.

da Calcio Critico

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Pogba-Psg, tra offerte assurde e storielle

 

Juventus start Paul Pogba talks? -Juvefc.com


 

Paul Pogba al Paris Saint-Germain per 55 milioni di euro. Anzi, si sono inseriti il Real Madrid e il Bayern Monaco. Il prezzo è salito a 60 milioni (“giornalaccio rosa dello Sport”). “Tuttosport”, la “Pravda” bianconera, nega. “Solo chiacchiere”, per dirla con le parole di Beppe Marotta. Il teatrino mediatico aumenta il livello delle prestazioni.

La scoperta dell’acqua calda, certo. Soprattutto in periodo di calciomercato. Articoli basati sul nulla, pezzi che alla fine ti chiedi: “Bene ma il fatto qual è? Dov’è la notizia?”.

Prendiamo il caso Pogba. Che lascerà la Juventus è un fatto certo. In estate, tra un anno, ma se ne andrà. Andrea Agnelli è stato chiaro in tempi non sospetti. Ottobre 2013: “Se arrivasse una grande offerta non penso che in questo momento la Juventus abbia la forza per trattenere un simile giocatore”. Nasser Al-Khelaifi, presidente del Psg, ha svelato pubblicamente l’interesse per Paul.

Ok, tutto chiaro. Fin qui i fatti. Il resto è teatrino e manipolazione. Articoli suggeriti, offerte fantasma, cifre sparate a caso e interessi farlocchi di grandi squadre. Non c’è bisogno di leggere la “giornalaccio rosa” per scoprire che a tutti i club più forti d’Europa piaccia Pogba. Che scoperta.

Parliamo di cose concrete. Chi è che veramente si è fatto avanti? Dove sono questi 55 milioni che diventano 60 nel giro di un giorno? Dove sono Real e Bayern? Hanno fatto offerte? O si tratta delle solite voci, indiscrezioni, fuffa, insomma, utile a riempire un foglio di giornale?

Ma funziona così. Articoli imbeccati che fanno il gioco del procuratore di turno e quello della dirigenza che deve vendere. Sostanza, fatti, praticamente assenti.

Dall’altra parte c’è chi per interesse deve sempre negare tutto. Come l’orchestra che continua a suonare nel Titanic che affonda. Destino che nel caso specifico spetta a “Tuttosport“, già famoso per la sua imparzialità. “Pogba via? Chiacchiere”. Certo, non c’è nulla. La Juventus è la squadra più forte d’Europa, che non ha bisogno di vendere nessuno e nella quale tutti i giocatori più forti sognano di giocare. E quando poi Pogba va via? Colpa sua, è stato lui a volersene andare. Ingrato.

Che poi il caso Pogba si inserisce in un contesto più ampio, quello del calcio italiano in crisi, costretto a vendere i pezzi migliori. Questa è solo una parte della realtà. Non si mette in dubbio l’importanza di fatturati, bilanci etc. Ma il vero punto della questione economica è un altro. La crisi c’è, è un dato di fatto. Ma perché dalle altre parti stanno meglio? Perché non si possono più garantire stipendi top? Quali errori sono stati fatti in passato e quanti se ne continuano a commettere? Quali sono i problemi e chi sta pensando realmente alle soluzioni?

La storia dei fatturati è stata spesso un alibi per nascondere incapacità e malafede. In campo, per fortuna, non scendono bonifici e fideiussioni. Altrimenti il Real Madrid, primo in Europa per distacco in quanto a fatturato, avrebbe vinto la decima e pure la quindicesima. E in Italia il Milan, primo da anni per i ricavi, avrebbe dominato la Serie A. Invece il Real vive ancora nell’ossessione di questa benedetta decima Champions League. E il Milan ha vinto un solo scudetto nelle ultime dieci stagioni.

Troppo facile adagiarsi sulla crisi. L’Atletico Madrid, con un fatturato che vale meno della metà di Real e Barcellona, è primo in classifica. Il Borussia Dortmund, staccatissimo dal Bayern in quanto a fatturato, ha vinto due campionati ed è arrivato in finale di Champions League.

Non è più la Serie A di un tempo, quella dei soldi mangiati (Cragnotti e Tanzi) e dei soldi spesi a casaccio. Ma non per questo si deve piangere miseria. Milan e Juventus sono nella top 10 dei club europei per fatturato. Le risorse ci sono. Basta saperle investire nel modo giusto. Il Pogba di turno è solo di passaggio, la sfida è sostituirlo in maniera adeguata.


da Calcio Critico

 

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WorldSoccer | November 2014

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Le Roi Pogba

Migliore giovane del Mondiale brasiliano. Unico calciatore di Serie A

presente nella lista dei 23 candidati al Pallone d'Oro, premio cui aspira.

Il centrocampista partito da Lagny-sur-Marne si è aggiudicato il nostro

Bravo 2014. Frutto pure dell'ottimo lavoro svolto su di lui dalla Juventus

di ENZO PALLADINI (GUERIN SPORTIVO | GENNAIO 2015)

Certi momenti sono roba da ricchi. Samsara calcistico riservato solamente a chi può. Puro godimento tecnico. Il guaio è che una volta i ricchi eravamo noi, potevamo permetterci Gullit contro Maradona e Matth ä us contro V ö ller. Adesso dobbiamo andare fin là, che poi vorrebbe dire allo Juventus Stadium, per vedere giocare Paul Pogba. Di questo siamo costretti ad accontentarci e di questo dobbiamo sopravvivere, ringraziando la Juventus che l’ha scoperto, l’ha preso, ci ha creduto e l’ha mantenuto anche a costo di un sacrificio economico che solo un giocatore di questo livello può giustificare. Fino a quando, non si sa. Uno stipendio di 4,5 milioni a stagione elevabili a 6,5 con i bonus è una cifra iperbolica per l’Italia, ma per gli sceicchi che hanno colonizzato l’Europa è un pacchetto di noccioline. La Juventus ha una responsabilità pesantissima, quella di salvaguardare un patrimonio del calcio italiano, l’unico vero insieme a Carlitos Tevez e forse – ma questo lo dirà solo il futuro – a Mateo Kovacic.

BRAVO MERITATO

Consegnargli il Bravo è un atto doveroso e quasi scontato. Pogba incarna al cento per cento il prototipo del calciatore 2.0, il modello su cui la prossima generazione dovrà tararsi. Un concentrato di doti uniche: fisico da gladiatore, progressione da mezzofondista, padronanza tecnica da brasiliano e tiro di una potenza impressionante. Fa sembrare semplicissima anche la giocata più complicata, aggancia palloni che vengono giù dal cielo come dei meteoriti, centra la porta da distanze improbabili, il tutto come se stesse bevendo una tazza di caffè. Deve ringraziare sicuramente il suo Dna guineano, che l’ha plasmato, ma anche la sua autostima che lo porta a osare e l’autocontrollo che lo guida nella cura dei particolari. Mai un bicchiere di troppo, mai un pasto ipercalorico. Spesso si fa bastare la coscia di pollo arrosto che passa a prendere prima di tornare a casa al ristorante di Piero Chiambretti. Per la salute e la buona alimentazione si può anche soprassedere sulle tensioni da derby.

ALLA CORTE DI FERGUSON

Idee chiare, quelle sempre. Non si è mai fatto problemi nei rapporti con le sue società e con i suoi allenatori. Fin da bambino è stato capace di stracciare rapporti per scegliere nuove avventure. Nel 2007 ha detto addio al Torcy, la sua prima squadra, per entrare nel settore giovanile del Le Havre. Ma il contenzioso Le Havre-Torcy non si era ancora risolto, quando Pogba ha ricevuto la chiamata di sir Alex Ferguson per trasferirsi al Manchester United. A Pogba tutto questo interessava poco, la scelta era fatta e il Le Havre, dopo avere accusato Ferguson di aver promesso un premio di 90mila sterline alla famiglia, si è dovuto accontentare di una piccola somma di denaro. Niente in confronto a tutto quello che il ragazzo saprà dare al calcio da lì in poi. Nel periodo di Manchester, ecco l’incontro che gli ha cambiato la vita, quello con Mino Raiola. L’agente delle trattative impossibili, il quale un paio d’anni più tardi l’avrebbe paragonato a un quadro di Monet, uno di quelli che un collezionista non venderebbe mai. Nelle mani di Mino, Pogba è diventato davvero roba da ricchi. Il solito giro delle sette chiese per capire se ci fossero squadre italiane interessate. Il Milan ci ha pensato, l’Inter era sicura di averlo in mano. Poi però Paul ha scelto la Juve, scatenando ancora una volta l’ira della squadra che ha lasciato. Nell’estate del 2012 era in scadenza di contratto con il Manchester United e a nulla sono serviti i tentativi di Ferguson. Niente da fare. Pogba e Raiola hanno scelto i colori bianconeri: prima di tutto per il progetto che si stava sviluppando intorno a Conte, poi per le sostanziose commissioni (si parla di 4,5 milioni) che l’agente ha fatto confluire nelle sue casse personali per concludere l’affare.

MIGLIORATO DA CONTE

Se l’incontro con Paperone Raiola è stato fondamentale per la valorizzazione finanziaria della carriera (il primo contratto juventino non era da buttare:un milione e mezzo a stagione), quello con Antonio Conte ha dato l’impulso definitivo alla crescita tecnico-tattica del ragazzo di Lagny-sur-Marne. L’ha mandato in campo dopo averlo studiato per un po’, gli ha dato sempre più spazio, ma ha saputo anche castigarlo per qualche ritardo e qualche disattenzione in allenamento, ottenendo in cambio una crescita disciplinare. Il rischio, in casi così, è che il talento precoce possa essere accompagnato anche da un deterioramento della soglia di attenzione. Si può invece dire che Pogba è un esempio di professionalità. I risultati parlano per lui, così come l’altissimo rendimento in campo.

GLI ALTRI POGBA

Viene da dire: facile fare strada con quei doni naturali. Ma il fatto è che bisogna lavorarci. E l’esempio ce l’ha in casa. La famiglia Pogba è fatta di calciatori, ma i suoi fratelli (che sono gemelli tra di loro, nati il 19 agosto del 1990) non sono riusciti a percorrere la stessa strada alla stessa velocità. Florentin è un difensore che gioca (non sempre) nel Saint Etienne, dopo un lungo percorso in squadre minori francesi. Mathias fa l’attaccante e si è affidato a Raiola per trovare un posto in Italia. SuperMino l’ha piazzato agli amici del Pescara, ma non risulta facile trovargli spazio in squadra. Mathias e Florentin sono francesi a tutti gli effetti come il fratellino-fratellone Paul, ma sono nati a Conakry, in Guinea, terra d’origine dei genitori che poi si sono trasferiti in Francia prima della nascita del loro campione.

MONDIALE DA CAMPIONE

Il Mondiale brasiliano ha consegnato a Pogba il certificato di campione assoluto. C’è molto di suo nell’approdo della Francia ai quarti di finale e solo i futuri Campioni del Mondo della Germania avrebbero potuto spezzare il sogno dei Bleus in quella maniera. Però Paul ne è uscito vincitore lo stesso, con il titolo di miglior giovane della manifestazione. Nell’albo d’oro, prima di lui, solamente due giocatori (il riconoscimento è stato istituito nel 2006) ma di altissima qualità: Lukas Podolski e Thomas Muller. Tuttavia è ovvio che quel riconoscimento sta stretto allo juventino, che punta al massimo possibile, al Pallone d’Oro. Quest’anno è entrato tra i 23 candidati, unico giocatore del campionato italiano ad avere avuto questo privilegio. Quando si dice che certe giocate sono roba da ricchi, vuol dire che sono davvero sopraffine. Ovviamente Paul non vincerà il Pallone d’Oro quest’anno, ma il giorno del suo trionfo non è lontano, sempre che non decida di scivolare su qualche buccia di banana, incidente che però dipende esclusivamente da lui.

SINONIMO DI VITTORIA

Il patentino di Pogba con la Nazionale francese parla di 22 partite ufficiali e 5 gol, che alla sua età è qualcosa di simile a un record. Ma se cercate il suo curriculum su Wikipedia appare una sequenza di esperienze nelle Nazionali giovanili che lascia di sasso: 13 gare e 4 gol nell’Under 20, 12 partite e 4 gol nell’Under 19, 6 partite e 1 gol nell’Under 18, 10 gare e 2 gol nell’Under 17. In totale, dunque, ha vestito i colori del suo Paese per 63 volte, almeno nelle occasioni ufficiali, più decine di stage e raduni. Con un medagliere che parla da solo: un titolo di Campione del Mondo Under 20 (Turchia 2013), un terzo posto agli Europei Under 19 (Estonia 2012), un altro terzo posto agli Europei Under 17 (Lichtenstein 2010). Nel 2013 è stato anche eletto miglior giocatore del Campionato del Mondo Under 20. Dove c’è lui, ci sono vittorie. Con la Juventus in due stagioni e mezzo ha portato a casa due scudetti e due Supercoppe italiane.

PUROSANGUE IMBATTIBILE

A garanzia di un futuro da “roi Paul”, da re del campionato italiano, c’è un carattere riservato e inquadrato. Difficile trovare in lui delle Balotellate. La cura maniacale per le acconciature stravaganti e per un look originale non devono distogliere l’attenzione dalla sostanza del personaggio, che vive per il calcio e ha capito benissimo quanto questo sport possa fare per la sua vita presente e per il futuro. La versione “Polpo Paul”, quella che agguanta il pallone come se al posto delle gambe avesse dei tentacoli, si può alternare solo con la versione “PogBoom”, quella che tira in porta con forza. Impossibile che si possa palesare un terzo Pogba, un “bad Paul” che non è nelle sue corde e che la Juventus ha fatto di tutto per non costruirsi in casa. L’unico aspetto triste è che parliamo ormai di un caso più unico che raro: un campione vero che accetta di restare in un campionato in declino, ma solamente perché la società in cui gioca è quella che meno risente della crisi. Pogba è un esempio come giocatore e come investimento. Il difficile è emulare la Juve, che ha trasfortmato un puledro in un purosangue imbattibile.

 

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FourFourTwo | February 2015

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IL CAMPIONE FLUIDO

Forza, classe, tocco (e le telefonate alla mamma): ritratto di Pogba,

la meraviglia proficua. Ovvero, il calciatore da 90 milioni di euro

La banalità dell’essere straordinario. Si può avere talento senza essere naturali: lui veste su misura entrambe le cose

L’allenatore più importante degli ultimi 15 anni l’aveva voluto al Manchester United. Ma non l’ha capito fino in fondo

Nella storia del calcio non ci sono altri centrocampisti universali alti un metro e 88 e allo stesso tempo tecnici e veloci

Nella Juve ha fatto l’interno, il regista, l’esterno, il trequartista. Anomalo per catalogazione e per capacità di giocare a pallone

di BEPPE DI CORRADO (IL FOGLIO 17-01-2015)

Pogba è fluido. Per il fisico, per la tranquillità, per la certezza di essere forte. Calcia senza ansia, gioca senza paura. Sciolto, Paul. Il gol al Napoli, con la palla che scende, lui la guarda, la segue, la capisce, la sente. La coordinazione è un movimento che non fa strappi, uniforme, pulita, è una linea immaginaria che non ha sbavature. Tiro al volo, gol. La banalità dell’essere straordinario è il primo punto di forza, supera il fisico, la determinazione, la voglia, la capacità, la tecnica. Si può avere talento senza essere naturali. Pogba veste su misura entrambe le cose. Quanto vale? Settanta milioni, dicono. Novanta, s’è letto in questi giorni. La Juve lo venderà? E’ la domanda più scontata e però giusta possibile. La risposta è sconosciuta al momento e si tuffa in un’altra domanda, che poi in realtà è il dilemma più frequente della storia del pallone: di fronte a un’offerta enorme si deve vendere? Qui il non tifoso vince facile. Risponde “sì”, perché il mercato offre possibilità uniche e la storia è piena di squadre che con una cessione hanno costruito molte delle loro vittorie successive. Ma si capisce che il tifoso sia scettico. Perché se hai Pogba non lo vuoi dare a nessuno. Hai allevato un talento fuori dalla norma, ti godi un giocatore giovane e pronto, fortissimo già ora e però con ancora possibilità di migliorare. Il tifoso non lo venderebbe, ovvio. Senza saperlo baratta l’ipotesi di costruire una squadra vincente, con la certezza di avere un campione che però da solo non ti potrà far vincere ciò che lo stesso tifoso sogna.

Succede e si capisce. Cioè lo capisce chiunque tifi. Il che comunque non risponde alla domanda iniziale: la Juventus lo venderà? Qui la risposta è una tripla al totocalcio che accompagnerà questa stagione. Perché Pogba è il centro di molte cose, fuori e dentro al campo. E’ uno schiaffo ai detrattori a prescindere del nostro pallone. E’ vero: l’Italia è rinculata, ha meno soldi di altri paesi, ha club meno organizzati, ha stadi mediocri, ma sappiamo ancora fare qualcosa. Pogba è credere in qualcuno a prescindere dall’età. Era un altro luogo comune del nostro calcio: non sa scegliere i ragazzi, compra soltanto campioni affermati e quindi costosi. Dicono sia stato quello il motivo del disastro finanziario del nostro pallone. Comunque Paul è stato preso a zero euro a 19 anni. Antonio Conte gli disse: “Con me gioca il migliore, l’età non conta. Se pensi di poterti imporre qui da noi allora vieni e mostraci quello che sai fare”.

Quello che sa fare l’abbiamo visto anche noi. La corsa, la testa alta, la forza fisica, la classe, il tocco. Tutto ciò in cui aveva creduto solo fino a un certo punto Alex Ferguson. Perché lo sanno tutti, ma forse bisogna investire comunque un po’ di tempo su questa parte della sua vita, che poi è anche la prima parte della sua carriera. Cioè: l’allenatore più importante degli ultimi 15 anni del calcio europeo lo scelse per portarlo dal Le Havre, dove giocava, al Manchester United. Per un qualunque ragazzo degli anni Novanta, il ManU è il calcio, forse più di qualunque altra squadra. Un fascino meritato e causato dalla creazione dei Fergie Boys (Giggs, Beckham, Scholes, Neville) e dall’aver fatto conoscere al mondo l’esistenza di una meraviglia pallonara come Cristiano Ronaldo. Ecco: Pogba era finito dove qualunque ragazzo degli anni Novanta con il sogno del calciatore voleva essere. L’ha lasciato, perché a dispetto di ciò che pensiamo noi, oltre il nostro tafazzismo pallonaro, esistono anche gli errori dei grandi. Banalmente: non l’avevano capito. Quanto meno non l’avevano capito fino in fondo. Perché Paul da Manchester, nel 2011 se ne è andato da svincolato. A France Football ha raccontato: “Quando ho detto a Ferguson che avrei lasciato il Manchester United, lui si è messo a gridare. Ha detto che in Italia c’era molto razzismo e che i tifosi non erano come in Premier. Gli ho risposto che non c’era problema. Così sono finito ai margini. E i compagni mi hanno soprannominato Nelson Mandela, perché mi ero opposto a Ferguson. Ma in caso potrei dire no pure a Obama. Che senso ha restare al Manchester soltanto per dire ‘Io gioco al Manchester’ ma poi trovarsi sempre in panchina? Il fatto è che Ferguson non ha mai dimostrato di volermi davvero in squadra. Ha detto delle cose molto belle su di me, sul mio potenziale. Parole al vento, se non ho la possibilità di mettermi in mostra”.

Sull’arrivo in Italia si raccontano anche altre versioni, una di queste dice che il suo procuratore Mino Raiola abbia fatto di tutto per non lasciarlo a Manchester e soprattutto per portarlo proprio alla Juve per egoismo: aveva bisogno di una carta per accreditarsi con il club bianconero dopo qualche incomprensione del passato. E’ il complottismo applicato al pallone, lo si prende per quello che è, ovvero una teoria indimostrabile quindi buona per chi ha voglia di crederle. Resta che a prescindere dal tifo non esiste un solo appassionato di pallone che non capisca di avere di fronte un fenomeno. Perché fa cose speciali spacciandole per normali e cose normali con un’aura di specialità. La forza è nella giocata non fine a se stessa. Cioè: io faccio quel tocco complicato, perché solo quello, mi dà nel minor tempo possibile l’opportunità di farne un’altra successiva. C’è un esempio che vale per tutti. In Juventus-Inter di qualche settimana fa. Al minuto 34 e 50, Paul difende una palla a circa 25 metri dalla porta dell’Inter. La sta perdendo, ma usa il corpo, le braccia e tutto il resto per piegarsi e proteggerla, è sua, fa un tocco, vede Ranocchia che sta andando a chiuderlo frontale e s’accorge che dalla sua sinistra sta arrivando anche Juan Jesus. E’ il momento: esterno destro-interno destro e li supera tutti e due. L’elastico alla Ronaldinho, ma incredibilmente più elegante. Più utile, perché è l’unico modo che hai per arrivare lì, cioè dentro l’area, da solo con la possibilità di calciare. Sì, poi sbaglia il tiro Paul. Ma il tema è un altro: l’utilitarismo della bellezza.

La meraviglia proficua è la differenza di tutto. E’ Pogba. La sua specificità, la sua diversità. Non è solo forte, non fa solo cose speciali: le fa perché servono. Quando non servono usa i poteri normali. Non è natura, quanto meno non solo. E’ allenamento, è miglioramento, è lavoro. Paul dice cose così: “Credo che la differenza fra un campione e un giocatore forte stia nel cercare quotidianamente la via per essere migliori degli altri”. In un’intervista a Federico Sarica per Icon è un concetto che ha ripetuto diverse volte. Una specie di ritornello che lo accompagna, che lui ha scelto per dare la dimensione di ciò che desidera. “La perfezione non esiste, ma è quello a cui devi tendere se vuoi diventare un numero uno. Lavorare, ricercarla ogni giorno. A cosa aspiro in futuro? A migliorarmi. In tutto. Se uno come Cristiano Ronaldo quest’anno ha vinto il Pallone d’oro è perché è completo: fisico, tecnica, tattica, fondamentali, testa”.

Moderno, Pogba. Di più: contemporaneo. E’ il dato più importante, forse quello che lo distingue più di ogni altro. Lo è per caratteristiche fisiche: nella storia del calcio non ci sono altri centrocampisti universali alti un metro e 88, ma allo stesso tempo veloci, allo stesso tempo tecnici. E’ genetica e progresso. E’ evoluzione di un gioco che è cambiato perché con quel fisico Paul negli anni 80 o 90 avrebbe fatto il centravanti, il centrale difensivo o semmai il mediano alla Desailly. Ma ha anche i piedi, ha il tocco, ha la testa, ha l’intuito. E’ un atleta. E’ un simbolo. Prendi lui e capisci che cosa sia diventato il pallone adesso: più fisico e più tecnico, a dispetto delle leggende metropolitane sulla fine del talento. La realtà è che il talento è aumentato perché oltre a quello di nascita è arrivato quello coltivato. Possibile? Sì. Da una media più alta si emerge solo se sei di più. Pogba lo è, anche qui per natura, per talento, per impegno.

E’ nato da un padre che avrebbe voluto farlo, il calciatore. “Io e i miei fratelli dobbiamo a lui la spinta verso il pallone. Sono cresciuto guardando videocassette: non solo Pelé e Maradona, ma anche Papin. Volevo avere la sua forza, la sua aggressività. Gioco bene anche a ping-pong, difficile che in ritiro con la Francia qualcuno mi batta, anche se Lloris, Clichy e Gignac sono al mio livello. I miei si sono separati. Sono rimasto con mamma. Dal Roissy-en-Brie sono passato al Torcy e poi a Le Havre. Sono andato via di casa presto. Ma ero contento e non mi sono trovato male. Sono stato solo, ma non ho sofferto di solitudine. Alla sera chiamavo casa e i miei fratelli, io ci parlo con la mia famiglia, non sono di quelli che fanno i duri. E nemmeno di quelli che si fanno i tatuaggi”. Anche questa storia della famiglia ricorre spesso. Pogba la ripete come se fosse la certificazione della diversità dallo stereotipo del giovane calciatore un po’ bastardo. “Ogni sera chiamo mia madre”, dice a ogni intervista. C’è che all’inizio, in Italia, l’avevano raccontato come ribelle. Perché parlava troppo in campo, perché protestava, perché s’era fatto espellere due volte nel giro di poche partite. E’ finita presto la ribellione, non la fama. Allora spiega Paul: sono tranquillo, voglio allenarmi, voglio vincere, voglio diventare il migliore. Il limite della frase fatta non si supera spesso con lui. E’ come se se lo sia autoimposto: parlo con il pilota automatico perché non è questo il mio obiettivo. Alla regola si sfugge solo quando si torna su Ferguson, altra domanda fissa in ogni intervista, alla quale però Paul risponde senza scegliere uno standard. Più duro più morbido, a seconda del contesto, probabilmente a seconda del momento: “Se ti allena Alex Ferguson, unico nel sentire i giocatori, nel capire quello che ancora non sanno di essere. Ferguson vedeva in profondità, intuiva negli altri progressioni e sviluppi che ancora non c’erano. In tanti gli devono il successo, lui ha creduto in anticipo, anche in me, anche se giocavo poco.

Sull’Italia lui mi disse: troppo razzismo, ti troverai male. Io dissento. Anche perché lì avevo avuto molte difficoltà ad ambientarmi con l’inglese che non conoscevo. Sei mesi di pratica infernale, se non sai la lingua e la devi imparare non è che in Gran Bretagna siano molto simpatici. Quanto al razzismo gli risposi che quello c’è dappertutto, nessuno ne è immune. Tanto meno l’Inghilterra. Come hanno dimostrato John Terry e Luis Suárez che ha urlato per sette volte negro a Evra. Anche i nostri tifosi non capiscono che quando insultano un avversario per il colore della pelle fanno male anche a me. E’ un gioco, non la tombola del disprezzo. I tifosi devono capire che un calciatore ha diritto a vivere la vita con il suo stile. Guadagniamo soldi, non li rubiamo. Se voglio comprarmi una bella macchina sono affari miei, nessuno me lo può rinfacciare o giudicare il mio profitto sportivo da quello. Io sono uno che deve ancora arrivare in cima, ma sono consapevole che la fama può darti alla testa, ti senti onnipotente, e cadere dall’alto fa molto male, perché non sei più abituato a stare a terra. In un certo senso ho smentito Ferguson. Il calcio italiano è molto tattico, rispetto a quello inglese che è molto fisico, o a quello francese, molto tecnico. Ma in questo momento è sottovalutato. Qui c’è molta pressione, apprensione, nervosismo, ossessione. E in campo ci sono marcature strettissime, che sì, soffro. In più si parla di un gesto o di un fatto per tutta la settimana, mai una volta che puoi tirare un sospiro di sollievo. Ma è proprio questa eccessiva attenzione a rendere il calcio italiano diverso, difficile. E alla fine anche straordinario”.

Pogba lo alimenta. E’ della Juve e senza volerlo è di molti altri. Non è buonismo, né al contrario, appropriazione indebita. E’ una risorsa collettiva, calcisticamente e televisivamente. Universale per posizionamento e per posizione in campo. Le cose non coincidono sempre. Coincidono in lui. Anche questo appartiene alla sua contemporaneità. Dove gioca? Il ruolo, sì. E’ una questione che perde la sua importanza in relazione alla sua capacità di stare sempre bene nello spazio che deve occupare. Nella Juventus ha fatto l’interno, il regista, l’esterno, il trequartista. Qual è il suo? “Tutti”. Anomalo per catalogazione e per capacità di giocare a pallone. Perché poi alla fine è la sua cifra: è un calciatore. Inteso nella sua definizione più larga, dilatata, piena possibile. Lui fa. Un tocco, due tocchi, una finta o un elastico per superare due avversari. E’ una scelta che ha a che fare con il saper giocare a calcio oggi, nel 2015, per poter diventare il migliore. Colpisce tutti quando fa una cosa come quella di Napoli. E’ giusto, è ovvio. Ci sono molti gol così tra quelli fatti nelle ultime due stagioni: un altro al Napoli, l’anno scorso; due contro l’Udinese, uno contro la Sampdoria. Ma non è quello, Pogba. E’ uno stop al volo di una palla che sta andando in fallo laterale. E’ un passaggio di 30 metri a un compagno che dalla tv non riesci neanche a vedere, è un inserimento senza palla per metterla dentro a mezzo metro dalla porta. E’ la funzione trova la soluzione migliore nel minor tempo possibile. In qualunque parte del campo, in qualunque momento della partita. Questo dice chi è e che cosa può diventare. In Italia o in qualsiasi altro posto.

 

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POGBA

LES FACES CACHÉES

Comme tous les diamants, le jeune cador des Bleus éblouit, fascine, intrigue et comporte bien des facettes qui font tout son brillant.

FF est donc allé examiner de près le plus précieux des joyaux du foot français pour en déceler tous les secrets. Même, parfois, les plus intimes.

par THOMAS SIMON, ARNAUD TULIPIER, ROBERTO NOTARIANNI, FRED HERMEL & ALEXIS MENUGE (FRANCE FOOTBALL | 18-02-2015).

La France l’a choisi pour guide, rassemblée en rang derrière son panache presque blanc et sa crête décolorée (ça dépend du coiffeur), persuadée qu’il suffit de le suivre pour que les Bleus retrouvent les sommets maintenant qu’ils ont repris des couleurs. Il y a quelques semaines, dans ces colonnes, le Baromètre du foot français le désignait d’ailleurs comme l’homme le plus influent de ce même foot français, juste derrière Didier Deschamps. Restait à recevoir l’adoubement, quelques jours plus tard: «Dans quelques années, il sera dans le top 3 du Ballon d’Or», prophétisait Zizou lui-même. Pourtant, que connaissent-ils de Paul Pogba, ces genslà? Que savons-nous de ce môme de pas tout à fait vingt-deux ans, qui a grandi hors d’ici, parti ado conquérir l’Angleterre puis l’Italie, devenu star de l’équipe de France à peine cinq ans après avoir revêtu son premier maillot bleu? Peu de choses, finalement. Voilà pourquoi France Football s’est penché sur son cas, pour cerner autant le joueur (en photo, ici lors de sa première apparition sous le maillot bleu, en 2008) que l’homme, à travers dixneuf questions comme autant de projecteurs. Pourquoi dix-neuf? Parce que c’est le numéro qu’il arbore en équipe de France. Et que c’est sous ce maillot qu’il pourra un jour devenir ce qu’il s’est promis d’être: l’un des plus grands...

EST-IL DÉJÀ UNE STAR?

L’EUROPE À SES PIEDS

L’amour des autres ne se mesure pas quand vous êtes là, il se voit quand vous êtes parti. Il suffit d’interroger les Anglais pour mesurer l’importance qu’a prise Paul Pogba, y compris dans le Championnat le plus nombriliste du monde où rien de ce qui est étranger à la Premier League n’existe. Aujourd’hui, le Français est considéré là-bas comme un des dix plus grands joueurs du monde (le vénérable magazine Four Four Two en atteste) et il n’est pas si rare d’entendre une critique à l’encontre du noble sir Alex Ferguson et deUnited, coupables d’avoir laissé filer il y a trois ans le prodige. Bien évidemment, son nom revient aussi très régulièrement dans les tabloïds friands de transferts puisqu’il est attendu à Chelsea comme chez les deux de Manchester. Il est tout autant à la une de leurs homologues espagnols, qui le considèrent comme une star du futur... donc comme une proie pour les deux gloutons locaux, le Real ou le Barça. Les rumeurs se multiplient, d’autant qu’il reste du côté de Bernabeu le regret de n’avoir pu attirer Patrick Vieira en son temps. Son successeur, tel qu’il est vu là-bas, attire donc, lui, l’attention. Les Allemands, alertés pendant la Coupe du monde, n’ont pas attendu pour connaître son nom. Ils ont même bénéficié d’un rappel ces dernières semaines à mesure que se rapprochait la confrontation Juve-Dortmund. Après avoir longtemps craint Tevez, ils se sont focalisés en définitive sur le Français, de plus en plus mentionné dans les reportages.Mais, inévitablement, c’est en Italie que sa notoriété est la plus impressionnante, au point d’être tenu pour être l’un des meilleurs joueurs de Serie A. Il occupe ainsi la deuxième place (derrière Tevez) au classement des notes de la prestigieuse Ġazzetta dello Sport, qui lui a récemment réservé un portrait fouillé où était retracé sa (courte) vie. Alerté par son titre de meilleur jeune de la dernière Coupe du monde et par son titre de meilleur joueur de la Coupe du monde des U20 en 2013, l’Europe connaît donc désormais son nom et son talent, et s’attend à le voir débarquer dans un des meilleurs clubs au monde. Avant de le craindre pour de bon...

A-T-IL DES ENNEMIS?

DANS LE MIROIR CHAQUE MATIN DEVANT LUI...

On ne remarque pas Paul Pogba, on ne voit que lui. Alors, forcément, il est tentant de penser que ce jeune homme ambitieux au caractère affirmé, déjà riche et célèbre, pourrait s’être fait quelques ennemis dans le milieu. On a cherché un peu, puis beaucoup. On s’est discrètement renseignés. Autant le reconnaître, on a fini bredouilles. Pogba s’est bien chamaillé avec quelques adversaires ici et là, mais pas de quoi alimenter une inimitié durable. On se souvient de son crachat en direction de Salvatore Aronica (Juventus-Palerme, 1-0, le 5 mai 2013) après s’être fait gifler. Et de sa balayette sur le Hondurien Palacios (France-Honduras, 1-0, 15 juin 2014), alors que celui-ci venait d’essuyer ses crampons sur lui. Alors, oui, il y a certainement à creuser par là. Et aussi du côté de sa nonchalance ou de sa facilité, c’est au choix, qui peut parfois lui jouer des tours. Voilà, le plus grand ennemi de Paul Pogba, c’est sans doute lui-même. C’est tout et c’est déjà pas mal.

QUI L’ENTOURE?

UN CERCLE DE CONFIANCE

Évidemment, il y a d’abord la famille, surtout sa mère, Yeo Moriba, constamment présente pour son fils. De Manchester à Turin en passant par le Brésil, l’été dernier, «Mamso» a toujours été là et tient un rôle primordial d’accompagnement et de soutien dans les bons et les moins bons moments. Malgré le divorce de ses parents alors qu’il n’avait que deux ans, Paul est resté aussi très proche de son père, Fassou Antoine Pogba, inspecteur des télécommunications dans la région de N’Zérékoré, en Guinée, avant de venir en France et de terminer sa carrière en tant qu’enseignant dans un lycée technique de Seine-et-Marne.

C’est en partie lui qui a inculqué le goût de l’effort et la recherche de l’excellence à ses trois fils, devenus des joueurs pros déterminés et ambitieux. Une relation forte unit Paul à ses frères aînés, les jumeaux Mathias (alias «Tiasma» ou «le Dos») et Florentin («Ya’Flo»). Également présents sur le sol brésilien lors de l’intégralité du parcours des Bleus, le joueur de Crawley Town (L3 anglaise) et celui de Saint-Étienne sont régulièrement associés aux succès de leur cadet. Maillot de la Juventus Turin sur le dos, ils ont fêté avec leur frangin et l’ensemble de ses coéquipiers bianconeri les deux Scudetti de 2013 et 2014.

Concernant sa vie privée, Paul Pogba est désireux de préserver cette part d’intimité. En Italie, comme lors de ses retours en France, il sort peu et préfère éviter de s’exposer avec Lisa Thiolon, qui partage sa vie depuis quatre ans. Dans le Piémont, le Français reçoit régulièrement la visite de ses trois, quatre amis les plus proches, avec lesquels il s’est lié durant son enfance. Parmi eux, Mahamadou Konte, dit «Doudou», son meilleur pote, qui jouait avec lui à l’US Roissy-en-Brie. «On était toujours ensemble, même quand on n’avait pas foot, raconte ce dernier. Paul, on l’aimait bien parce qu’il avait un caractère différent, il savait ce qu’il voulait.»

C’est toujours le cas. La présence permanente et rassurante de son cercle d’intimes est l’un des secrets de sa réussite. Il doit à sa garde rapprochée une partie de son ascension fulgurante. Cette équipe de choc est composée de son agent, Mino Raiola, et de son cousin Enzo, sorte d’homme à tout faire, de son avocate, la Brésilienne Rafaela Pimenta, et d’Oualid Tanazefti, qui gère la communication, l’image et le sponsoring. Tanazefti accompagne Pogba depuis six ans. Une conciergerie de luxe est également aux petits soins avec lui. Et pour ses repas, une diététicienne, Olivia Meeus, transmet les menus à son cuistot perso. Elle fait partie de l’équipe mise en place par Didier Reiss, son préparateur physique personnel, avec Vincent Estignard, un masseur-kinésithérapeute avec qui Pogba travaille principalement la reprogrammation posturale. Au sein de la structure Esciencia, située au Plessis-Belleville, ce «team Pogba» s’occupe de son corps et de la dimension athlétique du Turinois, qui ne laisse décidément rien au hasard.

QUEL EST SON SECRET?

DU RAB, TOUJOURS DU RAB

Le secret de Paul Pogba se niche forcément dans cette phrase en forme de profession de foi: «J’en veux plus, toujours plus.» Cette supplique aux relents masochistes, Didier Reiss l’a souvent entendue alors qu’il poussait Pogba au-delà de ses limites. Depuis cinq ans, Reiss est son préparateur physique personnel. «La première fois, il y a été obligé par Walid (NDLR : Tanazefti), que j’ai connu à la PSG Academy. Mais, ensuite, c’est lui qui a insisté pour qu’on continue de bosser ensemble.» Ils se voient à chaque trêve, été comme hiver. Il y a six mois, Reiss a ainsi passé «un mois à Turin avant la Coupe du monde» afin de proposer des exercices supplémentaires à son poulain. Soixante à quatre-vingt-dix minutes l’après-midi en plus des entraînements de la Juve, de 11 heures à 15 heures (séance, muscu, soins...). «Contrairement à beaucoup pour qui c’est un aboutissement d’être pro, Paul voit plus loin. Son objectif, c’est le Ballon d’Or. Pour y arriver, il met tous les atouts de son côté.»

QUELS SONT SES RAPPORTS AVEC SES FRÈRES?

L’OMBRE DOUBLE

«Paulo», «Paulo Paulo». Si un jour vous entendez ça, il y a de grandes chances que la fratrie Pogba soit dans les parages. En général, ils se font remarquer assez vite. Par leur coiffure, déjà. «Ah, les coupes bizarres, c’est de famille, ça, rigole Mahamadou Konte, un ami. À un moment, ils avaient carrément fait inscrire leur prénom sur leur tête.» Le lien fort qui unit aujourd’hui Paul aux jumeaux Mathias et Florentin, plus âgés de trois ans, s’est tissé depuis l’enfance, principalement autour du football. «Souvent, il y avait ses frangins avec nous, raconte encore “Doudou’’. On était plus petits, alors ils étaient plus forts que nous. Et quand il perdait, Paul pleurait. Un jour, vers quinze-seize ans, il était revenu du Havre pendant les vacances et on a joué au “city stade”. On perdait 1-0, il est rentré chez lui. Ses frères le coursaient en se foutant de sa gueule, Paul voulait les frapper.» Aujourd’hui, le cadet reste à l’écoute de ses aînés, qui débriefent souvent ses matches avec lui, mais son expérience lui permet désormais de faire la leçon. Comme après PSG - Saint-Étienne (5-0), en août. Ce soirlà, l’international français reprocha à son frère Florentin d’avoir manqué d’autorité et d’impact sur le deuxième but parisien d’Ibra. L’élève a dépassé les maîtres.

A-T-IL DES AMISDANS LE FOOT?

PRINCE-DÉSIR, «TONTON PAT», KARIM ET LES AUTRES

Paul Pogba aime rigoler, chambrer, brancher, disent ses amis. Toujours de bonne humeur, il parvient facilement à s’attirer la sympathie de ceux qui l’entourent. Mais son cercle d’intimes dans le milieu est restreint, domaine privé et privilégié. Croisé très jeune sur les terrains franciliens, Prince-Désir Gouano, prêté cette saison à Rio Ave, au Portugal, en fait partie. Avant de se retrouver brièvement à Turin, les deux hommes nés en 1993 ont longtemps emprunté un chemin commun. Après s’être frottés à plusieurs reprises dans la capitale et ses alentours, ils sont repérés par le même recruteur et intègrent en même temps le centre de formation du Havre. Appelés en équipes de France de jeunes, ils côtoient Geoffrey Kondogbia, qui reste aujourd’hui l’un des meilleurs amis de Pogba. Chez les Bleus, le numéro 19 est très proche de Karim Benzema, d’Antoine Griezmann, de Mamadou Sakho, de Blaise Matuidi et de son coéquipier à la Juve Patrice Évra. Déjà à ses côtés à Manchester United (Alex Ferguson l’avait même envoyé chez lui pour le convaincre de rester quand il a choisi la Juve), «Tonton Pat», comme Pogba le surnomme affectueusement, est bien plus qu’un ami. Témoin privilégié de la progression sportive de «la Pioche», mais aussi de son évolution en tant qu’homme, il prend très à coeur son rôle de protecteur, tout en piquant au vif son protégé quand les circonstances l’exigent. Avant de revoir Évra dans le Piémont, Pogba avait accueilli avec plaisir deux autres Français: Nicolas Anelka, débarqué chez les Bianconeri en janvier 2013 et avec qui il a noué une relation amicale forte (voir par ailleurs), puis Kingsley Coman, grand espoir arrivé du PSG, qu’il a pris sous son aile.

COMBIEN POUR SON TRANSFERT?

L’HOMME QUI VALAIT (PRESQUE) 100 MILLIONS

Gagner neuf zéro, c’est rare. Surtout lorsqu’ils s’alignent sur un ordre de virement. C’est ce qu’attend (espère?) la Juve pour se résoudre à céder son prodige français, une somme qui ne se refuse pas et qu’elle ne refuserait pas, un tel pécule lui permettant de construire une équipe capable de reconquérir l’Europe. Mino Raiola a avancé le même chiffre récemment dans la Ġazzetta dello Sport, «au moins 100M€», dans le but évident de faire flamber les prix. Les projections tempèrent les estimations du bouillonnant italien, même si le transfert de son poulain dépassera à coup sûr les 72M€ fixés par l’Observatoire du football dans une étude récente. Vraisemblablement, pour acheter Pogba, il faudra débourser ce qu’a coûté Neymar au Barça, aux alentours de 85 à 90 M€. Cet été. Car s’il venait à attendre une année supplémentaire et à confirmer, un départ en 2016 battrait tous les records car il y aurait encore plus de concurrence...

 

_Anelka

«UN PUTAIN DE JOUEUR ET UN PUTAIN DE MEC»

Ami intime de Pogba depuis son passage à la Juve,

l’ancien international raconte son pote.

«Vous souvenez-vous la fois où vous avez fait connaissance avec Paul Pogba lors de votre arrivée à la Juventus?

Je suis entré dans le vestiaire, on s’est serré la main et il m’a dit: “Bonjour, ça me fait vraiment plaisir de te rencontrer, je suis très heureux de ta venue, on va pouvoir discuter et parler français.’’ On s’est tout de suite entendus. C’est un jeune de banlieue et, en tant que banlieusard, je savais que le courant allait très vite passer. Ç’a collé dès le départ.

Vous passiez du temps ensemble?

On s’est vite retrouvés après les entraînements pour parler. C’était naturel. On discutait de tout, de foot, de la Juve, de l’équipe de France, des banlieues, de la France. On a fait le tour du monde. Paul est un gars super simple, très gentil et respectueux. Je suis un ancien par rapport à lui et j’ai vu son respect, c’était touchant. Il est très bien entouré. J’ai fait la connaissance de sa mère, qui s’occupe très bien de lui, de ses frères, qui le guident. Récemment, Paul m’a encore envoyé un message pour savoir comment j’allais. Et on était à Dubaï ensemble cet hiver.

Jusqu’où peut-il aller?

Très, très haut. Mais le plus important, ce n’est pas d’être en haut, c’est d’y rester. Il a tout pour y parvenir: le talent, le charisme, le comportement. Il va durer vingt ans au très haut niveau. C’est un joueur extraordinaire mais, au-delà du terrain, c’est sa maturité qui m’a frappée. J’ai eu l’impression qu’il avait déjà vécu beaucoup de choses. Il a appris très vite. Pour moi, il est parmi les dix meilleurs joueurs mondiaux. D’ici à l’Euro 2016, il sera dans le top 5 mondial. Et, ensuite, dans les trois plus grands. Il va titiller les Ronaldo, Messi, pour pouvoir, je l’espère, gagner le Ballon d’Or un jour. Mais je pense qu’il ne sera pas à la Juventus le jour où il gagnera cette récompense. La Juve, il n’y a pas plus dur sur le plan du travail physique et tactique. Quand tu sors de là-bas, tu es paré. Peu importe où il ira plus tard, ce sera facile.

On parle d’un transfert à 100 M€.

Il vaut déjà 100 M€! Mais il ne faut pas se focaliser sur son prix. Il faut regarder son potentiel et ce qu’il fait à son âge dans un club pas facile.

C’est une vraie star, là-bas.

C’est une star à Turin, en Italie, en France... C’est une star européenne, une star mondiale. La Juve est un très grand club, mais la Serie A n’est plus aussi compétitive qu’avant. Le jour où il partira en Espagne ou en Angleterre, parce que ce sont les deux Championnats qui lui permettront de prendre une autre dimension, ce sera une star intersidérale.

Est-il déjà le leader des Bleus?

C’est le joueur qui compte le plus à l’heure actuelle en équipe de France. Quand on voit comment les gens l’aiment, son charisme, et ce qu’il réalise sur le terrain... Sa présence inspire la crainte dans l’équipe adverse et modifie son comportement. Il est déjà le leader incontestable et, dans un futur proche, il sera LE joueur de l’équipe de France. Il aura le brassard. C’est sa vie, sa destinée. À son poste, il est moins dans la lumière, on ne va pas lui demander de marquer des buts à tous les matches, mais il sera l’homme fort de l’équipe, celui qui gère et prend les décisions. Ça va se faire tout seul, de façon naturelle.

Si vous deviez le définir, Paul Pogba c’est...

... un putain de joueur et un putain de mec. La maturité qu’il montre sur un terrain, il l’a en dehors. Et c’est pour ça qu’il parvient à faire des choses extraordinaires. Parce qu’il est bien dans sa tête. Je sais comment il est, comment il réfléchit, comment il agit, je sais qu’il ne fera pas n’importe quoi dans sa carrière. Il fera les bons choix quand il faudra les faire, et il les fera intelligemment.»

EST-IL FIDÈLE À SES RACINES?

ROISSY, SA SOURCE

«Je suis Paul, Paul de Roissy-en-Brie, Paul du quartier. Je ne suis pas une star, je ne suis personne, je ne suis rien du tout.» Ces mots prononcés dans nos colonnes en mai 2013 avaient le mérite de poser les fondements d’une identité forte et revendiquée. Depuis, les flashes n’ont cessé de crépiter, ses buts et ses exploits sont passés en boucle sur les télés du monde entier, les millions d’euros sont arrivés et... rien n’a véritablement changé. Les faits récents sont là pour le prouver.

R.L.S. City Boys. Le 18 janvier 2014, Paul Pogba vient d’inscrire le quatrième but de la Juve face à la Sampdoria (4-2). Les (télé)spectateurs et les observateurs s’interrogent. Que peuvent bien vouloir signifier ces mots inscrits sur le tee-shirt dévoilé par le joueur français au moment de célébrer sa frappe victorieuse? R.L.S. pour Roissy la Source, le surnom donné à sa ville pour exprimer une fierté partagée, celle d’être à l’origine, «à la source» du talent. La Seine-et-Marne, Roissy-en-Brie, son premier club, l’USR, son quartier la Renardière, tout cela a fait Paul Pogba. Et tout cela fait toujours partie de Paul Pogba. Pendant le Mondial brésilien, la ville entière a vibré pour le gamin du coin: tee-shirts à son effigie créés et distribués, affiches d’encouragement placardées dans les rues. Le dimanche 6 juillet, à son retour du Brésil, juste avant de partir en vacances, le joueur de l’équipe de France, récupéré par son père à l’aéroport du Bourget, revient chez lui. Très rapidement, l’idée de remercier les Roisséens fait son chemin. Le lendemain après-midi, la Grande Halle de Roissy-en-Brie est pleine à craquer pour fêter son héros local. Après avoir reçu la médaille de la Ville, Pogba prend le micro, puis la pose pour quelques photos, offre à la mairie un maillot dédicacé des Bleus, répond aux questions des plus jeunes et entame même quelques pas de danse sur la chanson du DJ guinéen Oudy 1er composée en son honneur. «Cet accueil l’a vraiment touché, se souvient Sambou Tati, le président de l’US Roissy-en-Brie, que tout le monde là-bas appelle “Bijou’’. Il y avait beaucoup d’émotion chez Paul et ses proches. Il n’a pas oublié d’où il vient, ni son premier club. C’est grâce à lui qu’on a pu acheter certaines choses, des équipements. Et puis le contact n’a jamais été coupé.» Doudou, son meilleur ami, appuie cette notion de fidélité, preuves à l’appui. «Après le Mondial U20 (NDLR : en juillet 2013), on est partis en vacances ensemble. On était trois de Roissy avec Paul. Il nous a invités une semaine à Cannes. On a fait les magasins, du jet-ski, on sortait au resto. Et même sans parler de ça, on va souvent le voir chez lui à Turin, on a toujours des nouvelles, on s’appelle. Mais tout ça, c’est normal.» Tout ça, c’est Paul Pogba.

GAGNERA-T-IL UN JOUR LE BALLON D’OR?

SUR LES TRACES DE MASOPUST

Pour rire et faire sourire, France Football s’est amusé en début d’année à prendre ses désirs pour des réalités. À l’heure des bonnes résolutions, nous avions du coup imaginé le meilleur de 2015, et le plus beau des songes concernait Paul Pogba, vainqueur du Ballon d’Or 2015 après une saison incandescente qui l’avait vu occire quasiment à lui seul le Barça en C1 avant de passer à l’ennemi l’été venu. Il ne reste plus à la Juve qu’à concrétiser ces délires d’après-réveillon, et à son «Francese» d’attirer l’attention des Catalans pour valider les dons de divination de FF. Il faudra au moins cela pour que le rêve se matérialise en ballon tout rond et tout doré, et, pour être lucide, il faudra sans doute encore un peu patienter... «CR7» et Messi se partagent le trophée depuis sept ans, et il faudra aligner bien des planètes pour les éclipser et décrocher la (l)une. Pour réussir là où Sneijder, Iniesta, Ribéry, Neuer ont échoué, des titres, des statistiques et des envolées ne suffiront pas. Il faudra un style, une classe, une personnalité. Révolutionner son poste et le football.

Et, plus que tout, rayonner d’un éclat suffisant pour éclipser les deux potentats, qui vont bien finir par décliner («CR7» a 30 ans, Messi 27). À l’heure actuelle, seuls deux joueurs ont la jeunesse, le tempérament, la marge de progression et le génie (si, si) pour y parvenir: Neymar et Pogba. Évidemment, le Français a le désagrément de ne pas être attaquant. Dans l’histoire, seul Josef Masopust a été couronné à un poste similaire... en 1962! Mais si Pogba parvient, comme il le souhaite et comme il le peut, à dépasser sa fonction pour étendre son influence sur le jeu de son équipe, en club comme en sélection, s’il «marque lors des matches décisifs, sans cela c’est impossible», prophétise le Ballon d’Or 1991 Jean-Pierre Papin, alors il réalisera son rêve d’adolescent, celui qui nourrit sa quête de perfection et d’absolu. Il rejoindrait Kopa, Platini, JPP et Zidane au palmarès du Ballon d’Or.

EST-IL BANCKABLE?

LE JACKPOT EN 2016

Il ne vend rien. Ni barres chocolatées, ni boissons gazéifiées, pas mêmes des pompes à virgule ou à bandes. Dans un monde envahi par la publicité, Paul Pogba a gardé sa virginité. De son plein gré. C’est une volonté de son entourage et de lui-même de n’avoir rien signé, pas même avec un équipementier, là où des ados moins talentueux palpent déjà pour s’afficher dans des frusques qu’ils n’auraient jamais revêtues sans le chèque qui va avec. À en croire Loïc Yviquel, cofondateur de Sportlab, conseil en stratégie marketing dans le sport, «il a tout compris. Qu’est-ce que ça peut lui faire de prendre quelques billets maintenant? Les annonceurs vont se réveiller dans six mois, pour l’Euro, et là, je ne vois pas qui sera une meilleure star en 2016 que lui. Y aura Parker, Riner, Lavillenie parce que c’est une année olympique, et lui. D’ici là, il aura acquis une dimension internationale et, en plus, il a une vraie personnalité. Aucun doute, ce sera une grande star. Il va être très bankable

A-T-IL DES MODÈLES?

LA PHOTO AVEC DJIB

Le 6 septembre 2003, Paul Pogba et l’US Roissy-en-Brie jouent au Stade de France en lever de rideau de France-Chypre (5-0). L’occasion pour le gamin de dix ans d’approcher un joueur qu’il admire. «Quand je les ai emmenés au Stade de France, je leur ai expliqué à quel point Zidane était exceptionnel, que c’était une référence, se rappelle Aziz Keftouna, qui a longtemps entraîné Paul à l’USR. Mais, à leur âge, ils avaient d’autres critères.» La coupe de cheveux et les buts spectaculaires, notamment. Forcément, l’attaquant d’Auxerre Djibril Cissé ne peut que leur plaire. Aux abords des vestiaires, Cissé est donc abordé par le petit Paul pour une photo. Il ne le sait pas encore mais, ce jour-là, l’attaquant de l’équipe de France prend la pose avec le futur des Bleus. «Il y a eu aussi Ronaldinho, précise Doudou. C’était son exemple. Au «city-stade», il reproduisait ses dribbles, sa virgule. On était tous ses cobayes, c’est sur nous

PEUT-IL DÉPASSER PLATOCHE ET ZIZOU?

ROULEZ JEUNESSE!

Les Turinois ont de la mémoire. Il leur faut bien des émois pour renouveler leurs souvenirs du passé. Voilà pourquoi, plus d’un quart de siècle après son départ, Michel Platini reste le fiancé préféré de la Vieille Dame. Bien plus que Zinédine Zidane, respecté sans jamais atteindre la cote d’amour de son prédécesseur, vainqueur de deux Coupes d’Europe avec la Juve. C’est la différence majeure avec Zidane, bredouille sur la scène continentale (deux finales perdues), celle qui fait des princes des monarques. Et avec Pogba qui, malgré deux titres de champion lui aussi, n’a pas plus de références en C1. Voilà pourquoi il n’arrivera jamais à dépasser Platoche dans les coeurs turinois, et pourquoi il doit se hâter pour lâcher Zizou. Son départ prochain, cet été ou le suivant, limite ses chances de faire mieux que l’ancien Madrilène. Et lui interdit de doubler le triple Ballon d’Or 1983, 1984 et 1985 au box-office desmythes bianconeri. Pour s’approcher de ces deux légendes, il va d’ailleurs falloir que Pogba entre dans la caste très sélecte des vainqueurs du trophée inventé par FF il y a plus d’un demisiècle. Alors seulement il pourra être comparé aux grands de l’histoire, à l’échelle française et mondiale. Le môme a autant le talent que le temps, il n’a pas vingt-deux ans. À cet âge-là, Zidane n’était pas encore international et Platini n’avait rien gagné. Parti sur des bases inédites (meilleur joueur du Mondial U20, meilleur jeune de la Coupe du monde des grands), Pogba doit garder cette avance car le sprint sera long. Son profil moins offensif et l’omniprésence du duo «CR7»-Leo pourraient le ralentir dans sa course à l’or individuel, mais la place qu’il est en train de s’aménager en sélection et l’émergence d’une génération chatoyante rééquilibrent ses chances. S’il saisit la sienne et qu’il parvient à convaincre les Bleus que la victoire est de nouveau en eux, Pogba laissera une trace semblable à celle de ses prestigieux devanciers. Les Français aussi ont de la mémoire...

 

_Papin

«IL A L’ÉTOFFE D’UN BALLON D’OR»

Môme, Pogba copiait les virgules de Ronaldinho et les coupes de cheveux de

Djib Cissé. Mais le premier qu’il a admiré par écran interposé, c’est «JPP».

«Quand il était petit, Paul Pogba regardait en boucle vos buts sur une cassette que son père avait achetée. Vous avez donc été son premier exemple...

(Il rit.) Il faut croire que j’ai mal fait mon boulot vu qu’il est finalement devenu milieu de terrain! (Redevenu sérieux.) Sincèrement, je suis hyper surpris, je ne savais pas. Très honoré, aussi. Je l’adore. Il représente l’avenir du foot français.

Quoique banlieusard, il était supporter de l’OM!

Là aussi, je suis flatté. C’est vrai qu’on a pas mal marqué les esprits avec l’OM à l’époque.

Il y a un autre point commun: comme vous à l’époque, il n’est jamais rassasié et travaille en dehors des entraînements. C’est le secret de la réussite?

Il a tout compris. D’abord, parce qu’il est bien entouré, bien conseillé, et aussi parce qu’il sait que ce n’est pas une punition d’en faire plus que les autres. Au contraire, c’est un plaisir. Quand vous avez la chance, comme je l’ai eue, d’avoir à votre disposition un gardien et deux centreurs après l’entraînement, ce n’est que du bonheur. Pour Paul qui est milieu, je ne pense pas que ce soit les mêmes exercices, mais il a ressenti le besoin de faire ce travail perso parce qu’il sait que c’est ce qui le mènera aux sommets.

Quels sommets? Le Ballon d’Or, comme vous en 1991?

Je le lui souhaite! Succéder à Zizou, ce serait chouette! Il en a l’étoffe et joue dans un club qui peut lui offrir le Ballon d’Or, une équipe qui peut à tout moment battre n’importe qui. Bien sûr, les deux (NDLR: Messi et Cristiano Ronaldo) semblent intouchables, mais personne n’est indétrônable. Il suffit d’un match, d’un exploit contre le Real en quarts de finale de Ligue des champions, par exemple, pour marquer les esprits. Mais il devra être très bon, et marquer dans ces confrontations. S’il est décisif, tout est possible. Ce n’est pas une utopie.»

OÙ VA-T-IL ALLER?

LE REAL PAS (ENCORE) CONVAINCU

Il en est des transferts comme des enquêtes policières. S’il faut évidemment poser les bonnes questions, encore faut-il qu’elles le soient dans le bon ordre. Donc, avant même de savoir où, il faut d’abord se demander quand Paul Pogba va partir. La presse annonce un départ imminent, c’est évidemment le scénario le plus vraisemblable. Mais il reste un doute dans l’esprit du joueur, qui s’interroge sur la légitimité d’un changement à un an de l’Euro. En pays conquis à la Juve, installé dans un cadre où il se sent épanoui, Pogba prend un risque s’il part. Pas de quoi l’effrayer (il n’a peur de rien), juste de quoi l’amener à réfléchir. Son entourage le pousse plutôt à aller franchir un cap ailleurs, dès cet été. La Juve aussi, consciente qu’elle pourra se payer une équipe complète avec l’argent de son transfert (80, 90, 100M€?), comme elle l’avait fait avec celui de Zidane en 2001. Le club bianconero doit pourtant savoir qu’en 2016, a fortiori après un Euro réussi, Pogba pourrait valoir plus encore, d’autant que certains clubs qui ne sont pas intéressés cet été le seront immanquablement le suivant. Ainsi, le Bayern Munich a certes prévu de renforcer son milieu, mais en 2016, vu l’âge canonique de certains de ses cadres dans ce secteur (Xabi Alonso, Robben, Ribéry, même Javi Martinez...). Pareil pour le Barça, qui est pour l’instant doté au milieu mais a prévu de le renouveler dans un an (Xavi, Iniesta, Rakitic et Busquets devront être relayés). Il reste pourtant de quoi nourrir les enchères dès le prochain mercato, et c’est ce qui motive l’entourage du joueur à lui conseiller de partir, même si tous ne sont pas d’accord sur la destination. Mino Raiola pousse pour Paris, Walid Tanazefti viserait plutôt le Real.

Problème, les Madrilènes ne seraient pas aussi pressants que le PSG sur le dossier Pogba, sauf à constater de visu son brio lors d’un affrontement en C1, par exemple. Convaincus par son talent, les décideurs espagnols le sont moins par son tempérament, s’interrogent sur les emportements passagers du Français. Son expulsion face à l’Espagne en bleu a ainsi terni son image. C’était il y a deux ans, Pogba était très jeune... et l’est encore. Voilà pourquoi le Real se dit qu’il a le temps (et l’argent!) pour le récupérer. Paris a moins de temps, mais autant d’argent, à condition de résoudre ses soucis de fair-play financier. Comme l’avait révélé France Football à l’époque, Pogba constitue une priorité depuis près d’un an et demi pour le président Al-Khelaïfi. Il l’est resté. Et l’est redevenu pour Manchester United, qui souhaite rattraper le temps perdu, trois ans après avoir laissé partir le prodige... trois ans après être venu le chercher au Havre. Deuxième club le plus riche au monde (518M€ de revenus la saison dernière), MU a les moyens de signer un chèque à neuf chiffres. City et Chelsea aussi, mais Paul Pogba serait flatté et titillé par la symbolique d’un retour triomphant dans le Théâtre des rêves. Un nom qui lui va si bien...

COMBIEN GAGNE-T-IL?

(TRÈS) LOIN DU TOP 20

Si le nom de Pogba anime autant les gazettes des transferts, c’est bien évidemment en raison de ce que son talent rapporte, mais aussi de ce qu’il coûte. S’il en fait l’un des joueurs les mieux payés de Serie A (avec son coéquipier Tevez), le salaire du Français à la Juve laisse en effet de la marge aux clubs qui envisagent de le recruter. Il y a un an, Pogba gagnait même le tiers de ce qu’il empoche aujourd’hui, une hausse entérinée dans le cadre d’une prolongation de contrat signée en octobre dernier qui le lie au club turinois jusqu’en 2019. Mais, avec 4,5M€ net d’impôts, Pogba est encore très loin des footeux les mieux rémunérés de la planète. Même les deux millions de primes conditionnées par ses performances et celles de son équipe ne lui permettent pas d’intégrer le top 20 européen, il en est même loin (Matuidi gagne... deux fois plus que lui)! Et, comme il n’a aucun revenu publicitaire, Pogba a tout à gagner à être transféré. Au propre comme au figuré...

A-T-IL UN HOBBY CACHÉ?

DANSE AVEC LA STAR

Petit, Paul Pogba suit ses frères licenciés au club de tennis de table de Roissy-en-Brie. Les frangins se débrouillent bien, lui aussi. Pas au point de sacrifier le foot, mais le môme aime s’amuser et flamber. Au centre de formation du HAC, coéquipiers et éducateurs prennent la raquette et des raclées. Aujourd’hui, fini le ping. Il aime les belles voitures, la Juve lui a donné une Jeep à ses vingt et un ans et il vient de s’offrir sa deuxième Maserati. Il mate des films, mais aussi des vidéos des plus grands joueurs. À Turin, il fréquente un resto brésilien, mange souvent japonais mais passe surtout beaucoup de temps chez lui où, au salon, traîne un ballon. «C’est un gamin, raconte Doudou. Si t’es là, t’es obligé de jouer, et ça peut durer. Tant qu’il ne t’a pas fait un petit pont, il ne lâche pas l’affaire. Ah oui, et c’est un grand danseur, aussi. Mets-lui de la musique africaine, il est impossible à arrêter. Le 30 décembre, à Roissy, pendant deux heures et demie avec ses frères! On devait sortir mais pas moyen.» «Bijou» aussi s’en souvient. «C’était quelque chose, un vrai bordel! C’est leur joie de vivre.»

D’OÙ EST-IL ORIGINAIRE?

GUINÉE, TERRE DE SES ANCÊTRES

Contrairement à ses frères, nés à Conakry, et à ses parents, originaires de Guinée forestière (au sud du pays, à la frontière de la Sierra Leone, du Liberia et de la Côte d’Ivoire), Paul Pogba est venu au monde en France, à Lagny-sur-Marne. Mais le milieu des Bleus est profondément attaché à ses racines guinéennes, africaines. Il tient beaucoup à son deuxième prénom, Labile (prononcez Labilé). Et même s’il se rend moins souvent dans le pays de ses parents que Mathias et Florentin, régulièrement appelés en sélection guinéenne, le Turinois a eu l’occasion d’y aller à plusieurs reprises, dont la dernière il y a deux ans, avec samère et les jumeaux. Ces instants passés sur la terre de ses ancêtres l’ont profondément marqué.

EST-IL DÉJÀ UN LEADER EN ÉQUIPE DE FRANCE?

LE NATUREL AU GALOP

S’il a fini quasiment seul sur une île déserte, Napoléon Bonaparte s’y connaissait pourtant pour mener les hommes. Ainsi disait-il: «On ne conduit le peuple qu’en lui montrant un avenir, un chef est un marchand d’espérance.» C’est d’abord en cela que Paul Pogba est déjà un leader en sélection: escorté par une inébranlable confiance en lui et en son destin, il a rasséréné des Bleus tuméfiés par les accidents de vie... et de bus! Avec d’autres insouciants ambitieux (Varane, Griezmann...), il a poussé les joueurs de l’équipe de France à arrêter d’avoir envie de s’excuser et à s’excuser d’avoir envie. Son discours volontaire pourrait passer pour de la prétention, il ne prétend, en fait, qu’à aller au bout de ses facultés et de ses rêves. C’était le sens de ses déclarations en mai 2013 dans ces colonnes, et c’est ce qui a plu: «Mon but, c’est d’être le meilleur à mon poste, puis le meilleur en Europe, et le meilleur dans le monde. C’est ce que je veux faire, ce que j’ai envie de faire.»

Sans doute s’était-il abstenu d’ajouter «et c’est ce que je vais faire». Cette foi en son talent ne l’empêche pas de montrer un vrai respect envers ses coéquipiers, notamment en équipe de France, où il a su observer et écouter avant d’étendre son influence sans ostentation. C’est sur le terrain qu’il a pris de l’importance, dès son premier passage à Clairefontaine en mars 2013, avant que son charisme et son sens du commandement lui permettent de trouver naturellement sa place, une place prépondérante dans le groupe comme dans l’équipe où son profil «box to box» magnifie le milieu tricolore. Il en a toujours été ainsi. Dans chacune des sélections où il est passé, Pogba a été un meneur, techniquement et humainement. Sa dextérité et son abattage soulagent sur le terrain autant que sa bonne humeur et sa bienveillance rassurent en dehors.

L’absence de vrai leader charismatique jusque-là en bleu a aussi facilité son émergence ainsi que celle d’un autre jeunot, Raphaël Varane. Ils sont bien évidemment l’avenir des Bleus.

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Pogba could be asked to pay damages to Juventus | Juvefc.com

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Paul Pogba to remain at Juventus for 2023-24 season - AS USA

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Juventus bevriest topsalaris dopingzondaar Paul Pogba en overweegt  juridische stappen' | Foto | AD.nl

 

Paul Pogba completes return to Juventus from Manchester United |  BelfastTelegraph.co.uk

 

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1941438301_dal2020.png.e5a31f51d836cb81f1c3e8826e2efaa6.png  PAUL POGBA  1675541255_Juventus2004-2017.jpg.83e3431016e175d8bac0dc7167a12c81.jpg  

 

CHUYÊN TRANG THỂ THAO - BÁO SÀI GÒN GIẢI PHÓNG

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Paul_Pogba

 

 

Nazione: Francia Francia
Luogo di nascita: Lagny-sur-Marne
Data di nascita: 15.03.1993
Ruolo: Centrocampista
Altezza: 191 cm
Peso: 84 kg
Nazionale Francese
Soprannome: PolpoPogba - Pogboom - La Pioche

 

 

Alla Juventus dal 2012 al 2016 e dal 2022

Esordio: 22.09.2012 - Serie A - Juventus-Chievo 2-0

Ultima partita: 03.09.2023 - Serie A - Empoli-Juventus 0-2

 

190 presenze - 34 reti

 

4 scudetti

2 coppe Italia

3 supercoppe italiane

 

Campione del mondo 2018 con la nazionale francese

Nations League 2020-2021 con la nazionale francese

 

 

 

Paul Labile Pogba (Lagny-sur-Marne, 15 marzo 1993) è un calciatore francese di origini guineane, centrocampista della Juventus e della nazionale francese, con cui è stato vicecampione d'Europa nel 2016 e campione del mondo nel 2018.

 

Cresciuto nel settore giovanile del Manchester Utd, con cui ha conquistato una FA Youth Cup (2010-2011), passa nel 2012 alla Juventus vincendo quattro campionati italiani consecutivi (dal 2012-2013 al 2015-2016), due Coppe Italia anch'esse consecutive (2014-2015 e 2015-2016) e tre Supercoppe di Lega (2012, 2013 e 2015); tornato nel 2016 al Manchester Utd — con il trasferimento all'epoca più oneroso nella storia del calcio —, vince una UEFA Europa League (2016-2017) e una Coppa di Lega inglese (2016-2017).

 

Con la nazionale ha preso parte ai Mondiali di Brasile 2014 e Russia 2018, trionfando in quest'ultimo, è stato finalista all'Europeo di Francia 2016 e ha vinto la UEFA Nations League nel 2020-2021; in ambito giovanile, con la Francia Under-20 ha trionfato ai Mondiali Under-20 di Turchia 2013.

 

Paul Pogba
FRA-ARG (11) - Paul Pogba (cropped 2).jpg
Pogba con la nazionale francese al campionato del mondo 2018
     
Nazionalità Francia Francia
Altezza 191 cm
Peso 84 kg
Calcio Football pictogram.svg
Ruolo Centrocampista
Squadra   Juventus
Carriera
Giovanili
1999-2006   Roissy-en-Brie
2006-2007   Torcy
2007-2009   Le Havre
2009-2012   Manchester Utd
Squadre di club
2011-2012   Manchester Utd 3 (0)
2012-2016   Juventus 178 (34)
2016-2022   Manchester Utd 154 (29)
2022-   Juventus 12 (0)
Nazionale
2008-2009 Francia Francia U-16 17 (1)
2010 Francia Francia U-17 10 (2)
2010-2011 Francia Francia U-18 6 (1)
2011-2012 Francia Francia U-19 12 (4)
2012-2013 Francia Francia U-20 13 (4)
2013- Francia Francia 91 (11)
Palmarès
 
Coppa mondiale.svg Mondiali di calcio
Oro Russia 2018
UEFA European Cup.svg Europei di calcio
Argento Francia 2016
Transparent.png Mondiali di calcio Under-20
Oro Turchia 2013
Transparent.png UEFA Nations League
Oro Italia 2021

 

Biografia

La sua famiglia emigrò in Francia dalla Guinea. Ha due fratelli maggiori, i gemelli Florentin e Mathias, anche loro calciatori così come lo zio materno Riva Touré, ex giocatore della prima divisione guineana, il primo a intravedere del talento in un Paul ancora bambino.

 

Musulmano praticante, nel 2019 ha sposato la modella boliviana María Zulay Salaues, dalla quale ha avuto tre figli.

 

Nel marzo del 2022 ha rivelato di avere sofferto di depressione quattro anni prima, periodo in cui, al Manchester Utd, era allenato da José Mourinho.

Caratteristiche tecniche

220px-Paul_Pogba_Juventus.jpg
 
Pogba in azione alla Juventus nel 2012: si nota la longilinea struttura fisica del giocatore nonché i lunghi arti inferiori.

 

Considerato fin dall'adolescenza tra i maggiori talenti europei della sua generazione, si è reso protagonista di una veloce maturazione che ne ha fatto, a poco più di vent'anni, uno dei migliori centrocampisti del panorama calcistico internazionale.

 

È un incontrista ambidestro che possiede forza atletica, abilità nel pressing e personalità, caratteristiche che in mezzo al campo gli permettono di recuperare palloni e vincere contrasti — soprattutto grazie alle sue lunghe gambe, paragonate da molti ai tentacoli di una piovra, che gli hanno fatto guadagnare il soprannome di Polpo Paul (in assonanza con l'omonimo cefalopode). Dotato di visione di gioco, è capace di organizzare la manovra d'attacco e di accompagnarla, fornendo l'ultimo passaggio ai finalizzatori dell'azione oppure inserendosi lui stesso negli spazi.

 

Dimostra inoltre potenza e precisione balistica nel tiro da fuori area, da cui l'altro suo nomignolo di PogBoom. La sua posizione preferita è quella di regista davanti alla difesa, ma grazie alla sua mobilità in mezzo al campo sa ben proporsi anche come mezzala. Dal punto di vista tattico, il suo apporto risulta efficace anche in posizione più arretrata, quando limita la sua libertà di movimento e le sue sortite in area avversaria in favore di un maggior lavoro di contenimento in mezzo al campo; situazione, questa, più frequente a vedersi con la rappresentativa nazionale.

 

Fisicamente paragonato agli esordi a Patrick Vieira, è cresciuto avendo come modelli Yaya Touré e il connazionale Abou Diaby. A livello atletico è agile e rapido nei movimenti, esibendo un mix tra fisicità ed efficacia; dimostra inoltre pulizia nei tocchi di palla e tempismo nei contrasti, il tutto unito a una buona dose di carisma e personalità in campo. Nel 2016, il suo caratteristico modo di esultare dopo aver segnato un gol, consistente in un passo di dab, contribuì a fare di questa danza un fenomeno sociale.

Carriera

Club

A sei anni i suoi genitori lo portano a giocare nel Roissy-en-Brie, squadra dell'eponima banlieue parigina in cui è cresciuto, dove rimane fino ai tredici anni guadagnandosi il soprannome de La Pioche ("Il piccone"). Dopo aver superato un provino, nel 2006 la società calcistica del Torcy lo accoglie nelle file della sua Under-13, rimanendo tuttavia solo un anno coi Torcéens prima di passare a titolo gratuito all'accademia giovanile del Le Havre, tra le più prestigiose di Francia. Nel biennio trascorso in Alta Normandia Pogba guida l'Under-16 del Le HAC sino alla finale per il titolo nazionale, persa contro il Lens.

Manchester Utd

Nel 2009 si accasa oltre Manica al Manchester Utd. Il Le Havre denuncia in seguito alla FIFA delle irregolarità nel trasferimento, avvenuto a titolo gratuito, sostenendo che la società inglese, per convincere la famiglia del giocatore, aveva promesso loro un'abitazione e circa novantamila sterline; in seguito il club francese, che deve contemporaneamente fronteggiare un caso simile anche col Torcy, decide di chiudere il contenzioso accordandosi con i Red Devils per un conguaglio in denaro. Voluto da Alex Ferguson, viene così inserito nelle giovanili dei rossi di Manchester. Con l'Under-18 risulta decisivo per la conquista della FA Youth Cup, realizzando una rete contro i pari età del Chelsea in semifinale, e giocando poi anche le finali contro lo Sheffield Utd. Con la squadra riserve colleziona invece 12 presenze, 3 gol e 5 assist.

 

Il 20 settembre 2011 esordisce in prima squadra nella vittoria per 3-0 in Football League Cup sul Leeds Utd. In campionato, fa il suo debutto il 31 gennaio 2012 nella sfida vinta contro lo Stoke City, mentre quattro giorni dopo è il turno della prima presenza nelle coppe europee, scendendo in campo contro l'Athletic Bilbao nel ritorno degli ottavi di Europa League. Quando sembra pronto per lui un posto nell'organico della prima squadra, il ritorno al calcio giocato di Paul Scholes il quale pochi mesi prima si era inizialmente ritirato dall'attività agonistica, lo relega ai margini della rosa: desideroso di giocare, entra in rotta col tecnico Ferguson (il quale accuserà di questa mossa il procuratore del giocatore, Mino Raiola) scegliendo di non rinnovare con il Manchester Utd e di svincolarsi al termine della stagione; peraltro, un infortunio alla caviglia pone fine in anticipo alla sua ultima annata in Inghilterra.

Juventus

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Pogba con la maglia dei Bianconeri nell'estate 2014

 

Il 3 agosto 2012 approda a parametro zero alla squadra italiana della Juventus. Inizialmente acquistato in prospettiva come alter ego di Andrea Pirlo, ben presto Pogba emerge nel ruolo di mezzala, e nonostante la giovane età si ritaglia in breve un proprio spazio nell'organico bianconero. Fa il suo esordio da titolare in Serie A il 22 settembre 2012, nel successo casalingo dei bianconeri 2-0 sul Chievo, mentre il 2 ottobre successivo debutta in Champions League, subentrando sul finire della sfida interna della fase a gironi contro lo Šachtar, e il 20 dello stesso mese sigla la sua prima rete in maglia bianconera, nella vittoria in campionato 2-0 allo Stadium contro il Napoli. Utilizzato dal tecnico Antonio Conte sempre più frequentemente, le prestazioni offerte dal giocatore nel prosieguo della stagione portano l'allenatore a modificare il modulo di gioco della squadra, per poter schierare il francese con continuità nel centrocampo bianconero. Alla fine della sua prima, vera, stagione da professionista, arriva il primo scudetto per Pogba, il quale si afferma come la maggiore rivelazione della formazione torinese oltreché del campionato.

 

Nella prima gara ufficiale della stagione 2013-2014, la Supercoppa italiana contro la Lazio, Pogba viene eletto miglior giocatore della finale, col francese che subentra all'infortunato Marchisio nel corso del primo tempo e apre le marcature nel 4-0 che consegna il trofeo alla Vecchia Signora. In campionato, il 29 settembre 2013 è un suo gol a decidere il derby della Mole contro il Torino. Al termine dell'anno solare, viene premiato con l'European Golden Boy come miglior giovane calciatore d'Europa. Il 20 febbraio 2014 debutta in Europa League coi colori bianconeri, segnando al contempo la sua prima rete nella manifestazione, nel 2-0 casalingo al Trabzonspor valevole per l'andata dei sedicesimi di finale; in campo continentale raggiunge coi piemontesi la semifinale della manifestazione, mentre in Serie A arriva a fine stagione il secondo scudetto di fila per Pogba. Il centrocampista francese, ormai stabilmente titolare pur a fronte della giovane età, chiude la seconda annata in bianconero con 9 reti in 51 presenze tra campionato e coppe, risultando il bianconero maggiormente utilizzato in stagione.

 

Nell'annata 2014-2015, coi bianconeri ora allenati da Massimiliano Allegri, il 4 novembre Pogba bagna la centesima presenza in maglia juventina siglando il suo primo gol in Champions League, quello del definitivo 3-2 all'Olympiakos. All'inizio del 2015, il 15 gennaio sigla il suo primo gol in Coppa Italia, nella vittoria 6-1 agli ottavi di finale contro il Verona. Il successivo 19 marzo, durante il retour match degli ottavi di Champions League sul campo del Borussia Dortmund, subisce una lesione al bicipite femorale destro che lo costringe a fermarsi per i successivi due mesi. L'infortunio gli fa festeggiare lontano dal campo il suo terzo scudetto consecutivo, mentre riesce a recuperare per la finale di Coppa Italia, vinta il 20 maggio a Roma battendo la Lazio 2-1 ai tempi supplementari, per quello che è il primo double nazionale del francese. Chiude la stagione il 6 giugno, a Berlino, scendendo in campo per la prima volta in una finale di Champions League, seppur i bianconeri non riescano a sollevare il trofeo, battuti 1-3 dal Barcellona.

 

Apre la stagione 2015-2016, la sua quarta e ultima a Torino, con il successo nella Supercoppa italiana, la terza per il giocatore, vinta l'8 agosto a Shanghai contro la Lazio, in cui il francese serve a Dybala l'assist del definitivo 2-0. Intanto sul piano personale, alla fine dell'anno solare viene inserito per la prima volta nella Squadra dell'anno UEFA e nel FIFA/FIFPro World XI, piazzandosi inoltre al quindicesimo posto nella classifica del Pallone d'oro FIFA. Termina la stagione segnando 10 reti in tutte le competizioni e primeggiando nella classifica dei rifinitori della Serie A, risultando fondamentale nel conseguimento del secondo double consecutivo della Juventus, che a coronamento di una rimonta-record si aggiudica sia lo scudetto — il quarto per Pogba nonché quinto di fila della Juventus, contribuendo a far bissare al club il suo Quinquennio d'oro — sia la Coppa Italia.

Ritorno a Manchester

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Pogba in azione al Manchester Utd nel 2017

 

Il 9 agosto 2016 viene ufficializzato il ritorno di Pogba al Manchester Utd. Per riacquistare a titolo definitivo il suo ex calciatore, il club inglese sborsa una somma complessiva di 105 milioni di euro (di cui 72 e mezzo finiti effettivamente alla Juventus e 27 al procuratore Mino Raiola): si tratta, in quel momento, del trasferimento più oneroso nella storia del calcio.

 

Il suo secondo debutto con la maglia dei Red Devils avviene il 19 agosto seguente, nella vittoria casalinga per 2-0 contro il Southampton valida per la 2ª giornata di Premier League. Il 24 settembre trova invece il suo primo gol in assoluto con la maglia dei mancuniani, nel 4-1 interno ai campioni in carica del Leicester City. Il 24 maggio 2017 segna il primo dei due gol che permettono al Manchester Utd di vincere la UEFA Europa League, superando in finale 2-0 l'Ajax.

 

Apre la stagione 2017-2018 giocando la sua prima finale di Supercoppa UEFA, persa 1-2 contro il Real Madrid.

 

Il 1º giugno 2022 il Manchester Utd annuncia che dal 1º luglio successivo, dopo sei anni di contratto col club, lascerà la squadra a parametro zero per la seconda volta nella propria carriera.

Ritorno alla Juventus

L'11 luglio 2022 Pogba fa ritorno dopo sei anni alla Juventus, anche stavolta da svincolato. Tuttavia, solo poche settimane più tardi, il centrocampista subisce una lesione al menisco laterale durante la preparazione estiva: dopo aver inizialmente provato una terapia conservativa senza successo, si sottopone a un intervento di meniscectomia, saltando così il resto del girone di andata del campionato. Ancora fuori nella prime partite del girone di ritorno, il 28 febbraio 2023 trova la prima presenza della seconda esperienza bianconera, in occasione del derby della Mole vinto per 4-2 contro il Torino. Anche dopo il rientro continua, tuttavia, a trovare poco spazio a causa di altri due infortuni patiti rispettivamente a marzo e a maggio, il secondo dei quali, subito nella sfida vinta in casa per 2-0 contro la Cremonese il 14 maggio 2023, lo costringe a concludere anzitempo la stagione.

 

L'11 settembre 2023 il Tribunale Nazionale Antidoping sospende in via cautelare Pogba, trovato positivo al testosterone sintetico nel corso di un controllo antidoping effettuato al termine dell'incontro di campionato Udinese-Juventus del 20 agosto; il 6 ottobre successivo, la positività del calciatore transalpino viene confermata dalle controanalisi. Pogba propugna la tesi dell'«assunzione accidentale», motivo per cui nei mesi seguenti rifiuta un patteggiamento con la Procura Antidoping: una tesi rigettata dall'accusa che chiede per il giocatore una squalifica per quattro anni, richiesta accolta dal TNA il 29 febbraio 2024.

Nazionale

Nazionali giovanili

Pogba ha indossato per la prima volta la maglia nazionale nel 2008 con l'Under-16. L'anno dopo fa il suo debutto con l'U-17, con cui partecipa al campionato europeo di categoria chiuso dai giovani francesi al terzo posto (a pari merito con la Turchia). Sempre nel 2010, con l'arrivo del commissario tecnico Pierre Mankowski, fa il suo debutto anche nell'U-18. L'anno successivo veste per la prima volta la maglia dell'U-19, con cui nel 2012 ottiene un altro terzo posto (stavolta assieme all'Inghilterra) al campionato europeo di categoria.

 

Nel 2013 è il capitano della Francia U-20 che trionfa in Turchia al campionato mondiale di categoria: si tratta del primo titolo per i transalpini nella storia della competizione. Nel corso del torneo, Pogba va a segno dal dischetto nella sfida dei quarti contro l'Uzbekistan e, nella finale del 13 luglio contro i pari età dell'Uruguay, realizza il primo dei tiri di rigore con cui i giovani Bleuets vincono il titolo mondiale, venendo al contempo eletto miglior giocatore della manifestazione.

Nazionale maggiore

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Pogba con la maglia dei Bleus in un'amichevole contro la Russia del marzo 2018

 

Il 14 marzo 2013, quando ancora milita nell'Under-20 francese, Pogba viene convocato per la prima volta in nazionale maggiore dal commissario tecnico Didier Deschamps per le qualificazioni al campionato mondiale di calcio 2014; esordisce da titolare il 22 del mese, nella partita interna vinta 3-1 contro la Georgia. Sigla poi il suo primo gol con la nazionale maggiore il 10 settembre 2013, realizzando l'ultima rete francese nel successo dei Bleus 4-2 in casa della Bielorussia.

 

L'anno seguente viene inserito da Deschamps nella lista dei 23 convocati per il campionato del mondo 2014 in Brasile. L'esordio nel mondiale avviene il 15 giugno, nel match vinto 3-0 contro l'Honduras, in cui si procura il rigore del vantaggio dei Bleus; il 30 giugno, nella sfida degli ottavi contro la Nigeria, il centrocampista mette a segno il suo primo gol nel torneo iridato, aprendo le marcature nel 2-0 finale dei francesi. Conclude la sua prima rassegna iridata con un'eliminazione ai quarti per mano della Germania poi futura campione del mondo, venendo eletto a fine torneo miglior giovane dell'edizione.

 

Due anni dopo viene convocato per il campionato d'Europa 2016 in Francia. Nonostante Pogba contribuisca al cammino dei Bleus verso la finale, dapprima con una rete ai quarti contro l'Islanda, e poi con un assist nella semifinale contro la Germania campione del mondo in carica, il centrocampista disputa un Europeo globalmente al di sotto delle aspettative. Nella finale di Saint-Denis, è titolare nella sconfitta 0-1 ai tempi supplementari contro il Portogallo.

 

Convocato per il campionato del mondo 2018 in Russia, disputa tutte le gare del torneo da titolare, risultando stavolta decisivo in numerose occasioni. Sua una delle quattro reti dei Bleus nella vittoriosa finale di Mosca contro la Croazia (4-2), che permette ai francesi di laurearsi campioni del mondo per la seconda volta nella loro storia. Nel 2021 partecipa alla fase finale del campionato d'Europa 2020, posticipata di un anno a causa del covid19, e dove, agli ottavi di finale contro la Svizzera, segna il gol del provvisorio 3-1 e trasforma poi uno dei tiri di rigore che tuttavia non basta ai Bleus per evitare l'eliminazione dal torneo.

 

L'anno seguente, a causa di un infortunio rimediato nella prima parte di stagione, è costretto a rinunciare alla convocazione al campionato del mondo 2022 che vedrà la nazionale francese finalista.

Palmarès

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Da destra: Pogba con la madre e il fratello Florentin, mentre stringono la Coppa del Mondo vinta dalla Francia nel 2018.

Club

Competizioni giovanili

Competizioni nazionali

Competizioni internazionali

Nazionale

Individuale

Onorificenze

Cavaliere dell'Ordine della Legion d'Onore - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine della Legion d'Onore
  — Parigi, 31 dicembre 2018. Di iniziativa del Presidente della Repubblica francese.

 

Manchester United have moved on from Paul Pogba amid midfielder's uncertain  Juventus future - Manchester Evening News

 

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Se non ci fosse dentro qualcosa di grande come la Juventus – scrive Enzo Palladini sul “GS” dell’aprile 2016 –, verrebbe il sospetto che una città come Torino è troppo piccola per uno così. Cittadino del mondo come pochi altri possono pensare di essere. Poliglotta 2.0 nel senso che parla tre lingue sul filo dell’ortodossia e tutte con un’efficacia che disarma. A suo modo anche magister elegantiarum, anche se trattasi di elegantia riservata a una nicchia con allegate acconciature postmoderne difficilmente sfoggiabili allo sportello di una banca.
Un soggetto come Paul Pogba starebbe bene in qualunque quadro e in qualunque scenario. Unito a un autore come Mino Raiola potrebbe recitare qualunque ruolo. Di gente che viene dal basso, che ha respirato la polvere delle periferie, normalmente si pensa: chissà come sarebbe finito, se non avesse fatto il calciatore e fosse rimasto nella banlieue di Roissy-la-Source. Non esiste la controprova, ma Pogba poteva fare tutto quello che ha a che fare con l’arte del terzo millennio. La classe con cui addomestica un pallone poteva essere trasferita sul ballo, sul rap, sull’arte di strada. Paul poteva essere qualunque cosa, ma non un emarginato, non un rifiuto della società. Un artista, quello sì. Magari non sarebbe diventato uno dei dieci rapper migliori del mondo o un ballerino come Michael Jackson, ma ci si sarebbe avvicinato.
Ed è forse proprio questo che vuole trasmettere al mondo: qui c’è arte, c’è gioia, c’è divertimento allo stato puro. Ma anche ambizione: «Io lavoro e gioco per essere il numero uno, non mi interessa essere secondo. Il mio sogno è quello di vincere il Pallone d’Oro. Ho ancora voglia di imparare, crescere, cercare di migliorare. L’Europeo e la Champions League, voglio prendermi tutto. Non sono uno che dorme sugli allori».
Pensieri pesanti e parole forti, consegnati a Telefoot il giorno dopo la vittoria sul Napoli in campionato, insieme a un piccolo aneddoto che potrebbe significare moltissimo: «Alla serata del Pallone d’Oro ho parlato con Messi. Mi ha dato dei consigli importanti». Uno di questi magari è legato alla prossima maglia da vestire. Chissà.
Il palcoscenico ha poi un suo perché. Lo Juventus Stadium gli veste addosso giusto giusto, non gli va largo e rischia di diventargli un po’ stretto. Ma non lo ammetterà mai, perché chi ha mangiato pane duro sa meglio degli altri quanto sia buono quello morbido. Magari con una spalmata di foie gras sopra. Certo, quando legge che il Barcellona sta pensando a lui non può restare insensibile. Il Camp Nou è un po’ come il Louvre del calcio: quando le tue opere sono esposte lì, diventano automaticamente immortali. Il physique du role ce l’ha, anche se nel caso in cui dovesse trovarsi a firmare un contratto nella sterminata sala dei trofei, sicuramente si sentirebbe sussurrare all’orecchio qualche consiglio in fatto di look, magari leggermente più sobrio. Ci sono passati tutti, da Neymar ad Arda Turan. Nessuna eccezione. Ma qui può intervenire ancora Raiola con la sua preveggenza. Meglio il contratto della vita che una cresta verde. Si risparmiano anche i soldi del coiffeur.
Ci credono in tanti a questo futuro blaugrana. Ci ha creduto un po’ troppo Sport, quotidiano catalano che è arrivato a sbattere un paradosso in prima pagina: Paul così innamorato di quei colori da essere disposto a ridurre le sue pretese pur di dire sì al Barça. Evidentemente non conoscono Raiola, che ha ritenuto opportuno rispondere (era il 15 febbraio) con la sua consueta dose di veleno: «L’articolo di Sport non ha senso. Pensano anche che Messi stia chiamando il Real Madrid. È più facile che io diventi l’agente di Guardiola che Paul si offra a qualcuno. Certe notizie sono carta straccia. Sport ha un solo lettore ed è Pinocchio».
Pregasi prestare attenzione alla differenza tra forma e sostanza. Raiola qui smentisce la forma e non la sostanza di una possibile trattativa. E chi si occupa di mercato da sempre segue una regola precisa: una smentita molto forte deve far rizzare ulteriormente le antenne, vale più di tanti “può darsi” e di tanti silenzi. E comunque, seguendo una delle tante regole non scritte che governano il calciomercato, quando qualcuno cala un asso, qualche controparte deve rispondere giocando un’altra carta pesante. Così è stato lo stesso Paul a buttarla lì: «Mi piacerebbe un giorno lavorare con Guardiola». Messaggio nemmeno troppo cifrato, che il Pep ha ricambiato con una mozione di gradimento proprio alla vigilia di Juventus-Bayern di Champions League. Niente di illecito o di condizionante, visto che tutti sanno del futuro guardioliano a Manchester sponda City. E il bello di Pogba è proprio questo, si può arrivare a qualunque iperbole anche economica quando si parla di lui. Niente è inverosimile.
Ancora a proposito di palcoscenici, ce ne sono alcuni che sono pronti a ospitare l’arte di Paul, anzi che l’aspettano come un Messia. Gli Europei quest’anno sono in Francia e l’occasione fa l’uomo genio. Con i suoi ventidue anni e con la sua capacità di rendere facile tutto quello che per i comuni mortali risulta difficile, al limite dell’impossibile, Pogba è il protagonista designato di una rassegna continentale che promette – e non è detto che mantenga – uno stravolgimento dei valori tradizionali.
Lo juventino è il fattore che può sparigliare tutto, il catalizzatore che può risolvere una partita con un inserimento, può addormentarla con la sua capacità di trattenere il pallone, può valorizzarla con quei colpi che solo chi ha il suo coraggio può tentare e solo chi ha la sua classe può finalizzare. La Francia si aspetta tutto questo da lui, il citì Didier Deschamps più di tutti, ma sa benissimo che non sarà facile per lui gestire al meglio tanto talento e tale aspettativa. Il ragazzo che amava Zidane e Bolt è il primo a rendersene conto: «Noi della Francia abbiamo tutto per poter fare bene e vincere. Deschamps è un allenatore che ha vinto tanto nella sua carriera. Il mio amico Evra è un capo che non ha nemmeno bisogno di indossare la fascia per farsi rispettare da tutti. Leader vero. Spero che tutto sia targato Francia, che il capocannoniere sia dei nostri e le sorprese siano tutte francesi. Abbiamo una grande voglia di raggiungere questo traguardo, se vinceremo l’Europeo prometto una bella danza con un nuovo bellissimo taglio di capelli».
Qualcuno scrisse del grande Gullit: «Ruud è un ragazzo che potresti incontrare in qualunque posto del mondo, anche accanto a casa tua». Detto con assoluta sincerità, venticinque anni fa questo era un paradosso. Gullit portava le treccine rasta e si presentava come una specie di monumento in mezzo a esseri umani ordinari; l’Italia di fine Anni ‘80 era ancora un posto dove il concetto di società multietnica era un’astrazione nello spazio e nel tempo. Oggi viviamo in un altro mondo e in un’altra Italia. Se scriviamo, parafrasando, che «Paul è un ragazzo che potresti incontrare in qualunque posto del mondo, anche accanto a casa tua», esprimiamo un concetto normale.
Anche perché è vero, Pogba è abbastanza facile da incontrare per la strada. A differenza di molti calciatori, ha scelto di abitare in piena città, esattamente in Corso Agnelli, a pochi metri dallo Stadio Olimpico, in un appartamento che appartiene a Ciccio Grabbi, un ex giocatore che nella Juve non ha avuto la stessa fortuna di Paul e che si è dovuto accontentare delle briciole. Sostanziose, ma sempre briciole. Quando esce di casa alla guida della sua Audi TT nera con i vetri oscurati riesce a passare quasi inosservato, ma quando decide di farsi una breve camminata nel quartiere di Santa Rita non può esigere l’anonimato. I ragazzini lo vedono da lontano, lo inseguono, lo fermano per chiedergli selfie e autografi che lui, a onor del vero, concede sempre con una disponibilità difficilmente riscontrabile in molti suoi colleghi. Le origini non si dimenticano e un sorriso arricchisce chi lo riceve e chi lo dà.
Quel sorriso però aveva abbandonato il suo volto alla fine dell’estate 2015. Un momento di difficoltà personale che non ha avuto un’eco esagerata, ma che ha condizionato non poco il suo inizio di stagione. Non sempre chi ha successo nella vita ha anche una fortuna totale in amore. Paul in quel periodo è stato lasciato dalla fidanzata Lisa Thiolon, con la quale conviveva da un po’ di tempo. Sembrava un grande amore, c’erano già le premesse per un matrimonio in grande stile dopo quattro anni di passione e tante apparizioni pubbliche, poi invece adieu per sempre, nonostante qualche incursione puntualmente paparazzata in una gioielleria milanese per scegliere quelle che dovevano essere le fedi nuziali. Pogba non ha mai esternato sensazioni negative in quel periodo, anche se c’era qualcosa di sospetto nelle sue prestazioni. Non tutto gli riusciva bene come nella stagione scorsa, certe partite sotto il sette in pagella non erano da lui. Poi se n’è fatto una ragione, ha ripulito la mente dalle negatività, è tornato a giocare come sa e a far brillare gli occhi del suo amico manager Mino, che leggendo bene il bilancio della Juventus intasca 500.000 euro per ogni stagione che Paul disputa con la maglia bianconera, a titolo di commissioni per il suo lavoro di agente. Se poi un domani – i tifosi bianconeri si augurano dopodomani – ci dovesse essere un trasferimento, tutto questo verrebbe ridiscusso e riadeguato, con la nuova società detentrice del cartellino. Tanta roba, come sempre quando si parla di Raiola e dei suoi assistiti.
Sì, ma Torino in tutto questo? Torino, città grande se osservata da Chivasso, diventa piccolissima se vista dal mondo. Ed è un bel pezzo di mondo quello che Pogba mette insieme quando ha voglia di farlo, quando decide che in quell’appartamento per il quale versa un canone di locazione al signor Grabbi Corrado detto Ciccio, devono trovare posto tutti i suoi amici: quelli che arrivano dalla Francia e dalle altre parti del mondo. Perché Paul è nato in Francia, ma è di tutto il mondo. Quando arrivano loro, gli amici del fenomeno, i vicini rimpiangono i bei tempi, quando ci abitava altra gente. Musica e risate hanno pochi freni inibitori, sempre che si decida di stare lì. Se invece si decide di non stare lì, la mèta non è mai un locale di Torino. Troppo piccola quella città per un gruppo di cittadini del mondo con la voglia di divertirsi. Se c’è da fare serata si va a Milano, come del resto fanno quasi tutti i giocatori della Serie A italiana. Attrazione fatale, anche a costo di prendere un aereo privato. All’Hollywood di Corso Como ci andava Ibrahimović quando giocava nella Juventus, figuriamoci se non ci può andare Pogba con i suoi amici. Sempre e soltanto nei giorni consentiti dai regolamenti societari. Con la Juve non si scherza.
In una sera di aprile del 2014, nella sala riunioni degli studi Mediaset a Cologno Monzese, guardando Benfica-Juventus su un maxischermo, Piero Chiambretti ha raccontato un curioso aneddoto: «Pogba è veramente un ragazzo serio. Certe sere attraversa mezza città, viene al mio ristorante, si fa cucinare una coscia di pollo, se la fa confezionare e va a casa a mangiarsela».
Lo juventino Pogba e il torinista Chiambretti, una strana accoppiata anche per le modalità espresse in questo breve racconto. Ma era un Pogba ancora in fase di lancio, un ragazzo che stava scoprendo Torino. Poi le sue abitudini si sono leggermente modificate. Adesso il suo pasto preferito è il kebab e la fortuna è che ha un kebabbaro proprio sotto casa, il che gli consente di rifornirsi con una certa facilità. Ma ce n’è un altro che gli piace molto e al quale ha regalato anche un sacco di sue foto autografate, in via XX Settembre angolo Corso Vittorio. Ai tempi di Conte doveva rispettare una dieta programmata nei minimi particolari, adesso si sente un po’ più libero: ha imparato anche a cuocersi la pasta da solo e va un po’ di più al ristorante. Botte di vita, si fa per dire. Perché le vere botte di vita sono quelle che si possono organizzare tra le mura domestiche oppure un centinaio e mezzo di chilometri più in là, nel divertimentificio, come lo chiamano i milanesi che vivono la movida.
Vita normale di uno dei pochi top player che la Serie A possa ancora permettersi, anche a costo di grandi sacrifici economici e di un corteggiamento spinto nei confronti del suo mentore Mino Raiola. Per quanto tempo il nostro campionato potrà ancora fregiarsi di questa medaglia, oggi non è dato saperlo. Più facile immaginare che a Manchester, sponda United, si stiano autoflagellando per averlo perso praticamente a costo zero; che a Manchester, sponda City, siano pronti a molto per vestirlo del colore sky blue; e che a Barcellona fingano disinteresse ben sapendo che farebbe molto comodo. A Torino per ora se lo godono, ma se non ci fosse una cosa grande come la Juventus sarebbe troppo facile pensare che quella città è troppo piccola per uno così.
 
MASSIMO ZAMPINI, DA JUVENTIBUS.COM DEL 7 AGOSTO 2016
È pressoché impossibile mettersi nei panni di Paul Pogba, dire quale sarebbe stata la scelta giusta, certificare noi cosa avremmo fatto al suo posto. Dovremmo immaginare di essere un ragazzo francese che a sedici anni viene preso dal Manchester United, la squadra più famosa del mondo. Di giocare lì per tre anni, in quell’età dove noi finiamo lentamente l’adolescenza mentre loro, i giocatori, quelli veri, sono già adulti, fuori casa da chissà quanto. Di avere un allenatore che crede in te, ma non ancora, non quanto vorresti, e allora arriva una squadra dall’Italia (LA squadra dall’Italia, quella di Platini, Zidane, Deschamps, Trézéguet e compagnia) che sta rinascendo, mentre tu stai nascendo e ti coccola, ti lusinga fino a convincerti. Ti spiace lasciare Manchester, ma sai quanto sei forte e scommetti su di te, sapendo che un centrocampo con Pirlo, Vidal e Marchisio è fortissimo, quasi perfetto, ma sei quasi perfetto anche tu, e perfetto lo sarai presto, quindi non puoi avere paura.
Dovremmo immaginare, in quel Juventus-Napoli dell’ottobre 2012, di subentrare a un quarto d’ora dalla fine a Vidal e di aspettare un pallone che scende piano proprio per aspettarti, fino a quando non lo prendi al volo di sinistro e lo scarichi proprio all’angolino. Nelle immagini si vede Mazzarri, l’inventore mondiale del 3-5-2, che si dispera mentre sulla nostra panchina festeggia Alessio e viene da ripensare a quante ne abbiamo passate, caro Paul, in questi anni, rimanendo sempre lì al nostro posto. È esattamente quello il momento in cui tutti capiscono di essere di fronte a un calciatore speciale. Ma se solo davvero ci immedesimassimo in Paul non saremmo sorpresi, perché è proprio per quello che siamo andati alla Juventus, mica per aspettare di compiere 22 anni guardando gli altri dalla panchina.
E, infatti, ci prenderemmo il posto, anno dopo anno, e la nostra maglietta diventerebbe la più ambita da una generazione di piccoli juventini, fino a salire di numero, di grado, di importanza e diventare la 10. È in quell’estate che Marotta incontra il Barcellona, all’uscita ci regala una foto di rito con la dirigenza catalana e il mondo immagina che OK, magari non questa estate ma Pogba è stato già venduto al Barcellona. Ci aspetterebbero al varco anche là, con la numero 10, il Barcellona alle porte, le pressioni che esplodono, ma dopo un inizio complicato supereremmo anche questa prova, vincendo da protagonisti l’ennesimo scudetto di fila. A quel punto (eccoci, finalmente) l’accordo col Barcellona se lo sono già scordati tutti, era la solita boutade. Ma ci sarebbero comunque le solite voci di mercato, le interviste abbracciato a Evra, la voglia di Juve ma anche di mettersi alla prova altrove, magari in un campionato dove negli ultimi anni non ha vinto sempre la stessa. Dove si guadagna di più, certo, molto di più, ma non solo, perché il Manchester United è casa ed è sempre la squadra più ricca, conosciuta e più amata del mondo e vale la pena, partito a parametro zero perché non c’era posto in squadra, tornare da calciatore più pagato della storia del calcio. Sì, è una cosa da Paul Pogba. Non male, come storia.
Ma è complicato immaginare tutto questo e allora restiamo noi, che quel giorno col Napoli ammiravamo estasiati dalla tribuna, al gol contro l’Udinese quasi non ci credevamo, nel vederti cercare le zidanate a metà campo talvolta sbuffavamo, nell’elencare i tanti parametri zero ci mostravamo inorgogliti partendo sempre dal tuo nome («allora, intanto Pogba, poi Khedira, Llorente, Coman, Evra», ecc.), di fronte alla goffa rabbia di chi non vince mai e ti riteneva sopravvalutato ridevamo di gusto («non vale 70, non vale 80, non vale 90, lo sta montando la stampa» e noi giù a ridere festeggiando scudetti) e ora eccoci qua, a vivere il calciomercato più incredibile di sempre, tra arrivi straordinari e partenze che lasciano un po’ di magone, perché ci sarebbe piaciuto farci qualche altro anno insieme. E allora buona fortuna, Paul, ma da ora l’unico interesse al momento è sapere che farà Higuaín, chi verrà al tuo posto e come sta Marchisio. Il resto è un gran ricordo ma è già l’ultimo dei nostri pensieri.
 
ENRICO DANNA, DA TUTTOJUVE.COM DEL 9 AGOSTO 2016
Caro Paul, è stato bello intraprendere questo viaggio con te, un viaggio durato quattro anni, nei quali abbiamo gioito molto e patito qualche delusione (vedi finale di CL); un percorso che ti ha visto crescere in modo esponenziale, probabilmente inaspettato, per quanto è stato rapido ogni tuo passo verso l’élite del calcio. Tutti noi sapevamo che prima o poi ci saremmo separati e, davanti a certe cifre, probabilmente è impossibile dire “no”, qualunque sia l’angolo di osservazione degli eventi. Del resto, non sei cresciuto nel vivaio bianconero e quindi non potevi avere tatuato (nemmeno abbozzato) quel DNA zebrato che avrebbe potuto incidere nelle scelte. L’importante è che si sia trattata di una tua scelta, perché, nel bene e nel male, è sempre meglio poter dire di aver usato la propria testa.
Ciò che ha lasciato un po’ perplessi i tifosi juventini è stata tutta la pantomima messa in scena nell’ultimo mese, probabilmente orchestrata in modo abile e opportuno da sponsor e agente, con la tua complicità (diretta o indiretta che sia). Ecco, questo si poteva in qualche modo evitare. Nessuno ti avrebbe fatto una colpa per un affare che arricchisce e sta bene a tutti, ma c’è modo e modo di fare le cose. In fondo, un pizzico di gratitudine in più (che sappiamo benissimo essere merce rara nel calcio) verso i tifosi della Vecchia Signora e verso la Juventus stessa non avrebbe fatto schifo. Se è vero che in quel di Manchester sei cresciuto e che il tuo ritorno alla corte dei Red Devils è una scelta di cuore (che più che battere, tintinna), è anche e soprattutto vero che quattro anni fa, la Juventus dimostrò di credere in te, portandoti a Torino e permettendoti di diventare il calciatore che sei ora, mentre, in terra d’Albione, stazionavi amabilmente tra l’aiuto cuoco e l’aiuto magazziniere. Bisognerebbe ricordarseli certi particolari, perché sono quelli che creano i nostri percorsi di vita e ci fanno diventare ciò che siamo.
Vedi, caro Paul, fa male leggere che quella di Torino è stata, per te, come una vacanza. La divisa della Juventus è gloriosa tanto e più di quella che vai a indossare ora. Ti ricordiamo che hai portato sulla maglia il numero di un campione come Gaetano Scirea, grande Uomo prima che giocatore. Se ti si può dare un consiglio, caro Paul, vista la tua giovane età, è quello di studiare il compianto Gai, perché se è necessario migliorare costantemente come calciatore, lo è, a maggior ragione, migliorarsi quotidianamente come uomini.
Sei giovanissimo e quindi è logico (e anche giusto) che tu possa errare o comunque colorare il tuo percorso di sfumature stonate (lo abbiamo fatto tutti), ma nel momento in cui sei osannato e amato da una tifoseria, dovresti portare più rispetto per chi, in questi quattro anni, ti ha acclamato, applaudito e aiutato a diventare quello che sei. Vuoi crescere e diventare il migliore e questo ti fa onore, ma se permetti, al momento, è difficile pensare che ti sia più agevole raggiungere certi traguardi con una squadra che negli ultimi anni non ha brillato (per usare un eufemismo), che nella stagione in corso non disputerà la Champions League e che è sicuramente forte dalla trequarti in su, ma è imbarazzante nella fase difensiva. Alla fine, però, ogni decisione va rispettata e accettata: è la legge della vita, non solo dello sport. La prossima volta che farai una scelta di cuore, però, ricorda di metterlo in primo piano, il cuore.
In bocca al lupo Paul et merci pour tout. Ti auguriamo tante vittorie (tranne nel momento in cui dovessimo mai incontrarci da avversari) e un futuro radioso.
 
GIACOMO SCUTIERO, DA JUVENTIBUS.COM DELL’11 AGOSTO 2016
Appena tre mesi dopo il suo sbarco a Torino, messaggio con il maestro Roberto Perrone sul diciannovenne che a Vinovo stupisce tutti. Mi scrive solo sei parole: «È un predestinato, sarà un grandissimo». Mi fido, gli credo. L’attitudine del primo (e soprattutto del secondo, terzo, quarto) Pogba è la spontanea e solenne disinvoltura nello “snellire il traffico” (made in Roberto Beccantini). Patrick Vieira? Sì, ma c’è dell’altro. Il suo primo allenatore al Roissy racconta che era un nove e mezzo, ma poi tradisce la tattica e confessa: «Faceva tutto, recuperare, assistere, segnare, e si incazzava pure». Facendo rassegna stampa, archivio spesso ritagli di giornale. Mai visto un giocatore dichiarare così tante volte di puntare al Pallone d’Oro. Un francese molto inglese e United come Eric Cantona benedice da subito la scelta di Pogba di lasciare Manchester per raggiungere la Juventus. Il perché dell’abbandono è arcinoto, Paul lo ricorda senza freno a ogni intervista: «Dissi a Ferguson che ero pronto per giocare. Contro il Blackburn era disponibile solo Park a centrocampo; schierò Rafael, non me… E me ne sono andato». Pretesto della fattispecie a parte, non era considerato abbastanza e voleva giocare.
Un ragazzo che vuole apprendere e apprende. La lingua: (imparato l’italiano) su sua richiesta, Llorente gli insegna lo spagnolo appena i due iniziano a vivere insieme il tempo libero. La disponibilità: «A me basta essere in campo, gioco dove vuole l’allenatore». La professionalità: «Vorrei divertirmi un po’ di più, ma il calcio pone degli obiettivi da raggiungere e per vincere devo fare dei sacrifici». Lo step by step, che mai come oggi odora di annuncio non colto: «Fare la storia della Juve? Io voglio fare la storia di questo scudetto». A proposito del rapporto con chi decide cessioni e rinnovi, il ragazzo non resta bene quando la dirigenza non affronta l’argomento del nuovo contratto prima del termine della stagione 2013-14. Ma la Juve fa così e, dopo due anni di Torino, Pogba lo avrebbe dovuto sapere eccome. Intanto, in quel periodo, lo Stadium sciorina “Non si vende Pogba!” ogni settimana. Non passano molti giorni e appare il suo agente, Mino Raiola: «A lui interessa solo la Juve, il matrimonio è perfetto». Tutto chiaro, no? Anche l’ingaggio del francese di allora: un milione e mezzo per altri due anni, pochino per chi ha già dimostrato di poter divorare la Serie A. Basta attendere la fine dell’estate e l’inoltro dell’autunno per ottenere il doppio tre: gli anni di contratto aggiunti e la moltiplicazione dello stipendio.
Paul ha mai detto di voler giocare nel Real e nel Manchester, ha sempre detto quel che è innegabile e più significativo: «Sono top club, come la Juve». La seconda parte dell’anno 2014 è la fase in cui la società Juve comprende al 100% di avere in casa il prossimo numero uno dei tuttocampisti. Per le due stagioni strabilianti, per gli interessamenti di mittenti autorevoli che giungono in sede. Chi parla mai, quando parla va ascoltato. Specie se risponde al nome di Fabio Paratici: «Non immaginate quanto grande sarà Pogba. Sono convinto di questo, per il giocatore che è e soprattutto per la testa che ha». Il Direttore Sportivo fa la parte dello scudo preventivo del Polpo, che inizia a ricevere una catasta di critiche circa il suo modo di interpretare il calcio, di vivere i novanta minuti, di fare una scelta piuttosto che un’altra. Senza molti giri di parole dolci, il suo commissario tecnico Deschamps: «Fa troppe giocate superflue». E mister Allegri: «Mi fa arrabbiare, perché ha potenzialità incredibili, da zero errori a partita. Deve sbagliare molto meno». At last and least, ci sono anche io. Paul rigetta l’etichetta di frivolo, senza pensieri, leggero: «Questo è il mio calcio, sono così». Ma, come detto, vuole sempre apprendere per migliorare: «A volte tendo a esagerare. Devo mettere a posto qualche dettaglio se voglio diventare davvero forte». Parola sua e di Tévez: «Ogni mattina lui ti abbraccia e dà un bacio. Nelle interviste dice quello che è giusto, di valere zero. Per questo diventerà un campione».
Una delle definizioni di Pogba che più apprezzo è firmata dal moda-manager Giulia Mancini: «Fa cose da eroe, da fumetto». Ma a soli 21 anni gli rinfacciano qualche pausa di concentrazione in partita, senza ricordare che, alla stessa età, Messi e Cristiano Ronaldo non erano migliori in quell’aspetto. Se una parte, il collega Niang, chiude un occhio («Ha abituato troppo bene…»), dall’altra ripiovono letterine a forma di freccia inviate ora da Moggi e ora da Nedved: «Deve essere meno bello e più concreto, più determinante». Il ragazzo comincia a palesare fastidio. I media pongono sempre la stessa domanda e lui se ne esce come mai: «Qualsiasi cosa dico non vengo creduto», in riferimento al fatto che per lui la Juve (non) è un top club abbastanza stimolante.
All’inizio dello scorso anno, nessuna testata scriveva che Pogba sarebbe stato bianconero anche nella stagione 2015-16. E invece… L’ex allenatore Conte sembra rimbambito dall’assiduo studio della lingua inglese: «Vendi lui e compri tre top». E mentre Zenga scova l’unico difetto del francese, «Non sa cucinare», ricompare Raiola. Mino comincia a parlare con la Juve, faccia a faccia e sui giornali: «Con Agnelli abbiamo un patto: Paul non deve andare via per forza, perché non c’è bisogno di soldi. Il Real lo ha chiesto, ma non mi piace il loro atteggiamento: hanno storto la bocca alla cifra di 50 milioni… Lui ama le sfide, lasciare Manchester lo fu. Rischio e coraggio, così cresci. Se Pogba sceglie una squadra e un’altra offre di più alla Juve, tra me e la Juve sarà guerra». Abbastanza chiaro, eh. All’inizio dello scorso anno, dicevo. È importante perché il giocatore è all’epoca non sponsorizzato, ma con avance milionarie di Adidas e Nike. Non è un quotidiano italiano, ma “L’Equipe”, a piazzare la Juve tra i top club meno qualcosina; è l’anticamera dell’accordo con Adidas, che per Paul gradirebbe più la maglia red e blanca a quella bianconera.
Il Barcellona fatto fuori? Commercialmente parlando, sì. Anzi, di fatto gli spagnoli fanno fuori loro stessi: «La Juve vuole cederlo? E poi chissà qual è la strategia di Raiola…». (Josep Maria Bartomeu). Il presidente pare aver già capito tutto. A Madrid, “AS” non fa una gran pubblicità al Real: il club non sarebbe interessato perché «Pogba è troppo mammone, non esce la sera, è molto religioso». Vai a capirli… Ad affossare la Liga e spianare la strada verso la Premier, ci pensa “Marca”: «Cento milioni per Pogba? Sì, 40 di cartellino, 30 per l’acconciatura e 30 per i tatuaggi…». In Inghilterra parla Mourinho, che però allena il Chelsea e non il Manchester United: «Pogba è un giocatore straordinario, ma è della Juve e la Juve vuole tenerlo. Ci sono giocatori che puoi avere e giocatori che non puoi avere». Fantascientifico rileggere José oggi. E la Juve che fa? C’è Marotta: «Ci ha chiesto di rimanere, non vogliamo venderlo, non stiamo trattando». Lo stesso Marotta che tre mesi prima diceva di aver problemi a trattenere un giocatore cui gli viene offerto un ingaggio da 10 milioni. Di fatto Pogba resta un’altra stagione. E resta «l’assegno circolare in mano alla Juve» (Massimiliano Nerozzi). Lui, che in ritiro saluta la partenza di Vidal sui generis: «Ha fatto bene ad andare al Bayern».
Il 2016 è storia recente, nota e ben ricordata. La Juve vince il quinto scudetto consecutivo, Pogba il quarto. Il mister degli ultimi due è ospite in RAI: noi pensiamo di capire tutto, ma tra ripetizioni di Fazio e smorfie di Allegri, in realtà capiamo poco. Poi c’è la vacanza americana di Paul (e Mino). E soprattutto per noi il mercato sontuoso della Juve. Un fotografo coglie Marotta pensieroso (il Polpo in testa…) durante la firma del contratto di Pjaca. “Il Giornale” e Damascelli ricordano come il giocatore sia idolatrato a Torino: «Fuori lo Stadium comprano prima la maglia di Pogba e poi il maglione di Marchionne». Tante parole. “Blah Blah Blah” è lo slogan multi-understanding di luglio e agosto: l’illusione per il tifoso, che non riesce ad accettare sia solo un «Decidiamo noi (giocatore, mediatore, sponsor) quando firmare e come arrivare alla firma». L’annuncio di Pogba-Manchester United arriva dallo stesso giocatore quando in Italia sono le due di notte. Surreale. Come tutto il percorso estivo che lo porta a essere il calciatore dal cartellino più pagato della storia e con l’ingaggio più alto della maggiore Lega europea. Il grande giocatore va, la grande Juve resta. Come sempre. L’Italia? Perde l’eccezionale condimento, perde l’introvabile ciliegina, perché per la maggior parte degli addetti ai lavori è mai stato la torta. Lo diventerà? Non è improbabile. Ma questo è “Blah Blah Blah 2.0”.
 
Sono solamente alcune delle tante testimonianze juventine al clamoroso trasferimento del ragazzone francese alla corte del Manchester United. Reazioni di stupore, di dolore e anche di rabbia, perché con Paul (e i grandi rinforzi estivi dell’estate 2016) ogni traguardo sarebbe stato possibile. Ma quello che più ha fatto male ai tifosi è stato il comportamento del Polpo e le sue dichiarazioni post cessione. Proprio lui che aveva chiesto (e ottenuto) di indossare la casacca numero 10, quella dei grandi. Proprio lui che era arrivato a Torino come un perfetto sconosciuto e che, grazie a quella che ha definito una vacanza, se ne è potuto andare da campione.
Ovvio, dalla Juve ha ottenuto tanto, ma ha anche dato tantissimo in cambio. Arrivato, come detto, come un oggetto misterioso, è stato lanciato nella mischia quasi subito da Conte, che ha creduto fin da subito nelle grandissime qualità di questo francesino dalla grandissima tecnica e da un tiro al fulmicotone. Ne sa qualcosa il Napoli, la sua vittima preferita, o l’Udinese che viene piegato da una sua memorabile doppietta, tanto per fare qualche esempio. Ma sono quattro anni pieni di Paul Pogba che, è vero, quando non ne ha voglia è indisponente e irritante ma che diventa il vero trascinatore della squadra quando si sveglia dal torpore e decide, da par suo, di risolvere le partite.
Se ne va forse nel modo peggiore e i mancati saluti dei senatori (sempre prodighi a “celebrare” gli addii dei compagni di squadra) stanno a significare che qualche patto non è stato rispettato. Restano di lui i tanti trofei conquistati e, negli occhi dei tifosi, le sue grandi giocate. Con lui in campo, nel bene o nel male, qualcosa poteva sempre succedere e, spesso e volentieri, valeva il prezzo del biglietto.
Ritorna a Manchester, nella squadra che non aveva creduto in lui. Rimpiangerà la Juve? Chi lo sa, certo non troverà un’altra società capace di coccolarlo e di viziarlo, ma un allenatore e una proprietà che pretenderà, dalle sue prestazioni, la giustificazione per i tanti soldi spesi. Pogba ha solamente 23 anni, una carriera probabilmente luminosa davanti. Ma sollevare la Coppa dalle Grandi Orecchie o il Pallone d’Oro con la 10 bianconera non avrebbe avuto nessuna eguale soddisfazione.
 
 
 
Modificato da Socrates

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Paul, é finita!

 

Paul Pogba at risk of four-year ban after 'testing positive for banned drug  post-match' - Daily Star

 

How Paul Pogba will impact Juventus' summer plans | Juvefc.com

 

Juventus bevriest salaris positief geteste Pogba en bespaart mogelijk  tientallen miljoenen

 

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