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Roberto Bettega - Calciatore E Dirigente
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Roberto Bettega - Calciatore E Dirigente
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ROBERTO BETTEGA Nato a Torino il 27 dicembre 1950, Bettega esordisce in A il 27 settembre 1970 in Catania-Juventus 0-1. Entra nel settore giovanile della Juventus nel 1961, a dieci anni, nel ruolo di mediano, sotto la guida di Pedrale. Rabitti lo imposta da ala sinistra e la società lo manda nel 1969 a Varese, per farsi le ossa. È la squadra baby allenata da Liedholm, un Varese rivelazione in cui Bobby-gol segna subito tanto, tredici reti, primo posto nella classifica cannonieri; viene naturale paragonarlo a John Charles, dal quale ha ereditato il colpo di testa. Con il Varese, vince l’ambito premio Chevron, per il miglior tiratore della serie cadetta e il premio Ponti, quale miglior giocatore della Serie B. Liedholm lo descrive così: «Possiede le qualità essenziali per una punta: piede e testa, cioè buon trattamento di palla ed elevazione. È un altruista e un opportunista secondo le circostanze e ciò, naturalmente, corrisponde al meglio per un uomo d’area di rigore».Nel 1970 è esordio in A, a Catania: «Ero completamente concentrato sulla partita e ogni altro pensiero, compresa l’emozione, scomparve. Appena toccato il primo pallone, sparì anche la paura di sbagliare; andò bene il primo stop e il successivo passaggio, per cui, fortunatamente, tutto proseguì nei migliori dei modi, tanto che, verso la fine della partita, riuscii a segnare il goal della vittoria, con un bel colpo di testa. In porta c’era l’amico Tancredi, terzini Spinosi e Furino, stopper Morini, libero Salvadore e Cuccureddu mediano di appoggio. In attacco Haller ala tornante, Marchetti e Capello mezze ali, Anastasi al centro dell’attacco ed io, con la maglia numero undici, schierato all’ala sinistra. Dopo quell’incontro, ne giocai altri ventisette, segnando tredici goal, che mi sembra non siano da buttare via per un esordiente».Il campionato successivo è quello del grandissimo goal di tacco a San Siro contro il Milan, battuto per 4-1; quel goal rimane tuttora negli occhi di tutti i tifosi juventini come uno dei più belli e più importanti segnati da Roberto: «Giocare nella Juventus è una grandissima soddisfazione, la più grande della mia vita. Penso che indossare la maglia bianconera sia il sogno di ogni giocatore, il sogno di tutta una carriera; questa mia soddisfazione acquista ancora maggior valore, poiché i miei primi passi li ho mossi, da ragazzino imberbe, proprio nella Juventus».Il 16 gennaio 1972 c’è Juventus-Fiorentina: Bettega fa in tempo a siglare il decimo goal in quattordici gare e il giorno dopo è ricoverato in ospedale per un’infiammazione polmonare. Molti, anche se nessuno ha il coraggio di dirlo, temono per il suo futuro. Guarisce grazie al lungo soggiorno in montagna, a Pragelato, e alle cure di Emanuela, sua moglie. A giugno Boniperti annuncia: «Sarà lui il migliore acquisto della stagione».E Bettega vince, nel 1972-73, con la Juventus il secondo scudetto consecutivo; buona parte del merito per il titolo e per quello dell’anno precedente è suo. Nel 1975 debutta in Nazionale, a Helsinki, Commissario Tecnico è Bernardini, è la famosa squadra dai piedi buoni. Con quindici reti in ventinove gare, Bettega è l’unico a poter dire di essersi salvato dal naufragio nella stagione 1975-76, quella dell’incredibile rimonta operata dal Torino indietro di cinque punti.Chi l’ha visto giocare non può che ricordarlo come uno dei più grandi in maglia bianconera; tecnica di base da manuale del calcio, forza fisica, intelligenza calcistica e personalità. Giocatore capace di rendersi utile in ogni zona del campo in virtù di una visione di gioco davvero sbalorditiva e inconsueta per un attaccante. Il suo numero migliore è il colpo di testa: con Santillana, quanto di meglio ci sia in circolazione in quegli anni. Roberto, meno esplosivo dello spagnolo, è fortissimo in acrobazia, grazie ad un tempismo quasi sovrumano, che gli permette di impattare la palla al meglio (grazie anche a prodigiose torsioni del busto e del collo).Il goal che fa alla Finlandia, ne costituisce un perfetto compendio, così come molti altri: quello all’Inghilterra all’Olimpico, al Milan a San Siro dopo una perfetta volata del Barone Causio sulla destra, la doppietta ai francesi dell’Olympique il giorno del rientro dopo la malattia, alla Jugoslavia con un sinistro al volo a incrociare, al Celtic in giravolta. Tanti goal, tante prodezze, sempre e comunque da juventino vero, intriso nell’anima di questi colori.Con l’arrivo di Benetti e Boninsegna, nasce la Juventus dei cinquantuno punti, della vittoria in Coppa Uefa (primo trofeo continentale) proprio con rete decisiva di Roberto nell’inferno di Bilbao. In Nazionale, intanto, Bettega vive il suo unico Mondiale, quello di Argentina; l’Italia arriva solo quarta, ma per lunghi tratti del torneo è la squadra più spettacolare e Roberto ne è un protagonista assoluto.Due anni bui per la squadra bianconera, quelli successivi al Mundial, scudetto al Milan e all’Inter, ma la soddisfazione, nel 1980, di vincere la classifica cannonieri con sedici goal in ventotto gare. Vince un altro scudetto nel 1980-81, comincia molto bene il torneo successivo (cinque reti in sette partite) quando in Coppa dei Campioni, contro l’Anderlecht subisce un grave infortunio in uno scontro con il portiere Munaron: rottura dei legamenti del ginocchio, a trent’anni si riparla di carriera finita. Il viaggio in Spagna, per il Mondiale, è perduto.«L’infezione polmonare, se ci penso adesso, mi dico che ero un incosciente ma, probabilmente, era la forza reattiva dei vent’anni. Ho giudicato la malattia un incidente di percorso, niente di più. È stato molto più difficile sopportare le conseguenze dell’infortunio al ginocchio e non solo per il dolore che mi ha torturato a lungo. La malattia si affaccia, invece, con strani sintomi, un po’ di tosse la settimana prima del match con la Fiorentina. Sì, ho un leggero mancamento prima della partita con l’Inter, a San Siro, quindici giorni prima, un malessere attribuito alla tensione nervosa, all’aver fatto un massaggio vicino a un calorifero: eravamo in pieno inverno. Comunque, la tosse suggerì ai medici di fare una radiografia; quando il male mi sbatte in un letto, ho già segnato dieci reti. Perdo nove mesi e praticamente l’anno successivo, poiché il fisico si è appesantito e non è facile eliminare sette chili per rientrare nei limiti abituali. Tant’è che l’estate seguente, invece che in vacanza, resto a Torino a sudare. Ritrovo il mio peso normale dopo diciotto mesi. L’incidente con Munaron, invece, è stato tutto più dolente e faticoso; è un infortunio che lascia il segno e modifica la mia struttura fisica».Rientra nella stagione 1982-83, giocando insieme a Platini, Boniek e Paolo Rossi; arretrando la sua posizione in campo, dimostra tutte le sue qualità tecniche e la sua intelligenza calcistica. Questo campionato, purtroppo, non è felice, la sconfitta di Atene in finale di Coppa dei Campioni è una delusione enorme, per quella che forse resterà la più bella Juventus degli ultimi vent’anni: «Non c’è giornalista in Europa che, quella notte, avrebbe scommesso una Dracma sulla vittoria dell’Amburgo. Eppure, non so che cosa ci succede; non è stanchezza, né forma scadente, è solo questione di testa. Il Mondiale del 1982 non è cosa per me; a causa dell’infortunio non vengo convocato. Brontolo, però mi metto l’anima in pace. Ma ad Atene la Juventus la fa grossa. Se avessi la facoltà di rivivere un avvenimento nella mia carriera, tornerei a quel maggio maledetto e rigiocherei la finale con i tedeschi. Loro non demeritano, solo che noi siamo irriconoscibili. Lascio, perciò, il calcio senza realizzare un sogno meraviglioso».Abbandona la Juventus l’anno successivo per andare in Canada, nelle file del Toronto Blizzard, per dare lustro a un calcio in ascesa ma ben presto stretto dai debiti. Il 3 novembre 1984 quando si parla di un suo trasferimento part-time all’Udinese prima di chiudere la parentesi oltreoceano, lo schianto in auto presso Santhià, sull’autostrada. Forse l’amico dei tempi del Varese, Ariedo Braida, l’aveva convinto a giocare a Udine, per poi intraprendere la carriera di manager, ma tutto sfuma a causa di questo incidente.Bettega salda il suo debito con il calcio canadese e torna in Italia, dove entra nello staff di una trasmissione sportiva di Canale 5, fino a diventare uomo importantissimo della nuova Juventus in collaborazione con Moggi e Giraudo, con i quali conquista altri prestigiosi trofei e continua a scrivere le pagine gloriose dell’amata Juventus.Nell’estate del 2007, abbandona l’incarico di dirigente; dopo una vita in bianconero, il saluto non può essere che molto triste. Nel dicembre del 2009, ritorna in società, con la carica di vice direttore generale, per lasciarla dopo pochi mesi causa l’arrivo di Andrea Agnelli ai vertici della società juventina.ALBERTO FASANO, “HURRÀ JUVENTUS” LUGLIO-AGOSTO 1981Dopo Altafini e Anastasi, dopo Borel e Boniperti, eccoci alla “B” come Bettega, il primo del nostro alfabetiere che resta legato alla Juve dei giorni nostri, come giocatore, si intende, perché anche Boniperti è più che mai di attualità nel club più scudettato d’Italia. E noi crediamo che, se nei destini bianconeri sta scritto che Bettega dovrà recitare parti da protagonista anche come dirigente, Bettega non potesse iniziare in modo migliore per imitare il suo presidente.Boniperti conquistò cinque scudetti come giocatore e sei come presidente; Bettega i suoi sei scudetti, come giocatore, li ha già messi in archivio. E lui dice che questa meravigliosa storia non è ancora finita. In attesa, forse, di iniziarne un’altra.Quando si guarda Roberto Bettega, si ha negli occhi l’immagine e lo stile della Juventus. Credo sia sufficiente questa constatazione per illustrare i meriti di questo ragazzo, al di là delle sue strepitose qualità tecniche. Non saprei trovare una ragione plausibile. Probabilmente Bettega deve il proprio stile al fatto di essere un autentico piemontese, anzi un torinese; nato e cresciuto nella Juventus dove Mario Pedrale gli insegnò tutto sul calcio, affinando il repertorio di doti naturali che l’esperto allenatore aveva prontamente individuato nel ragazzino smilzo eppure potente.Roberto fece il tirocinio nel NAGC e fu stabilmente impiegato in tutti i campionati ai quali presero parte le varie squadre di ragazzi e allievi bianconeri. Il tirocinio di preparazione al grande salto della Serie A fu fatto nelle file del Varese.Esordì in prima squadra a fine settembre 1970, aggregandosi a una compagnia già illustre, per la presenza di uomini come Furino, Anastasi, Salvadore, Haller, Morini, Cuccureddu. Lui, Bettega, giocava all’ala sinistra, sfruttando le esperienze di uomo squadra acquisite nel lungo periodo in cui fu utilizzato come mediano di spinta; ma sfruttando soprattutto le eccezionali doti di elevazione che, data la statura notevole, gli permettevano di superare di testa i difensori protesi a ostacolarlo.Ricordo che lo guardavo e seguivo con ammirazione. Di calcio, oramai, nella vita ne avevo visto tanto, un po’ dappertutto nel mondo; ma certe finezze, certe intuizioni di quel ragazzo, denotavano il segno di una classe completa e raffinata. Se nel suo modo di addomesticare i palloni più ostici si imponeva un ricordo, era subito quello di un suo illustrissimo predecessore, John Charles, il fuoriclasse gallese studiato e ammirato dal ragazzino Bettega come il libro di testo della sua materia preferita.Non aveva ancora vent’anni quando ebbe il posto in prima squadra: ed anche questo rilievo statistico serve a collocarlo nella galleria dei più importanti campioni juventini, proprio come Borel e Boniperti. Nessun tecnico gli avrebbe negato fiducia e non solo per il naturale, purissimo istinto calcistico. La sua natura di uomo appariva già precisa malgrado la giovane età, sotto un’impronta di serietà e di saldezza morale quanto meno insolite in un ragazzo senza troppi grilli a fargli confusione in testa, teso solo a perseguire quella che si prospettava una promettente carriera, ora che era approdato alla prima squadra della Juventus, toccando il tetto dei suoi sogni infantili.Si catapultò in campo con l’intera somma di energie e di risorse tecnico-agonistiche. Nella giovane squadra di Armando Picchi, puntellata dall’esperienza indispensabile di Salvadore e Haller, vecchie volpi degli stadi, e sorretta dalla vigorosa tenacia di Morini e dall’inestinguibile grinta di Purino, Bettega si avviava con piglio sicuro a diventare l’arciere. La sua carriera è stata incredibilmente positiva. Non riuscivo a capire, all’inizio, perché Bettega fosse tanto bravo e positivo. Poi individuai la risposta esatta. Bettega era il più bravo perché non giocava mai per se stesso.Partiva da lontano, in dribbling, faceva fuori tre avversari e si presentava alla conclusione; poi serviva il compagno meglio piazzato di lui. Era un altruista e un generoso. Un tattico di classe superiore, perché cercava il goal attraverso la manovra in tutte le zone del campo, percorrendo traiettorie verticali e orizzontali, iniziando l’azione e trovandosi poi puntuale all’appuntamento decisivo in area di rigore.È chiaro che c’è stata una lenta evoluzione nel suo gioco. Da cannoniere puro (ma forse non lo è mai stato, almeno nel senso vero del termine) a uomo squadra, da punta di diamante a regista. Dovessi esprimere un giudizio del tutto personale, direi che il Bettega ultima maniera è quello che più mi è piaciuto, è quello che desidero conservarmi negli occhi per l’archivio personale.Ora che Bettega si sta avvicinando alla conclusione di una carriera impareggiabile, ora si può dire che ha vinto veramente tutto. Ha vinto anche il destino che gli aveva teso un agguato perfido e crudele. È una storia che molti hanno dimenticato, ma sicuramente non lui.Roberto non avrebbe mai immaginato di potersi ammalare di un morbo così insolito in un atleta, in un calciatore. Eppure gli esami clinici effettuati quel lunedì umido e triste, l’indomani di una partita con la Fiorentina che Bettega aveva risolto con uno dei suoi goal, una gara gagliarda, combattuta sul fango, gli esami clinici, dicevamo, aveva dato un responso dolorosissimo, allucinante. La notizia della malattia di Bettega fece rapidamente il giro d’Italia, suscitando un’ondata di affettuosa commozione. Tifosi e non tifosi rimasero soprattutto sconvolti dal fatto che la sfortuna avesse preso di mira un uomo singolarmente buono, un giovanissimo, la cui vita esemplare poteva venire addotta come modello a milioni di giocatori coetanei.Come sempre accade in casi del genere, ragguagliando gli sportivi sulle condizioni di salute del giocatore, la televisione mandò in onda servizi nei quali si rividero quei suoi incredibili goal, le proiezioni in avanti che gli consentivano di incontrare e incornare il pallone in appuntamenti negati alla maggior parte degli attaccanti italiani. La gente prese parte al dramma di Bettega, quel ragazzo che agli addetti ai lavori era apparso come la nuova speranza del calcio italiano e che aveva portato in campo, oltre alle indubbie doti tecniche, un requisito insolito al ruvido football, la grazia elegantissima dei movimenti accoppiata a quella altrettanto inconsueta del comportamento.La Juve mise al servizio di Bettega malato il meglio della scienza medica della patologia polmonare. Il ragazzo fu curato in modo razionale e moderato, nulla fu tralasciato perché la guarigione fosse completa e perfetta. Roberto guarì e la Juve ritrovò il vero Bettega. La malattia non era riuscita ad atterrarlo nel fisico né danneggiarlo nel morale.Il Bettega che tornava alla Juve, al calcio, agli amici, alle folle di tutta Italia era un ragazzo di appena ventitré anni, ma già ricco di esperienze decisive. Nulla era mutato: ma quella botta crudele gli aveva forse tolto la spensieratezza. Glielo si poteva leggere sul viso, che oramai era quello di un uomo. Forse era l’incertezza di poter nuovamente essere campione, come lo era stato sin dalle prime battaglie calcistiche in maglia bianconera. Ci volle poco tempo per ridare a se stesso, prima ancora che ai compagni di squadra e agli sportivi, la certezza che nulla del prezioso patrimonio tecnico era andato perduto. Anzi! L’esperienza ha maturato il campione e l’ha posto sui piedestalli più alti.Il Bettega visto e ammirato nei grandi confronti con i più forti club europei, il Bettega visto e ammirato in Argentina nelle gare di Campionato del Mondo, è un campione in senso assoluto, completo. Solo in questa ultima sua stagione una serie di fastidiosi contrattempi legati a vicende che poco o nulla hanno a che fare con il calcio giocato, gli ha fatto perdere l’abituale rendimento. Bettega è rimasto scosso e turbato per la nota vicenda con l’arbitro Agnolin, le lunghe squalifiche gli hanno procurato traumi morali che hanno condizionato anche l’apporto tecnico-agonistico alla squadra. Solo a tratti, e non in tutte le partite, abbiamo potuto riavere davanti agli occhi l’immagine impareggiabile del Bettega vero e autentico.Gli sportivi, i tifosi sono esigenti. Da un giocatore come Bettega si pretende quasi sempre soltanto il goal. Ma chi sa vedere oltre quel mistero agonistico che è appunto il goal, si rende conto di quanto Bettega passa ancora essere utile alla squadra. Ne è soprattutto convinto Giovanni Trapattoni che non rinuncerebbe mai all’apporto del suo giocatore.Il tecnico bianconero sa molto bene che la bravura del Bettega di oggi si esplica massimamente nella capacità di orchestrare il gioco di squadra, segnatamente in quella zona di centrocampo dove le azioni, modulando dalla fase difensiva nella fase offensiva, pigliano carattere direzione e impulso. Con Bettega in campo il gioco acquista razionalità e organicità. C’è manovra in direzione del goal. Bisogna guardare dentro al gioco e capire i meriti del giocatore, di un uomo che taglia e cuce la stoffa della partita con la maestria di un sarto che, per ogni colpo di forbice e ogni gugliata, vede l’abito già confezionato e, pertanto, non ne sbaglia la lavorazione. Un discorso che ha una sua morale: Bettega sa sempre che cosa bisogna fare in campo e ogni sua azione è diretta in senso offensivo.Il suo stile è sobrio, essenziale; posso dire che Bettega arriva allo stile attraverso il ragionamento tattico, quasi mai attraverso i numeri del virtuosismo individuale, anche se il senso acrobatico e la sicurezza del palleggio gli consentono ogni tipo di numeri. Per me Bettega è ancora un campione che da calore più di quanto dia luce; lo si sente più di quanto lo si veda. In lui l’organizzatore dell’azione di complesso soverchia il creatore dell’azione travolgente e spettacolare. Forse Bettega lavora per la Juve (la frase mia è un po’ paradossale) più di quanto la Juve lavori per lui, nel senso di offrirgli le misure e i modi per erigersi a protagonista della partita.Bettega ha superato i trent’anni: non ha più davanti a sé una lunghissima striscia di tappeto erboso da percorrere con passo di carica. Ma sono convinto che quest’anno, con il traguardo del Campionati del Mondo in Spagna, Bettega saprà dare ancora moltissimo a se stesso e alla Juventus. Sarà indispensabile ritrovare il meglio nelle condizioni fisiche, ma a questo penserà Trapattoni. E poi c’è lo stimolo di chiudere la carriera in maglia azzurra dopo aver cucito su quella bianconera il ventesimo scudetto. È un impegno di orgoglio e l’orgoglio figura tra le molto qualità di questo ragazzo dai capelli bianchi.Bettega, l’ultimo gradino della vera Juventus, Bettega torinese, dai grandi occhi pensosi e malinconici, dal largo sorriso e dall’infinita passione per calcio che gli ha dato notorietà e ricchezza. Bettega, dall’educazione oxfordiana e dallo stile bianconero, forse l’ultimo vero campione della Juve decennale di Giampiero Boniperti. -
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Pazzini Is Justified In Protecting Current Italy Group - Giorgio Chiellini Chiellini is focused on the present, and not the potential World Cup presence of Amauri or Cassano... Earlier in the week, Sampdoria striker Giampaolo Pazzini claimed he was against the potential call-up of Brazilian striker Amauri, who is waiting for his Italian passport. Amauri's Juventus team-mate, Giorgio Chiellini, is indifferent, but suggested Pazzini was correct to dismiss the 'what if' situation, because the players currently in the squad are the ones that influence matches. "Pazzini has taken a stance to defend the group, there are factions both for and against Cassano and Amauri," he was quoted as saying by La giornalaccio rosa dello Sport. "When we are with the Azzurri, we prefer to not to speak about those who are absent, only to defend those that are present."
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Giampiero Boniperti - Calciatore E Presidente
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GIAMPIERO BONIPERTI https://it.wikipedia.org/wiki/Giampiero_Boniperti Nazione: Italia Luogo di nascita: Barengo (Novara) Data di nascita: 04.07.1928 Luogo di morte: Torino Data di morte: 18.06.2021 Ruolo: Attaccante Altezza 175 cm Peso 76 kg Nazionale Italiano Soprannome: Boni, Marisa Alla Juventus dal 1946 al 1961 Esordio: 02.03.1947 - Serie A - Juventus-Milan 1-2 Ultima partita: 10.06.1961 - Serie A - Juventus-Inter 9-1 459 presenze - 179 reti 5 scudetti 2 coppe Italia Presidente della Juventus dal 1971 al 1990 856 partite - 459 vittorie 9 scudetti 2 coppe Italia 1 coppa dei campioni 1 coppa delle coppe 1 coppa Uefa 1 supercoppa Uefa 1 coppa Intercontinentale Giampiero Boniperti (Barengo, 4 luglio 1928 – Torino, 18 giugno 2021) è stato un calciatore, dirigente sportivo e politico italiano, di ruolo attaccante o centrocampista. Il suo nome è indissolubilmente legato alla Juventus, cui è rimasto fedele dapprima per tutta la sua carriera agonistica, detenendo per circa mezzo secolo i primati di presenze (469) e reti (188), e poi dirigenziale, coincisa con alcuni dei massimi successi sportivi della formazione torinese. Sia sul campo sia dietro la scrivania, è stata una della personalità più importanti nell'intera storia del calcio italiano. Capocannoniere della Serie A 1947-1948 oltreché elemento più rappresentativo del calcio nazionale nell'immediato post Superga, come giocatore ha successivamente fatto parte, assieme a John Charles e Omar Sívori, del cosiddetto Trio Magico, uno dei più prolifici reparti d'attacco ammirati nella massima serie italiana. Nel 2004 è stato inserito nella FIFA 100, la lista dei 125 migliori calciatori all'epoca viventi, stilata in occasione del centenario della FIFA. Nel 2012 è entrato a far parte della Hall of Fame del calcio italiano tra i dirigenti. Oltre l'attività dirigenziale sul fronte calcistico, in parallelo operò con successo anche nel campo dell'atletica attraverso la gestione della Sisport, conferendo caratura internazionale a una polisportiva che, sotto il suo mandato, portò vari atleti all'oro olimpico. Tra il 1994 e il 1999 ha ricoperto il ruolo di deputato al Parlamento europeo. Giampiero Boniperti Boniperti alla Juventus tra gli anni 1940 e 1950 Nazionalità Italia Altezza 175 cm Peso 76 kg Calcio Ruolo Attaccante, centrocampista Termine carriera 10 giugno 1961 Carriera Giovanili 1945-1946 Barengo 1946 Momo Novarese Squadre di club 1946-1961 Juventus 459 (179) Nazionale 1947-1960 Italia 38 (8) 1950 Italia B 1 (2) Giampiero Boniperti Europarlamentare Legislature IV Gruppo parlamentare FE (1994-1995) UpE (1995-1998) PPE (1998-1999) Dati generali Partito politico Forza Italia Professione dirigente sportivo, calciatore Biografia Suo figlio Giampaolo, dopo avere tentato dapprima la carriera di calciatore, con trascorsi nel settore giovanile della Juventus e poi nella prima squadra dei Toronto Blizzard, è stato in seguito dirigente del club bianconero; il figlio di questi, Filippo, nipote di Giampiero, è diventato a sua volta calciatore con una carriera partita dal vivaio bianconero e poi spesa prettamente nelle serie minori italiane. Alle elezioni europee del 1994 Giampiero Boniperti è stato candidato ed eletto europarlamentare, nelle liste di Forza Italia. È rimasto in carica per tutta la durata della IV legislatura del Parlamento europeo, fino al 1999. È deceduto a 92 anni la notte del 18 giugno 2021 a Torino, a causa di un'insufficienza cardiaca. Caratteristiche tecniche «Boniperti esige di riavere la palla per concludere e fare gol come gli piace sempre. Io sono un suo vecchio amico e me ne rammarico sinceramente. Secondo me converrebbe a lui e alla squadra che si limitasse ad impostare il gioco.» (Gianni Brera) Boniperti in sforbiciata con la maglia azzurra a San Siro durante le qualificazioni al campionato del mondo 1954 contro l'Egitto Nato come ala destra, emerse ben presto come centravanti dotato di una notevole visione di gioco e senso della posizione, di velocità nella corsa e potenza nel tiro, con entrambi i piedi, nonché eccellendo sul gioco aereo: interpretò il ruolo per gran parte della carriera, mandato in porta dai compagni di squadra John e Karl Aage Hansen, e Karl Aage Præst. Negli ultimi anni da calciatore, seguendo una parabola comune ad altri attaccanti, arretrò il suo raggio d'azione come mezzala, divenendo uomo-assist per John Charles e Omar Sívori; una scelta avallata in primis dal giornalista Gianni Brera, il quale colse tale occasione per coniare, per la prima volta nella lingua italiana, il neologismo di «centro-campista» — inizialmente scritto col trattino — poi affermatosi nell'uso comune. Carriera Giocatore Club Esordi e primi successi «La Juve non è soltanto la squadra del mio cuore. È il mio cuore.» (Giampiero Boniperti) Soprannominato dagli avversari "Marisa" (nomignolo affibbiatogli dal giocatore Benito Lorenzi) per i suoi boccoli biondi, ha sempre legato il suo nome a quello della Juventus, nella quale mosse i primi passi da calciatore professionista nell'immediato secondo dopoguerra. Dapprima, dal 1945 al 1946 militò nel Barengo, squadra del suo paese natale. Nell'ultimo anno si trasferì al Momo Novarese, formazione dilettantistica della provincia, dove rimase fino a settembre, mese in cui compì il grande salto in Serie A approdando alla Juventus; venne portato alla società piemontese da Egidio Perone, medico torinese e suo grande amico. Boniperti tra Ermes Muccinelli e John Hansen, il trio d'attacco della Juventus tra gli anni 1940 e 1950 Inizialmente aggregato alla squadra riserve del club zebrato, esordì in prima squadra sul finire del campionato 1946-1947, debuttando il 2 marzo 1947 al Comunale di Torino nella classica persa 1-2 contro il Milan. La prova incolore offerta lo riportò temporaneamente tra le riserve; tuttavia il profilarsi di una stagione senza più obiettivi convinse il tecnico juventino Renato Cesarini a guardare già alla successiva, sfruttando il finale di campionato per far accumulare esperienza agli elementi più giovani. L'8 giugno seguente, sul campo del Ferraris di Genova, Boniperti ebbe così una nuova occasione, e alla seconda presenza ufficiale mise a referto i suoi primi gol in maglia bianconera, con una doppietta nel 3-0 alla Sampdoria. Stavolta il giovane calciatore si mise subito in luce, segnando 5 reti in 6 partite di quel suo primo torneo. Conquistato immediatamente un posto nell'undici titolare, l'anno dopo non saltò alcuna partita, e schierato da Cesarini stabilmente nel ruolo di centravanti, fu capocannoniere della massima serie con 27 gol, a vent'anni ancora da compiere, davanti ai granata Valentino Mazzola e Guglielmo Gabetto. Nonostante la fedele militanza in maglia bianconera, in questi anni per un'unica partita Boniperti vestì eccezionalmente la casacca granata degli storici rivali cittadini, il Torino: ciò avvenne il 26 maggio 1949 quando, per rendere omaggio alla squadra del Grande Torino perita poche settimane prima nella tragedia di Superga, venne organizzata un'amichevole a scopo benefico volta ad aiutare le famiglie delle vittime; nell'occasione una selezione dei migliori giocatori della Serie A dell'epoca, riuniti sotto il nome di Torino "Simbolo", scese in campo contro gli argentini del River Plate in una sfida chiusasi in parità sul 2-2. Al di là di questo episodio, Boniperti divenne ben presto una bandiera della Juventus, conquistando con Madama lo scudetto nel campionato 1949-1950 — mettendo fine a un digiuno tricolore che in casa bianconera perdurava da ben tre lustri — e, soprattutto, continuando a segnare con una media impressionante: raggiunse infatti il traguardo delle 100 reti in Serie A prima di compiere ventiquattro anni. Nel corso della stagione 1951-1952 fece suo il secondo titolo italiano; tuttavia, da qui in avanti, l'emergere di competitive rivali, come l'Inter di Skoglund e Lorenzi, il Milan del Gre-No-Li e la Fiorentina di Bernardini, portò alla fine del vittorioso ciclo bianconero dei primi anni 1950. Dal Trio Magico al ritiro Boniperti (al centro) lascia il campo assieme ai compagni d'attacco Omar Sívori e John Charles, il Trio Magico bianconero tra gli anni 1950 e 1960 Dopo sei anni trascorsi senza successi, nella stagione 1957-1958 Boniperti poté riconquistare il tricolore — il decimo per la società bianconera, che da questo momento sarà la prima a potersi fregiare della cosiddetta "stella" — grazie a una rinnovata Juventus, nel frattempo ricostruita dall'opera di Umberto Agnelli. Boniperti contribuì alla rinascita bianconera ricoprendo quel ruolo di mezzala in cui già da qualche anno brillava, mettendo così al servizio della squadra le sue eccellenti doti tecniche e di visione di gioco e andando a formare un temibile tridente d'attacco con i due neoacquisti estivi della Juventus, il gallese John Charles e l'italo-argentino Omar Sívori: era nato il famoso Trio Magico. Lo stesso argomento in dettaglio: Trio Magico. Seguirono presto il quarto (1959-1960) e il quinto scudetto (1960-1961), in quella che è ricordata come una delle squadre più forti di tutti i tempi. Proprio dopo questi trionfi, nel 1961 Boniperti diede l'addio al calcio, ritirandosi all'età di 33 anni pur essendo ancora in buone condizioni fisiche; la sua ultima partita, il 10 giugno, fu quella contro l'Inter dei ragazzi, schierata per protesta dal presidente Angelo Moratti, nel famoso 9-1 in cui esordì Sandro Mazzola. Boniperti festeggia la vittoria del campionato italiano 1959-1960 salutando i tifosi juventini Boniperti è riconosciuto dalla Juventus come il calciatore più rappresentativo nella storia della società; fino al 30 ottobre 2010 ha detenuto il record di gol in Serie A con la maglia bianconera con 179 reti (superato poi solo da Alessandro Del Piero), mentre sino al 5 febbraio dello stesso anno ha conservato il primato di presenze in massima serie, 459 (superato ancora una volta da Del Piero). In maglia bianconera ha collezionato 469 presenze (443 in A, 13 in Coppa Italia, 9 in Europa e 4 in Coppa Rio), realizzando un totale di 188 reti (178 in A, 1 in Coppa Italia, 3 in Europa e 6 in Coppa Rio). Nazionale Giocò per la prima volta in nazionale A il 9 novembre 1947, sotto la guida di Vittorio Pozzo, chiamato a sostituire il centrattacco granata Guglielmo Gabetto nella sconfitta per 5-1 contro l'Austria. Ritrovò l'azzurro dopo due anni, il 22 maggio 1949, poche settimane dopo la tragedia di Superga in cui perì il Grande Torino; alla seconda partita ufficiale, ancora contro gli austriaci, a Firenze, segnò il suo primo gol in nazionale. Boniperti, capitano dell'Italia, a quattrocchi col commissario tecnico azzurro, Lajos Czeizler, nel 1954 Con la maglia azzurra non raccolse successi, anche per via dell'impoverimento tecnico che colpì il calcio italiano all'indomani della sciagura di Superga e che si protrarrà per tutto il successivo decennio. In tale contesto, Boniperti divenne uno dei punti fermi su cui rifondare una nazionale orfana del "blocco granata", partecipando alle sfortunate avventure al campionato del mondo 1950 in Brasile e al campionato del mondo 1954 in Svizzera, mentre nel 1958 l'Italia non riuscì a qualificarsi alla fase finale. Collezionò 38 presenze in azzurro con 8 reti — oltre a 1 presenza e 2 gol con la nazionale B, nel 1950 —, ottenendo i gradi di capitano nel 1952. Si ritirò dalla nazionale nel 1960. È l'unico calciatore ad aver segnato un gol in azzurro in tre decenni differenti, dagli anni 1940 agli anni 1960. Prese inoltre parte, unico italiano invitato, alla prestigiosa sfida tra Inghilterra e Resto d'Europa giocata il 21 ottobre 1953 al Wembley Stadium di Londra, in cui si mise in mostra nelle file dei «continentali» realizzando una doppietta nel 4-4 finale. Dirigente Poco dopo il suo ritiro dall'attività agonistica, Boniperti fu subito chiamato dalla famiglia Agnelli a ricoprire un ruolo dirigenziale all'interno della società juventina. Successivamente venne nominato presidente, carica mantenuta dal 1971 al 1990; inizialmente affiancato da Italo Allodi, dal 1973 Boniperti assunse di fatto l'intero comando del club per affrontare la crisi di risultati del calcio italiano negli anni 1970, soprattutto a livello internazionale. Boniperti, presidente juventino, festeggiato nel 1973 dai tifosi all'aeroporto di Torino-Caselle, al ritorno della squadra dalla trasferta di Budapest che valse l'accesso alle semifinali di Coppa dei Campioni Per ribaltare la situazione, Boniperti elaborò un progetto a lungo termine gestito con rinnovati criteri industriali, caratterizzato dall'introduzione e successiva applicazione della zona mista, schema tattico che coniugava efficacemente i concetti del calcio totale olandese con il classico catenaccio italico; dal graduale inserimento in prima squadra di giovani calciatori cresciuti nel settore giovanile juventino, quali Giuseppe Furino, Roberto Bettega e Paolo Rossi, assieme all'arruolamento di alcune delle migliori promesse provenienti da altri club di Serie A, quali Gaetano Scirea, Antonio Cabrini, Claudio Gentile, Marco Tardelli e Franco Causio, e dalla ferrea disciplina anche d'immagine imposta alla squadra, basata su quella richiesta durante l'attività agonistica. Ciò diede inizio al periodo di successi più duraturo nella storia del calcio italiano, principalmente sotto la guida decennale di Giovanni Trapattoni (1976-1986), che arricchirà considerevolmente il palmarès del club: nove scudetti, due Coppe Italia, una Coppa Intercontinentale, una Coppa dei Campioni, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa UEFA e una Coppa UEFA — quest'ultima il primo trofeo confederale della formazione piemontese —, facendo al contempo di Boniperti il dirigente più titolato nell'intera storia del calcio nazionale. Un ciclo di trionfi, questo, che aprirà un lungo periodo aureo al campionato di Serie A — a partire dalla cosiddetta «riapertura delle frontiere», con il ritorno al tesseramento di giocatori provenienti dai campionati esteri, a partire dalla stagione 1980-1981, e la successiva vittoria della rappresentativa italiana al campionato del mondo 1982 —, durato sino alla fine del II millennio. Boniperti nel 1981, insieme al tecnico Giovanni Trapattoni e al portiere Dino Zoff, durante una puntata della Domenica Sportiva celebrativa del 19º scudetto bianconero Contemporaneamente al calcio, alla fine degli anni 1970 gli Agnelli gli affidarono con successo anche la gestione della Sisport, la società polisportiva del Gruppo Fiat. Dapprima come amministratore delegato e poi come presidente, in quegli anni Boniperti portò la Sisport ai vertici nazionali e internazionali grazie ad atleti quali Maurizio Damilano, Gabriella Dorio, Pietro Mennea e Sara Simeoni, tutti campioni olimpici. Nel febbraio del 1990, dopo diciannove anni, Boniperti rassegnò le dimissioni da presidente della Juventus, venendo sostituito da Vittorio Caissotti di Chiusano. Alla fine dello stesso mese venne nominato dal presidente della FIGC, Antonio Matarrese, capo delegazione della nazionale al campionato del mondo 1990, chiusi dagli azzurri al terzo posto. L'anno successivo fu richiamato alla Juventus dalla famiglia Agnelli, assumendo l'incarico di amministratore delegato con pieni poteri, ruolo che mantenne fino al 1994; in quel periodo la squadra centrò la vittoria della terza Coppa UEFA della sua storia, la seconda sotto il mandato di Boniperti. Nell'estate del 2006, dopo il coinvolgimento della Juventus nello scandalo Calciopoli, Boniperti venne richiamato dalla famiglia Agnelli per seguire l'opera di ricostruzione della società; da allora e fino alla morte ricoprì la carica di presidente onorario del club, assieme a Franzo Grande Stevens. Palmarès Boniperti, capitano della Juventus, solleva con il presidente bianconero Umberto Agnelli il trofeo della Coppa Italia 1959-1960. Club Campionato italiano: 5 - Juventus: 1949-1950, 1951-1952, 1957-1958, 1959-1960, 1960-1961 Coppa Italia: 2 - Juventus: 1958-1959, 1959-1960 Individuale Capocannoniere della Serie A: 1 - 1947-1948 (27 gol) Capocannoniere del Torneo Internazionale dei Club Campioni: 1 - 1951 (6 gol) Inserito nella FIFA 100 - 2004 Premio Dirigente Aruga - 2008 Inserito nella Hall of fame del calcio italiano nella categoria Dirigente italiano - 2012 Premio CONI alla carriera sportiva - 2013 Onorificenze Commendatore dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana — Roma, 2 giugno 1975. Di iniziativa della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Stella d'oro al merito sportivo «Alla sua importante contribuzione allo sport in Italia» — Roma, 1983. Grand'Ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana — Roma, 30 settembre 1991. Di iniziativa del Presidente della Repubblica. Opere Una vita a testa alta: cinquant'anni sempre e solo per la Juventus, con Enrica Speroni, prefazione di Candido Cannavò, Milano, Rizzoli, 2003, -
Giampiero Boniperti - Calciatore E Presidente
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Gianluigi Buffon: I Will Quit Football When Italy Stop Calling Me The number 1 has hinted at retirement when the Azzurri calls end, and he has confirmed his date with the doctor... Juventus and Italy goalkeeper Gianluigi Buffon has hinted that he could quit the game once the Nazionale call ups stop. The Massa-Carrara born custodian will be making his 100th Italy appearance when he takes to the field on Saturday night against the Netherlands. Buffon is happy at having reached the milestone, but has downplayed the occasion. "I have done everything to be here because I wanted to be in L'Aquila," Buffon told the press, referreing to his rapid recovery from flu. "100 games? It's a nice number, but one like the rest. The National team is always important, and it will also determine the end of my career. When Italy no longer calls me, I will be very very close to retiring." The goalkeeper has been playing with a knee injury, and he has confirmed that he will go under the knife once Juve get over the Inter, and Bayern Munich hurdles. "I will play against Inter and Bayern, and then I will have the operation after that." Reports suggest he needs surgery to fix a meniscus in his right knee.
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Giorgio Chiellini: Netherlands Clash Is More Than Just A Friendly The powerful defender is ready to tackle Holland to the ground with determination... Italy defender Giorgio Chiellini is preparing himself for a rough and tumble encounter against the Netherlands, claiming it's more than just a friendly. La Nazionale welcome the Oranje in Pescara on Saturday night. And the Juventus defender believes this is the perfect chance to sharpen their skills, and fire a warning shot ahead of the World Cup. "At this point there are no more friendlies, especially with the World Cup so near," Chiellini told the press. "This is a fundamental game for us in terms of South Africa. We will give our maximum and then we will see what happens. This certainly is not a friendly match from our point of view." Napoli goalkeeper and Azzurri number three Morgan De Sanctis is also looking ahead to the rumble. He hopes his side can benefit from these friendly games as he urges cohesion and focus. "The World Cup run starts now and we are all waiting to give the right responses. There is little time to become compact and create an even more solid group."
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Gianluigi Buffon Saddened By Passing Of Robert Enke The World Cup winner has spoken of his own "terrible time" and has urged people who feel depressed to open up to those who love them... Italy and Juventus star Gianluigi Buffon has spoken about the death of fellow goalkeeper Robert Enke, who took his own life on Tuesday. The 31-year-old sympathises with the situation, explaining that depression can be a very powerful emotion and that people must not be fearful of seeking support. "I went through a terrible time," admitted the shot-stopper, according to Calciomercato. "You lose sense of yourself, it seems like nothing is rational. You must not be afraid to ask for help and be among the people who love you." Buffon is currently training with the Italian national team ahead of their upcoming friendlies against the Netherlands and Sweden. Enke's funeral will be held on Sunday following a short memorial service at the AWD-Arena, the stadium of club side Hannover 96.
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Marchisio Nears Return From Injury The injured midfielder is close to making a comeback
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Gianluigi Buffon Recovers From Flu & Will Join Italy Squad Buffon has been given the all-clear to reunite with the squad, and Giuseppe Rossi will join him in Rome after receiving special dispensation to arrive late... Italy goalkeeper Gianluigi Buffon has recovered from influenza and will join the rest of the squad in Rome on Wednesday afternoon. Sky Sport Italia reports the Juventus man has shaken off the virus over night and is ready to return to action. The report claims professor Enrico Castellacci, the Azzurri chief medic, has given Buffon the all-clear to come back. Villarreal's Giuseppe Rossi will also join the squad alongside Buffon. He missed the reunion on Tuesday after having special permission to play in the Copa del Rey. The morning will start with a training session. Nicola Legrottaglie, Riccardo Montolivo and Giampaolo Pazzini will take part after recovering from minor set-backs. Coach Marcello Lippi was up bright and early. He prepared the training pitch alongside Fabio Grosso early on Wednesday morning.
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Chiellini & Legrottaglie: Defence Still Needs To Improve The centre-backs believe some fine tuning of the defence will help the club achieve their objectives... Juventus defenders Giorgio Chiellini, and Nicola Legrottaglie have hailed their defence, which is statistically the strongest in the Champions League, but they say more can be done to make it completely watertight. The Old Lady have only conceded once in Europe, compared to 13 in Serie A and Chiellini feels the need to improve domestically, as he urges his team-mates to plug the holes. "Our defence in Europe? I think it's just something casual because we still have to grow and avoid distractions," Chiellini told Tuttosport. Legrottaglie also boasted about the clubs' European record but, like Chiellini, he feels some improvements can still be made. "The goal we conceded in the Champions League was offside. However, we are doing well in Europe," added the stopper. "I have faith though. There are still margins of improvement and I am convinced we can grow even further."
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Pokerissimo Juve, la vetta -
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Anche Rosetta e Caligaris. -
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Vediamo se Diego ci porta in vantaggio. -
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E' bravo Valdes. -
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Bello il tiro di Camoranesi. -
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Per il momento ... prima o poi si stancheranno. -
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Bella l'azione ma Seba non crossa bene. -
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A chi lo dici!