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K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -
huskylover ha risposto al topic di CRAZEOLOGY in Calciopoli (Farsopoli)
Moggi, chiesto processo dopo querela Zeman Il rinvio a giudizio dell'ex dg della Juventus per diffamazione aggravata Tuttosport.com 28-02-2012 TORINO - Zdenek Zeman contro Luciano Moggi. Lo 'scontro', ormai diventato un classico, rischia di arrivare in un'aula di Tribunale e ad un processo. La Procura di Milano, infatti, ha chiesto il rinvio a giudizio dell'ex dg della Juventus per diffamazione aggravata per alcune affermazioni da lui rilasciate alla stampa, al termine di un'udienza del processo sulla vicenda Calciopoli, tra cui un "non sa allenare" riferita all'allenatore ceco. L'inchiesta del pm Letizia Mannella, che ha portato alla richiesta di processo (dovrà essere valutata dal gup), nasce da una querela presentata dall'ex tecnico del Foggia e della Roma. Il 20 novembre 2009, Zeman era stato ascoltato nel processo a Napoli (che si è concluso con la condanna per Moggi a 5 anni e 4 mesi) e aveva raccontato davanti ai magistrati che la sua carriera di allenatore era stata danneggiata dopo la sua denuncia sull' 'affaire doping' nei confronti della Juventus. In particolare, il tecnico boemo aveva spiegato che Moggi suggerì al presidente del Napoli dell'epoca, Giorgio Corbelli, di prenderlo ad allenare il club per poi esonerarlo e rovinare la sua carriera. Nell'udienza successiva, uscendo dal tribunale, Moggi aveva rilasciato dichiarazioni alla stampa a riguardo. Dichiarazioni riportate nella querela di Zeman, che fa riferimento ad un articolo della giornalaccio rosa dello Sport (di qui la competenza della Procura di Milano) in cui Moggi dice: "Se Zeman pensa che sia stato io (...) a farlo esonerare per rovinargli la carriera, dovrebbe ringraziarmi perchè ha guadagnato cinque miliardi di lire netti per un anno". Moggi, come riporta l'articolo, ha spiegato inoltre che Zeman è stato esonerato dal Napoli, dalla Lazio, dalla Salernitana, dal Lecce, dal Fenerbahce e dalla Stella Rossa "perchè non sa allenare, è lento e impacciato nel parlare e i giocatori non lo capiscono". -
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BASTA NICCHIATE Vittorio Oreggia - Tuttosport -28-09-2012 Dopo aver ascoltato le dichiarazioni di Nicchi, il presidente dell'Aia, crediamo che sia cosa buona e giusta tornare all'antico, quandp neppure i vertici arbitrali avevano diritto di parola e chi dirigeva le partite di pallone viveva addirittura con il bavaglio sulla bocca. Non c'è dubbio: meglio il silenzio di fronte a certe boiate atomiche, meglio le riflessioni "addolorate" di domenica delle esternazioni di ieri, senza un senso per una cosa - gli errori macroscopici di San Siro - per una cosa che senso non ha. Il Micchi se l'è presa con Buffon, ha attaccato le televisioni, ha scardinato il sistema messo in piedi dal designatore Braschi, perché venti arbitri sono pochi, soprattutto ha minacciato di applicare il regolamento alla lettera. Ah, però... Nicchi, sia buono, ci faccia capire, ci dischiuda un orizzonte, vuoti il sacco: fino adesso in che modo è stato applicato il regolamento? probabilmente "ad minchiam", per citare il compianto professor Scoglio, di una trasversalità tale da escludere qualsiasi tipo di malafede. D'ora in avanti "chi protesta verrà ammonito, se le proteste saranno fuori dalle righe verrà espulso, chi commetterà falli violenti verrà buttato fuori": siamo alla comicità involontaria, una summa di affermazioni che vanno oltre qualsiasi linea di demarcazione del buonsenso, più ancora del pallone di Muntari. Nicchi ha pure confessato che voleva mandare gli arbitri in sala stampa e che farà un passo indietro. Silenzio, come ai (bei) tempi bulgari. Consiglio: cominci lui, però, a stare zitto. -
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Editoriale - Galliani, Conte e Buffon: la natura del calcio italiano in una sola notte Tutto quello che non ci è piaciuto (fuori dal campo) nella serata di Milan-Juventus: storie già viste e riviste nella storia del nostro calcio... di Sergio Chesi - goal.com - 28-12-2012 E' arrivato il momento in cui bisogna capire di cosa si vuole parlare, dove si vuole arrivare, quale calcio si intende vivere. Se restare quelli dei complotti, delle falsità e delle polemiche, o se essere qualcosa di diverso, come sembra a cuore a chi si riempie la bocca di paroloni come morale, etica e fair play. Perchè le due cose non possono andare di pari passo, è evidente. Premessa doverosa: noi - intesi come media - il caos lo alimentiamo, per certi versi ci sguazziamo anche. Ma perchè è la semplice natura del nostro ruolo: ci occupiamo di ciò che succede, di quel che vediamo, dei fatti che tengono banco. Se dopo Milan-Juventus si è parlato poco, pochissimo di calcio, la colpa non è nostra. E' di un sistema, di una cultura sportiva che ogniqualvolta prova ad indossare il grembiule immacolato da scolaretto perfetto, al primo incidente di percorso diventa verde come Hulk e finisce per strapparselo di dosso per l'incazzatura. Siamo tutti bravi a predicare bene, convincenti come noi - in giro per il mondo - non ce n'è. Ma è a razzolare male che siamo i veri campioni. La serata di San Siro, in questo senso, ha offerto un vero campionario di italianità calcistica. Nell'intervallo Galliani si è comportato da tifoso più che da dirigente top Andiamo in ordine di tempo, partendo dall'intervallo: perchè Adriano Galliani era sceso negli spogliatoi in cerca di un confronto con l'arbitro Tagliavento? Non esiste un regolamento che vieta contatti tra dirigenti delle squadre e direttore di gara nel corso di una partita? Per quale motivo nessuno si è preso la briga di rispettare queste regole? Il torto subito dal Milan è di quelli pesanti, come spiegato da Robinho proprio a pochi secondi dal 45' "rischia di decidere un campionato". Ma questo non può e non deve trasformare un dirigente di tale spessore in un tifoso qualunque. Perchè sì, Galliani ha agito da tifoso. E se tutti - dal Milan al Chievo - agissero così al primo danno, ogni stadio diventerebbe saloon. Non ci è piaciuto neanche Antonio Conte, al di là delle schermaglie da spogliatoio che lasciano il tempo che trovano. "Dispiace che questa partita sia stata caricata troppo - ha spiegato nel post-partita -, sia dagli addetti ai lavori che da chi c’era intorno. L’ambiente non era ottimale e non era bello per lo sport. Mi dispiace dirlo, ma è giusto che si dica". Un pizzico di mea culpa s'è intravisto, ma troppo velato rispetto alla linea che Conte e la Juventus avevano scelto nelle ultime settimane. Perchè sì, se c'è qualcuno che ha caricato di pressioni aggiuntive Milan-Juve è da individuare su sponda bianconera. Si è arrivati a tanto di comunicato del club a supporto dello sfogo dell'allenatore, dopo Parma. Tutto dimenticato? E poi Gigi Buffon. Un vero numero uno tra i pali, un vero numero uno in termini di schiettezza. Ma di tanto in tanto, un numero uno anche nelle gaffe. "Io non mi sono ovviamente accorto di nulla - ha ammesso a proposito del goal di Muntari -, perchè stavo guardando la palla e non certo la linea di porta. Devo anche dire che anche se me ne fossi accorto, in tutta sincerità, di certo non gliel'avrei detto all'arbitro, come non lo avrebbe fatto nessun altro al mio posto". Lo stesso Buffon, poche settimane fa, dopo Juve-Siena aveva malinconicamente denunciato un malinteso con l'arbitro Peruzzo: "Io collaboro però l’arbitro mi ascolti. Tiro di Gazzi, Peruzzo mi chiede se ho deviato, rispondo di no e lui assegna l’angolo. Dico la verità ma se non si viene creduti è meglio pensare a se stessi. In 17 anni di carriera sono sempre stato onesto quando mi è stato chiesto qualcosa, altrimenti è inutile che gli arbitri ci interpellino". C'è qualcosa che stride, nelle due esternazioni. Così come rischia di stridere la fascia di capitano meritatamente indossata da Buffon dopo anni di militanza in azzurro con il codice etico che Prandelli ha voluto per il suo nuovo corso azzurro e che rigidamente sta applicando da quando è in carica. Come avrà reagito, il cittì, alle parole del suo portiere? Ma soprattutto: davvero noi italiani, nel calcio, possiamo permetterci di parlare di 'codice etico'? Non sarebbe molto più semplice cominciare, una volta per tutte, a comportarsi seriamente? Senza semplici moralismi, ma solo per capire a che gioco stiamo giocando. -
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Tacconi su Milan-Juve è un fiume in piena: "Buffon? La verità non paga. Una volta gli scudetti si vincevano con cazzotti e denti rotti, il calcio di oggi mi fa ca**re" ESCLUSIVA - L’ex numero uno bianconero spiega: “Essere sinceri nel calcio non paga. Io per aver detto la verità sono rimasto fuori sei mesi”. di Paolo Camedda - goal.com - 28-02-2012 A qualche giorno di distanza dalla sfida Scudetto Milan-Juventus, e alla vigilia della gara amichevole della Nazionale italiana contro gli Stati Uniti, fanno ancora discutere le dichiarazioni del numero uno bianconero Gianluigi Buffon, che nel dopo partita di San Siro ha dichiarato: “Se mi fossi accorto del goal di Muntari, non lo avrei detto all’arbitro”. La critica si è divisa fra colpevolisti e innocentisti. Noi di Goal.com siamo andati a sentire in esclusiva sull’argomento l’ex numero uno bianconero Stefano Tacconi. Stefano, ti chiedo di provare a vestire per un momento i panni di Buffon. Se ci fossi stato tu al suo posto, cosa avresti fatto se ti fossi accorto che sul colpo di testa di Muntari la palla aveva oltrepassato la linea? Lo avresti detto all’arbitro? “Non avrei detto nulla, sarei rimasto zitto. Mai dire la verità nel calcio. Io l’ho sperimentato sulla mia pelle nel corso della mia carriera: per aver detto una volta la verità sono rimasto fuori sei mesi. Da allora ho capito che essere sinceri nel calcio non paga”. Non pensi che beneficerebbero tutti di una maggiore collaborazione fra arbitri e calciatori? “Ognuno guardi in casa propria e si attenga al suo ruolo: gli arbitri facciano gli arbitri e i calciatori facciano i calciatori”. Buffon ha fatto bene a fare quell’esternazione nel dopo partita? “Nel calcio di oggi si parla tutti troppo. Io dico questo: che ognuno si prenda le sue responsabilità e che si torni solo a giocare a calcio. Una volta gli Scudetti si vincevano con pugni, cazzotti e denti rotti, oggi che ci sono mille telecamere che riprendono tutto, invece, gli Scudetti si vincono parlando… Che torni a essere solo il campo a parlare”. Dalle tue parole mi pare di capire che il calcio di oggi non ti piaccia molto… “Il calcio di oggi mi fa ca**re. Ormai non è più calcio, è calcio-gossip: quello è uscito con quella, quell’altro ha sniffato coca… Sono questi gli argomenti che spesso si leggono sui giornali e su Internet, di calcio giocato non si parla quasi più. Continuando di questo passo sarà sempre peggio. Si deve tornare a giocare a calcio, ormai più si parla, più si vince. Hanno accusato la Juve di doping e di comprare i campionati, ma quelle erano tutte signore squadre. Oggi si parla tanto di Zeman e del suo ‘calcio spettacolo’: bene, che faccia pure quello ritiene di fare, a me il suo calcio spettacolo non piace e non interessa”. Ma torniamo a Buffon: le sue parole dopo Milan-Juve hanno avuto strascichi anche sulla Nazionale: fra i colpevolisti c’è chi ritiene che il portiere bianconero non debba più indossare la fascia di capitano. Tu cosa ne pensi? “È successa la stessa cosa a Fabio Capello con Terry: volevano che lui gli togliesse la fascia da capitano e per tutta risposta il commissario tecnico ha rassegnato le dimissioni. Noi abbiamo la fortuna di avere un signor allenatore come Prandelli, che ha chiarito da subito che non c’era niente di male in quello che Gigi ha detto. Lasciamo che sia lui, che conosce meglio di tutti gli altri il gruppo azzurro, a decidere per la Nazionale, non pretendiamo di condizionare le sue scelte facendo dei sondaggi”. Dopo la tanto discussa Milan-Juventus come vedi la lotta per lo Scudetto? “Ormai è un discorso fra Milan e Juventus. Il duello potrebbe durare fino alla fine, anche se di solito gli Scudetti si decidono in Primavera. Con l’arrivo dei primi caldi si vedrà chi avrà più forze e più testa. Il Milan potrebbe dover spendere energie importanti in Champions, ma la partita resta aperta”. -
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Il commento: Buoni solo a metà AMMETTERE IL GOL O NO? VINCERE A OGNI COSTO O DIFENDERE I VALORI. L'ITALIA SI DIVIDE COSI'. L'uscita di Buffon accende la discussione: c'è chi si richiama all'arte di arrangiarsi e chi esige più etica. Luigi Garlando - Gasport - 28-02-2012 Cosa pretendete da Gigi Buffon? Siamo l’Italia di Machiavelli, abituati da sempre a giustificare il fine con tutti i mezzi possibili. Sì, ma siamo anche l’Italia di Galileo che difese la sua verità mettendo in gioco la libertà personale. Abiurò in zona Cesarini, okay, ma a quel punto la sua verità aveva già rivoluzionato il mondo. E allora, come giudicare il portierone azzurro che, per principio, non denuncia all’arbitro i gol-fantasma? Un fuoriclasse della ragion di Stato, un abile professionista che procura il massimo utile all’azienda che lo stipendia? Oppure uno sportivo che tradisce le regole del gioco e trasmette ai giovani un esempio diseducativo? Spacca-Italia I sondaggi raccontano di un’Italia spaccata in due come una mela: metà pro Buffon, metà contro. Coppi o Bartali? Due scelte in un uomo solo, stavolta. L’appassionata discussione sulla palla smanacciata oltre la linea è divampata ovunque, è lievitata oltreMilan-Juve ed è diventata trattato sui massimi sistemi, quasi filosofia: meglio sincero o onesto? Buffon che cancella un gol è l’arte di arrangiarsi che tanto serve in questi tempi di spread malato: bravo. Anzi no, è quello che ci manca per uscire da questi tempi cupi: valori solidi e coraggio etico. Ognuno ha detto la sua ieri. Tra i primi a farlo, Thiago Silva: «Io avrei fatto come lui». L’avversario lo assolve, a riprova di una spaccatura complessa, sofferta. Con l’eccezione di due anime fantasiose (Zeman e Platini) tutto il calcio, con una compattezza da casta, si schiera a sostegno di Buffon che nel ritiro azzurro non abiura come Galileo: «Ripeterei le stesse parole». E poi ci lancia la patata bollente: «Cosa direste se vi facessi perdere un Mondiale denunciando un gol-fantasma?». Astuto: più facile difendersi da azzurro, amato da tutti, che da juventino. Altro lavoro per i filosofi: etica o utile? Codice che? All’ora di pranzo, arriva l’atteso parere di Prandelli, che imposta bene il problema. «Sto con Luis Enrique tutta la vita. Le regole vanno rispettate». Intransigenza, quindi. Anche se ti chiami De Rossi. L’etica è un abito a taglia unica: deve valere per tutti. «State certi che i ragazzini della Roma non arriveranno più in ritardo». Perfetto: il potere dell’esempio, il campione educa. Quindi tiriamo le conclusioni: la Nazionale ha un codice etico, Buffon legittima i gol-fantasma, perciò farà la fine di De Rossi perché altrimenti i ragazzi possono pensare che fregare l’arbitro sia cosa buona e giusta. E invece il c.t. spiega che la fascia non è in discussione, che non esistono portieri che convincono l’arbitro a loro danno e che Gigi semmai «poteva» correggere a freddo le parole dette a caldo. Quel «poteva» che incrina il codice etico. -
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La posizione dell'Ussi sul "caso Pellegatti". "L'Unione Stampa Sportiva Italiana, sempre impegnata a garantire un corretto esercizio della cronaca sportiva e a denunciare atteggiamenti lesivi da parte di società e tesserati, con altrettanta forza giudica deplorevoli le espressioni gravi pronunciate dal collega Carlo Pellegatti, giornalista di Mediaset Premium, durante la telecronaca dell'incontro Milan – Juventus del 25 febbraio 2012, nei confronti di Antonio Conte, allenatore della Juventus. La cronaca di una partita deve restare il racconto del gesto sportivo e mai degenerare in espressioni offensive e irrispettose. L'Ussi chiede all'Ordine nazionale dei Giornalisti, che ha nella deontologia professionale uno dei suoi compiti primari, di verificare i fatti per evitare che anche in futuro i giornalisti si prestino, come talvolta accade, ad accettare una interpretazione distorta del ruolo, che è quello di informare e non, invece, prestare la voce, e la professionalità, ad una cronaca di parte. L'episodio in questione conferma l'assoluta necessità che l'Ordine intervenga affinché mai, in nessuna emittente, la “telecronaca del tifoso” sia affidata ad un giornalista. In questa sua azione, l'Ordine nazionale dei Giornalisti avrà sempre l'Ussi al suo fianco." -
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2004: il Milan si sceglie gli arbitri di ALVARO MORETTI & GUIDO VACIAGO (Tuttosport 28-02-2012) NON CI sono più gli assistenti di una volta. . . Guai adesso a chiedere un “amico” come Puglisi per un Milan-Fiorentina. E oggi – nonostante le preclusioni implicite (Tagliavento&Rocchi-Inter; Bergonzi-Juve; Russo-Milan&Roma) – non c’è neanche la possibilità di farsi una griglia su misura. Come capitato (e trascurato dai carabinieri di Auricchio) nella telefonata del 9 dicembre 2004 tra Leonardo Meani, ex dirigente addetto agli arbitri del Milan, condannato per frode sportiva al processo di Calciopoli di Napoli,e l’ex designatore Paolo Bergamo, lui condannato come associato al rivale di Meani, Moggi. Alla faccia del vincolo esclusivo con la Juve, ecco che va in scena l’accordo per la griglia del sorteggio (non truccato) di Juventus-Milan del 18 dicembre 2004, per la quale l’accordo con l’assenso di un non precisato superiore di Meani, facilmente intuibile. Il tutto in un accordo preso 8 giorni prima della griglia, che sarà proprio quella concordata tra Meani e Bergamo: Collina, Paparesta e Bertini (che arbitrerà) più il precluso Rosetti. E De Santis di riserva perché «lui», il referente di Meani, è dell’idea che innervosirebbe il Milan. Arbitri e assistenti à la carté. Beh, sentite un po’… Bergamo: Leo? Meani: Allora ho parlato. Vanno bene quei tre lì. Bergamo: Quindi Collina, Paparesta e Bertini. Meani: E Bertini, vanno bene quei tre lì. Anche lui (chi è lui? A chi si rapporta sempre Meani, l’ex dirigente arbitrale milanista? Ndr), anche lui dice no De Santis, è dell’idea che De Santis innervosisce la squadra. Come dici tu: De Santis va bene per tutte le partite, ma questa qui (è Juve-Milan, ndr)... Oh io ho mantenuto la promessa della borsa. Vediamo se tu mantieni la tua… Bergamo: Io mi rendo disponibile… Noi saremmo lì dalle sei in poi Meani: No, no io ti dico quello che c’è sulle fasce laterali… Bergamo: Ti riferisci a Faverani (assistente tuttora in attività: ha diretto Lazio-Fiorentina, ndr)? Te lo rimetto in serie A domenica prossima. Meani: No mi riferisco a Puglisi: fagli fare Milan-Fiorentina, ma dai! Bergamo: Ieri sera ha fatto bene Bayer Leverkusen contro Dinamo Kiev con Collina. Meani: Questo qui è bravissimo. E’ bravo come Ivaldi, Pisacreta, Griselli, come è bravo Copelli. Bergamo: Come Mitro Meani: Come è bravo Mitro. Mitro se non fosse così brutto, è che sembra uno scaldabagno. E’ vero o no? Bergamo: Uno scaldabagno con la testa, ma è bravissimo. Meani: Mitro non sbaglia mai Bergamo: Ora glielo dico: Meani dice che pari uno scaldabagno. (Ridono) Meani: Uno scaldabagno con lo scudetto dell’Italia. Invece di esserci scritto Beretta c’ha lo scudetto dell’Italia davanti. Però è bravo ed è una brava persona e gli voglio bene. Ma è una persona splendida Bergamo: E’ una persona splendida. E vedrai anche Niccolai è una persona perbene. Meani: Mentre Mitro e Puglisi sono ipercollaudati, Niccolai ha ancora bisogno. Questi son pronti… Se riesci a mettermelo (Puglisi, ndr) dentro per Milan-Fiorentina mi fai un favore, è un anno e mezzo che non fa il Milan. Bergamo: Ora non mi strappare la promessa certa per domenica, devo vedere se è in griglia, lui era anche impegnato. Vediamo dai. -
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IL DOPO MILAN-JUVE TRA VELENI E LEZIONI Umberto Zapelloni - Gasport 27-02-2012 Milan-Juve lascia dietro di se tanti veleni, ma pure alcune lezioni. I veleni saranno difficili da digerire soprattutto se alla fine del campionato saranno i tre punti in palio sabato sera a San Siro a decidere l'assegnazione dello scudetto. Ma le lezioni dovrebbero servire a costruire un futuro migliore, possibilmente con l'aiuto della tecnologia (o almeno degli arbitri di porta) con un calcio da vivere appassionatamente, ma senza fanatiche esagerazioni che portano poi molti diretti interessati a dichiarare guerre eterne. La giornalaccio rosa lo aveva scritto il 10 febbraio: «se Milan e Juventus continueranno a punzecchiarsi così la temperatura attorno alla partita rischia di salire oltre i limiti». Era una previsione facile facile e puntualmente si è avverata. Attorno alla «finale scudetto» c'era una tensione eccessiva e, soprattutto dalla sponda bianconera, non si è fatto nulla per togliere il piede dall'acceleratore anche quando si rischiava di entrare in curva a velocità troppo elevata (leggi la polemica di Agnelli con Abete). Ci sono nazioni in cui i presidenti delle due avversarie si siedono uno accanto all'altro per assistere alla partita. In Italia se continuiamo così bisognerà separarli con una fila di poliziotti. Vi sembra logico che la tribuna d'onore si trasformi in un'area di rigore? E' normale che per commentare un errore arbitrale un allenatore come Conte tiri ancora in ballo calciopoli sei anni dopo? Vi sembra normale che Galliani possa scendere negli spogliatoi a cercare l'arbitro nell'intervallo, dopo averne già dette di tutti i colori al designatore in tribuna? Vi pare lecito che il vicepresidente rossonero incrociando Conte lo prenda a brutte parole e che lo stesso Conte lo ricambi con accuse pesantissime? Vi pare educativo sentire il capitano della nazionale ammettere che non avrebbe aiutato l'arbitro se si fosse accorto di aver respinto oltre la linea? Attorno a Milan-Juve ci sono stati tanti, troppi, errori arbitrali, ma a San Siro non hanno sbagliato solo Tagliavento & c. In troppi hanno esagerato alzando i toni come avevano cominciato a fare da 15 giorni. E quanto è successo allo stadio e nella sua pancia deve diventare una lezione per il futuro. Non si può arrivare ad una partita continuando ad accusare gli avversari di ogni nefandezza tirando in ballo il passato remoto e assurdi complotti. Un po' di serenità alla vigilia avrebbe messo meno pressione a quei 90 minuti e forse arbitro e assistenti sarebbero stati più tranquilli. Se poi herr Blatter e monsieur Platini facessero tutto ciò che è nelle loro facoltà per aiutare gli arbitri, avremmo un paracadute supplementare. Un salvagente a cui non è più possibile rinunciare nel 2012. Per salvare un campionato, ma anche la credibilità di tutto il calcio. -
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Nicchi contro Buffon: «Non mi aspettavo le sue parole» Il presidente dell'Aia: «Il capitano della Nazionale ha detto cose che si poteva risparmiare, che non sono esempio per i giovani» ROMA - Dopo il weekend nero degli arbitri il presidente dell'Aia Marcello Nicchi utilizza la tattica più antica del mondo e, attraverso i microfoni di Radio Anch'io Sport (Rai 1), attacca per difendersi. Qualche ammissione, soprattutto per quanto riguarda il big match di sabato, delle incredibili topiche degli arbitri e poi un infervorato contrattacco nel quale annuncia una nuova linea di "tolleranza zero" nei confronti di chi protesta in campo e fuori dal campo, invocando anche la penalizzazione in classifica per chi lo fa in tv, come previsto dai regolamenti inglesi (in verità mai applicati). LA FEBBRE DEL SABATO Dice Nicchi di Milan Juve: "Sabato ero presente e sono stati compiuti errori gravi. E tutt'oggi non riesco a comprendere come questo sia successo, avevamo garantito il massimo in fatto di designazione: il numero 1 e 2 degli arbitri e il numero 1 e 2 degli assistenti. Il dio del calcio, purtroppo, non ci ha dato una mano. Tagliavento ha sbagliato l'approccio, perché non mi limito solo al fatto del gol travisato, ma all'atteggiamento complessivo del direttore di gara che è arrivato alla partita in modo sbagliato, probabilmente condizionato dalle tensioni della settimana. Invece che carichi, sono i direttori di gara sono arrivati a San Siro già scarichi, pensando forse che tutto fosse tranquillo e filasse liscio. Sul gol, poi, Tagliavento avrebbe potuto intervenire, perché era di sua competenza e non aspettare la decisione di Romagnoli: questa comunque è una situazione che verrà analizzata dal designatore che farà un po' di scuola su questo. E, in ogni caso, riconosciuti i nostri gravi errori, vorrei fare un ringraziamento al civilissimo pubblico di San Siro: tutti hanno capito il nostro dramma e non ci sono state reazioni gravi da parte del pubblico. Come stanno Tagliavento e Romagnoli? Ho evitato di parlare con Romagnoli e i colleghi per far loro riacquisire la serenità, che oggi gli viene tolta". MALEDETTE TV Poi Nicchi se la prende con le tv: "Gli arbitri devono rimanere fuori dal gioco al massacro, ma sabato è stata certificato il fatto che nessuno intende auitarci. Le tv fanno le telecornaca sugli arbitri, succede di tutto e di più in campo. E perfino il "mio" portiere, voglio dire il capitano della mia nazionale dice delle cose che si poteva risparmiare perché diseducative per i giovani. Si possono pensare, ma per esternarle bisogna avere cautela". Insomma: evviva l'ipocrisia! Nicchi se la prende con Buffon che ha ammesso serenamente e senza falsi perbenismi che, qualora si fosse accorto che la palla era finita dentro, non l'avrebbe detto all'arbitro Tagliavento. A Nicchi, come a molti benpensanti, questo non è andato giù: il calcio sarà anche entrato nella modernità, ma per la verità, così come per le tecnologie, non è ancora pronto. Se lo segni Buffon, uno abituato a dire la verità anche quando non gli conviene. TOLLERANZA ZERO Parte poi l'inveterata contro i giocatori: "Il calcio mostra ogni domenica cose non gratificanti. In area è un continuo strattonarsi, in continuazioni si alzano mani a reclamare qualche cosa, proteste per qualsiasi decisioni, vaffa per una semplice rimessa laterale: i giocatori entrano in campo con tensioni troppo gravi e non accettano niente. A questo punto non ci resta che applicare con vigore il regolamento. Sarà un'operazione di autodifesa: applicheremo il regolamento in modo restrittivo su tutti i campi. Chi protesta verrà ammonito, se le proteste saranno fuori dalle righe ci sarà l'espulsione, così come per chi commetterà falli violenti (ma perché signor Nicchi, c'era una direttiva per tollerare i violenti? ndr) e nell'incertezza se il fallo sia violento o meno, si butterà fuori il giocatore, così rimetteremo un po' di ordine in campo". La soluzione, insomma, sta nella repressione delle proteste: un po' come chi fischiando meno falli pensa di ridurne il numero. E guai a chi esprime il proprio pensiero ai media: "Invoco una maggiore attenzione della Procura Federale affinché intervenga sugli interventi del dopopartita (ma anche su quelli nell'intervallo non sarebbe male, ndr): in Inghilterra chi protesta in tv per l'arbitraggio rischia anche una sanzione in classifica. Pensavo di mandare gli arbitri in sala stampa, ma adesso farò un passo indietro perché ho capito che le cose devono rimanere in campo". Insomma, un altro grande passo verso la modernità. MALEDETTE TV D'altra parte il vero nemico degli arbitri per Nicchi sono le tv e, soprattutto, i commentatori: "Si sentono fare commenti a ogni azione, la partita degli arbitri viene sezionata in diretta e con l'ausilio di tecnologia. La partita arbitrata in tv è una cosa, quella in campo è un'altra. La tv ci batte ogni domenica, ma il commentatore non si può sostuire all'arbitro e metterlo in continuazione in cattiva luce, anche perché negli stadi si sa tutti in tempo reale quello che dicono le tv. Hanno detto, per esempio, che il fuorigioco della Fiorentina era dubbia, ma invece era netto e punibile. Hanno detto che il fallo da rigore su Di Natale era avvenuto fuori area, quando invece ha i piedi sulla linea che è area di rigore. Il fallo da ultimo uomo fischiato contro il Palermo era sacrosanto". VENTI SONO POCHI Ma Nicchi ha perplessità anche sul sistema: "il quarto uomo così com'è non serve a niente. Praticamente deve solo tenere buone le panchine. A questo punto sarebbe meglio non averlo. L'arbitro di porta? Se ce lo danno, noi lo accettiamo volentieri. Siamo i primi a essere contenti di questo, ma bisogna tenere conto del fattore economico. Così come le telecamere sulle porte per i gol non-gol... Ma devono darcele queste cose e non è facile. E poi 20 arbitri per tutta la A bastano? Per me ce ne vorrebbero almeno 30 per garantire la rotazione, ma questo è quello che ha voluto la Lega, che ci ha detto: dateci i migliori, ce ne bastano venti. Accontentati! Hanno i migliori, ma ora dovrebbero anche essere in grado di difenderli, invece di attaccarli. Qualcuno la domenica, invece di andare a criticare gli arbitri in tv dovrebbe andare a fare visita ai malati in ospedale per capire la vita. E comunque il campionato lo vincerà ancora una volta il più forte e non sarà condizionato dagli arbitri". -
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QUI MILAN L’alleanza è un ricordo, Galliani furibondo Tutto parte dal giudizio su Ibra: "Juve, che arroganti" MILANO, 27 febbraio 2012 - Siamo ai titoli di coda. Ai racconti sugli insulti (non tradotti) in dialetto salentino, alla conta dei dirigenti che erano negli spogliatoi e non avrebbero dovuto essere lì, ai rabdomanti del web in cerca di immagini buone per le prove tv. La Santa Alleanza di qualche anno fa era già stata messa in cantina, poi aveva ripreso vigore, ora resta schiacciata sotto una serie di ripicche. Adriano Galliani, l’uomo che all’arbitro avrebbe detto solo «perché, perché, perché?», è stato protagonista con Antonio Conte del rusticano duello centrale. Avvenuto, precisano al Milan, in una zona di scorrimento, diciamo così, dove i dirigenti possono sostare. Galliani stava aspettando l’arbitro (e questo non è permesso), mapare che alla fine manco l’abbia incrociato (così sostiene l’arbitro). Dunque, il fatto non sussiste. Male battute (anche su argomenti tricologici), gli applausi ironici e lo scambio di opinioni con Conte (vocaboli salentini compresi) restano. Spy story. Il Milan è inviperito perché pensa che la Juve abbia preparato la battaglia mediatica molto in anticipo. All’origine di tutto, Ibrahimovic: la sua squalifica senza sconti, le delazioni in Coppa Italia. La raccomandazione di Chiellini a usare la prova tv anche per la ditata di Zlatan a Storari era stata presa male e le tossine non se ne vanno in fretta. Ambrosini e Chiellini si sono confrontati sabato a fine gara, e sarebbero volate specificazioni non positive accoppiate alla parola spia, seguite su considerazioni tipo «vi abbiamo purgato ancora». Il parapiglia era generale, pare ci si sia fermati alle parole (i cazzotti erano già volati in campo fra altri protagonisti) ma conta poco. Fra Milan e Juve c’è guerra. Prove e tentazioni. Giovedì, il giorno del giudizio universale, si è confermato che Ibra sarebbe rimasto fuori da Milan-Juve. I poveri giudici, secondo le fonti di via Turati, avrebbero vissuto in situazione di grande stress, con "gli altri" sul piede di guerra. "Gli altri", nella fattispecie Agnelli, se l’erano anche presa in settimana con il presidente federale Abete reo di essere intervenuto su alcune dichiarazioni di Conte, e la cosa che avrebbe infastidito Galliani. Nel memorandum milanista le dimostrazioni di arroganza si sarebbero susseguite e alla fine il verdetto di Galliani è inappellabile: gli juventini non li vuole più vedere. Basta telefonate amichevoli, basta dichiarazioni di non belligeranza sul mercato. C’è chi starebbe tentando di convincere il furibondo Galliani non solo a buttare a mare il dialogo con la Juve, ma a spingersi a un abbraccio con l’Inter. Una bella lega milanese per contrastare le pretese di scudetti (da vincere o da farsi restituire) della Juve. E fin qui, per ora, non pare che Galliani si voglia spingere. Ma la Milano-Torino ormai è bollente su tutte e due le corsie. À la guerre comme à la guerre. E la guerra è guerra anche sui pianerottoli di San Siro. Fonte: GdS (articolo a firma di Alessandra Bocci) ------------------------------------------------------------ QUI JUVE Linea chiara nel silenzio: "Hanno fatto tutto loro" Il club ritiene facili moralismi i giudizi sulle parole di Buffon MILANO, 27 febbraio 2012 - Il giorno dopo, la Juventus non si scompone. Guerra fredda o calda che sia, da corso Galileo Ferraris non arrivano reazioni ufficiali alla bufera post San Siro. Ufficiosamente, però, la posizione torinese è la seguente: «Noi non siamo mai entrati in urto con il Milan». Come dire: sabato sera il polverone è stato alzato solo da una parte. Sorpresa e amarezza. Un polverone che non ha tra l’altro perso consistenza nella giornata di ieri, ulteriormente alimentato sia via rete sia con altri mezzi mediatici più o meno legati al club rossonero. Presenti, sempre su internet, le risposte del popolo bianconero, si è invece potuto appunto solo indagare sugli umori dei vertici della Juve. Emergono allora sentimenti di sorpresa e amarezza per la veemenza della reazione rossonera. Nessuno in casa Juve ha mai negato l’enormità dell’errore sul gol non dato a Muntari, ma tutto ciò che ne è seguito (uragano Galliani in primis) avrebbe indispettito non poco Agnelli e soci. Le dure puntualizzazioni rossonere sono apparse poco obiettive agli occhi della Juve: nella stessa gara ci sono stati pure il fuorigioco inesistente di Matri, il colpo proibito di Mexes a Borriello e la scarica di manate di Muntari ai danni di Lichtsteiner. Muro alzato, poi, di fronte alla «crociata» contro Buffon, «scivolato», per troppa sincerità e trasparenza, nella spirale di quelli che a Torino appaiono facili moralismi: «Non mi sono accorto che la palla fosse entrata —ha detto il capitano azzurro sabato sera —, ma sono sincero: se l’avessi visto avrei taciuto». A dare fastidio, in corso Galileo Ferraris, sono stati soprattutto i commenti provenienti dal mondo Milan. «Noi non abbiamo mai parlato degli altri club - hanno ripetuto più volte Marotta e Conte —, si è discusso di arbitri, rivendicando uniformità in generale». Così come sulla squalifica di Ibra, in effetti, la questione è sempre stata fra il Milan e la federazione. Pensieri passati e presenti che servono a rafforzare il «noi mai in urto con il Milan» trapelato da Torino. Incrocio a Varsavia. Prossimo contatto fra i club? Forse già stasera a Varsavia, dove Juve e Milan sono attese per l’assemblea generale Eca (European Club Association) in programma domani. Ma a rappresentare i rossoneri non ci sarà Adriano Galliani: annunciato il direttore organizzativo Umberto Gandini. Per i bianconeri presente invece il numero due del club, l’amministratore delegato Beppe Marotta. E mentre il presidente Andrea Agnelli è rimasto ieri in famiglia, l’amico e consigliere d’amministrazione Pavel Nedved (pure lui duro con gli arbitri settimana scorsa) è volato a Dublino per ritirare il prestigioso premio «Personalità Internazionale dell’anno» (già andato a Beckenbauer, Eusebio, Gullit, Moore e Platini), nell’ambito dell’International Football Awards, con Giovanni Trapattoni ospite d’onore. Fonte: GdS (articolo a firma di Mirko Graziano) ----------------------------------------------------------- Il Retroscena Ma sarà impossibile non parlarsi. La riprova l’avremo sul caso Beretta MILANO, 27 febbraio 2012 - Ci sono ancora troppi veleni nell’aria per pensare che la nube tossica di San Siro possa essere spazzata in breve tempo. Il plateale sfogo di Adriano Galliani nell’intervallo della sfida-scudetto sarà duro da digerire. Anche ieri i segnali sono stati poco incoraggianti. Da anni i rapporti tra Juve e Milan non erano così tesi: soprattutto dopo l’ingresso in scena di Andrea Agnelli. Nell’ultimo anno i due club hanno rinsaldato un asse nato nel ’94 e messo a rischio dalle turbolenze di Calciopoli. E ora? Le polemiche arbitrali rischiano davvero di mettere tutto a repentaglio. Difficile credere, però, che i vertici di via Turati e corso Galileo Ferraris azzerino le relazioni diplomatiche da un giorno all’altro. La prima verifica si avrà venerdì prossimo, al quarto piano di via Rosellini, per l’assemblea della Lega di serie A. E’ un appuntamento più importante di altri perché all’ordine del giorno c’è la richiesta di dimissioni del presidente Maurizio Beretta. Otto club hanno sottoscritto questa petizione, Inter compresa. E non è un mistero che sinora Juve e Milan abbiano capeggiato in silenzio il partito della continuità. Dura credere, insomma, che Galliani e Agnelli non solidarizzino in una partita che mette in gioco interessi economici e politici di rilievo. Ma se anche questa puntata non portasse ad un riavvicinamento, vanno messi nel conto altri passaggi più o meno all’orizzonte. Di sicuro il Milan s’è allarmato nel momento in cui Antonio Conte ha associato il tema arbitrale ai fantasmi di Calciopoli. In parallelo Andrea Agnelli continua la sua battaglia con la federcalcio e la recente polemica con Abete è la riprova del gelo con il numero uno di via coitus interruptus. E non a caso il presidente bianconero tiene aperta la porta al presidente del Coni, Gianni Petrucci, il promotore di quel tavolo della pace che soprattutto avrebbe dovuto riaprire il dialogo tra i bianconeri e l’Inter. Proprio in quella sede Adriano Galliani era uno dei garanti dell’auspicato riavvicinamento tra i duellanti del 2006. Non ci si sorprenda, allora, se più avanti ritoccasse davvero a Petrucci il compito di rasserenare i rapporti tra i due grandi amici di sempre. E’ un’emergenza anche questa, da intervento super partes. Fonte: GdS (articolo a firma di Carlo Laudisa) ----------------------------------------------------------- La rissa continua a colpi di immagini televisive Muntari duro con Lichtsteiner, il Milan risponde con Pirlo su Van Bommel. Oggi i provvedimenti del Giudice sportivo MILANO, 27 febbraio 2012 - Oggi poco dopo le 16 si conosceranno i provvedimenti del giudice sportivo Giampaolo Tosel su Milan-Juve di sabato. La lista degli episodi su cui sarà chiamato a decidere è lunga. Acceso diverbio. Innanzitutto ci sarebbe lo scontro tra Galliani, e Conte. L’acceso confronto sarebbe avvenuto nell’intervallo davanti allo spogliatoio e avrebbe avuto tra gli «spettatori» anche i due sostituti della Procura federale incaricati di stare attenti proprio a quello che poteva accadere nello spogliatoio. Oggi il procuratore federale Stefano Palazzi riceverà la relazione dei suoi uomini e la trasmetterà a Tosel, competente per tutto quello che avviene allo stadio. Se il diverbio fosse avvenuto pubblicamente, nella mix zone e davanti alle televisioni, la Procura avrebbe dovuto aprire un fascicolo ed eventualmente procedere con deferimenti alla Disciplinare. A Tosel dovrebbero arrivare comunque anche relazioni o referti arbitrali sul «vivace» dopo gara che ha coinvolto diversi calciatori. Prove televisive. Entro le 16 Palazzi dovrà anche decidere se trasmettere al giudice sportivo anche la richiesta di utilizzare la prova televisiva per il colpo rifilato da Mexes a Borriello a pallone lontano e non rilevato dalla terna arbitrale o dal quarto uomo. Nelle ultime ore stanno anche circolando immagini del milanista Muntari che usa le mani in maniera poco ortodossa per liberarsi dalla marcatura di Lichtsteiner (difficile comunque che questo secondo episodio possa essere invocato dalla Procura federale come prova televisiva), cui il Milan ha replicato sul proprio sito segnalando due gomitate di Pirlo a Van Bommel, con tanto di minuto e secondi (22’56" e 31’54" della ripresa). Fonte: GdS (articolo a firma di Maurizio Galdi) ----------------------------------------------------------- Romagnoli, la svista gli costa la carriera. Tagliavento a riposo L’assistente di Milan-Juve uscirà dai quadri Can. Per l’arbitro stop di 2 turni. Ma prima Germania-Francia MILANO, 27 febbraio 2012 - La carriera di Roberto Romagnoli ha imboccato il binario morto al minuto 25 di Milan-Juventus. A fine stagione sarà dismesso con tanti ringraziamenti per i 10 anni trascorsi alla Can A, ma nella memoria di tutti resterà il fantasma di un gol dentro di oltre mezzo metro. «Indifendibile», è stato il giudizio a freddo dei vertici arbitrali. L’assistente veniva da due anni quasi perfetti, dove aveva sbagliato al massimo qualche fallo laterale. Ecco perché una deroga che gli avrebbe consentito di restare in campo anche nella prossima stagione, era considerata fino a sabato sera un’ipotesi molto probabile. E invece il 2-0 negato a Muntari ha mandato tutto in frantumi. Fine della corsa. Non solo, non è da escludere che Romagnoli non riveda più il campo: quella di San Siro potrebbe anche essere l’ultima gara. Dipenderà da come girerà la stagione. Il designatore Braschi potrebbe evitare a Romagnoli questa umiliazione, concedendogli un’ultima passerella in A: magari una partita di fine stagione senza nessun obiettivo in ballo. Molto dipenderà dallo stesso Romagnoli: solo se dimostrerà di avere assorbito la botta, avrà la possibilità di chiudere con una partita diversa da Milan-Juve. In famiglia. Ieri l’assistente è rientrato a casa, dopo aver trascorso una notte quasi insonne a Milano. Ha rivisto le immagini ed è rimasto senza parole. Non sa darsi una spiegazione: il dispiacere più grande è quello di aver indotto all’errore Tagliavento. La domenica è trascorsa in famiglia: l’affetto dei figli Leonardo e Sofia (gemelli), ha lenito un po’ la ferita. Da stamani ritornerà ad occuparsi dei suoi clienti (fa il commercialista), ma non sarà facile cancellare il fantasma di Muntari. Anche perché sa benissimo che sarà ricordato solo per quell’episodio. Stop Tagliavento. Meno complicata la posizione di Tagliavento, ma non così tranquilla. Al fischietto di Terni saranno ritornate in mente le parole di Al Pacino nel film Ogni maledetta domenica che Braschi aveva fatto appendere nelle stanze degli arbitri durante il raduno di Sportilia: «O risorgiamo come squadra, oppure cederemo...». Il designatore ha insistito molto sul concetto di squadra. Spesso sono stati gli assistenti a salvare e aiutare i direttori di gara. A San Siro non è andata in questo modo. Tagliavento aveva avuto la percezione del gol, ma non era sicuro. Al momento del gol fantasma era al limite dell’area (posizione esatta su un angolo) e aveva Buffon che gli copriva palla e linea. Quindi, una giusta percezione manon la certezza. E questo ha fatto la differenza. L’arbitro ha indicato il centrocampo, ma poi Romagnoli è rimasto al suo posto e gli ha urlato nell’auricolare «Non è entrata, non è entrata. Sono sicuro». A quel punto il gioco di squadra ha fatto il resto. E’ un paradosso, ma se si fosse trattato di una gara di Terza categoria (dove tutte le decisioni sono di pertinenza dell’arbitro), quel gol sarebbe stato assegnato. E invece era Milan-Juve e Tagliavento si è fidato del collaboratore, meglio piazzato e con certezze di cartapesta. Un gioco di squadra che gli costa caro: Braschi presenterà un conto pure all’arbitro. Stop di un paio di settimane, non di più. Anche perché altrimenti salterebbero gli equilibri di un gruppo già in fermento. E comunque dopo la punizione ci sarà anche un periodo nel quale Tagliavento dovrà risalire la china, partendo da gare di seconda fascia. Si potrà consolare in Europa, dove gode di stima illimitata: mercoledì a Brema dirigerà l’amichevole di lusso Germania-Francia. Un bel modo per dimenticare San Siro. Fonte: GdS (articolo a firma di Francesco Ceniti) -------------------------------------------------------------- Milan, un diavolo sulla Juve E rottura totale. Rossoneri scatenati contro la "strategia della tensione" bianconera. Milan Channel scatena la controffensiva a tutto campo. Il quadro proposto rimanda chiaramente ai tempi di Calciopoli MILANO, 27 febbraio 2012 - Nulla sarà più come prima. E' quello che garantisce il Milan in merito ai rapporti con la Juventus. Non solo stop alle telefonate (vedi quella di Galliani ad Agnelli della scorsa settimana per abbassare i toni in vista del big-match), ma basta ad ogni rapporto o relazione. D'ora in poi il club di via Turati procederà per conto proprio anche nelle questioni politiche ed istituzionali, ma soprattutto è pronto ad una battaglia senza esclusione di colpi. Ad ogni minimo attacco o parola ritenuta fuori posto corrisponderà una reazione ancora più dura. Nulla passerà più sotto silenzio. E, in questo senso, al di là di ciò che è avvenuto durante e dopo lo scontro diretto di sabato sera, il più eloquente dei segnali è arrivato con l'incendiario atto di accusa di Milan Channel, andato in onda ieri all'ora di pranzo: ogni dettaglio studiato a tavolino e pochi dubbi sul fatto che le indicazioni siano a arrivate direttamente dai vertici. Nel mirino è finita la dirigenza juventina al completo, accusata di aver alimentato ad arte il clima con cui si è arrivati alla sfida, ma anche Gigi Buffon. Da capitano della Nazionale e da Cavaliere del Lavoro, infatti, secondo il Milan avrebbe dovuto ammettere che il pallone era entrato e non confessare che, anche se se ne fosse accorto, non avrebbe detto nulla all'arbitro. Il tutto, comunque, per dimostrare una tesi di fondo, ovvero che, storicamente, quando c'è in palio qualcosa, con la Juventus si parte sempre in svantaggio, lasciando pure trapelare il retaggio di un certo passato. STRATEGIA MEDIATICA Grazie al megafono di Milan Channel, il club rossonero ha articolato e argomentato ogni accusa. Ebbene, secondo via Turati, ci sarebbe stata una precisa strategia dietro certi episodi che hanno preceduto la sfida del Meazza. Avrebbe cominciato Marotta - l'ad bianconero sarà uno dei bersagli principali delle prossime settimane -, attaccando gli arbitri dopo Juve-Siena. Avrebbe proseguito Chiellini, facendo la "spia" con Ibrahimovic. Poi sarebbe stato il turno di Conte, con quel «Hanno paura a dare i rigori alla Juve» pronunciato dopo la gara con il Parma. E il club bianconero avrebbe rafforzato il carico, con il comunicato che appoggiava in pieno le tesi del tecnico. Per concludere, ci sarebbe stato il duro attacco di Agneli ad Abete. Con queste premesse - e con il pressing effettuato nei confronti degli organi d'informazione -, secondo quando sostiene il Milan, era impossibile che la Corte Federale togliesse una giornata di squalifica a Ibrahimovic e, soprattutto, era impensabile che la direzione di gara del big-match non ne risultasse condizionata. PASSATO CHE TORNA A far infuriare il Milan, peraltro, c'è stata anche l'ostinazione bianconera nel mettere sullo stesso piano il gol non visto di Muntari e la rete non convalidata a Matri. Il primo, in casa rossonera, viene considerato un errore patologico, il secondo semplicemente fisiologico. E così si finisce per ricordare due pesantissimi precedenti. Quello di Chievo-Juventus 0-1 del 13 marzo 2005 (quindi ben poco casualmente in piena epoca Calciopoli), quando non fu visto un gol di Pellissier nonostante il pallone avesse abbondantemente sorpassato la linea. E poi quello del famosissimo Juventus-Inter 1-0 del 28 aprile 1998: allora, dopo il clamoroso rigore su Ronaldo non assegnato, sul ribaltamento di fronte, la squadra bianconera ottenne un penalty a proprio favore. Sabato sera, invece, con Muntari che esultava e mezza squadra rossonera che protestava, incitati da Buffon, i giocatori juventini correvano in contropiede, con Estigarribia che andava pericolosamente alla conclusione. E in serata c'è stata un'ulteriore appendice, visto che sul sito del Milan è apparsa la segnalazione (con tanto di minuto e secondo di gara) di due gomitate di Pirlo (un ex) a Van Bommel. E' stata la risposta alle immagini diffuse ieri in cui si vede un corpo a corpo tra Muntari e Lichtsteiner, con il primo che usa pericolosamente i gomiti. Fonte: Il Corriere dello Sport (articolo a firma di Pietro Guadagno) ------------------------------------------------------------------------------------- Juve, i fatti più delle parole Il club non replica al Milan ma non accetta processi e contrattacca TORINO, 27 febbraio 2012 - Il presidente Andrea Agnelli è nella sua villa alla Mandria. Il consigliere d'amministrazione Pavel Nedved a Dublino per l'Internacional Football Awards, premiato come Personalità Internazionale dell'anno. L'ad Beppe Marotta a Milano, aspettando d'imbarcarsi per Varsavia e partecipare alla riunione dell'European Club Association dove incrocerà anche i rappresentanti del Milan. Tutti in contatto, tutti in silenzio: il day after di San Siro scivola tra riflessioni e confronti, senza però interventi, esternazioni, comunicati. COLPI Non è una strategia, ma un'abitudine. Rinsaldata, stavolta, dalla volontà di non fomentare polemiche. La Juve, d'altro canto, ritiene d'essere stata travolta, suo malgrado, dal nervosismo rossonero, forse sedimentato dalla squalifica di Ibrahimovic e di sicuro scatenato dal gol sfilato a Muntari. Un gol, comunque, riconosciuto valido dai bianconeri interpellati nel dopopartita, pur rimarcando di essere stati penalizzati a loro volta perché valida era anche la prima rete di Matri, fermato per un off-side smentito dai replay. Il rimestare del Milan sulle vicende di San Siro, ieri, non ha modificato la posizione, anche se si possono evitare le dichiarazioni pubbliche, non i sussurri privati, e così, nei contatti tra dirigenti e tecnici, sono stati isolati più episodi che ribaltano, almeno agli occhi bianconeri, la questione. Milan penalizzato per il 2-0 sfumato? Va bene, ma la Juve, al di là del pari cancellato a Matri, lamenta il pugno ignorato di Mexes a Borriello e i colpi, venuti a galla ieri, di Muntari a Lichtsteiner. Non solo: c'è chi fa notare come il fallaccio di Vidal, naturalmente riconosciuto meritevole d'espulsione, sia stato in realtà innescato da un intervento scorretto non rilevato di un rossonero. SINCERITA' Opinioni. Punti di vista senza possibili punti d'incontro rispetto al Milan che racconta altre verità: il presunto peso maggiore di un gol annullato nel momento in cui avrebbe potuto chiudere il match, mandando la Juve ko, e lo strascico delle rimostranze bianconere (Marotta dopo la gara con il Siena, Antonio Conte dopo quella con il Parma) per i presunti torti arbitrali subiti in campionato. «Adesso vi lamentate ancora?» la frase attribuita ad Adriano Galliani che ha portato, nell'intervallo, all'acceso scambio di battute con Conte. Più di tutto, però, ieri hanno fatto male gli attacchi rossoneri a Gianluigi Buffon, che ha confidato, essendo l'azione velocissima, di non essersi accorto che la palla avesse varcato la linea, confessando però, con molta onestà, che se ne fosse accorto non avrebbe aiutato l'arbitro. In casa Juve malcomprendono tanto livore davanti alla sincerità di un calciatore e ricordano quanto accaduto tre settimane fa in occasione di Juve-Siena, quando l'arbitro chiese al portiere se avesse deviato un tiro, lui rispose no e si trovò comunque assegnato l'angolo contro. BAILAMME Difesa strenua e convinta, non pubblica: nemmeno il coinvolgimento di Buffon modifica la scelta di corso Ferraris. La Juve non vuole alimentare le polemiche e a chi la taccia d'averle avviate replica d'aver solo operato una critica costruttiva verso il sistema arbitrale, rilevando un disagio slegato da singoli episodi da moviola. Ad ogni modo, se guerra fredda deve essere, nessun problema: la competitività può prescindere da amicizie e alleanze e la Juve è pronta a tirar dritto in solitudine. Ben felice, se necessario, di essere antipatica. Sicuramente dispiaciuta dal bailamme, ma in fondo, come rileva Conte, orgogliosa d'essere «tornata a far paura agli avversari». Fonte: Il Corriere dello Sport (articolo a firma di Antonio Barillà) -
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gli errori arbitrali accendono le polemiche: poi il cronista chiede scusa a tutti «Conte testa di...» l'ira di Pellegatti, telecronista milanista e tifoso divide il web Il più noto tra i giornalisti di fede rossonera perde il lume della ragione e insulta l'allentore bianconero in tv MILANO - Carlo Pellegatti chiede scusa alla Juventus e al suo allenatore Antonio Conte. In un comunicato pubblicato sul sito Sportmediaset il telecronista-tifoso fa mea culpa e si dichiara dispiaciuto delle parole offensive pronunciate alla fine dell’incontro pieno di polemiche tra Milan e Juventus. Il giornalista sabato scorso ha perso la pazienza e ha iniziato a insultare senza mezze misure l'allenatore bianconero Antonio Conte: «Chiedo subito scusa alla Juventus, ad Antonio Conte e soprattutto ai tifosi juventini che si sono sentiti giustamente offesi – ha scritto nella nota il telecronista rossonero. - Capita di trovare una buca sulla strada della vita, io l'ho trovata un sabato di febbraio». Pellegatti ha rivendicato il suo ruolo di telecronista-tifoso, ma ha spiegato che finora aveva sempre mantenuto nei confronti delle squadre avversarie e degli arbitri un atteggiamento corretto e soprattutto educato. «Atteggiamento - conclude il giornalista - che è venuto meno sabato nel corso della telecronaca di Milan-Juventus, quando ho usato parole sconvenienti e offensive, pensando di non essere in onda, ma questo non deve essere una attenuante». IL PERSONAGGIO - Pellegatti è da anni il giornalista sportivo più amato dai supporter milanisti e da diverse stagioni commenta appassionatamente su Mediaset Premium tutti i match della sua squadra del cuore. Ma sabato scorso la fede calcistica lo ha tradito. L’invettiva contro Antonio Conte è stata prontamente postata sul web e la blogosfera si è rapidamente divisa tra chi considera comprensibile e giustificata la rabbia del telecronista rossonero e chi invece la condanna senza appello. Ciò che è certo è che la furia di Pellegatti è destinata a diventare un tormentone in Rete. GLI INSULTI – Appena l’arbitro Tagliavento fischia la fine del match, Pellegatti palesa il suo disappunto e con un tono di voce rassegnato e triste ripete più volte la frase: «Che ingiustizia, che vergogna». Ma a scatenare l'ira del commentatore sportivo è il presunto comportamento antisportivo di Conte che al termine della partita invece di seguire i consigli del telecronista che lo invita a ringraziare Tagliavento per l'arbitraggio favorevole, comincia ad avere un acceso diverbio con alcuni calciatori del Milan. A questo punto Pellegatti sembra impazzire: «Ha ancora qualcosa da dire Conte – inveisce il telecronista che più volte ripete - Conte è senza vergogna. Conte è senza vergogna e va protestare». Per un attimo la sua rabbia si sposta prima verso Giorgio Chiellini e poi contro tutta la squadra bianconera accusata ancora una volta di non provare vergogna. Ma alla fine l’allenatore bianconero torna ad essere il bersaglio di Pellegatti che diventa un’autentica furia: «Conte è un malato mentale - afferma il telecronista - vai negli spogliatoi vai» e ancora «tutta colpa di questa testa di....» e via di seguito altre offese volgari. REAZIONI - I siti web milanisti, pur riconoscendo che Pellegatti si è comportato «come un qualsiasi tifoso milanista seduto in tribuna» e ha oltrepassato le righe, sembrano giustificare il telecronista: «E' stato tradito dal suo cuore rossonero» - scrive il sito web Milanmania mentre più di un tifoso rossonero si augura che il commenta rimanga negli annali della storia della squadra lombarda: «Pellegatti uno di noi» scrive fiero Alberto su Facebook. Tutt'altro discorso da parte dei siti bianconeri. Questi ultimi non sono per niente teneri con Pellegatti e definiscono «inqualificabili» e «da denuncia» le parole del giornalista. Ancora più duri i tifosi bianconeri che prendono di mira il telecronista, descritto più volte come un «pagliaccio» priva di professionalità: «Stile Milan, stile Mediaset e io li pago pure per vedere le partite» scrive sarcastico su Facebook un tifoso bianconero deluso. -
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Fermi tutti: la Juventus non ha rubato nulla Gianluca Mercuri blog Giornalistinelpallone corriere.it 26-02-1012 Ho fatto un sogno durante l’intervallo di Juve-Milan: che Andrea Agnelli scendesse negli spogliatoi e ordinasse ai giocatori di far segnare gli avversari, come fece l’allenatore dell’Ascoli Pillon in un sublime gesto di riparazione. Sarebbe stato bellissimo, avrebbe fatto bene alla Juve e al calcio a prescindere dal risultato. Forse avrebbe costretto tutti noi a ricordarci che anche nel calcio si deve poter sbagliare, che dobbiamo tutti tornare a considerare l’errore una normale possibilità, altrimenti è meglio sfinirci di playstation. Invece siccome Agnelli è solo un ottimo presidente ma non un uomo che cambia la storia, noi juventini ci sentiremo ancora urlare che sappiamo solo rubare, quando invece siamo gli unici che hanno saputo anche espiare. E dovremo fare notare ai milanisti – nel giorno in cui il loro stimato padrone la sfanga ancora una volta in tribunale - che evidentemente c’è qualche guardalinee fuori dalla rubrica di Meani. Quando invece sarebbe stato bello parlare solo di calcio, dire a Conte che ci ha rotto i santissimi a non capire che il centravanti della Juve è Matri, e che contro punte veloci doveva giocare Caceres non Bonucci. Invece parleremo chissà quanto di un guardalinee sventurato (e certo, un esercito di dietrologi dirà che il gol non dato al Milan è molto più pesante di quello non dato alla Juve). Ps: pareggio meritatissimo, forse perfino un po’ stretto, Juve squadra superiore. -
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MILAN-JUVE LA TEMPESTA PERFETTA Gian Paolo Ormezzano - Famiglia Cristiana - 26-02-2012 Se un disegnatore di destini e di trame e di complotti e di casualità avesse avuto in mente l’ideale divenire– ai fini dell’interesse, delle discussioni, insomma del sacro Bar Sport - della sfida di ritorno fra Milan e Juventus, e avesse magari enunciato/denunciato anche nei dettagli il futuro, a proposito del match del Meazza, non avrebbe potuto fare meglio o peggio (nel calcio sovente si tratta della stessa cosa) di quanto hanno fatto i giocatori, i tecnici e i dirigenti delle due squadre e l’arbitro Tagliavento (fra l’altro il miglior prodotto degli ultimi tempi nella categoria dei fischietti) con i suoi collaboratori. Il punteggio di classifica, col Milan sempre avanti di un punto ma la Juventus sempre con la partita di Bologna da recuperare, contribuisce alla rappresentazione, fa da fondale alla tempesta perfetta. La rissa finale alla quale hanno partecipato un po’tutti, con insulti e spintoni diversi ma sempre intonati all’ira, ci ispira due considerazioni opposte e gemelle:1) tutti recitano, dunque tutti fingono; 2) la storica alleanza di lega fra Milan e Juventus è finita, visto che il primo accusa la seconda di pressioni sugli arbitri, ricambiato con accuse di identica finissima caratura. La seconda considerazione è secondo noi puramente teorica, ormai nel calcio si fa la guerra per poter fare meglio, cioè con miglior mercato degli interessi, la pace. Il Milan mancava di dieci giocatori della rosa, fra i quali almeno sette titolari importanti: di_Ibrahimovic si sa, di Gattuso e Cassano si sapeva, di Seedorf si è saputo a poco dal match, idem di Boateng e Maxi Lopez, Nesta è mancato all’ultimo. La leaderhisp rossonera è stata per forza consegnata a Pato che sembra un ex e magari nell’inconscio spera di infortunarsi seriamente per cercare di rimettersi a nuovo. Con tutto ciò il Milan ha giocato meglio, ha segnato presto anche se un bel po’ fortunosamente, ha messo un’altra volta la palla ben dentro la rete di Buffon ma l’arbitro chissà cosa ha visto anzi chissà cosa ha non visto, ha goduto di un fuorigioco di Chiellini estraneo all’azione di Matri che però si è visto annullato ingiustamente il gol, ha preso il gol del pareggio quando si pensava che in qualche modo avrebbe raggiunto il successo, che avrebbe significato anche la prima sconfitta di una Juventus presentatasi al Meazza con tutti i suoi giocatori in salute. Abbiamo detto all’inizio di un disegno ideale, il che non significa ottimale, significa casomai riuscito sin troppo bene per la migliore (cioè peggiore, stessa cosa, ci risiamo) fruizione di esso da parte di noi calciodipendenti, o se preferite, nell’inglese dominante, footballholic. La Juventus si era molto lamentata degli arbitraggi, il Milan non si era lamentato troppo della conferma delle tre giornate di squalifica a Ibrahimovic, tutti recitavano e tutti sapevano (sapevamo) che recitavano ma andava bene così, la finzione di gruppo è una delle forze del calcio, adesso il Milan si lamenterà degli arbitraggi e la Juventus forse di Mexes “pugile” rossonero non espulso e chissà se colpito duro dalla prova televisiva. Dopo il regalo del non gol, la Juventus forse finirà certe sue lamentele assolutamente non in stile Juve (“Lamentarsi è da provinciali”, disse Agnelli inteso come Gianni, lo ricordiamo al nipote Andrea attuale fervido presidente), e in cambio il Milan, che per la Signora resta club amico (noi due insieme contro l’Inter), non manderà troppo avanti la sua peraltro inutile, ai fini almeno del risultato, protesta per la svista di Tagliavento e collaboratori, anche perché poi un’altra svista, ancorché meno vistosa anzi “svistosa”, è stata a suo favore. Viene intanto confermata la quasi regola per cui se di una partita si è parlato troppo nella lunga vigilia, consegnandole poteri decisionali sommi, questa partita poi decide poco o niente, ed è già molto se non è orribile, moltissimo se è quasi bella (come sabato sera). In effetti la partita dell’anno, del decennio, del secolo, del nuovo millennio è stata quasi appassionante, ma ha deciso poco o niente. Sì, il Milan l’ha giocata meglio, più intensamente, e se fosse andato sul giusto 2 a 0 avrebbe probabilmente vinto (al proposito si deve ricordare che proprio Galliani, ad del Milan e grosso tecnico di televisione, da anni chiede, studia, persino prova strumenti per decidere se il pallone ha no o no varcato la linea…). Ma intanto anziché godersi la buona prova di una squadra mutilatissima (ma dove è finito lo scientifico e intanto miracolistico Milan Lab che doveva servire al conseguimento della salute piena e continua dei campioni?), il club rossonero prova rammarico, rimpianto, rabbia per come sono andate le cose sul campo. Sì, la Juventus ha conservato l’imbattibilità stagionale e ha rimediando un altro pareggio, ma ricordiamo che con tutti pareggi si finisce il campionato imbattuti e intanto si finisce anche in B…. Tutto è comunque pronto per una bella armatissima pace finta, che sarà persino più divertente della guerra in certi momenti vera. E non credete alla lievitazione mediatica, che parlerà di rivincita, della semifinale di ritorno di Coppa Italia a Torino, con la Juve in vantaggio per 2 a 1: altro tipo di recita, della Coppa Italia non importa niente a nessuno sino alla finale, dove si inaugura un tipo di blanda recita nuova, alla presenza del capo dello Stato, se Napolitano vorrà irrorare il calcio della sua serietà. In fondo fa capire tutto Buffon, sempre più grande: “Non mi sono accorto che la palla colpita da Muntari era finita dentro, l’ho ricacciata fuori automaticamente, se mi fossi accorto che era gol non l’avrei comunque detto all’arbitro”. Lui può permettersi di non recitare, evviva lui. -
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"Non l'avrei detto all'arbitro" che brutta frase Buffon. La nazionale non dovrebbe convocarlo. Fabrizio Bocca - Blooog - la repubblica.it 26-02-201 Buffon, il capitano della nazionale è un simbolo e deve dare l’esempio… Nella notte di San Siro, allo stadio, in sala stampa e in tv, ho potuto assistere al consueto scambio di accuse tra le parti dopo Milan-Juventus. Non credo di poter aggiungere molto rispetto a quanto si sta dicendo in giro. Certe conseguenze verbali di una partita così, sono spesso ampiamente prevedibili. E il trionfo dell’ipocrisia, anziché dello sport. Una cosa pero’ mi ha colpito molto e la voglio ripetere. Secondo me Buffon aveva il dovere di dire che quel pallone era entrato, doveva avvertire l’arbitro. Non si trova mai un calciatore che faccia un gesti di correttezza del genere. Sarà un’utopia, ma non per questo non bisogna crederci. Io penso che di quel pallone ampiamente dentro Buffon se ne sia ampiamente accorto e francamente stento a credergli quando afferma il contrario se davanti agli occhi ho la foto che ho messo in testa al blog. E del resto l’intero San Siro se ne era reso conto, tutta l’Italia in tv se ne era accorta. Perfino le due squadre in campo, e poi e’ andata come e’ andata. Se posso comunque accettare la sua versione, e quasi devo a caldo concedendogli tutte le attenuanti possibili – come quella della concitazione - non posso pero’ accettare la frase “Se anche me ne fossi accorto avrei taciuto e non l’avrei detto all’arbitro”. Anzi la frase precisa ripresa dall’Ansa da Sky è: “… e se me ne fossi reso conto, sono onesto nel dire che non avrei dato una mano all’arbitro. Lo dico in maniera molto serena e spassionata. Confermo però che in campo non me ne sono reso conto”. Onestà per onestà allora è anche giusto essere responsabili non solo di ciò che si fa ma anche di ciò che si dice. Dal capitano della nazionale italiana, un simbolo in Italia e nel mondo, francamente una frase del genere non l’accetto e non posso perdonargliela. Lo avevo già penalizzato un po’ in pagella proprio per quanto avvenuto in campo. Secondo me quella frase, tipica espressione della mentalità del calcio italiano, per cui ogni cosa è lecita in virtu’ del risultato è la classica goccia che fa traboccare il vaso, anche piu’ grave dello stesso errore dell’arbitro. Che pure ne ha combinate di tutti i colori e che è giusto che paghi per non essere stato all’altezza. Pertanto io fossi la Fercalcio e fossi il ct Prandelli Buffon in nazionale a questo giro non lo convocherei: sarebbe un gesto simbolico importante. Non capisco perché si debbano sempre punire i Bad Boys alla Cassano o Balotelli e non chi perde l’occasione per darci un segnale di correttezza. Tanto piu’ se e’ capitano della nazionale e pertanto come molti doveri in piu’ rispetto agli altri. Mi attendo adesso la solita salva di chiacchiere e scuse: “eh ma se facciamo così poi dove andiamo a finire”, “ma in fin dei conti che cosa ha detto di male”, “e perché allora chiamare tizio e caio”, “e allora perché non squalificare anche quello lì”. Insomma la solita farsa di un calcio italiano che proprio non riesce a cambiare pelle. PS- E ovviamente squalificherei ben bene, Galliani, Conte, Mexes, Chiellini, Ambrosini e tutti quelli che non hanno contributo a fare di Milan-Juventus uno spettacolo edificante. Partita, ricordo, che ha fatto il giro del mondo e che certo ha contributo a ribadire il concetto che il calcio italiano, quanto a cultura e sportività, è ancora molto, troppo indietro. *** -
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Uno sfregio sul campionato di MAURIZIO CROSETTI - Repubblica.it - 26-02-2012 MILANO - Se ne parlerà a lungo, e con livore, e con sospetto. Il gol fantasma negato al Milan potrebbe diventare il segno, o lo sfregio, del campionato, e questo il campionato non lo merita: o forse sì, perché chi semina sospetto poi raccoglie furore. Lo stadio Meazza ha reagito con ferocia verbale all'incredibile errore dell'arbitro Tagliavento (il migliore d'Italia, figuratevi il peggiore). Si è tornati alle vecchie battaglie tra Juve e Milan, si è riandati quasi all'epoca di Moggi. Improbabile, a questo punto, che Conte chieda più rispetto oppure che Andrea Agnelli faccia la voce grossa con l'intero sistema. Stavolta, la loro Juve è stata favorita e basta. Non poteva essere una sfida-scudetto, perché il traguardo è troppo lontano, però il torneo potrebbe essere deciso proprio dai due punti in meno ai rossoneri, o magari dalla differenza-reti negli scontri diretti. Tutto è possibile, e il veleno sarà come sempre nella coda. Anche se si comincia adesso. Troppo gigantesco l'errore dell'arbitro e del suo assistente, anche se alla Juve è stato annullato un gol regolare a Matri per un fuorigioco che non non c'era. "Troppe cose non hanno avuto a che fare con il calcio", ha detto Conte alla fine. Ed è stata anche un'autocritica: "Abbiamo sbagliato in tanti, cominciando da me. Abbiamo caricato troppo Milan-Juve. Lo scudetto? Lasciamo perdere". Un'ora di ottimo Milan, poi una specie di crollo fisico e il ritorno della Juve, corretta dal suo allenatore che aveva scelto una formazione sbagliata: l'ingresso di Matri, autore di un gol e mezzo, dimostra che sarebbe stato meglio mettere in campo dall'inizio l'ex centravanti del Cagliari. "La cosa più bella è stata la partita", ha detto Conte. "E complimenti al Milan, veramente". Prima, però, il tecnico della Juve aveva litigato con Galliani, il quale ha lasciato lo stadio a metà gara. Motivo ufficiale: problemi di pressione. E poi la rissa finale, il contatto tra Chiellini e Ambrosini evitato d'un soffio, lo sforzo di Pirlo per fare da paciere, gli ululati dello stadio. "Ladri, ladri!". "Sapete solo rubare!" "E' tornata l'epoca di Moggi!". Ettolitri di arsenico: toccherà berlo fino a maggio. -
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JUVE E MILAN: ACCUSE INUTILI (Mario Sconcerti - Lo sconcerto quotidiano - corriere.it - 24-02-2012) Alla vigilia di Milan-Juve vi dico come la penso sugli argomenti della partita e di questi ultimi giorni. 1 Penso che Ibrahimovic sia stato giustamente messo fuori dalla partita. Il fallo era sportivamente violento. 2 Penso che la Juve sia favorita. Ha vinto due volte su due con il Milan, è più squadra, ha più velocità. Se non ha paura della partita, può vincerla. 3 Penso che la storia dei rigori sia un limite della Juve. E’ tipico dei belli guardare negli occhi la bellezza altrui e confrtontarla. Ma il calcio è di tutti, non solo di Juve e Milan. Hanno un senso veramente ambiguo queste statistiche delle opinioni. Come quando su Calciopoli si cerca di mettere l’Inter sullo stesso piano della Juve. Mettiamo che sia così. Sono due colpevoli invece di uno. Cosa cambia? E che vantaggio porta agli innocenti? 4 Senza Ibrahimovic, il Milan sarà più veloce, forse più imprevedibile. Nella Juve sceglierei Quagliarella e Vucinic. 5 Buona partita a tutti. E godetevi il calcio. Non è questo il regno dei martiri. -
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RITROVATO QUEL "DERBY" SPECIALE TRA DUE NEMICI CON MILLE INCROCI Franco Arturi (gasport 25-02-2012) MIlan e Juve, strani nemici. Oggi a San Siro cercano di strapparsi lo scudetto dalle mani, ieri sono state forgiate con gli stessi pregiati metalli. Che sono stati fusi nelle stesse fornaci. Era il 1949 quando Gianni Agnelli, per placare una guerricciola di mercato, inidrizzò in rossonero Gunnar Nordhal, il cannoniere dei cannonieri, grazie al quale il Milan tornò a prendere contatto con il tricolore, dopo un digiuno infinito: 44 anni. Molte stagioni dopo, del resto, una bandiera milanista di nome Giovanni Trapattoni andò a piantarsi aTorino dove fra il '76 e l'86 costruì una Juve mondiale. Due squadre che hanno il record del più riuscito scambio della storia del calcio italiano: correva l'anno 1962, in bianconero finì Salvadore, indistruttibile roccia della difesa, alla corte di Rocca si spostò Bruno Mora, poeta della fascia. Fecero le fortune dei loro nuovi club. Com'è accaduto ai tempi nostri per Inzaghi e Pirlo. Come si era ripetuto per Capello e Ancelotti. Il lingo elenco di amici e affetti in comune comprende Bentti e Abbiati, Davids e Paolo Rossi, Baggio e Storari, fino a Zambrotta. Per non parlare di Ibrahimovic, l'assente più presente che ci sia. Gemelle mai, affini spesso, nonostante tutto. Con uno storico competitore e avversario in comune, quello bestito di nerazzurro. E dunque un altro elemento di vicinanza psicologica, a ben pensarci: nel palio di Siena formato gigante che è il calcio italiano, il gusto della vittoria è avvicinato (o eguagliato?) dalla sconfitta del nemico più accanito. Già, l'Inter. Il tono di una rivalità è dettato dalle condizioni storiche: quella fra il club di Moratti e la Juve è piena di attriti, stridori, scontri campali, polemiche, corpo a corpo. Fra Milan e Juve, oggi politicamente molto unite nel tentare di immaginare le forme del calcio di domani, le tensioni sono state smorzate dai corsi e dai ricorsi. Di fatto le eclissi di una squadra coincidevano con gli splendori dell'altra: una rotta con pochi punti di collisione. Se il Milan era grande, la Juve stava acquattata qualche anno, e viceversa. Anche i palmarès sono ben suddivisi, più che contesi: alla società degli Agnelli un dominio italiano marcato, a quella di Berlusconi una salda leadership internazionale. Perfino i buchi neri in cui i due club sono precipitati a un certo punto della loro storia hanno sinistre analogie. Buco, una parola che comincia per B. Nero, un aggettivo indicato per coprire eventi di cui non andare orgogliosi. Ma succede, l'importante è sapersi rialzare. Milan e Juve entreranno questa sera a San Siro consapevoli di aver saputo reagire ai momenti più difficili e di rimanere punto di riferimento del nostro calcio. Un incrocio senza fine, ingentilito dal genio di Rivera e Platini, Zidane e Van Basten. Due divise che cromaticamente stanno molto bene una contro l'altra, su un prato verde. Una partita diventata il derby d'Italia. La definizione, inventata da Gianni Brera, andava a premiare il duello fra i due club che in quel momento avevano vinto di più. Ora è questa. E conta anche più di una scudetto. Bentornata nel mondo dei kolossal. -
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L'intervista Maldini: «Ritmo, caro Milan solo così puoi domare questa Juve euforica» Alberto Costa - Corsera - 25-02-2012 MILANO, 25 febbraio 2012 - Paolo Maldini, 902 volte rossonero, stasera Zlatan Ibrahimovic non potrà giocare Milan-Juve. Cambierà il Milan e cambierà anche la partita? «Il Milan cambia di sicuro e forse anche la partita. Sarà un Milan più veloce, da contropiede. Con Ibra invece aumentano le soluzioni. Anche in fase difensiva Ibra c’è: si piazza sul primo palo e prende il 50 per cento dei corner. In passato questo era uno dei nostri problemi perché avevamo un attacco e un centrocampo di piccoletti». Tra i tifosi ma anche all’interno del club c’è ormai la convinzione che le 3 giornate di squalifica a Ibra facciano parte di un disegno per far vincere lo scudetto alla Juve. Una sorta di risarcimento dopo Calciopoli. Fantacalcio? «Spero che tutto questo non sia vero. Fosse così significherebbe che ho vissuto tanti anni in campo senza rendermi conto di niente. È vero però che la giustizia sportiva è difficile da capire». In che senso? «Nel senso che anche in passato ha preso decisioni politiche. Non si capisce perché una volta uno prenda 2 giornate e un’altra uno ne prenda 3. Purtroppo si tiene conto del momento e dell’opinione pubblica. Ibra ha dato una manata, Aronica ha fatto qualcosa di simile anche se meno platealmente, e comunque ha reagito, ma non è stato punito. C’è qualcosa che non va. Sono d’accordo con il comunicato del Milan». Quindi i lamenti di Conte dopo Parma sono serviti? «Da parte della Juve ci dovrebbe essere più tranquillità. Lamentarsi ogni mezzo rigore... Le grandi società si comportano da grandi società. Certo, la Juve ha questo passato recente e lo fa sentire ogni volta». Il suo giovane presidente Andrea Agnelli non ha la diplomazia del papà e del celebre zio. «C’è la sensazione che Calciopoli abbia tolto qualcosa alla Juve, e in effetti qualcosa le ha tolto. Che si debba a tutti i costi difendere l’onore della Juve. Ma l’onore della Juve è difeso dalla sua storia, dai suoi grandi calciatori, dai suoi grandi presidenti. Trovo che le loro siano polemiche esagerate per quella che è la situazione. Stanno vivendo un momento bellissimo, stadio nuovo, squadra che gioca bene: se lo godano. Io sono tifoso del Milan ma per un amante del calcio è bella l’immagine che in questo momento la Juve riesce a trasmettere». Parlando di pallone, come si comporterebbe se fosse lei ad allenare il Milan? «Ripensando alle due partite ufficiali di questa stagione, dove la Juve è stata superiore al Milan? Nel ritmo. A Torino ci hanno asfaltati. Le qualità del Milan si notano soprattutto se il ritmo è da grande squadra. In una recente intervista Thiago Silva ha ricordato che lo scorso anno e nel derby di Supercoppa a Pechino il Milan ha travolto tutti con il ritmo. Ibra, Boateng e anche Nocerino hanno cambiato il volto alla squadra. Dopo Pechino, quel ritmo è scomparso, anche per colpa delle assenze. Ora la squadra sembra tornata sulla falsariga dell’anno scorso e i risultati si vedono». Questa sfida sarà davvero decisiva per lo scudetto? «La Juve ha un entusiasmo incredibile, per la Juve questo è un vero e proprio esame e una vittoria potrà essere perfino più importante dei 3 punti che guadagnerà in classifica. Per il Milan vincere significherebbe lanciare un messaggio chiaro: noi ci siamo sempre e siamo i più forti. Diciamo quindi che la partita di stasera sarà decisiva soprattutto sotto l’aspetto psicologico». Lasciare che Pirlo andasse a Torino è stata una buona idea? Ancelotti ha appena fatto sapere che lui si sarebbe opposto a quella cessione. «E se l’avesse lasciato andare, l’avrebbe ceduto all’estero, al Chelsea...». Qual è la sua opinione sulla vicenda? «Pirlo ha cambiato il volto alla Juve, aveva bisogno di una squadra che corresse con lui. Pirlo è unico, tutto passa da lui. Al Milan faceva il lavoro di fino e anche quello sporco, lo faceva molto più di altri, quindi a volte la lucidità veniva meno». Ma i tifosi si chiedono: proprio alla Juve? «Pirlo è un giocatore bello, pulito, che giocava come un artista. Era diventato un patrimonio della società. Comunque consoliamoci pensando che era arrivato dall’Inter e che ci siamo goduti i suoi anni migliori». Però il tifoso mugugna: è andato via Pirlo ed è arrivato Muntari... (ride) «Ora i budget del Milan sono diversi. La cessione di Pirlo è stata un fatto economico. I soldi che gli ha dato la Juve, il Milan non glieli poteva dare. Comunque nessuno può insegnare al Milan come rivalutare un giocatore considerato zero. Guardi Nocerino, pagato 500 mila euro». Paolo, è vero che andrà ad allenare i difensori del Paris Saint Germain? «Macché. Sono stato invitato da Leonardo ad assistere alla prima partita casalinga del Psg. Tutto si ferma dunque a una visita di cortesia. E poi allenare non è il mio obiettivo. Certo che osservando i campionati all'estero si coglie una scarsa conoscenza della fase difensiva, al limite del pazzesco». Chiudiamo con la domanda di sempre: quando tornerà al Milan? «L'ho detto e lo ripeto: più che una risorsa, vengo visto come un problema. Io sono una testa indipendente». Dunque? «Il messaggio che voglio far passare è semplice. Io non sto invocando l'aiuto di nessuno, non sto dicendo chiamatemi perché ho bisogno. Le scelte della società sono legittime però, per favore, evitiamo almeno la falsa ipocrisia di certe dichiarazioni: è uno di noi, sarà sempre il benvenuto. La verità è un'altra: non ci sono le condizioni per tornare». -
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TANTI INFORTUNI (E POTEVA ANDAR PEGGIO) - QUATTRO RAGIONI PER CAPIRNE LE CAUSE Enrico Castellacci (ortopedico e medico della Nazionale di calcio) - Gasport 24-02-2012 In fin dei conti finora è andata bene. Cosa? Pensateci: temperature siberiane, campi ghiacciati, partite ogni tre giorni. Poteva essere una catastrofe di infortuni, così non è stato. Ma il rischio è dietro l'angolo. Per quale motivo, specie in Italia, gli infortuni sono aumentati così tanto? Non c'è un motivo, ma un complesso di "perché". 1) La preparazione precampionato. E' troppo ridotta. I muscoli e il resto dell'organismo vanno preparati gradualmente. Oggi, invece, dopo 7-10 giorni si va subito in campo e bisogna vincere... anche le amichevoli. La verità è che il lavoro dovrebbe durare 20 giorni. 2) Il clima. Già giocare la sera, con un tasso elevato di umidità, è di norma pericoloso per i muscoli. Figurarsi su terreni ghiacciati, duri e scivolosi: quamto stress per le strutture muscolo-tendinee, quanti rischi di traumi contusivi e distorsivi per caviglie e ginocchia. 3) L e troppe partite ravvicinate. Giocare ogni tre giorni è fisiologicamente sbagliato. Durante una partita un giocatore si procure delle microlesioni muscolarei che necessitano di almeno 4 giorni per cicatrizzare. Ma non c'è tempo per recuperare tra una gara e l'altra. 4) La preparazione atletica. Il "troppo stroppia" ma i nostri preparatori sono all'altezza e adottano una filosofia più equilibrata. Non c'è più l'esasperazione di una volta: si guarda più alla preparazione selettiva e individuale a seconda delle esigenze di ogni calciatore. A queste 4 cause può aggiungersi lo sbalzo termico che non aiuta. Passare dal caldo al freddo è più deleterio: perché provoca una diminuzione della vascolarizzazione periferica e, quindi, meno afflusso di sangue. Però è possibile aiutarsi indossando elementi con fibre di nuova concezione che permettono all'organismo di trattenere calore. L'abbassamento dei gradi va inoltre combattuto con l'alimentazione: più energetica e con più calorie da carboidrati e grassi insaturi (per esempio la frutta secca). SEnza dimenticare un'opportuna reintegrazione di sali minerali più sostanze alcaline per tamponare l'acidosi metabolica. Gli infortuni ci saranno sempre, ma infortunarsi di meno si può. -
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SIAMO FORTI, SIAMO LA JUVE "Sogno di battere il MIlan con due gol di Pirlo" "Finalmente in alto, là dove dobbiamo stare. Conte il nostro profeta: bravo Agnelli a volerlo" MIrko Graziano - G.B. Olivero - Gasport 24-02-2012 GASPORT (M. GRAZIANO / G.B. OLIVERO) – Da Varese a Milano ci sono circa 60 chilometri. In macchina meno di un’ora. Beppe Marotta ci ha messo una vita: una vita intensa da bravo dirigente, che a Varese è nato e cresciuto professionalmente e a Milano si gioca la partita più bella e importante. Domani Milan-Juve: in palio c’è lo scudetto. Al solo pensiero, gli occhi dell’amministratore delegato bianconero brillano. Marotta, che sapore ha questo Milan-Juve? «Un sapore inaspettato: pur essendo ottimista, non immaginavo di vivere una vigilia così importante. E poi un sapore dolce perché la Juve torna a essere al centro dell’attenzione generale. Domani tutto il mondo avrà gli occhi puntati su Milan-Juve: il nostro brand è tornato là dove deve stare». Non ci sarà Ibrahimovic. Soddisfatti? «Indifferenti. Il Milan, purtroppo, è fortissimo con o senza Ibra. La gara resta difficilissima. Affascinante, ma dura». Qual è stata la svolta nel processo di crescita della Juve? «Il primo confronto con Conte: quel giorno capimmo che lui sarebbe stato il nostro “profeta” e avrebbe potuto mettere in pratica la nostra filosofia». Pirlo è il vostro leader. Quando l’avete contattato? «Appena il regolamento ce lo ha consentito. Il Milan è stato molto corretto. Al di là delle sue qualità tecniche, Andrea è fondamentale nello spogliatoio per il suo carisma e la carriera. Il dubbio era legato alle sue condizioni fisiche, ma a parte l’ultimo anno nel Milan ha sempre giocato oltre 30 gare a campionato». E’ più difficile riformare o rifondare una squadra? «E’ più difficile capire dove sei e se il gruppo esprime le sue potenzialità. Durante il primo colloquio con Andrea Agnelli, discutemmo di un ambiente demotivato. Un ciclo era finito e bisognava intervenire». La frase di Agnelli su Del Piero le creò un problema? «Tra Ale e la Juve il rapporto è ottimo. Quel giorno il presidente non fece altro che parlare pubblicamente di un accordo tra le parti». Qual è il rischio più grande che corre chi fa il suo lavoro? «I giudizi gratuiti: nel calcio si fanno bilanci settimanali, non stagionali. Ho imparato che quando le cose vanno bene il grande problema diventa piccolo e viceversa. E non esiste una squadra vincente con alle spalle una società debole». In quasi due anni alla Juve qual è la cosa più importante che ha fatto? «Scegliere dei bravi collaboratori. Abbiamo completamente rinnovato l’azienda calcio Juventus: è rimasto un solo dirigente del passato. Abbiamo cambiato medici, allenatori, giocatori, magazzinieri, direttore commerciale e marketing. Della rosa di due anni fa ci sono appena cinque giocatori». Contro il Catania è scesa in campo una Juve tutta italiana. E’ una filosofia? «No, è stato casuale. Però è vero che dovendo ricostruire in tempi ristretti gli italiani non hanno il problema dell’ambientamento». State già cercando il top player per l’ultimo salto di qualità? «Il nostro modello è il gioco di squadra, ma vorremmo aggiungere qualità. E’ difficile non solo per la Juve ma per tutte le squadre italiane approcciare giocatori che costano più di 30 milioni e guadagnano in proporzione». Però un grande campione in attacco è necessario. «Si sottolineano le difficoltà del nostro attacco senza contare l’enorme lavoro tattico e fisico delle punte. E poi per quanto riguarda la differenza reti siamo secondi dietro al Milan: significa che abbiamo un buon gruppo e una squadra equilibrata». La Champions vi garantirebbe gli introiti necessari per un grande colpo? «Di sicuro vogliamo tornare in Champions per essere competitivi. Non possiamo dimenticare di aver registrato uno dei fatturati più bassi degli ultimi anni, ma grazie anche allo stadio siamo convinti di poterci muovere bene sul mercato. Ci confronteremo con il nostro allenatore per capire le sue esigenze». Il gruppo attuale della Juve sta già dando il massimo o può ancora crescere? «Volendo fare un paragone, noi abbiamo creato un modello di auto in cui è vincente il pilota, ossia Conte, che ha trasmesso la giusta mentalità. Noi siamo affamati e vogliamo continuare a esserlo. Tra gli obiettivi c’è il progressivo inserimento di quattro o cinque prodotti del settore giovanile. Dal 1996 a oggi c’è il solo Marchisio titolare e De Ceglie nella rosa: non è accettabile. Per i prossimi 5 anni abbiamo previsto un investimento di 30 milioni 6 milioni all’anno, ndr per ingaggiare nuovi talenti». Chi ha scelto Conte? E chi erano gli altri allenatori in ballo? «Il nostro team dirigenziale si confronta di continuo. Ma l’intuizione fu di Andrea Agnelli che ne ha parlato con me, Nedved e Paratici. Ci siamo trovati d’accordo in fretta. Gli altri candidati? I nomi li avete fatti sul giornale…». Avete rinnovato la rete di osservatori. Ma la Juve può permettersi di andare a pescare un piccolo campione come, ad esempio, Sanchez e aspettare che cresca. «La Juve è obbligata a vincere. L’Udinese, che comunque fa ottimi risultati, può scegliere i giocatori, farli crescere e rivenderli. Certo, anche noi dobbiamo trovare i campioni del futuro». Buffon ha detto in tv che si vede alla Juve per altri tre anni. La Juve che ne dice? «Gigi è un campione con grandissime qualità tecniche, fisiche e umane. E’ tornato il vero Buffon e il suo desiderio è comune al nostro. Se vuole restare a vita per noi è ok». Quella di domani è la partita più importante della sua carriera? «Sì. La mia carriera è iniziata in provincia, adesso sto toccando il massimo anche se inizia il difficile. Ma per tutta la nuova Juve questa sfida ha un sapore speciale. Agnelli ha detto ai ragazzi della Primavera dopo il successo al Torneo di Viareggio: “Non dimenticherò mai la vostra vittoria, è il mio primo trofeo”. Galliani ha vinto tutto». La Juve sembra serena. E’ una sensazione giusta? «La nostra serenità nasce dalla compattezza. E ora dobbiamo avere la presunzione e l’arroganza di partecipare per vincere». Se la Juve perdesse, lei sarebbe deluso? «Ci rimarrei male. Sono ottimista, la squadra è in forma». Le va bene la designazione di Tagliavento? «E’ un ottimo arbitro. Io ho sempre parlato della gestione della gara, non degli episodi. E credo che Tagliavento, che ricordo nel famoso Inter-Sampdoria del gesto delle manette di Mourinho, sia una garanzia: un arbitro esperto per una partita di alto livello». Le polemiche possono caricare la squadra? «No, semmai c’è il rischio che le diano un alibi». Crede ai complotti anti-Juve? «No. Trovo però che ci sia l’impossibilità di comunicare con il settore arbitrale. Calciopoli è una ferita profonda che dà spazio a interpretazioni differenti. Resta il fatto che una situazione di iniquità non si può cancellare». Esiste il peso politico di alcuni club? «Mi auguro di no». Va più orgoglioso dell’acquisto di Pirlo o di Barzagli? «Di entrambi. E mi ha lasciato grande amarezza l’avventura di Martinez: un buon giocatore che ha sentito troppo il peso della maglia della Juve. Krasic invece non rientra negli schemi tattici di Conte. In un contesto differente resta un buon giocatore». Sull’eventuale 1-0 per il Milan, la Juve potrebbe pensare al doppio confronto favorevole decisivo in caso di arrivo a pari punti e «accettare» il k.o. di misura? «Conoscendo Conte mi sembra impossibile». Se la Juve vince a San Siro, si prende anche lo scudetto? «Non sarebbe decisivo, ma significherebbe essere alla loro altezza». E se la Juve perde? «Non so cosa dire, non siamo più abituati a gestire le sconfitte risata, ndr». All’andata doppietta di Marchisio, in Coppa Italia doppietta di Caceres. Domani sera chi fa due gol? «Sarebbe bello se li segnasse Pirlo. Entrerebbe nella leggenda del calcio. Sarebbe come chiudere il cerchio». ******************************************************************************************** «Serie A a 18 e una Lega da riformare» Marco Iaria - Gasport - 24 febbraio 2012 C’è bisogno di riforme, non solo nel Paese ma anche nel calcio. Anche se i veti incrociati in Federazione e gli interessi economici in Lega rendono la strada tutta in salita. Realtà o utopia, a Beppe Marotta, ospite in giornalaccio rosa, interessa comunque lanciare dei messaggi, scuotere le coscienze, dettare le priorità dell’agenda. Ecco perché la Juventus, nella Lega delle geometrie variabili, s’iscrive senza indugi al partito dei riformisti, assieme all’alleato di sempre Milan, ma anche a Napoli, Roma, Udinese e Fiorentina. Intanto, c’è una scadenza importante: venerdì prossimo, cioè tra una settimana, l’assemblea di Lega sarà chiamata a discutere del suo presidente, Maurizio Beretta, al quale otto società su venti hanno chiesto di ratificare le dimissioni annunciate lo scorso marzo quando decise di accettare un incarico in UniCredit. «Quello che non capisco— dice l’amministratore delegato bianconero— è la posizione dell’Inter», unica tra le grandi ad aver sottoscritto la lettera e compagna di viaggio di Palermo, Cagliari, Bologna, Siena, Novara, Cesena e Lecce. Soldi La Juve è schierata sull’altro fronte, perché – al di là dei giudizi di merito sulla presidenza di Lega—teme che la prova di forza delle otto ribelli possa trasformarsi in qualcosa di esiziale per le casse del club, quando bisognerà discutere della ripartizione dei proventi tv del triennio 2012-15. Già nel 2010-12, col ritorno alla vendita collettiva, il salasso è stato pesantissimo per le big. Proprio l’estenuante telenovela sui bacini d’utenza fa dire a Marotta: «In Lega non si parla mai di politica calcistica, perché ci si occupa soprattutto dei soldi da distribuire. Eppure con Andrea Agnelli ci confrontiamo spesso su questi temi e sono tante le cose da fare». Intanto, proprio per restare all’interno della Lega, «va cambiata la governance, perché ora tutto passa dall’assemblea e il consiglio non conta». E poi, «bisognerebbe concepire una Serie A a 18 squadre e ridurre l’intera area professionistica italiana. Un modello economico da seguire? La Bundesliga, dove i ricavi sono diversificati e i conti in equilibrio». -
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L'ostile Agnelli Stefano Olivari (Guerin Sportivo blog -22-02-2012) Siamo nel 2012, ma forse Andrea Agnelli crede di vivere ancora nell’Italia degli Agnelli: quella della grande industria che privatizzava i profitti e socializzava le perdite, quella che trattava la Famiglia con lo stesso rispetto che avrebbe riservato ad una monarchia nascondendo una quantità di notizie in una maniera che fa sembrare il giornalismo di oggi degno del Pulitzer. Diciamo forse, anche se le sentenze come quella del Tribunale di Torino nei confronti della Rai, che ad Anno Zero aveva osato affermare che la gente compra meno Fiat perché altre auto sono migliori (da leggere e conservare l’articolo di Milena Gabanelli sul Corriere della Sera di oggi), fanno pensare. Di sicuro Andrea Agnelli pensa di vivere ancora nell’Italia di Moggi, visto il modo in cui ha attaccato il presidente federale Abete (vicepresidente di Carraro ai tempi di Moggi, fra l’altro) che durante una trasmissione radiofonica aveva risposto in maniera peraltro molto soft a una domanda sui sospetti anti-arbitrali lanciati da Conte dopo alcuni episodi che hanno penalizzato la Juve. Quello che il leone Agnelli non dice è il mandante del presunto complotto, che nella sua logica altri non potrebbe essere che il Milan. Unico concorrente per lo scudetto, anch’esso come tutte le altre 19 squadre della A lamentoso di default nei confronti degli arbitri ma con una caratteristica particolare: è il principale alleato politico della società bianconera, come prova la difesa a spada tratta del doppioincarichista Beretta alla presidenza di una Lega che in molti (Juve e Milan di sicuro) vedono solo come organismo notarile che ratifichi decisioni prese altrove. Non crediamo alla buona fede di alcuno, nemmeno nella nostra, quindi è senz’altro possibile che nel calcio accadano cose sporche come sono accadute in passato (Moggi potrebbe raccontarne qualcuna, anche agli incolpevoli Agnelli che lo avevano assunto senza conoscere le sue caratteristiche) e accadranno in futuro: di sicuro se la Juventus ritiene che ci sia un complotto contro di lei deve denunciarlo, ma con mandanti e moventi. Non minacciando a destra e a manca, tanto per mettere pressioni all’arbitro della prossima partita (che sia Milan-Juventus?). E’ roba da Italietta, quell’Italietta che esaltava l’orologio sopra i polsini e la cravatta sopra al maglione. -
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LA TELEFONATA. LE PUNZECCHIATURE TRA ALLEGRI E CONTE NON COINVOLGONO I DUE CLUB Agnelli e Galliani rinsaldano l'asse. Scudo anti-polemiche per il big-match Sempre gelo tra il boss bianconero e Abete, Petrucci media: "Solo un equivoco". Carlo Laudisa (Gasport 23-02-2012) Una telefonata tira l’altra. Quelle tra Andrea Agnelli e Adriano Galliani sono frequenti. Anche la settimana della grande sfida è iniziata con una chiacchierata cordiale. Distensiva? Non certo per gli interessati. I contatti tra il presidente della Juventus e l’a.d. rossonero sono regolari: tra loro c’è una confidenza di anni. Le polemiche degli ultimi giorni tra Conte e Allegri non sfiorano le loro conversazioni. A riprova degli ottimi rapporti tra i club. Un legame lievitato dal ’94. Cioè da quando il club bianconero passò sotto l’influenza di Umberto Agnelli, con l’a.d. Antonio Giraudo a tessere la tela dei rapporti politici in grande sintonia con Galliani, appunto. La politica Allora Andrea già respirava l’aria juventina ed è naturale che il feeling con i vertici di via Turati sia rimasto intatto. Nella partita in Lega Juve e Milan sono sempre a braccetto. E la chiacchierata di lunedì è servita a fare il punto soprattutto su questo fronte. Inevitabile il riferimento anche alla temperatura in rialzo sulla sfida di sabato: con la reciproca volontà di evitare polemiche tra i club. E in effetti le società sono rimaste neutre. Soft pure le punzecchiature tra Allegri e Conte. Diverso è il discorso tra Agnelli e Giancarlo Abete. Il numero uno bianconero non ha preso bene il commento del presidente federale su Conte e lo ha criticato in pubblico. La chiamata E non solo. Andrea Agnelli ha pure chiamato il presidente del Coni Gianni Petrucci per esporre le sue ragioni. Intervenendo a Sky ieri il numero uno dello sport italiano ha ammesso: «Ho spiegato ad Andrea Agnelli che s’è solo trattato di un equivoco. Presto gli interessati si chiariranno, se non l’hanno già fatto…». Auspicio non suffragato dai fatti. Sebbene Giancarlo Abete ritenga chiuso l’incidente, sul versante bianconero resta l’amaro in bocca. L’episodio in sè lascia il tempo che trova, ma è chiaro che in corso Galileo Ferraris non considerano chiusa la partita di Calciopoli, nonostante gli effetti concilianti del tavolo della pace. Quindi è sempre gelo con il timoniere di via Allegri. I veleni di Milan-Juve paiono solo un pretesto. -
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ZEMAN SCATENATO: "MOGGI E' UN NEMICO DEL CALCIO" DA AbruzzoWeb.it 22-02-2012 PESCARA - "Nei tanti anni trascorsi sui campi in molte partite di fine campionato ho visto un calcio strano. Accordi tra giocatori dove magari c'era la necessità di qualche squadra di fare un punto. Io sono stato sempre contrario a questo, anche perché se regali un punto a un avversario vuol dire che ne affossi un altro e questo non è corretto. Bisogna allora affrontare tutti con lo stesso spirito e la stessa determinazione". Lo ha detto il tecnico del PescaraZdenek Zeman in un'intervista che uscirà a marzo sull' Eco di San Gabriele. Diversi i temi affrontati nell'intervista, dalla politica al calcio, passando al rapporto del boemo con la religione. "MOGGI NEMICO DEL CALCIO" "Non credo che Luciano Moggi il sabato sera s'informi del risultato del Pescara. E poi secondo me Moggi non è nemico di Zeman...Moggi è nemico del calcio e di tutti quelli che non l'hanno seguito e non si sono lasciati convincere. E siccome io sono tra questi...". "In Italia - aggiunge il tecnico biancazzurro - a differenza di altri paesi non si è affrontata la questione con fermezza e provvedimenti drastici. Altrove chi sbaglia esce per sempre fuori dal gioco. In Italia, invece, ci sono indagini troppo lunghe e le decisioni hanno un tempo indefinito...Invece basterebbero poche sentenze, rapide ed esemplari, per far passare la voglia a questi signori". "CON MONTI PAESE HA FATTO QUALCHE PASSO IN AVANTI" "Non so chi sia meglio, bisogna valutare i risultati anche se con l'attuale crisi che sta attraversando il mondo intero non è semplice muoversi. Comunque con quel poco che ha fatto Mario Monti sino ad oggi, credo che qualche piccolo passo in avanti sia stato compiuto". E' uno de passaggi salienti dell'intervista al tecnico del Pescara calcio, Zdenek Zeman che sara' pubblicata nel numenro di marzo del mensile "L'eco di San Gabriele". "Io - dice in un altro passo dell'intervista Zeman - non vorrei morire...E' impossibile? Allora vorrei che arrivasse di notte mentre dormo nel mio letto". "MAI RICEVUTO PROPOSTE DALLA JUVE" "Ufficialmente non ho mai ricevuto proposte dalla Juve, anche se ai tempi di Boniperti c'è stato qualche colloquio. Invece sono stato vicino all'Inter. Ci dovevamo vedere ma io avevo preso già un impegno e quindi non se ne fece niente. Sono stato vicino anche al Real Madrid, ma pure in quel caso mi ero già impegnato". "SONO CATTOLICO MA NON HO MAI CHIESTO AIUTO A DIO" "Sono cattolico. Sono stato educato in tal senso, anche se all'epoca nella vecchia Cecoslovacchia si doveva fare tutto di nascosto. Io e mia sorella seguivamo il catechismo e frequentavamo la chiesa. Non ho mai chiesto 'aiuto' a Dio per una partita. Credo proprio che Dio non c'entri niente con lo sport". "MIO FIGLIO ALLENATORE? OGGI IL CALCIO E' DIVERSO" "Karel, il mio primogenito, si è laureato diversi anni fa in lingue ma ha l'ambizione di fare l'allenatore. E oggi non è certamente facile. Il mio augurio è che possa raggiungere il successo che desidera. E' molto bravo, il cognome poi dovrebbe aiutarlo, ma il calcio oggi è diverso, ci sono tante dinamiche che non c'entrano con l'aspetto sportivo". "NON ACCETTEREI INVITO DA VIALLI" "Non accetterei mai un invito a cena da Gianluca Vialli, io voglio la pace...Più della sua recente uscita sulla brillantezza atletica del Pescara a me ha fatto male quando nel 1998 mi diede del terrorista...Come può rimarginarsi una simile ferita? Terrorista è una bruttissima parola...". -
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Unicità di Mourinho Stefano Olivari - GuerinSportivo.it - 22-01-2012 Non si accettano scommesse su cosa abbia fatto arrabbiare di più Massimo Moratti durante Inter-Bologna. Non il crollo di una squadra schiacciata dall’età dei suoi (ex) campioni e dalla scarsezza, ad alto livello, dei suoi giovani: perdere fa parte del calcio ed è una situazione che il presidente nerazzurro ha conosciuto bene nel passato in tutta una serie di campionati da asteriscare (altro che stagione 2004-2005), dove situazioni extra-calcistiche si erano mescolate a errori suoi e degli uomini da lui scelti. La cosa che lo ha fatto impazzire sono stati i cori pro Mourinho, non degli ultras ma della maggioranza di solito silenziosa. Non era semplice rimpianto per il passato recente, ma per una modalità di gestione che dà la sensazione che si stia andando in una direzione precisa. Cosa che nell’Inter morattiana è stata possibile solo con allenatori di grande personalità, dei quali Moratti subiva il carisma: Roberto Mancini, sempre inseguito e mitizzato come giocatore, e appunto Mourinho. La cui unicità non sta solo nel vincere, perché tutti i grandi allenatori che hanno allenato club ricchi hanno vinto trofei importanti (Guardiola, Ancelotti, Ferguson, Lippi, Benitez, eccetera), ma nel costruire un ambiente unito in posti dove l’individualismo l’aveva sempre fatta da padrone. Lo fa usando metodi di psicologia elementare, dalla creazione di un nemico anche quando non c’è alla difesa dei ‘cattivi’ passando per il posizionamento mediatico da outsider anche quando sulla carta sarebbe favorito, ma lo fa benissimo. In posti con un grande passato, dove tutti sono maestrini, come il Porto, l’Inter e il Real Madrid. Ma anche in squadre che la nobiltà dovevano guadagnarsela, come Il Chelsea, che non a caso lo rivorrebbe. Nei posti del primo tipo è fisiologico che i dirigenti pavoni dopo un primo momento di luna di miele comincino a detestarlo (l’Inter 2008-2010 la definireste Inter di Mourinho o Inter di Moratti?), in quelli del secondo invece al netto delle incomprensioni siamo in zona statua equestre. Concludendo? Moratti sa di aver fatto un enorme errore nel non costringere Mourinho a rispettare un contratto, ma non ammetterà mai di averlo lui stesso accompagnato all’uscita. Soprattutto non ammetterà mai che sul pianeta Terra è l’unico allenatore che può far funzionare l’Inter oltre il livello degli onorevoli piazzamenti. Poi per prendersi qualche complimento interessato possono bastare anche Corvino e Baggio. -
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Guerra di nervi sull'asse Milano-Torino: anche così si vincono gli scudetti Luciano Moggi Libero 21-02.2012 La lotta continua attorno a quel punto di differenza. Il Milan sa bene che i termini di confronto non sono quelli, potendo il recupero Bologna-Juve ampiamente modificarli, ma sull’argomento i rossoneri tacciono – a loro sta bene così – in attesa del confronto che può decidere larga parte della stagione, o forse anche tutta. È la seconda parte dei danni a distanza patiti dai bianconeri per i rinvii causa neve. Una Juve che, avesse giocato e vinto sul Bologna, avrebbe affrontato sabato il Milan con due punti di vantaggio, con riflessi di forza mentale e auto considerazione ben diversi. L’attesa intorno alla sfida è già debordata con annesse polemiche. Allegri ha puntato sul gol di Chiellini, viziato a suo parere da una “schiacciata”su un avversario, furenti le reazioni dei siti juventini, ma ad onor del vero l’allenatore del Milan intendeva rapportare il modo di saltare del difensore bianconero con quello di Ibra («di solito a Zlatan quelle entrate le fischiano» ha detto il tecnico milanista), ma questa aggiunta nei commenti è quasi del tutto sparita. Sotto questo aspetto ritengo che Allegri abbia semplicemente recitato la sua parte. Nella sostanza avrebbe potuto glissare, d’altra parte non ci sono dubbi che se qualcuno può lamentarsi di errori arbitrali, in capo a questo tipo di graduatoria non c’è il Milan. Sul campo poi, la risposta colpo su colpo tra juventini e milanisti, è uno dei motivi di maggiore interesse del campionato. C’è l’idea che il Milan abbia vinto più facilmente della Juve nonostante un blocco serio di assenze (non solo Ibra, ma anche Boateng, Pato e Seedorf, per stare a quelle che sembrano più significative). Ma già alla vigilia ci appariva meno ostico il Cesena per il Milan, rispetto al Catania per la Juve. In effetti così è stato, qualche patema per i rossoneri nella ripresa, ma nulla di clamoroso. Problemi in più per la Juve, per la prima volta sotto nel nuovo stadio e presa per mano da un super Pirlo. Conte ha visto una bella prova di carattere e siamo d’accordo. Allegri sfoglia la margherita, non solo per Ibra (giovedì si conoscerà l’esito del ricorso), ma anche per Boateng, infortunato: la loro assenza sarebbe un indubbio vantaggio per la Juve.