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  1. SPY CALCIO Lega di A, Albanese presidente? Figc, Abete tentato dalla politica Fulvio Bianchi - repubblica.it - 10-03-2012 Finalmente qualcosa di muove: il presidente Maurizio Beretta aveva dato la sua disponibilità a dimettersi dalla Lega di serie A esattamente un anno fa, il marzo 2011, ma soltanto adesso è iniziato un percorso che questa estate porterà alla sua successione. Non è tanto colpa di Beretta, quanto di uno statuto che dava (dà) all'assemblea tutti i poteri, svuotando così di contenuto il consiglio di Lega e creando enormi problemi di gestione. Ora si cerca di correggere, poi si penserà anche al nuovo presidente. In passato erano girati tanti nomi (e qualcuno si era anche autocandidato): fra questi Franco Carraro, Tullio Camiglieri, Andrea Cardinaletti, il commercialista Simonelli che già conosce bene i meccanismi della Lega... Ma chi potrebbe contare su un appoggio "bipartisan", cioè dei grandi club come di quelli medio-piccoli, è Ernesto Albanese, ex Coni Servizi e per un breve periodo anche direttore generale del comitato promotore di Roma 2020. Albanese potrebbe anche rientrare al Coni, il prossimo anno, come direttore generale con Raffaele Pagnozzi presidente, ma è più probabile che vada in Lega di serie A. Potrebbe essere un'ottima scelta, sicuramente approvata dal Coni e dalla stessa Figc. Albanese potrebbe contare sull'attuale staff della Lega, fra cui il direttore generale Marco Brunelli che in questi anni ha fatto un lavoro importante (e ha dovuto arrendersi solo alla neve...). Il vicepresidente della "Nuova" Lega sarà Aurelio De Laurentiis, in consiglio entreranno anche Fenucci (Roma) e Zarbano (Genoa) mentre in consiglio federale, al posto di Claudio Lotito, andrà l'avvocato Stefano Campoccia (Udinese). A proposito di Figc: che farà il prossimo anno Giancarlo Abete? Si ricandida o sceglie la carriera politica? Non ha ancora deciso. C'è tempo, e tanti problemi ancora di risolvere. Lo striscione contro Pessotto e la questura di Bologna... I due 007 della procura federale presenti a Bologna per la partita con la Juventus non hanno visto nulla: lo striscione infame contro Pessotto non è stato così punito dal giudice sportivo. Ma quello che stupisce, semmai, è come sia passato inosservato anche alla questura di Bologna e ai tanti agenti della "scientifica"che di solito tengono sotto controllo lo stadio, con telecamere e sofisticatissime apparecchiature fotografiche. E' vero che lo striscione è apparso per un breve periodo e poi è stato (per fortuna) rimosso, o fatto rimuoveRE da tifosi con un minimo di buon senso: ma la questura di Bologna ha dormito e speriamo che adesso sia in grado di venirne a capo, e individuare gli autori di quel gesto vergognoso. In questo caso, lo ricordiamo, è previsto il Daspo, anche per tre anni. La foto c'è, ce l'ha un'agenzia di stampa: non dovrebbe essere complicato risalire a chi teneva quello striscione. Basta svegliarsi. In futuro, comunque, pur con i mezzi che ha, la Procura federale dovrebbe raddoppiare gli sforzi: e se due "007" a partita non bastano, sarebbe il caso di mandare un terzo. Come veniva fatto quando c'era da tenere sotto controllo Mourinho... Tavecchio attacca:"Il governo non ci può ignorare" Carlo Tavecchio, presidente della Lega nazionale dilettanti (e vice vicario della Figc) va all'attacco. Ci sono circa 70 mila squadre di calcio tra i dilettanti, che muovono un giro di affari di 1,5 miliardi di euro, ''concorrendo quindi in maniera determinante al sistema Paese''. Questo ha spiegato Tavecchio, ricordando quindi che si tratta di ''una realtà che non è possibile ignorare'' e per questo motivo la Lega dilettanti ha chiesto ''un incontro urgente al Ministro Gnudi sul mondo dilettantistico''. Tavecchio ha anche ricordato come ''la Finanziaria ha tolto al Coni circa 80 milioni di euro, e se il buongiorno si vede dal mattino, questo non è certo un buon segnale: non è una polemica - ha aggiunto - ma prendo atto di un fatto, che deve essere modificato''. Resta da capire cosa voglia fare il governo Monti per lo sport: pur sollecitato a più riprese anche da Giovanni Petrucci e da molti presidente di Federazione per ora non ha dato alcuna risposta. (10 marzo 2012)© RIPRODUZIONE RISERVATA
  2. QUI JUVE 10/03/2012 - INTERVISTA «Aveva 16 anni e lo chiesi in prestito, Rijkaard mi disse no». Sul futuro: «Non escludo di tornare alla guida di un club, ma al 100% mai più in Italia» Simone Di Segni - La Stampa - 10-03-2012 Impianti superati, crisi finanziaria, calcioscommesse. Da Lugano, Fabio Capello miscela i fattori e tira le somme: «Per questo la serie A non può accaparrarsi uno come Messi o come Maradona». Forse è anche per questo che l’ex ct dell’Inghilterra chiude le porte al nostro campionato: «Escludo al 100% la possibilità di un mio ritorno». Sciorina certezze, Don Fabio. Anche quando il calcio rischia di sconfinare nell’astratto. Come quando si parla di Messi e Maradona. «Due geni del calcio, prima di tutto». Requisiti del genio? «Compiere gesti che altri non immaginano neanche». A chi la corona di Capello? «Maradona sul campo era più leader di Messi. Anche se Lionel ha qualcosa in più nella velocità, nel dribbling stretto e nell’imprevedibilità di fronte alla porta. Poi nei suoi confronti c’è anche un accanimento diverso nelle marcature. Ma non fatemi dire chi è il più forte, anche perché stiamo parlando di calciatori di epoche diverse. Stravedo per entrambi, come per lo spettacolo e per i fuoriclasse in generale». Nel confronto fra i due numeri dieci, quanto pesa il percorso con la Nazionale argentina? «Maradona ha fatto benissimo con il Barcellona, ha reso grandi il Napoli e la sua Nazionale. Messi ha tutto il tempo per pareggiare i conti. Il giudizio pertanto resta in sospeso». Ha il rimpianto di non averli allenati? «In tema di campioni a disposizione non posso certo lamentarmi. Un rammarico però lo conservo: affrontai il Barcellona in amichevole con la Juve, Messi aveva poco più di 16 anni e gli spagnoli erano alle prese con problemi di tesseramento. Chiesi a Rijkaard di darmelo in prestito per un anno, previa promessa di farlo crescere bene. Risposta negativa, davvero un peccato». Messi è un campione globale, mette d’accordo tutti. Maradona spaccava il giudizio, creava i partiti. Perché? «Perché Lionel è “soltanto” un grandissimo giocatore. Mentre Diego era anche un grandissimo personaggio. Maradona era un’ideologia, per questo divideva la critica». Stadi di proprietà, budget contenuti, brand Italia indebolito e scandali in corso: quanto basta per non vedere mai Messi in serie A? «Partiamo dai budget. Di fronte a quelli di Barça e Real Madrid i nostri club non sono più competitivi. Idem per quanto riguarda l’Inghilterra, dove ci sono anche dei magnati in grado di spezzare gli equilibri. Va anche detto che nella Liga e in Premier si registrano esposizioni finanziarie non da poco. A monte c’è il resto: stiamo perdendo il treno per colpa dei Mondiali di Italia ‘90, dove spendemmo cifre iperboliche per stadi vecchi. Insomma, impianti obsoleti, tifo violento e alcune componenti delle società che si sono rese protagoniste di brutte cose. Ecco perché non vedremo né Messi né Cristiano Ronaldo in serie A». Dall’equazione ne esce un campionato italiano mediocre? «Su questo non sono d’accordo. In Italia si gioca un buon calcio, gli arbitri finalmente fanno proseguire l’azione e non premiano i tuffatori. Poi ci sono i meriti delle società, che sono riuscite a compensare il gap economico individuando giocatori come Cavani, Lavezzi, Jovetic, Hernanes, Pjanic e Lamela». A proposito di campioni. Come convive con l’etichetta di allena-fenomeni? «Questa è una scusa buona per qualcuno. Ho allenato grandi squadre, è vero, ma sono anche tra i tecnici che hanno lanciato più giovani. Qualche nome? Aquilani, De Rossi, Casillas. Sei anni di settore giovanile non si dimenticano...». Non ha ancora detto chi vincerà lo scudetto. «Sarà testa a testa tra Juve e Milan fino alla fine. Con le fatiche di Champions che potrebbero anche pesare». Già, la Champions. Tra la coppa e Ibra c’è giusto un Messi di mezzo? «Sarà fondamentale il prossimo turno. In ogni caso vedo le due spagnole ancora avanti». Fabio Capello ormai si considera esclusivamente un ct? «Le Nazionali sono gratificanti, ma non mi precludo la possibilità di tornare ad allenare un club. Anche se per ora preferisco godermi le vacanze». Quando parla di club, lascia aperta la porta anche ad una società italiana? «Questo posso escluderlo al 100%». Vale la versione ufficiale, un po’ come i motivi della rottura con l'Inghilterra? «In entrambi i casi ho detto la verità».
  3. L'editoriale IL CALCIO ITALIANO E' IN BANCAROTTA GLI SERVE UN GOVERNO TECNICO Andrea Monti - Gasport - 10-12-2012 Per chi ieri se la fosse persa, un'inchiesta di Marco Iaria che valeva da sola il prezzo della giornalaccio rosa ha rivelato il vero stato di salute della serie A. Detto in soldoni, cioè l'unica unità di misura che conta in questi casi: 285 milioni di euro di deficit nel 2011, quasi cento in più del 2010, e 1550 milioni di debiti (sì avete letto bene, oltre un miliardo e mezzo) con un aumento di circa 200 milioni rispetto alla stagione precedente, a fronte di un fatturato di 1600. Da ciò conseguono due semplici verità. La prima: il calcio italiano è tecnicamente in bancarotta. La seconda: vive in un altro mondo rispetto a quello frequentato da noi umani. Urge riportarlo su questo pianeta. Spesso si dice che il pallone è specchio fedele della società perché ne consente umori e passioni. Qui si siamo di fronte al fenoemno opposto, a una dissociazione che sfida il buon senso. Chiunque legga i giornali o abbia un mutuo da pagare sa che, dalla crisi dei titoli derivati del 2008, siamo entrati nell'era del debito e dello spread. Ciò che ieri ci sembrava gestibile con un sano piano di rateizzazione, oggi rappresenta una minaccia insopportabile per i destini degli uomini, delle nazioni e delle aziende. Qualsiasi azienda, tranne il sistema calcio che si sostiene grazie al mecenatismo, o alla bizzarra follia, di presidenti che ogni anno staccano munifici assegni per ripianare le perdite e assicurare la mitica "continuità aziendale". La domanda è: fino a quando? Calcolando il debito della serie A, Iaria è stato generoso. Ha considerato la cifra al netto dei crediti interni a un circolo dove vige la strana formula del "prestito con obbligo di riscatto" (a casa mia è un pagherò) e dove un cane da dieci milioni viene sovente scambiato con due gatti da cinque. Il debito lordo, in realtà, supera i 2 miliardi di euro. Se il nostro calcio fosse uno stato sovrano, il rapprto tra debito e prodotto interno supererebbe il 120 per cento. L'Italia, che sta in questa situazione, ha virtualmente sospeso la politica affidandosi a Mario Monti e sottoponendosi a una cura da cavallo. Il calcio, inteso come Figc e Lega di A, invece no. Continua a discutere di complotti e rigori, ebbro della sua potenza e contento di stare lassù, sul ponte di comando della Costa Concordia. Da anni il sistem è stretto tra l'afasia politica e le risse di chi dovrebbe governarlo. Semplicemente, è ora di cambaire. E si può dirlo finalmente senza essere sospettati di attacchi ad personam visto che i duellanti sono prossimi a deporre le armi: Beretta è in scadenza e Abete ha più volte lasciato intendere di non volersi ricandidare. Quale migliore occasione per una sana iniezione di managerialità, acume politico e trasparenza? La Figc, chè è il governo del calcio, ha bisogno di individuare il suo Mario Monti e i tecnici capaci di liberarlo dalle vecchie lobby. La Lega di A sia veramente la Confindustria del pallone e non una rissosa assemblea di padroni e padroncini: ci mostri il coraggio di individuare un commissioner e una squadra, come accade negli sport americani, a cui affidare le riforme necessarie per imitare, almeno alla lontana, l'esempio della Bundesliga. Già, i tedeschi: sempre loro... Lo spread tra il nostro calcio (e i nostri stadi) e l'Europa che conta è ormai insostenibile. O i protagonisti si sforzano di ridurlo, o saranno le leggi del mercato a mandarli a casa.
  4. PALAZZO DI VETRO Scommessopoli: ecco che cosa rischiano i club Ruggiero Palombo - Gasport - 10 marzo 2012 Premessa doverosa: questo è un Palazzo «al condizionale», nel senso che scommessopoli due è un’inchiesta in corso. I deferimenti per tesserati e società, però, arriveranno. Qui ci interessa parlare di società dell’attuale serie A, e di quel che le può aspettare, visto che in questi giorni di indiscrezioni in materia ne sono uscite fuori parecchie. 1. I processi si faranno a campionato finito, sulla base di quanto Palazzi sta mettendo insieme in queste ore, tra un interrogatorio e un documento che viene via via passato dalle varie Procure che indagano (Cremona, Bari, Napoli). 2. Il capo della polizia Manganelli esplicitamente e la Procura di Bari per via indiretta lasciano intendere che presto potrebbero esserci ulteriori novità. Se per «presto» s’intende qualcosa che avverrà entro un paio di mesi, anche questo materiale sarà usato da Palazzi per scommessopoli due. Se si andrà oltre, bisognerà probabilmente rassegnarsi anche a una scommessopoli tre. 3. I processi e le (eventuali) condanne interverranno fin dove è possibile sulla classifica di questo campionato e non su quello successivo. Coni e Figc, Petrucci ed Abete, su questo punto sono in perfetta sintonia. E fermissimi. 4. Che cosa vuol dire «fin dove è possibile»? Vuol dire che la pena, che ricordiamolo arriva a campionato concluso, deve essere «afflittiva», deve cioè costare qualcosa. Andando dall’alto in basso: uno scudetto (ma per fortuna Milan e Juve sono fuori da tutto), una partecipazione alla Champions League, una partecipazione all’Europa League, una permanenza in serie A. Va tuttavia osservato che la mancata partecipazione all’Europa League ha un peso economico assai inferiore rispetto a quello delle altre «afflittività», al punto che forse sarebbe più opportuno non prenderla proprio in considerazione. 5. Si ragiona in termini di punti di penalizzazione, perché questa è la pena che rischiano i club in caso di responsabilità oggettiva (hanno taroccato i giocatori, ma i dirigenti del club non c’entrano). Se i dirigenti vengono invece ritenuti colpevoli si passa alla responsabilità diretta e la pena non può essere che quella della retrocessione: questa ipotesi della responsabilità diretta per ora è piuttosto remota. 6. Fa giurisprudenza il precedente di scommessopoli uno. Atalanta (-6), Ascoli (-6) e Piacenza (-4) sono state punite nella stagione successiva perché nessuna delle penalizzazioni avrebbe inciso sulla classifica di serie B dell’anno scorso: l’Atalanta era arrivata prima con 9 punti di vantaggio sulla terza (Novara) che ha vinto i playoff, l’Ascoli era comunque salvo e il Piacenza già retrocesso in Lega Pro. 7. Il -6 può diventare l’unità di misura per quelle società i cui tesserati hanno taroccato partite «a vincere» o «a pareggiare», per quelle taroccate «a perdere» le pene (vedi Benevento e Viareggio in Lega Pro) a cura del Tnas sono state inferiori. Sei punti saranno così tanti da incidere sulla classifica o così pochi da non incidere e diventare penalizzazioni iniziali della stagione 2012-2013? Chissà. 8. In teoria e senza la necessità di fare nomi (tanto li trovate via via negli aggiornamenti delle inchieste), mezza serie A potrebbe ritrovarsi a giugno a fare i conti con i processi sportivi. Prima di stilare la classifica finale, insomma, meglio aspettare. Un bel po’.
  5. Tempo scaduto GLI ANTICORPI DI ABETE VEDE MA NON DECIDE Aligi Pontani - repubblica.it - 0-03-2012 Aspettiamo da anni, ciechi e ostinati, che succeda qualcosa capace di accendere improvvisamente Giancarlo Abete, presidente della Federcalcio. Per esempio ieri: una salve di buu razzisti si leva dalle curve dell'Olimpico? "Fenomeno inaccettabile, ma non generalizziamo", dice lui, spinto dai media a parole di condanna. Non si capisce bene chi generalizzi cosa, nel caso specifico (e non generico), ma la risposta è in perfetto abetese, rafforzata dal successivo illuminante: "Non facciamo di tutta l'erba un fascio". Ecco fatto. Chiaro. Stessa giornata, altro tema caldo: lo scandalo scommesse rischia di devastare tutti i campionati? Lui, sereno, risponde: tranquilli, abbiamo gli anticorpi. Gli anticorpi di Abete sono in effetti un caso di scuola, un perfetto e illuminante esempio di come si fa il dirigente sportivo in Italia. L'anticorpo principale consiste nella vaccinazione rispetto alla pericolosa malattia dell'interventismo. Meglio essere prudenti: aspettiamo e vediamo, qualcosa accadrà, la bufera passerà. L'importante è non rispondere alle critiche, non decidere nulla, e soprattutto non alimentare polemiche che possano mettere in pericolo la solidità dello status quo. Al massimo, nei casi più gravi, si annuncia l'istituzione di un'apposita commissione, della quale perdere rapidamente le tracce. Ad Abete basterebbe ricordare, nel caso delle scommesse come già in quello di calciopoli, che il calcio italiano ha scoperto la malattia grazie ai magistrati: nessun sospetto, nessun dubbio, nessun controllo, fino a quando un giudice non ci ha messo le mani. Se invece non dovesse bastare, ci sarebbe anche parecchio da discutere su come si è mossa la Figc una volta scoperto che decine di partite erano probabilmente fasulle. Dice: non si poteva fare di più. Sarà anche vero, anzi, lo è senz'altro se l'inchiesta ad essere affidata al solo Palazzi, una brava persona che però non pare davvero in grado di conciliare i suoi tempi letargici con la sterminata e incandescente materia piombatagli addosso. Lo dimostra impietosamente il caso Farina, la cui denuncia è rimasta chiusa in un cassetto per mesi prima di essere inoltrata ai magistrati. L'emergenza scommesse non andrebbe contrastata con dichiarazioni intorpidite dalla prudenza, ma con un'azione decisa, rapida, straordinaria, innovativa. Tutti aggettivi eccessivi e pericolosi, per Abete, al quale facciamo anche un'ultima domanda: ma gli anticorpi al razzismo, invece, li coltiviamo davvero facendo finta che i cori contro Juan e poi contro Diakitè fossero la solita bravata di pochi scemi? O forse vale la pena di guardare come e quanto considerano il problema gli inglesi, e prendere qualche non generica ma molto specifica decisione?
  6. Conti di A: sempre peggio Le spese più su dei ricavi Marco Iaria - Gasport - 09-03-2012 Le grandi soffrono, i diritti tv rilanciano le altre: dalla Lazio, al Palermo all'Udinese sono ttimi i profitti. Nostra inchiesta sui bilanci delle squadre della massima serie Se la Serie A fosse un’azienda, con il suo fatturato di 1,6 miliardi di euro, si incastrerebbe al novantesimo posto — tra la Coin e Ikea — nella classifica (stilata da Mediobanca) dei gruppi industriali più ricchi d’Italia. Insomma, un colosso. Ma se fosse un’azienda come le altre, probabilmente avrebbe già chiuso bottega. Perché è perennemente in perdita, ha un’esposizione debitoria elevata e il suo patrimonio — costituito, a parte qualche rara eccezione, da calciatori — è quanto di più volatile ci possa essere. Il campione fa crac e... Ma a preoccupare maggiormente è il fatto che non s’intravede un’inversione di tendenza. Tutt’altro. Lo dimostrano gli ultimi bilanci di tutte le squadre del massimo campionato, relativi alla stagione 2010-11. Sì, i ricavi della A continuano a crescere attestandosi a quota 1618 milioni, 43 in più del 2009-10: rispetto a dieci anni fa il balzo è stato del 59%. Ma anche il deficit complessivo dei venti club è passato dai 193 milioni del 2009-10 agli attuali 285. Mecenati — Il vizietto dell’Italia del calcio è sempre lo stesso: si spende più (molto di più) di quanto si incassa. Proprio il contrario della filosofia che sta alla base del fair play finanziario dell’Uefa. Ma si sa, "the show must go on". Come? Attraverso il mecenatismo dei proprietari. Ogni anno, infatti, i Moratti, i Berlusconi, ora anche gli Agnelli, i Della Valle, i Preziosi staccano generosi assegni per assicurare la cosiddetta continuità aziendale. È in virtù di questo rapporto fiduciario che il pallone continua a rotolare. Ma il campanello d’allarme suona anche e soprattutto per un altro motivo: i debiti (al netto dei crediti) della Serie A sono saliti a 1550 milioni, circa 200 in più della stagione precedente. Certo, ci sono i debiti "virtuosi", come quelli contratti dalla Juventus per il suo nuovo stadio o dal Catania che si è regalato un invidiabile centro sportivo. Preoccupa, tuttavia, la tenaglia delle banche. Manca la liquidità? Le casse sono vuote? E allora si bussa all’istituto di credito non solo per avere il classico fido ma anche per ottenere un anticipo dei futuri proventi dei contratti con tv e sponsor. Oppure si adotta la tecnica del "pagherò" al tavolo delle trattative di mercato: i pagamenti a rate delle acquisizioni di calciatori sono ormai un’abitudine, al pari delle formule prestito-riscatto. Circolo vizioso — Le grandi sono in profondo rosso, e questa non è una novità. Gli stipendi restano fuori controllo e si mangiano quasi tutte le entrate: l’89% per la Juventus, l’88% per l’Inter e l’85% per il Milan. Le nostre devono competere con quei top club europei (Real, Barcellona, Manchester United) che introitano il doppio e, nella corsa sfrenata e dissennata al campione (o a quel che lascia la concorrenza), fanno una fatica terribile ad abbassare il monte-ingaggi. E così i risultati d’esercizio sono tutti in peggioramento: Inter da -69 a -86,8 milioni, Juve da -11 a -95,4, Milan da -9,8 a -69,8. I rossoneri, a differenza della maggioranza delle società calcistiche, redigono i bilanci seguendo l’anno solare (chiusura al 31 dicembre): le previsioni per l’esercizio 2011, ancora da approvare, parlano di un deficit leggermente più basso, ma la sostanza non cambia. Guardando alla struttura dei ricavi, c’è l’esempio tracciato dai bianconeri con l’impianto di proprietà, comunque in attesa di uno sponsor, e spicca il lavoro rossonero nel marketing (il Milan è l’unica italiana ad avvicinarsi ai modelli di riferimento del Vecchio Continente). Troppo poco. La Serie A è legata mani e piedi agli umori delle pay tv: il 58% del fatturato arriva dai diritti televisivi, contro il 19% dei proventi commerciali e il 13% del botteghino. E per le big questa fortissima dipendenza si è rivelata un boomerang al momento dell’entrata in vigore della Legge Melandri. Rivoluzione — Il 2010-11, stagione del ritorno alla vendita centralizzata, ha visto consumarsi una piccola rivoluzione all’interno della Serie A: un riversamento di denaro dalle grandi alle medio-piccole. Prendiamo i fatturati e confrontiamoli con quelli dell’anno precedente (depurandoli dei costi della mutualità interna, che ora non c’è più). Scopriamo che la Juventus è passata da 211,5 a 156,1 milioni, l’Inter da 230,2 a 217,3, il Milan da 233,3 a 227,7. E cosa è successo al resto della truppa? Il Napoli è salito da 92,7 a 122,4 milioni, l’Udinese da 37,4 a 54,5, il Bologna da 35,3 a 45,7. Performance opposte che, in buone parte, sono dovute a una ripartizione più equa dei proventi tv. Non è un caso che, rispetto al 2009-10, le squadre in attivo siano raddoppiate: da quattro a otto. In territorio positivo, oltre alle retrocesse Bari e Brescia, ecco Lazio, Palermo, Catania, Napoli, Udinese e Parma. Quando non è illuminata la gestione operativa, ci pensano le entrate straordinarie e imprevedibili delle plusvalenze ad aggiustare i conti. Anche quelle sono diminuite nell’ultima stagione (da 381,5 a 346,4 milioni), ma non passano mai di moda. NAPOLI - Cinque anni consecutivi di profitti, quasi 29 milioni messi in cassaforte. De Laurentiis ha penato solo in C, prima si svoltare in territorio positivo. Gli stipendi della squadra promossa in Champions League gravavano solo per il 42% sul fatturato: un primato. Sì, rispetto al 2009 10, il costo del personale è cresciuto parecchio (da 38,7 a 51,7 milioni) ma è stato bilanciato dall’esplosione delle entrate ( 18, plusvalenze escluse). Il Napoli è un club in espansione: nel 2010 11 6,3 milioni al botteghino (al netto della mutualità), 6,3 milioni dagli sponsor e una vagonata di soldi dalle tv. Zero debiti con le banche. JUVENTUS - Annus horribilis e risparmi vari, ma c’è lo stadio - Il peggior bilancio della storia bianconera ha reso necessario il secondo aumento di capitale in 5 anni. Senza la Champions, il fatturato 2010-11 della Juve è più vicino a Roma e Napoli che a Milan e Inter. Le svalutazioni di Tiago, Grygera e Amauri e le «buonuscite» per Camoranesi, Trezeguet e Zebina hanno polverizzato il risparmio sul monte stipendi, che prosegue quest’anno, come si evince dalla semestrale chiusa in progresso (da 39,5 a 34,6 milioni): il costo del personale è calato da 71,1 a 66,6 milioni, aumentati gli ammortamenti (da 17,2 a 23,1). Effetto nuovo stadio: 190% dagli abbonamenti. INTER - Crollo dei ricavi. E non basta cedere gli assi - Un anno dopo l’annuncio del pareggio di bilancio in due stagioni, Moratti ha fatto marcia indietro presentando l’esercizio 2010 11, in rosso per 86,8 milioni (nonostante l’extra di 13,3 dalla Rai per la library): «Non siamo ancora in grado di mettere a posto i conti». Da qui la rinuncia a Eto’o in estate, che con Viviano e Santon ha prodotto plusvalenze per oltre 25 milioni, buone per il 2011 12. Gli assi vanno via (da Ibra in giù) ma la gestione resta squilibrata. Senza il triplete, entrate crollate (da 250,6 a 217,3): si punta su nuovi mercati, con la tournée in Indonesia a fine stagione. A ottobre varato un altro aumento di capitale, da 40 milioni. ROMA - Spesi 71 milioni per gli acquisti. Il passivo salirà - Nell’este nuante attesa dell’aumento di capitale fino a un ipotetico tetto di 80 milioni (20 già anticipati da UniCredit), la Roma va avanti grazie ai prestiti della banca azionista di minoranza. Il deficit di 30,8 milioni del 2010 11 peggiorerà a giugno (la semestrale riporta già un 27,1) perché mancheranno gli introiti della Champions di un anno fa (32,3 milioni). Il nuovo corso italo americano rischia di finire in un circolo vizioso. I giallorossi per rilanciarsi hanno investito forte sul mercato (71,4 milioni in questa stagione), con due conseguenze: crescono gli ammortamenti e non diminuiscono gli stipendi, che rappresentano il 74% del fatturato. UDINESE - Modello unico: lo scouting costa 15 milioni - Scova i talenti, li fa crescere e li vende a peso d’oro. Ma l’Udinese mette a budget 15,2 milioni (erano 13,1 nel 2009 10) per i «costi specifici tecnici», cioè le attività di scouting e osservazione dei calciatori: un record in Italia, l’Inter vi destina un milione scarso. Così si spiegano le ricchissime plusvalenze (41,9) che hanno riportato la gestione in attivo dopo il 6,9 di due anni fa. Mamma tv ha compensato al calo del marketing (da 7,1 a 4,8), gli stipendi sono scesi (da 31,3 a 28). Diminuiti i debiti con le banche (da 13,3 a 3,4) e l’Erario (da 3,4 a 1,5). Nel 2011 12 ancora un segno più viste le cessioni di Sanchez, Inler e Zapata. GENOA - Ancora perdite ma da Preziosi risorse fresche - Genoa in perdita? Non c’è problema, interviene Preziosi. Così, a fronte del 17 del 2010, il patron ha convertito il suo prestito di 14,6 milioni in conto capitale: insomma, ci ha rinunciato per sempre. E nei primi mesi del 2011 ha effettuato ulteriori versamenti per 11,7 milioni. Sul fronte dei ricavi, in crescita merchandising e licensing (da 0,2 a 1,2 milioni). Attivissimo sul mercato, il Genoa realizza grosse plusvalenze ma è caricato di costi: tra il 2009 e il 2010 gli stipendi sono aumentati di 10 milioni, fino a 51,8. Tuttavia lo sfoltimento della rosa è già iniziato e dovrebbe dare i suoi frutti nel bilancio 2011 ancora da licenziare. FIORENTINA - Senza Europa torna il rosso - Previsioni a -25 - Effimero e straordinario l’utile del 2009. Quel 4,4 milioni era stato il frutto dell’exploit di Champions e delle plusvalenze record. Nel 2010 la Fiorentina è tornata in deficit ( 9,6), e il bilancio 2011 in via d’approvazione andrà ancora peggio, con una perdita stimata di 25 30 milioni. Perché un anno fa si è potuta iscrivere la cessione da 14,7 milioni del ramo d’azienda, con la struttura commerciale confluita nella controllata Firenze Viola srl. I Della Valle non si tirano indietro: già dopo il 31 dicembre 2010 avevano prolungato un prestito di 5 milioni e concesso una nuova linea di credito della stessa entità. MILAN - Ha fatto il botto con gli sponsor - Stipendi alti - Nel passato il Milan, a 69,8 milioni nel 2010, ha sistemato i conti solo grazie alle super plusvalenze (nel 2006 con Shevchenko, nel 2009 con Kakà). Ma è il club che diversifica meglio i ricavi, con invidiabili performance commerciali: tra il 2009 e il 2010 balzo di 10 milioni, fino a 66,7. In virtù del nuovo main sponsor (12 milioni da Emirates) e dei lucrosi rinnovi. Ride pure il botteghino (da 21,3 a 25,2). Il problema resta il costo del lavoro: nel 201 gli stipendi base dei calciatori in salita di 5,3 milioni. Il bilancio al dicembre 2011 godrà dei 12-13 milioni di risparmi deivanti dall'addio di Ronaldinho: prevista una perdita di 67 milioni.
  7. 09/03/2012 - IL CASO Lastampa.it 9-03-2012 Il giudice sportivo squalifica Bonucci e Conte per un turno Se tiri un bengala sulla pista d’atletica del «Dall’Ara», come han fatto i tifosi del Bologna, paghi «2.000 euro di ammenda», se vieni espulso ti becchi una giornata di squalifica (Bonucci e Conte). È il listino prezzi esposto ieri dal giudice sportivo Gianpaolo Tosel dopo Bologna-Juve. Solo che manca qualcosa: nessuna traccia del vergognoso striscione su Gianluca Pessotto, issato da un gruppo di ultrà rossoblù. Zero multa, figurarsi una squalifica. Pare non compaia sul referto dell’arbitro Banti. Non ci fosse in ballo una scritta così viscida, la vicenda sarebbe quasi comica, perché centinaia di persone quello striscione hanno visto. Nessuna novità, se pure a Lecce spuntò una scritta contro Borriello, di altro tenore, ma comunque vietata negli impianti. Ormai dentro gli stadi si può scrivere o urlare di tutto: questo è l’incasso, perché la morale s’è smarrita da un pezzo.
  8. Scommesse, Bonucci sentito a Bari: "Io non sapevo nulla" Grazia Longo - La Stampa - 9-03-2012 Nessun coinvolgimento per lo juventino. I soldi investiti sulle combine riciclati nei ristoranti GRAZIA LONGO INVIATA A BARI C’è un punto fermo nello scandalo barese del calcio malato di scommesse e partite truccate all’ombra della criminalità organizzata. Leonardo Bonucci, attuale stopper della Juventus e della Nazionale, ex giocatore del Bari è estraneo all’inchiesta. Interrogato ieri mattina, in gran segreto in Procura, come semplice testimone informato dei fatti non è indagato. «Non sapevo nulla delle combine per pilotare il risultato delle partite» ha detto Bonucci agli inquirenti, che stanno per smascherare un infernale sistema di riciclaggio di denaro sporco nutrito a suon di accordi sottobanco per gestire le partite e investimenti di copertura nella ristorazione. Carabinieri e procura di Bari - parallelamente alle indagini della polizia e dei pm di Cremona - stanno raccogliendo gli elementi per inchiodare alle loro responsabilità alcune persone. Non tutti calciatori, anzi. Nei prossimi giorni, uno sviluppo concreto si potrebbe verificare anche sul fronte di alcuni investitori di denaro, legati alla criminalità organizzata vicina al clan Parisi. A Bari, infatti, esiste un secondo specifico filone di inchiesta sull’associazione a delinquere. Non basta. L’attenzione è concentrata anche sui vertici di altri club, disponibili a offrire soldi. Per la precisione, i sospetti maggiori sono sul vertice di una sola altra squadra di serie A. E per sistemare i tasselli del puzzle gli interrogatori vanno avanti a ritmo serrato. Anche nei confronti degli indagati già sentiti in passato. Ieri pomeriggio è toccato all’ex capitano del Bari Antonio Bellavista, arrestato la scorsa estate nel ramo d’inchiesta a Cremona. «È vero - ha ammesso, accanto al suo difensore, l’avvocato Massimo Chiusolo -: scommettevo sulle partite, ma non le ho mai truccate». Si vedrà. Come si sta verificando il ruolo del calciatore chiave dell’inchiesta barese, Andrea Masiello, assistito dall’avvocato Salvatore Pino. A conferma della presunta compravendita di alcune partite della stagione 2010-2011 e di quella precedente ci sarebbero alcuni tabulati telefonici dai quali sarebbero emersi contatti in corrispondenza tra i match «incriminati». A riferirlo è l’infermiere-factotum del Bari, Angelo Iacovelli, indagato sia a Cremona sia a Bari. Nel suo interrogatorio di garanzia, assistito dall’avvocato Andrea Melpignano, ha mosso pesanti accuse su Masiello, sostenendo che «all’interno dello spogliatoio biancorosso manipolava gli incontri». Indagini ancora in corso anche per due ristoratori baresi, Onofrio De Benedictis (proprietario di «Al pescatore») e Nico De Tullio, del «Gianpà». Cosa sanno realmente delle scommesse e delle combine? Sono stati entrambi tirati in ballo da Masiello (da cui prendono però fermamente le distanze), soprattutto De Tullio, ex titolare di 4 agenzie di scommesse a Bari e una a Londra. Per quanto concerne le partite, tra quelle sotto la lente d’ingrandimento di investigatori e magistrati pugliesi, ci sono anche le gare del 2011 Cesena-Bari (17 aprile, 1-0), Bari-Samp (23 aprile, 0-1), e Bari-Lecce (15 maggio, 0-2). Il sospetto è che certi risultati non siano stati solo il frutto delle insistenze del gruppo degli zingari, dell’ intraprendenza di alcuni giocatori, o delle pressioni di alcuni ultras interessati a guadagnare con le scommesse. Anche in questi casi potrebbe essersi allungata la mano della criminalità organizzata.
  9. LIMITE AL PEGGIO Vittorio Oreggia - Tuttosport -9-03-2012 TORINO - Antonio Conte assisterà dalla tribuna di Marassi alla sfida contro il Genoa: il giudice ha sentenziato una giornata di punizione per le intemperanze verbali di Bologna. Che sono state smentite dal diretto interessato ma che sono state confermate dal quarto uomo e, quindi, dal direttore di gara nel suo referto. Inutile investigare sulla titolarità del “vaffa” che ha portato all’espulsione, addirittura superfluo ascoltare le testimonianze dei bordocampisti, semmai urge ripulire l’aria - ci risiamo? - da un sospetto che si sta insinuando negli ambienti vicini all’allenatore. E cioè che Conte stia pagando (con gli interessi) le invettive nei confronti degli arbitri, iniziate alla prima di campionato e proseguite in una escalation dialettica di una discreta consistenza. Al netto degli interventi di Nicchi, il presidente dell’Aia, quello che sentenziò «ora applicheremo il regolamento alla lettera», sì proprio lui, e delle incavolature di Braschi, il designatore, crediamo che il sospetto non possa e non debba sopravvivere nemmeno il tempo di un battito di ciglia. Sarebbe un fatto terribile e assurdo. D’accordo, non c’è mai limite al peggio, però esiste una frontiera della tracotanza e delle ripicche. Sì, l’atteggiamento di Bergonzi, il quarto uomo, è parso un po’ così, da dittatore dello stato libero di Bananas, ma il regolamento di... Conte no, non è verosimile. Certo che Conte... Si è macchiato di una colpa grossa e grassa come il famoso matrimonio greco: non è stato zitto, a subire. Ha avuto il coraggio di reclamizzare le statistiche dei calci di rigore (uno pro-Juve in 26 partite) e di chiedere parità di trattamento con le altre squadre. Anche lui, però: non sa che certe cose non si dicono? Impari da Allegri, che non parla di arbitri e non viene mai espulso.
  10. Conte: squalifica, rabbia e silenzio Il tecnico, amareggiato per una sanzione ritenuta fortemente ingiustam non commenta Mirko Graziano - Gasport - 9-02-2012 VINOVO (Torino), 9 marzo 2012 - Antonio Conte si becca una giornata di squalifica «per avere, al 26’ del secondo tempo — si legge sul comunicato ufficiale del giudice sportivo —, contestato platealmente una decisione arbitrale assumendo, all’atto del consequenziale allontanamento, un atteggiamento minaccioso nei confronti del Quarto Ufficiale», che poi era Bergonzi. Dopo una lunga serie di confronti, ieri in corso Galileo Ferraris hanno deciso di non presentare ricorso. Probabilmente anche per cercare di abbassare saggiamente e con responsabilità la temperatura generale sul fronte arbitri, dopo un paio di settimane parecchio calde a cavallo della sfida di San Siro fra il Milan e i bianconeri. Restano però sconcerto e amarezza nella Torino juventina, se non altro perché in casi analoghi a quello bolognese la sanzione non è andata oltre l’ammonizione con diffida. Conte, silenzio e rabbia. Antonio Conte si è barricato in un silenzio inespugnabile. A vuoto anche i tentativi di avvicinarlo ieri sera allo «Juventus Stadium», in occasione della finale d’andata della Coppa Italia Primavera, dove erano presenti pure il presidente Andrea Agnelli, l’amministratore delegato Beppe Marotta e il consigliere d’amministrazione Pavel Nedved. Inutile strappare un commento al Mou italiano, ma di certo l’umore era nero, nerissimo. D’altronde, il tecnico salentino si era già espresso nell’immediato dopo gara, spiegando «di non aver offeso nessuno» in occasione delle proteste seguite al mancato intervento dell’arbitro per un presunto fallo in area di Pulzetti su De Ceglie. A suggerire il provvedimento all’arbitro Banti era stato, con insistenza, il quarto uomo Bergonzi, che subito dopo si era trovato quasi a contatto con un Conte che però si limitava a ripetergli (e il tutto veniva ripreso dalle telecamere Sky) «non ho detto niente, non ho detto niente...». Posizione confermata dai cronisti televisivi presenti a bordo campo e molto vicini alla panchina bianconera. E’ forte il risentimento in questo senso di Antonio Conte, che ha accettato e condiviso probabilmente a fatica la scelta di non ricorrere, ma che allo stesso tempo non vuole passare per rissoso, difendendo il suo modo sanguigno ma leale di vivere la partita dalla panchina, senza dover per questo subire una marcatura a tratti obiettivamente esagerata — a dirlo sono gli stessi tecnici —da parte del quarto ufficiale di gara. Intanto, sembra passato in cavalleria il vergognoso striscione su Pessotto esposto domenica sera in Curva Bulgarelli.
  11. SPY CALCIO di FULVIO BIANCHI Gnudi non dà certezze e "gela" il mondo dello sport Mi spiace ma il governo non può dare certezze economiche, dobbiamo usare al meglio quello che abbiamo": Piero Gnudi gela per la seconda volta il mondo dello sport. La prima fu in Campidoglio quando disse che "un'Olimpiade vale tre punti di spread...". E si sa come è andata a finire con Roma 2020. Il ministro dello sport ieri è intervenuto al convegno della FederSport, "il presente e il futuro dello sport italiano": il presidente di questa importante associazione, Romolo Rizzoli, gli ha ricordato la "preoccupazione del mondo dello sport" e la necessità di "poter programmare". E Giovanni Petrucci, n.1 del Coni, ha ricordato come il Comitato olimpico abbia già iniziato un percorso di "autoriforma", ma sia in attesa ancora delle risposte e degli impegni promessi dal governo Monti. Il sogno, dopo gli ultimi tagli, è sempre quello del finanziamento automatico. Il timore che i 470 milioni annui restino solo un ricordo. Ma Gnudi, come detto, ha gelato poi con la platea, ricordando il "momento di crisi", in tutto il mondo, e l'impossibilità da parte del governo di poter dare certezze per il futuro, almeno adesso. Gnudi ha ricordato inoltre come sia necessaria un'impiantistica per lo sport di base (c'è un disegno di legge del senatore Rognoni), come la legge sugli stadi sia in dirittura d'arrivo (è da due anni che lo dicono...) e come il Credito Sportivo, la banca dello sport, debba pensare più ai piccoli impianti che ai grandi stadi (come ha fatto ultimamente). Intanto per ora il Credito è commissariato da Bankitalia e il Coni chiede da tempo che ci sia una gestione democratica. Aspetta anche Franco Carraro, in piena corsa per diventarne il presidente. Dopo Gnudi, ecco i presidenti di Federazione e i commissari straordinari. Ecco quindi Carraro, Pancalli, Bonfiglio, Magri: delusi, o fortemente critici con il ministro. Petrucci invece non ha voluto affondare il colpo ("io rimango ottimista"), ma quando parlava il ministro non era certo allegro. Tutti si aspettavano un impegno forte, chiaro. La possibilità di poter guardare al futuro con maggiore tranquillità. Impegno che non c'è stato, non ci può essere forse da parte di un governo che non sembra avere molta attenzione alle esigenze dello sport. Il colonnello Vincenzo Parrinello, consulente di Gnudi, ha preso diligentemente nota di questi interventi critici... Prandelli e gli stages azzurri: ma la Juventus è d'accordo? Il ct Cesare Prandelli insiste, ha bisogno degli stages azzurri prima degli Europei: dell'argomento si è parlato oggi in occasione del primo consiglio federale della Figc (assente Lotito dopo la decisione dell'Alta Corte di giustizia presso il Coni). Le date degli stages sarebbero in aprile (16-17 e 23-24) e maggio, esentati ovviamente gli azzurri i cui club saranno impegnati dalle Coppe europee. La risposta delle Leghe di A e B sui raduni infrasettimali si avrà il 16 marzo, pare che la Juventus faccia ancora resistenza. Si vedrà. In occasione del cf, inoltre il presidente della Figc, Giancarlo Abete, ha spiegato che "il contratto collettivo della A scade il prossimo 30 giugno e va rinnovato senza pantomine". Uno sciopero dei calciatori (o dei presidenti?) non sarebbe più tollerato, né dalla Figc, tantomeno dal Coni. Si è parlato anche del blocco dei ripescaggi, fra sindacato calciatori e Lega Pro (che vuole arrivare ad un massimo di 60 club) le posizioni si sono in parte ammorbidite. Intanto, è quasi certo ormai che la finale di Europa League 2014 sarà ospitata dallo stadio della Juventus e quella di Champions League 2016 si disputerà a San Siro.
  12. Calcioscommesse? Più grave rispetto a Calciopoli Edmondo Pinna- Corriere dello Sport - 07-02-2012 Il calcioscommesse? Il male dei mali, il Grande Mostro del calcio moderno, qualcosa che non può essere accostato agli ultimi scandali che hanno segnato il football di casa nostra. Il giorno dopo le dure parole del capo della Polizia, Manganelli, in Federcalcio si respira aria d’attesa ma anche di consapevolezza che il rapporto fra la Procura federale e quelle che indagano sulle combine, da Cremona a Bari, è solido. Tra via Allegri e via Po aspettano i risultati delle ultime attività investigative, ben sapendo che la vicenda potrebbe allargarsi a macchia d’olio. Ne sanno qualcosa gli 007 federali che, dopo l’interrogatorio-fiume di Carobbio, hanno dovuto rimettere mano pesantemente al calendario delle audizioni, piazzandone ben 14 per domani. Una fretta... sospetta. DI MALE IN PEGGIO - Ma non è l’unica sensazione palpabile. Nelle segrete stanze della Procura della Federcalcio c’è quasi amarezza nel leggere e sentire quello che viene fuori dalle pieghe di quest’ultimo scandalo. «E’ peggio di Calciopoli» filtra ed è una frase che, già così, dice molto e dà il senso di quello che gli 007 federali si trovano davanti. «Sei anni fa, qualcuno(Moggi, ndr) tramava per vincere, adesso si combinano le partite per perdere e guadagnare soldi». Per chi deve già barcamenarsi fra più di duemila procedimenti aperti (perché Palazzi e i suoi uomini, tutti allertati in questi giorni di superlavoro, devono occuparsi anche di magagne meno importanti per l’opinione pubblica, tipo partite fra dilettanti, ma comunque meritevoli d’attenzione) per garantire la giustizia, non deve essere granché gratificante. Ma queste sono le nuove frontiere, il nuovo limite verso il quale è stata spostata l’asticella della legalità. FRETTA - Il procuratore federale Palazzi e i suoi uomini stanno cercando di programmare per tempo i prossimi interrogatori. Tutti i suoi uomini, a cominciare dai più fidati, sono mobilitati. Non c’è fretta. Però, dato che alcuni angoli di questa brutta storia sono ancora bui, meglio andare spediti su quello che è già noto. Per chiudere almeno qualche capitolo prima di aprirne altri. Sei interrogatori oggi, addirittura quattordici domani, un’accelerazione dovuta anche alle conferme e alle rivelazioni di filippo Carobbio. In oltre sette ore, ha sostanzialmente confermato quello che aveva rivelato a Cremona, aggiungendo però particolari insignificanti per la giustizia ordinaria ma estremamente importanti per quella sportiva. E dato che la nuova tendenza sia quella di collaborare con la giustizia sportiva (come hanno dimostrato Micolucci prima e Carobbio appunto poi), non è escluso (anzi) che il calendario fermo al momento al 15 marzo possa essere ulteriormente rivisto e aggiornato. PAROLE - Ieri gli 007 federali hanno ascoltato Alessandro Pederzoli, l’ex compagno di squadra nell’Ascoli di Micolucci (e da quest’ultimo tirato in ballo) e il tecnico Maurinho Ernandes. Pederzoli ha dovuto rispondere alle domande degli inquirenti federali in merito al suo presunto coinvolgimento nella tentata combine di Ascoli-Sassuolo 0-0 e di un incontro con il gruppo degli Zingari. «E’ andata bene e di più non possiamo dire, visto che gli atti sono stati secretati. Nuovi dettagli? non ce n’era bisogno» ha confidato uno dei legali di Pederzoli. Si è limitato ad un laconico «parlerà il codice di Giustizia sportiva», invece, il tecnico Maurinho, uscendo dagli uffici federali dopo tre ore, troppe per chiarire quanto si dice in un’intercettazione ambientale fra lui e Santoni, nella quale si ipotizza un coinvolgimento diretto dell’Atalanta, oltre che di Doni.
  13. Il caso SE A COVERCIANO IL RELATORE E' DE SANTIS CRONACA DI UNA BRUTTA FIGURA COLLETTIVA Ruggiero Palombo - Gasport - 7-02-2012 La notizia l'ha scovata ieri il Fatto quotidiano. Racconta di un seminario dal titolo neutro "La giustizia sportiva tra diritto e cronaca". E dal sottotitolo un po' meno neutro: "propedeutico all'esercizio dell'attività difensiva", in altre parole materia riservata agli avvocati. Tutto a cura della Camera Penale di Firenze, sotto la direzione dell'avvocato Federico Bagattini, ogni venerdì dal 3 febbraio al 23 marzo. Patrocinatori dell'evento, insieme al Comune di Firenze, il Comitato Provinciale del Coni, la Lega Pro, la Lega Dilettanti. Sede del seminario, il "museo del calcio", fiore all'occhiello del Centro Tecnico di Coverciano, proprietà Federcalcio. Fin qui niente di politicamente non corretto: sennonché, il Fatto quotidiano rivela che tra i relatori del seminario ci sono stati anche l'ex arbitro Massimo De Santis, 23 mesi di condanna per Calciopoli, ed Ermanno Pieroni, dirigente calcistico incappato in qualche disavventura giudiziaria. Un posto in prima fila, quale uditore, se lo è invece ritagliato Innocenzo Mazzini, 26 mesi di condanna a Napoli, radiato dalla giustizia sportiva. Ieri, intorno a questa notizia, è scoppiato il finimondo. Patrocinatori, organizzatori e vittime ignare, si sono incazzati tutti, ad eccezione del Coni centrale, che l'ha presa con un certo senso dell'umorismo ("Non ne sapevamo nulla, ma facciamo bene a voler abolire i comitati provinciali"). Lega Pro e Dilettanti sono cascati dalle nuvole. Macalli ha precisato in una nota che "il patrocinio è stato concesso nel settembre scorso, tenuto conto anche delle materie affrontate, nonché di coloro che prestavano la propria attività come docenti, tra i quali il Procuratore Federale, alti magistrati della circoscrizione fiorentina, e il questore di Roma. Al momento della concessione del patrocinio non risultavano indicati i nominativi di diversi soggetti che sarebbero intervenuti al seminario". Tavecchio è andato oltre: "Fatto gravissimo, mai dato nessun patrocinio, oggi mi farò sentire in Consiglio Federale". Quanto ad Abete (e Valentini), denunciano all'unisono che nel programma del seminario, presentato per chiedere l'autorizzazione ad essere ospitati a Coverciano, venivano fatti i nomi di alcuni relatori (tra cui il prefetto di Roma Tagliente e il procuratore federale Palazzi) ma non si faceva cenno di quelli "incriminati". Ergo le sopraggiunte presenze vengono definite "inopportune e non gradite in una sede federale" e ogni altra iniziativa e organizzazione di eventi a Coverciano viene d'ora in avanti avocata direttamente ad Abete. prende capello via comunicato pure l'avvocato Bagattini, l'organizzatore del seminario che, casualmente, è anche il difensore di Mazzini: uno dei venerdì era dedicato al "processo di Napoli: i protagonisti" e giocoforza bisognava dar voce anche agli imputati. Piccolo commento conclusivo: vicenda tragicomica, dove tutti ci fanno una brutta figura. Chi sapeva e non ha fatto sapere, chi sapeva e ha fatto finta di non sapere, e anche chi non sapeva ma non può mai permettersi di non sapere. Ecco che cosa intendeva Petruccci quando a novembre ammoniva sui rischi che il calcio corre a causa del "doping legale".
  14. A Conte manca fiducia nella Juve Mario Sconcerti - Lo sconcerto quotidiano - 7 marzo 2011 Conte insiste troppo a mettere le mani avanti. Non deve prendere tutto sul serio. La gente ha diritto a qualche fischio come ha sempre il dovere all’applauso. Sono cose normali, stupisce se ne faccia ferire. Più probabile sia sotto stress da troppo tempo. La squadra non è perfetta e lui lo sa. E’ incredibile non solo che non abbia mai perso, ma che non abbia mai nemmeno seriamente rischiato di perdere. Francamente questa Juve è qualcosa di diverso, ma non per questo è automaticamente la migliore. Il Milan vince facilmente con gli altri avversari, questo compensa le sue sbandate. Queste cose Conte le sa. Non può insistere sui due settimi posti, perchè non sono corretti. La squadra dell’ultimo settimo posto ha cambiato tredici giocatori tra l’estate e gennaio. Quella squadra era poi sempre la Juventus, cioè scandalizzata di quel settimo posto visto dall’alto della sua storia. Conte ha fatto molto, più di quel che si pensava, ma se perde ha fatto un ottimo campionato perso, non altro. Credo sia tempo cambi canzone, è tempo dica ai suoi che possono e devono vincere. Ne hanno tutte le possibilità e i rischi. Altrimenti sarà la sua squadra la prima a credere di non potercela fare.
  15. Così si perdono le grandi occasioni, e forse gli scudetti Maurizio Crosetti - 4-03-2012 - la Repubblica MILANO, 4 marzo 2012 - Ibra non fa tre gol al Palermo ma alla Juve, direttamente nella porta di Buffon, con una settimana di ritardo. E stavolta non c’è bisogno dell’occhio di lince del guardalinee: sono entrati tutti, decisamente. Non ci sono gol fantasma e invece c’è lui, il gigante assoluto, il ciclope del campionato, l’unico Gulliver della serie A, quello che sabato a San Siro mancava per squalifica. Quando Ibra gioca e segna così, rimpiccioliscono tutti. Ibra illumina e oscura. Perché il calcio è un mistero semplicissimo: chi ha i fenomeni, vince. Ibrahimovic è come un adulto in un campo di bambini. Al Milan basta assecondarlo, seguirlo e lasciarsi trasportare. Tre reti in mezza partita, mentre alla Juve non ne basta una intera per mandare in porta una punta. Segna, invece, e in fuorigioco, il terzino De Ceglie. Bravo ragazzo, ottimo calciatore, però la differenza tra Milan e Juve è anche questa. Da una parte Ibra, dall’altra De Ceglie, senza offesa. È imperdonabile l’incapacità di vincere che troppo spesso prende alla gola i bianconeri. Non segnano quasi mai, cadono nei pareggi come fossero tombini aperti. Sono la squadra più inglese del nostro campionato, pressano e mordono, poi però si distraggono e sbagliano da pasticcioni, goffamente, con il povero Bonucci più che mai rappresentativo. Ma peggio di lui gli attaccanti, a parte (forse) Matri che almeno ci prova. Dopo avere ammirato le mille vie di Ibra, tutte spalancate verso la porta, i ghirigori senza costrutto di Vucinic sono sembrati persino fastidiosi. Il Milan si esprime totalmente nel suo campione, la Juve cerca di essere campione dividendo il peso in parti uguali, ma non è davvero la stessa cosa. Così si perdono le grandi occasioni, e forse gli scudetti, anche se c’è tutta una vita davanti. Certo che con Ibra è un’altra vita.
  16. Osservatorio su errori arbitrali: 114 partite falsate resport.it - Serie A - 01/03/2012 20:38 Spostati virtualmente 117 punti e alterato il 46% dei risultati Gli errori arbitrali continuano a produrre al calcio irreparabili danni economici e d’immagine, senza che l’avvicendarsi della dirigenza dei fischietti riesca a migliorare la situazione. L’arbitro sbaglia per l’effetto concomitante di due fattori: la limitazione delle capacità umane, messa sempre più in evidenza dalla crescente tecnologia, e la sudditanza psicologica degli arbitri, tuttora influenzata dai fatti di Calciopoli. E’ questa la conclusione cui continua ad arrivare da sei anni l’Osservatorio sugli Errori Arbitrali nel Calcio, condotto dal marchio Virtualclass in collaborazione con Adiconsum. L’esame effettuato dall’Osservatorio attraverso la moviola e la comparazione con i dati riportati dai 3 maggiori quotidiani sportivi, rivela che nelle prime 25 giornate del Campionato di Serie A 2011/12 i 29 arbitri impegnati nelle 247 partite disputate hanno commesso 142 errori gravi in situazione da gol/non gol. Questi errori hanno virtualmente: alterato il risultato di 114 partite (46% del totale, contro il 41% dell’anno scorso); spostato 142 punti di classifica, equivalenti a 5,2/giornata calcistica (contro i 4,3 dell’anno scorso). Ha prodotto le seguenti differenze di classifica: Milan 56 5, Juventus 53 3, Udinese 46 1, Napoli 46 6, Lazio 43 -2, Palermo 38 4, Roma 38 =, Chievo 38 5, Cagliari 35 4, Parma 33 4, Inter 32 -4, Bologna 30 2, Genoa 30 -1, Siena 29 3, Atalanta (-6), 29 -2, Catania 28 -5, Fiorentina 27 -1, Novara 25 8, Lecce 22 -2, Cesena 15 -1. (Bologna, Juventus, Cesena, Catania, Fiorentina, Parma una partita in meno). Nella roulette russa degli errori arbitrali mesi in luce dalla tecnologia, è tuttavia da notare una costante: l’Inter è l’unica squadra ad aver virtualmente ricevuto solo benefici nel dopo Calciopoli, seppur raffreddati in tempi recenti: 4 punti nel 2011/12 ad oggi; 3 nel 2010/11; 3 nel 2009/10; 11 nel 2008/9; 9 nel 2007/8; 6 nel 2006/7. Per converso, è da notare come alla Juve, principale imputata di Calciopoli, alla 25a giornata dell’attuale stagione 2011/12, sia stato concesso 1 solo calcio di rigore a favore e 3 contro, mentre le sono stati virtualmente negati 12 rigori a favore in rapporto a 6 contro. Al Milan sono stati attribuiti 6 rigori a favore e 1 contro, mentre nel computo dei rigori virtuali ne sono stati negati 9 a favore in rapporto a 4 contro. Ciò spiega il credito virtuale di entrambe le squadre nel punteggio in classifica. La tipologia degli errori arbitrali sui casi da gol-non gol analizzati ha riguardato: rigore/non rigore (69%, contro il 57% dell’anno scorso), fuori gioco (21%, contro 30%), fallo in azione da gol (8% contro 11%), gol fantasma (2% contro 2%). La mancata concessione del rigore è quindi la causa maggiore dello spostamento virtuale dei punti, mentre appare evidente che il gol fantasma ha più valenza emozionale che statistica. “L’uso documentato e spettacolare della moviola in campo per decidere sull’episodio determinante della partita nella recente finale del Super Bowl americano, il singolo evento sportivo più importante al mondo -commenta Luciano Lupi, presidente di VirtualClass- ha dimostrato come questo mezzo tecnologico sia l’unico in grado di garantire la regolarità della contesa e l’etica del risultato. I sensori sulle porte annunciati da Blatter per decidere sul gol fantasma, che rappresenta soltanto il 2% nella casistica degli errori arbitrali, sono un’ennesima, recalcitrante melina per mantenere governabile il risultato in campo. Nè appare credibile l’idea di Platini che la moviola in campo rallenterebbe un gioco in cui la palla è già ferma per il 50% del tempo regolamentare. Basterebbe adottare il challenge del tennis per risolvere in 30’ errori che nella maggior parte dei casi comportano risse in campo, con minuti di stop e altri errori arbitrali”.
  17. GALLIANI & AGNELLI LA PICCOLA PACE AMICI IN AFFARI MA NEMICI SCUDETTO Umberto Zapelloni Gasport 3-03-2012 Amici per gli affari, nemici per lo scudetto. La musica non cambia. MIlan e Juve continuano a punzecchiarsi tenedosi debitamente a distanza anche se Agnelli e Galliani hanno fumato il calumet della pace epr varare la nuova governance della Lega con Beretta sempre in sella. La telefonata dell'altro giorno di Agnelli a Galliani, quella svelata dalla giornalaccio rosa giovedì mattina, ha prodotto una pace armata giusto per gli interessi di bottega. Non poteva essere altrimenti, visto che chi ha ricevuto le scuse per un comportamento sgarbato, poi ha cercato di trasformarle anche in scuse totali coinvolgendo nel discorso anche Andrea Pirlo, la bandiera che adesso sventola sulla sponda opposta. D'altra parte se io litigo con un amico trattandolo male e poi gli telefonod per chiedergli scusa, come mi devo sentire se poi quell'amico va a raccontare tutto in giro. Il Milan ci ha tenuto a precisarlo subito. Le scuse di Galliani sono personali, ma resta l'irritazione per la "strategia della tensione" montata ad arte dal club bianconero prima del big match di sabato scorso: Parole pesate e ufficialmente pubblicate sul sito ufficiale. Come dire non illudetevi, la guerra continua. Non passano che pochi minuti e da Milanello e Vinovo anche Allegri e Conte ricominciano a prendersi a pallettate: "Scuse alla Juventus? E di cosa dobbiamo chiedere scusa? E' stata la Juventus a montare il teatrino" ha detto il conte Max dopo aver chiesto il permesso a Marotta. "Siamo imbattuti e in questa posizione perché ce lo meritiamo, nessuno ci ha regalato nulla" ha replicato Conte. Veleno in pillole. Altro che pace. Ma in fin dei conti è giusto così. Non possiamo prentendere che chi lotta per lo scudetto sia disposto a regalare dei favori all'avversario di turno. L'importante è restare nei limiti della correttezza e del fairplay. Le battute tanto care all'avvocato Agnelli, ma anche all'avvocato Prisco, non hanno mai fatto male a nessuno e neppure falsato dei campionati. Mettere un carico da novanta davanti ad ogni fischio arbitrale può invece produrre i risultati che abbiamo visto sabato a San Siro, quando i tifosi alla fine si sono comportati meglio dei dirigenti. Da questa sera per fortuna si gioca. Speriamo che gli arbitri vedano tutto. Per il bene loro, ma soprattutto del campionato. Milan e Juve non sono in guerra, sostengono Galliani e Agnelli, ma la pace è un'altra cosa e un fischio sbagliato potrebbe far davvero dei danni.
  18. E' TORNATO IL BUONSENSO Paolo De Paola - Tuttosport - 02-03-2012 Le scuse di Galliani ad Agnelli rappresentano finalmente un passo costruttivo dopo il sonno della ragione seguito al pareggio fra Milan e Juventus a San Siro. Complimenti al vicepresidente rossonero. Pur comprendendo qualsiasi sfogo immediato dovuto alla disastrosa prestazione arbitrale, restano, comunque, un mistero le accuse rivolte alla Juventus e la successiva ricerca di fantomatiche ed oscure strategie che sarebbero state orchestrate dai bianconeri. Per non parlare degli sgradevoli episodi che hanno coinvolto, in maniera gratuita, un pezzo di storia rossonera come Pirlo e uno di quella bianconera come Buffon. Insomma una reazione davvero esagerata e soprattutto contrastante con l’ottimo dialogo che le due società vantano su tanti altri temi. Visto, però, che si è ripresa con saggezza la strada della discussione, è giusto ricordare ciò che il Milan ha contestato alla Juventus, la causa dell’accanimento verbale (e scritto) contro Agnelli, Marotta e Conte. Se di un punto e a capo si parla, è doveroso sottolineare quel punto, altrimenti poi, torti e ragioni confluiscono in un unico calderone e resta la memoria di una guerra che guerra non fu, dato che si è trattato dell’attacco di una parte contro un’altra. Basta riconoscerlo con serenità, ribadendo il tema che ha scatenato le ire dei rossoneri e cioè le precedenti lamentele della Juventus nei confronti di alcuni arbitraggi. Tutto qui, purtroppo. E allora? Si ritiene, forse, che determinate proteste (comuni più o meno a tutti i club a rotazione) abbiano davvero il potere di condizionare un arbitro o un guardalinee tanto da indurli a non concedere un gol regolare? Se così fosse, il calcio sarebbe già bello e finito. No, l’errore tecnico arbitrale (subìto peraltro anche dalla Juventus), per quanto grave continua ad appartenere a un gioco che non vuole dotarsi di tecnologia. La rabbia rossonera andava rivolta solo contro chi ha sbagliato in campo. Tirare in ballo la Juventus è stato un pericoloso boomerang. Dopo le scuse, anche di Mexes, si volti pagina e torni il buonsenso.
  19. Milan-Juve, interviene Petrucci: "Non si parli di calciopoli, è finita" l'Unione Sarda.it 01-03-2012 Errori arbitrali, risse in campo e polemiche. Di tutto di più in Milan-Juventus, ma che nessuno tiri in ballo "calciopoli" perché il presidente del Coni, Gianni Petrucci, considera la vicenda abbondantemente chiusa A una domanda che riporta la vicenda allo scandalo del 2006 risponde così: "no no, calciopoli è finita", dice il numero 1 dello sport italiano, impegnato allo stadio Militare Albricci di Napoli per la cerimonia di sottoscrizione della convenzione di uso condiviso dell'impianto tra il Coni e il Ministero della Difesa. "Gli arbitri - ha aggiunto Petrucci - sbagliano come sbagliano tutte le altre componenti di questo sport". "Calciopoli non c'entra niente -ha detto ancora Petrucci-, si sono riparlati. Si tratta di due persone intelligenti sia Galliani che Andrea Agnelli, ma questo ha fatto sempre parte delle frizioni durante un campionato, non bisogna mai esagerare, per cui siccome sono due bravi e grandi dirigenti hanno già trovato l'intesa. E poi -ha detto ancora Petrucci- ci saranno sempre le discussioni che fanno parte del calcio, l'importante è rispettare l'etica e i principi morali. Ma sono due persone che io stimo e apprezzo entrambi per cui presumo che tutto sia ormai alle spalle". Giovedì 01 marzo 2012 13.06
  20. No, in realtà no, ho fatto il copia incolla da un forum, perché il Pdf della *****accia non me lo faceva fare, però fila meglio così, ne converrai ps una volta in una citazione su un pezzo che stavo pubblicando sul sito, ho ripreso un pezzo da qua, e invece di 'g a z z e t t a' avevo lasciato 'giornalaccio rosa', me ne sono accorta solo all'ultimo istante.
  21. SPY CALCIO Niente sport su Rai 1 o Rai 2. Giornalisti verso lo sciopero Fulvio Bianchi - 1-03-2012 Convocata un'assemblea immediata, i giornalisti di Rai Sport sono pronti a scendere in sciopero. Il direttore Lorenza Lei, infatti, ha deciso che in futuro lo sport, ad eccezione della Nazionale di calcio e della Formula 1, non andrà più sui canali tradizionali come Rai 1 o Rai 2 ma sul canale tematico Rai Sport 1, digitale terrestre "free". Questo vuole dire penalizzare fortemente trasmissioni come Dribbling, Stadio Sprint, Novantesimo Minuto e la Domenica Sportiva che, fra sabato e domenica, andavano in onda su Rai 2. "Quelli che il calcio e...", sempre Rai 2, invece sarà chiusa dalla prossima stagione: la formula ormai è superata, finché c'era Simona Ventura faceva ancora ascolti sopra la media della Rete, ma adesso con Victoria Cabello è crollata. I giornalisti di Rai Sport sono sul piede di guerra perché Rai Sport 1 garantisce ascolti nettamente inferiori a Rai 1 o Rai 2: il canale tematico, sul quale il direttore Eugenio De Paoli crede e ha sempre creduto, va bene come secondo canale sportivo (e ha fatto buoni numeri con il volley, il trofeo Viareggio e altre discipline), ma i veri ascolti si fanno sulle reti più forti. Così si relega lo sport in secondo piano: sempre che la Rai riesca a salvare trasmissioni come la Domenica Sportiva e Novantesimo (appena aperta l'asta della Lega di A)... Da parte del cda Rai ci sono stati tagli consistenti che hanno penalizzato soprattutto lo sport, e non certo "Ballando sotto le stelle". La prima tv a Londra sarà Sky, non è detto che la Rai riesca a salvare la Coppa Italia (interessa anche a Mediaset e Sky), mentre dal prossimo anno è sicuro che la Rai non avrà più nemmeno la Champions League (se la spartiranno Sky e Mediaset). Non sono in molti a pagare il canone, è vero, ma la Rai dovrebbe anche ricordarsi di essere (anche) un servizio pubblico: i gol si potranno vedere solo a pagamento? (01 marzo 2012)
  22. La Juve si sente aggredita e sceglie il silenzio Alex: «Guardare avanti» di Domenico Latagliata - Il Giornale - 1-03-2012 La linea guida, tanto per cambiare, la detta Alessandro Del Piero. Rimasto in panchina contro il Milan a mordersi le unghie mentre i suoi compagni lottavano e sbuffavano per rimontare il gol segnato da Nocerino: in piedi per quasi tutti i novanta minuti, capitano ai margini del rettangolo di gioco ma non della lotta. Un capitano che ieri, dalle pagine del suo sito, ha esplicitato il da farsi: «Guardiamo avanti. Di fronte alla Juventus ci sono giorni decisivi, con due partite nel giro di quattro giorni, due momenti di fondamentale importanza per la nostra stagione. Erano anni che non arrivavamo a marzo in corsa per due obiettivi, campionato e coppa Italia. Sta per cominciare un mese che dirà molto del nostro futuro e dobbiamo farci trovare preparati. La nostra concentrazione è rivolta soltanto a questo». Non una parola sulle polemiche, almeno non direttamente. Il quotidiano è la sola cosa che conta. Non il passato: quello va archiviato, punto e basta. Si punta al massimo guardando avanti, sbirciando il traguardo oltre gli ostacoli. Che ci sono, inevitabilmente: ma che possono essere superati. Con serenità e senza perdere la calma. Un po' quello che sta cercando di fare la Juventus tutta, muta ai piani alti dal prepartita di San Siro: le ultime frasi sono quelli in cui per bocca di Marotta la società si diceva «soddisfatta della scelta di Tagliavento». Due ore dopo pareva una barzelletta, ma nessuno ha più voluto tornare sull'argomento. Se altri hanno gettato benzina sul fuoco, la Juve no: quello che doveva dire lo aveva già detto. Punto e a capo. Nessuna reazione agli attacchi del Milan, nessuna voglia di controbattere a nessuno. Buffon si è difeso da solo incassando la solidarietà pressoch´ unanime dei colleghi (Thiago Silva in primis), Conte è rimasto zitto a Coverciano - in attesa di parlare domani, alla vigilia del match contro il Chievo - e come lui hanno fatto Andrea Agnelli (nella foto) e Marotta. I quali domani parteciperanno alla riunione di Lega e chissà se avranno voglia-piacere di esporsi: improbabile, ma non impossibile. «Il nervosismo di questi giorni? Ha ragione Berlusconi - ha detto ieri a Radio Sportiva l'ex presidente juventino Giovanni Cobolli Gigli - quando dice che gli errori arbitrali esistono ma che le squadre devono cercare di vincere lo stesso senza attaccarsi ad altro. Mi sembra che stiamo facendo processi eccessivi. I toni della Juventus? Non ho avuto la sensazione che i bianconeri abbiano esagerato, anche se è chiaro che Conte aveva fatto una serie di dichiarazioni avallate dalla società. Ci ha però messo del suo anche il Milan, con le polemiche seguite alla conferma della squalifica di Ibra. Piuttosto, non capisco perch´ nel calcio non si possa adoperare la tecnologia: in Milan-Juventus tutto si sarebbe risolto seduta stante». In attesa magari di maggiori poteri al quarto uomo o dei giudici di linea anche in campionato, Buffon ha incassato tra gli altri la solidarietà di Materazzi («ha detto quello che pensava e questo gli fa onore. Non mi sembra che l'anno scorso, quando Robinho fece gol di mano a Verona, qualcuno abbia detto nulla») e quella del collega Frey («avrei reagito allo stesso modo»). Il tutto, mentre il presidente dell'Uefa Platini fa i complimenti alla Juve che fu sua, non si sbilancia sulla lotta scudetto («proprio a me lo chiedete?») e si dice «favorevole al doppio arbitro, non alla tecnologia in campo». La Juve intanto prende nota di tutto (anche dei sorrisetti sul caso Bonucci tirato dentro lo scandalo calcioscommesse per quando era al Bari) e, nel silenzio del suo fortino di Vinovo (e a porte chiuse), prepara il sorpasso, visto che mercoledì prossimo recupererà il match contro il Bologna rinviato per neve. A Torino invece splende il sole ormai da giorni e il pareggio di San Siro ha riscaldato ancor più gli animi: «Diamo fastidio, la cosa mi piace», ha gongolato Buffon. Un muro di qua, un muro di là. Rispetto a una decina di giorni or sono, però, il nervosismo non veste più il bianconero: a patto che gambe e testa funzionino ancora come a inizio stagione, potrebbe essere un bel vantaggio nello sprint tricolore. *************************************************************** "Galliani, sono Agnelli". E' disgelo. Una telefonata e dopo i veleni di Milan-Juve riparte il dialogo Il numero uno bianconero chiama l'ad bianconero per stoppare le polemiche. I due faranno fronte comune per difendere Beretta in Lega. di Carlo Laudisa - Gasport - 1-03-2012 MILANO, 1 marzo 2012 - La luce s’è riaccesa. Juve e Milan hanno già chiuso il caso-Muntari. Al telefono Andrea Agnelli e Adriano Galliani martedì sera hanno riavviato il dialogo tra i due club dopo la tempesta di sabato sera a San Siro. Il chiarimento Pace firmata, allora? Ad essere più cauti potremmo parlare magari di tregua. Ma quel che importa è che i vertici di corso Galileo Ferraris e via Turati abbiano accantonato in fretta le polemiche per ripromettersi di chiudere la stagione con rispetto reciproco. E senza ulteriori strascichi dialettici. Del resto, all’origine della querelle c’era proprio il risentimento rossonero per le dichiarazioni juventine che avevano prospettato la questione arbitrale. E non a caso Adriano Galliani s’era lamentato proprio di questo nel duro faccia a faccia con Antonio Conte nell’intervallo della sfida-scudetto. La chiacchierata Va dato atto al presidente della Juve d’aver fatto lui il primo passo, E’ stato Andrea Agnelli a chiamare l’a.d. rossonero, rompendo subito il ghiaccio. Trovando evidentemente un Galliani conciliante. La ripresa del dialogo, dunque, ha permesso di chiarire che nessuno ha voglia di esasperare gli animi. E partendo da questa reciproca constatazione i due dirigenti si sono impegnati ad abbassare i toni. Se non proprio ad azzerare le esternazioni sul tema. Il rapporto In questa vicenda, ad ogni modo, è stato decisivo il rapporto di stima che da sempre unisce il presidente bianconero al massimo dirigente milanista. La riprova s’era già avuta ai primi di dicembre, quando il Milan era in prima fila per l’ingaggio di Tevez. In quell’occasione fu Galliani a chiedere al numero uno bianconero di non intralciare i lavori in corsa e Agnelli fu di parola nel disimpegnare i suoi uomini-mercato sul fronte dell’Apache. Se è per questo i due si erano sentiti anche all’inizio della scorsa settimana, a riprova che tra loro non c’è mai stato nulla di personale. Le ferite A rasserenare gli animi hanno contribuito anche le decisioni morbide del giudice Tosel che, tolta l’inevitabile squalifica per tre giornate a Mexes, ha chiuso il caso-Galliani con una diffida, mentre non ha applicato la prova televisiva né per Muntari né per Pirlo. Decisione salomonica per i pasdaran, ma utile a voltar pagina e allontanare le attenzioni dalla questione arbitrale. Un’accortezza indispensabile per ridare ai protagonisti la loro vera luce, quella tecnica. Una piccola riprova s’era già avuta lunedì alla cerimonia per la Panchina d’Oro. In quell’occasione coitus interruptus ( coitus interruptus per i benpensanti, ndr) s’era limitato ad una battura ironica, ma aveva evitato nuovi affondi, nonostante alcune domande a trabocchetto. E in quella stessa occasione Conte aveva addirittura evitato di parlare. Un segnale eloquente dell’inversione di tendenza. Abituiamoci all’idea, insomma, di dichiarazioni molto più soft sia degli juventini che dei milanisti da qui in avanti. Gli affari E in questo auspicato ritorno alla normalità c’è anche la partita politica all’interno della Confindustria del calcio. Agnelli e Galliani sono da tempo sulla stessa barca. E nella telefonata di martedì Agnelli e Galliani hanno toccato anche il tema dell’assemblea di domani della Lega di serie A. All’ordine del giorno c’è la richiesta di dimissioni del presidente Maurizio Beretta sottoscritta da otto club: Inter, Bologna, Cagliari, Cesena, Lecce, Novara, Palermo e Siena. Il regolamento di Lega di serie A prevede un quorum di 14 voti perché la petizione venga accolta. Ma sia Juve che Milan sono per la continuità e stanno lavorando per raccogliere il consenso più ampio possibile in questa votazione. Anzi, la strategia è proprio quella di evitare la conta per garantire una soluzione costruttiva che vada incontro alle esigenze della maggioranza dei 20 club della massima serie.
  23. Ma io non ci sto: bentornata, vecchia Juventus di Gianni Santucci Giornalisti nel pallone - corriere.it 26-02-2012 In ogni storia serve un ladrone. In ogni trama di romanzo c’è sempre un Barabba In ogni storia serve un ladrone. In ogni trama di romanzo c’è sempre un Barabba. Se poi parliamo di un romanzo ambientato nel triste Paese Italia, il ladrone sarà di sicuro della specie “chiagne e fotte”, che la domenica rubacchia e durante la settimana fa la sceneggiata della povera vittima, perseguitata dalle ingiustizie. Eccoti qua, vecchia Juve, tornata tra noi. Non ci sei mancata per niente.
  24. la rovesciata IN DIFESA DI BUFFON LA RETORICA VA PRESA IN MODICA QUANTITA' Scagli la prima pietra chi è senza peccato, non chi ne ha commessi di meno Roberto Beccantini - Gasport - 29-02-2012 Da incallito peccatore quale sono, spezzo una piccola lancia a favore di Gianluigi Buffon che tanta indignazione ha sollevato. Se ci fosse stata la moviola "in busta" ai tempi in cui facevo le note-spese da inviato, chissà quanti goal di Muntari "taciuti" sarebbero affiorati tra le ricevute dei taxi e delle cene (di rappresentanza, naturalmente). Ho trovato per lo meno singolare tutta 'sta levata di scudi contro Buffon da parte della mia categoria proprio in coincidenza con il testa di c. scagliato da un memebro della medesima ad un allenatore: era un fuori onda e il collega si è scusato. Amen. Wole Soyinka, poeta e drammaturgo nigeriano, premio Nobel per la letteratura nel 1986, ha scritto: "Con l'esempio che ci viene dall'alto, perché stupirci del marcio che c'è in basso". Buffon è alto, sì, ma non occupa tutto il tetto, anche se un minimo di cautela, vista la fragilità delle ringhiere, non guasterebbe: e bene ha fatto Platini a rammentarglielo. Al dipendente che nega l'evidenza per il bene dell'azienda è venuto in doccorso Thiago Silva, confessando che, nei suoi panni, si sarebbe comportato allo stesso modo. Non oso pensare alla collera di coitus interruptus. Mettiamola sullo scherzo: ha sbagliato, Buffon, a parare l'imparabile colpo di testa di Mexès. Non lavesse fatto, ci saremmo evitati il Far West di Milan-Juve, con strascico di insulti, orge di moviole, e ditta chiusa via Internet. A proposito: non è che si parli troppo di Buffon per parlare poco di altri argomenti, di altri protagonsti? Immagino che Gigi si sia lasciato trasportare da una nuvola d'ira. Nel corso di Juventus-Siena l'arbitro Peruzzo gli aveva chiesto la paternità di un corner. L'aveva negata. L'arbitro, in assenza dell'esame del Dna, l'aveva accordato. Di qui la scelta: ah sì, non mi avete creduto? D'ora in poi sarò disonesto a gettone piuttosto che onesto mazziato. Con buona pace dell'"addolorato" Nicchi. Certo, avrebbe potuto stare zitto. E' il capitano della Juventus e della Nazionale: a magari, quando sarà vecchio, comincerà a dare buoni consigli per consolarsi di non poter più dare cattivi esempi (Fabrizio De André). Cesare Prandelli l'ha convocato comunque per l'amichevole Italia-Stati Uniti e non l'ha degradato. Eppure, tra gli azzurri, vige il codice etico. Per me è sbagliato, dal momento che l'etica - nello sport, soprattutto - dovrebbe essere implicita - ma c'è. E va rispettato. Così d'improvviso: dare a Cesare quello che è di Cesare significa accettare la presenza del "bugiardo" Buffon: mamma mia. E adesso che si fa: si manda a quela codice i c.t. reo di aver bruciato Balotelli e risparmiato Buffon? mi vengono in mente gli interisti che sbertucciavano Fabio Cannavaro tutte le volte che, da capitano della Nazionale, Pallone d'oro, Fifa World Player eccetera, dichiarava di sentire suoi gli scudetti di Calciopoli, salvo non fare una piega quando li rivendicavano, da interisti stipendiati, gli ex juventini Zlatan Ibrahimovic e Patrick Vieira. La retorica e il moralismo sono sostanze che non dovrebbero mai superare la modica quantità. Due righe al massimo: scagli la prima pietra chi è senza peccato, non chi ne ha commessi di meno.
  25. ESCLUSIVA TJ - Luciano Moggi: "I moralisti ringrazino Dio che c'è Buffon. Pellegatti? Mancanza di rispetto totale verso Conte. Zeman è il re nell'arte di far confusione" Luciano Moggi è un fiume in piena e in esclusiva per TuttoJuve.com dice la sua su tutto: dal caso Buffon agli insulti ricevuti da Conte nel dopo Milan-Juventus, passando per il calcioscommesse e la disputa che lo porterà in tribunale faccia a faccia contro il suo rivale Zeman. Direttore, partiamo dal caso Buffon: da che parte sta? "In difesa di Gigi ci mancherebbe. Quando si dicono cose a caldo, può capitare di dire cose che non hanno nulla a che vedere con il momento. Non dobbiamo dimenticarci che c'è la rabbia e la tensione del dopo partita ad incidere. Sabato è successo di tutto con il gol valido annullato a Matri e il gol in malo modo annullato a Muntari che era buono. Buffon ha espresso liberamente un prorpio pensiero non capisco tutta questa caccia alle streghe e moralismi...". Lei poi lo conosce bene, cosa ha pensato? "Gigi è un ragazzo acqua e sapone. Fondamentalmente ha detto una cosa che pensano tutti. A sua discolpa aggiungo che è difficile accorgersi nel frangente di un secondo mentre si gioca e si compie un movimento se la palla è entrata o meno". Eppure c'è chi non lo vorrebbe più in Nazionale... "Buffon è stato ingenuo, ma sincero e leale nelle sue esternazioni. Siamo di fronte a un campione che ha dato tanto a Juve e Nazionale. Quelli che non lo voglio e ritengono meritevole dell'azzurro dovrebbero ringraziare Dio di avere in porta un fuoriclasse come Gigi". Ieri è emersa la possibilità di un'amnistia per il calcioscommesse, che ne pensa? "Sono rimasto senza parole di fronte ai moralisti e alle affermazioni del piemme De Martino. Ci vuole l'amnistia altrimenti si ferma il calcio: dire ciò è una vergogna! Ci sono state partite falsate con un giro di soldi che ha taroccato la regolarità delle gare. Il calcio se si deve fermare per ripulirlo s'ha da fermare". Tutto il contrario di Calciopoli... "Su Calciopoli e il calcioscommesse stiamo assistendo a due pesi e due misure. Meno male che il Coni ha detto che è irrealizzabile l'amnistia. Io non la voglio, le assoluzioni me le conquisto da sole. Ci vuole giustizia per le tante famiglie rovinate da questi scandali". Un suo ex giocatore, ora allenatore, Antonio Conte è stato esposto ad una gogna mediatica... "Guardi lasciamo stare questo capitolo che è disdicevole. Trattare Conte come ha fatto Pellegatti non è da giornalisti. C'è stata una mancanza di deontologia. Antonio si sarà pure allargato precedentemente in qualche dichiarazione, ma un conto è provocare un altro è insultare". Un'ultima battuta sul possibile processo che la vedrà rispondere in aula alle accuse di Zeman... "Certi personaggi non meritano neppure risposta. Non hanno nulla da dire. Zeman spicca nell'arte del far confusione: tante parole ma fatti zero".
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