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CRAZEOLOGY

K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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Scacco agli ultras. Tredici arresti per le violenze dopo Lecce - Carpi

Scacco agli ultras. Tredici arresti per le violenze dopo Lecce - Carpi

Tra i destinatari delle ordinanze di custodia cautelare, firmate dal gip Giovanni Gallo su richiesta del procuratore Cataldo Motta e del sostituto Massimiliano Carducci un palermitano che avrebbe appiccato il fuoco alla vettura della polizia



Redazione 6 luglio 2013

LECCE – Dall’alba di oggi gli agenti della Digos della questura di Lecce stanno eseguendo tredici ordinanze di custodia cautelare in carcere per gli episodi di violenza verificatisi al fischio finale di Lecce – Carpi, gara di ritorno della finale play-off della Lega Pro. E tra i destinatari ci sarebbe anche un tifoso del Palermo, considerato responsabile di aver dato alle fiamme un veicolo della polizia, alle spalle della Tribuna centrale. Tra le curva giallorossa e quella rosanero esiste un consolidato rapporto di amicizia, sancito a suo tempo anche da un gemellaggio.

Quella domenica "nera" per il calcio leccese - era il 16 giugno scorso - era finito in manette, colto in flagrante durante un lancio di pietre fuori dall'impianto sportivo, un 27enne di Mesagne ma residente a Erchie mentre altre due persone erano state denunciate.

Secondo quanto si apprende da lanci dell’agenzia Ansa, il provvedimento odierno è stato richiesto dal procuratore Cataldo Motta e dal sostituto Massimiliano Carducci al giudice per le indagini preliminari Giovanni Gallo al termine di un’attività investigativa condotta sulla base delle registrazioni video all’interno e all’esterno dello stadio di Via del Mare. I reati contestati sono danneggiamento, aggressione alle forze dell’ordine, minacce e invasione. Condotte anche una trentina di perquisizioni.



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Tecnici in fuga, stadi riaperti
la stagione comincia male
[spy calcio - f. Bianchi]

Le premesse non sono affatto belle: l'Osservatorio del Viminale, in vista della prossima stagione, dovrebbe richiamare i club ma anche le questure ad una maggiore attenzione. Sì, perché se si abbassa la guardia i violenti, i teppisti, i beceri si rifanno sotto. Vergognoso quello che è successo a Brescia: il tecnico in seconda, Fabio Gallo, ha rinunciato all'incarico perché minacciato dai tifosi. Il motivo? Quando era calciatore, aveva dichiarato che i tifosi dell'Atalanta sono migliori di quelli di Brescia, le due squadre in cui aveva militato. Dichiarazioni di 18 anni fa! Ma i tifosi, si sa, hanno la memoria lunga (almeno per certe così). E così, Gallo era stato "invitato" a non accettare l'incarico da un gruppo di ultrà, circa una ventina, della curva Nord "Andrea Toninelli". Era presente anche la Digos di Brescia: cosa ha fatto? Niente. Assordante anche il silenzio di Gino Corioni, da anni nel mondo del calcio.

Silenzio da parte delle istituzioni bresciane e anche dei club di tifosi (che spesso si sono distinti per gesti di solidarietà). Una brutta, triste storia. Non è la vittoria degli ultrà, questa. E' la vittoria dei violenti. Possibile che la polizia non sia intervenuta? Non si è trattato di minacce o violenza privata? In questi casi, esiste il Daspo. A Lecce invece la questura è stata sollecita nell'individuare i teppisti che avevano creato disordini dopo il playoff con il Carpi. Meno sollecita la giustizia sportiva: quattro partite a porte chiuse in primo
grado, ora le porte sono state riaperte e restano chiuse solo le due curve. Troppo poco per quello che era successo. La prossima stagione andranno in vigore le nuove norme contro il razzismo: prevista anche la chiusura delle curve, prima della chiusura dell'intero stadio. C'è da augurarsi che, se necessario, sia applicata. Le multe del giudice Tosel servivano a poco o nulla. Inoltre sarebbe il caso che il ministro Angelino Alfano prima o poi rimettesse mano al progetto della tessera del tifoso. Va rivisto, alla radice. Non si devono penalizzare le persone perbene, la stragrande maggioranza, ma colpire quei pochi violenti che se ne approfittano quando le maglie sono allentate.

Il ministro Delrio ripristina i fondi per i disabili
"Sono stati ripristinati i fondi destinati al Cip". Lo afferma il ministro per gli Affari Regionali, le Autonomie e lo Sport, Graziano Delrio. "L'impegno assunto dal presidente Enrico Letta - continua il ministro - nei confronti del Comitato italiano paralimpico è già stato attuato, a dimostrazione dell'importanza che riveste per la Presidenza del Consiglio l'attenzione al coinvolgimento e all'integrazione di tutti cittadini e tutte le cittadine attraverso la pratica sportiva ". La Presidenza del Consiglio ha infatti provveduto, d'intesa con il Ministro, a ripristinare i 721.038 euro tagliati nei giorni scorsi al Cip ( comitato italiano paralimpico), frutto di una riduzione lineare su tutte le spese decisa dallo scorso governo e in attuazione ora. Il ministro Delrio, nella sua nuova veste di ministro per lo Sport, aveva incontrato in mattinata il presidente del Cip, Luca Pancalli, per “rinnovare l'impegno ad una intensa collaborazione, confermando l'attenzione verso il Cip, sia per i risultati internazionali, sia per la funzione sociale e di comunità”.



(13 luglio 2013)

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Vergogna Atalanta, ultrà con il carrarmato contro la macchina della Roma. Inchiesta della Procura

di R. S.
BERGAMO - Che cosa c’è di meglio, per inaugurare la nuova stagione sportiva, che passare con un carrarmato (sì, un carrarmato) sopra una vecchia auto dipinta di giallo e rosso, con la scritta “Roma m***a” sulla fiancata? Nulla, devono aver pensato gli ultrà dell’Atalanta che, domenica sera a Orio al Serio, si sono resi protagonisti di questa clamorosa iniziativa. Era la quarta serata della Festa della Dea, organizzata da dodici anni dalla Curva Nord atalantina, e per chiudere il sipario si è pensato ad un copione con il botto.

APPLAUSI E CORI
Gli ultrà hanno tirato fuori dal garage il carrarmato con il quale era stato presentato qualche anno fa German Denis, il Tanque, l’hanno portato nella piazza principale e l’hanno parcheggiato da un lato. Poi hanno preso due vecchie auto, una pitturata con i colori della Roma e l’altra con quelli del Brescia, e l’hanno piazzate in mezzo alla piazza, esposte al pubblico ludibrio per parecchie ore. Quando, in serata, la piazza si è riempita con tifosi di tutte le età, il carrarmato è stato messo in moto e, con a bordo il nuovo acquisto Migliaccio e il vecchio capitano Stromberg, ha preso la direzione del centro della piazza dove, tra le urla di trionfo, gli applausi e i cori della gente, è passato sopra le due macchine, distruggendole in un attimo. Non è la prima volta che la festa (festa?) degli ultrà atalantini regala colpi di scena così singolari. Su un carro armato avevano fatto irruzione negli anni anche la dirigenza, il presidente Percassi e, come detto, Denis; dodici mesi fa Facundo Parra è atterrato con una mongolfiera (ma il suo campionato non è risultato altrettanto spettacolare); pochi giorni fa, prima della partenza per il ritiro, i giocatori sono arrivati a bordo di una betoniera.


STROMBERG IMPAURITO
Questa volta la situazione è degenerata tanto che l'ex idolo Glenn Stromberg ha commentato: «Sono tornato sano e salvo». Domanda per il sindaco di Orio, Gianluigi Pievani: ma un carrarmato può circolare così tranquillamente per le strade della sua città?

INCHIESTA DELLA PROCURA

La Procura Federale ha aperto un fascicolo sui fatti accaduti domenica sera a Orio al Serio (Bergamo) in occasione della festa della Dea organizzata dai tifosi dell'Atalanta. In merito alla vicenda è stata acquisita anche una nota inviata dall'Osservatorio sulle manifestazioni sportive. La procura federale ha aperto anche un fascicolo sul presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis, che nei giorni scorsi ha impedito ad un giornalista l'ingresso nel ritiro della squadra.
Modificato da totojuve

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Blaugrana sotto shock

Ricaduta per Vilanova: lascia di nuovo il Barcellona Barcellona (Spa), 19 luglio 2013 Il tecnico dei catalani si è sottoposto a nuove analisi dopo il tumore alla ghiandola parotide: esiti non positivi, si dimette. Alle 20.30 conferenza stampa del presidente Rosell e di Zubizarreta: probabile incarico all'assistente Rubi Ferrer

Non c'è pace per Tito Vilanova. Il tecnico del Barcellona, che già due volte in passato aveva dovuto lasciare l'attività prima da assistente e poi da capo-allenatore dei blaugrana, è di nuovo costretto a congedarsi dal club per problemi di salute.

interventi ed esami — Gli esami a cui Tito si è sottoposto di recente, dopo aver combattuto a lungo il tumore alla ghiandola parotide che l'aveva colpito, non hanno dato esiti incoraggianti. Vilanova, che nei giorni scorsi era stato protagonista di una polemica a distanza con l'ex tecnico blaugrana Guardiola, ha preferito rinunciare alla panchina e si è dimesso. In gennaio era andato negli Stati Uniti per curarsi, dopo ,essere stato operato in dicembre una seconda volta, lasciando temporaneamente la squadra nelle mani del vice Roura. Il primo intervento era stato effettuato nel novembre 2011.

la conferenza — Stasera, alle 20.30, il presidente del Barcellona Rosell e Andoni Zubizarreta daranno ulteriori dettagli in conferenza stampa. L'assistente "Rubi" Ferrer dovrebbe rilevare momentaneamente la guida tecnica della squadra.

Gasport

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22 luglio 2013
12:34
Acerbi, dopo l’asportazione del tumore: “Tornerò presto e più forte di prima”
Il giocatore del Sassuolo, mercoledì scorso, è stato sottoposto ad un intervento chirurgico per l'asportazione di tumore al testicolo. Dopo la grande paura, la voglia di tornare presto in campo.

Una scoperta sconcertante, la paura, la prontezza di reagire subito e la volontà di lottare per riprendersi una vita improvvisamente scossa da un terremoto pietrificante. In pochissimi giorni Francesco Acerbi è stato travolto da un vortice di eventi ed emozioni contrastanti: dalla gioia di dover iniziare un’entusiasmante avventura tra le fila del nuovo club allo sgomento nell’apprendere di avere un tumore all’apparato uro-genitale. Una verità scoperta proprio durante i test clinici di rito col Sassuolo. Ma quando sembra che il mondo ti sia crollato sul capo ecco che l’affetto dei cari riesce a dare quella forza che da solo non troveresti. Ed è così che con il sostegno della fidanzata Valeria e del suo procuratore Andrea Cattoli, Francesco è riuscito ad affrontare di petto il problema; anche grazie all’aiuto del patron dei neroverdi Squinzi, l’intervento è stato organizzato in tempi brevi: “mercoledì intorno a mezzogiorno sono stato operato – ha dichiarato il giocatore in un’intervista rilasciata alla giornalaccio rosa dello Sport – e in 36 ore sono stato dimesso.

L’asportazione di un testicolo comporta non pochi dolori nella fase post-operatoria: non è una passeggiata” ha raccontato il difensore ex Milan che ora si trova in Emilia in compagnia della fidanzata ed è in via di guarigione. L’obiettivo è quello di tornare a disposizione di mister Di Francesco il prima possibile, esattamente come ha scritto lo stesso giocatore su Twitter, dove ha ringraziato tutti per i messaggi d’affetto ricevuti in questi giorni.

22 luglio 2013
12:14
Perù, il diciottenne Yair Clavijo muore in campo
Clavijo è crollato in campo negli ultimi minuti del match tra lo Sporting Cristal e il Real Garcilaso.

Una tragedia ha colpito il mondo del calcio. In Perù, domenica è morto durante una partita il diciottenne Yair Clavijo, che veniva considerato nel suo paese uno dei giovani più promettenti. Lo sfortunato calciatore è crollato a terra pochi minuti prima del termine del match tra lo Sporting Cristal e il Real Garcilaso, match della Peruvian Primare Divisio’n League. Lo Sporting sul proprio sito ha esprisso: “Sgomento e incredulità per una tragedia che ha troncato la vita di una giovane promessa.”, e ricorda che il calciatore era stato sottoposto a tutti i test medici previsti, che non avevano mai evidenziata nessuna anomalia. In Perù non mancano le polemiche perché allo Stadio Municipal de Urcos a Cuzco non c’era il defibrillatore

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Il saluto del Feyenoord prima di morire
la commovente storia di un tifoso

Rooie Marck, malato terminale, ha espresso un singolare ultimo desiderio: vedere i suoi beniamini. Società, calciatori e tifosi lo hanno accolto allo stadio per il primo allenamento stagionale tra cori, fumogeni e striscioni. Tre giorni dopo il toccante saluto se ne è andato

ROTTERDAM - Il mondo del calcio, accusato spesso di cinismo e di interessi economici che prevalgono su tutto, può regalare anche storie commoventi. E' il caso di quanto accaduto in Olanda, a Rotterdam, con la tragica ma toccante vicenda che ha visto protagonista Rooie Marck, ultrà storico del Feyenoord, affetto da un male incurabile. Con pochi giorni di vita ancora a disposizione Marck ha espresso un desiderio rivelatore di tutta la sua passione per la squadra del cuore: vedere un'ultima volta il Feyenoord.

VIDEO: IL TIFOSO ALLO STADIO

Il club olandese, contattato da amici e familiari del tifoso, ha deciso così di invitarlo ad assistere al primo allenamento stagionale nello stadio di Rotterdam. Oltre che dai propri beniamini, intenti a correre sul terreno di gioco, Rooie Marck è stato accolto dai sostenitori del Feyenoord, accorsi in massa per tributargli il loro ultimo saluto, che hanno cantanto in suo onore, acceso fumogeni ed esposto un grande striscione raffigurante proprio Marck. Il tifoso, commosso dall'accoglienza ricevuta e dalla presenza al gran completo di giocatori e staff tecnico del Feyenoord, si è voluto alzare dalla barella con la quale era stato portato in campo per applaudire e ringraziare tutti. Dopo aver abbracciato i calciatori, ha poi voluto raggiungere la curva, dalla quale era solito assistere alle

partite della sua squadra del cuore, e arrivato ai piedi delle gradinate ha chiuso gli occhi e allargato le braccia, prima di cedere alla commozione e alle lacrime. Tre giorni dopo Rooie Marcks se ne è andato, con il Feyenoord e la fantastica giornata organizzata per lui nel cuore.

(26 luglio 2013

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Benitez, la denuncia della moglie La donna ha spiegato alla ESPN che il calciatore è stato lasciato senza cure mediche per un paio di ore.
Notizia del 30 Luglio 2013 - 0:17

Lizeth Chalà, la moglie di Christian Benitez, alla ESPN ha raccontato le ultime tragiche ore di vita di suo marito, l'attaccante ecuadoriano deceduto lunedì in Qatar.

La donna ha spiegato che il 'Chucho', così come era soprannominato, ha iniziato a stare male intorno alle 20.30 di domenica nell'hotel che li ospitava. Il calciatore è stato quindi ricoverato, ma non riusciva a sopportare il dolore fortissimo all'addome. In clinica gli hanno quindi somministrato dei medicinali, ma il sollievo è stato minimo. La sofferenza, svanito l'effetto calmante e lenitivo, è aumentata ulteriormente.

Lizeth ha denunciato che Christian è rimasto per più di due ore senza essere visitato dai sanitari del nosocomio e che, spaventatissimo e consapevole di essere in condizioni assai gravi, ha detto alla moglie di prendersi cura dei loro figli. Poco dopo sono purtroppo cominciate le convulsioni e per il 27enne atleta non c'è stato più nulla da fare. L'autopsia stabilirà le cause del decesso. Alla base, secondo quanto riferito dalla stampa ecuadoriana, potrebbe esserci una appendicite trasformatasi in peritonite.

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Nicchi, moviola sì ma senza arbitri

(ANSA) - ROMA, 31 LUG - Si' alla moviola, no al bar sport. Il presidente degli arbitri italiani, Marcello Nicchi, non sposa la decisione della Rai che dopo 3 anni ha deciso di riproporre la moviola nelle trasmissioni calcistiche. 'La Rai aveva dato un bel segnale culturale quando decise di non proseguire su quella strada. Adesso come adesso - dice il n.1 dell'Aia all'ANSA - posso sperare solo che ne venga fatto un buon utilizzo, che ci sia un buon commentatore e che non provenga dal mondo arbitrale'

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Nicchi, moviola sì ma senza arbitri

(ANSA) - ROMA, 31 LUG - Si' alla moviola, no al bar sport. Il presidente degli arbitri italiani, Marcello Nicchi, non sposa la decisione della Rai che dopo 3 anni ha deciso di riproporre la moviola nelle trasmissioni calcistiche. 'La Rai aveva dato un bel segnale culturale quando decise di non proseguire su quella strada. Adesso come adesso - dice il n.1 dell'Aia all'ANSA - posso sperare solo che ne venga fatto un buon utilizzo, che ci sia un buon commentatore e che non provenga dal mondo arbitrale'

Allora la Rai scendera' di nuovo in campo direttamente facendo la moviola antijuve adottando due pesi e due misure come faceva gia' prima con la moviola e poi ha continuato con gli ospiti capeggiati dalla Ferrari, Zazzaroni, Collovati etc etc

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Allora la Rai scendera' di nuovo in campo direttamente facendo la moviola antijuve adottando due pesi e due misure come faceva gia' prima con la moviola e poi ha continuato con gli ospiti capeggiati dalla Ferrari, Zazzaroni, Collovati etc etc

Veramente la sospensione della moviola in rai è valsa solo per la televisione.

Alla radio facevano VEDERE la moviola!

Un certo filippo grassia la vedeva per noi.

E noi dovevamo fidarci, lui era assolutamente imparziale :|

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Veramente la sospensione della moviola in rai è valsa solo per la televisione.

Alla radio facevano VEDERE la moviola!

Un certo filippo grassia la vedeva per noi.

E noi dovevamo fidarci, lui era assolutamente imparziale :|

Me lo ricordo anni fa Filippo Grassia. Ma mi sembrava vicino alla Juve...

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Me lo ricordo anni fa Filippo Grassia. Ma mi sembrava vicino alla Juve...

Vicino alla Juve?

Proprio per niente!

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essere vicini alla juve non è bello

al massimo non lontani

il bello è che a noi sembra normale avere tutti contro

:sventola: :sventola: :sventola:

p.s. certi servizi di caressa su adp però ................ nessun juventino avrebbe fatto di meglio

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Mauri: "E' un'ingiustizia" "Confido nei prossimi gradi di giudizio per lasciarmi alle spalle questa brutta avventura" commenta il capitano della Lazio.
Notizia del 02 Agosto 2013 - 16:57
Stefano Mauri è soddisfatto a metà per la decisione della Commissione Disciplinare, che lo ha squalificato per sei mesi nell'ambito del cosiddetto filone "Cremona-quater" del processo sportivo sul calcioscommesse senza comminare alcuna penalizzazione alla Lazio.
Il capitano biancoceleste ha affidato al proprio sito web la reazione alla sentenza: "Sono contento per la mia Lazio che non dovrà partire con punti di penalizzazione, ma anche questa condanna per omessa denuncia a me sembra un'ingiustizia… confido nei prossimi gradi di giudizio per lasciarmi alle spalle questa brutta avventura. Anche in questa situazione mi batterò da Capitano... il mio obiettivo è scendere in campo coi miei compagni il prima possibile. Grazie a tutti i tifosi che, ogni giorno, mi riempiono di affetto e mi danno una carica incredibile".
Ancora più amaro, nonostante il totale proscioglimento, il commento di Milanetto: "L'esito favorevole del procedimento disciplinare non cancella la gravissima ingiustizia subita quando circa un anno fa venni incarcerato alle 6 del mattino, davanti a telecamere e sotto gli occhi atterriti dei miei due figli piccoli e di mia moglie" dice l'ex genoano all'Ansa.
Modificato da totojuve

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Le regole a misura di Lotito

Sentenza morbida su Mauri? C’era d’aspettarselo. Il capo del calcio ormai è il

presidente della Lazio. Ossessionato dalla Roma, se non può fare una cosa la fa

lo stesso e poi cambia le regole, comanda in Lega e Figc. E gli arbitri s’adeguano

di LUCA PELOSI (IL ROMANISTA 04-08-2013)

Se la sentenza di lieve condanna (sì, condanna, non assoluzione) a Stefano Mauri per il calcioscommesse fosse stata una sentenza “politica”, come si usa dire quando il merito viene al secondo posto nei critieri di chi giudica, non ci sarebbe da stupirsi. A livello politico, infatti, ormai da tempo il presidente della Lazio Claudio Lotito è un personaggio centrale. E sbagliano i molti tifosi romanisti che ancora lo considerano un personaggio buffo che fa divertire con le sue citazioni latine. Sarebbe ora di iniziare a considerarlo per quello che è: un manovratore molto abile a muoversi nelle stanze del potere e che fa di tutto per prenderselo, il potere.

LEGA E FIGC Anche da una sconfitta, è uscito più forte. Qualche mese fa, infatti, non era riuscito a farsi eleggere vicepresidente federale, carica che peraltro non avrebbe potuto occupare in base alle Noif (le norme interne federali), in quanto condannato per calciopoli. Anzi, non potrebbe essere neanche consigliere federale, ma si è salvato in base ad una interpretazione fantasiosa da parte della corte di giustizia federale, dove si specificò che le condanne in primo grado non valgono. Per la verità, Lotito ha anche una condanna in secondo grado, quella per aggiotaggio riguardante il patto parasociale occulto che aveva portato alla condanna del presidente della Lazio e di Mezzaroma, lo zio della moglie. Dice: bisogna aspettare la cassazione? Bene, il 4 luglio a Roma è andato in scena l’ultimo atto di un processo riguardante Lotito, ma ancora non si sa se si tratti del processo Lotito-Mezzaroma. Qualora fosse quello, e qualora la cassazione avesse confermato la condanna in secondo grado, a Lotito non resterebbe che modificare il testo delle Noif. Nel caso, farà così. Come ha fatto con l’articolo 22 bis, quello sulla multiproprietà delle società sportive. Lui infatti possiede sia la Lazio sia la Salernitana, grazie a una deroga che scadeva a dicembre e che è stata prorogata al 30 giugno. Bene, proprio lo scorso 4 luglio (giornata chiave, per Lotito), il consiglio federale ha stabilito che quell’articolo non vale per chi ha acquistato la sua “seconda società” quando il club che ha rilevato era nei dilettanti. L’unico caso praticamente è quello di Lotito, che ha preso la Salernitana quando era nei dilettanti. Peraltro, non contento, Lotito ha anche provato a prendere Sambenedettese e Campobasso. Facile intuire il motivo: salvare una società che sta per sparire significa fare un favore all’amministrazione locale. E quindi poter chiedere qualcosa in cambio. L’esempio del terreno edificabile ottenuto a Salerno è un bel precedente... Insomma, se la vicepresidenza federale gli interessava per cambiare le regole, l’obiettivo è stato raggiunto lo stesso. Superfluo ricordare la situazione in Lega, dove il presidente Beretta è soprannominato “dimmi Claudio” e dove, con la benedizione di Galliani, è riuscito a tenere fuori dal consiglio Inter, Juventus, Fiorentina e Roma.

LE REGOLE Come s’è visto, gli interessano relativamente. E’ specialista di proroghe, deroghe e interpretazioni. Qualche esempio, forse più piccolo ma comunque indicativo, l’abbiamo avuto la passata stagione. Il derby di ritorno di campionato s’è giocato lunedì sera perché la Lazio aveva giocato giovedì in Europa League. Ma non s’era detto che per motivi di sicurezza non si poteva giocare di sera? La Roma ha dovuto giocare [a Firenze] la partita di Coppa Italia contro la Fiorentina, pur avendo diritto a giocarla in casa, perché nello stesso turno, ma a una settimana di distanza, all’Olimpico giocava la Lazio. A proposito di Coppa Italia, di fronte a un’altra concomitanza, quella della semifinale di ritorno che si sarebbe dovuta giocare un giorno prima di Roma-Cagliari di campionato, la partita di ritorno della Roma con l’Inter è stata spostata dalla Lega (pochi giorni dopo il trionfo di Lotito nelle elezioni) a... quasi tre mesi dopo. Altra regola che a Lotito non interessa è quella della Figc in base alla quale possono essere tesserati dopo la chiusura del mercato solo gli svincolati che non abbiano giocato in questa stagione. Saha, invece, tesserato dopo la chiusura del mercato, aveva 11 presenze in Premier League. «Studiatevi le norme, prima di parlare» tuonò Lotito, appellandosi alle norme Fifa. Tant’è, Saha gioca nella Lazio. Il capolavoro finale è stato quello della Supercoppa. Lotito voleva andare a Pechino. La Juve no. Risultato? Si giocherà a Roma. Per la prima volta, quindi, in casa della squadra che ha vinto la Coppa Italia e non in casa di quella che ha vinto lo scudetto. «Roma è la sede naturale per la Supercoppa» ha detto Maurizio “dimmi Claudio” Beretta. In 23 anni è la prima volta che si gioca a Roma, a meno che una squadra di Roma non avesse vinto lo scudetto. Più «naturale» di così...

SENTENZE D’accordo, come dice Lotito, Mauri sarà sicuramente innocente perché è andato in pellegrinaggio a Medjugorje con Floccari (e non si capisce cosa significhi, se invece fosse stato ateo sarebbe stato sospettabile?). Intanto bisognerebbe ricordare ai laziali che esultano che il loro capitano è stato condannato. Che è una cosa diversa da assolto. Omessa denuncia. Ci sarebbe da parlare anche del fatto che il telefono intestato a “Samantha Romano”, che lo stesso Mauri ha ammesso di avere usato per scommettere sulle partite della Nba, ha contattato più volte l’utenza di “Mister X”, il nome che gli investigatori di Cremona danno a uno dei due uomini che erano in grado di manipolare le partite di Serie A. Ma ciò che accade a Cremona riguarda l’aspetto penale della vicenda e ci sarà tempo per parlarne. L’assoluzione, in fondo, può anche arrivare da Medjugorje. In ogni caso, anche quando perde, fa passare la sconfitta come una vittoria. Ultimo esempio, il caso Zarate. Siccome la decisione finale spetterà alla Fifa, il calciatore si è svincolato. Ma Lotito lo perderà a zero euro, dovrà iscrivere a bilancio una minus-valenza di circa 5 milioni e vedrà andare in fumo tutti i soldi spesi per colui che si autodefiniva superiore a Totti: 23 milioni tra prestito e cartellino, 12 milioni di commissioni varie, 11 milioni d’ingaggio. Totale: 46 milioni.

[...]

Modificato da Ghost Dog

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Va bene tutto, ma postare un articolo de "Il Romanista" :S :S :S :S :S

Stiamo nel KALCIOMARCIO.

Più marcio?

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lunedì 05 agosto 2013

Abete: «Scommesse? Predico tolleranza zero» Il presidente della Figc: «Ciò non significa condannare delle persone senza la legittima valutazione che siano effettivamente responsabili»

ROMA - "Spero vivamente che tra il procuratore Di Martino e la nostra procura federale continui la collaborazione, e sono convinto che sarà così". Questo l'auspicio del presidente della Federcalcio, Giancarlo Abete, in risposta alle "perplessità" mostrate direttamente dal pm di Cremona, Roberto Di Martino, nel corso di una intervista dei giorni scorsi sull'ipotesi di proseguire fianco a fianco col pm sportivo, Stefano Palazzi, il lavoro di indagine relativo al Calcioscommesse. Ad innescare la reazione del magistrato lombardo è stata la sentenza di primo grado emessa dalla Commissione Disciplinare Nazionale col proscioglimento dall'accusa di illecito del capitano della Lazio, Stefano Mauri, sanzionato con sei mesi di squalifica per la singola omessa denuncia in Lazio-Genoa. Di Martino, inoltre, aveva espresso dubbi sulla gestione della vicenda Scommesse ("se dall'interno del mondo del calcio pensano di risolvere il problema così... con sentenze del genere, anticipate tre giorni prima su tutti i giornali... facciano pure"), ai quali però Abete ha replicato in maniera piccata a margine del Consiglio federale: "Se dovessimo fare un confronto, i giornalisti sportivi avrebbero motivo di dolersi di più per la mancanza di documenti dalla procura federale, rispetto alle informazioni che invece arrivano ai colleghi dalle procure della Repubblica. Dal punto di vista della riservatezza, almeno a livello di indagini, noi stiamo un pezzo avanti".

TOLLERANZA ZERO - Il numero uno Figc si è poi mostrato in disaccordo col pm Di Martino anche sulle tempistiche processuali e, a differenza del magistrato ("Che senso ha che la giustizia sportiva si esprima prima di quella ordinaria?"), ha ribadito l'autonomia del mondo dello sport: "Quando sento che la giustizia sportiva deve attendere il giudizio penale si vive fuori dal mondo. Basta ricordare Napoli con Calciopoli per capire che è tecnicamente impossibile". "Palazzi doveva attendere? Ma attendere che cosa? - la domanda retorica di Abete - Purtroppo nella cultura italiana un rinvio a giudizio equivale a dire che qualcuno è colpevole. Io questo non lo accetto come cittadino". In conclusione, Abete ha comunque ribadito che da parte della procura federale proseguirà la linea dura: "Noi la tolleranza zero continuiamo a predicarla - ha ribadito il numero uno del calcio - ma ciò non significa condannare delle persone senza la legittima valutazione che siano effettivamente respon

http://www.corrieredellosport.it/calcio/calcioscommesse/2013/08/05-330655/Abete%3A+%C2%ABScommesse%3F+Predico+tolleranza+zero%C2%BB

Ma delle parole cosi' come le giudicate? Questo e' uno dei piu' grandi paraculi che guidano le istituzioni .oddio

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La Lombardia in ansia per l'Inter "Va difeso un simbolo assoluto della Milano e della Lombardia calcistica nel mondo''.

Notizia del 10 Agosto 2013 - 18:08
"Moratti non lasci l'Inter: con la sua presidenza preserva l'identità milanese e lombarda della squadra".
Antonio Rossi, assessore della Regione Lombardia allo Sport e alle Politiche per i Giovani, ha detto la sua in merito alle trattative per la cessione del club al gruppo indonesiano di Erik Thohir.
"Al netto delle decisioni economiche e finanziarie della società che devono garantire la vita del club - ha spiegato in una nota - è giusto lanciare un appello perché non venga disperso quell'enorme patrimonio di vita sociale che ha contraddistinto decine di anni di sportività milanese e lombarda e che è identificato anche con la storica famiglia Moratti: un simbolo assoluto della Milano e della Lombardia calcistica nel mondo. Nello sport non ci sono solo i valori economici degli sceicchi arabi e dei magnati dell'est che portano denaro e fuoriclasse stranieri; ci sono anche quelli del cuore e della nostra tradizione. Abbiamo il compito di salvaguardare, fin dove ci è possibile, le bandiere della nostra regione e l'Inter diretta dai Moratti, come tutte le altre squadre della Lombardia, lo è indiscutibilmente".
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giornalaccio rosa- I conti a Lotito tornano. Il ricorso sulla Supercoppa sara' discusso a settembre

15.08.2013 07:30 di Redazione TuttoJuve
Sulla giornalaccio rosa dello Sport di oggi si parla del rapporto tra Lotito e la Juve. Per il presidente ora la Juventus è come il fumo negli occhi. È il nuovo nemico, l’ultimo nemico da battere sul campo, domenica in Supercoppa, dopo averlo sconfitto per due volte nell’ultimo anno dietro la scrivania, a colpi di battaglie politiche e di regolamenti di Lega. Nell'’attesa del ricorso della Juventus che sarà discusso alla Corte di giustizia federale a settembre: ipotizzando un incasso totale di 3 milioni tra botteghino e diritti tv, Lotito «sfilerà» ad Agnelli più di 500 mila euro. È la sottrazione dagli 800 mila che presumibilmente finiranno nelle casse dei bianconeri e gli 1,350 che invece a Torino avrebbero intascato con la classica divisione degli introiti (45% per club e 10%alla Lega calcio).
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Notizia ciclica, solo aggiornata.


Un allevamento belga
per la nazionale del Qatar

IL KAS, CLUB DI EUPEN, È STATO COLPITO COME TANTI ALTRI DALLA CRISI. MA IN SUO SOCCORSO
È ARRIVATA L’ACCADEMIA SPORTIVA DI DOHA. CHE A NOVE ANNI DALLA COPPA DEL MONDO
NEL PAESE ARABO HA INIZIATO DA QUI LA CREAZIONE DELLA SUA RAPPRESENTATIVA

di PAOLO CONDÒ (SPORTWEEK 17-08-2013)

Eupen è una graziosa cittadina di ventimila abitanti nel lembo orientale più estremo del Belgio, a una manciata di chilometri dal confne con la Germania. La sua squadra di calcio si chiama Kas, partecipa al campionato di Seconda divisione e un anno fa si è ritrovata con le casse esangui. Storia comune a centinaia di piccoli club europei, in questi anni di crisi: la diferenza è che alla sede del Kas arrivò una telefonata dal Qatar che risolse la situazione. Un anno fa la società venne infatti rilevata dall’Aspire, la faraonica accademia sportiva di Doha, con una parte rilevante controllata nel Senegal, che ne ha fatto il proprio sbocco agonistico nel calcio europeo. La storia, raccontata su grada360.com da uno degli ultimi giornalisti-viaggiatori, il bravissimo David Ruiz, alza il velo sulla strategia più profonda del Paese arabo, che da una parte ha ormai penetrato il grande calcio con l’acquisto del Paris St.Germain e la sponsorizzazione del Barcellona, ma dall’altra sta anche pensando alla costruzione di una nazionale competitiva in vista del Campionato del mondo 2022 che ospiterà.A nove anni dal fischio d’inizio, i diciottenni più promettenti cresciuti nella sua accademia sono sbarcati in Europa per imparare a competere: il Kas Erpen è stato scelto come incubatrice perché le regole della federcalcio belga non pongono limiti al numero di extracomunitari tesserabili.

Per quanto taciuto in ossequio a un’elementare forma di umiltà, l’obiettivo della proprietà è di salire in fretta in Jupiler League, la Serie A di Bruxelles, e di lì proseguire afnando l’educazione agonistica dei suoi talenti: per ora alla prima squadra ne sono stati aggregati dodici, due del Qatar e dieci di Paesi africani (Nigeria, Camerun, Senegal, Sudafrica, Ghana e Mali: al momento giusto accetteranno tutti di “cedere” all’emiro un eventuale campione?), altri seguiranno.

Lo staff tecnico, spagnolo con forte impronta catalana, è guidato dall’allenatore TinTin Marquez, ex giocatore dell’Espanyol, ma l’uomo forte è Josep Colomer, già direttore del vivaio del Barcellona passato poi a presiedere l’Aspire Football Dreams, l’enormeprogetto (seimilioni di euro il suo bilancio) di selezione dei talenti africani impiantato dall’accademia qatariota in Senegal. Per avere un’idea della potenza dell’Aspire, vi basterà sapere che sotto il tetto della sua sede centrale, a Doha, sono contenuti due campi dalle misure regolamentari – uno di calcio e uno di atletica – oltre a numerosi altri impianti sportivi. Non lontano, la torre delle comunicazioni di Al-Jazeera ricorda di cosa stiamo parlando.

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EL PAÍS 18-08-2013

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Finest talents shun England

by DAVID WALSH (THE SUNDAY TIMES 18-08-2013)

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Six years ago Liverpool pursued a striker many regarded as the most exciting in Europe. He said yes, they paid Atletico Madrid £26.5m and Fernando Torres talked about the responsibility of joining so great a club. Earlier this month Liverpool went back to Atletico looking for another striker, this time the Brazilian Diego Costa. They reportedly offered £22m for a player with a £21.8m release clause in his contract.

Costa, at 24, isn’t anywhere close to the player Torres was in 2007, but today’s Liverpool aren’t like the side who won the 2005 Champions League and reached the final in 2007. Costa chose to extend his contract with Atletico, apparently unexcited by the prospect of playing in the Premier League.

Don’t imagine this is an issue that relates only to Liverpool, for it has hindered recruitment at all of the Premier League’s top clubs. This has been the year the world’s best footballers chose to play elsewhere. A couple of days after Costa turneddown Liverpool, Luiz Gustavo chose Wolfsburg over Arsenal, even though the Gunners always qualify for the Champions League and Wolfsburg have played just once in Europe’s biggest club competition. Gustavo spoke with Brazil’s manager, Luis Felipe Scolari, who encouraged him to stay in the Bundesliga.

Edinson Cavani, Radamel Falcao and Neymar da Silva have been the summer’s three biggest transfers. Cavani chose to go to Paris Saint-Germain for a reported £55m, Falcao to Monaco for £51m and Neymar to Barcelona for £48.6m. Chelsea and Manchester City wanted Falcao. When he chose Monaco, they focused on Cavani. In vain.

There was no surprise in Neymar’s move to Barcelona, for he wanted to play alongside Lionel Messi. But why would Falcao and Cavani prefer to pitch their tents in the French league? Monaco and PSG are now backed by extremely wealthy owners so the money will be good but they have gone to a league that ranks fifth, at best, in Europe. Falcao might have noted that foreign players at Monaco pay no income tax but, like all top-earning footballers based in France, Cavani will be taxed at 75%. This isn’t solely about take-home pay.

The two South American strikers were the start of what became a trend. Knowing that Falcao would need providers, Monaco raided Porto and took James Rodriguez for £38m and spent another £22m on Joao Moutinho. Arsenal courted Gonzalo Higuain and were prepared to pay the £34m that Real Madrid wanted. He chose Napoli instead. Arsenal were also interested in Fernando Llorente; the Spaniard spoke of wanting to play in the Premier League but then signed for Juventus.

Manchester City wanted the young Malaga forward Isco, who indicated he would welcome the opportunity to work again with his former boss Manuel Pellegrini, butwhen Real Madrid clicked their fingers, he was on the next flight to the capital. Manchester United, too, have been out there on the dancefloor, stretching their hand towards some of the best-looking girls but, like their Premier League rivals, they cannot charm as they once did.

Perhaps when United were not-sosubtly encouraging Wayne Rooney to consider where he might like to relaunch his career, they thought they would replace him with Robert Lewandowski. The Pole was starting the final year of his contract with Dortmund, unwilling to commit to a new one, and the club were desperate not to sell him to their domineering German rivalsBayern Munich, whohad already persuaded Dortmund to sell them their other star, Mario Gotze. Dortmund couldn’t stomach the notion of allowing Lewandowski to follow Gotze, who was coveted by United and Chelsea.

Dortmund would have let him go to the Premier League but Lewandowski preferred to see out his contract at Dortmund and he has already committed to joining Bayern at the end of the season.

With no Lewandowski, United were left with a disgruntled Rooney and a new manager, David Moyes, needing quickly to reassure fans he could entice some of the biggest players to Old Trafford. Leighton Baines and Maroune Fellaini are good players but for Moyes, they are not enough.

So United targeted Cesc Fabregas, making one offer, then another, until the Catalan felt the need to say he was staying at Barcelona and that he had never seriously considered leaving. On and on it went; one rejection after another, the Premier League looking like the last turkey on the shelf on Christmas Eve. What has happened? With United, you could say it’s down to Moyes not knowing how to shop in a store where even the dummies in the window cost £25m. Poor Arsène Wenger seems to have grown weary of what the football market has become. Once the discerning buyer could take a potential star kid from Barcelona’s academy, or rescue a talented French striker who had temporarily lost his way at Juventus, but all that’s changed.

Wenger can no longer find the bargains and has been ridiculed for his reluctance to trade with the big boys.

In view of their relatively recent arrival to this level, it is remarkable that Manchester City were the best-organised of the big clubs during the summer trading, cutting their losses when primary targets went elsewhere and finding four highclass alternatives. But even City, and certainly Arsenal, Manchester United, Chelsea and Liverpool, know that the game has changed. The repercussions will be obvious when the Champions League group matches begin in the autumn. English clubs have contested seven of the past nine Champions League finals. Prepare for a different statistic nine years from now.

For this was the summer England’s biggest clubs discovered that when they flashed their Premier League business cards, the rest of Europe didn’t genuflect.

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Ce l'ho; ce l'ho; mi manca...


La moviola in diretta sullo smartphone di ogni tifoso sulle gradinate,

le app per far sentire la propria voce ai giocatori anche da casa.

A Kansas City si può già, e la Juve sta lanciando la sua arena virtuale
Ultimissimo

Stadio
La partita del futuro si vince al telefono
di RICCARDO LUNA (la Repubblica 18-08-2013)

Sembra una battuta di Alberto Sordi, quando in Un americano a Roma si presentava a bordo della sua moto gridando «Polizia del Kansas City!». Ma se davvero volete vedere il futuro prossimo del calcio non dovete aspettare il ritorno ormai imminente del campionato in Italia. E nemmeno guardare tra i club blasonati d’Europa. Dovete volare in America e andare proprio lì: a Kansas City. Dove è andata la Roma degli americani e dove sono di casa gli Sporting. Si chiamano così dal novembre 2010, prima erano Wizards, i maghi. Ma in quell’anno non hanno cambiato soltanto il nome: hanno cambiato tutto. Sono diventati il primo club al mondo a cercare di sposare qualcosa di antico, caldo e popolare come il pallone con la banda larga, il wifi, i big data e le app. E ci sono riusciti.

Il nuovo stadio si chiama Sporting Park e lì dentro c’è la chiave di come guarderemo le partite fra qualche anno. Ma soprattutto c’è la dimostrazione del fatto che, se la tv ha probabilmente azzerato il piacere di vedersi una partita dagli spalti, Internet lo può resuscitare. Creando, sorpresa!, una fonte di ricavi per il club prima nemmeno immaginabile. Il giovane presidente, Robb Heineman, 39 anni, uno che quando era arrivato, nel 2006, aveva scritto ai tifosi «per favore aiutatemi, non so cosa sto facendo », viene dal mondo del business e della tecnologia. Il suo mentore è Steve Jobs mentre il sogno proibito è guidare Twitter. Poi viene il pallone. Come tanti colleghi è convinto che un nuovo stadio sia determinante, ma per motivi diversi: «Dobbiamo tenere i nostri tifosi incollati ai loro telefonini anche sulle gradinate», dice. E così dei duecento milioni di dollari investiti nel progetto stadio, ben sei vanno a realizzare una rete Internet senza fili ad alta densità supportata da 350 chilometri di fibra ottica. Un’enormità. Dopo un paio d’anni di test, per vedere come reagivano i tifosi al fatto, per esempio, di poter twittare dalle tribune invece di trovarsi, come da noi, la banda sempre satura, lo scopo della Super Rete è stato svelato lo scorso 3 agosto in occasione del lancio della app degli Sporting (Uphoria) che consente di fare un sacco di cose. E tra queste, grazie a una sofisticata tecnologia video predisposta da Cisco, rivedere sul proprio telefonino un’azione da sette inquadrature diverse. Immediatamente. Tutto ciò che si vuole: un gol, una bell’azione sviluppata dall’altra parte dello stadio, ma anche un rigore contestato. Avete presente tutte le (inutili) discussioni sulla moviola in campo? Bene, a Kansas City la moviola ce l’hanno in mano tutti gli spettatori, con buona pace degli arbitri. Lo scopo non è aizzare gli spettatori bensì avere i loro dati. «Vogliamo prendere i dati custoditi in decine di differenti silos e ricostruire l’identità dei nostri supporter». E quindi dal momento in cui compra il biglietto della partita, a quando risponde a un quiz sul club che fa guadagnare punti fedeltà, passando per quel che scrive su Twitter e Facebook (mostrato in diretta sui tabelloni dello stadio: alè), il club saprà tutto di tutti. Saprà che al tale in terza fila piace la birra, per esempio, e potrà mandargli un’offerta al volo per andarne a ritirare un paio a fine primo tempo. Oppure saprà che è il compleanno del figlio e potrà suggerirgli di regalare la maglia ufficiale degli Sporting in vendita allo shop. Meglio ancora, potrà mandargli spot mirati alle sue tasche: la Ford pubblicizza un modello auto di punta sui telefonini di chi sta in tribuna e uno economico nelle curve. Da questo punto di vista, i 19.079 spettatori dello Sporting Park non sono solo tifosi. Sono potenziali clienti (definizione che fa imbufalire i nostri). E i 105 minuti non sono solo la durata di una partita intervallo compreso: sono il tempo minimo in cui questi clienti possono essere studiati, blanditi e conquistati. Risultato? Lo stadio dello Sporting è sempre esaurito.

Questa storia è probabilmente la nuova frontiera del pallone e per arrivarci si deve camminare ancora un po’. Servono stadi come quello e in Italia non è una prospettiva dietro l’angolo. Ma intanto siamo ormai già in un’era in cui Internet e le app stanno cambiando la vita del tifoso. A partire dal divano di casa. L’italiano Fabrizio Capobianco, che ha lasciato l’Italia per la Silicon Valley tanto tempo fa, da almeno un anno è impegnato a far crescere TokTv: è una app che consente tra l’altro di “seguire” una partita da casa urlando al proprio iPad frasi che i propri amici, nelle loro case, possono sentire. Ha debuttato con il baseball, poi è toccato al football e ora arriva nel campionato italiano, grazie a un accordo con la Juventus che sarà annunciato fra qualche giorno. La prospettiva delle decine di milioni di tifosi bianconeri che in tutto il mondo seguono la partita tutti assieme esultando per un gol con il proprio tablet apre scenari inimmaginabili. O forse no, sono perfettamente immaginabili se guardiamo a quello che è accaduto qualche mese fa in Tunisia, dove l’accesso allo stadio è spesso vietato per evitare disordini in un paese che non si è ancora ripreso dalla primavera araba. A marzo, in occasione di una partita decisiva, l’agenzia di comunicazione Ogilvy ha lanciato la app “Mobilizing the 12th Man”, che fa esplicito riferimento al ruolo dei tifosi quale “dodicesimo uomo” in campo. Grazie a questa app, con un semplice clic ogni tifoso poteva far sentire il suo urlo nello stadio grazie a quaranta altoparlanti. Pare che oltre 93 mila persone abbiano tifato in quel modo “virtuale”. E la squadra di casa ha vinto 1-0.

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Sollier, sempre a pugno chiuso

Quando il pallone è comunista

di ANDREA SCANZI (il Fatto Quotidiano 19-08-2013)

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Quella foto non gli è mai piaciuta. Eppure lo ha reso famoso: il calciatore comunista. “Fu Gammalibri a volerla. Io non ero d’accordo. E non per il pugno chiuso: perché avevo la faccia ingrugnata. Io non sono così, io rido. In quel momento stavo semplicemente ripassando mentalmente ciò che avrei dovuto fare in campo”.

Alla fine la casa editrice, poi divenuta Kaos, si impose. E Calci e sputi e colpi di testa, nel 1976, vendette lo sproposito di 30mila copie. Paolo Sollier è nato a Chiomonte nel ‘48 e vive a Vercelli. Ha giocato in serie A con il Perugia, fa l’allenatore, è No Tav convinto e colleziona vinili nella sua mansarda. “Ne ho migliaia, mi perdo ancora nelle bancarelle”.

C’è ancora qualcosa da ascoltare?

De Andrè, Gaber e Guccini restano inarrivabili, ma i talenti ci sono ancora. Lo Stato Sociale: quando cantano “Io odio il capitalismo”, ovviamente non rimango insensibile. Poi Casa del Vento, Alessio Lega. E Offlaga Disco Pax, hanno anche citato il mio libro in uno spettacolo.

Lei non ha mai allenato in A o B ed è fermo da due anni.

Nessun boicottaggio. Evidentemente non sono così bravo. Da calciatore ho avuto più di quanto credessi e da allenatore meno di quanto sperassi. Però alleno la nazionale degli scrittori, l’Osvaldo Soriano Football Club. Dieci partite l’anno.

Disputate anche all’estero.

Abbiamo fatto la Writers League per sette edizioni. C’è stata anche una gara in Israele, ma non ci sono andato: faccio parte del Forum Palestina, sarebbe stato contraddittorio andarci.

Il Sessantotto, nel calcio, attecchì solo nel look. Lo ha detto lei.

Mi informavo, ero abbonato al Quotidiano dei Lavoratori. Inconcepibile. Nel calcio c’era un muro di gomma. Nel ’74-75 facemmo qualche assemblea con quei sette-otto calciatori “impegnati”. Dopo un po’ ci guardammo e dicemmo: “Ma che stiamo facendo?”. Finì lì. L’unico politico vero era Rivera. Ho sempre catalizzato delle minoranze destinate a scomparire.

Anche “Cambiare si può”? Figura tra i promotori.

Era nato come qualcosa di assembleare, poi si è fatto prendere dalla ricerca del leaderismo, che nei Settanta era il male. Bravo magistrato, Ingroia, ma che c’entrava? Ho votato Rivoluzione Civile alla Camera e Grillo al Senato.

E il Pd?

Graziano Delrio dice che Renzi sarà il nuovo Tony Blair. L’obiettivo della sinistra è divenuto Blair? Uno che ha distrutto il Labour Party, che ha mentito al suo paese nella guerra in Iraq per obbedire a Bush e neanche può uscire di casa senza che gli inglesi lo prendano a calci?

Ieri nel calcio c’era un muro di gomma. Oggi?

È diventato hollywoodiano, si è definitivamente sganciato dal mondo reale. È ovvio che a un calciatore, oggi, della politica non freghi nulla. Paradossalmente sono più giustificati della mia generazione. E comunque qualcuno c’è: Tommasi, Zanetti e quei giocatori francesi e inglesi che hanno espresso solidarietà alla Palestina.

Zeman le piace?

Sì, ma se avesse vinto di più le sue battaglie sarebbero state più efficaci. E poi delle sue idee politiche non si sa nulla. Lei le conosce? Io no.

La vostra generazione ha perso?

Senza dubbio. Terrorismo ed eroina hanno rovinato tutto. Però ci abbiamo provato. Aborto e divorzio, ecologismo e femminismo. E poi le radio libere, ne contribuii a fondare una.

Quale?

Si chiamava Rosagiovanna. A Rimini, dove ho giocato due anni. Era il 77-79. La partecipazione, la sinistra extraparlamentare, l’informazione libera.

Vi chiusero.

Era il periodo del sequestro Moro. Alcuni compagni erano un po’ fumati. Un giorno uno disse: “La prossima volta rapiamo il Papa”. Battutaccia. L’organo di controllo, gestito dal Pci, ci beccò subito e ci chiuse. Al processo dimostrammo con le registrazioni che eravamo sempre stati contro il terrorismo.

Ebbe problemi anche per il libro.

Era scritto in forma diaristica, al tempo funzionava, pensi a Porci con le ali. Oggi ci sono i blog, ieri i diari. Vinsi un premio, in giuria c’era Gianni Mura, e Gammalibri mi contattò. Raccontai anche di quando Tardelli mi implorò di aiutarlo a vincere. La sua Juventus stava perdendo con il mio Perugia, e per colpa di quella sconfitta il Torino vinse lo scudetto.

Una combine?

Macché. Ripetei agli inquirenti quello che dico ancora oggi: fu solo la dimostrazione che nel calcio può capitare che un campione possa implorare aiuto a un giocatore scarso come me.

Ha poi pubblicato “Spogliatoio”, con Paolo La Bua, e ristampato il primo libro.

Ormai se raggiungi 1500 copie è un evento. E poi Kaos è boicottata. Calci e sputi è invecchiato. L’ho ristampato solo per mostrare ai più giovani che quel decennio non è stato solo di piombo. E ho cambiato la copertina: niente più faccia ingrugnata.

Quella foto però è mitica.

Non la rinnego. So bene che, senza quella foto, oggi nessuno mi cercherebbe. Il pugno chiuso era naturale. Lo facevo nei campionati minori, a inizio carriera, rivolto ai compagni in tribuna. Arrivato a Perugia ho pensato: “Lo faccio ancora o smetto?”. Ho continuato, ma non per cercare proseliti. Era un gesto rivolto all’interno, a me stesso. Un ricordarmi chi ero.

Prima di Lazio-Perugia, disse: “Battere la squadra di Mussolini sarà ancora più bello”.

Lo dissi scherzando e Il Messaggero ci fece il titolone. La domenica c’era lo striscione: “Sollier boia”. Mi spiacque: per colpa mia, qualche tifoso del Perugia si prese un sacco di botte”.

Kaos ha pubblicato i libri di Carlo Petrini.

Sono guardingo quando leggo rivelazioni fatte decenni dopo. Come per Ferruccio Mazzola. Accusò Herrera quando era già morto. L’ho avuto come allenatore a Rimini. Quando mi disse di prendere un’aspirina, mi rifiutai. Bastava opporsi. Non ci era abituato, ma poi ti stimava.

Una volta le concesse un surplus di ferie per portare la fidanzata a Parigi.

Fatto raro, però in cambio mi chiese di allenarmi almeno un giorno. Lo feci. Andai ai Giardini Lussemburgo e un gruppo di ragazzini accettò di farmi giocare con loro. Uno dei ricordi più belli della mia vita: il calcio che vorrei.

Le prime prove di campionato

di OLIVIERO BEHA (il Fatto Quotidiano 19-08-2013)

Come è accaduto per tutto il resto almeno in questo inizio di pontificato, la cosa più giusta sul calcio l’ha detta Papa Bergoglio, il gesuita argentino col nome francescano tifoso del San Lorenzo de Almagro. Ha messo a fuoco la parola e il concetto di “dilettantismo” come cruciale per chi gioca anche da superprofessionista, come Messi, Higuain e Balotelli. È proprio la morte del diletto o la sua indefinita agonia che fa del pallone troppo spesso e quasi sempre una recita. Almeno nella Rotondolatria tradizionale, oberata dai debiti, dalla pressione sociale, dal peso della supplenza politica che da sempre ma sempre di più, vertiginosamente, è stata rovesciata sul calcio di vertice, quello appunto di cui parlava Sua Santità. Così, come si dice in queste pagine e come accade appunto alla politica da ricercarsi sempre più fuori dalla politica, in una metapolitica che fa da denominatore alla nostra vita quotidiana, ecco che il calcio è diventato sempre più altro da sé, una specie di fuori campo molto più importante a tutti i livelli di ciò che avviene in campo, nelle partite ormai diarie che stanno per cominciare nel nostro “ex campionato più bello del mondo”.

Sono arrivati più calciatori stranieri in questo vortice di mano (piede) d’opera che mischia scelte oculate con remissioni di figurine da album, si va verso i Mondiali che sono le scadenze classiche di una Sfera planetaria, tutt’intorno preme una crisi come non accadeva da decadi e la “mission” (direbbero i manager delle stock option che nel calcio non parlano così ma intascano lo stesso fantamilioni nell’opacità generale dei club, in Borsa o senza) è quella di mantenere in piedi un baraccone pieno di contraddizioni. Il tutto per distrarre il colto pubblico e l’inclita guarnigione, cioè milioni e milioni di italiani che cercano in quello status succedaneo di appartenenza che è il tifo pallonaro l’identità di un giorno o di una stagione. Mentre fuori, al polo opposto delle parole pontificie, nello Stadio Italia il pallone è braccato dalla disperazione di un sistema-Paese sfinito. Il rischio, in termini di ordine pubblico, è che le frange più violente calciofile si intreccino con gli altri mille motivi di disagio profondo: non basta, non può bastare sia pure nella classica dimensione oppiacea che conosciamo, la distrazione da stadio, che ne viene invece compressa fino all’inverosimile. Sì, una volta pensavo che – prendendo il palcoscenico più teatrale, Napoli – ad esempio le fogne non dovessero pagare dazio a Jeppsson o a Savoldi, dico quando Maradona non era nato o era in fasce. Ormai mi sono rassegnato, fogne e delirio “azzurro” sono su due binari paralleli che nella pratica non convergono mai.

Ma non è Napoli, è l’Italia. E il campionato che comincia non saggia lo stato di salute del pallone, ma semplicemente il nostro.

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Il Sole 24 ORE 21-08-2013

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