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Socrates

Andrea Fortunato

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Afbeeldingsresultaat voor andrea fortunato juve
 
 
 
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ANDREA... @@ @@

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Nel mio portafoglio, porto la copia di un suo autografo fatto ad un altro utente del forum tanti e tanti anni fa.. sembrer

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FORTUNATO ANDREA - Dieci Football Entertainment
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Joined: 17-Feb-2012
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Nel mio portafoglio, porto la copia di un suo autografo fatto ad un altro utente del forum tanti e tanti anni fa.. sembrerà stupido, ma quel pezzettino di carta per me è importantissimo..

Ciao, forse sembreremo stupidi in 2, ma mi farebbe veramente molto molto piacere avere una copia di quel pezzettino di carta....in ricordo del grande Andrea Fortunato...posso chiederti la gentilezza, se possibile, di averne una copia via mail....sarebbe importante anche per me....

Grazie in anticipo

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Joined: 13-Feb-2009
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Andrea non si può scordare...lo porto sempre nel mio cuore. Ero un bambino di 8 anni, era il primo anno che seguivo la juventus...quella del primo scudetto lippiano, e non potrò mai scordare la scomparsa di un ragazzo di 23 anni...per una malattia che fortunatamente per alcuni si riesce a curare....è stata una vera batosta...io ho davvero un forte desiderio di chiamare un figlio "Andrea Fortunato" visto che il suo cognome può benissimo fare da secondo nome per pura coincidenza.

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Joined: 13-Feb-2009
838 messaggi

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Nel mio portafoglio, porto la copia di un suo autografo fatto ad un altro utente del forum tanti e tanti anni fa.. sembrerà stupido, ma quel pezzettino di carta per me è importantissimo..

Un piccolo piacere se puoi...faresti una copia allo scanner per poterlo mettere qui? sarei davvero curioso e felice di vedere una firma di Andrea...

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Joined: 10-Mar-2013
32 messaggi

Ti credevamo invincibile. In questi undici mesi sei stato un esempio per noi, per come hai saputo affrontare problemi veri, non quelli legati a semplici vittorie o sconfitte, con coraggio e serenità, forza e determinazione. Ti abbiamo voluto bene, ti portiamo nel cuore. Onore a te, fratello Andrea Fortunato.

[Gianlica Vialli]

Odio con tutto il cuore chi ricorda o scrive frasi su personaggi "famosi" morti solo per fare il leccakulo o cose del genere, ma quando ho visto questo topic dedicato ad Andrea, anche a distanza di anni, la lacrimuccia mi è scesa e non ho potuto fare a meno di ricordarlo. Con una semplice frase, neanche mia, ma secondo me che lo rappresentava.

Ciao Andrea, piccolo eroe.

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Joined: 04-Apr-2006
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Nasce Via Andrea Fortunato

Sarà inaugurata il 28 gennaio a Castellabate dopo l'idea e il progetto lanciati dalla Fondazione "Fioravante Polito"

 

Nasce Via Andrea Fortunato

 

FONTE

 

A Castellabate, uno dei paesi più belli d’Italia, verrà ricordato il nome e la figura di un grande calciatore, scomparso troppo presto, Andrea Fortunato, il campione della Juventus e della Nazionale scomparso a causa di una grave forma di leucemia a soli 24 anni. Gli sarà dedicata una strada affinché resti per sempre il suo nome fra quelli meritevoli di essere ricordati per sempre.


L’idea e il progetto è della Fondazione “Fioravante Polito”, creatrice già del Museo del Calcio “Andrea Fortunato” e promotrice del passaporto ematico per la diffusione della prevenzione ematica in tutto lo sport professionistico e dilettantistico.

Il Sindaco di Castellabate, Costabile Spinelli, ha subito appoggiato l’iniziativa: “Era giusto farlo per ciò che ha dato al nostro calcio e per i valori trasmessi durante la sua breve carriera. Nel Cilento, tra l’altro, Fortunato trascorreva le sue vacanze”.

La cerimonia di intitolazione è in programma per lunedì 28 gennaio ed è annunciata la presenza di ex calciatori e di una delegazione della Salernitana. Uno degli obiettivi della Fondazione “Fioravante Polito” è quello di promuovere in ogni modo la figura di un atleta pulito, dal grande potenziale e dal futuro radioso, stroncato troppo presto da una malattia terribile. In questo senso intitolargli una strada vuol dire farlo vivere per sempre.

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Joined: 04-Apr-2006
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La Juventus ricorda Andrea Fortunato

A 24 anni dalla scomparsa del giovane campione bianconero, la società si stringe nel rimpianto 

 

La Juventus ricorda Andrea Fortunato

 

FONTE

 

 

A 24 anni dalla prematura scomparsa di Andrea Fortunato, terzino bianconero sconfitto dalla leucemia, la Juventus, attraverso il proprio sito, ha voluto ricordarlo così: «E’ difficile trovare una consolazione, quando il destino decide di portarti via un amico, un campione, un ragazzo con le qualità di Andrea Fortunato. E’ difficile spiegarsi come sia possibile che Andrea se ne sia andato così, in quel modo, crudele e ingiusto. Nel fiore degli anni, quando la sua carriera era ancora piena di promesse da mantenere. E’ difficile, anche a distanza di 24 anni da quel 25 aprile 1995, giorno in cui ci arrivò la notizia della sua scomparsa. Quello che invece ci resta, ed è sempre vivo, è il ricordo di Andrea: un ragazzo d’oro, un grande giocatore. Uno di noi».

 

IL RICORDO DELLA FONDAZIONE POLITO - A ricordare l'ex campione bianconero anche la Fondazione Polito: «A 24 anni dalla precoce dipartita di Andrea Fortunato la Fondazione Polito lo ricorda con affetto e con grande rimpianto, nella promessa che le tante iniziative a lui dedicate tra le quali l’ultima in ordine di tempo l’intitolazione della strada in Santa Maria di Castellabate (Sa), non si esauriranno, a conferma che il testimone del ricordo non è caduto e che la battaglia per l’adozione del passaporto ematico continua».

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24 aprile 1994: il compianto Andrea Fortunato giocava la sua ultima partita in bianconero Piacenza-Juve - ANDREA SEMPRE CON NOI!

 

FORTUNATO ANDREA - Dieci Football Entertainment

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Joined: 04-Aug-2005
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povero ragazzo, e pensare che lo criticai pure con amici quando non rendeva e non ancora si sapeva nulla della sua malattia, riposi in pace... ragazzo sfortunatissimo, altro che fortunato.

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FORTUNATO ANDREA - Dieci Football Entertainment

 

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Joined: 28-May-2014
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Complimenti a cuadrado .oddio

Eppure è da un bel po' di anni da noi..dovrebbe saperne qualcosa 

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Ravanelli ricorda Fortunato: «Quello che avrei voluto dirti, Andrea» 

Fabrizio Ravanelli, in esclusiva su JuventusNews24, ricorda Andrea Fortunato nel giorno più triste

 

Fabrizio Ravanelli in lacrime a Vieni da me per il padre e Andrea ...

 

 

 

Ci sono cose che non dimentichi perché non vuoi, perché non puoi. Fabrizio Ravanelli, 25 anni dopo, non dimentica Andrea Fortunato. Un ragazzo 23enne, un giocatore della Juventus, un amico intimo portato via dalla leucemia. JuventusNews24 ne veicola il ricordo, inevitabilmente doloroso e commosso, ma gelosamente custodito.

 

Fabrizio, sono passati 25 anni dalla scomparsa di Andrea. Quanto è ancora forte il dolore?
«Non si può reprimere, come non si può cancellare il suo ricordo, indelebile nel cuore. Il mio pensiero va a tutta la sua famiglia, al fratello Candido a cui sono molto legato. Oggi provo grande dolore e grande amarezza. Non è riuscito a vincere questa battaglia nonostante abbia lottato fino in fondo. E pensare che lui era uno spirito combattivo, uno che non si arrendeva mai… Era forte, duro di carattere: non ci arrivi per caso in Nazionale e nella Juventus. Mi ha insegnato tanto».

 

Cosa esattamente? Si è sentito cambiato come uomo dopo quella tragica esperienza?
«Mi ha insegnato i veri valori della vita, mi ha fatto maturare, mi ha reso più forte. Ho capito che la salute e la famiglia sono la cosa più importante. Non c’è niente che si possa paragonare alla vita. Io ho perso anche mio papà, che tra l’altro era legatissimo ad Andrea. La precedente esperienza mi ha fatto vivere questo straziante lutto in modo diverso». .....

 

C’è stato un periodo in cui alcuni tifosi lo definivano “lavativo” e “malato immaginario” per il suo rendimento sottotono. Poi la straziante scoperta…
«Lo venimmo a sapere una mattina, finito il campionato. La sera prima Andrea si era sentito male al ristorante. Arrivarono il vicepresidente Bettega e il dottor Agricola. Ci dissero che era gravemente malato e che era stato ricoverato. Per noi fu una notizia massacrante, ci fece proprio male». ......

 

Continua -> https://bit.ly/2y1PCmi

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Vialli ricorda Andrea Fortunato: «Ora è uno dei miei angeli custodi»

Gianluca Vialli, ex attaccante della Juve, ha voluto ricordare così Andrea Fortunato, scomparso il 25 aprile 1995

Juve, 25 anni fa moriva Andrea Fortunato: l'omaggio sui social dei ...

 

 

 

Sulle pagine de La Gazzetta dello Sport è stato pubblicato un toccante messaggio scritto da Gianluca Vialli. L’ex attaccante della Juve ha voluto ricordare così Andrea Fortunato, scomparso tragicamente il 25 aprile 1995 all’età di 23 anni a causa di una leucemia. ......

 

Continua -> https://bit.ly/2VDDP6X

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55062307_juve1989.png.0e751d8b023348d650bcfe17bd167d22.png    ANDREA FORTUNATO

 

Venticinque anni senza Andrea Fortunato, Vialli: "Uno dei miei angeli  custodi" - Calcio - La Repubblica

 

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Andrea_Fortunato

 

 

Nazione: Italia 20px-Flag_of_Italy.svg.png
Luogo di nascita: Salerno
Data di nascita: 26.07.1971

Luogo di morte: Perugia

Data di morte: 25.04.1995
Ruolo: Difensore
Altezza: 178 cm
Peso: 72 kg
Nazionale Italiano
Soprannome: -

 

 

Alla Juventus dal 1993 al 1995

Esordio: 29.08.1993 - Serie A - Juventus-Cremonese 1-0

Ultima partita: 24.04.1994 - Serie A - Piacenza-Juventus 0-0

 

35 presenze - 1 rete

 

1 scudetto

1 coppa Italia

 

 

Andrea Fortunato (Salerno, 26 luglio 1971  Perugia, 25 aprile 1995) è stato un calciatore italiano, di ruolo difensore.

Considerato tra i più promettenti terzini italiani dei primi anni 1990, nel corso della sua breve carriera ebbe tempo di vestire le maglie di Como, Pisa, Genoa e Juventus oltreché della nazionale, prima di morire a ventitré anni per le conseguenze di una leucemia.

 

Andrea Fortunato
Andrea Fortunato - Juventus FC 1993-1994.jpg
Fortunato alla Juventus nella stagione 1993-1994
     
Nazionalità Italia Italia
Altezza 178 cm
Peso 72 kg
Calcio Football pictogram.svg
Ruolo Difensore
Termine carriera 1995
Carriera
Giovanili
1983-1985 non conosciuta Giovane Salerno
1985-1989   Como
Squadre di club
1989-1991   Como 43 (0)
1991   Genoa 0 (0)
1991-1992    Pisa 25 (0)
1992-1993   Genoa 33 (3)
1993-1995   Juventus 35 (1)
Nazionale
1993 Italia Italia 1 (0)

 

Biografia

Nato da una benestante famiglia della borghesia salernitana, Andrea poté intraprendere la carriera agonistica solo dopo la promessa fatta ai genitori di proseguire gli studi, «perché nel calcio non si sa mai», diplomandosi in ragioneria nell'eventualità di una mancata affermazione come giocatore.

Caratteristiche tecniche

«Andrea Fortunato era un ragazzo che giocava terzino sinistro. Un ruolo da turbodiesel. Uno che con la maglia numero tre deve andare, palla al piede, dall'altra parte del mondo, superando ogni ostacolo, finché il campo finisce. [...] Fortunato era uno di quelli che ci arrivava spesso, sulla linea di fondo, con la forza della sua gioventù e la bandiera dei suoi lunghi capelli al vento.»

(Gabriele Romagnoli, 1995)

 

170px-Andrea_Fortunato%2C_Genoa_1992-93.
 
Fortunato in azione palla al piede, con il Genoa, nel corso dell'annata 1992-1993.

 

Inizialmente utilizzato in gioventù come centrocampista sulla zona sinistra del campo, durante i trascorsi tra gli "Allievi" del Como l'allenatore Rustignoli lo arretrò stabilmente in difesa, sempre sulla medesima fascia. Si espresse al meglio come terzino fluidificante, in quello che divenne il suo ruolo naturale — «sul campo era come se avesse una prateria, che percorreva con volate lunghe», ricordò Giovanni Trapattoni —; ciò nonostante poteva all'occorrenza essere impiegato con profitto anche in altre posizioni della retroguardia quali centrale di difesa o libero, fino ad essere avanzato come mediano a centrocampo.

Dal carattere introverso e solo all'apparenza problematico, ma dotato di grande personalità e temperamento sul manto erboso, Claudio Maselli, suo tecnico a Genova, lo definì un «universale» vista l'innata duttilità, mentre per il Trap, che lo volle e lo allenò a Torino, «aveva una carriera promettentissima di fronte [...] Nel ruolo era davvero fra i migliori, non soltanto in Italia ma anche in Europa [...] Aveva tutti i numeri per sfondare».

Carriera

Club

Como, Genoa e Pisa

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Fortunato al Pisa nella stagione 1991-1992

 

Mosse i primi passi nel mondo del calcio nella natìa Salerno, tra le file della Giovane Salerno, società dilettantistica in cui era stato introdotto dal suo scopritore, Alberto Massa. All'età di quattordici anni, desideroso di coltivare il sogno di diventare calciatore, accettò l'offerta del Como trasferendosi in Lombardia, fortemente voluto dall'allora direttore sportivo lariano Sandro Vitali. Crebbe così nelle giovanili comasche, militando con le formazioni "Allievi" e "Primavera", e venendo allenato in quest'ultima da Angelo Massola.

Rimase nel vivaio lariano fino al 1989, quando affrontò il passaggio nella prima squadra, all'epoca militante in Serie B. Esordì da professionista il 29 ottobre, nel successo casalingo 1-0 sul Cosenza, scendendo poi in campo altre 15 volte in una negativa stagione che ebbe come epilogo la retrocessione dei lombardi in C1. Con l'annata 1990-1991, il nuovo tecnico comasco Eugenio Bersellini decise di dare una maglia da titolare a quel diciannovenne terzino per cui provò subito molta stima e considerazione; Fortunato giocò 27 partite nell'arco di una stagione che vide la squadra lariana sfiorare l'immediato ritorno in serie cadetta, chiudendo il campionato al secondo posto della classifica in coabitazione con il Venezia, e mancando il salto di categoria solo dopo essere usciti sconfitti dallo spareggio di Cesena coi lagunari.

 

170px-Fortunato_Genoa_1992-93.jpg
 
Fortunato in rossoblù nell'annata 1992-1993

 

Le prestazioni offerte a Como attirarono le attenzioni del Genoa di Aldo Spinelli, che nell'estate 1991 lo prelevò per 4 miliardi di lire, portandolo in massima categoria. Il primo impatto del calciatore all'ombra della Lanterna, relegato a rincalzo del più esperto Branco e con soltanto sporadiche apparizioni nelle coppe, fu tuttavia effimero poiché in novembre, dopo una violenta lite con l'allenatore in seconda Sergio Maddè, il tecnico rossoblù Osvaldo Bagnoli decise di spedire il giocatore in prestito al Pisa. Spese quindi il resto della stagione coi toscani del presidentissimo Romeo Anconetani, con cui ritrovò serenità e continuità di rendimento, collezionando 25 presenze in un torneo cadetto concluso dai nerazzurri all'ottava piazza.

Nell'annata 1992-1993 tornò quindi in pianta stabile in Liguria. Col tandem Bagnoli-Maddè migrato all'Inter, Fortunato venne ben accolto dal nuovo allenatore Bruno Giorgi il quale gli affidò il ruolo di titolare della fascia sinistra. Con la formazione rossoblù esordì in Serie A e, pur in una stagione tribolata che vide ben tre avvicendamenti sulla panchina genoana, il promettente difensore fu protagonista di un eccellente campionato — mettendosi in luce accanto a un'altra promessa del calcio italiano quale Christian Panucci, con cui legò anche fuori dal campo, andando a comporre una delle migliori coppie di terzini della massima serie. Nell'unica stagione completa trascorsa a Genova mise a referto 33 presenze e 3 reti, fra cui spiccò per importanza quella siglata al Milan il 6 giugno 1993 che, nei minuti conclusivi dell'ultima giornata, valse il definitivo 2-2 e l'annessa salvezza per il grifone.

Juventus

Nell'estate 1993, richiesto dal tecnico Giovanni Trapattoni, il calciatore passò alla Juventus per 10 miliardi di lire, nell'ambito di un corposo ricambio generazionale che vide arrivare sotto la Mole, tra gli altri, anche Sergio Porrini e un diciottenne Alessandro Del Piero. Giunto alla Vecchia Signora con la pesante etichetta di "erede" di Antonio Cabrini — lui stesso sottolineò come proprio il Bell'Antonio fosse «fra quelli cui mi piacerebbe somigliare» —, impiegò poco tempo per superare gli iniziali problemi dovuti all'impatto con una cosiddetta big.

 

220px-Andrea_Fortunato_-_Juventus_FC_199
 
Fortunato alla Juventus nel 1993, in azione sulla fascia.

 

Sotto la guida del Trap divenne immediatamente titolare fisso nella squadra per cui tifava fin da bambino, prendendo parte a 27 partite del campionato 1993-1994 e trovando anche, il 12 dicembre, quella che rimarrà l'unica sua marcatura in maglia bianconera, segnando il gol della bandiera juventino alla Lazio nella trasferta capitolina persa 1-3.

L'annata risultò fin lì molto positiva, almeno sul piano personale, per il terzino, il quale tuttavia in primavera incappò in un improvviso e pesante rallentamento fisico: i giornali scrissero di come apparisse «stanco, irriconoscibile in campo, lui che è sempre stato un concentrato esplosivo di energia; fatica a recuperare, è tormentato da una febbriciattola allarmante». La cosa risultò per molto tempo inspiegabile — causandogli anche frizioni con gli ultras dell'undici piemontese i quali, dopo la sopravvenuta eliminazione dalla Coppa UEFA, presero di mira soprattutto lui, accusato «di dolce vita [...] di non correre molto, di non mettercela tutta [...] di essere un lavativo. Soprattutto, di essere un malato immaginario».

 

220px-Juventus_1993-94%2C_Conte_e_Fortun
 
Fortunato (a destra) in una pausa d'allenamento con l'altro juventino Antonio Conte

 

La situazione precipitò il 20 maggio 1994, al termine di un campionato chiuso dalla Juventus al secondo posto, quando, nel corso di un'amichevole col Tortona, Fortunato fu costretto ad abbandonare il campo all'intervallo con le parole: «mi sento sfinito». Fu a questo punto che Riccardo Agricola, medico sociale del club, decise di sottoporre il giocatore a una serie di analisi più approfondite presso l'ospedale Molinette di Torino.

La malattia

«...speriamo che in paradiso ci sia una squadra di calcio, così che tu possa continuare a essere felice correndo dietro a un pallone. Onore a te, fratello Andrea Fortunato.»

(Gianluca Vialli, 1995)

 

L'esito dei controlli fu il peggiore possibile: a Fortunato fu diagnosticata una forma di leucemia linfoide acuta. Lo spogliatoio e la tifoseria si strinsero attorno al giovane terzino, e proprio dai gruppi organizzati bianconeri giunsero le scuse per quanto riservatogli nel periodo in cui le condizioni atletiche del ragazzo erano inspiegabilmente crollate.

Non potendo ricevere un trapianto totale di midollo osseo per mancanza di donatori compatibili, nelle settimane seguenti venne trasferito al centro specializzato del policlinico Silvestrini di Perugia dove si tentò un'altra strada, all'epoca ancora in fase sperimentale: oltre a trattamenti di chemioterapia, venne sottoposto a un parziale trapianto di cellule sane opportunamente "lavorate", provenienti dapprima dalla sorella e poi dal padre; è in questo periodo che si rafforzarono i legami con i suoi compagni di squadra Fabrizio Ravanelli, il quale mise a disposizione la sua casa perugina e la vicinanza della sua famiglia, affinché Fortunato potesse seguire più agevolmente le cure, e Gianluca Vialli, in contatto quasi giornaliero con l'amico.

 

220px-Juventus_1993-94%2C_Andrea_Fortuna
 
Fortunato con indosso la maglia numero tre della Juventus, la stessa già vestita da Antonio Cabrini: predestinato a ripercorrere le gesta e i trionfi del Bell'Antonio, la prematura morte non gli permise di raccoglierne l'eredità.

 

Se le cellule della sorella vennero rigettate, quelle del padre attecchirono aumentando la fiducia riguardo a una totale guarigione, anche grazie ai trattamenti seguenti che ne migliorarono il fisico. Già nell'ottobre 1994 Fortunato riuscì a iniziare la riabilitazione: controllato in regime di day hospital, ricominciò anche con gli allenamenti grazie all'ospitalità della locale formazione del Perugia e, tra l'ottimismo generale, nel febbraio 1995 si recò dapprima nella natìa Salerno a festeggiare la laurea della sorella, e poi a Genova per seguire la trasferta juventina contro la Sampdoria. Ma quando tutto sembrava volgere al meglio, un improvviso abbassamento delle difese immunitarie, causato da una polmonite, lo uccise nel tardo pomeriggio del 25 aprile: «a 23 anni era già il terzino sinistro titolare della Juventus e aveva debuttato in nazionale. Uno di quelli che guardi alla tivù o sui giornali e pensi: "Ha tutto". E anche: "Non gli si può togliere niente". Invece gli si può togliere tutto: prima il gioco, poi la vita».

Al funerale, svoltosi il giorno seguente nella cattedrale di Salerno, presenziarono più di cinquemila persone comprese le società di Juventus e Salernitana, oltre a varie personalità del calcio italiano; i calciatori granata portarono la bara di Andrea mentre, durante la funzione, prima Porrini, erede della sua casacca n. 3, e poi il capitano juventino Vialli tennero un commosso discorso di addio, più volte rotto dalle lacrime, allo sfortunato compagno. In concomitanza col rito funebre, la nazionale italiana si trovò a giocare a Vilnius contro la Lituania, con il lutto al braccio, in una sfida risoltasi con una vittoria a lui dedicata da Gianfranco Zola, autore del gol partita. Inserito comunque nella rosa bianconera della stagione 1994-1995, si fregiò postumo di uno scudetto che venne a lui dedicato; Fortunato venne anche ricordato dall'allenatore del Parma, Nevio Scala, dopo la vittoria della Coppa UEFA 1994-1995, conseguita in finale proprio contro il club torinese.

Nazionale

Fortunato ebbe modo di raccogliere tre convocazioni in nazionale maggiore da parte del commissario tecnico azzurro Arrigo Sacchi, esordendo il 22 settembre 1993 contro l'Estonia, a Tallinn, in una gara valida per le qualificazioni al campionato del mondo 1994. Rimase questa l'unica presenza in maglia azzurra del giocatore, a causa dei sopravvenuti problemi di salute che gli preclusero anche la chiamata alla fase finale del mondiale statunitense.

Riconoscimenti postumi

Alla sua memoria è stato istituito nel 2009 un riconoscimento eponimo, il Premio nazionale Andrea Fortunato. Al calciatore è stato inoltre dedicato nel 2012 uno speciale annullo filatelico con bollo unico delle Poste Italiane, e nel 2014 la biblioteca e museo sul gioco del calcio di Villa Matarazzo, nel comune di Castellabate. Dallo stesso anno è presente nella natìa Salerno lo Juventus Club "Andrea Fortunato".

 

Palmarès

Club

 

 

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55062307_juve1989.png.0e751d8b023348d650bcfe17bd167d22.png    ANDREA FORTUNATO

 

Andrea Fortunato - Alchetron, The Free Social Encyclopedia

 

 

 

«Speriamo che in paradiso ci sia una squadra di calcio, così che tu possa continuare a essere felice correndo dietro a un pallone. Onore a te, fratello Andrea Fortunato». Gianluca Vialli.
Sono passati tanti anni, ma fa ancora tanto male ricordare la storia di Andrea Fortunato. Nasce a Salerno il 26 luglio 1971 e intraprende presto la strada dello sport, sull’esempio del fratello maggiore Candido, cimentandosi con il nuoto e la pallanuoto. Il calcio, per adesso, è solo un divertimento dei mesi estivi. Ma galeotta sarà una di quelle estati salernitane, perché viene notato da Alberto Massa, tecnico e talent scout, che lo convince a seguirlo nella Giovane Salerno, squadra dilettantistica; Andrea accetta e, nemmeno tredicenne, insieme con altri giovanissimi talenti, va in giro per l’Italia a fare provini per squadre come Torino, Cesena, Empoli, Napoli e Como.
A Sandro Vitali, direttore sportivo del Como e al tecnico della Primavera lariana, Angelo Massola, non sfuggono le grandi potenzialità di Andrea e lo ingaggiano, convinti di farne un grande centravanti. La svolta avviene, quando il tecnico della squadra Allievi, Giorgio Rustignoli, lo trasforma dapprima in centrocampista di sinistra, poi in difensore, sempre sulla fascia mancina.
Andrea segue tutta la trafila nelle giovanili e debutta in prima squadra, in Serie B, il 22 ottobre del 1989, a Pescara. A fine stagione colleziona sedici presenze nella serie cadetta, oltre a un diploma di ragioniere che aveva sempre inseguito: «I miei genitori, che non mi hanno mai ostacolato nelle scelte, quando partii per Como, mi chiesero semplicemente di non trascurare gli studi. Promisi e, naturalmente, mantenni».
Diventa presto una colonna del Como di Bersellini, ed è un protagonista assoluto nel campionato ‘90-91, in C1, con la squadra lariana che manca la promozione, perdendo lo spareggio contro il Venezia. Roberto Boninsegna, selezionatore dell’Under 21, lo convoca immediatamente e tutta la Serie A si accorge di lui. Per quattro miliardi Aldo Spinelli se lo porta a Genova, ma la prospettiva è di una lunga coda dietro il brasiliano Branco, titolare della cattedra di terzino sinistro. Quello tra Fortunato e il Genoa non è amore a prima vista. Un litigio con Maddè, il braccio destro di Bagnoli, costa al ragazzo di Salerno l’esilio novembrino a Pisa. «Io non so se Bagnoli non credesse in me – confida un giorno Andrea – ma forse ho pagato quella nomea di arrogante, di testa calda, che qualcuno ha costruito su di me. Comunque devono mangiare sassi prima di scalzarmi».
Testardo, ambizioso ma pure generoso («In campo darei l’anima anche per mille lire»), Fortunato sa risalire la corrente al suo rientro dal “confino”. Bagnoli e Maddè del resto sono stati risucchiati dall’Inter, Giorgi diviene subito suo sponsor, a mettersi in coda per la cattedra di terzino sinistro stavolta tocca a Branco. Campionato eccellente, questo del debutto in Serie A, con 33 presenze e 3 gol, l’ultimo segnato al Milan. Lui e il collega di reparto Panucci stuzzicano gli appetiti della Juve che vorrebbe acquistarli in blocco. Si dice che Spinelli avesse deciso di privarsi del solo Panucci (che nel frattempo aveva scelto di puntare sul Milan) ma, almeno così narrano le leggende metropolitane, Fortunato riesce ad ottenere disco verde per la fuga, approfittando dello “stato di bisogno” del suo presidente. Dopo una trasferta a Pescara, con il Genoa arenato in acque pericolose, Spinelli gli sussurra: «Andrea, aiutami a salvare la squadra e ti lascerò andare».
La Juventus è nel suo futuro, lo stesso Andrea non nega: «Arriva un giornalista e mi domanda se mi piacerebbe giocare nella Juventus. Ed io cosa dovrei rispondergli, che mi fa schifo? Figuriamoci, io da ragazzino per i colori bianconeri stravedevo, e anche se sono diventato un calciatore professionista, certi amori ti restano nel cuore».
Nell’estate del 1993 firma il contratto che lo lega al sodalizio bianconero e, per tutti gli addetti ai lavori, Andrea è destinato a diventare il miglior terzino sinistro italiano, raccogliendo l’eredità di Antonio Cabrini, non solo sul campo, ma anche nel cuore delle tifose bianconere: «Mi fa arrabbiare questo paragone con Cabrini, lui è stato il più forte terzino del mondo, vi sembra una cosa logica? A me no; prima di raggiungere i suoi livelli, se mai ci riuscirò, ci vorrà tanto tempo».
La sua avventura a corte della Vecchia Signora incomincia nel migliore dei modi: precampionato ad altissimo livello, debutto in Nazionale a Tallinn, il 22 settembre contro l’Estonia. «Prometto sempre il massimo dell’impegno per la maglia. Darò sempre tutto me stesso e alla fine uscirò dal campo a testa alta, per non essermi risparmiato».
È una corsa verso la gloria apparentemente inarrestabile e invece Andrea rallenta, nella primavera del 1994. Si pensa che sia appagato: ha raggiunto la fama e il successo in poco tempo, è arrivato alla Juventus, il massimo per ogni giocatore, e ha perso il senso della modestia. Durante le ultime faticosissime partite, Andrea è accolto da fischi, da cori di scherno. Un giorno, alla fine di un allenamento, un tifoso juventino arriva a mollargli un ceffone, tanto per ricordargli la sua condizione di privilegiato e per fargli ritrovare la strada smarrita del sacrificio.
È l’inizio del calvario. Si trova presto una spiegazione a quel vuoto dentro, purtroppo, così come per quella febbre persistente che si insinua nel suo organismo, provocandogli un continuo senso di spossatezza. Andrea si fa visitare, ma tutto sembra normale, il suo rendimento, però, continua a peggiorare. Il 20 maggio del 1994 Andrea è ricoverato in isolamento, presso la Divisione Universitaria di Ematologia delle Molinette di Torino. Dopo successivi esami medici, il risultato è agghiacciante: leucemia acuta linfoide!
«Può farcela – dicono i medici – Andrea è giovane, la sua tempra robusta lo aiuterà». Ma l’ottimismo di facciata è una pietosa bugia. Gli specialisti sanno bene che solo un trapianto con un donatore compatibile potrà restituire la vita a quel ragazzo coraggioso, assistito dalla fidanzata, Lara, e da mamma Lucia e papà Giuseppe, che è cardiologo all’ospedale di Salerno e che ha l’immediata percezione del dramma. Tre settimane di terapia intensiva. Un netto miglioramento, valori verso la normalità. L’organismo combatte, i globuli bianchi in eccesso spariscono, tecnicamente si parla di remissione completa della malattia.
 
EMANUELE GAMBA, “GUERIN SPORTIVO” DEL 29 GIUGNO – 5 LUGLIO 1994
È passato giusto un mese, un mese di tormenti, da quando Andrea Fortunato è entrato all’ospedale Molinette, ha ricevuto la notizia più terribile della sua vita, è stato rinchiuso in una camera asettica a combattere contro la malattia più perfida del mondo, quel male che ti sorprende senza avvisarti, che ti coglie alle spalle e ti frega sul tempo: la leucemia.
Andrea è ancora lì, con i capelli rapati quasi a zero, con un grembiule a coprire quel corpo che sta lottando; e non siamo neanche al primo tempo, non c’è ancora l’intervallo, non è finita. Un mese fa. Fortunato ha cominciato la chemioterapia. Un sistema molto moderno, inventato dai tedeschi e subito adottato dal professor Alessandro Pileri, primario del reparto di immunologia delle Molinette: «Al momento, non è stata scoperta una cura migliore. In questo campo, la ricerca è avanzatissima. Fortunato può disporre dell’alleato più forte che ci sia». Ma, dopo appena un mese, è ancora presto per sapere se il terzino della Juve ce la farà e quando ce la farà. Sabato 18 giugno ha smesso con la chemio: oggi nel suo sangue non ci sono più globuli bianchi, sono stati azzerati per evitare che la leucemia li trasformasse in particelle assassine. È il periodo più difficile, questo: l’isolamento è ormai rigidissimo, perché il corpo di Andrea non dispone più di difese immunitarie, è una porta spalancata a ogni malattia, un raffreddore può trasformarsi in una polmonite. Per questo i germi devono stare fuori da quella stanza, che è il nuovo campo di gioco di Fortunato. Almeno, lui lo vede così: «Sto imparando a prendere a calci questa maledetta leucemia», fu la prima frase che disse. Mai come quella volta il calcio è stato metafora di vita azzeccata, non retorica. Vera.
Da quel momento, su Fortunato è calato un ossequioso e logico silenzio, appena scalfito da qualche dichiarazione rassicurante («Aspettatemi, tornerò»), oppure dalla telefonata in diretta all’ultima convention estiva della Juventus, al Comunale di Torino: «Mi sto facendo un po’ di ferie. Non approfittate della mia assenza, mi raccomando». Ma da quel bunker è filtrata soprattutto la grande forza di reazione del paziente-calciatore, di un uomo accusato dai suoi tifosi di essere un lavativo. «In malattie come queste, la solidità di carattere e la voglia di lottare possono contribuire in maniera determinante all’evoluzione positiva della malattia» hanno spiegato i medici. Aggiungendo che Fortunato ha reagito alla grande: da atleta, da uomo.
Adesso bisogna aspettare ancora. Una decina di giorni almeno, cioè il tempo necessario perché nell’organismo di Fortunato comincino a riformarsi i globuli bianchi. La «fabbrica» è il midollo spinale, bisogna vedere la qualità di ciò che produrrà. Se i nuovi globuli non saranno ancora sani, esiste la possibilità del trapianto di midollo, esiste la possibilità che Giancarlo Marocchi e Lorenzo Minotti scendano direttamente in campo, essendo loro volontari dell’Admo, l’associazione dei donatori di midollo presieduta da Rita Levi Montalcini. «Tifo per Andrea» ha detto Marocchi, «tifo perché non ci sia bisogno del trapianto. E tifo per due vittorie: quella contro la malattia e quella contro l’indifferenza. Sono sicuro che la sofferenza del mio compagno avrà un risvolto positivo, perché convincerà tanta gente a iscriversi all’Admo. A cominciare da noi calciatori: prima, nessuno aveva mai voluto fare nulla».
Dieci giorni, dunque, da trascorrere in apnea, in attesa di notizie. Anche perché la famiglia Fortunato (il papà di Andrea è un cardiologo) ha chiesto ai medici silenzio e riservatezza sulla vicenda. Ma presto arriverà il primo bollettino. Come la comunicazione di un risultato: chissà se Andrea sta vincendo, alla fine del primo tempo?
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«Voglio farcela, voglio vincere questa guerra terribile», dichiara il giocatore. Ma la battaglia è ancora lunga. I medici non riescono a reperire, in tutto il mondo, un donatore compatibile per il trapianto. Sono solo tre i potenziali donatori, ma tutti troppo lontani. Così il 9 luglio si tenta un’altra strada. Fortunato è trasferito a Perugia, al Centro Trapianti diretto dal dottor Andrea Aversa e dal professor Massimo Martelli. Sono passate sette settimane. Nel giorno del suo 23° compleanno, il 26 luglio, gli vengono infuse le cellule sane della sorella Paola, opportunamente “lavorate”. Poi seguono altri due innesti. Ci vorranno un paio di settimane per avere certezza che il midollo si sia spontaneamente rigenerato. L’11 agosto si annuncia come un’altra data importante: Fortunato è trasferito in un reparto pre-sterile. Combatte, fino a quando le forze lo sorreggono. Parla al telefono con i compagni, può leggere qualche giornale “sterilizzato”, segue la sua Juve in TV. Andrea si è ormai reso conto che la battaglia è più dura del previsto, però scova insospettabili forze.
Poi, dopo Ferragosto, il primo crollo. Il suo organismo non ha assorbito le cellule della sorella Paola. Il rigetto fa ripiombare Andrea nella disperazione. Si tenta ancora, si spera in un altro miracolo. Papà Giuseppe prova a donargli le cellule del suo midollo. Ad Andrea inizialmente non lo dicono, si parla di normali terapie. Eppure la seconda infusione sembra miracolosamente attecchire, anche se preoccupa una febbre persistente. Il fisico reagisce bene, Fortunato torna in un reparto “normale”, può perfino iniziare una riabilitazione in palestra. Il 14 ottobre lascia la camera di ospedale. I compagni (Ravanelli, Vialli e Baggio, su tutti) lo incoraggiano, lo tempestano di telefonate: «Ti aspettiamo». L’ottimismo si fa nuovamente strada.
Andrea esce dall’ospedale, si ricongiunge, addirittura, ai compagni di squadra e li segue durante la trasferta a Genova, in occasione di Samp-Juve giocata il 26 febbraio del 1995. È emozionante vederlo sulle tribune dello stadio Marassi, felice come un bambino, a tifare per la sua amata Juventus.
Quando tutti cominciano a pensare che stia vincendo la sua battaglia, arriva una maledetta influenza a spezzare il filo della speranza. Il 25 aprile, alle otto di sera, Andrea muore. I compagni di Nazionale apprendono la notizia mentre sono a Vilnius alla vigilia di una partita contro la Lituania. Prima di giocare, si osserva un minuto di silenzio in sua memoria.
Poche settimane dopo la Juventus festeggia il suo 23° scudetto; 23 come gli anni di Andrea.
 
MAURIZIO CROSETTI, “HURRÀ JUVENTUS” DEL MAGGIO 1995
La sua voce era ferma, tranquilla, appena increspata dalla febbre. Andrea Fortunato voleva raccontare la sua terribile esperienza, la sua fiducia nuova, la sua vita che – lui ne era certo – stava ricominciando. Era la sera del 23 marzo, parlammo al telefono. Avevamo deciso insieme di pubblicare l’intervista sola a guarigione avvenuta, su Repubblica e Hurrà Juventus. Così desiderava Andrea. Ecco il testo di quell’ultimo colloquio.
– Undici mesi di malattia: ce li racconti?
«È stata una cosa lunga, infinita. Ma di tremendo, a parte i periodi di grande crisi fisica, ci sono stati solamente i primissimi momenti; dopo ho combattuto. Invece, all’inizio è stato diverso; il giorno prima stavi fra i sani, il giorno dopo passi fra i quasi incurabili. Non si può descrivere che cosa si prova».
 Come si reagisce?
«Ti senti perduto e, nello stesso tempo, diventi curioso, è una sensazione strana. Vuoi sapere ogni cosa della tua malattia, ti interroghi sui sintomi, sulle cause, sulle possibili conseguenze. Sai che non ti diranno tutto, provi a indovinare le bugie, ma poi fingi di crederci, ti convinci che è meglio, altrimenti impazzisci. Quando un medico ti spiega quali sono i sintomi della leucemia ti senti sprofondare; e più parla, più tu capisci che tutto corrisponde, che è davvero il tuo caso. In quel momento il male ti prende in ostaggio; ma tu devi impedirgli di ammazzarti».
 Come ci si può riuscire?
«Con l’aiuto di Dio e dei medici, ma anche con un pensiero fisso: ce la devo fare. Me lo ripetevo ogni giorno e me lo ripeto ancora; neppure per un istante ho pensato che avrei perso la partita. Lo chiamano atteggiamento positivo, pare sia una mezza medicina».
 Vuoi fare ancora il calciatore?
«Questo è un pensiero che non mi ha mai abbandonato. Mi sono sentito un atleta anche nei giorni più difficili, quando ero più di là che di qua. Ho lottato con spirito sportivo, si può dire che non mi sono mai tolto la maglia di dosso. Rimetterla davvero, ma non solo; ho chiesto, mi sono informato, mi hanno spiegato che tanti atleti sono tornati all’attività dopo la leucemia. Credo, spero che ci riuscirò».
 Come cambia la vita, dopo un’avventura del genere?
«Cambia tutto. Ti costruisci una scala di valori nuova. Dai importanza alle cose che valgono davvero. Non te la prendi più per le sciocchezze. E capisci che l’amicizia è la prima cosa: io, per esempio, ho un fratello in più. Si chiama Fabrizio Ravanelli. È stato incredibile, mi ha messo a disposizione una parte della sua vita, non solo la sua famiglia e la sua casa di Perugia. Non si può dire con le parole. Ecco perché il giorno più bello, in questi mesi di malattia, l’ho vissuto quando lui ha segnato cinque gol al Cska, in Coppa: quella sera ho capito davvero che cos’è davvero la felicità. Ed è stato bellissimo vedere Fabrizio esordire in Nazionale proprio a Salerno, la mia città».
 Ti sono servite le vittorie bianconere?
«Non solo quelle, ma la costante presenza dei compagni e della società. Un’altra famiglia, davvero. Se sono vivo lo devo anche a loro, al loro affetto».
 C’è un momento, di questi mesi, che ricordi con particolare intensità?
«L’uscita dall’ospedale a Perugia, dopo il secondo trapianto. Non mi sembrava vero. Vedevo diverse tutte le cose, mi parevano straordinarie anche le più insignificanti. Non immaginavo quanto potesse essere meravigliosa anche una semplice passeggiata».
 Cosa insegna la malattia?
«Che nella vita c’è di peggio di uno stiramento che ti tiene fuori dal campo per due settimane. Che ogni giorno muoiono bambini leucemici senza che nessuno lo sappia e senza che si possa fare nulla. Che in Italia abbiamo i migliori medici del mondo: a Perugia vengono a imparare le nostre tecniche dall’America, da Israele, dalla Francia. Però, le strutture sono quelle che sono, mancano gli spazi, c’è gente in coda da mesi per un trapianto. Bisogna donare il midollo, senza paura, perché questo salva la vita agli altri e dà senso alla tua».
 Il tuo sogno?
«La leucemia mi ha insegnato a non fare progetti a lunga scadenza e neppure a media. Non per paura, per realismo. La prima volta che programmai il ritorno a Torino, mi alzai la mattina con la febbre. Nulla di grave, per fortuna, ma ci rimasi male. Vivere alla giornata non è una sconfitta, semmai un modo per apprezzare davvero la vita in ogni attimo, in ogni minima sfumatura. È quello che farò».
 
RICCARDO AGRICOLA
Caro Andrea, non ti nascondo che quando sei morto, pochi giorni fa, mi hai fatto molto  arrabbiare. «E perché mai?», potresti chiedere. Pensaci, Andrea: intanto hai provocato involontariamente in tutti noi un grande dolore, e poi ci hai privato del tuo quotidiano esempio di coraggio nell’affrontare un avversario che, credimi, si è rivelato insuperabile. Un coraggio, sicuramente superiore al mio che pure, se non affettivamente, non ero parte in causa. 
Vuoi degli esempi? Ti ricordi, allora, quando il professor Pileri ti comunicò, quel maledetto giorno, con tatto ma senza parafrasi, che avevi la leucemia? Ebbene, fui io ad abbassare gli occhi, mentre un brivido mi scorreva nel corpo. Tu, invece, rispondesti senza esitazioni: «Quando si cominciano le terapie?». E ti ricordi ancora quando, ad agosto, ti venni a trovare nel reparto del caro Franco Aversa? Stavi molto male. Ed io, timidamente (perché non sapevo cosa dirti), ti chiesi come ti sentivi. Tu, per incoraggiare me, mi dicesti con un sorriso che proprio bene non stavi, ma che presto sarebbe stato diverso. E poi da quel giorno, altri giorni di speranza, poi di delusione, di speranza ancora, ma tutti affrontati con il grande desiderio di vivere.
Addio Andrea, con rabbia: perché se tutti dobbiamo morire, non è comunque giusto morire così.
 

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Joined: 02-Jun-2005
12566 messaggi

Grande Andrea; un commosso ricordo e un fiore virtuale sulla tua lapide

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