Vai al contenuto

GabrielKoi

Tifoso Juventus
  • Numero contenuti

    32598
  • Iscritto

  • Ultima visita

  • Days Won

    30

Tutti i contenuti di GabrielKoi

  1. Finalmente qualcuno si è degnato di dimostrare quello che dico da anni, che ho ripetutto all'inverosimile durante la campagna post-Italicum NESSUN sistema elettorale al mondo garantisce la governabilità, se non creando abomini giuridici e incostituzionali che regalano d'ufficio la maggioranza dei seggi in entrambe le camere (quindi prescindendo dal risultato ) No, non è colpa del Rosatellum Si moltiplicano in questi giorni le accuse al nuovo sistema elettorale, “reo” di non aver prodotto una nuova maggioranza. Ma lo stallo non è colpa del Rosatellum. Ecco perché Nonostante fosse data da mesi come il risultatopiù probabile delle elezioni, l’assenza di una maggioranza ha scatenato un coro di commenti da parte di molti osservatori, sia nel mondo della politica che in quello del giornalismo. Molti di questi commenti mettono nel mirino la nuova legge elettorale (il Rosatellum) e le forze politiche che l’hanno approvata: l’accusa è quella di aver prodotto uno “stallo programmato” approvando di proposito una legge elettorale che ostacolasse la formazione di una maggioranza.Queste considerazioni sono, va detto chiaramente fin da subito, di una superficialitàsconcertante. Che lo stallo prodotto dalle elezioni di domenica scorsa sia dovuto al Rosatellum è una vera e propria bufala. Vediamo perché. Prima di tutto, nessuna legge elettorale può prescindere dai risultati elettorali. Il meccanismo di trasformazione dei voti in seggi (una legge elettorale è essenzialmente questo) non può intervenire sui voti espressi dagli elettori: può soltanto usare metodi diversi per convertirli in seggi. Il risultato di queste elezioni è uno stallo per un semplice motivo: i voti si sono distribuiti in modo tripolare. “Tripolare” non vuol dire che ci sono tre poli che hanno avuto lo stesso numero di voti: vuol dire che ci sono tre poli di grandezza rilevante. Nello specifico, il primo polo (il centrodestra) ha avuto il 37% dei voti, il secondo (il Movimento 5 Stelle) il 32%, il terzo (il centrosinistra) il 23%. E non è certo stato il Rosatellum a far votare gli italiani in questo modo: le intenzioni di voto segnalavano che esisteva un tripolarismo già molti mesi prima che la legge fosse concepita e approvata. Facciamo un passo indietro. Nel giugno dell’anno scorso in Parlamento è naufragato un accordo tra le 4 maggiori forze politiche (PD, M5S, Forza Italia e Lega) su una nuova legge elettorale di impianto “simil-tedesco”. Quella legge era sostanzialmente un proporzionale con soglia di sbarramento al 5%: una legge assolutamente incapace di “fabbricare” una maggioranza in assenza di una vittoria elettorale netta (come avevamo già dimostrato qui). Vediamo cosa sarebbe accaduto se le elezioni 2018 si fossero tenute con un sistema tedesco (proporzionale con soglia al 5% e attribuzione dei seggi su base regionale). Per la simulazione sono stati utilizzati i dati del Senato, sostanzialmente identici a quelli della Camera ma immediatamente disponibili su base regionale. Poco sorprendentemente, la soglia di sbarramento del 5% avrebbe tagliato fuori tutti i partiti ad eccezione dei 4 maggiori (M5S, Lega, Forza Italia e PD). Per formare una maggioranza ci sarebbe stato bisogno di un accordo tra il M5S e un altro partito, oppure tra tutti ad esclusione del M5S. Ma il sistema tedesco non è l’unico proporzionale con effetti premianti per i partiti maggiori: più premiante ancora è infatti il sistema spagnolo, che assegna i seggi provincia per provincia. Abbiamo provato ad applicare questo sistema ai risultati 2018 della Camera, utilizzando i collegi plurinominali al posto delle province (la magnitudo circoscrizionale media è comunque molto bassa: 9,8 seggi). Ma i risultati sono pressoché identici: nessuna maggioranza a meno di accordi post-voto. Va ricordato che lo spagnolo, così come il tedesco, era stato proposto in passato come possibile riforma elettorale (ad esempio dal Movimento 5 Stelle, o da Forza Italia). Ora sappiamo che se fosse stata approvata una legge di questo tipo, comunque non avremmo avuto la maggioranza. Tra le varie proposte, c’era stata anche quella di introdurre un “premio di governabilità” in seggi alla lista vincente. È il modello greco, che assegna un “pacchetto” di seggi al vincitore (in Grecia sono 50 seggi su 300, il 16,7% del totale). Cosa sarebbe avvenuto assegnandolo alla prima lista, cioè al Movimento 5 Stelle? Nessuna maggioranza anche in questo caso. Del resto, la legge elettorale greca già in passato ha dimostrato di garantire una maggioranza solo a patto di superare almeno il 35% dei voti. Il 32% raccolto in questa occasione dal M5S non sarebbe comunque stato sufficiente. Fin qui, i proporzionali. Se il sistema è proporzionale, sembra ovvio e scontato che sia difficile formare una maggioranza. Ci vuole un sistema maggioritario, si dice. Bene, vediamo cosa sarebbe accaduto ipotizzando che tutti i seggi di Camera e Senato (e non solo una parte) siano stati assegnati in collegi uninominali a turno unico. Il first-past-the-post del modello inglese, per intenderci, il maggioritario puro per eccellenza . Applicando una semplice proporzione tra i collegi vinti dalle varie coalizioni con il Rosatellum e la totalità dei seggi di Camera e Senato, ci avviciniamo all’individuazione di un vincitore: il centrodestra, con il suo 37% raccolto mediamente dai suoi candidati nei collegi, raggiunge infatti 160 seggi al Senato. Ma si ferma a quota 301 alla Camera: anche in quel caso avrebbe avuto bisogno di altri 15 seggi per governare. Soprattutto, il paradosso è che i collegi uninominali sono stati prima aboliti (nel 2005) e poi sono ritornati ma in quota minoritaria proprio perché il centrodestra non li ha mai visti di buon occhio. E questo perché con il Mattarellum (1994-2001) i suoi candidati nell’uninominale prendevano molti meno voti rispetto alle liste nel proporzionale. Proviamo allora a vedere come sarebbero andate queste elezioni con il Mattarellum ossia assegnando non più il 36% dei seggi con il maggioritario (come prevede il Rosatellum), ma il 75% – come prevedeva il Mattarellum. Il restante 25% lo simuliamo con il proporzionale, senza scorporo (che attenuerebbe ulteriormente gli effetti maggioritari del sistema). Niente da fare: nemmeno il Mattarellum – cui spesso in passato si è proposto di ritornare, come “panacea” in grado di mondare tutti i peccati successivi – avrebbe assicurato una maggioranza con i numeri delle Politiche 2018. Al centrodestra sarebbero mancato 8 seggi al Senato, e ben 25 alla Camera. Ma allora, qualcuno potrebbe sostenere perché non utilizzare il sistema francese, basato sul doppio turno di collegio? Ottima proposta: vediamo in quanti collegi del Rosatellum sarebbe arrivato al secondo turno ciascun partito. In entrambe le Camere il M5S sarebbe arrivato al secondo turno nella maggioranza dei collegi. Ma il raggiungimento della maggioranza non sarebbe stato scontato: molte sfide al secondo turno sarebbero state “triangolari” (con un esponente del M5S, uno del PD e uno del centrodestra). Poiché al secondo turno è sufficiente la maggioranza semplice, una convergenza dei voti di centrodestra avrebbe verosimilmente tolto al M5S almeno la metà dei seggi. Sembrano non esserci soluzioni. Ma allora, come mai siamo convinti che un sistema elettorale “debba” produrre una maggioranza? Quali sistemi elettorali ci hanno abituato a pensare che fosse legittimo aspettarsi che la sera delle elezioni si debba conoscere il nome del vincitore? Il primo sistema sul banco degli imputati è il Porcellum: congegnato in tempo di pieno bipolarismo (2005), garantiva alla coalizione vincente di avere 340 seggi su 630 alla Camera. Così, dal 2006 al 2013 abbiamo sempre avuto una coalizione maggioritaria a Montecitorio. Il problema era il Senato, dove erano previsti premi di maggioranza regionali. E infatti, lo stallo si sarebbe replicato a Palazzo Madama anche nel 2018 (come già nel 2006 e nel 2013) con il centrodestra fermo a 136 seggi su 309 nonostante la vittoria del premio alla Camera. Il Porcellum peraltro fu dichiarato incostituzionale per vari motivi, tra cui il fatto che il premio di maggioranza non era vincolato al raggiungimento di una soglia minima. Così, dopo la sua bocciatura fu il turno dell’Italicum, approvato con un accordo tra Renzi e Berlusconi. L’Italicum diceva una cosa molto semplice: se nessuna lista avesse raggiunto almeno il 40% dei voti al primo turno, i 340 seggi sarebbero stati assegnato in un ballottaggio tra le prime due liste. Abbiamo provato allora a simulare l’esito del ballottaggio in vari scenari possibili: la vittoria del M5S, la vittoria del PD (seconda lista, nonostante tutto) oppure la vittoria del centrodestra – se si fosse presentato con una lista unica, visto il meccanismo della legge. Ma se questa legge fu approvata, perché allora non abbiamo un vincitore? Perché anche il ballottaggio dell’Italicum è stato censurato dalla Corte costituzionale. Dando vita, così, a un sistema “monco” (il cosiddetto Consultellum) che era il sistema elettorale in vigore prima dell’approvazione del Rosatellum: un semplice sistema proporzionale, con soglia di sbarramento al 3% e premio di maggioranza solo in caso di raggiungimento del 40% da parte di una singola lista. Nonostante il risultato eccellente, persino il Movimento 5 Stelle si è fermato molto al di sotto di questa soglia. Quindi, dopo averle letteralmente “provate tutte”, possiamo affermare che non è a causa del Rosatellum se nel Parlamento attuale non c’è una maggioranza. Al contrario, come ha di recente ricordato il nostro Andrea Maccagno, il meccanismo misto previsto dal Rosatellum, con la sua quota di collegi uninominali maggioritari, mette in condizione tutte le forze politiche di ottenere la maggioranza dei seggi, sia alla Camera che al Senato: a condizione, però, di avvicinarsi al 40% dei voti – e di vincere nei collegi uninominali “giusti”. Ma se nessuna delle forze politiche riesce ad ottenere abbastanza voti, prendersela col sistema elettorale è piuttosto privo di senso. Sarebbe ora che i protagonisti del dibattito pubblico se ne rendessero conto e chiedessero alle forze politiche di prendersi le loro responsabilità nelle sedi istituzionali opportune, come avviene in tante altre democrazie contemporanee.
  2. Hanno iniziato la loro ascesa politica promettendo abolizione di Equitalia, del pignoramento, proponendo una riscossione più blanda. Me li vedo che propongono il carcere duro per chi lavora a nero
  3. Si vabbè, quando stra-vinceva il Cdx in Sicilia si diceva tutto e di più sul comprare voti e la mafia Esattamente come quelli che prendono la disoccupazione e lavorano a nero
  4. Vero, al massimo ho votato qualcuno che era partito dal 6%, non certo dal 18
  5. Il mio ego minoritario sono sicuro che mi porterebbe a votare per la prima volta PD. Ci manca solo il primo parlamentare zinghero, e faccio pure la tessera. "I veri razzisti sono gli antirazzisti" "I veri fascisti sono gli antifascisti" Purtroppo funziona bene "come io non ho diritto a parlare?!" (cit. Vanni)
  6. Ho presente, sono stato a Roma in auto a fine gennaio Qui quando si creano le voragini, mettono il cartello davanti “strada dissestata” per qualche settimana
  7. A Firenze nel 2013 sono stati ospitati i Mondiali di Ciclismo. Renzi ha rifatto il manto stradale di mezza città, usando i vari fondi messi a disposizione. Genialata (e non sono ironico). m*****a dopo 5 anni sembra già una pista da cross Mi si è incrinato fino a spezzarsi il parabrezza dello scooter, senza mai cadere, solo per buche e le vibrazioni.
  8. [...] Mario Adinolfi (Roma, 15 agosto 1971) è un giornalista, politico, giocatore di poker e blogger italiano. [...] Il 18 luglio del 2007 si è candidato alla guida del Partito Democratico. Ottiene solo 5.906 voti (0,17% dei consensi), entra di diritto nell'assemblea costituente del partito, che lo ha eletto tra i cento componenti della commissione che ne scrive lo statuto. È stato membro della direzione nazionale del PD. Poi si chiedono "Ma dove abbiamo sbagliato?"
  9. Non fate battute tipo "Per riempire uno stadio bastavi te"
  10. Non mi risulta che sta linea sia stata votata in direzione, al momento l'ha semplicemente imposta il segretario dimissionario. E non ho mica detto che non sia una posizione leggittima, ho detto che mi fa ridere la percezione delle varie uscite. Per esempio quando ci furono le larghe intese, o si faceva il Nazareno, la minoranza protestò perchè la linea del partito era sempre stata MAI CON BERLUSCONI. Lì si accusarono di voler affossare il partito, di non aver rispetto della maggioranza, di scarso tempismo ecc.. Calenda lo impone come diktat dopo qualche ora che gli hanno dato il benvenuto, ed è un ganzo La tempistica giusta è minacciare la tua uscita il giorno dopo che ti sei iscritto? PS: Quindi un governo con Lega non dispiacerebbe a Cazzoduro Calenda?
  11. Io non ho ovviamente nulla contro chi esce da un partito perchè non ne condivide la linea. E non ho neanche nulla contro chi, da minoranza, contesta la linea della maggioranza del proprio partito. Certo fa sorridere uno che ieri ci dice che vuole iscriversi al PD perchè "bisogna essere uniti nei momenti di difficoltà", oggi già minaccia di uscirne se la linea della maggioranza non sarà quella che vuole lui Oltre la differenza di percezione tra un ultimatum di Calenda e uno di Emiliano, Bersani, Orlando ecc..
  12. Calenda: "Se il Pd si allea con il M5S il mio tesseramento sarà brevissimo" Manco gli hanno consegnato la tessera, che già detta la linea? Ovviamente se queste uscite le fa Calenda è un cazzodurissimo, se le fa uno della minoranza PD è uno sfigato che deve stare zitto perchè ha perso le primarie.
  13. Hanno l'elettorato più acritico del globo, io non ci spererei così facilmente.
  14. Ma è a da mo’ che ha perso il capo... finché spalava M***A sulla sinistra però andava bene
  15. Ci metto la mano sul fuoco che verrebbe fuori una "deroga" per gli eletti in questa brevissima legislatura, e la base l'accetterebbe senza fare una piega, come sempre
  16. Ho capito ma vale lo stesso discorso. La Lombardi ha preso il 29%, nel Lazio hanno fatto il 33% a Camera e Senato. Zingaretti il 33%, il PD+Leu fanno neanche il 27. Prevalgono logiche diverse, anche tra Comunali e Regionali. Zingaretti gode di fiducia, evidentemente.
  17. Si, ma è anche fisiologico un calo quando governi Ma ribadisco che i dati delle amministrative non si possono usare come paragone. Ed alla fine sarebbe un calo molto contenuto, in quasi 2 anni, perdere il 4% governando. Se pensate a un Tosi per cui hanno sfrangiato le palle per dirci quanto governava bene la Lega, con tutti, pure non leghisti, che lo volevano Presidente del Mondo. Poi si candida da solo presidente della Regione in VENETO e viene arato prendendo l'11%.
×
×
  • Crea Nuovo...