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K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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Calcioscommesse

A Bari Esposito racconta

La Procura al lavoro

su 5 partite, 2 di serie A

di ANDREA ARZILLI (CorSera 17-10-2012)

ROMA — Prima negare tutto, poi, davanti all'evidenza, tentare la carta della collaborazione per alleggerire una posizione ormai compromessa. Il vademecum del pentito perfetto prevede passaggi obbligati, questo almeno dice l'inchiesta di Bari sul calcioscommesse. Il primo a cedere è stato Andrea Masiello, decisiva la detenzione in carcere. L'ultimo in ordine di tempo è Marco Esposito, l'ex del Bari che insieme a Cristian Stellini andò all'appuntamento con Fusco e Ganci per accordarsi su Salernitana-Bari, ora nuovo pentito dell'inchiesta che ha deciso di rompere il silenzio omertoso raccontando tutto sul «laboratorio del tarocco». Da lui sono arrivate conferme e nuove indicazioni: ha ammesso il proprio ruolo nelle combine, inevitabile dopo la collaborazione di Stellini, e ha parlato dell'atmosfera che si respirava dentro e intorno a quel Bari con riferimento a società e comparto tecnico. E avrebbe scagionato Andrea Ranocchia (che «non ha preso soldi») da responsabilità nell'illecito: se ciò trovasse riscontro, per l'interista potrebbero esserci problemi «solo» in sede di giustizia sportiva. Attraverso il racconto dei pentiti e le rivelazioni dei personaggi che gravitavano attorno al Bari, gli inquirenti sono riusciti a ricostruire il fenomeno, adesso si apprestano all'ultimo giro di interrogatori per vedere se altri hanno voglia di parlare. Domani saranno ascoltati altri ex di quel Bari, Raffaele Bianco, Manuel Benito Rivas e Ivan Rajcic. Prossimamente andrà in Procura anche Antonio Bellavista, che mercoledì scorso non rispose alla convocazione per un vizio di forma. Con i nuovi interrogatori i pm baresi si apprestano a chiudere l'indagine sulle combine e approfondire la parte sul traffico di informazioni di cui ha parlato Angelino Iacovelli, l'ex factotum dei giocatori biancorossi: pur senza fare nuovi nomi, Iacovelli ha riferito dello scambio di dritte tra spogliatoi, oltre all'over in Inter-Atalanta 4-3 del 2009 ci sarebbe un'altra partita di serie A più altre due o tre di B. Nuovo materiale che i magistrati di Bari smisteranno a Cremona.

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INTERROGATORIO A BERNA

Mauri nega legami tra il conto

svizzero e le scommesse

di ANDREA RAMAZZOTTI (Corsport 17-10-2012)

MILANO - La trasferta più fastidiosa della sua carriera Mauri l'ha affrontata ieri quando, accompagnato dai suoi legali Melandri, Buceti e dall'avvocato svizzero Pedrazzini, è andato a Berna per farsi interrogare da Elena Catenazzi, pubblico ministero della Procura elvetica di Berna Mittelland. Insieme a lui, indagata per riciclaggio, c'era anche la mamma Maria Rosa Redaelli, intestataria insieme al marito Pietro del conto ritenuto "sospetto" da parte delle autorità svizzere. L'audizione è durata alcune ore. Sul contenuto dell'interrogatorio massimo riserbo, ma sembra che Mauri abbia negato fermamente che quei soldi siano frutto di attività illecita legata al calcio scommesse o che siano riconducibili al riciclaggio. Gli inquirenti verificheranno le spiegazioni date da Mauri e non è escluso che poi trasmettano il materiale anche a Cremona visto che pure il pm Di Martino è molto interessato. Da oggi il centrocampista sarà nella Capitale per riprendere gli allenamenti in vista della gara di sabato contro il Milan all'Olimpico. Anche la Figc segue da vicino la vicenda Mauri, non a caso venerdì il procuratore federale Palazzi sarà nella città sul Po per incontrare Di Martino. I due sono in contatto, ma siccome Palazzi non ha ancora perfezionato i deferimenti per Lazio-Genoa e Lecce-Lazio, le due gare in cui è coinvolto Mauri, vorrebbe capire se il conto svizzero è ricollegabile ai sospetti di combine sui match in oggetto o se, come alcuni degli inquirenti vogliono verificare, c'entra qualcosa la Lazio, anche perché un altro biancoceleste (Zauri) ha un conto in Svizzera sotto la lente d'ingrandimento della giustizia.

ESPOSITO PENTITO - Va intanto avanti l'inchiesta a Bari. La chiusura delle indagini sulle due partite taroccate (Bari-Treviso 0-1 del 2007-08 e Salernitana-Bari 3-2 del 2008-09) è sempre più vicina e alcuni calciatori saranno interrogati anche nei prossimi due giorni (Rajcic, Bianco e Rivas). Nuovi particolari potrebbero aprirsi con la collaborazione di Marco Esposito che è già stato ascoltato dagli uomini della Procura di Bari e che in futuro sarà nuovamente risentito. Esposito, ma anche l’ex factotum biancorosso Iacovelli, hanno gettato luce su un sistema di scambio di soffiate che avveniva tra i calciatori del Bari e altri gruppi di calciatori e/o scommettitori. C'è la sensazione che i biancorossi abbiano puntato su 1-2 incontri di A ritenuti "sicuri" (uno sarebbe Inter-Atalanta 4-3 del 2008-09) e altri 2-3 di B. Il contenuto di questi interrogatori dovrebbe essere inviato a Cremona dove Di Martino sta portando avanti la sua inchiesta, ma intanto a Bari si continua a scavare e la sensazione degli inquirenti è che il fondo non sia stato toccato.

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Mauri interrogato due ore a Berna

Verbale secretato ma giudicato «interessante». Intanto novità da Cremona e Bari

di FRANCESCO CENITI & MAURIZIO GALDI (GaSport 17-10-2012)

Un test scritto e un colloquio orale per Stefano MAURI. Nulla a che vedere con esami o cose simili, ma un appuntamento molto più delicato per il capitano della Lazio: ieri per oltre due ore è stato interrogato a Berna dal pm Elena Catenazzi. Il giocatore è indagato dalla Procura svizzera per auto riciclaggio: nel mirino un conto intestato alla mamma (sentita insieme con il figlio) e alcuni versamenti giudicati sospetti per una somma vicina ai 350 mila euro. L'incontro, secondo fonti investigative, è stato «interessante e proficuo per le indagini». Secretati i verbali per evitare fughe di notizie.

Qui Cremona Spettatore interessato è il pm di Cremona, Roberto di Martino. L'inchiesta sul calcioscommesse condotta dalla Procura lombarda vede coinvolto proprio MAURI, arrestato lo scorso 28 maggio per le presunte combine di Lazio-Genoa e Lecce-Lazio (disputate nel maggio 2011). E questo a aspetto aveva «incuriosito» il pm Catenazzi: il sospetto è che ci fosse un legame tra le due vicende. Le date però non coincidono (bonifici fatti nel novembre 2010), ma a MAURI è stato chiesto la provenienza dei soldi: dietro potrebbe celarsi dei pagamenti in nero e quindi una evasione fiscale. Di sicuro di Martino avvierà in tempi brevissimi una rogatoria per acquisire i due verbali. Sul conto di MAURI, intanto, qualche risposta positiva per l'accusa dovrebbe essere arrivata dagli accertamenti tecnici. Non è un caso che Stefano Palazzi, procuratore federale, dopodomani è atteso a Cremona per un colloquio con di Martino. Nel frattempo il pm sta preparando altri interrogatori sul filone Siena: dovrebbe sentire Stellini e il portiere Coppola per la gara contro il Varese. Chiaro l'obiettivo: puntare ai vertici del club (in primis il presidente Mezzaroma) chiamati in causa dai pentiti Carobbio e Gervasoni.

Qui Bari Prosegue serrata anche l'attività della Procura di Bari. Nessuna novità sul filone legato alle scommesse in A (Iacovelli aveva parlato di sospetti su Inter-Atalanta 4-3 del 2009). Si punta a chiudere entro l'anno, invece, l'inchiesta sulle presunte combine di Bari-Treviso 0-1 (maggio 2008) e Salernitana-Bari 3-2 (maggio 2009, con pagamento di circa 160 mila euro) dopo le rivelazioni di Andrea Masiello confermate da altri 5 ex compagni: indagati per frode sportiva aggravata quasi tutta la rosa del Bari (oltre 20 calciatori tra cui Ranocchia, Gillet, Gazzi e Barreto). Stamani sarà sentito Fusco, ex capitano della Salernitana, ma potrebbe avvalersi della facoltà di non rispondere. Sempre in questa settimana dai pm Angelillis e Dentamaro andranno anche Rivas, Bianco e Rajcic.

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SCOMMESSOPOLI

Mauri: due ore sotto

torchio sui conti svizzeri

Il pm Catenazzi ha interrogato a Berna il giocatore della Lazio e la madre: ipotesi

riciclaggio. Pronto il deferimento del Napoli. Esposito scagiona Ranocchia

di SIMONE DI STEFANO (TUTTOSPORT 17-10-2012)

ROMA. Due ore a rispondere ai test dei pm svizzeri. Prima uno scritto di 30 domande, poi l’orale davanti alla pm di Berna, Elena Catenazzi . Stefano Mauri è stato interrogato ieri pomeriggio per spiegare il motivo di un conto svizzero intestato alla madre, Maria Rosa Redaelli , anch’essa interrogata, ma di mattina e separatamente dal figlio. Tutto a seguito della rogatoria presentata alla Procura di Cremona dalle autorità svizzere che avanzano l’ipotesi di riciclaggio di denaro proveniente dalle combine di cui Mauri è accusato: Lazio-Genoa e Lecce-Lazio. Lette le carte elvetiche, a Cremona hanno subito notato la distanza di date tra gli accrediti (circa 350.000 euro fino al novembre 2010) e le gare sospette del 2011. Resta da capire il motivo per cui Mauri avrebbe depositato soldi in Svizzera. Riciclaggio? Sia il laziale che la madre hanno risposto a tutte le domande, anche se al momento i contenuti restano top-secret: «Ci è stata imposta la massima riservatezza a tutela del segreto istruttorio», ha rivelato soddisfatto l’avvocato di Mauri, Matteo Melandri . Archiviato per il momento questo capitolo, la prossima partita per Mauri si giocherà venerdì con la trasferta del pm federale Stefano Palazzi a Cremona per confrontarsi con il pm Roberto Di Martino . Parleranno proprio di lui, con il pm del calcio che chiederà quanto di nuovo c’è dell’inchiesta. Poco o nulla, come sembra. In questo caso non esiterà a partire con i deferimenti anche per Lazio-Genoa, al quale potrebbe venir accorpata l’ultima appendice relativa a Spezia-Legnano.

LE INDAGINI È pronto anche il deferimento al Napoli e al suo ex portiere Matteo Gianello , coinvolti forse Cannavaro e Grava per omessa denuncia. Grazie alla collaborazione di Gianello i campani potrebbero patteggiare 1 punto contro i 3 che richiederà Palazzi. Filone napoletano e cremonese saranno processi distinti e dovrebbero svolgersi durante la pausa invernale. Tutto per poter concentrare gli sforzi sulla nuova inchiesta barese e sulle nuove partite rivelate da Andrea Masiello . L’ultimo fronte alza i sospetti su Inter-Atalanta 4-3 del 2009, giocata solo 8 giorni dopo la chiacchierata Salernitana-Bari. Diversi ex del Bari ne sarebbero venuti a conoscenza e ci scommisero, per Angelo Iacovelli si sarebbe trattato di una «gentilezza» per ricambiare l’informazione della combine con la Salernitana. «Dopo la partita con la Salernitana - ha precisato al pm Angelillis - non so da chi arrivò la dritta di scommettere forte sull’over tra Inter e Atalanta. Giocammo e vincemmo». Nei prossimi giorni verranno sentiti altri ex biancorossi ( Rivas , Rajcic e Bianco , forse Bellavista ), però Marco Esposito ha rotto il muro dell’omertà e su Bari-Salernitana ha specificato al pm: « Ranocchia non ha mai preso i soldi». Starà alla giustizia sportiva valutare il grado di responsabilità del giovane difensore interista.

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Il progetto

Una A per 18 squadre

grandi club alla carica

con la Juve in testa

Tv favorevoli. Baldini, dg della Roma:

“Ma le gare in diretta vanno ridotte”

di FULVIO BIANCHI (la Repubblica 17-10-2012)

Il progetto è chiuso da anni, decine di anni, in un cassetto di via Rosellini 4, a Milano, la sede della Lega di serie A. Tema, la riforma del campionato. Con una serie A, finalmente, a 18 squadre. Ma adesso è arrivato, sta arrivando, il momento di tirar fuori quel documento dal cassetto e cominciare a discuterne seriamente. Lo vogliono, soprattutto, ma non solo, le grandi società, quelle impegnate anche nelle Coppe europee: la Juventus è la capofila di questa cordata che già raccoglie i consensi di Inter, Milan, Lazio, Roma, Udinese. Venti club sono troppi e mettono in campo un campionato sempre più di modesto livello, con un gioco al ribasso e gli stadi mezzi vuoti. Un’immagine che non piace nemmeno a Sky: la pay tv ha sborsato alla Lega 561 milioni all’anno, altri 268 ne arrivano da Mediaset (digitale pay), per un totale annuo di quasi 1 miliardo di euro nelle casse dei venti presidenti. E questo garantito sino al 2015. Ma le tv (a pagamento) sono state chiare, “scordatevi queste cifre in futuro, fra calcioscommesse e livello del campionato sono impensabili”. I presidenti, almeno alcuni, temono che scendendo a 18 le tv possano pagare di meno: falso problema. Si può negoziare perché l’interesse primario di Sky e Mediaset Premium è quello di mandare in onda più partite avvincenti e con stadi possibilmente pieni di allegria. «Non bisogna aspettare il 2015, quando scadranno i contratti televisivi », spiega Andrea Abodi, presidente della Lega B. «Se ci mettiamo tutti intorno a un tavolo possiamo discutere di una riforma dei campionati che sia davvero globale e che possa partire già dal 2013-14». Abete alla riforma dei campionati ha sempre creduto, tanto da aver studiato un format -poi impallinato - già anni fa. «Ma in A - ha appena detto in n.1 della Figc - adesso non c’è consenso unanime nello scendere a 18».

Claudio Lotito, patron della Lazio e della Salernitana, ha le idee chiare: «Con 18 squadre in A si recupererebbero 60 milioni. Altrettante in B, e risparmio di circa 50 milioni, mentre la Lega Pro al massimo avrebbe 54-60 squadre, e anche qui recuperiamo altri 8 milioni». Franco Baldini, dg della Roma made in Usa, non ne fa una questione solo economica. Ma allarga il discorso, grazie anche alla sua esperienza inglese: «A 18 potrebbe andare bene, certo, anche se le grandi Nazioni europee ora sono a venti. Ma non vanno bene le continue deroghe agli stadi. Io ho visto quelli inglesi, tutti, sino alla 4ª categoria: noi ce li possiamo sognare. Non va bene invece, in Italia, lo strapotere delle tv che trasmettono tutte le partite, tutti i giorni: in Inghilterra c’è una “protezione” del campionato, non tutte le gare della Premier vanno in diretta. Ok, discutiamo pure se passare da 20 a 18, ma discutiamo soprattutto di tutto un sistema che va rivisto. Se il calcio italiano è un grande malato, non basta mettere un cerotto... » La Lega di B è d’accordo a cambiare format: «Sì quindi conferma Abodi - a una serie A a 18, e una B che scende da 22 a 20. La Lega Pro invece a 40 o 60». La Lega Pro sarà la prima a muoversi e punta a 60 squadre al massimo dal 2013.

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Lo strappo di Baggio

«Il mio progetto scordato

La Figc tace da dieci mesi»

Il presidente del Settore Tecnico federale: «Sono un po' deluso

Attendo ancora una risposta dal dicembre dello scorso anno»

Dalla federazione sarebbe arrivata una replica informale. A Roberto si contesta scarso impegno

di MASSIMO CECCHINI (GaSport 17-10-2012)

Il caso, a volte, mostra di avere senso dell'umorismo. Lui che è sempre stato un numero uno, stavolta arriva per ultimo e si siede in ultima fila. Quando viene notato, però, sono tante le persone che si voltano e lo indicano con un cenno del capo. Nessuna sorpresa. Roberto Baggio è una fetta di storia del calcio che s'incarna all'improvviso nei saloni di Palazzo Marino, la sede del comune di Milano, per essere in qualche modo anche lui protagonista nella cerimonia di benvenuto che il sindaco Pisapia e la Figc ha organizzato per la delegazione danese guidata dal presidente federale Hansen.

Progetto e delusione A rito concluso, l'ex Pallone d'oro — accompagnato dal suo amico e manager Vittorio Petrone — non fa dribbling a nessuno, spendendo parole e sorrisi per tutti, da Abete a Galliani passando per un compagno di cento partite come Albertini. Ma Baggio non è solo un'icona calcistica da venerare. Dall'agosto del 2010 — dopo il flop del Mondiale sudafricano — è stato infatti nominato presidente del Settore Tecnico della Federcalcio perché aiutasse quella ricostruzione di cui si sentiva fortemente bisogno. Ma il silenzio che è sceso intorno a lui ha fatto venire cattivi pensieri, che lo stesso Baggio spiega così. «A dicembre dello scorso anno abbiamo consegnato alla Figc il progetto su cui stavo lavorando, ovvero la formazione dei formatori. Alla luce della mia esperienza nel calcio, infatti, ho capito che la filiera che parte dal vertice e arriva alla cura dei giovani del nostro calcio, non poteva prescindere da un discorso sulla modernizzazione del settore tecnico. Ma sono passati dieci mesi e sono ancora in attesa di una risposta. E non nascondo di essere anche un po' deluso».

Carteggio Si capisce subito che solo la diplomazia gli impedisce di dire di più. «I fondi sono stati stanziati, ma finora è stata fatta solo un'iniziativa in Toscana — gratuita e riuscita molto bene — a cui hanno partecipato diversi club come Pisa e Pontedera. Poi più nulla. Veti politici? Non lo so, non voglio entrare in merito. Stavolta, però, i club non c'entrano nulla». Istruzioni per l'uso. La delusione di Baggio non coglierà di sorpresa la Figc, perché sembra che il presidente del settore abbia già mandato due lettere in via Allegri sull'argomento. E i sussurri federali raccontano come abbia ricevuto anche delle risposte abbastanza piccate, che forse fanno presagire baruffa per l'immediato futuro, anche perché la Federazione in modo confidenziale si è lamentata dello scarso contributo complessivo fornito da Baggio per ciò che concerne le sue presenze ad alcuni appuntamento istituzionali. Come si vede la questione è delicata.

L'Italia cresce Baggio però non preme ulteriormente l'acceleratore, preferendo virare sulla Nazionale. «È una squadra che sta migliorando. Sta facendo esperimenti, ma può crescere in fretta. I talenti d'altronde non mancano. Le polemiche? Purtroppo quelle, insieme alle pressioni, ci saranno sempre, ma per cacciarle via il migliore modo è sempre lo stesso: fare risultato». Il campionato? «Juventus e Napoli finora hanno dimostrato di avere qualcosa in più». Baggio uscendo sorride. Intanto uno degli uscieri di Palazzo Marino che gli porge il giaccone gli sussurra trepido: «La ringrazio per tutte le emozioni che mi ha regalato». Gli occhi del vecchio ragazzo per un attimo si illuminano. Le malinconie federali, forse, adesso pesano un po' meno.

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Il caso

Lettera di Abete a Baggio per ricucire lo strappo

di ENRICO CURRO' (la Repubblica 18-10-2012)

MILANO — Una lettera privata del presidente della Figc Abete a Roberto Baggio, presidente del settore tecnico di Coverciano, sarà la risposta della Federazione alle perplessità dell’ex fuoriclasse sul congelamento del progetto da lui presentato nel dicembre 2011 per la creazione sull’intero territorio italiano di nuovi centri federali per allenatori e per lo scouting dei giovani. La crisi latente con l’ex Pallone d’oro potrebbe dunque essere ricucita da Abete, che intende evitare lo strappo con uno degli uomini simbolo del calcio italiano, scelto assieme a Sacchi e Rivera per il rilancio del movimento, dopo l’infelice Mondiale sudafricano. Baggio, entrato in federazione nel dicembre 2010, presentò al consiglio federale del dicembre 2011 un corposo progetto di 890 pagine, dal titolo “Rinnovare il futuro”, il cui cardine è appunto la creazione di nuovi centri federali per la formazione di maestri di calcio, sull’onda delle esperienze di Germania, Spagna, Francia e Inghilterra. La Figc ha stanziato 10 milioni di euro per la realizzazione del piano. «Io aspetto ancora una risposta, ma sono fiducioso: non sono un politico, ma un uomo di campo, pragmatico», ha detto Baggio, accusato di non avere partecipato agli ultimi consigli federali. La lettera di Abete è la prossima mossa.

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LE REAZIONI ALL’AFFONDO DEL «CODINO»

Rivera graffia: «Il silenzio peggio di un no»

In Figc il progetto di Baggio non convince. Il presidente del Settore

giovanile: «Difficile mettere d'accordo tutte le componenti federali»

di MASSIMO CECCHINI (GaSport 18-10-2012)

Il giorno dopo, la delusione si fa doppia. Se Roberto Baggio, nella sua veste di presidente del Settore tecnico della Federcalcio, due giorni fa si era detto «un po' deluso» dal silenzio federale in merito al suo progetto di formazione degli allenatori depositato a dicembre scorso, in Figc ufficiosamente ricambiano. Non a caso, esiste già un carteggio tra le parti che sussurrano sia spigoloso, nonostante lo stanziamento federale per il progetto sia stato già varato.

Fuori bersaglio Ma come viene giudicato il lavoro di Baggio finora? Pur senza protagonismi, nei piani alti di via Allegri si sottolinea innanzitutto come avrebbero apprezzato una maggiore presenza del «Divin Codino» ai lavori federali, mentre sul progetto in sé emergono dubbi essenzialmente su tre temi: le previsioni di spesa, lo sforamento in aree di competenza altrui (ad esempio quelle di Ulivieri e Sacchi) e lo sbilanciamento eccessivo in direzione dello «scouting» di talenti piuttosto che della formazione dei tecnici delle giovanili. Posizioni troppo distanti per arrivare ad una sintesi? Non è detto, ma a questo punto il silenzio sembra già un messaggio.

Silenzio sbagliato Questo «modus operandi», però, non convince Gianni Rivera che — entrato nei ranghi federali proprio lo stesso giorno di Baggio (4 agosto 2010) — nella sua veste di presidente del Settore giovanile e scolastico della Figc, ha collaborato al progetto. «A me è sembrato forte e articolato, coinvolge tutto il mondo del calcio, ma so come mettere d'accordo tutte le componenti federali sia difficile. Comunque, è lecito anche dire che il piano non si può attuare, ma il silenzio è peggio di un no». Per questo, forse, la resa dei conti non sembra poi così lontana.

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Juventus: ecco perchè la sponsorizzazione

Jeep (Fiat) non viola il financial fair play

di MARCO BELLINAZZO dal blog Calcio & business 17-10-2012

Per la Juventus, la sponsorizazione delle maglie con il marchio Jeep è assolutamente "congrua" sia in considerazione degli attuali valori di mercato di operazioni simili, sia considerando i corrispettivi delle sponsorizzazioni delle scorse stagioni.

In sintesi è questa la conclusione del "Documento informativo relativo ad operazione di maggiore rilevanza con parti correlate" approvato in base all'articolo 5 del regolamento Consob. La valutazioni contenute nel documento sono interessanti soprattutto nell'ottica del fair play finanziario. La Uefa dovrà, infatti, verificare con estrema cautela le operazioni con "parti correlate" che pongono le condizioni per aggirare i paletti del pareggio di bilancio. Un esempio? Qualche settimana fa si è sparsa la voce di una sponsorizzazione al Psg di proprietà del Qatar da parte di un istituto finanziario del Qatar per un centinaio di milioni di euro. La voce è stata poi smentita, ma il pericolo resta e la Uefa dovrà vigilare. Ecco perchè le "spiegazioni" messe nero su bianco dalla Juventus sono importanti: stabiliscono un precedente per gli stessi arbitri finanziari a Nyon.

Dunque, il contratto di sponsorizzazione stipulato da Juventus e Fiat il 23 luglio 2012 varrà per tre stagioni sportive (dal 2012 al 2015, per quest'anno ci sarà il marchio Jeep poi magari si cambierà nelle successive annate) e porterà nelle casse bianconere 35 milioni di euro (10,5 in questa stagione, 11,5 la prossima e 13 nell'ultima). A questo beneficio si aggiunge una fornitura di vetture per un controvalore annuo massimo di circa 1,3 milioni.

Queste cifre sono superiori - ma tutto sommato in linea - con le sponsorizzazioni degli anni precedenti. Tra il 2008 e il 2010 per il marchio New Holland, Fiat pagava alla Juve 11 milioni all'anno. Nel 2011 e 2012, Betclick Ltd ha versato per sponsorizzare la prima maglia alla Juve 13 milioni. Il contratto biennale prevedeva un corrispettivo di 16 milioni, ma è stata dedotta la somma di 3 milioni per il cosiddetto malus provocato dalla mancata partecipazione alla Champions. Per la stagione 2011/12 Balocco ha pagato per sponsorizzare la seconda maglia 2,5 milioni. Le cifre pagate da Fiat peraltro sono conformi a quelle ricevute da altri competitors interni e internazionali. Il valore medio della sponsorizzazione per la Juve - 11,7 milioni all'anno - è anzi inferiore a quanto incassano l'Inter (che ha un valore annuo della maglia pari a 13,7 milioni) e Milan (12 milioni).

In definitiva, per queste considerazioni e per questi raffronti la sponsorizzazione Fiat alla Juve risulta coerente con i valori di mercato.

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Arbitri salvi: restano

nel governo del calcio

Fulvio Bianchi - Spy Calcio - repubblica.it - 17-10-2012

Nessuno sciopero: gli arbitri, rappresentati dall'Aia, resteranno nel governo del calcio. Avranno, anche in futuro, un loro rappresentante, come adesso (il presidente dell'Aia), e potranno votare. Il commissario ad acta, Giulio Napolitano, ha tempo sino al 30 di ottobre per stabilire i nuovi "pesi" nel consiglio federale della Figc: dopo le decisioni del Coni, nel suo percorso di spending review, i consiglieri federali devono essere al massimo venti. Una cura dimagrate per tutte le federazioni, Figc inclusa: attualmente la Federazione guidata da Giancarlo Abete ha 27 consiglieri (altre ne avevano addirittura di più). In futuro dovranno essere, appunto, venti (il presidente più 19). Non c'è stato accordo fra le tre Leghe professionistiche (A, B e Pro) nel dividersi i sei posti a disposizione, e così adesso decide il commissario ad acta. Ma il figlio del Presidente della Repubblica può forse scatenare uno sciopero degli arbitri, cosa mai successa nel pur variopinto mondo del calcio? No, non può. E allora andrà a tagliare altrove (dopo vedremo dove). Le quattro Leghe (A, B, Pro e Dilettanti) mai unite come in questa occasione hanno già tentato in occasione del consiglio federale di ottobre di far fuori gli arbitri. Ma Marcello Nicchi, attuale n.1 Aia, si è ribellato: "Una vergogna" ha tuonato. "Noi qui siamo e qui restiamo".

Ed è stato difeso da Abete, da calciatori e allenatori (e col diritto di veto si sa che nel calcio non conta la maggioranza). Ma le Leghe mica si sono arrese e hanno presentato, ognuna per conto suo, una proposta scritte al professor Napolitano jr.: tutte d'accordo però che gli arbitri nel governo del calcio sono un'anomalia solo italiana e quindi devono scomparire. Qualche Lega propone, ad esempio, che gli arbitri possano sedere in consiglio come "uditori" e abbiano diritto di voto solo quando ci sono questioni che li riguardano direttamente. La Lega di B invece è per una soluzione diversa: massimo 19 consiglieri (uno in meno rispetto ai principi ispiratori del Coni), niente arbitri, 3 consiglieri per la serie A, 1 per la B e 2 per la Lega Pro. Ma Mario Macalli ha già fatto sapere che lui di scendere da 4 a due non ne vuole sapere. "Ma perché mai gli altri tagliano del 30 per cento e noi dovremmo tagliare del 50?", spiegano dalla Lega Pro, ricordando inoltre "che nessuna Federazione ha nel suo governo gli arbitri, uno sbaglio tutto italiano. Tra l'altro quando devono votare su certe questioni sono pure in imbarazzo...". Nicchi non la pensa certo così: difende a spada tratta la sua categoria e ha vinto. Salverà non solo il posto in consiglio ma anche l'autonomia gestionale e finanziaria. E allora chi dovrà fare un passo indietro? Quasi sicuramente Macalli. Non ne sarà felice, ma uno sciopero degli arbitri, dopo quello dei calciatori, dal Coni e dalla Figc non potrebbe mai essere accettato.

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Legge stadi, ora si decide

Il Pd rischia di affondarla

Fulvio Bianchi - Spy Calcio - repubblica.it - 17-10-2012

Settimana decisiva, la prossima, per la legge sugli stadi: una vergogna italiana, della nostra politica. Nonostante gli sforzi bipartisan (Lolli e Butti), ora si rischia di affondare definitivamente il progetto che era stato approvato dal Senato il 7 ottobre 2009, è rimasto "impantanato" alla Camera tre anni e adesso è ritornato al Senato. Ma se gli emendamenti stravolgeranno ancora il testo, allora bisognerà metterci sopra una pietra. Una corsa contro il tempo, perché la legislatura sta per finire, e curiosamente è diventato un problema interno al Pd, fra chi spinge con vigore per approvare una "legge anche se non perfetta", parole del senatore Antonio Rusconi, e chi vorrebbe rivederla in maniera abbastanza radicale (l'ala romana del partito). C'è da dire che dopo lo scandalo di Italia '90, con opere faraoniche e inutili, questa legge non fa sborsare un euro allo Stato. Se ne occupano tutto i privati (vedi Spy Calcio del 27 settembre 1) che ovviamente chiedono un ritorno al loro investimento. Maurizio Beretta, presidente della Lega di A, ha parlato più volte con i membri delle settime commissioni (Camera e Senato), lo stesso ha fatto Giancarlo Abete. Claudio Lotito si è fatto cacciare addirittura dai commessi perché stava dove non poteva stare, cioè in Transatlantico: ma almeno, anche se chiaramente per motivi personali, si è interessato passo passo alla legge. E ora uno degli emendamenti del Pdl è stato chiamato, con ironia, emendamento Lotito. "Siamo alle battute finali", ci spiega il senatore Rusconi, uomo di sport. "Io sono a favore di questa legge, sarebbe la prima per gli stadi, anche se non è perfetta ed è stata modificata ampiamente alla Camera rispetto al testo che avevamo licenziato noi al Senato tre anni fa. La prossima settimana si decide: dentro o fuori. Ci sono arrivati 35 emendamenti, 30 dal Pd e 5 dal Pdl". Ma è proprio l'ala ambientalista del Pd (con i senatori Della Seta, Ferrante e Ranucci) che rischia di affondare la legge: hanno chiesto infatti una limitazione della "volumetria edificabile e della parte residenziale". I presidenti dei club, se fanno un investimento, hanno bisogno di un ritorno. E' chiaro. Ma senza esagerare. Ad esempio, non è possibile fare lo stadio magari a Roma Nord e costruire appartamenti da vendere a Roma Sud. Spiega il senatore Raffaele Ranucci, ex capo delegazione a Usa '94: "Non sono contro la costruzione di nuovi stadi ma contro gli intenti speculativi che questa legge prevede". Insomma, no alla possibilità di costruire appartamenti insieme con gli impianti sportivi e un aumento, da 10 ad almeno trent'anni del limite temporale, per procedere al cambio di destinazione d'uso degli edifici. Ma così probabilmente presidenti di club e Comuni farebbero un passo indietro."Io credo che con la conferenza di servizi ci sia la massima garanzia-spiega Rusconi- La massima attenzione da parte dei Comuni e anche delle Sovrintendenze". Insomma, niente via libera agli speculatori, ai furbetti del quartierino. Come si poteva temere, visto che siamo in Italia e i precedenti sono tanti (ultimi i Mondiali di nuoto 2009). Ma questa legge, almeno a sentire la maggior parte dei senatori, offre le massime garanzie di trasparenza. Anche se, soprattutto all'interno del Pd, c'è una spaccatura che rischia di vanificare un lavoro di anni: ora pare sia stato chiesto l'intervento anche di Bersani ed Enrico Letta per sbloccare in extremis la situazione. Che figura farebbero d'altronde i partiti? Per carità, con quello che succede, c'è anche di peggio: ma il mondo dello sport (non solo del calcio perché, su volere di Veltroni, riguarda anche i palazzetti) aspetta con interesse questa legge. Anche se ha imparato, sta imparando, a sbrigarsela da solo: vedi Juventus Stadium, un esempio da seguire. Ci sta provando anche Massimo Cellino, con un passo falso davvero sbalorditivo per un dirigente di vecchio pelo come lui: ma almeno adesso l'impianto di Is Arenas va avanti. In B è tornata a casa la Pro Vercelli (che giocava a Piacenza), presto tocca anche al Lanciano. Andrea Abodi ha presentato un piano, B Futura, di aiuto ai club che vogliono costruire uno stadio nuovo, o rendere più moderno quello che hanno già. "Quando vediamo quelli di Polonia e Ucraina-dice ancora il senatore Rusconi-qualche domanda dobbiamo pur farcela, no?". Lui si sta battendo, anche contro colleghi del suo stesso partito. Ma la gara è sempre più dura.

Il calcio e il futuro: ecco i giochi interattivi

Londra, Stamford Bridge: importante riunione di club mondiali di calcio (football e soccer) sul futuro dello sport, con uno sguardo al business. La scorsa settimana ha fatto il suo debutto nell'alta società dello sport il n.1 della Juventus, Andrea Agnelli, già nel board dell'Eca (European Club Association), che in un inglese perfetto ha parlato di stadi, di business, di giustizia sportiva (da riformare, almeno in Italia). Presenti altri dirigenti italiani: Umberto Gandini (direttore organizzativo Milan e vicepresidene Eca), Mark Pannes (a. d. della Roma: ma presto lui torna a Boston e ne arriverà un altro, americano che parla italiano) e Franco Spicciariello di Open Gate Italia, società romana che si occupa dal cinema agli stadi, sino alle nuove tecnologie. Rappresentate anche Inter e Palermo. Interessante l'intervento dei dirigenti del Chelsea, padroni di casa, su "social media finished". Quasi una provocazione. Non basta in futuro il dialogo coi tifosi attraverso i social media, è importante internet ma il mondo del calcio vuole dialogare (e fare business, ovviamente) anche attraverso i giochi sempre più interattivi. Sì, lo fa già la Fifa. Sta studiando di farlo anche la Lega di A (grazie all'esperienza di Enrico Preziosi). Tra club e tifosi insomma un rapporto più stretto. In Italia restano da risolvere molti problemi: le trasferte, ad esempio. Ma da parte dell'Osservatorio c'è la volontà (finalmente) di dialogare con le tifoserie. Ieri a Milano si è parlato anche di un progetto di cooperazione internazionale. La strada è ancora lunga ma è positivo che ci sia almeno la voglia di risolvere i problemi e le "criticità" per riportare i tifosi, le famiglie, i bambini allo stadio. Ad esempio: perché i tifosi della Roma, che hanno riempito dopo anni la curva sud, non possono andare in trasferta? Studiamo qualcosa che possa superare i limiti della tessera del tifoso. Sempre nel rispetto delle regole.

Coni: accordi con i Comuni, le Regioni e le Forze Armate

I successi di Londra ormai sono lontani: il Coni si è già rimesso al lavoro. A fine mese, a Rimini, in occasione di Sportdays, è prevista la firma di un protocollo d'intesa fra il Coni, le Regioni, le Province e l'Anci (Comuni). Particolarmente importante per la diffusione della pratica sportiva nel territorio, dove restano "sacche", anche consistenti, vedi al Sud, di scarsissima attività e di crescente obesità dei ragazzini. Resta, è chiaro, il nodo cruciale dello sport a scuola: il Coni ha stanziato la sua parte (5 milioni), ora tocca al Ministero dell'Istruzione. Inoltre il Coni ha aperto già un tavolo di confronto con i Gruppi sportivi delle Forze armate e dei corpi dello Stato, che all'Olimpiade hanno avuto un ruolo primario.

Paralimpici: prima Pancalli, poi il commissario

Paralimpici, grandi manovre dopo il successo (di medaglie e di immagine) a Londra: il presidente del Cip, Luca Pancalli, si ricandida ma nel caso, molto probabile, di successo di Lello Pagnozzi andrà a fare il segretario generale del Coni. Al Cip arriverebbe quindi un commissario con il compito, ovviamente con l'aiuto di Pagnozzi e Pancalli, di aprire in ogni Federazione sportiva una sezione paralimpica. Una stessa "famiglia", questo l'obiettivo auspicato anche dal presidente in uscita, Gianni Petrucci (il 13 gennaio va al basket che, scherzando, assicura di aver già rilanciato...). Renato Di Rocco, che aspirava al Cip, resterà alla Federciclismo. Grandi ribaltoni non sono previsti nelle Federazioni sportive: bisogna vedere adesso quanto rischia Franco Arese all'atletica. Paolo Barelli invece è uscito ancora più rafforzato nella Federnuoto (ora comanda in Europa e in Italia): ma dovrà risolvere il caso Pellegrini. Si è trascinato sin troppo a lungo.

(17 ottobre 2012) © RIPRODUZIONE RISERVATA

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In Senato testo bocciato dalla Commissione VIII

Arriva un altro stop politico alla legge sugli stadi

Fab. Per - Il Tempo - 17-10-2012

La legge sugli stadi fa un passo politico indietro. In questo momento il testo è depositato in VII Commissione al Senato. Prima di votarlo bisogna attenderei pareri della VeVIII Commissione. Ieri l'VIII ha detto «no» al parere favorevole sulla legge, presentato dal Pdl. Nulla cambia dal punto di vista tecnico, ma, di fatto, la bocciatura politica fa capire che la strada per l'approvazione finale non è in discesa. E in particolare la parte più ambientalista del Pd a fare opposizione. «Non sono contro la realizzazione di nuovi stadi - dice il senatore Ranucci - ma contro intenti speculativi che la legge contiene». Ranucci vorrebbe eliminare dal testo la possibilità di costruire appartamenti insieme con gli impianti e aumentare da 10 ad almeno 30 anni il limite temporale per procedere al cambio di destinazione d'uso degli edifici. In attesa del parere della V Commissione di Palazzo Madama, ieri è tornato sul tema anche il presidente Federcalcio, Abete: «Spero la legge si sblocchi, anche per attrarre investitori stranieri».

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repubblica.it

LA DECISIONE

Calciopoli, Bergamo e Pairetto devono risarcire la Figc

143001218-63b67314-57f0-4762-a879-0830fa6bb946.jpgGli ex designatori Bergamo e Pairetto

I due ex designatori più altri ex dirigenti federali ed ex arbitri dovranno pagare 4 milioni di euro secondo quanto stabilito dalla Corte Dei Conti

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di FULVIO BIANCHI

ROMA - Danno d'immagine: i due ex designatori Bergamo e Pairetto, più l'ex vicepresidente della Figc, Innocenzo Mazzini, e altri ex arbitri dovranno pagare alla Federcalcio circa 4 milioni di euro di risarcimento danni. Così, in merito a Calciopoli 2006, ha deciso la sezione regionale del Lazio della Corte dei Conti, che ha reso pubblica oggi la decisione che condanna i vertici dell'Aia e alcuni arbitri a risarcire la Federcalcio del danno d'immagine subito. Il risarcimento maggiore è dovuto da uno dei due designatori dell'epoca, il livornese Paolo Bergamo, che dovrà versare un milione di euro. Pairetto, l'altro designatore, dovrà pagare ottocentomila euro e mezzo milione l'allora presidente degli arbitri (Aia), Tullio Lanese. Condannato a settecentomila euro di risarcimento l'ex vicepresidente Figc Innocenzo Mazzini. I "convenuti" ora potranno presentare appello alle Corti riunite. Tempo circa due anni e ci sarà la sentenza definitiva. Non è stato quantificato il danno erariale, come si chiedeva in un primo tempo, ma quello d'immagine. Assolti la Fazi e Ambrosino. Ci spiega l'avvocato Gaetano Viciconte, difensore di Mazzini:"Mi stupisce molto il fatto che ci sia già una sentenza della Corte dei Conti quando il processo penale a Napoli è ancora in corso (non si sa ancora quando ci sarà il secondo grado, ndr). E la legge prevede che si debba attendere la conclusione del processo penale".

Ecco nel dettaglio

chi dovrà pagare e quanto

Paolo Bergamo - 1 milione di euro

Pierluigi Pairetto - 800 mila

Innocenzo Mazzini - 700 mila

Tullio Lanese - 500 mila

Massimo De Santis - 500 mila

Tiziano Pieri -150mila

Salvatore Racalbuto - 150mila

Salvatore Dattilo - 50mila

Marco Gabriele - 50mila

Paolo Bertini - 50 mila

Gennaro Mazzei -30 mila

Stefano Titomanlio - 20 mila

Claudio Puglisi - 10 mila

Fabrizio Babini - 10 mila

(17 ottobre 2012)

beh anche quelli assolti devono pagare .penso

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tutti devono pagare

lo stato ha bisogno

chi ce l'ha prepari le fedi ................................. .penso mi ricorda qualcosa

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Lo scandalo scommesse

Indagato ex team manager,

il Bari rischia grosso

Incubo retrocessione per il ruolo diretto di Tarantino nella combine con la Salernitana

Nei prossimi giorni verrà ascoltato dai pm. Anche Esposito ha

deciso di parlare dopo i no comment dei passati interrogatori

di GIULIANO FOSCHINI & MARCO MENSURATI (la Repubblica - Bari 18-10-2012)

Non come parte lesa. Non come “responsabile oggettivo”, per utilizzare il lessico burocratico della giustizia sportiva. Questa volta il Bari calcio finisce direttamente nell’inchiesta sul calcio scommesse: la procura di Bari ha iscritto nel registro degli indagati l’ex team manager del Bari Luciano Tarantino. Per lui l’accusa è di frode sportiva: alcuni calciatori avrebbero raccontato, e le indagini dei carabinieri del reparto operativo riscontrato, un suo ruolo diretto nella combine tra Bari e Salernitana, giocata nel maggio del 2009. Quella partita fu venduta dai giocatori del Bari che intascarono una cifra non ancora chiarissima, che va dai 200 ai 300mila euro. Cifra che fu divisa negli spogliatoi (ai senatori finì una cifra maggiore, meno invece ai più giovani) e in parte, sospettano ora gli inquirenti, anche a Tarantino.

Il team manager (non lavora più con il Bari da due stagioni) era il braccio destro di Perinetti, considerato una sorta di padre da Andrea Masiello. Probabilmente nei prossimi giorni verrà ascoltato dal procuratore Antonio Laudati che sta conducendo l’inchiesta insieme con i sostituti Ciro Angelillis e Giuseppe Dentamaro. Ma a inquietare il Bari non è tanto la vicenda penale, quanto quella sportiva. La posizione di Tarantino apre un baratro nel futuro della società biancorossa. Se accertata la vicenda, il Bari potrebbe rispondere davanti alla giustizia sportiva di responsabilità diretta: un suo dirigente è accusato di aver venduto una partita alla squadra avversaria, intascando denaro. Tradotto: illecito sportivo. Tradotto ancora: retrocessione di una serie della squadra.

È chiaro che al momento l’inchiesta è soltanto al suo primo step ed è ancora troppo presto per poter stabilire con certezza cosa accadrà. Certo è che la situazione per il Bari si fa sempre peggiore da un punto di vista sportivo: sembrava certa una nuova penalizzazione per le partite con la Salernitana e con il Treviso, oggetto dell’inchiesta penale, ma nessuno aveva fin qui immaginato un coinvolgimento diretto della dirigenza. Intanto, parallelamente, si fa sempre più delicata la vicenda penale: ieri è stato convocato dai carabinieri il calciatore della Salernitana Fusco, individuato come l’uomo che consegnò ai baresi la busta della combine. Si è avvalso della facoltà di non rispondere. Oggi toccherà agli ex biancorossi Ivan Rajcic, Raffaele Bianco e Manuel Rivas.

A quel punto è possibile che verrà notificato ai circa 20 indagati (sostanzialmente tutta la rosa del Bari di quella stagione) un avviso di conclusione delle indagini con l’accusa di frode sportiva per la gara con la Salernitana. Alcuni di loro rispondono anche della partita con il Treviso. L’inchiesta però non è certo finita. Sul tavolo ci sono le nuove dichiarazioni di Angelo Iacovelli che ha aperto due finestre: la prima su quegli scommettitori che giravano attorno ai calciatori del Bari, gli stessi che potrebbero permettere il salto definitivo all’inchiesta portando la vicenda calcio accanto alla criminalità organizzata locale. La seconda, invece, riguarda la serie A: Iacovelli ha tirato dentro un paio di partite della massima serie, raccontando come alcuni giocatori del Bari abbiano scommesso a colpo sicuro su gare della massima serie. Una è Inter-Atalanta 4-3, ultima di campionato della stagione 2009.

Da qualche settimana ha poi cominciato a parlare un altro protagonista di questa storia, Marco Esposito, per alcune stagioni difensore del Bari.

Il calciatore, indagato e squalificato dalla giustizia sportiva, dopo essersi trincerato in lunghi no comment ha deciso di collaborare con le indagini: ha già messo a verbale alcune dichiarazioni e continuerà a farlo nelle prossime settimane.

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L’inchiesta

Bologna-Bari in mano

al pm Giovannini

I baresi, le scommesse su quel 4-0 e una domanda: qualcuno truccò quella gara?

di FRANCESCO SAVERIO INTORCIA (la Repubblica - Bologna 18-10-2012)

Sul tavolo del procuratore aggiunto Valter Giovannini è arrivato il fascicolo che riguarda Daniele Portanova. Sarà un magistrato del pool che si occupa dei reati contro la pubblica amministrazione ad occuparsi di Bologna-Bari 0-4, la partita dei sospetti, giocata il 22 maggio 2011. Il segno “2” era pagato mediamente a 6. L’indagine dovrà chiarire se quel giorno fu tutto regolare. Al momento, la Procura di Bari ha stralciato la posizione del giocatore del Bologna, indagato da febbraio per associazione a delinquere e frode sportiva. Com’è noto, quattro giorni prima del match col Bari, Portanova incontrò i “parenti di Masiello”: Giacobbe, Carella e De Benedictis. Nel processo sportivo è stato squalificato per 4 mesi per omessa denuncia. La trasmissione degli atti a Bologna ha una pluralità di risvolti. Il primo: si alleggerisce la posizione di Portanova e cade l’ipotesi di reato associativo, per la quale ora il legale Gabriele Bordoni attende l’archiviazione. Resta in piedi l’ipotesi di frode: e cioè che qualcuno abbia combinato la singola partita. In verità quest’ipotesi, per Portanova, fin qui è stata esclusa dagli altri indagati e dalle sentenze sportive. Ma i magistrati potrebbero decidere di ascoltare altri giocatori dell’epoca, per far luce su quel match dal risultato decisamente anomalo.

Intercettati, il factotum del Bari Angelo Iacovelli e il ristoratore Nicola De Tullio si dicono: «Bologna- Bari l’hanno fatta loro». «Va bene, pure io so che alla fine qualcuno ha incartato...». Incartato: ha preso soldi. Peraltro, venerdì 20 maggio, due giorni prima del match, il Bologna va a ballare a Milano Marittima. E lì, racconta De Tullio, Antonio Benfenati, gestore di un lido a Cervia, avrebbe raggiunto i rossoblù per carpire “dritte” sulla gara e scommetterci. Invano, pare: perché i giocatori avrebbero risposto infastiditi, dopo che Portanova (poi assente in discoteca) li aveva messi in guardia. «Antonio va là a parlare con qualche suo amico calciatore - racconta De Tullio - e quello dice: sono venuti da Bari questi qua, come si permettono? Non facciamo nulla». Dalle carte emerge che alcuni indagati avrebbero scommesso 3mila euro sul “2”, vincendone 18mila.

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Fusco non parla coi pm

Nuovo indagato a Bari

di FRANCESCO CENITI & MAURIZIO GALDI (GaSport 18-10-2012)

Continua il lavoro dei pm Ciro Angelillis e Giuseppe Dentamaro sulle partite del Bari. Ieri presso il comando dei carabinieri è stato sentito Luca Fusco (giocatore della Paganese, ma alla Salernitana al tempo di Salernitana-Bari). Come molti altri calciatori indagati, il calciatore si è avvalso della facoltà di non rispondere in attesa di conoscere i capi d'accusa. Intanto dopo le ultime collaborazioni, la Procura di Bari avrebbe iscritto nel registro degli indagati anche l'ex team manager dei pugliesi nel 2009: si tratta di Luciano Tarantino. Nei prossimi giorni dovrebbero essere sentiti gli ultimi indagati e in seguito i pm faranno il punto col capo della Procura Antonio Laudati sugli sviluppi dell'indagine. Soprattutto i pm dovranno riferire degli ultimi sviluppi che porterebbero a una sorta di «scambio» di informazioni tra calciatori per le scommesse. Un'ipotesi che confermerebbe anche le dichiarazioni di alcuni degli «zingari» che parlano di aver «comprato» informazioni.

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La Procura: nessun reato per Conte

Nel mirino le presunte combine in Bari-Treviso e

Salernitana-Bari, ma il tecnico bianconero non rischia

di GUGLIELMO BUCCHERI (LA STAMPA.it 18-10-2012)

Qualcuno ha parlato, altri, quasi tutti, hanno scelto la strada del silenzio. La procura della Repubblica di Bari sta per concludere gli interrogatori sulle presunte combine di Bari-Treviso (0 a 1, maggio 2008) e Salernitana-Bari (3 a 2, maggio 2009) ed entro due mesi gli atti di chiusura indagine saranno recapitati agli indagati. Fra questi, la quasi totalità della squadra pugliese, ma non Antonio Conte, sulla panchina biancorossa all’epoca dei fatti contestati. Conte è stato già ascoltato dagli inquirenti, ma solo per capire se l’ex tecnico barese avesse avuto sospetti prima, durante e dopo le partite con il Treviso e la Salernitana: il 6 settembre scorso, l’allenatore campione d’Italia con la Juve è entrato nella caserma dei carabinieri di Monopoli come persona informata sui fatti, come tale ne è uscita e, come tale, resterà. Dalla procura pugliese, infatti, non emerge al momento alcun tipo di responsabilità penale per Conte e, quindi, nemmeno la necessità di un nuovo incontro con gli investigatori se non su richiesta dello stesso tecnico bianconero.

Il filone d’inchiesta Bari-bis, quello nato dalle rivelazioni del grande pentito Andrea Masiello, ma anche di Vittorio Micolucci, finirà ad inizio 2013 sul tavolo del procuratore federale Stefano Palazzi. La giustizia sportiva, infatti, solo dopo la chiusura indagine riceverà gli atti dal procura della Repubblica di Bari, ma non è escluso che i tempi possano allungarsi se, come prevedibile, tutti coloro che si sono avvalsi della facoltà di non rispondere - ultimo, ieri, l’ex capitano della Salernitana Luca Fusco - una volta conosciuti i capi d’accusa decidessero di raccontare la loro verità. L’attività della procura della Federcalcio, intanto, si è concentrata sulla relazione finale dell’inchiesta su Sampdoria-Napoli del 16 maggio 2010: nelle prossime ore, forse subito dopo la partita di sabato allo Juventus Stadium fra bianconeri e partenopei, verranno comunicati i deferimenti. Paolo Cannavaro e Grava rischiano il processo (sportivo) per omessa denuncia, l’ex terzo portiere del Napoli Gianello per tentato illecito, per il club azzurro Palazzi potrebbe chiedere uno o due punti di penalizzazione.

Modificato da Ghost Dog

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Maxi-rissa e insulti razzisti

“Cacciate la Serbia dal calcio”

Il match con l’Inghilterra U.21 è un caso diplomatico

Il ministro di Belgrado si scusa. Denuncia della Fa alla Uefa. Ince: “È il medioevo”

di MARCO MENSURATI (la Repubblica 18-10-2012)

Il giorno dopo hanno tutti qualcosa da dire. Da Cameron al presidente della federazione serba, ai mille giornalisti e commentatori. Ma poi rapidamente la vergogna di Serbia- Inghilterra Under 21 — partita finita in rissa tra minacce, insulti razzisti e pietre tirate sui calciatori di colore — verrà dimenticata, e allora resteranno solamente le parole di Paul Ince: «Fosse per me i serbi sarebbero cacciati a calci fuori dalle prossime edizioni di Mondiali ed Europei. Ma non succederà: prenderanno una piccola squalifica e sarà tutto. Siamo al medioevo».

Suo figlio era in campo, l’altra sera. E ha visto tutto. E tutto è andato esattamente come è stato raccontato. Per 90’ i giocatori di colore dell’Inghilterra sono stati assordati da cori razzisti e minacce e provocazioni varie. Su tutti Danny Rose il quale, al fischio finale, subito dopo il gol (decisivo) in extremis di Connor, ha scaricato la rabbia accumulata calciando il pallone con violenza verso gli spalti. Il cartellino rosso che ne è seguito è solo un dettaglio della maxi rissa nata da quel gesto, una scena da spaghetti western, con calci al volto e sedie lanciate, che ha coinvolto panchine e accompagnatori. E che è finita solo molti minuti dopo nel ventre dello stadio.

Anzi, nemmeno lì. Perché lo scontro è andato avanti nei commenti del giorno dopo. Ai massimi livelli. Il capo della Fifa «rattristato » Blatter si è affidato al suo slogan: «Diamo un calcio al razzismo ». Peter Cameron ha chiesto una dura sanzione per la Serbia (già squalificata per i noti fatti di Genova, quelli di Ivan il terribile):

«Il primo ministro — recita un comunicato — è costernato. Siamo decisi a sradicare il razzismo a livello internazionale e in casa nostra, e stiamo dando il nostro pieno sostegno alla denuncia della Football Association». La denuncia - sotto forma di lettera a Michel Platini presidente dell’Uefa (che ha aperto un dossier) - è già stata inviata. E si è scontrata contro la difesa della federcalcio serba, che dopo aver stigmatizzato il comportamento «inappropriato» di Rose ha spiegato che «collegare gli incidenti e le risse tra giocatori con il razzismo è assolutamente senza fondamento e malevolo». «Ci aspettiamo — è la conclusione — che la cultura umana e sportiva dei nostri amici calcistici inglesi prevarrà». Un comunicato ai limiti del comprensibile dal quale però Belgrado, riviste le immagini, si è dissociata: «Condanno con la massima fermezza il fatto che un qualsiasi evento sportivo esca dall’ambito dello sport e passi in quello delle provocazioni e degli insulti», ha dichiarato il ministro dello sport Alisa Maric, chiudendo almeno in parte la questione delle responsabilità e lasciando sul campo, in attesa delle decisioni dell’Uefa, la parole minuscole e confuse di Rose: «Quando sono uscito, sugli spalti facevano ancora il verso della scimmia. Non capisco perché mi hanno espulso»

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L'intervista La partita comprata con i bazooka, le minacce a Sosa, il camorrista

in una foto con Hamsik. «Football clan» racconta le infiltrazioni nelle squadre

«Così i boss usano il calcio»

Cantone e il libro che svela

la faccia (sporca) del pallone

«A Napoli troppi criminali avvicinano i calciatori

Conte? C'è la tendenza a voltarsi dall'altra parte»

di GIANLUCA ABATE (Corriere del Mezzogiorno - Napoli 18-10-2012)

ROMA — Raffaele Cantone, ex pm antimafia, oggi giudice di Cassazione. Lo sa che citare Hamsik, Lavezzi, Cannavaro, Balotelli, Conte e Buffon in un libro dal titolo «Football clan» è operazione alquanto impopolare?

«Sì, e nel libro lo dichiaro immediatamente. Il problema però è nell'approccio. Io il calcio lo amo, ma la vicinanza al mondo della criminalità rischia di travolgerlo. E, per questo, spero che ci si muova prima che a giocare restino solo i boss».

Non è che siamo alle solite con il magistrato moralizzatore?

«Io non voglio moralizzare, cerco di colmare un difetto di approfondimento».

Be', libri sul pallone ce ne sono.

«Sì, ma evidentemente parlare di calcio in un certo modo non tira. E quindi si preferisce, chessò, la biografia di Ibrahimovic. È un dato di fatto che sia diventata un best-seller. Nessuno, però, parla mai di calcio e criminalità».

Pensa che la ringrazieranno?

«Ho già ricevuto varie manifestazioni di scetticismo rispetto a quest'operazione. Io chiedo solo di leggere e valutare gli atti processuali. Se chiudiamo gli occhi, un giorno potremo riaprirli e scoprire che ci hanno portato via il pallone».

Raffaele Cantone — classe '63, in magistratura dal '91, pm in prima linea contro il clan dei Casalesi, oggi giudice al Massimario della Cassazione — la sua ultima «indagine» la concentra sui rapporti tra mondo del pallone e criminalità organizzata, che il calcio lo utilizza per lucrare, ottenere il controllo delle masse, cercare voti, favori, affari, contatti, consensi. E lo fa spiegando in un libro scritto con il giornalista Gianluca Di Feo (Football clan, 282 pagine, edito da Rizzoli) perché «il calcio è diventato lo sport più amato dalle mafie». Cita un impressionante numero di episodi, il magistrato. Nomi, date, squadre, inchieste. Dalla medaglia d'oro consegnata dal fuoriclasse brasiliano dell'Avellino Juary al boss Raffaele Cutolo nel 1980 («Né prima né dopo in Europa c'è stato un riconoscimento così plateale dell'autorità mafiosa») a intere squadre in mano alle mafie. La Mondragonese, primo esempio di clan al servizio del calcio, dove Renato Pagliuca, fedelissimo del boss Augusto la Torre, «non sfrutta il pallone per arricchire la cosca, ma impiega il racket per rendere forte la squadra». O l'Albanova, che militava nella C2, aveva la serie C1 a portata di mano (grazie anche a un bomber come Ciro Muro) e invece è scomparsa quando è scomparso Francesco Schiavone, arrestato. E ancora: la scalata alla Lazio tentata dai Casalesi (che portò a un ordine di arresto per Giorgio Chinaglia, uno dei miti del calcio italiano), la Sanremese finita in mano alla 'ndrangheta che per non pagare gli stipendi decise di far andar via con le minacce i calciatori più pagati (puntarono anche una pistola al ginocchio del Pampa Sosa, ma lui li denunciò), la spareggio per salire in serie C tra Locri e Crotone (maggio '87, un pentito ha rivelato che il Crotone comprò la promozione offrendo kalashnikov e bazooka ai boss che controllavano il Locri in cambio del pareggio). Il viaggio nella camorra del calcio è allucinante. Un grande business raccontato da Sud a Nord. Passando, ovviamente, da Forcella. E dalla foto di Diego Armando Maradona nella vasca a forma di conchiglia del boss Giuliano.

Cantone, perché ancora questa storia della foto di Maradona?

«È emblematica. Fu scattata nell'86 a casa dei Giuliano. Vent'anni dopo, proprio le intercettazioni sui Giuliano hanno dato il via all'inchiesta sul pallone malato. Calciopoli nasce da quella casa, da quella vasca. Se ci si fosse mossi all'epoca, forse tutto ciò non sarebbe accaduto».

Stiamo parlando di un'immagine, non è che drammatizza troppo?

«Quella foto dimostra la sottovalutazione che c'è sempre stata del rischio di infiltrazioni mafiose nel calcio. Maradona certo non s'è venduto le partite, ma frequentava boss legati alla compravendita degli incontri. Se quell'episodio non fosse stato valutato solo come oleografia, avremmo avuto conseguenze ben diverse».

Un suo collega, l'ex pm Luigi Bobbio, ha rivelato che lui Maradona voleva arrestarlo, ma il procuratore gli disse di no.

«Bobbio si era reso conto che quella foto non era un fatto neutro. Queste immagini non sono souvenir, ma manifesti dell'autorità criminale».

Lei nel libro cita anche un'altra foto, quella di Hamsik con il boss scissionista Domenico Pagano. Neppure quella è neutra?

«È ancor più pericolosa. Maradona aveva un rapporto personale con i Giuliano, Hamsik invece è un antidivo, ragazzo e atleta modello. Perciò la sua foto con il camorrista sorprende e preoccupa: è un segnale che le mafie agganciano chiunque. E pone troppe domande. Chi ha portato il calciatore in quel ristorante? Chi consente a persone della criminalità di avvicinarsi ai calciatori? C'è un trait d'union? Qual è?».

Non ha una risposta?

«Le inchieste raccontano che Mario Balotelli va a Scampia grazie all'interessamento di Marco Iorio, imprenditore in affari con Fabio Cannavaro e amico di Lavezzi, a casa del quale va addirittura un altro boss di Napoli, Antonio Lo Russo. Lo stesso, per capire, che è stato fotografato in campo. E che scommetteva».

È un indizio?

«Spiega che questo mondo che gira intorno al pallone con la camorra ha un'interlocuzione. C'è gente che ha rapporti con i calciatori e anche con chi gestisce le scommesse. È casuale?».

Però lei scrive che il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis «ha imposto un corso diverso», che ha «eretto una diga tra squadra e tifosi» spostando gli allenamenti a Castelvolturno.

«La società ha fatto bene, ma alla luce di quanto emerso forse deve fare ancora di più. Santacroce, il difensore che andò a portare le magliette a un soggetto agli arresti domiciliari, ai pm che gli chiedono cosa faccia il Napoli per ostacolare queste relazioni pericolose dice che i calciatori non hanno direttive. È vero? Se così fosse sarebbe preoccupante, il Napoli non può derubricare questi contatti a semplici cattive frequentazioni».

Sono condotte con rilevanza penale?

«Assolutamente no. E poi non tutto ciò che avviene nel calcio deve essere necessariamente ascritto alla giustizia penale».

È sufficiente quella sportiva?

«No, non ha strumenti efficaci per indagare. Comprare il silenzio negli spogliatoi è facile. E anche allenatori di prestigio, una volta venuti a conoscenza di fatti illegali, hanno scelto di non parlare. Il caso di Antonio Conte, sospeso per non aver denunciato gli accordi a tavolino del Siena, fa capire quanto sia diffusa la tendenza a voltarsi dall'altra parte».

Siamo passati dall'omertà mafiosa a quella calcistica?

«Il problema sono gli andazzi. L'allenatore sa che mettersi contro il presidente può significare la fine della carriera. Simone Farina, il giocatore del Gubbio che aveva denunciato un accordo illecito, non ha avuto più alcun contratto. Sarà sicuramente una coincidenza, ma il segnale potrebbe essere letto nel senso che chi denuncia resta a piedi, che paga l'omertà. E poi la storia dell'omessa denuncia è assurda».

Perché?

«È una norma moralista che rischia di incrementare l'omertà. Se c'è un'indagine e mi chiamano a testimoniare, non collaborerò mai con la magistratura, perché se dico che ero a conoscenza di qualcosa scatta automaticamente un processo sportivo per omessa denuncia».

Il caso Conte è quindi la spia di una giustizia che non funziona?

«La magistratura del calcio si ispira a una logica di trattativa, punta più alla mediazione degli associati che alla salvaguardia del calcio. Se, come nel caso Conte, dopo due gradi di giudizio si arriva a una sorta di arbitrato al Tnas, significa che quei due processi sono stati inutili. L'arbitrato, nel sistema del diritto, è alternativo al procedimento davanti al giudice. Un procedimento così è folle».

Contesta le regole?

«Questi meccanismi vanno bene all'interno di un circolo privato. Qui, invece, con ogni sospensione di un calciatore o penalizzazione di una squadra si possono determinare perdite di milioni. E, con i club quotati in Borsa, ogni verdetto influenza i mercati azionari. Perciò poi si assiste a scene paradossali».

Quali?

«Quella del presidente della Juventus Andrea Agnelli che mette la mano sul fuoco sull'onestà del suo allenatore per fatti commessi quando Conte non era alle sue dipendenze, ma in un'altra squadra. È un attacco inquietante alla giustizia sportiva. Però poi di Buffon non parla».

Scusi, che c'entra Buffon?

«Il milione e mezzo di euro girato a una tabaccheria di Parma abilitata alle puntate sportive che fine ha fatto? Come sportivo, tifoso ed anche ammiratore del Buffon portiere, vorrei sapere se era tutto lecito, se è stato prosciolto. Una giustizia seria deve essere trasparente, e invece nessuno ha mosso un dito».

Che fa, vuole aizzare i tifosi prima di Juventus-Napoli?

«Macché. Queste vicende non scandalizzano minimamente i tifosi. Il risultato sportivo, in Italia, viene prima di qualunque valutazione etica. È per questo che il calcio è lo sport più amato dalle mafie».

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SCONCERTI, L’HOOLIGAN

DEL PENSIERO DEBOLE

di PIPPO RUSSO (Pubblico 16-10-2012)

Perché rottamare Mario Sconcerti? Solo per un gesto d’umanità, credeteci. Lo shock della pressa e della ruspa almeno gli regalerebbe una fine materiale, risparmiandogli lo scomparire nell’evanescenza che pare destino irreversibile. E vi sembra che uno così possa svanire come un pixel definitivo in mezzo al led fulminato? Volete proprio vederlo sciuparsi dentro un apocalittico meccanismo mediatico come fosse un film di Cronenberg? Davvero no. Bisogna agire, e fare presto. Guardatelo, pover’uomo. Sempre più sbiancato e prossimo all’immaterialità a forza di stare «on air». Non più uomo ma ologramma. Come la principessa Leila Organa di «Guerre Stellari». Le somiglia sputato: stessa cotonatura e persino un dito di tette in più. Lo guardi snocciolare cifre logaritmiche e superflue che ti fanno maledire il giorno in cui l’uomo domò il fuoco, lo leggi mentre ciancia invariabilmente di diversità sulle colonne di quello che fu il primo quotidiano nazionale, scorri le pagine di quei suoi libri che battono il primato di resi in magazzino, e pensi a quale grado d’alienazione possa giungere il mestiere del giornalista sportivo. Una situazione penosa. E allora provvediamo subito a rottamarlo, mentre ancora conciona petulante come un hooligan del pensiero debole. Un vero pallore gonfiato.

___

Conte, dopo Farina è due volte eroe

di MARIO SCONCERTI dal blog Lo sconcerto quotidiano (Corriere.it 18-10-2012)

Simone Farina, l’ex difensore del Gubbio che denunciò una partita truccata, ha dovuto smettere di giocare a calcio. Nessuna squadra ha offerto lavoro “all’infame”, in puro stile mafioso. Farina ha trovato lavoro come insegnante dei giovani calciatori dell’Aston Villa. Da Gubbio a Birmingham è un bel salto, questo anno di sofferenza si chiude forse per lui con un saldo attivo. Ma è terribile sia stato costretto ad andarsene. La sua esclusione dal branco è stata più grave perfino delle partite vendute. Quelle sono state commesse da disonesti, Farina è stato escluso dai “normali”. E lo hanno escluso tutti.

Se la legge del branco è questa e noi non riusciamo a cambiare il branco, anzi lo subiamo sempre di più, come si può condannare Conte per omessa denuncia? Come si poteva seramente chiedergli di denunciare tutta la sua squadra? E sopratutto, come si poteva condannarlo a cambiare lavoro? Perchè è chiaro che non l’avrebbe voluto più nessuno. E allora non era ancora allenatore della Juve. Ora è due volte eroe: per aver taciuto e per aver scontato una pena che a questo punto non meritava.

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Conte, Farina e gli sconcertanti

sillogismi di Mario Sconcerti

di PIERLUIGI GIORDANO CARDONE (il Fatto Quotidiano.it 18-10-2012)

Simone Farina ha denunciato un tentativo di combine e “per ritorsione” è stato costretto ad abbandonare il calcio giocato e l’Italia. Ergo, Antonio Conte ha fatto bene a non denunciare i presunti taroccamenti dei suoi giocatori per continuare a fare il suo lavoro. Per questo motivo è due volte eroe: perché ha taciuto pur di non essere escluso dal branco e “per aver scontato una pena che a questo punto non meritava”. In sintesi, è questo il sillogismo proposto da Mario Sconcerti

sul suo blog pubblicato dal Corriere.it.

Un equilibrismo dialettico che fa paura. Un esempio su tutti. Ampliando il campo d’applicazione e ragionando ‘alla Sconcerti’, infatti, l’imprenditore che si ribella al racket è un fesso, mentre quello che si sottomette è due volte eroe: per non aver denunciato gli aguzzini e per aver pagato un pizzo che non meritava di pagare. Facile facile. Paragone esagerato? Di sicuro l’accostamento è estremo, eppure è tremendamente logico e naturale. E Sconcerti non l’ha calcolato né messo in preventivo.

Ora: quella dello stimato opinionista sportivo sarà certamente una presa di posizione perfidamente ironica o una provocazione, magari dettata dalla frustrazione di vedere un sistema calcio nelle mani di corruttori, bari e criminali assortiti. Ciò non toglie, però, che descrivere chi ha deciso di non denunciare come un eroe è pericoloso, specie se non si certifica il fine ironico. Perché se poi lo ‘scherzo’ non si capisce, allora significa fare un favore a chi sul marcio del calcio ci ha guadagnato per anni. E vuol dire fare un torto a troppi: a quei pochi che hanno avuto il coraggio di non sottostare alla ‘legge del branco’ per amore del pallone e dell’onestà (Farina), a chi sta cercando di smantellare il sottobosco puzzolente che non rende più credibile il calcio italiano (i pm delle procure che indagano sul calcioscommesse) e a tutti quelli che amano il calcio.

Ma c’è di più. Se avanzasse la convinzione che lo Sconcerti-pensiero è non solo giustificabile, ma addirittura degno di apprezzamento, potrebbe scatenarsi un rischio emulazione che taglierebbe le gambe a chi hanno detto no ai soldi facili delle scommesse e a tutti gli inquirenti. Sillogismo per sillogismo: le indagini e i processi non sono riusciti a porre fine al malcostume (e chi lo dice poi?), quindi chi vuole continuare a truccare le partite (e a non denunciare) fa bene a farlo.

E’ il sillogismo, bellezza. Fu teorizzato la prima volta da Aristotele e se al nome del filosofo greco si aggiungesse una esse, ecco che con un po’ di fantasia il cerchio della polemica si chiuderebbe in un riso amaro. Molti ricorderanno, infatti, che Aristoteles è il protagonista di un film cult della commedia all’italiana, quel L’allenatore nel pallone in cui Lino Banfi (alias Oronzo Canà) doveva salvare la ‘sua’ Longobarda nonostante le pressioni del ‘suo’ presidente, che preferiva una retrocessione pilotata pur di non sopportare i costi della Serie A.

Il tecnico si ribella, nella partita decisiva Aristoteles segna il gol salvezza, il patron è afflitto e i tifosi portano in trionfo Oronzo Canà. L’ultima scena del film è indimenticabile: “Mi avrete preso per ċoglione” si lamenta l’allenatore mentre gli ultras lo tengono in braccio. “No, sei un eroe” rispondono questi ultimi. “Mi avete preso per un ċoglione sotto la mano, mi fa male!!!” ribadisce Canà. Ecco: se per Sconcerti Conte (o chi per lui) è due volte eroe, allora significa che Farina è due volte ċoglione.

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Buongiorno di MASSIMO GRAMELLINI (LA STAMPA.it 18-10-2012)

Farina di un altro sacco

Simone Farina, il calciatore del Gubbio che disse no ai 200 mila euro di una combine e denunciò il tentativo di truffa alla magistratura, è da ieri il «community coach» del settore giovanile dell’Aston Villa. Insegnerà ai bambini di Birmingham le regole del calcio e quelle, meno note, della lealtà. Affidare al simbolo del calcio pulito un incarico di educatore. Che bella idea. Possibile non sia venuta in mente ai dirigenti di qualche squadra italiana? Secondo me, per pensarci ci hanno pensato. Però hanno saputo resistere alla tentazione. E sì che nei nostri club professionistici ci sarebbe una certa urgenza di ripassare alcune regole di educazione civica o più semplicemente umana. Non truffare il prossimo tuo come te stesso, non chiudere gli occhi davanti a un reato, non fare la vittima. Chiunque assista a una partita di calcio fra bimbi italici rimane colpito dalla presenza a bordo campo di torme di assatanati che gridano ai pargoli di buttarsi in area di rigore e che ricordano all’arbitro quanto sia sentimentalmente leggera sua moglie. Ultrà? No, genitori. Il «community coach» servirebbe soprattutto a loro.

Invece Farina lo hanno ingaggiato gli inglesi. Ormai nel calcio ci siamo abituati a vedere emigrare i più bravi. Adesso cominciano ad andarsene anche i più buoni. E mica solo nel calcio, a giudicare dai tanti ragazzi orfani di raccomandazione che stanno lasciando l’Italia per cercare fortuna in Paesi dove parole come talento e onestà non suscitano ancora fastidio, piuttosto il brivido di un potenziale splendore.

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Bergamo e Pairetto risarcimento record alla Federcalcio

GIANNI LOVATO - Tuttosport - 18-10-2012

Sbagliare designazione può costare caro, almeno a giudicare dalla sentenza della Corte dei Conti, che ieri ha condannato Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto a un risarcimento record nei confronti della Figc per i fatti di Calciopoli. Altri tempi, altre storie, le polemiche che accompagnano il nostro calcio però sono rimaste le stesse. Basta andare alla scorsa estate, 1l agosto per la precisione, per capire che la cultura del sospetto in Italia è sempre di casa. Quel pomeriggio Paolo Silvio Mazzoleni prese qualche abbaglio, ma nemmeno troppi a ben vedere: la Juve alzò la Supercoppa e il Napoli per protesta rifiutò di assistere al trionfo dei grandi rivali. Una pericolosa sindrome cinese. Giù, perché si giocava in Cina, dove il concetto di copiare è stato elevato ad arte. In questo caso però l'originale basta e avanza. Nessuno avverte l'esigenza di un bis, anche perché con quella premessa c'era da aspettarsi l'ennesima stagione (calcistica) di veleni. Per il momento, fortunatamente, non è andata così, ma non è ancora chiaro se i meriti vadano ascritti agli arbitri o al computer di via Rosellini che ha stilato il calendario con saggezza... umana. Sabato sera ne sapremo di più. Juve-Napoli è il primo incrocio veramente a rischio di questo campionato. Match da allarme (o cartellino) rosso. Il designatore di oggi, Stefano Braschi, non deve sbagliare scelta per evitare cadute d'immagine, anche se di altra e più banale natura rispetto a quelle di cui sono accusati i due predecessori di cui sopra. Un ex big della categoria come Graziano Cesari a Tuttosport suggerisce il nome di Daniele Orsato, direttore veneto cresciuto a immagine e somiglianza del suo mentore Luigi Agnolin. L'originale era decisionista, autorevole a volte autoritario. Un gran arbitro, comunque. Anche la copia promette bene.

E agli arbitri arriva il conto

Chiesti 4 milioni di risarcimento Bergamo: «Ma sono innocente»

Tuttosport -18-10-2012

DANNO di immagine. Questa l'accusa per la quale la sezione giurisdizionale del Lazio della Corte dei Conti ha condannato i due ex designatori Bergamo e Pairetto, più l'ex vicepresidente della Figc, Innocenzo Mazzini, e altri ex arbitri coinvolti nello scandalo di Calciopoli del 2006 a pagare alla Federcalcio circa 4 milioni di euro come risarcimento danni. Per la precisione, l'importo complessivo sarebbe di 3 milioni e 970 mila euro e le persone coinvolte sarebbero 14. La richiesta più pesante (un milione di euro) sarebbe per Paolo Bergamo, ex arbitro e uno dei due designatore all'epoca, fino ai 10.000 euro di condanna per gli ex assistenti arbitrali Claudio Puglisi e Fabrizio Babini. Condanna per 800.000 euro a Pierluigi Pairetto (ex arbitro e designatore insieme con Bergamo), per 700.000 euro a Innocenzo Mazzini (ex vicepresidente federale). Mezzo milione per l'allora presidente dell'Aia, Tullio Lanese, e per l'ex arbitro Massimo De Santis, 100.000 euro per l'ex arbitro Salvatore Racalbuto. Tra i condannati, anche l'ex arbitro Marco Gabriele, che pure al processo di Napoli era stato prosciolto, assolti la Fazi (non era più segretaria degli arbitri) e Ambro- sino. Si tratta di una prima condanna alla quale gli interessati possono presentare appello alle Corti riunite: ci vorranno circa due anni per la sentenza definitiva.

LA DIFESA Quattro milioni è dunque il danno d'immagine del calcio italiano quantificato dai giudici contro i vertici dell'Aia: chic) del Totocalcio, delle scommesse, minore appeal del campionato e crollo degli spettatori. «La condanna della corte dei conti non mi sorprende, ma io sono innocente, non ho certo danneggiato io l'immagine della Federcalcio e dello Stato.. Così l'ex designatore Bergamo, dai microfoni di Radio 24, si difende dalla condanna e non si sorprende che la sentenza arrivi quando il procedimento penale di Napoli deve ancora arrivare a giudizio per il secondo grado: «Sono percorsi e tempi diversi - sottolinea - e questa tempistica non mi stupisce. Farò chiaramente appello. Anzi: se è vero che il processo penale di Napoli è vicino alla prescrizione, preannuncio che comunque rinuncerò per continuare la mia battaglia legale fino all'ultimo grado di giudizio e dimostrare la mia innocenza. E un processo che abbiamo subito, soprattutto un processo mediatico, ma quanto emerso dal dibattimento a Napoli mi fa essere tranquillo e fiducioso

FIDUCIOSO Secondo Bergamo, il pronunciamento della Corte dei Conti non influenzerà il percorso del procedimento penale a Napoli. «Sono cose molto diverse fra loro. A Napoli peserà anche quanto emerso nel dibattimento e credo che i giudici lì hanno ora in mano elementi molto più significativi di quelli a disposizione della Corte dei Conti. Sono fiducioso perché illeciti non ne ho commessi e battaglierò perché voglio dimostrare la mia innocenza: ho seguito e messo in atto e indicazioni che la stessa Federazione ci dava per mantenere buoni rapporti con i presidenti dei club».

ANCHE I GIOCATORI? E' sorpreso invece l'avvocato Gaetano Viciconte, difensore di Mazzini: «Mi stupisce molto il fatto che ci sia già una sentenza della Corte dei Conti quando il processo penale a Napoli è ancora in corso. E la legge prevede che si debba attendere la conclusione del processo penale-. Così non la pensa la Corte dei Conti, che si rifà ad una sentenza della Cassazione. In futuro, potrebbero essere chiamati eventualmente a risarcire il danno erariale e d'immagine allo Stato tutti i calciatori e i dirigenti condannati nei processi del calcioscommesse.

Arbitri, sentenza choc "Paghino 4 milioni alla Figc

"Calciopoli, la Corte dei Conti riconosce i danni d'immagine

BERTINI, EX FISCHIETTO «Chi mi condanna è anche giudice della Federcalcio: pazzesco»

Retroscena

GUGLIELMO BUCCHERI - La Stampa -18-10-2012

Quattro milioni di euro, poco meno. Gli effetti di Cal-ciopoli sul calcio italiano sconfinano in un inedito e perla prima volta viene sancito il risarcimento per «danni di immagine». Tutto nasce nei mesi dopo lo scandalo mai visto quando la Federcalcio, ente privato di natura pubblicistica, si rivolge alla Corte dei Conti. «Chiediamo i danni ai protagonisti sul banco degli imputati...», in sintesi il ricorso della Figc ai giudici. Verdetto? Il pm Ugo Montella chiede, al termine di un'appassionata requisitoria, ben 120 milioni di euro in solido fra loro a Bergamo, Pairetto e al resto degli indagati perchè all'epoca non si era ancora celebrato il primo grado del processo penale di Napoli. Passano mesi, anzi anni, è, ieri, la Corte dei Conti ha deciso: non 120 milioni, ma tre e 970 mila euro il prezzo da pagare per ben quattordici fra ex dirigenti federali, designatori arbitrali, fischietti ed assistenti, tutti in campo nell'estate del 2006. Nuovo passaggio giudiziario, nuova scossa. I quasi quattro milioni di euro da versare in conto danni è definito, secondo la corte, in base al ruolo e alle responsabilità avute: si parte con il milione di euro per Bergamo (ex designatore arbitrale), si passa dai 700 mila euro per Mazzini (ex numero due della Figc) e si toccano, fra gli altri, i 50 mila euro per gli ex arbitri Bertini, Gabriele, Dattilo. Nell'elenco dei quattordici puniti dai giudici c'è spazio anche per Pairetto (800 mila euro), per Lanese e De Santis (500 mila euro), per Pieri (150 mila euro), per Racalbuto (100 mila euro), per Titomanlio (20 mila euro) e per Puglisi e Babini (10 mila euro). Una lunga truppa di condannati, ma non Luciano Moggi ed Antonio Giraudo, sotto la luce di Calciopoli, ma non della Corte dei Conti in quanto la Figc ha potuto presentare ricorso soltanto contro suoi dipendenti e non, come nel caso dell'ex direttore generale e dell'ex amministratore delegato della Juve, nei confronti di chi lavorava per una società non pubblica. La sentenza che costituisce un inedito per il calcio italiano, intanto, fa già discutere. «Noto con stupore - cosi l'ex arbitro Paolo Bertini - che chi ha firmato la mia condanna a risarcire la Figc con 50 mila euro è, allo stesso tempo, un giudice della stessa Federcalcio, membro della IV sezione giudicante della Corte Federale. Quella Figc che ha presentato ricorso e che, nel procedimento disciplinare al suo interno, mi ha assolto ed oggi mi chiede i danni: una situazione davvero allucinante...». Bertini annuncia immediato appello alla Corte dei Conti nella sua sezione centrale. «Anche il mio assistito Massimo De Santis ricorrerà in appello così come ha fatto nel procedimento penale in corso a Napoli...», sottolinea l'avvocato Paolo Gallinelli. E ricorso contro la sentenza di ieri presenteranno tutti gli altri condannati a pagare i danni d'immagine alla Federcalcio. II prossimo appuntamento con gli effetti di Calciopoli è in aula per domani: al tribunale di Napoli, c'è la seconda udienza del processo per rito abbreviato, strada scelta da Giraudo. Ancora da definire è il tempo in cui, invece, prenderà vita l'appello ordinario con Moggi, e non solo, in aula.

il commento

CALCIOPOLI, I DESIGNATORI LA PAGANO CARA: 4 MILIONI

di Claudio De Carli il Giornale - 18-10-2012

Da qualunque parte lo si guardi, un milione è un milione, anche per chi all'epoca dei fatti incassava 250mila euro annui come il designatore arbitrale Paolo Bergamo. La sezione giurisdizionale della Corte dei Conti del Lazio lo ha condannato per danno d'immagine, assieme a colleghi e sottoposti, per lo scandalo Calciopoli. Insomma deve pagare, lui più degli altri, ma anche gli altri, in tutto fanno 3,970 milioni precisi. E allora siamo andati a cercare quando la sentenza è stata emessa perché la curiosità non ha prezzo, scoprendo che la richiesta iniziale, datata 8 novembre 2006, ammontava a 120 milioni. Insomma sei anni dopo è arrivato uno sconto del 96 per cento sul prezzo iniziale, fanno 116 milioni e 20 mila euro, e anche questi, da qualunque parti li guardi, son soldi. Nel tentativo di non perderci nel ginepraio di multe e tariffari si è capito che l'entità dell'ammenda è legata allo stipendio che percepiva il reo all'epoca, stabilendo poi che al maggior responsabile non si potesse chiedere una cifra superiore al milione. Mentre in battuta era di otto a testa per 15 condannati. La più pesante è per Bergamo, poi 800mila per il compagno Pierluigi Pairetto, mezzo milione per Tullio Lanese e Massimo De Sanctis, 100.000 per Salvatore Racalbuto, fino ai 10.000 euro per Claudio Puglisi e Fabrizio Babini, due guardalinee, in tutto 14. Sebbene si tratti solo di una prima sentenza alla quale gli interessati potranno ricorrere. E chissà fino a quale grado e a quale altra corte, magari europea. Comunque passeranno almeno due anni prima di una sentenza definitiva, per un totale di 8, un lasso di tempo sufficiente da consentire loro di risparmiare qualcosina nel caso questa vicenda, a dispetto del solito, dovesse finirgli male. Certamente lo sconto di 116 e spazzola milioni non dà segnali confortanti. Beneficiaria eventuale della somma è la Figc ed è proprio qui che Bergamo trova la sua ciambella di salvataggio: «Sono innocente e andrò fino in fondo - ha dichiarato -. Ho seguito e messo in atto indicazioni della stessa federcalcio per mantenere buoni rapporti con i club». Fra i condannati c'è anche Innocenzo Mazzini, 700mila euro, vice presidente Figc. È una storia bellissima.

Calciopoli, ex arbitri condannati risarcimento di 4 milioni alla Figc

Bergamo, Pairetto e lo scudetto degli onesti

Il livornese annullò il famosogol di Turone

Piero Mei - Il Messaggero -18-10-2012

ROMA - Ad avere di più sono abituati: quando erano entrambi designatori arbitrali, Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto, signori del fischietto, prima di uno di quei Natali di una volta, ricevettero in dono dal presidente Sensi un bel Rolex d’oro ciascuno; ai loro vice e alla truppa fischiante furono riservati orologi d’acciaio, mai accertato se fossero o meno d’origine asiatica. Ora saranno i due ex arbitri a dover pagare.

Bergamo e Pairetto, alla soglia dei settant’anni il primo e nei sessanta il secondo, già condannati ad anni e spiccioli di carcere per Calciopoli, sono stati anche condannati, insieme con altri personaggi del tempo e di Calciopoli, tra i quali il vicepresidente federale Innocenzo Mazzini, le altre celebrità del cartellino Tullio Lanese o Massimo De Santis, ed altri ancora, a risarcire la Federcalcio per una somma complessiva di circa 4 milioni. Tre milioni e novecentosettantamila euro, ad essere precisi, sommando il milione in quota Bergamo, gli 800 mila in quota Pairetto e giù a scendere fino ai 10 mila di Claudio Puglisi di Voghera e di Fabrizio Babini di Forlì, i quali vennero intercettati in quell’infausta stagione mentre conversavano con Meani, addetto agli arbitri per il Milan. Famosa la frase di Puglisi: all’Inter farò un c... così. Era l’anno dello scudetto degli onesti, si fa per dire.

La fattispecie per la quale la Corte dei Conti ha condannato in prima istanza l’allegra brigata (per la giustizia ordinaria trattasi di associazione per delinquere) è quella di «danno all’immagine» della Federcalcio. Il pagamento è a scoppio ritardato: si tratta della condanna in primo grado e adesso fra appello ed altri cavilli passerà del tempo, almeno due anni, a voler essere ottimisti sulla rapidità dei procedimenti.

I due pesci grossi, Bergamo e Pairetto, furono arbitri celeberrimi, anche se non sempre celebrati. Di Bergamo di Livorno i romanisti ricordano in particolare l’annullamento del gol di Turone (quello che era ’bbono), annullamento che rinviò di qualche tempo il secondo scudetto giallorosso. Con la Roma, fra quella rete e quel Rolex, ci fu pure un’altra vicenda che lo vide assolto: quella che coinvolse il presidente Viola e l’arbitro francese Michel Vautrot per la partita Roma-Dundee. Bergamo venne accusato, ma poi prosciolto, dell’intermediazione.Di professione assicuratore, non è dato sapere se si fosse assicurato contro questa sentenza di condanna.

Il signor Pierluigi Pairetto di Nichelino arbitrò anche una partita mondiale nel 1994, Romania-Argentina prendendosi le rampogne di Blatter, il colonnello svizzero che già a quei tempi era il Potentissimo (e poi parliamo di rottamazione). Fu anche l’arbitrò che convalidò il golden gol di Biehroff nella finale europea in Inghilterra: aveva voglia il guardalinee a segnalargli il fuorigioco, lui non se ne dette per inteso. Aveva ragione. Ma forse poi voleva compensare il rigore dato ai cechi per un fallo fuori area. Per questi danni d’immagine, e non solo, chi pagherà mai?

"Arbitri, adesso pagate 4 milioni"

La Corte dei Conti condanna Bergamo, De Santis & C danno d 'immagine

Calciopoli

Fulvio Bianchi -La Repubblica -18-10-2012

FULVIO BIANCHI ROMA ora i designatori e gli arbitri devono pagare: quattro milioni di euro da versare nelle casse della Federcalcio per il danno d'immagine che hanno causato al mondo del pallone. Non finisce mai l 'intricata vicenda di Calciopoli 2006 fra processi penali e sportivi. E adesso, perla prima volta, ecco la sentenza della Corte dei Conti: la Figc deve essere risarcita dai suoi dipendenti infedeli. A pagare saranno (in caso di conferma in appello) i due ex designatori Bergamo e Pairetto, l'ex vicepresidente della Figc, Innocenzo Mazzini, ed exarbitri fracuiDeSantis. Laciframaggiore spetta ad uno dei due designatori dell'epoca, il livomese Paolo Bergamo, che dovrà versare un milione di euro. Pairetto, l'altro designatore, dovrà pagare invece ottocentomila euro e mezzo milione l'allora presidente degli arbitri (Aia), TullioLanese.Condannato a settecentomila euro di risarcimento I' exvicepresidenteFigc, Innocenzo Mazzini mentre fra gli ex arbitri, quello condannato alla cifra più alta, 500.000 euro, è Massimo De Santis, considerato come "un pubblico ufficiale". Babini se la cava con 10.000 euro. I "convenuti" (così si chiamano gli imputati davanti alla Corte dei Conti) ora potranno presentare appello alle Corti riunite: tempo circa due anni e ci sarà la sentenza definitiva. Nei primi passi del processo il procuratore della Corte dei Conti, Montella, aveva chiesto un risarci - mento di 120 milioni di euro, ora quantificato in 4 milioni. Calo del Totocalcio, delle scommesse, minore appeal del campionato italiano anche all'estero e crollo degli spettatori: questi i motivi che hanno portato alla condanna Assolti solo la Fazi (perché non era più segretaria degli arbitri ma trasferita già in altro ufficio) ma con un giudizio pesante e Ambrosino. Condannato invece Gabriele che a Napoli era stato prosciolto, almeno in primo grado, mentre dal procedimento della Corte dei Conti era uscito subito l'ex arbitro internazionale Paparesta Bergamo non si arrende: «Nessuna sorpresa ma farò ricorso perché sono innocente. Non ho certo danneggiato io l'immagine dello Stato e della Federcalcio. E al processo di Napoli rinuncio all'eventuale prescrizioneperchévoglio continuarelamia battaglia*. Ci spiega l'avvocato Gaetano Vici conte, difensore di Mazzini: «Mi stupisce molto il fatto che ci sia già una sentenza della Corte dei Conti quando il processo penale a Napoli è ancora in corso e la legge prevede che si debba attendere la conclusione del procedimento penale*. Così non la pensa invece la Corte dei Conti, che si rifà ad una sentenza della Cassazione. E dopo questa sentenza-pilota, potrebbero essere chiamati a risarcire il danno erariale allo Stato tutti quei calciatori e i dirigenti che saranno condannati a Cremona, Bari e Napoli nei processi del calcioscommesse.

Calciopoli

Bergamo deve pagare 1 milione

«Danno d'immagine» arrivano le condanne

II caso dei prosciolti

La sentenza della Corte dei Conti crea un precedente per il calcioscommesse: anche i prosciolti possono rivalersi

Andrea Arzilli -Corsera - 18-10-2012

ROMA — Poco meno di quattro milioni a titolo di risarcimento per danno d'immagine: ieri la sezione regionale Lazio della Corte dei Conti ha deciso che i 14 tra designatori e arbitri coinvolti in Calciopoli dovranno versare un totale di 3,970 milioni di euro nelle casse della Federcalcio per compensarla dei danni che lo scandalo del 2006 le ha procurato. L'esborso più pesante ammonta ad un milione e spetta a Paolo Bergamo, ex arbitro e designatore, per niente stupito dalla sentenza di primo grado: «Nessuna sorpresa — ha detto a Radio 24 —. Ma io sono innocente e a Napoli rinuncio all'eventuale prescrizione per continuare la mia battaglia legale. Farò certamente ricorso, illeciti non ne ho commessi, ho seguito e messo in atto le indicazioni che la stessa Figc ci dava per mantenere buoni rapporti con i presidenti dei club. Non ho certo danneggiato io l'immagine della Federcalcio e dello Stato». Ottocentomila euro per l'altro designatore, Pierluigi Pairetto, e 700 mila per l'ex vice-presidente federale Innocenzo Mazzini, mentre l'ex capo degli arbitri, Tullio Lanese, dovrà versare mezzo milione. Tutti potranno inoltrare ricorso presso le Corti riunite, in un paio di anni si arriverà al verdetto definitivo. Ma già il primo grado farà giurisprudenza. Per la prima volta è stato quantificato il danno recato dallo scandalo, un crollo di credibilità calcolato nel calo delle giocate al Totocalcio e delle scommesse, nella progressiva perdita di appeal del calcio nostrano presso mercati esteri e spettatori. Facendo perno su una sentenza della Cassazione, la Corte dei Conti si è mossa senza aspettare la conclusione del processo di Napoli (ancora non si sa quando si terrà il secondo grado), come da norma di legge. In ogni caso la sentenza di ieri rischia di aprire nuovi fronti in una battaglia senza precedenti: ora potrebbero essere chiamati al risarcimento danni, erariale e d'immagine, tutti i calciatori e i dirigenti condannati per il cal-cioscommesse. Quelli prosciolti, invece, potranno fare il percorso inverso, chiedendo i danni alla Figc. Una guerra totale.

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Esce il libro scritto dalle figlie

su un protagonista del giornalismo

Tra storia e cronaca un testimone del nostro tempo

Casa Biagi

La lunga avventura

di un grande maestro

Ritratto intimo di un protagonista del XX secolo

Le battaglie in tv ma anche il Giro d’Italia e la Juve...

di ANDREA MONTI (GaSport 18-10-2012)

Casa Biagi era, e resta, un luogo affascinante ma insidioso. Una giungla borghese dove, nel groviglio di storie umane e tipi memorabili, vige impietosa la regola dell'understatement: basta una distrazione e — zac! — l'ironia taglia la lingua all'incauto, il ridicolo fulmina chi si prende troppo sul serio. La sopravvivenza, in famiglia e nella professione, è affidata al triplice precetto del patriarca: niente enfasi, frasi brevi, attenersi ai fatti. Dunque, a cinque anni dalla morte di Enzo Biagi, le figlie Bice e Carla, l'una giornalista di talento, l'altra casalinga di successo, svelano la dimensione privata di un grande uomo pubblico. Lo fanno con grazia e in modo stringato, asciutto quanto si conviene. Discrezione, non omissione. Come in un buon romanzo d'appendice, il lettore è invitato a divertirsi, commuoversi, giudicare a piacimento. Non perderà il suo tempo.

Storia d'Italia La storia si dipana sul filo di un amore lungo. Enzo e Lucia si incontrano a Bologna in una domenica di guerra del 1940 e da quel momento, per oltre sessant'anni, condividono un'esistenza non banale. Le battaglie partigiane prima, civili poi, e pure quelle personalissime tra Enzo e il potere, Enzo e le tentazioni, Enzo e se stesso. Dalla caduta del Duce all'Italia del boom fino all'editto bulgaro di Berlusconi che lo caccia dalla Rai, il romanzo vero di un giornalista e scrittore divenuto testimone del suo tempo è affidato alla voce del coro. Le figlie anzitutto: manca solo Anna, la minore, che dolorosamente se n'è andata nel 2003. L'impagabile Pier che a ottant'anni suonati rivendica il ruolo di segretaria, guai a chiamarla assistente, mentre è stata molto, molto di più. Gli amici illustri e gli umili che don Zeno, utopico fondatore di Nomadelfia, rappresentò per tutti. «Casa Biagi» non pretende di avere una morale. La storia che racconta, però, sì. Ora che il rigore intellettuale di un uomo imperfetto, le sue giacche un po' lise ai gomiti, le camicie di flanella e la cravatta portata per rispetto agli altri, il parlare piano per dire cose forti, sono improvvisamente tornati di moda, si potrebbe definirlo un precursore. O un indovino. Era semplicemente una persona perbene e un ottimo osservatore. Un italiano appassionato, come molti di noi.

Osservatore di sport Al libro di Bice e Carla Biagi manca solo un capitolo. Non sorprende che in una casa dominata da quattro donne impegnate, come si diceva una volta, lo spettacolo sportivo abbia avuto minor rilievo del teatro o del cinema. Eppure lo ebbe nella vita di Enzo. E la Ġazzetta ne è testimone. «Credo di essere un pessimo tifoso e uno dei pochi italiani che non hanno mai compilato una schedina. Non penso di meritare particolari attenzioni dalla fortuna», scriveva in un editoriale pubblicato sulla rosea esattamente dieci anni fa. Il titolo, al solito, era vagamente profetico: C'era una volta il football. «Però ogni domenica aspetto di sapere che cos'ha fatto il Bologna: e sono attese che comportano una certa sofferenza… Ho scoperto il football verso i dieci anni. Allora i ragazzini potevano entrare allo stadio senza pagare il biglietto, se accompagnati dai genitori. Quindi per noi figli di nullatenenti il problema era quello di trovare un padre provvisorio che ci facesse passare».

Specchio del Paese Da giovane giocava terzino, malissimo per sua stessa ammissione. Da adulto riconosceva nel calcio la metrica dell'italianità: «Abbiamo la tendenza a essere un po' tutti allenatori della nazionale: conosciamo sempre la formazione ideale e il risultato anche prima della partita». Ci ritrovava la metafora di un Paese che ha descritto e capito come pochi, ma non amava l'allegoria barocca della guerra da stadio e delle opposte fazioni. Tra i due segreti del potere, panem e circensens, apprezzava il primo, simbolo della concretezza e del lavoro, quanto era intimamente sospettoso del secondo. Temeva la manipolazione, e ancor più la distrazione. L'uso del calcio come strumento di rimbecillimento popolare. Eppure, da buon peccatore, ci cascava senza ritegno. Le domeniche in corso Sempione davanti agli schermi della Rai circondato da amici e discepoli, le telefonate dai luoghi più sperduti del pianeta per sapere com'era andato il campionato, il fascino del Mundial e dei suoi protagonisti, dall'epopea di Pertini e Bearzot nell'82 a quella di Lippi e Cannavaro nel 2006, seguita con divertenti spigolature sempre sulla giornalaccio rosa.

Il Processo Anche il ciclismo lo affascinava. La sfida degli uomini era nel sangue della sua generazione: Coppi e Bartali, Merckx e Gimondi. Il suo lascito più importante alla disciplina, tuttavia, è un benefico caso di raccomandazione: alla Rai consigliò di spostare in tv un giovane commentatore in odore di intellettualismo e socialismo, sino ad allora confinato alla radio. Era un certo Sergio Zavoli, l'amico di una vita. Biagi seguì il Giro del '48, e la rara foto che pubblichiamo testimonia che si divertì a raccontarlo da una Topolino scoperta. Montanelli lo fece negli anni successivi. I maschi alfa del giornalismo italiano non amavano incontrarsi sul percorso di gara. Accadde una volta sola, e fu memorabile. Savona, 31 maggio 1969, Merckx è trovato positivo all'antidoping. Al Processo alla tappa, Sergio Zavoli schiera l'artiglieria pesante: Montanelli, Biagi, Brera, Raschi e Ormezzano. Lo straordinario torneo verbale che ne seguì è ancora rintracciabile su YouTube.

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Polemista Biagi è stato il più ruvido tra i polemisti misurati. Tirare calci gli piaceva assai, e uno clamoroso lo rifilò proprio al mondo del pallone, nel bel mezzo di Calciopoli: «Una sentenza pazzesca», spiegò al Tirreno, «perché costruita sul nulla, su intercettazioni difficilmente interpretabili e non proponibili in un procedimento degno di tal nome. Una riedizione della Santa Inquisizione in chiave moderna. Mi chiedo: cui prodest? Perché tutto è uscito fuori in un determinato momento?... Laziogate di Storace, la lista nera di Telecom, poi Calciopoli…. Vuoi vedere che per coprire uno scandalo di dimensioni ciclopiche hanno individuato in Luciano Moggi il cattivo da dare in pasto al popolino?».

Ancora oggi c'è chi plaude alle sue parole e chi rinfaccia alla sua memoria un gigantesco abbaglio. Personalmente non sono mai stato tenero con Moggi e spesso mi sono chiesto le ragioni di quell'uscita. Troppo facile ricordare quanto aveva scritto sulla Ġazzetta: «Da ragazzo mi piaceva tanto la Juventus. Mia madre mi comperò una maglia dei campioni e io la mettevo per dimostrare agli amici il mio polemico dissenso quando lo squadrone andava male». In realtà, Biagi era un garantista vero e ostinato. Testimone e studioso di ben altri processi — dai tribunali speciali del fascismo a Norimberga — amava troppo la giustizia per non diffidare di quella spiccia e dei verdetti di colpevolezza pronunciati già prima di entrare in aula. Non casualmente si scontrò con altri garantisti di più recente acquisizione e finì sulla loro lista nera. Lo soffrì, quell'esilio televisivo e politico, come una feroce ingiustizia. Ma senza strepiti. Casa Biagi è roba solida, e l'orgoglio di un indimenticabile bastian contrario è la trave portante.

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Al Meazza con lo sconto

Tifosi in fuga da San Siro

Su internet biglietti al 50%

I tagliandi per Inter-Catania in vendita su «Groupon» a 11 euro: esauriti in poche ore

di MARIANNA BAROLI (Libero 18-10-2012)

«Perché preferisci sempre il calcio con i tuoi amici piuttosto che passare la domenica con me. Sai quanto potremmo fare con quei 23 euro? » La domanda deve aver assillato ben più di un tifoso che, visti i problemi economici e i primi deludenti risultati della propria squadra del cuore, deve aver pensato di accettare il consiglio e far fruttare diversamente il costo di un biglietto per il terzo anello di San Siro.

Tempi di crisi per il Meazza: riempire gli spalti dello stadio sembra essere divenuto un vero e proprio problema per i due team meneghini che, pur di attirare di nuovo i propri tifosi durante i match in casa, cercano ogni tipo di aiuto. L’ultima frontiera è la vendita di biglietti attraverso Groupon, un famoso portale di vendite online, di biglietti con il 50% di sconto. La partita selezionata da Groupon per la vendita è Inter-Catania del prossimo 21 ottobre. Navigando sul sito di offerte alcuni fortunati sono infatti riusciti a impossessarsi dei preziosi biglietti per solo 11,50 euro. Un vero affare vista la crisi economica, e non solo.

È proprio il periodo nero che sta attraversando il pallone, con gli scarsi risultati in classifica e le contestatissime formazioni delle squadre meneghine, che sta allontanando anche i più affezionati dagli spalti di San Siro. A confermarlo i numeri: l’ultimo derby ha registrato cinquantamila ingressi paganti, solo qualche migliaio in meno rispetto alla capienza massima dello stadio. Più preoccupanti i numeri di partite come Milan-Cagliari (solo quattromila ingressi) e Inter-Siena del 23 settembre scorso (seimila ingressi paganti registrati).

E così, in aiuto di San Siro arriva la potenza dei coupon. Dopo il successo dei biglietti a 9 euro per l’esordio sulla panchina nerazzurra di «Strama», l’Inter ci riprova cercando di riempire gli spalti con la conveniente offerta.

Basteranno biglietti scontati del 50% per convincere che la spesa, per la propria partita, conviene anche in tempi di crisi? A quanto pare sì. I ticket disponibili sono andati infatti esauriti nel giro di una giornata. Ai cuori rossoneri non resta che attendere, presto arriverà anche per loro la scontatissima occasione.

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Il caso Altra nota degli ispettori per sistemare gli intonaci. I lavori toccano al Comune

Avviso Uefa:

lavori al San Paolo

o niente Dnipro

Europa League: rischio campo neutro

in ballo il contenzioso società-Comune

Club fiducioso: «Problema risolvibile»

di GIANLUCA VIGLIOTTI (IL MATTINO 18-10-2012)

Il rischio appare concreto. Il Napoli potrebbe non giocare allo stadio San Paolo la gara di Europa League contro gli ucraini del Dnipro in programma il prossimo 8 novembre. L'Uefa ha infatti avviato un procedimento monitorio, intimando al club di eseguire alcuni lavori urgenti ed indifferibili all'impianto di Fuorigrotta. Si tratta di eliminare ogni tipo di pericolo derivante dall'eventuale distacco degli intonaci che ricoprono gli anelli inferiori e superiori dello stadio. Nel corso delle precedenti ispezioni eseguite dagli inviati dell'Uefa, era stato già riscontrato lo stato precario anche degli impianti igienici e dei sediolini. Il Napoli era però riuscito ad ottenere l'autorizzazione Uefa in vista dell'Europa League, avendo provveduto, di concerto con il Comune di Napoli, alla sistemazione esterna di alcuni bagni chimici, ed all'installazione di nuovi seggiolini. L'Uefa, notificando l'apertura del procedimento, ha concesso al Napoli un termine perentorio, sino a lunedì prossimo 22 Ottobre, per comunicare le modalità di intervento che la società intende attuare onde eliminare ogni tipo di pericolo per il distacco degli intonaci fatiscenti.

Ricevute le note di replica, l'Uefa emetterà il provvedimento definitivo, e deciderà se concedere o meno al Napoli l'autorizzazione a giocare allo stadio San Paolo la gara contro il Dnipro. Appare evidente che il tempo materiale per eseguire i lavori intimati dall'Uefa è davvero esiguo. Ma a chi tocca eseguire i lavori? Al Comune di Napoli. Negli uffici di Palazzo San Giacomo, infatti, hanno sostenuto, non più tardi di un mese fa, che appena il Napoli avesse saldato il debito nei loro riguardi di oltre un milione di euro (1.325.000), l’Amministrazione avrebbe destinato la cifra all'esecuzione dei lavori urgenti di ristrutturazione.

Il tempo stringe ed il Napoli ha affidato la pratica all’avvocato Mattia Grassani che dovrà in tempi ristretti tracciare le linee difensive ed inviarle all'Uefa. Nell'eventualità l'organismo europeo non dovesse ritenere sufficienti le note di replica e le relative assicurazioni di un pronto intervento per eliminare ogni tipo di pericolo, la partita contro il Dnipro potrebbe essere giocata in campo neutro, o in via subordinata a porte chiuse. Alessandro Formisano, head of operations, sales & marketing del Napoli, è in continuo contatto con i responsabili del Comune di Napoli nel tentativo di trovare un'immediata soluzione al problema. La società appare comunque tranquilla: «Sono arrivate comunicazioni in ordine allo stadio San Paolo da parte dell'Uefa, come già successo in passato, e le stiamo valutando». Un'altra grana da risolvere per il Napoli, dopo aver affrontato e felicemente risolto la questione del manto erboso del San Paolo.

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IL FENOMENO - VIAGGIO NELLA CRISI DEL TIFO

Dopo i cervelli scappano i cuori

Cresce l'esodo di tifosi verso l'Inghilterra

Non tv, ma allo stadio: sempre in trasferta

«In Italia spendi 50 euro e finisci dentro a delle gabbie. All'estero canti e tifi: se sgasi sai che col calcio hai chiuso»

ROBERTO COLOMBO - Tuttosport -18-10-2012

COSA fare se il calcio di cui ti eri innamorato da ragazzino è malato di scommesse, doping, partite truccate, con dirigenti che urlano, sbraitano, fanno piazzate? Come difendersi e ritrovare l'antica passione se gli stadi italiani sono diventati luoghi in cui accedere solo previa accurata schedatura, brutti, poco funzionali, antiquati, con gli spalti a decine di metti dal campo? A che cosa ci si può attaccare se il calcio tricolore ha ormai lo stesso gusto di un piatto di minestrina dell'ospedale? Decine di migliaia di ragazzi, ragazze, giovani e meno giovani sembrano aver trovato la risposta, la medicina per riappropriarsi di un'antica e mai sopita passione. La ricetta è semplice: prendi un aereo e in due ore circa atterri in uno degli aeroporti di Londra, pronto ad immergerti nella realtà del calcio inglese.

COME UN RITO When Saturday comes Penserete: che c'è di strano? Anche in Cina o Giappone ci sono tifosi che seguono top dub della nostra serie A. I distinguo sono soprattutto due: la stragrande maggioranza degli italiani malati di F Vernier si muove settimanalmente per seguire in loco la squadra. La passione, poi, non è solo per squadre importanti e vincenti come Manchester United, Chelsea, Manchester City, Arsenal oTbttenham Hotspur. E' un amore a 360 che abbraccia anche West Ham, Southampton, F ulharn, Sun-spuntano ogni giorno di nuovi.

MODELLO DA SEGUIRE Da sempre, infatti, l'English football e tutto il contorno di riti che precedono e seguono i 90' di gara, hanno esercitato sui tifosi italiani un grande fascino, influenzando non solo il gioco stesso, ma tutta la sub-culture giovanile che lo circonda dal modo di tifare a quello di vestirsi, dall'organizzazione di trasferte fino alla musica ascoltata durante i viaggi al seguito della squadra. Molti di questi piaceri in Italia sono stati proibiti ai fruitori del calcio. Non così Oltremanica

RITORNO ALLE ORIGINI -Credo sia inammissibile - spiega un tifoso di Carrara tra i più attivi in termini di partite viste dal vivo nel Regno di Sua Maestà Elisabetta II di Windsor - che quando vai in trasferta in Italia finisci dietro a reti, grate, scortatissimo in gabbie da cui puoi solo immaginare la partita, mica vederla, magari dopo aver pagato quasi 50 euro. In Inghilterra i biglietti non costano poco, è vero, ma la partita la vedi meglio che dal salotto di casa tua Credo che le polemiche pazzesche che circondano il caldo italiano abbiano francamente nauseato. Non ti danno un rigore? Ti annullano un gol valido? Amen, protesti lì per li, ma non vai avanti per giorni con lamenti e piagnistei. In Premier la Basse arbitrale è tra le più scarse d'Europa eppure, al triplice fischio finale, terminano anche le querelle. Avete mai provato a prendere la Tube per andare allo stadio? Li avete visti i ragazzi con la maglia del club? Li avete visti i capofamiglia con i bambini allo stadio tutti con i colori sociali addosso? E che dire delle nonnine e dei vecchietti che faticano appoggiati a un bastone per raggiungere il proprio posto allo stadio salvo poi trasformarsi in supporters accesissimi che non lesinano cori e sostegno ai propri eroi? Quanto dovremo aspettare in Italia per avere stadi senza barriere? In Inghilterra, in ogni stadio, un cartello ti avvisa che se vuoi invade- re il terreno di gioca lo fai a tuo rischio e pericolo: generalmente non hai nemmeno il tempo di mettere una zampa sul campo che hai già 2 steward enormi che ti accompagnano gentilmente nella cella di sicurezza dello stadio. Dopo poche ore si viene processati per direttissima e in casi estremi, si rischia il ban for life, l'espulsione a vita decisa dal dub e avallata dalla polizia Uno ci pensa due volte: se ti bandiscono a vi-, ta dallo stadio non ti resta che vederti la partita al pub. Per una volta è sopportabile, per il resto dei tuoi giorni è pena troppo dura Ecco perché in Inghilterra hanno da tempo h-salto i problemi di ordine pubblico. Vivere una partita in uno stadio inglese è un'esperienza che non potrai scordare mai più». Ecco perché tanti tifosi italiani cercano rifugio Oltremanica. Chiamateli, se volete, inguaribili romantici...

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Il punto di vista

Migliori non solo per i soldi non solo per i soldi

ALBERTO MANASSERO - Tuttosport - 18-10-2012

NON è un campanello d'allarme. E' una campana, gigante e tonante per il mondo del calcio italiano Anzi, per gli affari del calcio italiano. E' in crescita costante - che potrebbe diventare travolgente - !a fuga del tifa Fuga all'estera Dopo i cervelli, dal Belpaese scappano pure i cuori. E se le vecchie gene-razioni sono comunque legate visceralmente alle primigenie passioni, le nuove che faranno? Nati globalizzati, i futuri tifosi non dovranno nemmeno sforzarsi per innamorarsi di palloni lontani dai nostrani (tronfi quanto sgonfi). E non si tratta di esterofilia. Nemmeno c'entra l'esodo dei fuoriclasse: i tifosi di altri calci non amano solo i big team, ma s'invaghiscono pure di medie, piccole e piccoline. Segno che non vanno esclusivamente alla ricerca dei nomi, delle stelle, bensì pure di esperienze coinvolgenti, di storie, di valori e di metodi. Non tanto la grandezza, quanto la bellezza. L'emozione, la partecipazione (e la fruibilità). Ancoro: non la supremazia, ma la pulizia. Non solo vincere, anche la possibilità di credere ancora in qualcosa. Non certezza, basterebbe la fiducia. Il nostro calcio non è peggio del resto italiano: della politica, dell'economia, della giustizia e di ogni altra cosa. E una volta non è che fosse meglio per carità. Però almeno era molto molto molto più bello (e più semplice)

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Fifa aims to keep house in order

with compulsory blood profiles

by RORY SMITH (THE TIMES 18-10-2012)

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Staking a claim: Almeyda has alleged in his autobiography that players at Parma were often given “vitamin injections”

Grazia Neri/Getty Images

Fifa will introduce compulsory “biological passports” containing footballers’ blood profiles in a bid to ensure that it does not fall victim to the kind of institutionalised doping laid bare in cycling by the Lance Armstrong affair.

The measure will be introduced if a pilot scheme at the Club World Cup in December proves successful, according to Dr Michel D’Hooghe, head of Fifa’s anti-doping unit.

Though D’Hooghe believes that the game’s governing body is doing everything possible to combat the threat of doping in the sport — conducting 30,000 blood and urine tests every year across the globe — he told The Times that Fifa plans to increase its vigilance by adopting the scheme, already in use in a number of sports.

“Football is not as susceptible to the type of doping we have seen in the Lance Armstrong case because it is not simply a physical sport,” he said. “There is also a tactical and technical element. We do the maximum we can already and every tournament we run we keep an open eye on these issues, and thus far we can only be happy with the results.

“We did not have a single positive test for EPO [the blood-boosting drug erythropoietin] last year, and only ten or so for anabolic steroids. When we do have a positive test, we reveal it, as we did last year when two members of the North Korea women’s team tested positive because of a traditional medicine. I do not believe there is a hidden problem in football with doping.

“But we are prepared to change our strategy, in accordance with Wada, the World Anti-Doping Agency. We must remain attentive at all times. We test blood and urine already, and we have run tests on a biological passport scheme both at the last Club World Championship and at this year’s European Championship in Poland and Ukraine. We will continue that in Japan this year, and if it is successful, I would expect it to be introduced in the next few years.”

Football has been implicitly linked to one of the doctors at the heart of the Armstrong scandal, the Barcelona-based Luís García del Moral, who has claimed that he worked with Valencia and Barcelona, as well as the disgraced seven-time Tour de France winner.

Eufemiano Fuentes, the doctor jailed after the 2006 Operación Puerto investigation into doping in Spanish and Italian cycling, is alleged to have held records detailing his work with several La Liga teams, while Matías Almeyda, the former Parma midfielder, alleged in his autobiography, released last month, that players at Parma were regularly given “vitamin injections” that left him feeling that he could “jump as high as the ceiling”.

Joey Barton, the Marseilles midfielder, detailed in a blog last week that a former England player told him that similar supplements — with similar effects — were given to Glenn Hoddle’s players in the 1998 World Cup, a claim also made in Gary Neville’s autobiography.

D’Hooghe, though, revealed that Fifa has investigated all those clubs implicated in the Fuentes and Del Moral cases, while he is adamant that Italy does more than any other country to combat doping.

“I am a scientific man, so I can only discuss the results we have seen, even if a player makes an allegation in his autobiography,” he said. “Italy does more doping controls than any other country in the world.

“We are aware of the suggestions surrounding the Spanish doctors, but we have seriously examined all of the controls of those clubs mentioned in relation to those cases and at the moment we have not seen a single positive test.

“More than performance-enhancing drugs, perhaps the use of social drugs is more of a problem. That is a different debate, though, and we must ask whether they belong on the same Wada list of prohibited substances, whether the two types of drugs are the same type of situation.”

Monkey glands to steroids

1930s Major Frank Buckley, the eccentric manager of Wolverhampton Wanderers, is believed to be using “monkey gland treatment” to improve his players’ performance. It remains unclear if there was any truth to the story and Buckley did not discourage it.

1960s Ferruccio Mazzola, brother of Sandro, alleges in 2004 that Helenio Herrera, the Inter Milan manager, had instituted the use of amphetamines as the club won two European Cups.

1994 Diego Maradona, the Argentina captain, is thrown out of the World Cup after testing positive for the stimulant ephedrine. He would go on to claim that use of such substances was rife in his side.

2000-2003 A number of players in Italy, including Pep Guardiola and Jaap Stam, test positive for nandrolone, an anabolic steroid. Guardiola serves a four-month ban but is cleared of all charges.

2003 Rio Ferdinand serves an eight-month ban after missing a doping test. The Manchester United defender insists he had forgotten and gone shopping.

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Use of caffeine tablets and sleeping pills

comes to light after England postponement

by RORY SMITH (THE TIMES 19-10-2012)

Nobody is saying that England’s players have done anything wrong. No one is accusing them of breaking the rules, of breaching their moral code, of seeking to gain an unfair advantage, of transgressing those shifting boundaries that define what is acceptable, what is sport, and what is not.

But that elite footballers should be so familiar with what appears to be a regular diet of uppers and downers, caffeine tablets and sleeping pills, is unquestionably a cause for concern.

Make no mistake: this was no one-off. Roy Hodgson’s squad did not arbitrarily choose to experiment with an extra energy boost before a testing, but hardly unique, World Cup qualifier in Poland. This is something players do as a matter of course. It is something that they find entirely normal.

That much is clear from the way they discuss the matter. “A lot of the lads take ProPlus tablets before the game,” Glen Johnson said, as though he might be describing carbo-loading pasta, drinking Lucozade, eating a banana or devouring a packet of Jaffa Cakes before a game, and refuelling on pizza. Caffeine pills are just another part of the players’ game-day routine.

England’s medical staff travel with a selection of pills at all times. So, too, do their counterparts at most other national sides, and probably the majority of club teams, too. They have probably included caffeine supplements since 2004, when it was removed from the list of prohibited substances published every year by Wada, the World Anti-Doping Authority.

The reason the issue has come to light is the failure of the authorities to close the roof at Warsaw’s National Stadium on Tuesday. “We all took [caffeine pills] for the [game,” Johnson confirmed to BBC Radio 5 Live. “When the game is off, no one can sleep.”

This is where the downers kick in: those players who could not drift off on Tuesday night were then issued with sleeping pills; this, too, is common. Most team doctors prefer a herbal variety, so as to avoid any problems with any chemical substances on the Wada list.

Hodgson and his coaching staff do not believe that those tablets might have influenced England’s sluggish performance when the game was eventually played on Wednesday. Medically, though, there is evidence to suggest that they may be wrong.

“Sleeping pills can remain in the system for anything from seven to 14 hours, and most cause daytime lethargy,” said Professor Colin Espie, an expert in sleep and behavioural medicine.

England’s players returned to the Warsaw Hilton at midnight and kicked off 17 hours later. “With a sleeping tablet, you don’t get normal sleep,” Espie said. “If it is artificial sleep, you do not get the restorative effects of sleep. In the UK we distribute 15 million sleeping tablet prescriptions a year. It is tragic to know we are doing this to our elite athletes.”

It is one thing, though, to inhibit your team’s performance, albeit unintentionally. The regular use of caffeine, according to Dr Neil Chester, a researcher into doping at Liverpool John Moores University, is a rather more pressing matter. Its deployment to improve focus, energy and aerobic capacity, he says, “raises a moral and ethical issue about its misuse in sport”.

Caffeine is now on Wada’s monitoring list, which includes substances the authority suspects could be used by athletes to gain an advantage.

Wada, according to Chester, has never “fully explained” why it was downgraded, although it is felt that the practical difficulties of testing for something common in food and drink was key; so, too, the fact that caffeine is metabolised at different rates by different people, making it very hard to establish how much athletes are benefiting.

Regardless, a decade before the caffeine decision, Diego Maradona was sent home from the 1994 World Cup after he tested positive for ephedrine.

“Caffeine is one of the few substances where the scientific literature backs up the idea that it is a performanceenhancer,” Chester said. “It certainly seems to be more effective than ephedrine. Since 2004 we have seen a significant increase in sports scientists and nutritionists recommending its use. There is a moral and ethical issue about caffeine’s misuse in sport.” It is not the only issue in dispute. Matías Almeyda, the Argentina midfielder, revealed in his autobiography that Parma players were given unidentified injections before games in the 1990s. Afterwards, he said, he felt like he could “jump to the ceiling”. Given the context — Juventus were alleged to be doping, too — it is easy to cry foul.

Injections containing proteins are still common. So, too, is creatine, which builds muscle mass, first brought to these shores by Arsène Wenger.

Nandrolone is banned. Removing oxygen-rich blood and transfusing it at a later point to aid performance is illegal; altitude training, which boosts red-blood cell counts, is encouraged.

There is no question that England’s players were innocent when they took those little brown pills. They are, though, in a grey area: neither up nor down, but somewhere in between.

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"La sentenza sugli arbitri? Una forzatura"

Sulla decisione della Corte dei conti interviene Mario

Stagliano: "Punito Mazzini e non Giraudo, perché?"

di DARIO PELIZZARI (PANORAMA.IT 18-10-2012)

1 milione di euro a Pairetto e 800 mila a Bergamo. Più altri 2 milioni che saranno chiamati a versare gli altri 12 ex arbitri e dirigenti sportivi coinvolti nell'affaire Calciopoli. Tra loro, anche il vicepresidente del governo del pallone italiano, Innocenzo Mazzini (700 mila), e un lungo elenco di ex giacchette nere, da Lanese (500 mila) a De Santis (500 mila), da Pieri (150 mila) a Dattilo (50 mila). La Corte dei Conti ha dato ragione alla Federcalcio. Il danno d'immagine nei confronti della Figc c'è stato e va sanzionato secondo le logiche e i numeri del Codice civile.

La violazione di cui sono stati responsabili gli ex uomini forti del calcio di casa nostra è senza precedenti. Dice la sentenza della Corte dei conti: "Ritiene il Collegio che la prova dell'esistenza del danno d'immagine sia di comune dominio e sia stata rafforzata dall'esito del giudizio penale di primo grado. Esso consiste nella violazione senza precedenti dei fondamentali principi di lealtà sportiva". A sei anni di distanza dal crack che ha messo in ginocchio il calcio italiano, Calciopoli produce ancora effetti clamorosi. Che sono evidentemente destinati a fare giurisprudenza e a rivoluzionare le modalità di intervento anche della giustizia ordinaria nei prossimi anni.

Per capire più da vicino i risvolti diretti e indiretti del giudizio della Corte dei conti (sezione giurisdizionale del Lazio), abbiamo chiesto l'intervento dell'avvocato Mario Stagliano, ex vice capo ufficio indagini della Figc, che decise di lasciare la Federazione con il suo superiore e collega, il generale della Guardia di finanza, Italo Pappa, all'indomani dell'assegnazione al commissario Guido Rossi di tutti i rapporti con la giustizia ordinaria.

Avvocato Stagliano, ha vinto la Figc...

Ho seguito la vicenda perché vi erano coinvolti molti amici. Uno in particolare, Marcello Ambrosino, che è stato prosciolto con formula piena. La sentenza della Corte dei Conti era nell'aria. L'orientamento, fin dalle prime udienze, era finalizzato a concludersi con il risarcimento. Ma ci sono alcune considerazioni da fare. La prima: tra i sanzionati, anche se in misura decisamente minore, ci sono Fabrizio Babini e Claudio Puglisi (ndr, 10 euro ad entrambi), che non sono mai stati indagati anche se sono stati sentiti come testimoni.

Siccome questo Paese ha una memoria storica particolarmente labile, molti forse non ricordano che Babini e Puglisi fossero in qualche modo i due assistenti di riferimento di Leonardo Meani (ndr, l'ex addetto agli arbitri del Milan). Stando alla ricostruzione dell'accusa di Napoli e da quello che emergeva dalle intercettazioni telefoniche, Babini, peraltro una delle persone più simpatiche che abbia conosciuto in vita mia, era quello che per conto di Meani avrebbe tenuto le statistiche delle ammonizioni per arrivare in squalifica. Puglisi si diceva invece che andasse a fare l'allenamento con la maglia del Milan sotto a quella di assistente arbitrale. Mai indagati, eppure sanzionati.

Poi, c'è la sanzione che riguarda l'ex arbitro Marco Gabriele, punito dalla Corte dei conti con un risarcimento pari a 50 mila euro. Gabriele è stato prosciolto tutte le volte che è stato deferito davanti alla giustizia sportiva. E pure dal gup delle indagini preliminari, non è andato nemmeno in giudizio. Pur sapendo perfettamente che ci sono delle discrasie tra la giurisprudenza contabile e quella penale, perché sono su due piani diversi, colpisce che fino a ora tutti avessero ritenuto che Gabriele non dovesse andare nemmeno in giudizio. Tutti, tranne la Corte dei conti, che gli ha comminato la sanzione.

Dunque, è d'accordo oppure no con la sentenza?

Le dico la verità, per me è stata una forzatura. Non condivido l'idea che ci sia stato un danno d'immagine per la Federazione. Meglio, ho i miei dubbi che gli arbitri fossero dirigenti assimilabili ai dirigenti pubblici, anche se c'è giurisprudenza in questo senso. Qualche perplessità ce l'ho sulla loro perseguibilità. Anche perché, se così fosse, non riuscirei a comprendere perché non sia stato coinvolto anche chi all'epoca ricopriva la carica di consigliere federale.

Se Mazzini come vicepresidente risponde in quanto incaricato di un pubblico servizio, perché lo stesso metro di giudizio non è stato utilizzato per Giraudo (ndr, ex amministratore delegato della Juventus e consigliere federale Figc)? Sotto il profilo del diritto, mi lascia molte perplessità. Sotto il profilo del merito, credo che la sentenza di ieri sia in linea con tutte le altre pronunce.

Tutte le difese avevano puntato sulla necessità di dover attendere l'esito finale del processo di Napoli. Ma la Corte dei conti ha deciso di procedere ugualmente...

Purtroppo, e dico purtroppo perché faccio l'avvocato, su questo ci sono state tantissime pronunce. Le due giustizie, quella contabile e quella penale, viaggiano su piani completamente diversi. E ripetutamente si è detto che l'una può agire in modo completamente autonomo rispetto all'altra.

La Federcalcio è intervenuta con successo per richiedere davanti ai giudici che le venisse riconosciuto il danno d'immagine per i fatti che hanno coinvolto i suoi ex collaboratori. Possibile che la Juventus possa decidere di fare lo stesso nei confronti della Figc?

C'è un problema di fondo. Non credo che la Federazione abbia chiesto alcunché. E' il procuratore presso la Corte dei conti che ha chiesto la sanzione e ha citato come persona offesa la Figc. Mi spiego. Se un assessore viene deferito davanti alla Corte dei conti, il Comune al quale appartiene questo assessore viene citato come persona offesa. Ma è poi il procuratore a chiedere la sanzione a favore dell'ente pubblico ed è la Corte dei conti a sanzionare in favore dell'ente pubblico, indipendentemente dalla costituzione in giudizio da parte del Comune.

Tutto chiaro, ma sarei felice di raccogliere la sua opinione sulla causa da 400 milioni di euro che la Juventus ha depositato e poi ritirato nei confronti della Figc...

Mi farò qualche altro nemico. Secondo me la richiesta era assolutamente spropositata e destinata a cadere nel nulla. La Juventus non solo non avrebbe ottenuto la cifra che aveva richiesto, ma nemmeno un centesimo. Io ancora stento a capire che cosa voglia la Juventus. Vorrei ricordare che per evitare che la società bianconera venisse estromessa dal campionato di competenza e riassegnata dal Consiglio federale ad altro campionato, il suo difensore disse 'sanzione giusta sarebbe quella della retrocessione o della penalizzazione'. Qualunque tipo di pronuncia della giustizia ordinaria non ha niente a che vedere con quei processi. Trascorsi sei anni, la memoria si perde, si confonde quello che era stato con quello che si sarebbe voluto che fosse e questo crea inevitabilmente confusione...

A sei anni da Calciopoli, crede che il calcio italiano abbia sviluppato gli anticorpi necessari per impedire che cose simili accadano di nuovo?

Innanzitutto, non confonderei il fenomeno di Calciopoli, che rappresentava un certo modo di esercitare il potere che aveva fatto presa nell'ambito della Federcalcio, con quello delle scommesse sportive, che nasce da comportamenti che generalmente vengono generati dai calciatori. Sono due fenomeni diversi che non vanno messi sullo stesso piano. Ciò detto, non credo che il calcio italiano abbia fatto sua fino in fondo la lezione di Calciopoli, assolutamente no. Mi ricordo cosa si diceva anni fa su Tangentopoli a proposito della politica. I fatti degli ultimi anni ci hanno dimostrato che non c'è niente da fare. Periodicamente, certi episodi si ripresentano. La storia si presenta inizialmente sotto forma di tragedia, poi sotto forma di farsa.

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Cabrini, il mister delle donne: “Meno soldi

e copertine, ma lavorano più degli uomini”

L'ex della Juve e della Nazionale di Bearzot è il ct delle azzurre del calcio: "Sono bravissime, ma pochi lo sanno. Per colpa del solito maschilismo italiano". Poi uno sguardo al pallone che va per la maggiore: "Calcioscommesse e pochi campioni. Ma non siamo messi male: così puntiamo sui giovani"

di LUCA DE CAROLIS (il Fatto Quotidiano.it 18-10-2012)

“Le donne? Si allenano molto meglio degli uomini, sono bravissime, ma pochi lo sanno. Per colpa del solito maschilismo italiano”. Parola di Antonio Cabrini, ex terzino della Juventus e della Nazionale, dal maggio scorso allenatore della Nazionale femminile di calcio. Da giocatore ha vinto tutto: sei scudetti e ogni coppa possibile con i bianconeri, ma soprattutto il Mondiale di Spagna del 1982 con la Nazionale. La vita però rotola veloce come e più del pallone, e ora il 55enne Cabrini, noto anche come Bell’Antonio per il volto da attore, allena le ragazze del calcio italiano.

Cabrini, com’è il calcio in rosa? E quanto vale?

“Rispetto a quello maschile le differenze sono minime. Le donne hanno qualcosa in meno in termini di fisicità, ma tecnicamente sono più che valide. In allenamento sono decisamente meglio degli uomini. Lavorano tantissimo, e sono più concentrate dei loro colleghi. ‘Tengono’ di più a livello mentale”.

La Nazionale femminile va a mille. Nel girone di qualificazione agli Europei 2013, nove vittorie e un pareggio.

“Già, e non abbiamo mai preso gol. Questa squadra l’ha costruita Pietro Ghedin (ora ct di Malta, ndr), e l’ha fatto benissimo. Io sto cercando di tenere alto il livello, e di inserire qualche giovane. Ho un bel gruppo”.

Le giocatrici prendono uno stipendio?

“No, soldi quasi zero. Lavorano o studiano, e poi giocano a calcio, per passione. Solo tre giocano all’estero, e lì hanno un ingaggio. Ma fuori dell’Italia il calcio femminile ha un altro peso. Da noi abbiamo 7-8mila tesserate: in Francia sono 35mila e in Germania 73mila”.

Negli Stati Uniti le calciatrici prendono cifre enormi dagli sponsor, compaiono sulle copertine…

“Esatto. Ma anche in Cina o in Brasile sono popolarissime. Da noi, poco o niente”.

Domanda ovvia: perché?

“Mah, per il solito maschilismo italiano: esiste solo il calcio degli uomini. Eppure queste ragazze sanno giocare, eccome. Ma senza risorse e attenzione, è ovvio che sui campi se ne vedano poche. Eppure siamo stati uno dei primissimi paesi a istituire un campionato femminile (nel 1970, ndr)”.

Sia sincero: le azzurre che non prendono soldi si lamentano dei colleghi milionari che vendono e comprano partite?

“Non ne abbiamo mai parlato, ma su cosa pensino non ho molti dubbi. Il calcioscommesse è una brutta pagina che per chiunque faccia sport in modo sano, per passione”.

Non è un grande momento per il pallone italiano, tra scandali e campioni che se ne vanno. Preoccupato?

“Non più di tanto. Dicono che il nostro calcio sia troppo attendistico, poco propositivo, ma agli Europei siamo arrivati in finale, dopo aver battuto nettamente la Germania. E all’estero ci copiano: il Chelsea ha vinto la Champions League giocando all’italiana, con un allenatore italiano”.

Però in Serie A di fuoriclasse ce ne sono sempre meno…

“Eravamo abituati a essere uno dei campionati più ricchi d’Europa. Ma c’è il lato positivo: con meno denaro a disposizione, si è tornati a investire sui giovani. E infatti in Nazionale ne stanno arrivando diversi, bravi”.

Lei è stato un pilastro della Juventus di Trapattoni: vede analogie con quella di Conte?

“La Juventus è una bella squadra e molti meriti sono proprio di Conte: ha plasmato giocatori che erano lì da anni, dando loro una mentalità vincente. Ma per capire se possa vincere tutto, come fece la mia Juve, è presto”.

Tra Zeman e i bianconeri è tornata la burrasca. Lei che ne pensa?

“L’allenatore della Roma è molto bravo a livello mediatico, dice sempre cose da titolo. Di fondo, penso che Zeman ce l’abbia ancora con ex dirigenti juventini che, a suo avviso, l’hanno lasciato fuori dal grande calcio per molti anni”.

Ossia con Luciano Moggi.

“Dirigenti juventini, diciamo”.

Lei ha allenato la Siria (per sei mesi, tra il 2007 e il 2008, ndr): che ricorda ha del presidente siriano Assad?

“Non l’ho mai incontrato, venni ingaggiato dal suo entourage, tramite un procuratore italiano. Mi ricordo un paese affascinante, ma con enormi differenze sociali”.

Se ne andò presto.

“Non c’era l’ombra di programmazione. Dicevano sempre ‘domani’. Ma così non si può fare sport”.

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Le opinioni

Gli eroi sono normali

Il calcio è più di uno sport. Lo smisurato interesse che risveglia nel mondo lo trasforma in un modello di comportamento e in uno specchio ingigantito della società

di JUAN VILLORO (Internazionale 971 | 19 ottobre 2012)

Il calcio si gioca negli stadi, ma quello che succede in campo influisce sulla borsa e sull’umore dei clienti dei bar. Cristiano Ronaldo non ha festeggiato i due gol che ha segnato contro il Granada in una delle prime partite del campionato spagnolo. Da quando i Rolling Stones hanno cantato (I can’t get no) Satisfaction, la cultura di massa non era più stata testimone di una mancanza di gratificazione così evidente. Acclamato dal Santiago Bernabéu, il numero 7 del Real Madrid ha assunto l’espressione di un burocrate che ha appena messo un timbro. Poi ha detto che era triste “per ragioni professionali”. Cosa manca all’attaccante per sorridere? In questo periodo di crisi può contare su uno stipendio annuale di dieci milioni di euro, gioca nella squadra che ha vinto la Liga nella scorsa stagione, gode dell’affetto di una modella russa e di quello, più difficile da ottenere, del massimo manipolatore del calcio mondiale: José Mourinho. Ma al gladiatore manca qualcosa. Non ha vinto il Pallone d’oro (che è stato assegnato a Iniesta) e non ha potuto tirare l’ultimo rigore della serie con cui la Spagna ha piegato il Portogallo agli Europei. È ammirato da tutti, ma il suo ego reclama di essere idolatrato. Ha detto che il mondo lo invidia perché ha successo ed è bello (nell’iconograia metrosexual compete con le statue greche del giovane Kouros).

Il mestiere di calciatore è il più commentato del pianeta terra. Dai tempi del paradiso terrestre, la specie dipende da miti che si forgiano sui campi. Cristiano ha scatenato la terapia di gruppo più affollata della storia. Tutti hanno qualcosa da dire sulla sua malinconia. La domanda decisiva è: quanto può essere egoista una persona che pratica uno sport di squadra? Innamorato del suo riflesso sullo schermo al plasma, il Narciso dei nostri giorni dimentica di dipendere dagli altri. È possibile che resti una persona semplice chi fa vendere con la sua immagine milioni di scarpe, deodoranti o yogurt? Anzi, meglio: è possibile che sia normale? Da quando Ettore ha sfidato Achille sapendo di morire, la risposta ci è nota: gli eroi sono normali.

Il prestigioso premio spagnolo Principe delle Asturie è stato da poco concesso a due calciatori che, essendo eccezionali, dimostrano che la gloria è sensata. Iker Casillas, capitano del Real Madrid, e Xavi Hernández, capitano del Barcellona, hanno portato la Spagna a conquistare il Mondiale nel 2010 e gli Europei nel 2012. Fin dall’adolescenza hanno condiviso la maglia della nazionale pur militando nelle due acerrime rivali del calcio spagnolo. Nella stagione 2010-2011 i tifosi hanno assistito a degli scontri senza precedenti. Il Barça e il Real Madrid si sono affrontati nella Liga, nella Copa del Rey e nella Champions. José Mourinho ha avvelenato le conferenze stampa, ha accusato gli arbitri di essere i responsabili delle sue sconfitte, ha insinuato che il Barcellona ricorreva al doping e ha infilato un dito nell’occhio al tecnico Tito Vilanova. Il difensore portoghese Pepe ha distribuito calci sul campo e ha pestato la mano di Messi. Disposto a vincere a qualsiasi prezzo, Mourinho pensa che l’etica sia una signora che dà solo dispiaceri e che l’odio sia la vitamina dell’atleta. Le tensioni tra il Barça e il Real sono state sul punto di creare una frattura nella nazionale spagnola, fino a quando Xavi e Casillas non si sono parlati per metter fine alla tensione. Se l’avida società dello spettacolo voleva il sangue, i capitani hanno creato un’anti-notizia: hanno deciso di rispettarsi.

Il premio Principe delle Asturie rende onore alla solidarietà dei nemici. Nessuno ha reso più grandi i gol del Barcellona dell’impareggiabile Casillas, e Xavi è il giocatore più bravo nei passaggi della storia del calcio spagnolo: il Real non ha mai goduto tanto come quando gli toglie la palla. Nel 2008 Santiago Segurola ha scritto di Casillas: “Il Real gioca con un uomo in più non solo perché Casillas è un grande portiere, ma perché la sua presenza turba visibilmente gli avversari”. Nel 2009 invece ha scritto sul centrocampista blaugrana: “Xavi ha educato noi tifosi spagnoli, ha cambiato il nostro sguardo, ci ha fatto passare dall’ovvio al sottile, ci ha dimostrato l’incalcolabile valore della pazienza, dell’astuzia, dell’inganno e della scelta adeguata dei tempi, ci ha dimostrato che il suo piccolo corpo non gli impedisce di difendere il pallone dai suoi malcapitati avversari, ci ha spiegato come si governa una partita”. A questi attributi sportivi si aggiunge il loro spirito da capitani: Casillas e Xavi rendono migliori gli altri. Cristiano Ronaldo (conosciuto con la sigla CR7, come se fosse un gadget tecnologico famoso) raramente si congratula con i suoi compagni quando non partecipa al gol ed esce dal campo mentre Casillas riunisce gli altri per applaudire il pubblico.

Il calcio è più di uno sport. Lo smisurato interesse che risveglia nel mondo lo trasforma in un modello di comportamento e in uno specchio ingigantito della società. Le sue passioni furono anticipate dal primo cantore degli eroi. Il mondo non è cambiato molto da quando Omero ha fatto affrontare Achille, piè veloce, ed Ettore, il domatore di cavalli. Cristiano Ronaldo gioca a essere un dio. Iker Casillas e Xavi Hernández giocano a essere uomini.

JUAN VILLORO è un giornalista e uno scrittore messicano. Il suo ultimo libro pubblicato in Italia è Il libro selvaggio (Salani 2010). Questo articolo è uscito sul quotidiano Reforma.

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Inchiesta Nessun altro giocatore del Bari confermerebbe la tesi di Vitaly

Scommesse, Kutuzov

apre un nuovo fronte

L'attaccante cita Conte: sapeva che avremmo perso

160 mila euro Il tecnico non sapeva che i suoi avevano intascato 160mila euro dai giocatori della Salernitana

di ANDREA ARZILLI & ARIANNA RAVELLI (CorSera 19-10-2012)

MILANO — Le ultime settimane di campionato, la promozione in serie A già in tasca dopo un anno durissimo. Allenamenti poco intensi, tante serate passate a festeggiare. Mancano due partite prima di andare in vacanza e la prossima è a casa di una squadra «amica»: le tifoserie sono gemellate, un paio di ex compagni sono andati a giocare là. Questo è il clima in cui il Bari arriva — svogliato e senza nessun desiderio di andare in cerca di guai — alla sfida con la Salernitana del 23 maggio 2009.

La novità, che è emersa ieri, è che i giocatori avrebbero informato il loro allenatore Antonio Conte della loro volontà di farsi, per così dire, molto arrendevoli. Di più: gli avrebbero proprio detto che a Salerno la squadra aveva in programma di perdere la partita, per questioni di amicizia con certi ex compagni e per l'alleanza tra le tifoserie. A rivelarlo, nell'interrogatorio che si è svolto davanti ai procuratori di Bari il 20 agosto, sarebbe stato Vitaly Kutuzov, attaccante di quella squadra. «Ma fino a quando non arriverà la conclusione delle indagini noi non diremo nulla», frena l'avvocato Francesco Andriola.

Kutuzov avrebbe però spiegato agli inquirenti che Conte era informato della volontà della sua squadra di «non giocare», il che potrebbe anche far ipotizzare un'omessa denuncia a carico dell'attuale allenatore juventino, già condannato a quattro mesi per il caso di AlbinoLeffe-Siena. Nessun altro giocatore però ha confermato l'episodio, neanche quelli (e sono tanti, da Stellini a Lanzafame ed Esposito) che si sono mostrati collaborativi con la procura. Lo stesso Conte, sentito come persona informata dei fatti (non è indagato), ha negato di essere stato a conoscenza di qualcosa e ha assicurato di aver motivato la squadra come sempre. Anzi, secondo qualcuno l'avrebbe particolarmente caricata perché si era accorto dello scarso impegno generale.

Sul piano penale, conviene ribadirlo, non c'è nulla contro Conte: i giocatori, infatti, si sarebbero ben guardati dal rivelargli un particolare decisivo. E cioè che la loro poca voglia di impegnarsi all'ultima giornata era stata spazzata via del tutto da 160 mila euro consegnati dai giocatori della Salernitana. Soldi che la squadra ha deciso di accettare (ci sono due-tre eccezioni, tra cui Gazzi e Barreto a cui è stato regalato un computer per «legarli» al gruppo) durante una riunione che si è svolta in palestra e che poi sono stati spartiti dopo la gara.

E quindi quella partita non è stato un «favore» da sanzionare al massimo davanti alla procura della Figc, ma si è trasformata nell'ancora più grave reato penale di truffa e frode sportiva. Resta da stabilire se, una volta completata la combine, qualcuno l'abbia sfruttata anche per scommettere o abbia passato la dritta sicura.

Nei giorni scorsi, dopo le rivelazioni di un altro pentito, Marco Esposito, la procura avrebbe iscritto nel registro degli indagati anche l'ex team manager del Bari Luciano Tarantino, che è già stato interrogato. Ancora non è chiaro se Tarantino abbia partecipato alla presunta trattativa con la Salernitana (che vede un suo dirigente a sua volta indagato) o se abbia solo scommesso sulla sconfitta di quella che, allora, era la sua squadra. In tutto gli indagati sono una ventina: ieri sono stati interrogati gli ex centrocampisti del Bari Ivan Rajcic e Raffaele Bianco che si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.

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Calcioscommesse L’interrogatorio che svela i retroscena della partita persa dai pugliesi per 3-2

I riscontri Il racconto del giocatore non ha trovato ancora conferme, un «regalo» agli avversari

Kutuzov

accusa Conte

L'ex attaccante biancorosso ai pm

confessa la combine con la Salernitana

Ma l'allenatore «non sapeva dei soldi»

Non indagato Il tecnico della Juventus non è indagato, è stato ascoltato come persona informata dei fatti

di VINCENZO DAMIANI (Corriere del Mezzogiorno - Bari 19-10-2012)

BARI — Non gli fu detto che la partita sarebbe stata addirittura venduta dai suoi giocatori alla Salernitana. Però, Antonio Conte sarebbe stato informato che, per evitare l'ira dei tifosi e aiutare ex compagni di squadra, i calciatori del Bari avessero programmato di lasciare la vittoria ai campani. A rivelarlo, durante il suo interrogatorio dello scorso agosto, è l'attaccante Vitaly Kutuzov: secondo il centravanti, tutti sapevano all'interno dello spogliatoio dell'intenzione di voler regalare la partita alla Salernitana, «anche il capitano e il vice capitano», avrebbe detto riferendosi a Gillet e Stellini. Aggiungendo che persino l'allenatore venne in qualche modo informato, anche se gli fu nascosto che il favore sul campo prevedeva una contropartita in soldi.

Se il suo racconto fosse confermato (al momento, però, non ci sarebbero altri riscontri), Conte rischierebbe nuovamente dal punto di vista della giustizia sportiva. Penalmente l'attuale allenatore della Juventus non è nemmeno indagato ed è stato ascoltato come persona informata dei fatti. Negando davanti al procuratore di Bari, Antonio Laudati e al pm Ciro Angelillis, di aver mai saputo nulla della combine di Salernitana-Bari. Kutuzov, invece, racconta un'altra storia. Avrebbe confermato che, in settimana, ci fu una riunione in palestra solamente tra i giocatori, durante la quale Andrea Masiello prospettò ai suoi compagni la possibilità di ottenere soldi in cambio della sconfitta. Qualcuno, come Gazzi, Barreto, Ranocchia e lo stesso Kutuzov, risposerò che di quella storia non ne volevano sapere nulla e andarono via; altri accettarono l'offerta. In campo poi finì 3 a 2 per i campani e chi partecipò alla combine ricevette i soldi. Barreto e Gazzi, invece, qualche giorno più tardi, si videro consegnare un computer portatile, ma il regalo non fu giustificato come un ringraziamento da parte della Salernitana. A Barreto, ad esempio, fu detto che era un dono per i tanti gol siglati durante la stagione. Anche Ranocchia rifiutò i soldi, la sua quota fu girata all'ausiliario Angelo Iacovelli. Durante l'interrogatorio, però, Kutuzov nega di aver mai visto scambio di danaro, né di aver mai intascato alcunché. L'attaccante ai carabinieri descrive il clima pre-partita, ricordando che quella fu una settimana particolare, durante la quale, presa ancora dai festeggiamenti per la promozione in serie A, la squadra si allenò poco e a ritmi blandi. Dall'altra parte, invece, c'era una Salernitana che rischiava la retrocessione e che aveva bisogno dei tre punti. Nella formazione campana giocavano alcuni ex biancorossi, come Ganci, colui che poi avrebbe avuto un ruolo nell'organizzazione della combine. E infine c'era il gemellaggio tra le tifoserie: Kutuzov dice agli investigatori che gli ultras non li avrebbero mai perdonati di un'eventuale sgarro proprio alla Salernitana. Intanto, le indagini vanno avanti e si allunga la lista degli indagati: ieri mattina, in caserma, sono stati convocati Raffaele Bianco e Ivan Rajcic, ex centrocampisti del Bari. I due hanno preferito avvalersi della facoltà di non rispondere. Prima di loro, martedì scorso, è stato interrogato l'argentino Emanuel Rivas, il sudamericano ha accettato di dare spiegazioni agli investigatori. Tra gli indagati ci sarebbe anche l'ex team manager del Bari, Luciano Tarantino, accusato - alla pari dei calciatori - di frode sportiva. Tarantino era il braccio destro del direttore sportivo, Giorgio Perinetti, secondo la Procura sarebbe coinvolto in qualche maniera nella combine di Salernitana-Bari.

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Kutuzov ritira in ballo Conte

Il bielorusso del Bari lo avrebbe coinvolto nella combine di Salerno, ultima di B 2009

Un nuovo fronte che rimetterebbe in discussione la posizione del tecnico bianconero

di ANDREA RAMAZZOTTI (CorSport 19-10-2012)

Il dubbio è sempre più strisciante e insistente. Antonio Conte era o no al corrente dell'intenzione dei suoi giocatori di favorire la vittoria della Salernitana nell'ultima gara del campionato di Serie B 2008-09? Finora il tecnico della Juventus, che tornerà in panchina il 9 dicembre dopo lo sconto di 6 mesi del Tnas per l'omessa denuncia per Albinoleffe-Siena 1-0 del 2010-11, è considerato dalla Procura di Bari una persona informata sui fatti e di penalmente rilevante a suo carico non c'è niente. Gli spifferi provenienti dal Palazzo di Giustizia pugliese però non possono lasciarlo del tutto tranquillo perché in mezzo a diversi interrogatori che spiegano «che Conte non sapeva niente» e «che ha preparato la partita come le altre volte», ce ne sarebbe uno di tenore opposto, dichiarazioni rese sotto giuramento che farebbero invece intuire che pure l'allenatore fosse al corrente della decisione presa dai giocatori baresi di non giocare... la partita della vita all'Arechi. In attesa di una chiusura sempre più imminente delle indagini su Bari-Treviso 0-1 e Salernitana-Bari 3-2, gli inquirenti mantengono il massimo riserbo, ma le affermazioni che se verificate potrebbe creare a Conte nuove difficoltà sotto il profilo delle giustizia sportiva, uscirebbero dal faccia a faccia avuto lo scorso 20 agosto in Puglia dall'attaccante Vitali Kutuzov, al Bari dal gennaio 2009 e tra i protagonisti della promozione in Serie A.

OMESSA DENUNCIA - Il Bari aveva conquistato la matematica promozione l'8 maggio dopo la vittoria nell'anticipo della Triestina contro il Livorno terzo in classifica. Il giorno successivo il 2-2 di Piacenza, una settimana dopo il 4-1 casalingo con il Modena. Salernitana-Bari è datata 23 maggio e i biancorossi erano reduci da 7 giorni con allenamenti blandi e molte feste. Su questo tasto avrebbe insistito parecchio Kutuzov, ripetendo quello che altri suoi compagni avevano specificato in precedenza. Il bielorusso, però, sarebbe andato oltre e avrebbe specificato che non solo i giocatori sapevano dell'approccio dei calciatori della Salernitana per garantirsi il successo casalingo contro la capolista e quindi la salvezza. Tutti nello spogliatoio biancorosso erano al corrente di quello che sarebbe accaduto. Dunque anche Conte che addirittura sarebbe stato informato direttamente dai suoi uomini della loro volontà di essere... molto arrendevoli alla luce dei legami di amicizia esistenti sul campo (tra i granata c'erano ex del Bari) e sulle tribune (gemellaggio tra le tifoserie). L'allenatore, insomma, secondo la versione dell'ex Milan e Parma, sapeva che Salernitana-Bari non sarebbe stata una partita vera. E non solo perché il Bari aveva "mollato" la presa dopo la promozione già festeggiata. Conte è già stato ascoltato in gran segreto a Monopoli dagli uomini della Procura di Bari lo scorso 6 settembre e ha dichiarato che non era a conoscenza di nulla sul match incriminato. Penalmente rischia niente perché non sapeva dei soldi arrivati a Bari da Salerno in cambio della sconfitta. Da capire viceversa cosa succederà sul fronte della giustizia sportiva quando, a inchiesta pugliese chiusa, Palazzi riceverà le carte. Lo ascolterà di nuovo lo juventino dopo le 3 ore e mezzo abbondanti di interrogatorio a metà luglio sulla vicenda legata al Siena? Inutile dire che se la procura federale appurerà che Conte era a conoscenza dell'illecito per Salernitana-Bari, scatterà un nuovo deferimento per omessa denuncia o anche qualcosa di peggio.

Nei giorni scorsi, dopo le rivelazioni del pentito Marco Esposito, sarebbe finito nel registro degli indagati anche l'ex team manager del Bari Luciano Tarantino.

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Bianco & Rajcic entrambi muti su

Piacenza-Bari e Bari-Treviso 2008

di ANTONIO GUIDO (CorSport 19-10-2012)

BARI - Hanno fatto scena muta anche Ivan Rajcic e Raffaele Bianco. I due ex giocatori del Bari, rispettivamente difesi dall'avvocato Paolo Nacci Manara e dall’avvocato Carlo Russo Frattasi, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere dinanzi al maggiore Riccardo Barbera del Nucleo Investigativo dei Carabinieri. L'interrogatorio del centrocampista Raffaele Bianco, ora al Carpi, avrebbe dovuto riguardare la partita Piacenza-Bari (2-2) del 9 maggio 2009, la gara della festa della promozione in A del Bari di Conte. Il centrocampista croato Ivan Rajcic aveva invece giocato col Bari l'anno prima totalizzando 31 presenze, ma senza prendere parte alla gara Bari-Treviso del 10 maggio 2008 finita nel mirino degli investigatori. L'altra partita sotto inchiesta è Salernitana-Bari (3-2) del 23 maggio 2009 per la quale risultata indagato l'ex team manager del Bari Luciano Tarantino, declassato poi al ruolo di semplice osservatore nel quarto anno di permanenza a Bari. Tirato in ballo dal pentito Marco Esposito, è stato già interrogato dai Carabinieri per capire se abbia partecipato alla combine o scommesso sulla sconfitta del Bari. A fare chiarezza sul ruolo di Luciano Tarantino, 65 anni, napoletano, definito da alcuni media un dirigente della società, è intervenuto ieri il direttore generale Claudio Garzelli: «Come si fa a scambiare un impiegato per un dirigente? Neanche il direttore sportivo può essere considerato tale». L'inchiesta condotta dal procuratore Laudati e dal sostituto Angelillis sembra avviata alla conclusioni. Una trentina gli indagati tutti per frode sportiva.

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IL CASO

Conte, da Bari arrivano nuove accuse

Kutuzov ai giudici «Il tecnico sapeva che i giocatori volevano regalare la partita»

di CARLO SANTI (Il Messaggero 19-10-2012)

ROMA - Un regalo che tutti conoscevano, i giocatori con capitano e vice capitano in testa, e anche l’allenatore era stato in qualche modo informato delle intenzioni della squadra. Parliamo della partita persa dal Bari contro la Salernitana con le rivelazioni di Vitaly Kutuzov. L’attaccante bielorusso lo scorso agosto parlando con gli inquirenti della Procura della repubblica di Bari ha affermato proprio questo: tutti sapevano, Antonio Conte compreso, del regalo che il Bari avrebbe fatto alla Salernitana lasciandole vincere la gara. All’allenatore, però, nessuno avrebbe detto che la contropartita del regalo prevedeva dei soldi. Kutuzov ha detto questo anche se, al momento, sembra essere l’unico ad averlo fatto. Gillet e Stellini, capitano e vice di quella squadra, non lo hanno fatto.

Se le accuse lanciate dal bielorusso dovessero trovare una conferma, a rischiare nuovamente una sanzione sarebbe Conte che, in questa vicenda, non è indagato ed è stato ascoltato una sola volta come persona informata dei fatti. Il tecnico, sia al procuratore di Bari, Antonio Laudati, e al pm Ciro Angelillis, ha negato di aver mai saputo nulla della combine di Salernitana-Bari finita 3-2 per i campani. Si parla di soldi, di chi li avrebbe accettati e chi no, di chi come Gazzi, Barreto, Ranocchia e lo stesso Kutuzov sarebbe andati via dallo spogliatoio quando si è discusso di soldi. A qualcuno, poi, è arrivato un computer quale dono.

Ieri in caserma sono stati convocati Raffaele Bianco e Ivana Rajcic, ex giocatori del Bari. I due si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Rivas, invece, martedì è stato interrogato e ha dato spiegazioni. Tra gli indagati, che sono una trentina, ci sarebbe anche l’ex team manager del Bari, Luciano Tarantino.

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SCOMMESSOPOLI

Kutuzov a Bari

«Conte sapeva»

di SIMONE DI STEFANO (Tuttosport 19-10-2012)

ROMA. Altri spifferi dalla procura di Bari, altre ombre su quella stagione d’oro targata Antonio Conte. Dopo le rivelazioni di Andrea Masiello sulle presunte combine Bari-Treviso e Salernitana-Bari di fine 2008-09, gare confermate anche da Vittorio Micolucci tramite un fax inviato in procura federale, la magistratura pugliese sta chiudendo lentamente il cerchio passando allo step successivo: il coinvolgimento degli ultras con le pressioni sui giocatori baresi, il cosiddetto «terzo livello» che realmente interessa ai pm. Sul fronte sportivo però, vanno registrate le ripetute “aperture” di alcuni protagonisti di quella stagione. Non vere e proprie confessioni, ma versioni che giorno dopo giorno si arricchiscono di nuovi tasselli. Il Bari era già matematicamente promosso, una mano lava l’altra, e arrivò la Salernitana con estrema necessità di punti. Sulla combine (che vide puntate da parte di altri giocatori compreso un presunto scambio di informazioni che coinvolgerebbe anche la successiva gara Inter-Atalanta) i pm di Bari, Laudati, Angelillis e Dentamaro, stanno cercando riscontri e alcuni ne avrebbero già trovati. A Marco Esposito si sarebbe aggiunto un nuovo “pentito”. Si tratterebbe di Vitali Kutuzov, al Bari dal gennaio di quell’anno. Alle domande dei magistrati sulla spartizione dei soldi provenienti dalla Salernitana per vendere la partita (gli emissari sarebbero stati Fusco e Ganci), Kutuzov avrebbe confermato, sottolineando che lo stesso Conte ne sarebbe venuto a conoscenza. Un altro «Conte sapeva»? Starà ai magistrati approfondire. Va detto che sulle circostanze (la riunione in palestra e la divisione dei dividendi) permangono versioni contrastanti, su tutte quella di Stellini che continua a ripetere come il suo ex tecnico fosse all’oscuro di tutto. Intanto la storia barese prosegue, con Marco Esposito che avrebbe fatto il nome dell’ex team manager biancorosso Luciano Tarantino. Sull’ex “braccio destro” di Perinetti sarebbero in corso accertamenti.

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I verbali

Iacovelli ed Erodiani hanno raccontato al giudice di

aver avuto dritte sicure su due match dei nerazzurri

Due pentiti accusano l’Inter

“Fecero segnare il Chievo”

Secondo gli investigatori in Italia le centrali del gioco sono Milano, Bologna, Bari, Bergamo, Livorno e Pescara. Inter-Atalanta del 2009 e Inter-Chievo del 2010 nel mirino

di GIULIANO FOSCHINI & MARCO MENSURATI (la Repubblica 19-10-2012)

MILANO, Bologna, Bari, Bergamo, Livorno, Pescara. Sono i sei centri del calcioscommesse italiano secondo la nuova mappa che stanno mettendo a punto gli investigatori di Bari che partendo dalla criminalità organizzata locale si sono trovati a indagare sulla serie A. Incrociando, quasi per caso, una squadra in particolare: l’Inter. Uno dei pentiti dell’inchiesta, Angelo Iacovelli, ha raccontato di aver scommesso anche per conto di alcuni giocatori biancorossi su alcuni over della squadra nerazzurra. «Arrivavano informazioni sicure e si giocava». La prima partita “sicura” è Inter-Atalanta del 31 maggio del 2009, finita 4-3 per i nerazzurri. L’altra è Inter-Chievo, giocata il 9 maggio del 2010 e finita con un altro 4-3: due over, due scommesse molto ricche.

Iacovelli non ha spiegato da chi sia partita la dritta. «Non lo so». Ma il sospetto degli inquirenti è che non sia un caso che le informazioni siano giunte a Bari. Il capoluogo pugliese era uno dei centri italiani del calcioscommesse. Negli anni si era creata una “scuola” di giocatori disponibili (non è un caso che da Gervasoni a Carobbio, tutti i protagonisti di questa storia abbiano in comune un passato con la maglia biancorossa) e lo spogliatoio era avvicinabile, come dimostrano le partite vendute contro Salernitana (2009) e Treviso (2008). Le informazioni da Bari partivano per il resto d’Italia. E dal resto d’Italia, in cambio, arrivavano altre informazioni. Sull’over di Inter-Atalanta hanno giocato in tanti, in tutta Italia. E lo stesso su quello di Inter-Chievo, come racconta Massimo Erodiani, tabaccaio abruzzese, ai magistrati di Cremona. Tutto parte da un’intercettazione: «Lo scorso anno — diceva Erodiani telefono con un amico — ho fatto il Chievo a Milano». «Che significa?» gli chiede il pm Di Martino. «Non parlavo di Milan- Chievo — risponde — parliamo di Inter- Chievo… questa frase me l’ha detta Pirani (dentista amico dei calciatori al centro dello scandalo perché giocatore ndr), perché Pirani era amico di Pellissier… me l’ha detta Pirani che l’anno prima aveva giocato Inter-Chievo e fecero una marea di gol». «Pirani le disse che aveva manipolato la partita?». «Sì, tramite Pellissier». «Ma il Chievo voleva fare almeno una rete». «Sì, sì». «Quindi — dice Di Martino — aveva ricevuto il benestare da parte dell’Inter».

Bene, ma perché proprio l’Inter? Per rispondere a questa domanda i carabinieri del reparto operativo di Bari hanno acquisito un’altra intercettazione telefonica, anche questa registrata dai poliziotti di Cremona. Al telefono c’è uno dei protagonisti dell’indagine, l’ex capitano biancorosso Antonio Bellavista. Dall’altra parte della cornetta c’era Ivan Tisci, ex calciatore, personaggio centrale della cellula milanese delle scommesse. «Tisci — si legge nei brogliacci — riferiva a Bellavista di essersi recato a Milano e di aver appreso dai giocatori, ai quali si era unito Bobo Vieri (ex nerazzurro, indagato ndr) che l’Inter aveva fatto dei danni in quanto tutti avevano scommesso sull’over per la notizia che si era sparsa in giro». Il riferimento è alla partita con il Lecce, giocata a San Siro a marzo del 2011. È la partita farlocca venduta da Paoloni: l’ex portiere della Cremonese sosteneva di aver avuto la dritta da Corvia, mentre l’attaccante del Lecce racconta che è tutta un’invenzione. Fatto sta che soltanto sul circuito Betfair vengono giocati 700mila euro e che l’informazione arriva dirittamente a Bari, nelle mani del solito Bellavista.

Per spiegare la struttura del network è emblematico raccontare cosa accadde nella partita da cui ha avuto origine l’inchiesta di Bari, Bari-Livorno di Coppa Italia, gennaio 2010. La storia è ricostruita in un’informativa dei carabinieri: il Bari passa in vantaggio su rigore nel primo tempo. All’intervallo partono una serie di telefonate dalla zona dello stadio San Nicola alla provincia di Livorno. In quel momento in Toscana una serie di personaggi già attenzionati da Cremona e dalla procura antimafia di Napoli, come dimostrano le matrici delle scommesse, si presentano in ricevitoria e scommettono qualche decina di migliaia di euro (divise in piccole puntate da cento) sull’over. Al novantesimo la partita finirà 4-1.

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Palazzi va a Cremona:

gli sviluppi su Mauri

sono il primo obiettivo

Il procuratore Figc dal pm di Martino per avere nuovi atti sul

laziale. E intanto a Bari nel mirino anche Inter-Chievo 4-3

di FRANCESCO CENITI & MAURIZIO GALDI (GaSport 19-10-2012)

Non sarà una visita di cortesia quella che porterà a Cremona nella mattinata il procuratore Stefano Palazzi a incontrare il pm Roberto di Martino. Al centro della discussione ci saranno come sempre le indagini sul calcioscommesse. In particolare Palazzi cercherà di capire se ci sono altri elementi da aggiunge ai numerosi atti passati da Cremona in questi mesi. Atti che sono stati fondamentali per portare avanti i diversi processi contro i tesserati accusati di aver combinato gare e omesso di denunciare le irregolarità. Ma in questa fase a «fare rumore» sono soprattutto le posizioni tenute in sospeso da Palazzi, come quelle relative a Lazio-Genoa e Lecce-Lazio. Non è un caso che la gestione dei procedimenti sportivi e qualche mancato deferimento ha lasciato perplesso di Martino.

Mauri A Cremona l'inchiesta ha fatto alcuni passi in avanti soprattutto dopo gli accertamenti tecnici. Non solo, sono in arrivo altri interrogatori sul filone Siena ed è partita la rogatoria in Svizzera per acquisire l'interrogatorio del pm di Berna, Elena Catenazzi, nei confronti di Stefano Mauri, accusato di auto riciclaggio per movimenti di denaro sospetti (circa 350 mila euro) su un conto corrente intestato alla madre. Le date dei bonifici (novembre 2010) non coincidono con le due combine contestate a Mauri (maggio 2011): l'indagine potrebbe virare su possibili fondi neri. In ogni caso di Martino vuole vedere le carte e di sicuro la stessa cosa è intenzionato a fare Palazzi. Ma qui finiscono le sintonie. Il pm di Martino ritiene che il materiale passato alla Figc sia importante nel caso di Mauri (giudicate fragili dagli inquirenti le giustificazioni portate dopo l'arresto sulla scheda criptata usata secondo la difesa del laziale per «scommesse sulle gare di Nba» solo per un breve periodo che coincide proprio con le due sfide nel mirino). Palazzi cercherà di avere anche gli ultimi atti, compreso l'interrogatorio in Svizzera, in modo da accelerare nei deferimenti. Settimana prossima attesi quelli di Gianello, Napoli, Grava e Cannavaro, mentre per Lazio, Genoa e Mauri si dovrà attendere dicembre-gennaio.

Qui Bari Procedono intanto anche le indagini della Procura di Bari sulle due presunte combine della squadra pugliese contro Treviso e Salernitana. Ieri erano in programma gli interrogatori di Bianco e Rajcic (indagati per frode sportiva aggravata con una ventina di altri ex compagni): entrambi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Ma le collaborazioni acquisite dai pm Angelillis e Dentamaro (procuratore capo Laudati) hanno decritto nei minimi particolari il quadro dei tarocchi. E prende forma anche il ruolo avuto dal carabiniere di Salerno indagato: sarebbe un parente stretto di un altro dirigente del club campano. Sul fronte scommesse sulle gare di A oltre a Inter-Atalanta 4-3 Iacovelli nell'interrogatorio avrebbe riferito anche di puntate sospette effettuate dai giocatori del Bari su Inter-Chievo 4-3 (maggio 2010) già citata da Erodiani nell'inchiesta di Cremona.

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Il rapporto Interpol

La capitale del gioco sporco è la Cina mentre

a Singapore e in Malesia ci sono i più abili broker

Alti profitti e rischi minimi

Una partita di pallone rende come una partita di droga ma a

rischio zero. Ecco perché corrompono anche gli under 16

L’esecuzione

Il titolare bulgaro dell’agenzia di scommesse SkySport365

denunciò una combine ed è stato eliminato a colpi di pistola

Inchiesta italiana

“Giochiamoci il mondo”

così la mafia del calcio

organizza la truffa globale

La criminalità alleva squadre di ragazzi. E uccide

L'intercettazione “Questo è il calcio moderno: non possiamo più

permetterci di essere semplici calciatori, dobbiamo essere furbi”

Suicidi in Corea Due giovanissimi giocatori coreani al centro

di una maxi-inchiesta della polizia locale si sono tolti la vita

di GIULIANO FOSCHINI & MARCO MENSURATI (la Repubblica 19-10-2012)

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C’è un’intercettazione ambientale che in queste ore sta attraversando, con la frenesia di un allarme, i canali di comunicazione interna delle polizie di tutto il mondo. Racconta della nuova politica adottata dai “Signori del calcioscommesse” mondiale, la new wave.

Basta calciatori professionisti, troppo pericoloso, troppo visibile. Bisogna corrompere i ragazzini, quattordici, quindici anni al massimo. Costa meno, ed è meno pericoloso. Le prove generali sono state fatte in Asia (dove è stata intercettata la chiamata) durante l’under 16 dell’Asian cup. Ma proprio in questi giorni il sistema si sta allargando nel resto del mondo e in Italia.

“IL CALCIO MODERNO”

A parlare sono un ragazzino di 15 anni e un suo collega più anziano Uomo: «Ecco cosa ti chiedo. Facciamo un esempio... Voi state vincendo una partita per 3 o 4 a zero. Ok? Bene, se avete fatto così tanti gol nel primo tempo, ecco... allora nel secondo tempo basta che facciate fare un paio di gol anche agli altri. Così viene fuori un 4-3. Vinciamo lo stesso, e in più ci pagano. Che ne pensi?». Ragazzo: «Lasciamici pensare un attimo».

U: «Non pensarci troppo... Non è calcioscommesse... È... È... È una cosa che facciamo in tutto il mondo. Tutti i paesi fanno così. Non è calcioscommesse, è “calcio moderno”. Non possiamo più permetterci di essere semplici calciatori. Dobbiamo essere furbi ».

R. «Quanto ci danno? ».

Secondo gli investigatori asiatici, la partita alla fine è stata organizzata. Ma questo è solo un dettaglio. La sostanza è che con il coinvolgimento dei ragazzini nel gioco sporco si rischia di aggiungere un nuovo ceppo all’epidemia che sta devastando il calcio mondiale, e che si sta configurando come una delle principali emergenze criminali. Un ceppo - quello di puntare sui ragazzini - che secondo l’intelligence rischia di prendere piede in Italia dove, soprattutto in alcune squadre del Sud, le Primavera sono già state oggetto di attenzioni da parte della criminalità organizzata.

OMICIDI E SUICIDI

Criminalità organizzata. Perché sul calcio non si scherza: una partita di pallone vale quanto una partita di droga. Si guadagna praticamente lo stesso, ma se va male si rischia una multa e qualche mese virtuale di carcere. Non è un caso che in questa storia siano apparse anche le pallottole. Tra suicidi e omicidi, gli investigatori dell’Interpol che su questo tema lavorano insieme a un apposito pool investigativo costituito dalla Fifa, ne contano già più di una quindicina. È bene farlo presente a quanti in Italia, ancora oggi, si ostinano a considerare questo fenomeno il prodotto delle marachelle «di quattro sfigati».

Il caso più inquietante è sicuramente quello di Yordan Petrov Dinov, 40 anni, responsabile bulgaro dell’agenzia di scommesse SkySport365 (la stessa che per prima denunciò il flusso di puntate anomale sulle partite italiane). Ha denunciato una probabile combine nel suo paese, è stato ammazzato a colpi di pistola in quella che appare una classica esecuzione mafiosa. A uccidere non sono però soltanto le associazioni internazionali. Ma anche la delusione: come nel caso di un allenatore ungherese che si è suicidato quando si è reso conto di essere stato preso in giro dai suoi ragazzi; o, ancora più semplicemente, la paura. La Corea è ancora sotto shock per il suicidio di due giovanissimi calciatori finiti al centro di un’inchiesta della polizia locale e coordinata da una apposita task-force.

LA MAPPA E IL SISTEMA

«Le morti da calcioscommesse stanno diventando un’emergenza ancor più del calcioscommesse in sé. E ora che arriveranno anche ai ragazzini la cosa è ancora più preoccupante: ci stiamo ipotecando il futuro», commentano dagli uffici della Fifa dove è stato effettuato un dettagliatissimo screening su scala globale dal quale è possibile ricostruire una sorta di mappa del match fixing.

La capitale, si legge in una nota riservata «è la Cina. Lì vivono i più importanti scommettitori mondiali (sia legali sia illegali). Ne discende che la Cina sia anche la patria dei principali interessi dei criminali del calcioscommesse. La testa però è altrove.

A Singapore e in Malesia. Dove ci sono i più abili broker del mondo. Tra questi Tan Seet Eng, detto Den, e Wilson Perumal. I due uomini che attraverso gli Zingari hanno messo a soqquadro la serie A italiana. Ma l’Italia non era che una delle tessere del loro mosaico. La più prestigiosa ma non la più importante. I due tengono in pugno praticamente tutto il resto del mondo, dal Sudamerica all’Africa, dall’Europa al Medio Oriente, con casi clamorosi come quello dell’Argentina, dove oltre alle partite della Nazionale di calcio, è sotto attacco l’intero campionato: «Ci sono dei soldi dalla Russia che arrivano a Buenos Aires ma ancora non si capisce da dove provengano ». O come quello dello Zimbabwe dove Perumal teneva in pugno Henrietta Rushaway, il presidente della Federcalcio locale, grazie alla quale riuscì a organizzare una partita finta tra Zimbabwe e Siria, con comparse e attori al posto dei giocatori. Partita finta, scommesse vere: un numero già riuscito con la famigerata pantomima Togo-Bahrein.

RISPOSTE FEDERALI

Di buono, secondo gli investigatori della Fifa, c’è che in tutto il mondo il fenomeno sta trovando la risposta spesso feroce delle istituzioni. Un po’ ovunque sono state create le cosiddette task force, istituzioni miste composte da esponenti del mondo del calcio e da uomini delle Forze dell’ordine. Bene in Corea, Giappone, Cina, risposte ottime sono arrivate anche dalla federazione finlandese. E l’Italia?

TASK FORCE ALL’ITALIANA

Anche l’Italia ovviamente ha creato la sua task force. Ma a modo suo. Un decreto del ministero dell’Interno (allora retto da Roberto Maroni) datato 15 giugno 2011 (quindici giorni dopo l’arresto di Beppe Signori, nel pieno dello scandalo, insomma) istituisce l’Unità Informativa Scommesse Sportive. Dell’unità sono chiamati a far parte praticamente tutti, poliziotti, carabinieri, finanzieri e persino un esperto nominato dal ministero dell’Interno (vale a dire Tony Damascelli, giorna-lista, già lambito nel 2006 dalla vicenda Calciopoli). Una folla di gente, Un deserto di risultati. In un anno e mezzo di attività zero segnalazioni, i bookmaker che continuano a bloccare le partite per giocate anomale senza che nessuno apra un’inchiesta, nessun allarme e nessuna prevenzione sui ragazzini delle squadre Allievi e Primavera. «Che dire, ci siamo visti forse una volta sola », racconta desolato uno degli investigatori che, in teoria, di quella task force avrebbe dovuto essere l’anima.

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Mi pare che...

Prandelli allenatore sopraffino

di un’Italia senza fenomeni

di LUCIANO MOGGI (Libero 19-10-2012)

Non possiamo certamente dire che l’Italia abbia entusiasmato, di sicuro però è piaciuta. Abbiamo avuto la conferma di quanto pesi nella squadra Balotelli e quanto conti il carattere se specialmente scopri di averne in abbondanza. Espulso Osvaldo, Balotelli ha preso per mano la squadra come un novello Pirlo all’attacco, tagliata a fette la difesa danese, opera sua il gol del 3-1 (e anche del portiere della Danimarca) a suggello di una prestazione da incorniciare, standing ovation di tutto San Siro, sotto gli occhi spalancati di Galliani. Ecco l’attaccante che gli sarebbe servito, ma il sogno già cullato quando Balo era all’Inter, è da tempo dissolto.

L’Italia è volata nel suo girone, un buon gruzzolo di punti la fa stare tranquilla, il resto potrà venire senza eccessi di patemi. Diamo atto a Prandelli di aver gestito bene il gruppo facendo ardere alla grande la fiammella della speranza con la «legna» (discreta)che ha a disposizione.

Gazzoni Frascara ha perso la voce. La richiesta di due anni per bancarotta ha fatto giustizia delle sue ricostruzioni di parte per spiegare l’incapacità di gestione di quel Bologna, la cui retrocessione fu figlia esclusiva dei suoi errori, e non di inesistenti maneggi altrui. Per anni Gazzoni Frascara è stato un disco rotto, parlando del campionato che sarebbe stato falsato a danno del club felsineo, il tutto, secondo lui, addirittura provato dai processi, mentre è avvenuto esattamente il contrario, sia i tribunali sportivi sia quello ordinario hanno stabilito che nessun campionato è stato mai alterato. Cosa dunque cercava Gazzoni Frascara se non un alibi all’insipienza con cui aveva governato il Bologna, magari sperando anche di lucrare da immaginifici risarcimenti? Sentite in merito cosa scrive Repubblica il 25 luglio 2008 nella terza pagina delle pagine locali bolognesi, dal titolo «Crac Bologna,Gazzoni verso il processo». Scrivono i finanzieri che gli indagati «posero in essere operazioni dolose, indotte dalla esigenza di occultare la grave crisi finanziaria della controllata Bologna FC 1909 per consentirle l’iscrizione ai campionati, secondo i parametri di bilancio prescritti dalla Federazione e vigilati dalla Commissione di Vigilanza sulle società, ente che, già nel marzo 2002 aveva disposto verso il Bologna FC la sospensione dell’erogazione dei contributi federali e la diffida a sanare il pesante indebitamento entro il termine perentorio di 90 giorni». Intercettazioni e perquisizioni hanno permesso ai pm Cieri e Lazzarini di far luce sul conferimento della partecipazione del Bfc nel Bologna FC 1909 Holding Spa(Bfch) e sulla cessione della licenza d’uso dei diritti televisivi e di immagine dall’una all’altra, operazioni che avrebbero permesso di sistemare il bilancio Bfc e i relativi indici funzionali all’iscrizione al campionato di calcio 2002-2003.

Sotto la lente di ingrandimento, poi, la cessione del marchio «Mondobologna» da Bfch a Bfc, per aumentare i flussi di cassa e avere le carte in regola per l’iscrizione al campionato 2004-2005 e la copertura delle perdite e la ricostruzione del capitale di Victoria 2000. Gazzoni dovrà adesso spiegarlo ai giudici davanti ai quali il pm del processo Enrico Cieri ha chiesto per lui la condanna a due anni per bancarotta fraudolenta, anziché andare in Tv a raccontare le «sue» verità (?). Sentite intanto cosa disse, al giornalista Luciano Nigro il suo ex socio Bandiera, su Gazzoni, senza mai nominarlo: «Ero tranquillo, mi sono fidato. Pensavo che una persona di quel calibro e livello, mai e poi mai avrebbe fatto una cosa cosi. E il giorno più brutto della mia vita», confessa Bandiera con la voce e la faccia di un uomo di 76 anni proprietario del più bell’hotel della città ediunmarchio come Les Copains, che si sente tradito dal mondo.

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Il pallone di Luciano

Fra polemiche, veleni e polveroni

la spunterà chi avrà i nervi più saldi

di LUCIANO MOGGI (Libero 20-10-2012)

Qualche tempo fa lo spot di una marca di pasta recitava: «Silenzio, parla... ». Parafrasando, potremmo dire «silenzio, parla il campo». Ovviamente più facile a dire che a fare. Da tempo non si era vista una tale messe di veleni intorno a una partita, complice anche la pausa per la Nazionale. Da evidenziare un curioso fenomeno. Sembra che la giornata calcistica sia fatta soltanto di Juve-Napoli, le altre tutte in secondo piano, anche Lazio-Milan, dove i rossoneri giocano per la loro sopravvivenza e i laziali per il primato. Poco posto per la ribalta anche per l’Inter, che quatta quatta aspetta il Catania, e potrebbe ritrovarsi a un distacco dimezzato. In ogni caso si corre molto in prospettive masiamo solo all’ottava giornata. Chidovesse andarein fuga guadagnerebbe caselle importanti, ma peregrina sarebbe l’idea di aver giàmesso unpiede sul titolo.

Passato speciale

Il Napoli ha dato sempre un valore speciale alle sfide con la Juve, c’era un tempo in cui sotto il Vesuvio si chiedeva alla squadra di battere solo i bianconeri, poi le ambizioni crebbero e con Maradona la sfida fu alla pari. E la vittoria in quell’epoca fu più appannaggio degli azzurri che non dei bianconeri. La gestione De Laurentiis è stata segnata da una strana, comune posizione delle due squadre in serie B (il Napoli risaliva dal fallimento, la Juve dalla retrocessione per le note trame di Calciopoli), fino ad arrivare alla finale di Coppa Italia vinta dal Napoli, e a quella di Supercoppa a Pechino, vinta dalla Juve. Un mare di polemiche, un arbitro inadeguato. La squadra bianconera è più esperta,magrande è la voglia di rivincita degli azzurri: è uno dei motivi forti dello scontro. C’è una certa equivalenza di forze, ma taluni protagonisti saranno mandati in campo senza una seduta vera diallenamento(Cavani), o recuperati da infortuni all’ultimo istante (Marchisio), o non recuperati affatto. Così pare per Vucinic e Buffon.

Sotto l’aspetto tattico la Juve potrebbe far sfogare il Napoli per provare a colpirlo di rimessa. Stessa idea anche del Napoli, anzi il suo copyright, quando gioca in trasferta. Crediamo comunque che alla fine possano incidere gli uomini migliori o chi avrà i nervi più saldi: attenzione particolare per Hamsik, che sta giocando la sua migliore stagione, e alla vena furiosa di Vidal.

Addentrandoci nella Milano rossonera, sembra che l’AD abbia abbandonato l’idea che il Milan possa riproporsi tra le prime posizioni, mentre resta viva la speranza di portare a casa tre punti dal campo della Lazio, indispensabili per raggiungere una posizione più dignitosa, ma di non facile riuscita. Mentre l’Inter affida a Cassano e Milito, supportati da Coutinho, ilcompito di scardinare il Catania.

La Roma gioca il posticipo con il Genoa a Marassi. Zeman intenzionato a tenere ancora fuori De Rossi e Osvaldo, ma cambierà sicuramente idea.

Domanda a Paris

P. S. Carlo Paris. Riteniamo doveroso tornare all’articolo di ieri su queste pagine, relativo a Gazzoni Frascara e all’ospitata del medesimo nel cantuccio dei 5’Rai di Carlo Paris, visto il comportamento dell’intervistatore, Paris appunto, che ha prestato il megafono all’ex presidente del Bologna. Visto che la Rai non è un bene privato, ma di tutti gli italiani (che pagano il canone) l’intervistatore dovrebbe spiegare il criterio che l’ha portato a sentire tale interlocutore evitando ogni domanda sul processo che lo coinvolge (richiesta di condanna di due anni per bancarotta). Difetto di informazione o appiattimento su ciò che poteva far piacere all’ospite ?Ci permettiamo di chiedere lumi alla Vigilanza RAI.

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