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Ghost Dog

Rai senza vergogna special edition Juve Inter

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Joined: 11-Dec-2008
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Ma come no, guarda qua che analisi tecnica .rulez

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.oddio la fortuna loro è che non si trova mai nessuno che li sm€rda al momento giusto, perchè quello che fecero col gol di Peluso è una di quelle porcate che gli si deve ritorcere contro in maniera inesorabile, queste persone devono vivere male e col tempo sempre peggio.

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Joined: 14-Jun-2008
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«BRAVA JUVE MA OCCHIO A MANCIO»

A 76 anni l’ex ct riparte da commentatore tv: «Una nuova sfida ma con le panchine non ho finito»

di ALESSANDRO FIESOLI (QUOTIDIANO SPORTIVO 09-08-2015)

Torna il Trap Show. In una nuova versione televisiva, più aggiornata e al passo con i tempi, giusti o sbagliati che siano. A 76 anni, Trapattoni passa dall’altra parte della telecamera. Dagli stadi agli studi. Commentatore della «Domenica Sportiva» e voce tecnica delle telecronache della nazionale, a cominciare da Italia-Malta del 3 settembre. Il calcio italiano ritrova un protagonista storico, un suo padre nobile. Il Trap dei sette scudetti, dei titoli vinti in Germania, Austria e Portogallo, grande uomo di calcio che si riavvicina, dopo quindici anni (l’ ultima panchina italiana con la Fiorentina risale al Duemila), al campionato. E e che torna a respirare aria di nazionale, a undici anni dalla parentesi azzurra, la più amara e criticata della sua carriera, segnata da Byron Moreno nel mondiale 2002 e dalla «combinata nordica» (l’accordo anti-Italia fra Danimarca e Svezia) nell’Europeo 2004 in Portogallo. Per Trapattoni è quasi un ritorno a casa. In questi giorni è a Talamone, nella sua casa al mare. Le chiama «le mie ferie forzate». In realtà, vorrebbe essere sempre in mezzo a un campo da calcio, il richiamo della foresta non è cambiato.

Allora, Trapattoni, come mai questa scelta televisiva?

«Mi è arrivata la proposta dalla Rai, ci provo, lo faccio volentieri, è una nuova esperienza».

Chiariamo subito: non si tratta di un addio alla panchina.

«No davvero. Non sto pensando di fare l’opinionista a vita, è un impegno a termine, pronto a lasciarlo nel caso dovesse arrivarmi una proposta per riprendere ad allenare. Non vado in pensione come tecnico».

Contatti in corso?

«Si è fatto vivo qualcuno. Un po’ d’aria fritta, al momento. Ma sarei pronto a ricominciare».

Sempre una nazionale, comunque?

«Sì, non penso più ad allenare un club».

Di quale parte del mondo stiamo parlando, come ipotesi?

«Est Europa, anche Medio Oriente. Vediamo».

Sotto con la tv, nel frattempo. Che cosa l’ha spinta ad accettare?

«Mi piace l’idea, devo dirlo, di ritrovarmi dall’altra parte della barricata, dopo aver subìto per molti anni i giudizi dei commentatori e degli opinionisti».

Vuole prendersi qualche rivincita? Togliersi qualche sassolino di vecchia data?

«Diciamo che non vado lì per accanirmi contro i colleghi in panchina. Non mi dilungherò in analisi teoriche. Porterò la mia esperienza, per spiegare le partite. Anche quelle della nazionale. E non solo».

Cercherà di allargare il discorso?

«Mi piacerebbe parlare anche dei valori del calcio, quelli che hanno sempre accompagnato la mia carriera. Trasmetterli ai giovani attraverso la tv».

Si troverà a dialogare in studio anche con Zeman, altro opinionista.

«Due filosofie calcistiche diverse, la mia e la sua. Diciamo che punterò più sull’importanza del risultato, rispetto a lui».

Vede qualche rischio?

«Quello di non essere capito. Dovrò cercare di sintetizzare i concetti, me ne rendo conto».

In attesa di vederla con grande piacere in tv, ci dice chi sarà il primo rivale per la Juventus?

«Mancini. Ha esperienza, ha già vinto anche in Inghilterra, attraversato molti boschi e incontrato molti lupi come dico io, e sta preparando un’Inter tutta nuova e competitiva».

Anche troppo nuova, forse.

«Il Mancio è bravo a costruire squadre di valore».

In precampionato, è andata bene solo la Fiorentina.

«Paulo Sousa si sta proponendo bene. Ho visto una Fiorentina solida, di temperamento. E poi non è vero che i risultati in precampionato non contano. Le vittorie aiutano a trovare coraggio e fiducia».

Di buono, a Firenze, c’è anche il talento di Bernardeschi.

«Mi sembra un ragazzo di personalità. L’importante, ora, è non sovraccaricarlo di attese e di pretese. E’ un bel segnale per il nostro calcio, abbiamo bisogno di Bernardeschi e di altri giovani di valore».

Torniamo alla Juventus. Come vede questa rivoluzione bianconera?

«Ne capisco la necessità. E’ capitato anche a me a Torino. Ci accorgemmo, con l’Avvocato, che per continuare a vincere sarebbe stato necessario cambiare un buon numero di giocatori. Dopo una pausa, in effetti, riprendemmo a vincere. Mi sembra che ora, dopo quattro scudetti consecutivi, la situazione a Torino sia più o meno simile».

Pensa, allora, che anche questa Juventus possa incappare in una pausa?

«La rifondazione di una squadra richiede tempo. Anche se l’immediata vittoria di ieri a Shanghai può far pensare l’opposto. Dipenderà anche dalla personalità e dalla forza delle avversarie».

Per primo, come anti-Juventus, vede Mancini, diceva.

«Penso di sì. Con Roma e Napoli a ruota».

Come commenterà, il milanesissimo Trap, il derby di San Siro targato Giacarta e Bangkok?

«Accettando la nuova realtà. Nel calcio di oggi, la figura storica del presidente-mecenate non è quasi più proponibile. Ben vengano allora gli investitori stranieri, a condizione che si dimostrino affidabili e rispettosi della storia dei nostri grandi club. E poi sa che le dico?».

Dica, Trapattoni.

«Che ormai siamo in un campo mediatico mondiale».

Si è già calato nel suo nuovo ruolo di commentatore televisivo. In bocca al lupo, Giovanni.

«Crepi. Se poi qualcuno mi vuole di nuovo in panchina, sono qua. In ferie forzate».

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Joined: 02-Apr-2008
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stavo pensano che sarebbe bastato giocare la finale sul campo di chi ha vinto lo scudetto, che oltretutto quest'anno è la stessa squadra che ha pure vinto la C.I.

 

ma evidentemente non è sufficiente, se la squadra in questione è di Torino e ha una casacca bianco e nera mh

Secondo la Rai comunque la finale doveva essere Juve contro Juve .asd

e non solo...visto il campo dove si giocava, giustamente hanno specificato che era la finale di beach-soccer  :261: 

 

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Joined: 14-Jun-2008
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Sinceramente di sti miglioramenti non me ne sono proprio accorto .asd

Da Roma, il direttore di Raisport Carlo Paris ha subito chiamato Marco Bogarelli, il n. 1 dell’advisor Infront, che era in vacanza e non ha potuto far altro che scusarsi. Poi Paris ha telefonato a Shanghai al dg della Lega, Marco Brunelli, che nell’intervallo ha inviato alcuni uomini sul pullmino di regia per dare un sostegno, tecnico e morale, ai maldestri operatori di Shanghai Tv. Un’autogestione per limitare i danni nel secondo tempo. (REPUBBLICA)

 

:drunk:.canna .canna .amici

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Joined: 14-Jun-2008
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Inviato (modificato)

Molti siti d'informazione hanno diffuso nella giornata di oggi queste dichiarazioni di Bogarelli della Infront Italia all'ANSA
 

«Leggo ricostruzioni fantasiose di nostre scuse per la scarsa qualità delle immagini della Supercoppa di ieri: sono informazioni false e diffamanti, visto che Infront non è in alcun modo responsabile della produzione dell'evento».
«Come tutti siamo dispiaciuti per l'accaduto ma non vogliamo essere messi sotto accusa per errori che non abbiamo commesso».

 

Dichiarazioni che sarebbero come minimo scandalose.

Solo che sul sito dell'ANSA non ce n'è traccia, al momento.

 

P.s.

Alle 19.29 di ieri l'ANSA ha poi riportato

 

"Leggo ricostruzioni fantasiose di nostre scuse per la scarsa qualità delle immagini della Supercoppa di ieri: sono informazioni false e diffamanti, visto che Infront non è in alcun modo responsabile della produzione dell'evento". È questo il senso di una dichiarazione all'Ansa di Marco Bogarelli, presidente di Infront Italia, sulle polemiche per le immagini tv della Supercoppa.

 

Il senso di una dichiarazione? Si batteva i pugni sul petto come un gorilla?

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Joined: 15-Mar-2007
23211 messaggi

Secondo la Rai comunque la finale doveva essere Juve contro Juve .asd

e non solo...visto il campo dove si giocava, giustamente hanno specificato che era la finale di beach-soccer  :261:

 

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pure io quando ho messo il promemoria col mysky, mi sono accorto che hanno scritto Beach Soccer sefz , tanto ormai ci siamo abituati alle cazzate della rai :haha: :haha:

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Joined: 14-Dec-2005
37577 messaggi

Secondo la Rai comunque la finale doveva essere Juve contro Juve .asd

e non solo...visto il campo dove si giocava, giustamente hanno specificato che era la finale di beach-soccer  :261:

 

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.oddio .oddio .oddio

 

NON SO PIU' COME INSULTARLI .asd

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Joined: 10-Sep-2006
5130 messaggi

Se poi il presidente della lega calcio si è formato in rai come giornalista.....

 

è tutto dire

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Joined: 21-Apr-2012
7287 messaggi

cioè questi fanno tanto i moralisti e incazzosi, ma hanno fatto cose ben peggiori :haha: :haha:

 

Ed hanno telecronisti super faziosi e antijuventini al massimo. :haha:

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Joined: 14-Jun-2008
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Supercoppa alla cinese, una regia inadeguata e incompetente

di ALDO GRASSO (CORSERA 10-08-2015)

Un giallo cinese. Come ormai è ben noto, la finale di Supercoppa italiana tra Juventus e Lazio è stata uno schifo. Non la partita in sé, ma la partita trasmessa in tv.

Mai vista una regia così dilettantesca: per incompetenza (i cinesi non sono abituati alla complessità di una partita di calcio), per incapacità di seguire le azioni, per i replay del tutto casuali (alcune azioni importanti non sono state mostrate nei replay, mentre altre poco importanti hanno coperto la diretta), per inadeguatezza tecnica.

Già, ma perché giocare una partita tutta italiana allo Shanghai Stadium, praticamente un campo di patate? Per ragioni di sponsor e di introiti economici, ovviamente, ma c’è di più.

Nei duri comunicati emessi dalla Rai al termine della partita, per placare l’ira degli spettatori, si legge: «Tornare ad avere registi Rai per le partite che mandiamo in onda. È questa l’unica ricetta possibile per evitare figuracce come quella della Supercoppa italiana — si legge nella nota del CdR di RaiSport —. Non abbiamo responsabilità per l’indegno prodotto trasmesso e comprendiamo le lamentele dei telespettatori. Come da contratto la produzione e la regia dell’evento sono state decise e appaltate dalla Lega di Serie A tramite l’advisor Infront. È un’anomalia che produce effetti devastanti per la nostra immagine. Non abbiamo colpe in questo caso, anzi i colleghi presenti a Shanghai hanno cercato di raccontare al meglio la sfida tra Juventus e Lazio».

Infront? E certo. Infront è diventata cinese e cerca di allargare il suo mercato servendosi delle squadre italiane. Infront ha l’appalto del campionato italiano e Sky e Mediaset trasmetteranno partite, chiavi in mano, con un regista scelto da Infront. Infront è il vero dominus del calcio italiano.

La Lega calcio si difende dicendo che è colpa della società licenziataria dell’organizzazione dell’evento. No, la colpa è sua, cioè di Infront. E la Rai farebbe bene a chiedere i danni.

 

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Produzione tv flop: la Lega avvisata

ma ha sottovalutato l’allarme Supercoppa

di MARCO IARIA (GASPORT 10-08-2015)

È stata una figuraccia colossale, indegna di un evento che aveva assunto una vocazione globale. Una figuraccia che poteva essere evitata. Parliamo della produzione tv della Supercoppa. I fatti sono questi. La Lega, in nome dell’accordo triennale per disputare la competizione in Cina, aveva ceduto la licenza organizzativa all’agenzia UVS Co.LTD. Quest’ultima ha assicurato un cachet da 3,3 milioni per JuveLazio e la copertura delle spese, produzione tv compresa. Stavolta è andato tutto storto, dal campo di patate alla regia da torneo amatoriale. La Lega, però, ha le sue responsabilità. Perché? È vero che quest’anno gli organizzatori (a parte i giardinieri inadatti) hanno deciso di non appaltare più le immagini alla tv di Stato CCTV bensì alla locale Shanghai TV. Prima dell’evento, tuttavia, la Lega era stata messa al corrente dei rischi. Da chi? Da Infront.

ALLARME In questa circostanza l’advisor aveva solamente l’incarico di fornire al broadcaster appaltatore le informazioni sugli standard produttivi solitamente applicati alle partite di campionato. Quando, in risposta, Shanghai TV ha fatto chiaramente intendere di non poter garantire una serie di condizioni, come il numero delle telecamere, Infront ha avvertito la Lega. Di concerto tra Lega e Infront è stata valutata l’ipotesi di rivolgersi a un operatore alternativo, tanto da tenere in serbo due preventivi. All’ultimo Shanghai TV, dopo mille tentennamenti, ha fornito le garanzie richieste e la Lega non se l’è sentita di forzare la mano con UVS, che da contratto deteneva i diritti di trasmissione (180mila euro) e produzione tv in Cina: solo in caso di inadempienza, la Lega sarebbe potuta subentrare. Sappiamo tutti com’è finita: le 16 telecamere richieste c’erano, ma la regia è stata dilettantistica, così dilettantistica che nessuno poteva prevederlo. Ma i dubbi su Shanghai TV erano ben presenti e la Lega ha sempre il compito di difendere il proprio prodotto ed evitare qualsiasi pericolo. Dispiace che dopo la figuraccia non si sia nemmeno sentita in dovere di chiedere scusa al pubblico. In futuro si cambia: per le partite all’estero la Lega terrà per sé la produzione tv. Troppo tardi.

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E dopo questa oltraggiosa difesa d'ufficio, Iaria supera Vulpis nella graduatoria dei zerbini di Infront. Ci contavo.

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IL CASO/INFRONT: "NOI NON C'ENTRIAMO"

Il flop della diretta svenduta ai cinesi

Ma tutti sapevano

La Lega era stata avvisata dell'inaffidabilità di Shanghai tv. La Rai insiste: ora registi nostri

di FRANCESCO MARIA INTORCIA (LA REPUBBLICA 10-08-2015)

Era un flop annunciato, ma non è stato evitato. Il pallone italiano da esportazione si è trovato ingabbiato a Shanghai da un contratto ricco ma blindato. Praticamente in ostaggio. La Lega Serie A è furiosa con gli organizzatori, difficilmente tornerà in Cina: complice l’imbarazzante regia di Shanghai Tv, il prodotto finale trasmesso al mondo è stato di livello scadente, ai limiti del ridicolo. Eppure, non è stata una sorpresa assoluta. In qualità di advisor del campionato, estraneo a questa organizzazione ma presente allo stadio con alcuni uomini, Infront aveva comunque sollevato le sue perplessità sul livello qualitativo del service tv di Shanghai. In Lega sapevano, sono mancati tempo e forza per puntare i piedi con i cinesi e affrontare il rischio di penali salate. Gli stessi organizzatori, in fondo, hanno negato l’accesso all’agronomo e ai due giardinieri fatti venire dall’Italia per sistemare il terreno di gioco, in condizioni disastrose. In cambio di 3,3 milioni garantiti dalla Uvs, la Supercoppa è stata svilita e consegnata ai cinesi. Il presidente di Lega, Maurizio Beretta, praticamente dal suo arrivo a Shanghai ha dovuto mediare in extremis con i cinesi su più di un punto.

A Pechino, dopo la prima edizione del 2009 fra Inter e Lazio e la firma di un accordo per altre tre edizioni, era filato quasi sempre tutto liscio, fra piccoli problemi (nel 2011 saltò per il caos organizzativo il collegamento prepartita col Tg1). Un anno fa a Doha, in Qatar, il service tv inizialmente incaricato, Al Jazeera, fu sostituito all’ultimo momento da una struttura portoghese e a pochi minuti dal fischio d’inizio la diretta tv era ancora in bilico. Poi, fra mille difficoltà e gli errori di regia, la gara andò in onda.

Da Infront il giorno dopo trapela una forte irritazione per gli effetti danno si sul brand della Serie A. Il presidente Marco Bogarelli al telefono con Carlo Paris mentre la partita era appena cominciata si era detto subito profondamente dispiaciuto, ora precisa: «Grande dispiacere e rammarico, certo, ma non c’era nulla di cui scusarci, non c’entriamo nulla con la produzione dell’evento e non vogliamo essere messi sotto accusa per errori che non abbiamo commesso».

Il pasticcio c’è, ma tutti se la prendono solo con la regia locale. Nessuno s’assume la responsabilità di aver sciupato una competizione che al contrario era stata portata in Oriente proprio per ragioni commerciali e di sviluppo. Si è scusata, con i telespettatori, solo la Rai, ribadendo però che la responsabilità era cinese. Il direttore di Raisport Carlo Paris rincara: «Quel che è successo rafforza le nostre ragioni e rilancia la battaglia per avere registi di Raisport sui nostri prodotti. Al momento in questi eventi mettiamo la firma solo sulla telecronaca e non sulle immagini, e questo non è giusto, perché il racconto televisivo si compone delle due parti».

 

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Ora nessuno si assumera' le responsabilita' di questo fallimento e tutti cercheranno un capro espiatorio che alla fine sara' individuato nella Juve :sisi: :sisi:

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Ora nessuno si assumera' le responsabilita' di questo fallimento e tutti cercheranno un capro espiatorio che alla fine sara' individuato nella Juve :sisi: :sisi:

E daranno la colpa a Moggi

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62790 messaggi

Su Premium Sport lodi sparse per tutti: Muilan, me*de, Rioma, ecc...invece per la Juve grossi problemi in attacco perchè non sarà semplice per Allegri scegliere tra i vari Dybala, Manzukic, Morata e Zaza  :261: 

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Che banda di dilettanti allo sbaraglio. In quanti hanno visto nel mondo questa pagliacciata?

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CALCIO D’INIZIO

DUE SAGGI DEL PALLONE FANNO LE

PULCI AL CAMPIONATO CHE COMINCIA

di ELISA CHIARI (FAMIGLIA CRISTIANA 23-08-2015)

Il pallone riprende a rotolare sabato 22, con l’anticipo della prima di Campionato. La palla è rotonda e rimbalza sempre sugli stessi problemi: partite che mettono a soqquadro l’ordine pubblico, magistrati che scoperchiano scandali su scandali, la corruzione che lambisce il calcio non risparmiando i piani altissimi. Le squadre italiane, pur con tanti conti in rosso – per non dire del profondo rosso del Parma, che ricomincia dai dilettanti e si vende pure le coppe e i marchi – spendono senza più riuscire ad attirare i migliori... Eppure, misteriosamente continuano ad attirare. Abbiamo provato a capire il perché, parlando con due saggi che la nuova Domenica sportiva, offrendoci un assist suggestivo, contrappone con l’etichetta “Il diavolo e l’acqua santa”: Zdenek Zeman e Giovanni Trapattoni.

 

ZDENEK ZEMAN

«QUESTO CALCIO NON È PIÙ CREDIBILE»

Italiano di Praga, ora al Lugano, è da sempre la coscienza critica

del pallone: «Vincere a ogni costo? No. Deve vincere il migliore»

di ELISA CHIARI (FAMIGLIA CRISTIANA 23-08-2015)

Ha una faccia scolpita nella roccia e uno sguardo colore del piombo, più appuntito che severo. Il guizzo di un sorriso ironico li attraversa entrambi, rapido come una scossa. Tutto, attorno a Zdenek Zeman, evoca sobrietà, ordine senza orpelli. Più di tutto il parlare: pesato, essenziale, diretto. E sommesso, tanto da riuscire udibile a stento, anche sulla terrazza di un bar semivuoto, riparato in un parco di Lugano, all’ora della siesta. «Mi chiedono di alzare la voce, ma non lo faccio. È il mio modo di farmi ascoltare, chi grida si fa sentire ma non ottiene attenzione».

Zeman, quest’anno allena a Lugano. È il Campionato italiano che, di tanto in tanto, sputa fuori Zeman o è Zeman che sbatte la porta?

«Ho fatto due esperienze a Roma che non mi sono piaciute: non riuscivo a lavorare secondo le mie convinzioni, ho avuto delle offerte in Italia, ma ho approfittato di questa situazione. Il Canton Ticino parla italiano, non mi sento all’estero: è come se fossi in un’Italia più ordinata e questo mi piace».

Da lì le verrà meglio la parte di coscienza critica del calcio italiano?

«Coscienza critica? Non credo. Parlare di calcio italiano oggi non è facile, con tutto quello che succede. Però si spera che gente di buona volontà provi ancora ad affrontarlo come sport e come spettacolo».

Parlarne è ciò che farà dalla Domenica sportiva. Lo sa che l’hanno presentata come “il diavolo” e che le hanno messo accanto Trapattoni per neutralizzarla con “l’acqua santa”?

«Con Trapattoni giovane andavo a pranzo quando mio zio allenava la Juventus: non è solo una persona simpaticissima, è un uomo di calcio. Alla sua età corre ancora in mezzo al campo».

Lei ha denunciato i mali del calcio italiano. È servito?

«Non so se sia servito, ma si deve provare a fare qualcosa per lo sport: per me il calcio è sport, i guai arrivano quando viene vissuto come un’industria: allora il business prevale e nascono giochini non sempre puliti».

Squadre, piccole, squadre grandi: la sua idea di calcio è sempre quella?

«Per me non conta la categoria, ma un posto di lavoro, dove divertirmi e cercare di far divertire la gente: ho perso tante partite in trasferta uscendo con l’applauso del pubblico avversario, per me questo vale come una vittoria».

Lei non vuole vincere?

«Sì, ma non a tutti i costi, perché è giusto che vinca il migliore».

Il pubblico per ora accetta tutto purché si vinca, fino a quando?

«Non lo so, dipende dalla pazienza. Ma io vedo sempre meno persone allo stadio. E credo che sia perché il calcio non è più credibile. Pochi ancora resistono per la dimensione sociale, per l’atmosfera e poi ci vanno i soliti facinorosi, perché allo stadio possono fare, senza che succeda niente, cose per cui se le facessero fuori andrebbero in galera. In Italia c’è spesso connivenza tra quei gruppi e le società, perché le società per non farsi ricattare e per non farsi male li hanno accontentati e ne hanno perso il controllo».

Se avesse il potere nel calcio per un giorno, da dove comincerebbe per ridargli credibilità?

«Rimetterei al centro l’educazione, la cultura sportiva che forse in Italia si sconosce. Se genitori, allenatori, dirigenti, procuratori, giornalisti mettono in testa ai ragazzini che si deve arrivare a tutti i costi, invece di far capire che non tutti possono diventare fenomeni, tutti si sentono in dovere di diventarlo e allora poi si prendono le medicine, si comprano le partite. Prevenzione e punizione. Se non si prendono misure per cui chi non fa sport pulito se ne va dallo sport, non se ne esce».

Ha denunciato il doping nel calcio: si fa abbastanza?

«Per me non è mai abbastanza».

La giustizia sportiva è credibile?

«Io non ne ho buona esperienza».

Zeman per alcuni è un uomo tutto d’un pezzo che non accetta compromessi, per altri un rompiscatole che ha vinto poco. E per lei?

«Uno che sta dalla parte della gente, che infatti mi ha sempre dimostrato affetto. È il sistema che non mi riconosce. È vero, non ho vinto scudetti, ma il Campionato è pieno di allenatori che non hanno vinto e che non sono arrivati neanche secondi, terzi, quarti come io sono arrivato».

Il sistema non è espressione delle persone, della base?

«Il sistema lo fanno in pochi, non mi pare rispecchi la volontà popolare».

Romagnoli pare il colpo del mercato, Verratti fa bene all’estero. Sono ragazzi suoi, che cosa rappresentano?

«La soddisfazione di un allenatore, anche al Foggia ne ho avute tante».

È vero che ha detto no al Barça?

«C’era interesse da parte del Barcellona e del Real Madrid, ma io ero sotto contratto con la Lazio e con la Roma. Non è nel mio stile mancare la parola data».

Ci sono cose che non rifarebbe?

«No, perché ho sempre fatto cose in cui credevo».

Scontrandosi sovente...

«Una volta l’allenatore era responsabile della squadra, ora molti dicono la loro, ma io sono uno che fa di testa sua e vado in rottura spesso».

GIOVANNI TRAPATTONI

«NEL PALLONE GLOBALE IL CENTRO NON SIAMO NOI»

È fermo, ma non stanco: «Altri gatti nel sacco? Chissà... Ai miei tempi

la Juve era una meta, oggi tutte le squadre sono tappe intermedie»

di ELISA CHIARI (FAMIGLIA CRISTIANA 23-08-2015)

Il gatto non si ferma mai, il Trap ogni tanto sì – tra una panchina e l’altra – ma lo tiene d’occhio perché non gli esca dal campo visivo. Si sa mai che gli arrivi per le mani un sacco nuovo. Meglio tenersi pronti. «Non dire gatto se non l’hai nel sacco» è l’adagio preferito di Giovanni Trapattoni, che a 76 anni ha calcato i campi di calcio di mezzo mondo e non è ancora domo. Gatto è metafora di molte cose, del risultato prima di tutto, ma potrebbe essere la prossima panchina, se mai ci sarà. Nel mentre, come l’alter ego Zeman, è stato ingaggiato dalla Domenica sportiva per osservare il Campionato di calcio, dal punto di vista di uno sguardo terso, moralmente al di sopra di ogni sospetto.

Peschiamo Trapattoni al telefono, snidandolo dall’ombrellone. Gli diciamo che gli toccherà, televisivamente parlando, la parte “dell’acqua santa”. E lui ride: «Speriamo che non si offenda, povero Zeman, che l’abbiano almeno avvertito della parte “diabolica” che gli tocca, non merita. “L’acqua santa”? Giocano. Sanno della sorella suora, dell’acqua santa in panchina, ma non come si pensa per vincere le partite, semmai per farsi trovare all’altezza della situazione. Scherzi a parte, la fede è una cosa seria».

In mancanza di gatti propri, lo invitiamo a farsi i gatti, cioè i fatti, dei suoi colleghi impegnati nel Campionato italiano. E Trap, che la sa lunga, ammette che rispetto ai suoi tempi sono aumentate le gatte da pelare, anche nei posti come la Juventus, dove il sacco è bello pieno, ma che senza Tevez, Pirlo e Vidal pesa sulle spalle di Pogba: «Restare in alto è sempre stato difficile, quando sei sull’albero, molti lo scuotono per farti cadere e salire al tuo posto. Il vertice della classifica è da sempre esposto al vento. Di diverso, rispetto al passato, a complicare le cose di chi si deve riconfermare, c’è che ai miei tempi la Juventus era il punto di arrivo di una carriera, la maglia che un giocatore prendeva per tenersela più a lungo possibile. Oggi tutte le maglie, anche le più prestigiose, sono una stazione intermedia: nell’era del calcio globale si circola molto di più e le sirene degli ingaggi sono più convincenti di un tempo».

Calciatori e allenatori vanno, vengono a volte ritornano come “le nuvole” di De André, ma spinti da correnti molto più potenti e vorticose. A proposito di ritorni, dopo averlo stanato sulla Juventus, sua panchina storica, facciamo il gioco di rimetterlo a sedere anche sulle altre che sono state sue. Quella del Milan, per esempio, che ha fatto il diavolo a quattro per riprendersi Ibrahimovic (pare invano, ma sulla carta c’è tempo per insaccare gatti ufficialmente fino alla mezzanotte del 31 agosto, chiusura del calciomercato estivo). Vien da chiedergli se certe stelle di ritorno non siano troppo vaghe per non rivelarsi minestre riscaldate: «Non sono la persona adatta a dare lezioni, sono stato il primo a riprendermi Bettega e Boninsegna, anche loro partiti per ragioni di mercato: se senti che per completare una squadra la pedina che ti manca è quella, la cerchi».

Il difficile nel calcio globale è restare appetibili come una volta, il Campionato italiano non è più, come si diceva il Campionato più bello del mondo, attira meno. O no?

«Il mondo è diventato piccolo, con una mail comunichiamo in tempo reale con il capo opposto del pianeta, è normale che anche il calcio sia diventato mondiale: quelli bravi emigrano dove conviene. Gli stessi agenti sono collegati tra loro, se hanno uno bravo cercano di piazzarlo dove rende meglio. È un fatto irrimediabile».

Anche Roberto Mancini da un anno è tornato sulla panchina dell’Inter: «È un ragazzo intelligente, che ha dimostrato di saper allenare ad alto livello. Ha preso un anno fa una squadra in parabola discendente, fisiologica, dopo un ciclo in cui si è vinto molto, e giustamente ha cercato di fare con Thoir un programma di lungo periodo, l’unica seria garanzia per portare a una vera ricostruzione: in passato si faceva di più, avevano più pazienza: si poteva accettare di non vincere per una stagione, pur di opzionare giocatori che si sarebbero liberati l’anno dopo, per costruire una squadra competitiva sul lungo periodo: andò così con l’Inter di Matthaeus, Brehme e Klinsmann. Che Mancini abbia avuto questa garanzia mi pare importante».

A Roma, a Firenze, Trap non è mai stato, anche se il mercato di queste squadre ne fa dire un gran bene per il Campionato che deve venire.

Roma e Napoli città, invece, hanno già mostrato che non è risolto l’annoso guaio del tifo che degenera in problemi di ordine pubblico. «In Italia il tifoso non ha una maglia, ha una pelle: bianconera, giallorossa, nerazzurra... C’entra in parte il temperamento latino. Ho allenato in Germania, in Irlanda, anche lì si parla di calcio, dopo la partita davanti a una birra, ma poi si torna a casa e si fa altro, qui non si finisce mai. Dopodiché la violenza è una degenerazione e va arginata, a costo di usare deterrenti coercitivi». Giovanni Trapattoni avrebbe mai chiesto scusa a una curva? «Mai».

Gli altri scandali al Trap fanno allargare le braccia: «L’antidoto non lo conosco, quello che vedo è che, dalla Fifa in giù, quando girano tanti soldi diventano corruttibili anche i muri di cemento armato: o uno ha una sua morale forte o l’ambiente non lo aiuta. Dobbiamo ripartire dai bambini, io nelle scuole ci vado, ma quando gli interessi sono così forti, non è facile farsi ascoltare».

La vita del Trap sta per diventare un libro, Non dire gatto, in uscita a settembre per Rizzoli. Che c’è che ancora non sappiamo? «Il mio amico Paolo Longhi mi ha cavato anche il sangue, ma è la storia di un ragazzo di campagna fortunato, che un giorno le ha prese perché giocando al pallone consumava le scarpe, sudate dieci ore al giorno da suo padre: un bambino partito da un sentiero e arrivato a un’autostrada».

E che avrebbe ancora voglia di correre: «Una Nazionale chissà, per un club mia moglie non sarebbe d’accordo. Non sono ancora stanco. Le condizioni? Un progetto serio. Se uno mi dice “ti do carta bianca ma devi vincere l’anno prossimo”, gli devo rispondere che mi chiamo Giovanni, non san Giovanni e miracoli non ne so fare».

Nonostante l’acqua santa.

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40693 messaggi

 

Ora pure Famiglia Cristiana ci si mette. Facciamolo Santo subito e non se ne parli piu'. Ma cosa ha denunciato il doping nel calcio? Se tutto cio' che ha fatto (poi bisogna vedere chi lo ha pagato per farlo) e' stato denunciare solo la Juventus, Vialli e Del Piero, senza avere una straccio di prova in mano. Ed infatti la Juventus e' stata assolta in Cassazione ed anche dal TAS di Losanna dall'accusa di epo.

 

Inoltre continua a dire che per lui il calcio deve essere uno sport e non un business. E chi catzo gli darebbe tutti quei soldi di stipendio se fosse solo il calcio fosse solo uno sport? E quando vai a trattare i diritti televisivi per milioni di euro, chi te li darebbe se il calcio non fosse gestito come un business piuttosto che come uno sport?

 

Ma questo ci fa oppure e' davvero stupido? E i giornalisti che lo intervistano, gia' con il copione scritto dai loro direttori di testata, come fanno a stare con la coscienza a posto, facendo finta di credere davvero alle sue stupidaggini, senza mai interromperlo o fargli una domanda fuori dal copione? .boh

Modificato da ClaudioGentile
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Questa mi sembra sia veramente da ridere:

 

È vero che ha detto no al Barça?

«C’era interesse da parte del Barcellona e del Real Madrid, ma io ero sotto contratto con la Lazio e con la Roma. Non è nel mio stile mancare la parola data».

 

:haha:  :haha:  :haha: 

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Questa mi sembra sia veramente da ridere:

 

È vero che ha detto no al Barça?

«C’era interesse da parte del Barcellona e del Real Madrid, ma io ero sotto contratto con la Lazio e con la Roma. Non è nel mio stile mancare la parola data».

 

:haha:  :haha:  :haha: 

Si si, come no, chiedete al pescara ed al cagliari

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Non ridete, se sceman fosse stato al real nel 98 avremmo una coppa in più

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Squadre, piccole, squadre grandi: la sua idea di calcio è sempre quella?

«Per me non conta la categoria, ma un posto di lavoro, dove divertirmi e cercare di far divertire la gente: ho perso tante partite in trasferta uscendo con l’applauso del pubblico avversario, per me questo vale come una vittoria».

:261:

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Non ridete, se sceman fosse stato al real nel 98 avremmo una coppa in più

avremmo avuto la rivincita col Borussia, ma non è poi così sicuro che vincevamo.

p.s. Perchè secondo te il Real 97-98 con Zeman in panchina arrivava in finale?

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Squadre, piccole, squadre grandi: la sua idea di calcio è sempre quella?

«Per me non conta la categoria, ma un posto di lavoro, dove divertirmi e cercare di far divertire la gente: ho perso tante partite in trasferta uscendo con l’applauso del pubblico avversario, per me questo vale come una vittoria».

:261:

 

 

non è che confonde le risate di scherno con gli applausi, magari? mh

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