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Topic "C O M P L O T T O D I F A M I G L I A"

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però so che la exor è nel mondo vivo

e l'italia è ricoverata in un hospice

Apprestandosi a comperare il 100% di Chrysler. Le manca soltanto il quadrante asiatico

Fiat sempre più mondializzata

Il gruppo sta diventando euro-statunitense-brasiliano

di PAOLO ANNONI (ItaliaOggi 06-06-2013)

Lunedì mattina, Exor, holding del gruppo Fiat, ha annunciato la cessione della quota detenuta in Sgs per un incasso di circa 2 miliardi di euro. Sgs, per la cronaca, è il gruppo svizzero attivo nel settore della certificazione da cui l’allora semi-sconosciuto ad Marchionne, almeno in Italia, veniva prelevato per diventare ceo di Fiat e dare vita a una storia industriale e societaria che non smette di suscitare sorprese; dalla risoluzione della controversia con General Motors, all’acquisizione di Chrysler, per arrivare allo spin-off di Fiat Industrial fino ai progetti futuri di fusione con Cnh, per Fiat industrial, e Chrysler per Fiat Auto.

L’importo della cessione non è di quelli che passano inosservati, i cambi di portafoglio nelle holding italiane non sono all’ordine del giorno, tanto più se si tratta di cedere un’attività posseduta da tanti anni, che ha dato risultati eccezionali e che si conosce benissimo come appunto nel caso di Sgs per Fiat. Inutile dire che la domanda che è rimbombata sui mercati riguarda che cosa farà ora Exor con 2 miliardi di euro di nuova cassa in una fase in cui gli interessi generati dalla liquidità sono tutto tranne che appetibili. Il comunicato stampa di rito di Exor non aiuta molto il lettore che cercasse qualche elemento utile alla comprensione e infatti si dice solo che «il ricavato sarà utilizzato per cogliere nuove opportunità».

Come accade ormai da anni per le vicende del gruppo Fiat, qualche idea interessante può arrivare andando a osservare cosa accade dall’altra parte dell’Oceano. Il tribunale del Delaware che deve decidere quale sarà il prezzo che Fiat dovrà pagare al Veba per arrivare al 100% di Chrysler darà il proprio verdetto, appellabile, tra qualche settimana. A quel punto, Fiat saprà quanto dovrà spendere per ottenere il pieno controllo del terzo produttore di auto americano. Secondo il Financial Times, che si è occupato della cessione di Sgs e dei suoi risvolti nella Lex Column, le valutazioni del venditore, il Veba, e del compratore, Fiat, sono molto diverse. Per il venditore, la quota vale 10 miliardi di dollari, per il compratore 5.

In entrambi i casi per Fiat l’investimento sarebbe notevole e quindi si prospetterebbe l’eventualità di aumento di capitale. Exor, con la cessione di Sgs, si è assicurata la cassa necessaria per fare la propria parte, nell’eventuale aumento, senza farsi diluire. Con questa mossa, la finanziaria si è messa nelle condizioni di poter seguire un aumento di capitale di Fiat fino a circa 10 miliardi di euro.

Il quadro generale dentro cui si inserisce questa operazione riguarda la trasformazione di un gruppo «euro-italo-brasiliano» in una multinazionale globale dell’auto con una dimensione minima efficiente per competere con concorrenti agguerritissimi in qualsiasi condizione di mercato. Smarcarsi dai destini economici «sfidanti» dell’Europa e in particolare dell’Italia, aumentando la presenza sul mercato nordamericano, assume, in questo contesto, un’importanza fondamentale. Se, come pare, i soldi derivanti dalla cessione di Sgs finiranno, via Exor, in Fiat, tramite l’aumento di capitale di quest’ultima, allora non ci sono molti dubbi sul fatto che nelle prospettive industriali e finanziarie del nuovo gruppo gli Agnelli ci credano e tanto.

Il raggiungimento del 100% di Chrysler con il maxiesborso finale, nonostante sia il completamento di un lungo processo iniziato nel 2009, è però una tappa di un progetto che, per forza di cose, non può essere concluso. Il gap tra Fiat e i principali competitor, in termini di numero di auto vendute, scala globale e modelli, rimane ancora evidente. Manca una presenza importante in Asia, nel segmento premium il confronto con i produttori tedeschi è ancora improbo, così come, per esempio, nel segmento delle auto elettriche. Rimane sullo sfondo il ruolo dell’Italia in cui Fiat ha ancora una base produttiva importante e in cui impiega ancora migliaia di operai, oltre agli investimenti in ricerca e sviluppo e design.

Il nuovo gruppo globale quotato a New York e, si spera, anche in Italia, deciderà, e sta già decidendo, come allocare i propri investimenti e in quale parte del globo concentrare quali sforzi e in che misura; lo deciderà con l’obiettivo di essere competitivo. Impostare la partita in termini di «pretese» verso un gruppo «italiano» con debiti di riconoscenza sarebbe totalmente inefficace e perdente; si sarà di fronte a una multinazionale globale che ha ancora una presenza importante in Italia di cui deve decidere cosa fare, ma che non si deve dare per scontata. In altre parole, se Fiat «abbandona» l’Italia in termini di investimenti, risorse e stabilimenti è un problema per il nostro Paese, molto meno per Fiat/Chrysler.

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Summit di tutti gli eredi a Maranello sotto la regia di Luca Cordero di Montezemolo
Gli Agnelli attorno alla Rossa
Per capire dove sta andando l’intera azienda e anche l’Italia
di GIORGIO PONZIANO (ItaliaOggi 06-06-2013)

Gruppo di famiglia in un interno. La famiglia è numerosa e si chiama Agnelli, l’interno è lussuoso e si chiama Ferrari. Una cinquantina, quelli che contano del clan, arrivano oggi nella sede del cavallino rampante, accolti a uno a uno da Luca Cordero di Montezemolo. È ovviamente lui, ex-presidente della Fiat e tuttora presidente della Ferrari, il gran cerimoniere. Via con gli abbracci e i baciamano. Non a caso ieri ha ispezionato in lungo e in largo lo stabilimento, niente dev’essere fuoriposto. E nella palazzina vip, quella dove si svolge il summit familiare, ha fatto mettere manciate di fi ori. Requisito il ristorante dei superdirigenti e per l’occasione i camerieri indossano i guanti bianchi.
Fino a ieri sera il cerimoniale era ancora alle prese con la disposizione dei posti a tavola. Sì perché come in (quasi) tutte le famiglie ci sono accordi e disaccordi. Qui poi scorre un fiume di denaro e non sempre affetti e business vanno a braccetto. Non a caso c’è pure il convitato di pietra: Margherita Agnelli, colei che ha portato in tribunale mezza famiglia ritenendosi ingannata nella spartizione dell’eredità. Il giudice le ha dato torto ma non è stata perdonata per avere scoperchiato una pentola che doveva rimanere chiusa, anche per via dei conti all’estero. Già alla morte dell’Avvocato, Margherita aveva avviato un’azione legale per entrare in possesso, con la madre, della parte che le spettava e aveva poi accettato di transare per il 50% dei beni personali del padre, un pacchetto comprendente 109 milioni di euro in titoli e contanti e, tra gli altri beni, la dimora storica sulla collina torinese, Villa Frescot, e quelle di Calvi (Corsica), Roma e Parigi. Poi c’è il fatto che i cinque fi gli avuti dal secondo marito, il conte russo Serge de Pahlen, sono tutti tenuti lontano dal mondo Fiat, e questo non l’ha mai digerito.
Sarebbe stata una presenza sgradita. Quindi niente Maranello per lei. Mentre la crème ci sarà tutta: l’intellettuale Alain Elkann, lo scapestrato Lapo Elkann, il sornione John Elkann, lo sportivo Andrea Agnelli (presidente della Juventus), la filantropa Allegra Caracciolo, la cineasta Anna Agnelli, la curatrice d’arte Ginevra Elkann. Tutti ormai si occupano più dei propri bilanci personali che di quelli industriali. Ai quali è stato delegato Sergio Marchionne, che come una star arriverà solo domani e terrà una relazione. Montezemolo che è uomo di mondo lo ha avvertito: deve usare parole semplici se vuole che la platea agnelliana comprenda.
Marchionne chiederà l’ok ai suoi azionisti per quanto ha già deciso e avviato: chi mai potrebbe azzardarsi a contraddirlo? Proporrà, o meglio dirà, che Fiat Industrial, che raggruppa le attività nei veicoli industriali, si fonderà con Cnh e sarà quotata sia a Wall Street che a Piazza Affari e che nell’auto la fusione con Chrysler procede velocemente e quindi sarà bene prepararsi alla quotazione del nuovo gruppo. L’uomo col maglione riceverà un applauso di riconoscenza.
Ha già fatto sapere che forse non riuscirà a fermarsi a pranzo: non è il super dei supermanager? Deve scappare sull’elicottero che lo ha portato, e lo attenderà coi motori accesi, nell’eliporto che Montezemolo ha fatto costruire all’interno dell’area Ferrari (Montezemolo ha impiantato un altro eliporto nel cortile della sua villa sui colli bolognesi, in modo da potere raggiungere la Ferrari con l’Agusta dell’azienda).

Un tema che Marchionne non affronterà e che forse rimarrà sottotraccia (è gestito da John Elkan) è quello della partecipazione nella Rcs, il Corriere della sera si trova in mezzo al guado e frastornato dalle ripicche tra gli azionisti: un socio di peso (il secondo) come la Fiat deve svelare a che condizioni parteciperà all’aumento di capitale. Un problema di cui Marchionne si lava le mani, già si è scottato con la politica italiana sostenendo Mario Monti alle ultime elezioni, già ha al suo attivo la sconfitta in Confindustria, dove sponsorizzava Alberto Bombassei contro Giorgio Squinzi. Con questi precedenti meglio stare alla larga da una patata che scotta, e con Diego Della Valle che ha la miccia in mano.

Due giorni insieme. Oltre allo show di Marchionne, il clou è l’approvazione del bilancio 2012 e di quello previsionale 2013 dell’accomandita di famiglia presieduta da John Elkann. Sono poi previsti alcuni diversivi, per i volontari che vi vogliono assistere (tra una visita e l’altra ai reparti dove vengono costruite le Ferrari): il direttore del loro giornale, La Stampa, Mario Calabresi, parla della situazione politica italiana, quello della fondazione Giovanni Agnelli, Andrea Gavosto, illustra passato, presente e futuro dell’istituzione, seguito da Ginevra Elkann che parla della pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli (si trova al Lingotto), infine Consolata Camerana svela il superlavoro in questi tempi di crisi della Cucina malati poveri (sostenuta dalla fondazione Agnelli).

C’è pure un ospite, Ernest-Antoine Seilliere, imprenditore francese a capo del gruppo Wendel, che detiene diverse attività nei settori della certifi cazione, delle costruzioni e dei servizi (tra le tante società: Bureau Veritas, St. Gobain, Materis). Armato di microfono deve spiegare, con l’educazione del caso, perché il capitalismo francese è altra cosa rispetto a quello nostrano.
I cinquanta che si ritrovano a Maranello siedono su un gruzzolo di 24,1 milioni di euro (dividendi 2012). Al vertice della piramide c’è Dicembre, società che detiene il 33% dell’Accomandita Giovanni Agnelli, la gallina dalle uova doro che possiede il 52,6% di Exor, finanziaria quotata a Piazza Affari che a sua volta controllo il 30% di Fiat spa, che pure è presente nel listino e che possiede il 90% della Ferrari.


il Giornale 06-06-2013

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Torino Il Lingotto frena in Borsa. Morgan Stanley alza il target price a 5 euro. Fiat Industrial cambia in Cnh
Chrysler, ora muove il sindacato Usa
Vende la quota Gm per essere più liquido e preparare la trattativa con Fiat
di FRANCESCA BASSO (CorSera 07-06-2013)

MILANO – Giornata complessa ieri per Fiat. Dopo una sospensione al ribasso il titolo ha perso il 6,48% scendendo sotto i 6 euro (5,915), in una seduta comunque negativa per Milano, la piazza peggiore d’Europa. In controtendenza, invece, Fiat Industrial con +0,17%: ieri è stato annunciato il nome della società che nascerà dalla fusione per incorporazione con l’olandese Cnh. Addio al nome Fiat per la newco che produce veicoli industriali e agricoli, si chiamerà Cnh Industrial e sarà quotata al New York Exchange e alla Borsa Italiana.

Sull’andamento del titolo del Lingotto, secondo gli analisti, hanno pesato i realizzi dopo giorni di crescita ma anche la mancanza di conferme alle attese per un accordo a breve con Veba, il fondo del sindacato metalmeccanico americano Uaw, che due giorni fa ha venduto la propria quota di azioni General Motors in vista del rientro del titolo nel paniere S%P500. Incassando oltre 600 milioni di dollari, il sindacato americano si presenta più forte alla trattativa con Sergio Marchionne che vuole acquistare il 41,5% di Chrysler in mano a Veba: il ceo di Fiat offre 3 miliardi mentre Uaw chiede più di 4,3. Ma sul prezzo pesa la causa in Delaware, dove il tribunale deciderà a luglio quanto vale un’opzione di acquisto di Chrysler sul 3,3% del capitale. Il mercato, ieri, ha anche valutato con attenzione un report di Morgan Stanley, che ha alzato il target price di Fiat a 5 euro dal precedente 3,2 euro e ha affrontato l’ipotesi di aumento di capitale, anche se Marchionne l’ha escluso nella fase di fusione. Il report sottolinea come «Fiat sia stata apprezzata in vista dell’operazione accrescitiva con Chrysler», ma ora «il titolo potrebbe deprezzarsi sui timori che si spostino su una struttura patrimoniale poco attraente». Morgan Stanley ritiene «che Fiat abbia bisogno di rafforzare la sua struttura patrimoniale. Vediamo una raccolta di capitali – scrive nel report – tra 2 e 4 miliardi come desiderabile se Fiat va avanti nei piani per acquistare tutta Chrysler mentre investe nel rilancio di Alfa Romeo». A Maranello ieri si è aperta la due giorni della Giovanni Agnelli & C, la cassaforte di famiglia che oggi approverà il bilancio 2012. Una cinquantina i soci che si sono riuniti ad ammirare nello showroom l’ultimo modello de «La Ferrari». Luca Cordero di Montezemolo ha tenuto il discorso di apertura, mentre Mario Calabresi ha fatto il punto politico e Andrea Gavosto ha illustrato le iniziative della Fondazione. Sono intervenute anche Consolata Camerana e Ginevra Elkann, che ha parlato della Pinacoteca. Oggi sono attesi i discorsi di Sergio Marchionne e di John Elkann. Su Fiat ieri è intervenuto anche il ministro dello Sviluppo, Flavio Zanonato, ricordando che nell’incontro di venerdì scorso Marchionne ha chiesto che «l’Italia si senta parte del processo di rivalorizzazione della Fiat e non la consideri qualcosa di avverso». Insomma la Fiat, secondo il ministro, probabilmente «non si sente ben voluta».


«Dicembre pubblichi gli atti»

Invito L’invito a depositare tutti i cambiamenti avvenuti dalla costituzione nel 1984
art.non firmato (CorSera 07-06-2013)

Il giudice del registro delle imprese del Tribunale di Torino, Giovanni Liberati, ha ordinato alla Dicembre, società che raccoglie gli eredi di Giovanni Agnelli e fa capo a John Elkann, di diventare più trasparente. Dopo anni in cui la società, azionista con il 35% dell’accomandita Giovanni Agnelli e C. Sapaz, non ha pubblicato alcun documento al registro torinese, ora, secondo quanto ricostruito dall’agenzia Radiocor, è stata invitata a depositare tutti i fatti e gli atti modificativi dei patti sociali, intervenuti dopo la sua costituzione il 15 dicembre 1984. A maggio, sempre su richiesta del giudice Liberati, sono stati iscritti d’ufficio gli unici fatti di cui è possibile al momento reperire la documentazione, ovvero il decesso di Giovanni Agnelli, il 24 gennaio 2003 e di Umberto Agnelli, il 27 maggio 2004. L’atto costitutivo era stato depositato nel registro delle imprese solo a luglio dello scorso anno, quando il giudice Anna Castellino ne aveva imposto la pubblicazione. Ed è stato quello il momento in cui per la prima volta la Dicembre è «comparsa» sui registri pubblici ufficiali. Poi a sollecitare il deposito dei documenti successivi al 1984 sono stati anche Valerio Tavormina e Alberto Romano, gli avvocati di Margherita Agnelli, uscita dalla Dicembre nel 2004, quando, nell’ambito dell’accordo che regolò l’intero asse ereditario dell’Avvocato, vendette tutte le sue quote nella società.


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Articolo non firmato.... :haha::haha::haha:

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1. DOPO GENERALI E MEDIOBANCA, ALTRA TOPPATA STORICA DELLO SCARPARO DELLA VALLE, IL PERDENTE DI SUCCESSO CAPACE SOLO DI SPARARE CAZZATE IN TELEVISIONE - 2. CON MENO PAROLE E PIÙ SOLDI, SENZA BRACCIALETTI E LENZUOLI AL COLLO, SENZA INVITARE IN BARCA SANTORO ED EZIO MAURO, NE’ FARSI INVITARE IN POMPA MAGMA NEI PROGRAMMI DI SANTORO, GRUBER E FLORIS, IL “RAGAZZINO” ELKANN SCUCE 93 DI MILIONI, SI PRENDE IL “CORRIERONE” E RIFILA UNA LENZIONE ALLO SBRUFFONE MARCHIGIANO - 3. DOLORI PER NAGEL (MEDIOBANCA) E BAZOLI (INTESA) CHE HANNO APPOGGIATO LO SCARPARO A PALLINI? GODE INVECE L’AMMINISTRATORE DELEGATO PIETRO SCOTT JOVINE - 4. E ORA VIA ALLA FUSIONE “CORRIERE DELLA SERA”-“LA STAMPA”, MANZONI-RCS PUBBLICITA' -

Andrea Greco per La Repubblica

Con meno parole e più azioni, Fiat piazza la mossa decisiva sugli assetti prossimi venturi del gruppo Rcs. Negli ultimi giorni il gruppo del Lingotto ha arrotondato, comprando diritti in Borsa, fino a un prospettico 20,135%, che venerdì prossimo a ricapitalizzazione conclusa ne farà il primo e principale azionista dell'editore del Corriere della Sera.

Fiat possiede già il 100% de La Stampa, e a questo punto più di un protagonista della vicenda vede un'ottica di concentrazione tra i due gruppi, nella ricerca di sinergie di costo e ricavo in una fase negativa per il settore. Così John Elkann prosegue il rafforzamento nell'editoria, e il Lingotto rinsalda il suo rapporto trentennale con l'editore milanese. Entrambe le partecipazioni, peraltro, sono detenute attraverso Fiat, quindi condivise
con gli azionisti terzi del gruppo dell'auto, e non tramite le holding di famiglia Exor o Giovanni Agnelli Sapaz.

L'investimento torinese nell'operazione dovrebbe essere di poco superiore ai 90 milioni, pagando al prezzo dell'emissione (1,235 euro) tutti i titoli che servono a raddoppiare lo storico 10,5%. Quanto ai diritti, si può dire che Fiat li abbia rastrellati gratis, perché risultano raccolti nelle ultime due sedute, pertanto a un prezzo medio tra quota 0 di ieri e lo 0,004 di giovedì. Dietro le quinte, la mossa giunge un po' inattesa, specie data la sua ampiezza, che candida il gruppo automobilistico a un ruolo di futuro "gestore" dell'azienda in ristrutturazione.

E spiazza Diego Della Valle, l'imprenditore della Tod's che si era candidato a un ruolo guida di Rcs, in polemica con Fiat e con il piano messo a punto dall'attuale ad Pietro Scott Jovane. Il patron della Fiorentina, che non ha fatto comunicazioni ufficiali ieri, appare orientato a sottoscrivere solo i diritti relativi al suo 8,69%, e vedere successivamente se c'è spazio per incrementare la quota. Ma in Borsa, ormai, non c'è più spazio perché Della Valle contenda a Fiat la primazia azionaria: l'inoptato dell'aumento è attualmente stimato in circa il 10% del capitale.

A questo punto si può dire che la ricapitalizzazione da 421 milioni - delicata per la continuità aziendale di Rcs, e complessa anche in sede di approvazione assembleare il 30 maggio - sia compiuta. Il prossimo passo sarà, pochi giorni dopo il 5 luglio (quando termina l'offerta dei diritti inoptati, a ricapitalizzazione da 421 milioni) l'apertura di un tavolo "allargato" dei soci forti di Rcs, insieme a Fiat e ai soci-creditori Intesa Sanpaolo (in ascesa al 7%) e Mediobanca (13,7%), seguiti da Della Valle, Fonsai (5,5%, diritti esercitati ieri in toto), Pirelli (5,4%), e dagli eredi di Giuseppe Rotelli, deceduto ieri e che aveva già deciso di non aderire diluendosi poco sopra il 4%.

In quella riunione tra pattisti e non pattisti (ormai praticamente il solo Della Valle) si potrebbe già discutere sullo scioglimento dell'accordo di sindacato che vincola il 58% delle quote. Ma ormai non è il patto il problema. Il blitz di Fiat ha anche il sapore di un arrocco, di una messa in sicurezza perentoria del nuovo corso impresso su Rcs - in tandem con Piazzetta Cuccia - fin dal 2012, quando fu rinnovato il cda estromettendone i soci.

L'editore è costretto a guardare avanti: con una gestione che non farà utili per altri due anni almeno, debiti per 600 milioni e l'impegno a ricapitalizzare prossimamente per altri 200 milioni, va intrapresa quella che i soci chiamano "fase 2", che potrebbe vedere l'uscita di altri rami aziendali oltre ai periodici, o l'imbarco di nuovi azionisti o partner esteri.

http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/1-dopo-generali-e-mediobanca-altra-toppata-storica-dello-scarparo-della-valle-il-perdente-58556.htm

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1. LA MINI-SCALATA DI ELKANN AL “CORRIERE” HA FATTO INFURIARE DELLA VALLE: L’AGNELLOIDE INVESTE 100 MILIONI DELLA FIAT PER CONTROLLARE VIA SOLFERINO (E PORTARCI MURDOCH), POI FA PAGARE AGLI ITALIANI LA CHIUSURA DEGLI STABILIMENTI - 2. LO SCARPARO È STATO TRADITO DA BAZOLI E NAGEL CHE GLI AVEVANO PROMESSO DI CAMBIARE SIA IL PIANO INDUSTRIALE CHE L’AD SCOTT JOVANE, CHE INVECE ESCONO RAFFORZATI - 3. MA È STATO DELLA VALLE A NON VOLER SALIRE AL 22% USANDO LA QUOTA ROTELLI, SPERANDO CHE LA SOLA PARTECIPAZIONE ALL’AUMENTO GLI GARANTISSE PIÙ VOCE IN CAPITOLO - 4. ELKANN, GIÀ PRESIDENTE DE “LA STAMPA”, VUOLE IMITARE IL NONNO E FARE L’EDITORE FORTE. MA ANCHE SE RIUSCIRÀ A LIBERARSI DI PERIODICI E BIDONI SPAGNOLI, PRESTO AVRÀ BISOGNO DI SOLDI. DA INVESTITORI STRANIERI, DAI FONDI DI PRIVATE EQUITY DI CLAUDIO SPOSITO E ANDREA BONOMI. E PURE DA DELLA VALLE, SE SAPRÀ ALLISCIARLO

1. RCS, ELKANN VUOL FARE L'EDITORE - DELLA VALLE VA SU TUTTE LE FURIE - IL LINGOTTO HA APPROFITTATO DEL MOMENTO PROPIZIO PER UNA "MINI-SCALATA". ORA, PERÒ, AVRÀ BISOGNO DI PIÙ PARTNER, MAGARI ANCHE DI MR TOD'S


Marcello Zacché per "il Giornale"

Il blitz di Fiat nel Corriere della Sera ha sorpreso tutti. Compresi i protagonisti del riassetto Rcs. Con la mossa di venerdí, quella di acquistare diritti d'opzione che daranno a Fiat fino al 20% del capitale del gruppo, John Elkann ha forzato la mano e si è candidato a essere il futuro leader di Rcs.

La mossa non è piaciuta a Diego Della Valle, azionista con quasi il 9%, furioso perché si aspettava di condividere anche insieme con Mediobanca e Intesa il futuro di Via Solferino, tutti sullo stesso piano. Mentre non è dispiaciuta affatto in Piazzetta Cuccia e al suo ad Alberto Nagel, che hanno visto in Elkann chi ha finalmente messo fuori la testa (e preparato 90 milioni), candidandosi ad avere ruolo e responsabilità.

Mentre sorpresi, ma favorevolmente, sono stati anche i fondi di private equity che potrebbero avere un ruolo in futuro, come Clessidra di Claudio Sposito o Investindustrial di Andrea Bonomi, che potrebbe anche entrare rilevando una quota dalla stessa Fiat più avanti. In ogni caso, questa mossa chiude la fase uno, quella del salvataggio del gruppo, con l'aggiunta imprevista dell'arrivo di un candidato leader.

Dopodiché i punti sono due. Il primo: perché la Fiat è salita nel Corriere? La risposta riguarda Elkann. Il nipote dell'Avvocato è deciso a fare l'editore, forse a essere ricordato per questo, per passione personale e nel rispetto delle volontà del nonno, ristabilendo definitivamente un rapporto speciale tra la famiglia Agnelli e il primo quotidiano del Paese (plasticamente rappresentato dalla telefonata tra Elkann e il presidente della Repubblica, Napolitano, che ha preceduto il blitz).

Il momento è propizio perché la crisi economica ha rimescolato le carte della grande borghesia del Nord. Intorno a Mediobanca si erano raccolte, in Rcs, quelle famiglie industriali che vedevano nel patto di sindacato del Corriere, da un lato l'iscrizione a un club esclusivo, dall'altro la protezione politica al proprio business. Gruppi come Pesenti o anche Pirelli hanno visto ridimensionarsi le proprie ambizioni imprenditoriali. Altri come Ligresti sono implosi.

La diversificazione nell'editoria, con gli scopi di cui sopra, ha perso significato. Mentre la Fiat ha trovato Marchionne e ha saputo cavarsi d'impaccio cambiando tavolo, andando a giocare negli Usa, e così è restata in campo. Solo per questo oggi Elkann può prendere l'iniziativa e farlo ancora e sempre a nome degli Agnelli. Già pensando probabilmente a passare il 20% del Corriere da Fiat a Exor. Il secondo punto è però come passare alla fase due.

L'editore Elkann, con Rcs, si trova di fronte non solo a un'azienda affossata da investimenti sballati, come l'avventura spagnola. Ma anche a un settore, quello dell'editoria, di fronte alla sfida indecifrabile della rivoluzione multimediale. Si è parlato di fusione con La Stampa, già di Fiat: non ci crediamo. Pensiamo, piuttosto, a un gruppo moderno con forti presenze territoriali nel Nord-Ovest (Stampa in Piemonte, magari Secolo in Liguria) e grandi sinergie nei gangli più costosi della fliera editoriale.

In ogni caso per fare questo, anche al netto di eventuali cessioni (la Spagna? I periodici?) serviranno partner: Exor da sola non può farcela. Serve almeno una banca che resti nel nocciolo (Intesa?); serve il private equity; serve forse anche un partner straniero (Murdoch? Axel Springer?). E forse anche Della Valle: oggi i due sono troppo distanti, ma il tempo stempera tutto.


2. RCS, DELLA VALLE RESISTE AL BLITZ DI FIAT - INCONTRI CON NAGEL E BAZOLI PER CONFERMARE GLI IMPEGNI SU PATTO E PIANO INDUSTRIALE


Giovanni Pons per "la Repubblica"

Il blitz della Fiat sul controllo azionario di Rcs non basta a spegnere i riflettori sul riassetto della casa editrice. Negli ambienti della finanza si dà per scontato che Diego Della Valle, altro azionista importante, voglia proseguire nel tentativo di dare una scossa alla governance e alla gestione di una società che ha in corso un aumento da 400 milioni e ha appena rinegoziato un debito da 800 milioni.

Occorre però verificare sul campo se il rafforzamento della Fiat fino al 20,1% del capitale avrà un effetto sugli altri soci forti che rappresentano l'ago della bilancia nei difficili nuovi equilibri che si stanno faticosamente costruendo. «Mi hanno promesso che scioglievano il patto di sindacato e rivedevano il piano industriale », ha confidato Mr. Tod's ai suoi più stretti collaboratori dopo la mossa a sorpresa di John Elkann, «ora bisognerà vedere se mantengono la parola data».

Il riferimento diretto è a Mediobanca e Intesa Sanpaolo con i cui vertici Della Valle ha avuto diversi incontri nelle settimane scorse, per cercare di trovare una strada comune per il rilancio della Rcs. Anzi, durante questi faccia a faccia sia Alberto Nagel, ad di Mediobanca, sia Giovanni Bazoli, presidente di Intesa Sanpaolo, avevano chiesto all'imprenditore se era disponibile a investire nuove risorse finanziarie per crescere nell'azionariato e guidare il nuovo corso dell'editore.

Disponibilità ricevuta ma vincolata allo scioglimento del patto e alla revisione delle linee strategiche, messe a punto dall'ad Pietro Scott Jovane ma che non hanno soddisfatto tutti gli azionisti. E su queste basi Della Valle, Bazoli e Nagel si erano dati appuntamento a metà della settimana entrante, per definire il percorso post aumento di capitale.

Un percorso che però ora deve fare i conti con il blitz della Fiat, che posiziona la casa torinese al primo posto tra gli azionisti. Si tratta di circa 100 milioni di investimento che il gruppo guidato da Sergio Marchionne ha deciso di non dedicare al business dell'auto, ma a un settore in difficoltà ma sensibile all'opinione pubblica come l'editoria. Ci portano Murdoch anche nei grandi quotidiani - è stata la reazione a caldo di Della Valle, visti i rapporti col tycoon di Elkann, appena entrato nel board di New News Corp - e poi fanno pagare agli italiani il conto degli stabilimenti chiusi.

I nodi, dunque, rischiano di venire al pettine già in settimana. Se dalle parti di Mediobanca si ribadisce ciò che Nagel ha annunciato giorni fa pubblicamente, cioè disponibilità a sciogliere il patto anche prima della sua scadenza naturale e spazio a chi intende metterci soldi propri, dal fronte di Intesa Sanpaolo tutto tace e qualcuno si chiede se i vertici della banca non fossero in qualche modo al corrente della mossa di Fiat.

Soltanto dopo un chiarimento con Bazoli e Nagel, quindi, il fondatore della Tod's valuterà se investire soldi per acquisire quei diritti che rimarranno nei portafogli delle banche a fine aumento, e contendere così il primato di Fiat nell'editore del Corriere della Sera. Altrimenti il ruolo di socio-guida passerà ufficialmente al giovane Elkann.

http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/1-la-mini-scalata-di-elkann-al-corriere-ha-fatto-infuriare-della-valle-lagnelloide-58573.htm

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04 LUG 2013 11:22

AGNELLI, I PIU’ GRANDI EVASORI D’ITALIA - DE BORTOLI DÀ IL BENEVENUTO AL NUOVO PADRONE ELKANN: MARGHERITA AGNELLI PROSCIOLTA, “VEROSIMILE” IL FONDO OFF-SHORE DI FIAT

Un punto a favore di Margherita nel braccio di ferro giudiziario con John Elkann - Per il giudice, Margherita non ha chiesto all’avvocato Gamna di dire il falso e l’esistenza di un “notevolissimo patrimonio occultato al fisco” è “verosimile” - Quelle operazioni da non rivelare…

Luigi Ferrarella per il "Corriere della Sera"

«Non si può ritenere in alcun modo provato che Margherita Agnelli avesse consapevolmente chiesto all'avvocato Emanuele Gamna di dire il falso» sull'eredità del patron della Fiat, perché «le complesse indagini della Procura di Milano, attuate e anche tentate, inducono a ritenere verosimile l'esistenza di un notevolissimo patrimonio del defunto Giovanni Agnelli rimasto occultato al fisco italiano e anche alla figlia, e a giustificare la convinzione di Margherita Agnelli dell'esistenza di "patti" diretti a marginalizzarla nella divisione successoria poi sfociata nell'accordo del 2004»:

con questa motivazione la giudice Cristina Mannocci ha archiviato la selva di denunce e controdenunce scaturita dalla divisione dell'eredità di Agnelli (morto il 24 gennaio 2003) con la rinuncia nel 2004 della figlia Margherita alle partecipazioni nelle società di famiglia in cambio di 1 miliardo e 166 milioni di euro tra cash e immobili e opere d'arte.

Di questo accordo Margherita Agnelli nel 2007 impugna la validità, tacciando tre storici collaboratori di suo padre (Franzo Grande Stevens, Gianluigi Gabetti, Siegfried Maron) di voler - scrive il giudice - «privilegiare il ruolo di suo figlio John Elkann, nonché tenerle celato un immenso patrimonio offshore accumulato e nascosto negli anni dal padre»: ma Tribunale e Corte d'Appello di Torino bocciano la sua azione nel 2010 e 2012.

A Milano, intanto, il suo ex avvocato Gamna da un lato incassa una pena per aver evaso 13 dei 15 milioni di parcella («singolarmente pagata dalla controparte» benché per attività nell'interesse di Margherita), e dall'altro lato la accusa di aver tentato di ricattarlo se il legale non avesse deposto a suo favore a Torino. Ma Margherita, ravvisa ora il giudice Mannocci, «non ha perseguito un intento estorsivo» ma «semplicemente una legittima pretesa alla ostensione completa del patrimonio paterno».

E qui il giudice richiama due punti della richiesta di archiviazione dei pm Fusco e Ruta. Il primo è Paolo Revelli, ex manager di Morgan Stanley, che «afferma d'aver sempre saputo che nella filiale di Zurigo esisteva una provvista direttamente riferibile a Giovanni Agnelli tra gli 800 milioni e il miliardo di euro, fiduciariamente detenuta attraverso molteplici conti da Maron».

Il secondo è il sequestro di «un regolamento supplementare dello statuto della Fondazione Alkyone a Vaduz, recante i nominativi dei suoi Protectors, Giovanni Agnelli, Gabetti, Grande Stevens e Maron»: è «alla struttura e alla composizione dei trust nel tempo confluiti in questa Fondazione che John Elkann avrebbe fatto riferimento asserendo testualmente, come riferito da Gamna, "non vi daremo mai quelle società e i loro conti perché voi non dovete vedere le operazioni che vi sono passate"».

Anche «i tentativi di fare luce su queste entità e sui soggetti che le avevano mosse sono stati vanificati, in Liechtenstein come in Svizzera, dalla mancata collaborazione della locale autorità giudiziaria». E le rogatorie «sono state respinte sulla base dell'assunto, non del tutto condividibile, che avessero esclusive finalità fiscali».

http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/agnelli-i-piu-grandi-evasori-ditalia-de-bortoli-d-il-benevenuto-al-nuovo-padrone-58848.htm

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Rcs: Gabetti, Elkann ci sa fare, in buone mani

08/07/2013 10.43.08

Torino, 8 lug - 'John Elkann ci sa fare, Rcs e' in buone mani'. Cosi Gianluigi Gabetti, presidente d'onore di Exor, a margine dell'assemblea dell'Unione Industriale di Torino, sulla vicenda Rcs. .

http://finanza.repubblica.it/News_Dettaglio.aspx?code=4369629&dt=2013-07-08&src=AGI

Non so quanta farina del sacco di John ci sia, ma in effetti l'operazione asfaltatura direi che non è male.
Bisogna vedere se in un momento storico in cui si vendono sempre meno giornali e gli editori vanno a picco, lui sarà capace di rinnovare il gruppo e di fare soldi....

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A CHI IL “CORRIERE”? BOH! UN COMPRATORE HA RASTRELLATO PER POI RIVENDERE LE QUOTE? TUTTI SI TIRANO FUORI
Pioggia di “Io no”: Clessidra, Murdoch, Bonomi, Elkann, Della Valle. Axel Springer, con Peppe Vita che ci tiene a specificare un certo schifo per le rotative del “Corriere”: “Noi non investiamo su carta stampata, solo sul digitale” - Se è un azionista, deve manifestarsi entro il 16 luglio. Se è un esterno, ha fino al 24…


11 LUG 2013 19:06

1 - RCS: FONTI, AXEL SPRINGER NON HA ACQUISTATO AZIONI
(ANSA) - L'editore tedesco Axel Springer non ha acquistato azioni Rcs. E' quanto si apprende da fonti finanziarie. Dal gruppo di Berlino intanto, come di prassi, chiariscono di non voler commentare le speculazioni di mercato o i rumors. Nei mesi scorsi era stato uno dei soggetti su cui si era puntata l'attenzione del mercato, alla luce del ruolo di Giuseppe Vita, presidente Unicredit e già consigliere Rcs, dimessosi poi dal board del gruppo editoriale anche per il ruolo come presidente di sorveglianza di Axel Springer.

2 - RCS: VITA, AXEL SPRINGER NON INVESTE SU CARTA STAMPATA
(ANSA) - Axel Springer "non investe sulla carta stampata, ma solo sul digitale". Così, il presidente del consiglio di sorveglianza del gruppo tedesco, Giuseppe Vita, risponde su un possibile interessamento dell'editore nei confronti di Rcs.

3 - RCS: FONTI, CLESSIDRA NON HA COMPRATO QUOTE
(ANSA) - Clessidra non ha comprato quote Rcs. E' quanto si apprende da fonti finanziarie. La società guidata da Claudio Sposito era stata tra i soggetti indicati, in ricostruzione di stampa nelle scorse settimane, come possibili investitori nel gruppo del Corriere della Sera.

4 - NEWSCORP NON HA ACQUISTATO QUOTE IN ASTA
(ANSA) - E' "senza fondamento" l'ipotesi che la NewsCorp di Rupert Murdoch possa aver acquistato quote Rcs nell'asta per l'inoptato sull'aumento di capitale del gruppo del Corriere della Sera. E' quanto afferma un portavoce della multinazionale dei media. L'idea era stata esclusa nei giorni scorsi già dal presidente Fiat John Elkann, chiamato in causa in ricostruzioni di stampa come presunto mediatore per un intervento di Murdoch, alla luce delle relazioni personali con il tycoon.

5 - RCS: VERIFICHE CONSOB GIÀ DURANTE ASTA, MONITORAGGIO IN CORSO
(ANSA) - Consob, secondo quanto si apprende, ha fatto verifiche in tempo reale oggi sull'operatività all'asta per l'inoptato Rcs e ha chiesto ai principali intermediari intervenuti di chiarirle per conto di chi abbiano operato. Quanti hanno acquistato le opzioni potranno ora decidere se sottoscrivere o meno le nuove azioni entro il 16 luglio: per quella data sarà dunque nota a Rcs la mappa dell'azionariato post aumento di capitale, che la società dovrà depositare al registro delle imprese.

A quel punto scatterebbero i canonici cinque giorni di Borsa aperta per la comunicazione delle quote detenute da parte dei soggetti che dovessero superare eventuali soglie rilevanti. L'attesa è che il quadro finale sia noto entro martedì 24 luglio. Se le nuove azioni derivanti dall'inoptato dovessero venir sottoscritte invece dagli attuali azionisti rilevanti o dai soci del patto, la comunicazione dovrà venir fatta subito, cioè già martedì 16 luglio. Consob infatti era intervenuta prima dell'avvio dell'aumento chiedendo a questi soggetti di dare comunicazione tempestiva sull'esercizio delle opzioni e la richiesta resta tutt'ora valida. In linea teorica non va infine dimenticato che all'acquisto delle opzioni effettuato oggi non necessariamente farà seguito la sottoscrizione delle nuove azioni.

http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/a-chi-il-corriere-boh-un-compratore-ha-rastrellato-per-poi-rivendere-le-quote-59331.htm



1. TOH! SBUCA IL NOME DI URBANO CAIRO TRA I POSSIBILI ACQUIRENTI DELL’11% DI RCS - 2. IL BOSS DE LA7 CHE HA IMPOSTO TAGLI E RITAGLI AI COMPENSI DEI VARI SANTORO & FORMIGLI AVREBBE SBORSATO OLTRE 50 MILIONI DI EURO PER ENTRARE NELLA PARTITA - 3. CAIRO POTREBBE AVERE UN EFFETTIVO INTERESSE PER LA “giornalaccio rosa DELLO SPORT” - 4. IL NOME DEL RASTRELLATORE DIFFICILMENTE VERRÀ RESO NOTO PRIMA DI MARTEDÌ 16 LUGLIO, O AL PIÙ TARDI ATTORNO AL 24 LUGLIO QUANDO IL SOTTOSCRITTORE, CHIUNQUE ESSO SIA, FONDO O PRIVATO, SARÀ COSTRETTO A USCIRE DEFINITIVAMENTE ALLO SCOPERTO

12 LUG 2013 09:52
Andrea Montanari per milanofinanza.it

L'intero inoptato di Rcs Mediagroup questa mattina si è volatilizzato in men che non si dica. Quattro intermediari hanno rastrellato il 14% sul mercato (un altro 1% era stato rilevato ieri), pari all'11% post-aumento, per conto di uno o a questo punto due soggetti. La Consob ha stretto la maglie e acceso un faro sull'operatività di questi broker. Ma ancora il nome del compratore o dei compratori non è uscito.
E difficilmente verrà reso noto prima di martedì 16 luglio, giorno ultimo per l'esercizio degli stessi diritti, o al più tardi attorno al 24 luglio quando il sottoscrittore, chiunque esso sia, fondo o privato, sarà costretto a uscire definitivamente allo scoperto.

Finora tutti i potenziali interessati hanno smentito acquisti sul mercato: dalla Fiat (10,135%) all'antagonista Della Valle (8,81%), dalla Investindustrial di Andrea Bonomi alla De Agostini, dalla tedesca Axel Springer, per voce del presidente del consiglio di sorveglianza l'italiano Giuseppe Vita, al colosso Usa News Corp di Rupert Murdoch. E proprio questi ultimi due gruppi internazionali erano stati più volte tirati in ballo dalla stampa quale possibile alleato strategico per il rilancio o lo spezzatino di Rcs.

A questo punto il mercato si interroga su chi possa essere l'acquirente. Una banca italiana? Un fondo d'investimento straniero? Difficile dirlo visto il peso del patto di sindacato e la presenza di un socio come mr Tod's. Intesa Sanpaolo, l'istituto di credito più indicato quale possibile pretendente, non sarebbe intervenuto oggi anche perché avrebbe potuto farlo nel momento in cui l'asta per l'inoptato fosse andata deserta.
E Ca de Sass avendo il 40% del consorzio di garanzia si sarebbe trovata con la quota più importante di nuove azioni Rcs. Il fondo straniero, magari from Usa, avrebbe un interesse solo nel caso di spezzatino o di opa obbligatoria, nel caso in cui la Consob o le altre autorità di mercato riscontrassero il profilo di un'offerta obbligatoria. Altrimenti l'interesse verrebbe a decadere.

Così, secondo fonti di borsa raccolte da milanofinanza.it, uno dei soggetti che potrebbe avere un effettivo interesse per Rcs e i suoi asset, a partire dalla giornalaccio rosa dello Sport, sarebbe Urbano Cairo. L'editore e pubblicitario, proprietario oltre che dell'omonimo gruppo quotato in borsa, anche dell'emittente La7 e del Torino Calcio, ha smentito pubblicamente, durante la presentazione dei palinsesti del canale, avvenuta nei giorni scorsi, un interesse per il gruppo di via Rizzoli. "In editoria si vince e si fa business da soli, non in tandem con altri azionisti". E la sua storia è lì a dimostrarlo.

Evidentemente Cairo, che non intende commentare la notizia, ha avuto un ripensamento e si sia convinto che entrare nella partita-Rcs non sia poi un così grande errore di valutazione. Ovvio che se fosse confermata questa tesi, l'imprenditore piemontese basato a Milano, non sarebbe il compratore unico. Nel caso, potrebbe essersi accontentato di una quota importante dell'inoptato.

http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/1-toh-sbuca-il-nome-di-urbano-cairo-tra-i-possibili-acquirenti-dell11-di-59339.htm


UNO SCEICCO A TORINO: ANDREA AGNELLI APRE LE PORTE AI PETROLDOLLARI DI AL SAYED
Asyad International, controllata dalla ricchissima famiglia saudita Al Sayed, stringe un accordo con Andrea Agnelli: nasce la newco “Bravo Invest” - Alleanza tra Torino e Gedda per operazioni immobiliari, commerciali e (perchè no) un private equity - E Elkann gongola...


12 LUG 2013 15:47

Andrea Montanari per Milano Finanza

Non ci sono solo gli emiri di Dubai, Abu Dhabi o del Qatar, con i relativi patrimoni miliardari (in petrodollari), pronti a fare shopping di maison di moda, alberghi di extralusso o squadre di calcio in Europa. Adesso tocca anche ai gruppi industriali e finanziari dell'Arabia Saudita. Come la conglomerata Asyad International, che fa riferimento alla famiglia Al Sayed, tra le più facoltose di Gedda, seconda metropoli (4,5 milioni di abitanti) per importanza del Paese della Penisola Araba dopo la capitale Riyad.

I progetti di espansione in Italia e negli altri mercati del Vecchio continente saranno individuati da Andrea Agnelli. L'esponente della famiglia torinese proprietaria di Fiat, nonché presidente della Juventus, secondo quanto appreso da documenti ufficiali consultati da MF-Milano Finanza, è riuscito a convincere Ahmed Abdullah Al Sayed, presidente della holding Sayad (attiva nelle costruzioni, nella petrolchimica, nel trasporto aereo, nel retail, nell'energia, nella logistica, nelle tlc e nel turismo) a scommettere sulle potenzialità del sistema-Italia e non solo.

Così da qualche giorno Agnelli, attraverso la subholding Investimenti Industriali, partecipata al 50% dalla sua cassaforte Lamse, ha dato vita alla newco Bravo Invest, che vede come principale azionista, al 47,5%, la Asyad Industrial & Commercial Investment Holding Company, branch finanziaria proprio del colosso di Gedda. Gli altri soci della joint venture sono appunto Investimenti Industriali (46,5%) e i manager vicini al presidente della Juventus, Francesco Roncaglio (3%), amministratore delegato di Lamse, e Andrea Longatti (3%), partner della Add Editore, di cui la holding di Agnelli possiede il 35%.

Al momento la newco, che ha un capitale sociale di partenza di 100 mila euro, non ha fatto alcun investimento. Ma da quanto trapela dall'entourage dei due azionisti di riferimento emerge che gli obiettivi saranno società attive nei settori retail e commerciale, nell'immobiliare o nel comparto finanziario. Anche se non sono da escludere incursioni nel comparto più strettamente industriale, visto il vasto know how del socio arabo, interessato non solo all'Italia ma anche a mercati come Francia, Spagna, e Germania.

La metodologia d'investimento potrebbe essere quella tipica del private equity o del family office, sulla falsariga di quanto fatto in questi ultimi anni dalla cassaforte di Agnelli, che attualmente ha in portafoglio le quote in Investimenti Industriali (50%), Add Editore (35%), Lucos Alternative Energies (5%) e Royal Park Real Estate (0,12%), oltre a quote del fondo inglese BlueGem da 200 milioni di capitalizzazione. A sua volta la subholding Investimenti Industriali detiene una partecipazione del 25% nella compagnia Nobis Assicurazioni.

L'unione tra l'esponente di una delle più importanti famiglie industriali italiane e una consolidata realtà imprenditoriale della Penisola Araba rappresenta una novità importante per l'Italia. E rafforza la propensione all'internazionalizzazione di casa Agnelli, che oggi vede il presidente di Exor e Fiat, John Elkann, al centro di importanti relazioni su scala globale, come dimostrato anche dal recente ingresso nel consiglio di amministrazione della News Corp di Rupert Murdoch.

http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/uno-sceicco-a-torino-andrea-agnelli-apre-le-porte-ai-petroldollari-di-al-sayed-59381.htm

.penso

Mica sarà che...

No. Dai, non penso.

Sarebbe un colpo di genio. Che tra l'altro quando pensavo in questi anni alla situazione complessa di rcs, mi veniva in mente spesso proprio che si sarebbe potuta mettere in piedi una roba di questo tipo, con un socio occulto che viene fuori a sorpresa dal nulla e che cambia le carte in tavola quando meno te lo aspetti. (io però la mettevo sul piatto delle riflessioni mie personali, intimissime e privatissime, come possibilità utilizzabile anche da altri soci, e non solo dai torinesi).

Certo che ci vogliono molti danè...

Ma ne dubito che ci siano dietro loro... Fare 2+2 in questi casi è troppo semplicistico.

Aspettiamo e vediamo che succede. .uhps.uhps.uhps.uhps.uhps.uhps.uhps

Brrrrrrrr......

"'Cause this is Thriller, thriller night" (MJ cit.) .jacko

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18 LUG 2013 18:34

CHE CI FA CAIRO IN RCS? - IL PROPRIETARIO DI LA7 HA ACQUISTATO QUASI 12 MILIONI DI AZIONI DEL GRUPPO: 2,8%
Cairo precisa che l'investimento "é effettuato a titolo personale - "E' una piccola partecipazione, circa il 2,8%, l'operazione di un editore puro che crede nell'editoria: ho voluto dare un contributo anch'io"… - -


RCS: CAIRO ACQUISTA 12 MLN DI AZIONI
(ANSA) - Urbano Cairo entra nell'azionariato di Rcs: il proprietario di La7 ha acquistato quasi 12 milioni di azioni del gruppo editoriale. Lo si legge in una nota in cui si specifica che l'investimento è stato fatto a titolo personale.
Nella nota si legge che Cairo "nei giorni scorsi, tramite la propria controllata U.T. Communications S.p.A., ha proceduto all'acquisto di n. 11.989.643 azioni ordinarie di RCS Media Group". "In particolare - spiega la nota - n. 11.789.643 azioni ordinarie sono state acquistate mediante esercizio di n. 3.929.881 diritti di opzione acquistati sul mercato regolamentato e n. 200.000 azioni ordinarie mediante acquisto dei titoli sul mercato regolamentato". Cairo precisa che l'investimento "é effettuato a titolo personale"

1 - RACCOLTO QUASI 3% CAPITALE
(ANSA) - Urbano Cairo ha raccolto poco meno 3% del capitale di Rcs post-aumento. Lo ha confermato l'imprenditore all'ANSA.

2 - RCS:CAIRO, ENTRO IN PUNTA DI PIEDI, PICCOLO CONTRIBUTO
(ANSA) - "E' una piccola partecipazione, circa il 2,8%, l'operazione di un editore puro che crede nell'editoria: ho voluto dare un contributo anch'io". Urbano Cairo commenta così con l'ANSA l'acquisto di una quota in Rcs comunicato oggi. "Entro in punta di piedi, con molto rispetto per chi c'é già" ha aggiunto l'editore.

.uhps .uhps .uhps

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18 LUG 2013 18:34

CHE CI FA CAIRO IN RCS? - IL PROPRIETARIO DI LA7 HA ACQUISTATO QUASI 12 MILIONI DI AZIONI DEL GRUPPO: 2,8%

Cairo precisa che l'investimento "é effettuato a titolo personale - "E' una piccola partecipazione, circa il 2,8%, l'operazione di un editore puro che crede nell'editoria: ho voluto dare un contributo anch'io"… - -

RCS: CAIRO ACQUISTA 12 MLN DI AZIONI

(ANSA) - Urbano Cairo entra nell'azionariato di Rcs: il proprietario di La7 ha acquistato quasi 12 milioni di azioni del gruppo editoriale. Lo si legge in una nota in cui si specifica che l'investimento è stato fatto a titolo personale.

Nella nota si legge che Cairo "nei giorni scorsi, tramite la propria controllata U.T. Communications S.p.A., ha proceduto all'acquisto di n. 11.989.643 azioni ordinarie di RCS Media Group". "In particolare - spiega la nota - n. 11.789.643 azioni ordinarie sono state acquistate mediante esercizio di n. 3.929.881 diritti di opzione acquistati sul mercato regolamentato e n. 200.000 azioni ordinarie mediante acquisto dei titoli sul mercato regolamentato". Cairo precisa che l'investimento "é effettuato a titolo personale"

1 - RACCOLTO QUASI 3% CAPITALE

(ANSA) - Urbano Cairo ha raccolto poco meno 3% del capitale di Rcs post-aumento. Lo ha confermato l'imprenditore all'ANSA.

2 - RCS:CAIRO, ENTRO IN PUNTA DI PIEDI, PICCOLO CONTRIBUTO

(ANSA) - "E' una piccola partecipazione, circa il 2,8%, l'operazione di un editore puro che crede nell'editoria: ho voluto dare un contributo anch'io". Urbano Cairo commenta così con l'ANSA l'acquisto di una quota in Rcs comunicato oggi. "Entro in punta di piedi, con molto rispetto per chi c'é già" ha aggiunto l'editore.

.uhps .uhps .uhps

Cairo o fara' la spalla di DDV o di Mediobanca

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Facile che si schieri dalla parte del più forte. Non mi sembra proprio il tipo da rivoluzioni e battaglie.

Magari lo fanno entrare nel salotto buono...

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1. MENTRE IL PAPA SI PREPARA PER SETTEMBRE AD ACCOMPAGNARE ALL’USCITA IL “PAPA DELLA CURIA ROMANA” TARCISIO BERTONE, ESPLODE UN ALTRO CASINO PER LO IOR - 2. ANCHE LA FAMIGLIA AGNELLI AVREBBE USATO IL VATICANO PER RIMPATRIARE CAPITALI. LA RIVELAZIONE È STATA FATTA DA MONSIGNOR NUNZIO SCARANO, EX CONTABILE DELL’APSA IN VATICANO FINITO IN CARCERE, AL SUO AMICO MASSIMILIANO MARCIANÒ - 3. NELL’INDAGINE DEI PM MILANESI ALCUNI TESTIMONI HANNO RACCONTATO CHE IN UNA BANCA SVIZZERA ESISTEVA UNA PROVVISTA RIFERIBILE A GIOVANNI AGNELLI DI 800 MILIONI DI EURO E CHE DIETRO POTEVA ESSERCI LA FONDAZIONE ALKYONE DI VADUZ, IN LIECHTENSTEIN CHE INDICAVA COME PROTECTORS OLTRE A GIOVANNI AGNELLI ANCHE L’AVVOCATO FRANZO GRANDE STEVENS, DA SEMPRE LEGALE DELLA FIAT E ANCHE DELLO IOR -

Marco Lillo per Il Fatto

Anche la famiglia Agnelli avrebbe usato il Vaticano per rimpatriare capitali. La rivelazione è stata fatta da monsignor Nunzio Scarano, ex contabile dell'Apsa in Vaticano finito in carcere con l'accusa di corruzione, al suo amico Massimiliano Marcianò. Quest'ultimo lo ha riferito ai pm di Salerno in un interrogatorio finora segreto che il Fatto ha visionato. Il 3 luglio Marcianò, 45 anni, imprenditore nel settore degli eventi, amico stretto di Scarano del quale conosce tutti i segreti e i conti, si siede davanti agli investigatori salernitani. A Roma Scarano è indagato per corruzione dell'agente dei servizi segreti Giovanni Zito in relazione alla vicenda del tentato rimpatrio dalla Svizzera di 20 milioni di euro, per i pm forse appartenenti agli armatori D'Amico.

L'inchiesta per riciclaggio della Procura di Salerno, guidata da Franco Roberti, invece parte dai 560 mila euro in contanti prelevati dal conto Ior e trasformati in assegni circolari grazie a finte donazioni. Quando Marcianò si siede di fronte al pm Elena Guarino e al colonnello Antonio Mancazzo, comandante del nucleo di Polizia Tributaria di Salerno della Guardia di Finanza, Scarano è dietro le sbarre. L'amico del monsignore, sentito a sommarie informazioni con l'obbligo di dire la verità, riporta le confidenze di Scarano a partire dalla storia degli Agnelli e dei trucchi per spostare capitali e documenti col timbro della Santa Sede.

"Scarano mi ha raccontato che le operazioni di rimpatrio di capitali dall'estero fatte per gli armatori D'Amico (i cugini Cesare e Paolo D'Amico indagati per infedele dichiarazione dei redditi dai pm di Roma. I magistrati sospettano che i 20 milioni detenuti dal broker Giovanni Carenzio, che dovevano rientrare in Italia con l'aereo noleggiato dallo 007 Giovanni Zito, pagato da Scarano, appartengono ai due armatori, ndr), le aveva già fatte in passato anche per la nota famiglia Agnelli".

La rivelazione lascia di stucco gli investigatori. Potrebbe anche trattarsi di una millanteria di Scarano, magari basata su uno scenario suggestivo e noto. Nell'indagine milanese dei pm Fusco e Ruta alcuni testimoni hanno raccontato che in una banca svizzera esisteva una provvista riferibile a Giovanni Agnelli di 800 milioni di euro e che dietro poteva esserci la Fondazione Alkyone di Vaduz, in Liechtenstein che indicava come protectors oltre a Giovanni Agnelli anche l'avvocato Franzo Grande Stevens, da sempre legale della Fiat e anche dello Ior.

Chissà se Scarano, quando raccontava a Marcianò del rimpatrio dei capitali all'estero degli Agnelli, alludeva a queste storie pubblicate dai giornali. Marcianò spiega anche il metodo usato per spostare i capitali delle grandi famiglie del capitalismo italiano nascondendone l'origine grazie all'immunità diplomatica vaticana.

"Scarano mi spiegò - racconta Marcianò ai pm - che per fare ciò utilizzava un sistema con il cosiddetto ‘plico diplomatico'. Per quanto ho capito tale sistema consentiva di eludere ogni tipo di controllo per far rimpatriare in Italia capitali o anche documenti".

Il sistema adottato sembra preso da un film di 007: "Scarano dettava, non so se a piloti di aerei o a dei funzionari di banca, una password o codici identificativi formati da diversi caratteri numerici, che per quanto ho potuto capire, servivano per operare sui conti correnti".

Marcianò racconta di avere assistito a questa scena: "Eravamo in macchina nella seconda metà del 2011 io e Nunzio e rispondendo al telefono Scarano disse a un interlocutore: 'aspetta che ti do i codici'; Nunzio riferì a memoria un codice e riferì i nominativi di personale che sarebbe stato presente su un volo privato che trasportava i plichi diplomatici. Nella seconda metà del 2011, Nunzio Scarano mi ha riferito di essersi recato in Lussemburgo, per portare documentazione contabile del Vaticano".

Con un amico monsignore così, Marcianò non si stupiva troppo quando vedeva girare furgoni con i lingotti d'oro nascosti tra gli ortaggi: "In Vaticano nel piazzale-parcheggio antistante la palazzina dello Ior, ebbi modo di notare nell'estate del 2012 delle borse di cuoio semiaperte dalle quali si intravedevano chiaramente lingotti d'oro. Venivano caricate su furgoni obsoleti. Ciò avvenne in due circostanze: una volta fu caricato un Fiat Ducato contenente ortaggi tra i quali furono caricati tre o quattro borsoni contenenti i lingotti d'oro. In un'altra circostanza invece fu utilizzato un furgone-frigo, sul quale però non ricordo quanti borsoni vennero caricati".

Marcianò si sorprende e chiede a Scarano "dove portassero i borsoni contenenti i lingotti d'oro. Nunzio non mi rispose e rimase in silenzio anche quando gli dissi: ‘fate tutti questi impicci in Vaticano!!!'".

Dopo queste rivelazioni, Scarano è stato convocato d'urgenza dai pm romani. Come il Fatto ha già raccontato, nell'interrogatorio dell'8 luglio con i pm Nello Rossi e Stefano Pesci nel carcere di Regina Coeli, ha esteso il discorso all'Apsa dove faceva il capo contabile prima di essere sospeso per l'indagine. Ai pm ha detto "arrivai 22 anni fa. Di recente ho chiesto udienza al Santo Padre perché non ero soddisfatto di come andavano le cose all'Apsa".

A questo punto i pm chiedono particolari e seguono nel verbale lunghi omissis. Al Fatto risulta che Scarano abbia nominato nell'interrogatorio anche il direttore dell'Apsa, Paolo Mennini, figlio dell'ex direttore dello Ior Luigi Mennini e fratello del nunzio apostolico a Londra, Antonio Mennini, del quale ha illustrato i rapporti con la famiglia romana dei Nattino, titolare di società fiduciarie e di una banca di investimento, ma attiva anche nel settore immobiliare con fondi che gestiscono anche patrimoni pubblici.

Scarano sarà sentito ancora dai pm romani la prossima settimana: ha deciso di collaborare e dopo l'indagine sullo Ior si annuncia un'inchiesta bis sull'Apsa. Non a caso papa Francesco ha creato una commissione per mettere mano a tutti gli enti economici del Vaticano.

http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/1-mentre-il-papa-si-prepara-per-settembre-ad-accompagnare-alluscita-il-papa-della-59881.htm

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Facile che si schieri dalla parte del più forte. Non mi sembra proprio il tipo da rivoluzioni e battaglie.

Magari lo fanno entrare nel salotto buono...

Quindi Mediobanca, Intesa .penso ...

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Non so. Immagino io, poi chissà...

Ricucci a suo tempo lo hanno mandato in gabbia, mica gli hanno detto solo di no. A naso credo addirittura che sia stato invitato...

Anche se in effetti i debiti aumentano, la situazione è diventata insostenibile, e in molti forse hanno voglia di mollare.

Noto però che ha preso anche La7 dalla Telecom al prezzo di un paio di villette a schiera.

Ok i tanti debiti, ma c'è un limite a tutto, è pur sempre un emittente che trovi sul 7 del telecomando in tutta Italia, mica è TeleCraze. sefz

Detto questo, se vuole fare guerre lo scopriremo presto. mh

Nel caso si mette nei guai.

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23 LUG 2013 12:51

MEDIOBANCA VUOLE SPACCARE IL PATTO DI SINDACATO RCS E LASCIARE ELKANN CON IL CAIRO IN MANO
Nagel ha presentato un piano industriale che prevede lo svincolo da tutti i patti - Così faranno anche Generali, Unipol e Francesco Merloni - Per mantenere l'equilibrio, Kaky Elkann deve imbarcare il 2,8% di Urbano Cairo improvvisamente pieno di soldi da investire… - -


Antonella Olivieri per il "Sole 24 Ore"


Dovrebbe tenersi nel pomeriggio del 31 luglio il patto di sindacato Rcs. Appuntamento che seguirà il cda per l'esame della semestrale e che si preannuncia complesso. Il tema da discutere è in che modo assicurare al gruppo che edita il Corriere della Sera la stabilità necessaria a portare avanti il piano di riorganizzazione, che comporterà per l'ad Pietro Scott Jovane almeno un altro anno e mezzo di lavoro prima di vedere i primi risultati.
Fiat - che ha rilanciato l'impegno nell'azionariato, raddoppiando la quota al 20,5% - sostiene la tesi che occorra trovare una formula codificata per garantire l'obiettivo della stabilità, magari con un patto di consultazione meno vincolante dell'attuale peraltro in scadenza. Oggi c'è un patto di sindacato denunciato e con regole trasparenti che, nel bene o nel male, è servito a responsabilizzare l'azionariato anche quando si è trattato di dotare la società delle risorse indispensabili a garantirne la continuità aziendale.
Di diverso avviso è Mediobanca che ha da poco presentato un piano industriale di rottura rispetto al passato e che prevede lo svincolo da tutti i patti. La convinzione sottostante è che non ci sia bisogno di formalità per consultarsi tra azionisti, secondo una logica che ha già trovato applicazione pratica in Generali, ma anche in Intesa-Sanpaolo. L'intenzione di Piazzetta Cuccia, titolare di una quota del 15,14%, resta perciò quella di dare disdetta al patto Rcs entro la data utile del 14 settembre.
Così pure dovrebbero fare Generali che, non sottoscrivendo l'aumento di capitale, si è lasciata diluire allo 0,989% e Unipol, che ha ereditato da FonSai la quota del 5,54%. Altra partecipazione data in uscita dal patto è quella di Francesco Merloni - 0,52% - che pure non ha seguito la ricapitalizzazione.
Da sole, le fuoriuscite ipotizzabili sulla carta rischiano di creare qualche problema a Fiat che nel patto attuale, cui è riferibile il 60,5% del capitale, non è dominante, mentre nel caso di svincolo delle quote di Mediobanca, FonSai, Generali e Merloni si troverebbe in maggioranza assoluta sul 38,35% rimanente, anche ammesso che da qui a settembre non arrivino altre defezioni.

Per mantenere l'equilibrio, volendo replicare la formula del patto, occorrerebbe trovare altri soci disponibili ad aggregarsi: un candidato potrebbe essere Urbano Cairo che ha rilevato il 2,8% di Rcs nell'ambito della ricapitalizzazione.
Intanto si attende di chiarire la mappa precisa dell'azionariato post-aumento. Rcs dovrebbe depositare mercoledì al registro delle imprese il nuovo capitale sociale: da lì decorreranno i cinque giorni entro i quali dovranno essere comunicate le eventuali quote rilevanti. Dovrebbero arrivare oggi invece le ulteriori informazioni richieste dalla Consob a Cairo - tra le quali l'eventuale possesso di derivati - e sarà poi l'Authority presieduta da Giuseppe Vegas a valutare se occorra comunicare altro al mercato.

http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/mediobanca-vuole-spaccare-il-patto-di-sindacato-rcs-e-lasciare-elkann-con-il-cairo-60001.htm

Ecco, per l'appunto... .asd

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23 LUG 2013 12:51

MEDIOBANCA VUOLE SPACCARE IL PATTO DI SINDACATO RCS E LASCIARE ELKANN CON IL CAIRO IN MANO

Nagel ha presentato un piano industriale che prevede lo svincolo da tutti i patti - Così faranno anche Generali, Unipol e Francesco Merloni - Per mantenere l'equilibrio, Kaky Elkann deve imbarcare il 2,8% di Urbano Cairo improvvisamente pieno di soldi da investire… - -

Antonella Olivieri per il "Sole 24 Ore"

Dovrebbe tenersi nel pomeriggio del 31 luglio il patto di sindacato Rcs. Appuntamento che seguirà il cda per l'esame della semestrale e che si preannuncia complesso. Il tema da discutere è in che modo assicurare al gruppo che edita il Corriere della Sera la stabilità necessaria a portare avanti il piano di riorganizzazione, che comporterà per l'ad Pietro Scott Jovane almeno un altro anno e mezzo di lavoro prima di vedere i primi risultati.

Fiat - che ha rilanciato l'impegno nell'azionariato, raddoppiando la quota al 20,5% - sostiene la tesi che occorra trovare una formula codificata per garantire l'obiettivo della stabilità, magari con un patto di consultazione meno vincolante dell'attuale peraltro in scadenza. Oggi c'è un patto di sindacato denunciato e con regole trasparenti che, nel bene o nel male, è servito a responsabilizzare l'azionariato anche quando si è trattato di dotare la società delle risorse indispensabili a garantirne la continuità aziendale.

Di diverso avviso è Mediobanca che ha da poco presentato un piano industriale di rottura rispetto al passato e che prevede lo svincolo da tutti i patti. La convinzione sottostante è che non ci sia bisogno di formalità per consultarsi tra azionisti, secondo una logica che ha già trovato applicazione pratica in Generali, ma anche in Intesa-Sanpaolo. L'intenzione di Piazzetta Cuccia, titolare di una quota del 15,14%, resta perciò quella di dare disdetta al patto Rcs entro la data utile del 14 settembre.

Così pure dovrebbero fare Generali che, non sottoscrivendo l'aumento di capitale, si è lasciata diluire allo 0,989% e Unipol, che ha ereditato da FonSai la quota del 5,54%. Altra partecipazione data in uscita dal patto è quella di Francesco Merloni - 0,52% - che pure non ha seguito la ricapitalizzazione.

Da sole, le fuoriuscite ipotizzabili sulla carta rischiano di creare qualche problema a Fiat che nel patto attuale, cui è riferibile il 60,5% del capitale, non è dominante, mentre nel caso di svincolo delle quote di Mediobanca, FonSai, Generali e Merloni si troverebbe in maggioranza assoluta sul 38,35% rimanente, anche ammesso che da qui a settembre non arrivino altre defezioni.

Per mantenere l'equilibrio, volendo replicare la formula del patto, occorrerebbe trovare altri soci disponibili ad aggregarsi: un candidato potrebbe essere Urbano Cairo che ha rilevato il 2,8% di Rcs nell'ambito della ricapitalizzazione.

Intanto si attende di chiarire la mappa precisa dell'azionariato post-aumento. Rcs dovrebbe depositare mercoledì al registro delle imprese il nuovo capitale sociale: da lì decorreranno i cinque giorni entro i quali dovranno essere comunicate le eventuali quote rilevanti. Dovrebbero arrivare oggi invece le ulteriori informazioni richieste dalla Consob a Cairo - tra le quali l'eventuale possesso di derivati - e sarà poi l'Authority presieduta da Giuseppe Vegas a valutare se occorra comunicare altro al mercato.

http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/mediobanca-vuole-spaccare-il-patto-di-sindacato-rcs-e-lasciare-elkann-con-il-cairo-60001.htm

Ecco, per l'appunto... .asd

Chissa' cosa combineranno ora...

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FINANZA OPACA
PARADOSSO LEGALE
Con soli 6,2 euro tre vecchietti
controllano l’impero Agnelli

La Dicembre, società semplice che sta alla testa della catena di controllo di

Fiat, ha come soci Marella Agnelli, Gabetti e Romiti. L’erede John Elkann?

Mistero: dal 1984 la visura camerale non è più aggiornata
di GIGI MONCALVO (Libero 11-08-2013)

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Tre arzilli vecchietti e un pacchetto azionario di soli 6,20 euro: Marella Caracciolo vedova Agnelli, 86 anni e dieci azioni per diecimila vecchie lire; Gianluigi Gabetti, 89 anni, e una azione da mille lire; Cesare Romiti, 90 anni e una azione da mille lire. Quest’ultimo addirittura non sa più niente di questa storia poiché da 24 anni è stato costretto a vendere quella preziosa azione e da quindici ha lasciato la Fiat, anche se ora rischia ugualmente delle grane. Secondo il Registro delle Imprese della Camera di Commercio di Torino questi sono i dati più “aggiornati” della “Dicembre”, la più importante e strategica società italiana, che domina dall’alto la piramide dell’Impero di Torino. E quindi è “padrona” (col 36,74%) della “accomandita Giovanni Agnelli & C. Sapaz”, che a sua volta controlla il 52,66% di “Exor Group”, e quindi Fiat, Fiat Industrial, Cushman & Wakefield, Juventus e tanto altro ancora. Tanto per fare un esempio quest’anno all’accomandita sono arrivati 118,5 milioni di dividendi e una quarantina di questi sono finiti proprio alla “Dicembre”.
Secondo il Registro delle imprese, “Dicembre” risulta controllata e amministrata dai tre citati “vec chietti” che hanno in mano azioni per un totale di 12 mila lire, cioè 6,20 (sei virgola venti) euro! La “Torino dei misteri”, o meglio la “Fiat dei misteri”, da anni sta offrendo questa ennesima e incredibile prova di mancanza di trasparenza, violando apertamente le leggi in vigore dal 1995. Questo grazie anche al fatto che l’organismo che dovrebbe vigilare, controllare, indurre a regolarizzare, sembra non accorgersi nemmeno delle assurdità conclamate e dell’irragionevolezza clamorosa e palese di certi dati. Il fatto è che i soci e gli amministratori (veri) della “Dicembre” non rispondono alle norme di legge e nemmeno alle rare raccomandate della Camera di Commercio, che per la verità non dimostra grande curiosità. Basti pensare che fino a poche settimane fa nel suo Registro, alla voce “Dicembre”, tra soci figuravano i nomi di due signori defunti da una decina d’anni: Giovanni e Umberto Agnelli. Ci sono voluti non pochi sforzi, e un recente ordine del Tribunale, per far correggere dati che risultavano essere stati inseriti appena un anno fa.

UNA «SOCIETÀ SEMPLICE»
La “Dicembre” è sempre stata la cassaforte personale di Giovanni Agnelli (mentre l’Accomandita raccoglie le azioni di tutti i rami della Grande Famiglia, non meno di 150 persone, ma non la figlia ed erede dell’Avvocato né cinque dei suoi otto nipoti). “Dicembre” è una “società semplice”, una configurazione molto diffusa, non a caso, in Piemonte che esenta dall’obbligo di presentare il bilancio e consente di restare sottotraccia specie per il fisco. In genere le società semplici vengono costituite per lo svolgimento di piccole attività agricole o legate alla pesca, ma in questo caso la configurazione “inventata” da Franzo Grande Stevens nel 1984 racchiude tesori immensi e, soprattutto, le chiavi e il controllo dell’Impero. Gianni Agnelli ne aveva fatto la struttura del suo patrimonio in Italia. E quindi oggi la necessità di sapere - come prescrive la legge - qual è la composizione societaria, chi è il rappresentante legale, quante azioni hanno i singoli soci, che cosa prevedono gli articoli dello statuto e i patti sociali, consentirebbe di rispondere a un interrogativo di grande importanza non solo in questi anni, ma soprattutto per il futuro, un interrogativo che riguarda anche la Security Exchange Commission che controlla la Borsa americana: chi è il vero padrone del gruppo Fiat, chi stringe fra le sue mani le leve del comando, chi prende le decisioni e, non meno importante, chi ne assumerà il controllo nel caso dovesse accadere qualche evento tragico - facciamo i debiti scongiuri - per soci meno vetusti della compagnia e anche per i più giovani (che sono solo un paio e uno solo della famiglia)?

L’EX FIAT BARBERIS
Vediamo qual è la realtà che la Camera di Commercio di Torino - guidata da un uomo-Fiat come l’ex amministratore delegato Alessandro Barberis - fa finta di non vedere e che i soci di “Dicembre” si ostinano a non voler dichiarare ai sensi di legge. La società è nata il 15 dicembre 1984. Gianni Agnelli ne controllava la totalità delle azioni (99,99%) pari a circa cento milioni di lire capitale. La moglie Marella aveva dieci azioni, Umberto Agnelli, Gianluigi Gabetti e Cesare Romiti una a testa da mille lire. Cinque anni dopo (13 giugno 1989) ecco il primo “mistero”: Umberto e Romiti, al culmine della loro guerra, vengono costretti a uscire e al loro posto c’è la prima visibile presa di potere e di influenza di Franzo Grande Stevens: Gianni Agnelli anziché far entrare i suoi due figli, Margherita ed Edoardo, cede le due preziose azioni di Umberto e Romiti, proprio a Grande Stevens e, colpo di scena, alla figlia di quest’ultimo, Cristina, di soli 29 anni. Gli atti che hanno portato a questo “strano” scenario sono evidentemente uno dei segreti che non debbono essere conosciuti (a meno che Romiti si decida finalmente a parlare...).

L’AUMENTO DI CAPITALE
La “Dicembre” torna alla ribalta, apparentemente, solo il 10 aprile 1996. Quel giorno il notaio Ettore Morone - colui che ha rogato tutti gli atti ma che rifiuta di dare persino il numero di repertorio di ciascuno di essi (e il suo comportamento, oltre a suscitare l’ilarità dei suoi colleghi torinesi è all’attenzione degli organismi nazionali del Notariato) - attesta un aumento di capitale da cento milioni a venti miliardi di lire. Oltre ai soci già esistenti (Gianni e Marella Agnelli, Gabetti, Grande Stevens & figlia), entrano Margherita Agnelli, suo figlio John Elkann, e il commercialista Cesare Ferrero. A quest’ultimo tocca una sola azione, mentre l’Avvocato si intesta il 25%, distribuendo tra la moglie, la figlia e il nipote tre quote da 25% ciascuno ma tenendo per sé l’usufrutto vitalizio di questo 75%.
Ma quando il notaio Morone, verga questo atto stranamente parte da quel capitale iniziale di 100 milioni di lire ormai vecchio del 1984. Mentre invece è emerso che, pochi mesi prima che scoppiasse l’inchiesta “mani pulite”, Gianni Agnelli - evidentemente preavvertito o forse solo “chiaroveggente”... - aveva schermato la “Dicembre” in Liechtenstein intestandone la maggioranza a due fiduciari prestanome: il famoso “gentiluomo di Sua Santità” (Papa Francesco lo avrà revocato?) Herbert Batliner, re dei metodi per creare paradisi offshore a Vaduz e grande amico e ospite di Gabetti, e Renè Merckt, avvocato ginevrino esperto in architetture societarie da mimetizzare al fisco. La fiduciaria che controllò la “Dicembre” per tutto il periodo di “Tangentopoli”, consentendo di far dormire all’Avvocato sonni tranquilli, funzionò fino a quel giorno di aprile del 1996 allorché ci fu la nuova strutturazione. Ma, quella “Dicembre” (si chiamava “Merckt & Co.”) intestata ai prestanome stranieri, col paradosso che lo Stato italiano pagava contributi pubblici enormi a una società in mano a uno svizzero e un suddito del Liechtenstein, nel 1992 aveva aumentato il proprio capitale da cento milioni a 2,1 miliardi di lire. E quel denaro, arrivato da una società all’estero, risulterebbe accreditato proprio alla Fiduciaria presso cui “Dicembre” aveva sede a Torino, in via del Carmine, nel palazzo dove c’è lo Studio Grande Stevens. E quindi, se così stanno le cose, come faceva il notaio Morone col nuovo atto a partire da un capitale di cento milioni (e portarlo a 20 miliardi) senza tener conto che, nel frattempo, era salito a 2,1 miliardi? È un altro “mistero” che forse spiega l’omertà intorno alla “Dicembre”.

DOPO LA MORTE DI GIANNI
Veniamo ad anni più recenti. Dopo la morte di Gianni Agnelli il primo obiettivo di Gabetti e Grande Stevens è quello di estromettere proprio dalla “Dicembre” la figlia ed erede. Ci riescono giocando sul fatto che, guarda caso, sono diventano improvvisamente necessari parecchi milioni di euro anche dalla “Dicembre” per ricapitalizzare l’accomandita. Margherita non li ha (dato l’eredità in Italia non è stata ancora da lei accettata e si sta cercando di fargliela accettare, anche in questo modo), ma riesce ugualmente a risolvere il problema. Sua madre invece ha parecchi soldi liquidi e partecipa, anche per conto dell’adorato nipote John, a questo grande esborso di denaro. Dopo la morte dell’Avvocato le azioni della “Dicembre” non vengono suddivise sulla base del diritto successorio italiano (e cioè con la ripartizione del 25% del defunto tra le due eredi) ma in tre parti uguali secondo lo “strano” Statuto societario. E quindi: Marella 33,4%, Margherita 33,3%, John 33,3%, e infine con una azione i quattro Moschettieri: Gabetti, Grande Stevens & figliola, Cesare Ferrero. Margherita - che pensava di poter controllare con la madre e Jaki tutto il Gruppo - viene “pugnalata” alle spalle da sua madre e da suo figlio: Marella dona il 25% delle sue azioni al nipote ed egli in tal modo ha da solo la maggioranza: 58,3% (sua madre resta a 33,3, e la nonna scende a 8,3).

IL «SÌ» DI MARGHERITA
Poi un anno dopo Margherita, per la spartizione del patrimonio estero del padre, verrà “convinta” dai suoi “avvocati” (quello in Svizzera è già stato costretto a restituire la parcella da 10 milioni, quello italiano, Emanuele Gamna, non si è goduto i 15 milioni di parcella incassati a Singapore, si sta ancora leccando le ferite ed è ormai rovinato) a cedere la sua quota nella “Dicembre” alla madre. Che, probabilmente, ha girato anche queste azioni al nipote. Jaki quindi oggi probabilmente detiene il 91,6%, accanto all’8,3 della nonna.

I QUATTRO MOSCHETTIERI
Ma non tutto è così semplice. Dato che i Quattro Moschettieri hanno fatto modificare, con l’Avvocato in vita, i patti sociali. Con tre clausole di un certo rilievo. Primo: alla morte di uno dei soci, le sue azioni non passano agli eredi ma vengono consolidate e si riduce di un pari importo il capitale sociale. Secondo: per l’ingresso di nuovi soci (o la cessione di azioni a terzi), non basta la maggioranza assoluta del capitale, ma ci vogliono altri quattro voti, due dei quali tra Marella e Jacky e gli altri due fra i quattro Cavalieri. Questo significa che se in futuro, allorché Donna Marella dovesse scomparire, John decidesse ad esempio “di ritirarsi in un monastero” (come scrisse il “Corriere”, per un certo periodo molto curioso sul tema prima che De Bortoli venisse confermato proprio da Jaky), la “Dicembre” sarà in mano ai quattro Cavalieri. E, tra loro, la maggioranza ce l’ha la famiglia Grande Stevens. È questa la ragione per cui gli amministratori della “Dicembre”, così pronti a ripetere ogni due per tre la loro trasparenza di comportamento e il loro disinteressato servizio al giovane Jaky, continuano a non rispondere alle raccomandate che intimano loro di mettersi in regola con la legge e di fornire i documenti, i patti sociali, le modifiche intervenute nella più importante società italiana negli ultimi quindici anni? Chissà cosa penserebbe la SEC, la società che controlla la Borsa americana, se sapesse che i partner italiani della “Chrysler”, nel loro paese si comportano così in maniera così sospettosamente oscura?

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RISULTATO CONSOLIDATO DI 1,67 MILIARDI DI EURO A FRONTE DEI 168,3 MILIONI DEL 2012

Exor, un semestre da boom

l’utile vola con la cessione Sgs

Il valore netto degli attivi raggiunge quota 8,5 miliardi

di TEODORO CHIARELLI (LA STAMPA 30-08-2013)

Un utile consolidato nel primo semestre di quest’anno di 1,67 miliardi di euro, a fronte di 168,3 milioni dell’analogo periodo 2012, grazie anche alla plusvalenza (pari a 1,5 miliardi di euro) della cessione della partecipazione in Sgs per 2 miliardi di euro. E poi un Net Asset Value (Nav, valore netto degli attivi) pari al 30 giugno 2013 a 8,5 miliardi - oggi è salito a 8,8 e a metà agosto ha toccato un picco oltre i 9 -, con un incremento di 913 milioni rispetto al 31 dicembre 2012. Infine una posizione finanziaria netta dopo il primo semestre che è positiva per 1,38 miliardi mentre era negativa di 525,9 milioni al 31 dicembre dell’anno scorso. Exor, la holding attraverso la quale il gruppo Agnelli controlla Fiat, Industrial e Juventus, supera la prima metà dell’anno con i conti in salute. I risultati del primo semestre sono stati approvati ieri, a Torino, dal consiglio di amministrazione presieduto da John Elkann. La società prevede di chiudere il 2013 con un risultato positivo sia a livello consolidato sia per la capogruppo.

In un anno che si presenta decisivo verso la meta della fusione tra Fiat e Chrysler, a far volare l’utile è la vendita per oltre 2 miliardi di euro della partecipazione nella società svizzera di certificazione Sgs, che determina una plusvalenza di 1,5 miliardi di euro. «La cessione - sottolinea la società in una nota - rientra nella strategia di continua valutazione e ottimizzazione del portafoglio e il ricavato sarà utilizzato per cogliere nuove opportunità, in coerenza con la strategia di investimento elaborata da Exor».

In netto miglioramento la posizione finanziaria di Exor: nessun debito, ma una disponibilità di risorse pari a 1,38 miliardi (al 31 dicembre 2012 era ancora negativa per 525,9 milioni), che fa crescere la capacità dì investimenti. Tra i progetti su cui la finanziaria Agnelli punta c’è certamente l’immobiliare londinese: in questa prospettiva Exor sosterrà gli aumenti di capitale in cantiere di Almacantar, di cui detiene il 38,29%. Pesa, invece, per 18,2 milioni la quota parte della perdita della Juventus, mentre complessivamente il 30% del gruppo Fiat porta utili per 141,5 milioni di euro (rispettivamente 15 milioni la Spa e 126,5 Industrial).

Migliorano i conti di Cushman & Wakes, il principale investimento non quotato di Exor che è ancora in perdita, ma registra un incremento di circa il 15% dei ricavi. «Nel primo semestre - è scritto nella nota della holding - C&W ha compiuto notevoli progressi nell’attuazione del suo piano strategico a lungo termine incrementando i propri ricavi ricorrenti e migliorando la propria presenza nelle diverse aree geografiche. I ricavi lordi sono cresciuti di 127,4 milioni di dollari (+14,9%) a quota 1,033 miliardi di dollari rispetto ai 906 milioni dello stesso periodo dello scorso anno.

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Il Sole 24ORE 04-09-2013

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28/09/2013

LA MISTERIOSA STORIACCIA DI RCS SPORT - OGGI È LO STESSO ‘’CORRIERE’’ A PUBBLICARE UN TRAFILETTO IN CUI SI FA CAPIRE CHE NELLA CONTROLLATA RCS SPORT SONO SPARITI DEI SOLDI… Forse sono in arrivo provvedimenti della magistratura, o forse è bastato sapere che anche a Repubblica sapevano. Infatti la notizia, in pochissime righe, compare anche sul giornale concorrente tra le brevi di economia…

1. DAGOREPORT: LA MISTERIOSA STORIACCIA DI RCS SPORT
Mettono le mani avanti ai piani alti di Via Solferino. Oggi è lo stesso Corriere a pubblicare un trafiletto in cui si fa capire che nella controllata Rcs Sport sono spariti dei soldi. "Qualcuno avrebbe utilizzato alcune transazioni finanziarie tra la società e le associazioni sportive per creare fondi da cui sarebbero poi stati sottratti i soldi. I controlli sono stati attivati dal nuovo management" blablablabla. Forse sono in arrivo provvedimenti della magistratura, o forse è bastato sapere che anche a Repubblica sapevano. Infatti la notizia, in pochissime righe, compare anche sul giornale concorrente tra le brevi di economia.

2. SPORT BANCARI
Repubblica
- Il cda di Rcs Sport, dopo verifiche della direzione amministrazione, finanza, controllo di gestione e legale della capogruppo, ha affidato a una società esterna un audit per svolgere approfondimenti su alcune transazioni bancarie «con associazioni collegate a Rcs Sport ma non consolidate nel perimetro di gruppo», anche per valutare l'entità di eventuali danni subiti. Il cda ha poi cooptato Riccardo Taranto nominandolo ad di Rcs Sport.

http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/la-misteriosa-storiaccia-di-rcs-sport-oggi-lo-stesso-corriere-a-pubblicare-un-trafiletto-63576.htm

:sventola2::sventola2::sventola2:

Modificato da CRAZEOLOGY

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28/09/2013

LA MISTERIOSA STORIACCIA DI RCS SPORT - OGGI È LO STESSO ‘’CORRIERE’’ A PUBBLICARE UN TRAFILETTO IN CUI SI FA CAPIRE CHE NELLA CONTROLLATA RCS SPORT SONO SPARITI DEI SOLDI… Forse sono in arrivo provvedimenti della magistratura, o forse è bastato sapere che anche a Repubblica sapevano. Infatti la notizia, in pochissime righe, compare anche sul giornale concorrente tra le brevi di economia…

1. DAGOREPORT: LA MISTERIOSA STORIACCIA DI RCS SPORT

Mettono le mani avanti ai piani alti di Via Solferino. Oggi è lo stesso Corriere a pubblicare un trafiletto in cui si fa capire che nella controllata Rcs Sport sono spariti dei soldi. "Qualcuno avrebbe utilizzato alcune transazioni finanziarie tra la società e le associazioni sportive per creare fondi da cui sarebbero poi stati sottratti i soldi. I controlli sono stati attivati dal nuovo management" blablablabla. Forse sono in arrivo provvedimenti della magistratura, o forse è bastato sapere che anche a Repubblica sapevano. Infatti la notizia, in pochissime righe, compare anche sul giornale concorrente tra le brevi di economia.

2. SPORT BANCARI

Repubblica - Il cda di Rcs Sport, dopo verifiche della direzione amministrazione, finanza, controllo di gestione e legale della capogruppo, ha affidato a una società esterna un audit per svolgere approfondimenti su alcune transazioni bancarie «con associazioni collegate a Rcs Sport ma non consolidate nel perimetro di gruppo», anche per valutare l'entità di eventuali danni subiti. Il cda ha poi cooptato Riccardo Taranto nominandolo ad di Rcs Sport.

http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/la-misteriosa-storiaccia-di-rcs-sport-oggi-lo-stesso-corriere-a-pubblicare-un-trafiletto-63576.htm

:sventola2::sventola2::sventola2:

lenta si ma inesorabile

la vendetta è un piatto che va mangiato freddo

qualcuno lo cita

qualcuno lo mette in pratica

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lenta si ma inesorabile

la vendetta è un piatto che va mangiato freddo

qualcuno lo cita

qualcuno lo mette in pratica

:sisi: :sisi:

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1. SIETE PRONTI PER LA “LA STAMPA DELLA SERA”? IERI SI È COMPIUTO IL PRIMO PASSO PER LA FUSIONE DEI QUOTIDIANI DI TORINO E MILANO: LA FIAT HA SMEMBRATO LA PUBLIKOMPASS - 2. SEMBRA UNA NOTIZIOLA DA BREVE IN ECONOMIA. INVECE OLTRE A LICENZIARE 87 PERSONE E CHIUDERE 16 SEDI DELLA CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÀ, ELKANN HA PRESO LA FEDELE RAFFAELLA PAPA E L’HA PIAZZATA IN RCS, A DIRETTO RIPORTO DI SCOTT JOVANE - 3. LA MANAGER DI PUBLIKOMPASS STUDIERÀ DISMISSIONI DI ATTIVITÀ NON STRATEGICHE (MICA SONO FINITE) E PREPARERÀ LA STRADA PER FONDERE PUBLIKOMPASS E RCS PUBBLICITÀ, PASSAGGIO FONDAMENTALE DEL SOGNO DI KAKY: UNIRE STAMPA E CORRIERE - 4. L’OPERAZIONE SI POTREBBE CONCLUDERE GIÀ L’ANNO PROSSIMO. MA DOPO AVER PORTATO I DEBITI DELLA “STAMPA” IN VIA SOLFERINO, GLI AZIONISTI RCS PERMETTERANNO A KAKY PURE DI SCEGLIERE IL DIRETTORE DEL NUOVO GIORNALE? LUI, COME È NOTO, PUNTA SU MARIOPIO CALABRESI. MA STA GIRANDO UN ALTRO NOME: ANTONIO POLITO -

A cura di Marco A. Capisani per "Italia Oggi"

Publikompass esce dalla raccolta della pubblicità locale per editori terzi e diventa di fatto la concessionaria della sola Stampa di Torino, mentre il gruppo Fiat piazza uno dei suoi manager più fidati, Raffaella Papa, in Rcs. La concessionaria del gruppo editoriale che fa capo alla Fiat non seguirà più testate come il Corriere della Sera di Bologna e di Firenze, la giornalaccio rosa del Mezzogiorno, la giornalaccio rosa del Sud e la Sicilia.

Entro la fine di quest'anno cesseranno tutti i rapporti di lavoro con gli editori terzi e quelli con scadenze successive andranno a decorrere naturalmente. In mobilità finiscono 87 lavoratori di Publikompass (oltre un terzo su un forza vendita complessiva di 233), dislocati per l'appunto da Bologna e Firenze fino alla Sicilia. Secondo quanto risulta a ItaliaOggi, invece, non dovrebbero essere toccati dal provvedimento i lavoratori del Nord Ovest tricolore.

Alla base della decisione della concessionaria, così come comunicato dalla stessa società in una lettera dello scorso 17 settembre, ci sono le stime sul fatturato 2013 pari a 67 milioni di euro, in calo del 23% sull'esercizio precedente. Ma considerando il periodo 2010-2013 la contrazione dei ricavi arriva al -51%. Motivo per cui in Publikompass (tra le ultime concessionarie a seguire la raccolta locale per editori terzi) ha escluso «misure temporanee» per arginare la crisi della pubblicità, preferendo invece cercare accordi coi singoli editori per cercare di riallocare i propri dipendenti.

Con l'ulteriore ridimensionamento di Publikompass (vedere ItaliaOggi del 30/12/2010), però, riprendono peso soprattutto le indiscrezioni di una possibile aggregazione tra la stessa Pk ed Rcs Pubblicità.

In questi giorni, inoltre, Raffaella Papa si sta trasferendo dalla Stampa al gruppo milanese. Con un passato in Exor e Rinascente, a Papa erano già state affidate le funzioni centrali di Itedi, holding controllata dal gruppo Fiat, oltre che la responsabilità amministrativa e delle risorse umane della Stampa. Adesso, Papa, donna di fiducia della famiglia Agnelli, trasloca in Rcs dove Fiat è divenuto il primo azionista col 20,55%.

L'incarico ufficiale è, da metà mese, quello di coprire la funzione corporate development & business change, a diretto riporto dell'a.d. Pietro Scott Jovane, sostituendo Roberto Ravagnani. Papa contribuirà quindi sia all'implementazione del piano strategico di Rcs e sul fronte dell'm&a (mergers and acquisitions, fusioni e acquisizioni, ndr) studierà le opportunità di joint venture, d'investimento e le possibili dismissioni di attività ritenute non strategiche da Rcs (il cui patto di sindacato si riunirà il 14 ottobre e non più lunedì prossimo).

Sempre in un'ottica di fusione Publikompass-Rcs Pubblicità, poi, alla concessionaria piemontese manca ancora il vertice di comando dopo le dimissioni del d.g. Maurizio Scanavino che, alla fine dello scorso giugno, è passato al gruppo del Secolo XIX.

Il prossimo passo per la concessionaria della Stampa sarà comunque l'avvio delle trattative per chiudere le sedici strutture operative tra Bologna, Firenze, Perugia, Caserta, Napoli, Catanzaro, Cosenza, Reggio Calabria, Bari, Lecce, Agrigento, Catania, Messina, Palermo, Siracusa e Trapani.

http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/1-siete-pronti-per-la-la-stampa-della-sera-ieri-si-compiuto-il-primo-63857.htm

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DOPO L’USCITA DEL CFO SOSPESI ANCHE L’AD E IL DIRETTORE OPERATIVO DEL GIRO D’ITALIA

L’affaire Rcs Sport si ingrossa

Ancora da definire l’ammanco di cassa

Che dovrebbe essere superiore a 13 mln

Tutto sarà trasferito sotto la Pubblicità

di ANDREA MONTANARI (MF MilanoFinanza 03-10-2013)

A pochi giorni dalla presentazione ufficiale dell’edizione 2014 del Giro d’Italia, prevista per lunedì 7 ottobre, i vertici di Rcs Mediagroup completano il repulisti in seno alla controllata Rcs Sport. Così dopo l’avvio dell’audit interno, l’allontanamento del direttore amministrativo Laura Bertinotti e la nomina del nuovo ad Riccardo Taranto, ieri, secondo quanto appreso da MF-Milano Finanza, sono stati sospesi in via cautelare, non disciplinare, l’ex top manager Giacomo Catano e soprattutto il direttore operativo Michele Acquarone, colui che gestisce l’evento più importante di Rcs Sport, cioè proprio la corsa rosa.

Ma c’è di più. L’azienda guidata dall’ad Pietro Scott Jovane, proprio per far piena luce sul caso - è in arrivo un esposto in Procura per truffa e al momento si parla di un ammanco di almeno 13 milioni - ha deciso di concentrare le attività di Rcs Sport sotto Rcs Pubblicità, affidando al capo operativo della concessionaria, Raimondo Zanaboni, anche le redini della controllata che si occupa della gestione di eventi sportivi e che l’anno scorso ha registrato un fatturato di 49,8 milioni, un ebitda di 9,95 milioni e un utile di 2,99 milioni. Una sorta di commissariamento, quello deciso dal gruppo editoriale di via Rizzoli, per cercare di tappare la falla, fare chiarezza sui numeri della Sport e sulle eventuali responsabilità a livello personale.

Ai piani alti di Rcs la situazione viene monitorata con particolare attenzione, perché si teme anche un effetto-domino su tutto ciò che è il business sportivo (oltre al Giro, vengono organizzati sempre in ambito ciclistico il Dubai Tour, la Milano-Sanremo, la Tirreno-Adriatico e il Giro di Lombardia) e sugli accordi nel mondo del calcio, del podismo, del basket, dei motori e del tennis. Inoltre c’è preoccupazione per gli eventi e per la possibilità che la vicenda, che rischia di approdare in tribunale, possa inficiare anche le consolidate relazioni con gli investitori e le istituzioni locali, con le quali Rcs Sport ha sempre interagito per l’organizzazione di questi eventi. Infine, si dice nei corridoi di via Rizzoli, non va trascurato il possibile impatto sul conto economico di un eventuale e significativo buco di cassa. Così la grana Rcs Sport va a sommarsi alla già complessa ristrutturazione interna.

ItaliaOggi 03-10-2013

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