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CRAZEOLOGY

Topic "C O M P L O T T O D I F A M I G L I A"

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Joined: 06-Jun-2005
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Montezemolo è una mina vagante, temo che lo metteranno a far danni da qualche altra parte.

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Montezemolo è una mina vagante, temo che lo metteranno a far danni da qualche altra parte.

alla alitalia non si fanno danni

è un danno intrinseco

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All'Alitalia, mi sa che non appena gli arabi lo inquadrano a dovere, ossia capiscono davvero chi è e cosa può dare, lo spediscono a calci nel deretano.

Anche perché quella è un azienda tutta da ricostruire, e dove il buco è bello grosso.

Non c'è più mamma Fiaz che sborsa i soldoni a fondo perduto per avere nuove tecnologie e per lo sviluppo della monoposto.

Il Re lì è un po' più nudo che da altre parti...

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Giraudo: “All’epoca di Tangentopoli non

parlai coi pm, querelo per diffamazione”

di ANDREA GIAMBARTOLOMEI (il Fatto Quotidiano.it 23-09-2014)

Sulle tangenti della Fiat degli anni Novanta continuano a volare stracci tra gli ex dirigenti. Ora Antonio Giraudo non vuole passare come il “corvo” che denunciava le mazzette del Lingotto alla procura di Torino. Per questo motivo il manager, ex segretario e amministratore dei beni di Umberto Agnelli ed ex amministratore delegato della Juventus, ha querelato l’ex capo dell’ufficio legale della società, Ezio Gandini, per una frase riferita durante un processo. L’esposto è stato depositato dall’avvocato Michele Galasso alla procura di Milano la scorsa settimana. Tutto nasce da un procedimento in corso al tribunale milanese che vede seduti al banco degli imputati Cesare Romiti, ex amministratore delegato della casa automobilistica, e il giornalista Davide Giacalone, firma di Libero, autore di un articolo pubblicato il 29 aprile 2012 nel quale lanciava accuse pesanti verso Marcello Maddalena, attuale procuratore generale di Torino.

Il pezzo prendeva spunto da un libro-intervista di Paolo Madron a Romiti, “Storia segreta del capitalismo italiano”: in entrambi si sosteneva che nei giorni di Tangentopoli il magistrato avesse chiesto al responsabile dell’ufficio legale della Fiat Gandini di fermare le lotte interne all’azienda (da una parte Cesare Romiti, dall’altra Umberto Agnelli) perché i dirigenti del Lingotto, in particolar modo quelli dell’entourage di Umberto, stavano intasando la procura con soffiate anonime. Secondo il giornalista il procuratore avrebbe commesso degli illeciti: “Maddalena commise un reato, violando i doveri d’ufficio e informando la parte indagata, addirittura suggerendo un preventivo inquinamento delle prove”, si legge in quell’articolo. Il magistrato nega e, sentendosi diffamato, ha querelato sia il giornalista, sia la fonte dell’informazione, cioè Romiti. A Milano il pm Paolo Filippini ha chiesto di processare Giacalone e Romiti e il gup li ha rinviati a giudizio.

Così, durante un’udienza, viene sentito come testimone Ezio Gandini. Come riportava il Corriere della Sera il 12 luglio scorso, il teste ha ricordato il colloquio con il procuratore: “Chiesi a Maddalena se a fare uscire notizie, nell’entourage di Umberto Agnelli, fosse Galateri, che sapevo essere stato compagno di scuola del pm Sandrelli titolare dell’indagine, ma Maddalena disse ‘no no’. Gli chiesi allora se fosse Giraudo e Maddalena rimase zitto”. La frase di Gandini sembra alludere al fatto che Giraudo fosse l’autore delle soffiate e per questa ragione adesso anche il manager ha deciso di fare una querela. “Si tratta di un’affermazione gravissima – si legge nell’esposto depositato dall’avvocato Galasso a Milano -: l’avvocato Gandini lascia intendere all’uditorio che l’alto dirigente Fiat, dell’entourage di Umberto Agnelli, informava la procura facendo ‘soffiate anonime’ contro la Fiat e per pure ragioni di lotta interna era il sottoscritto”.

Giraudo sostiene poi che la testimonianza è “totalmente falsa storicamente” perché lui “non ha mai neppure concepito di poter fornire informazioni anonime contro la società per la quale lavorava con un ruolo di responsabilità di rilievo”. Sulla base di ciò fornisce anche un elemento per smentire Giacalone e Romiti, dando ragione al pg Maddalena, “la cui ascetica rettitudine è consacrata da una vita di impegno per la giustizia universalmente riconosciuta”. Inoltre, aggiunge, dietro il racconto di questo episodio dell’incontro con il magistrato, ai tempi riferito da Romiti a Gianni Agnelli e messo per iscritto da un notaio, ci celerebbe soltanto una cattiva abitudine del mondo industriale: quei gesti “si iscrivono perfettamente nella logica di svalutazione del concorrente agli occhi del capo che permea molte realtà imprenditoriali nel mondo e certamente permeava il mondo dirigenziale Fiat di quegli anni”. Insomma, Gandini e l’ad Romiti avrebbero raccontato tutto ciò al presidente Fiat Gianni Agnelli per screditare il fratello Umberto e Giraudo in una competizione che forse continua ancora oggi.

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.segreto

Tira aria di inchiappettamento. sefz

.read .read .read


24 SET 2014 15:28
1. PERIODO NERO PER MONTEZUMA: DOPO LA FERRARI, SFUMA LA POLTRONA IN ALITALIA? - 2. PARE CHE JAMES HOGAN NON SIA STATO COLPITO FAVOREVOLMENTE DA UN FUTURO PRESIDENTE DI ALI-ETIHAD FATTO FUORI COSÌ BRUTALMENTE DA MARPIONNE DALLA FERRARI - 3. RETROSCENA SUGLI ULTIMI GIORNI DI LUCHINO CON LA VISITA INASPETTATA DI MARCHIONNE - 4. LA CACCIATA DI BELLI CAPELLI È STATA IN QUALCHE MODO FESTEGGIATA ANCHE DA YAKI ELKANN, NONOSTANTE NON SIA RIUSCITO A PRENDERE IL SUO POSTO. PER YAKI, CON LA GIUBILAZIONE DI MONTEPREZZEMOLO È DEFINITIVAMENTE TRAMONTATO IL VECCHIO SISTEMA AGNELLI-FIAT DEI GRANDE STEVENS, DEI GABETTI E DEI “TUTORI” IN GENERALE - 5. NTV CERCA UN NUOVO AD: FINISCE L’ERA DI ANTONELLO PERRICONE, FEDELISSIMO DI LUCHINO - 6. NTV SALVATA DALLO STATO E FUSA IN FERROVIE, COME AVVENNE PER AIR ONE-ALITALIA?


1. DAGOREPORT


Più passano i giorni e, in attesa cha la Commissione Ue dia il suo via libera ad Alitalia-Etihad, più cresce la paura di Luca Cordero di Montezemolo di non farcela ad agguantare la presidenza. James Hogan, il muscolare boss della compagnia degli Emirati, sta cambiando idea e pensa che non sia una bella pensata prendersi uno fatto fuori così brutalmente dalla Fiat.

Del resto, quando si era cominciato a parlare della presidenza di Alitalia, il quadro era ben diverso. Montezemolo era il presidente della Ferrari, marchio amatissimo dagli Emiri, e aveva raccontato a Hogan che se ci fosse stata una sua uscita da Maranello questa sarebbe stata ultra-soft e consensuale. Invece Marpionne lo ha cacciato via a pedate e Hogan si è sentito un po’ preso in giro.

Anche Marpionne si sentì preso in giro da Montezuma, prima di reagire duramente. E’ accaduto nella settimana prima del Gran premio di Monza, quando Bellicapelli ha dichiarato alla stampa di avere ancora tre anni di contratto.

Il giorno dopo – era venerdì – Marpionne è piombato a Maranello senza preavviso e ha detto al presidente della Ferrrari che quell’uscita se la poteva evitare. Poi, a brutto muso, lo ha messo al muro con termini irripetibili, peggio di una ghigliottina. Il resto è storia nota, con le debacle di Monza e Marpionne che inizia le procedure di licenziamento a mezzo stampa in quel di Cernobbio.

La cacciata di Montezemolo è stata in qualche modo festeggiata anche da Yaki Elkann, nonostante non sia riuscito a prendere il suo posto perché lo voleva a tutti i costi Marpionne. Per il giovane Elkann, con la giubilazione di Montezemolo è definitivamente tramontato il vecchio sistema Agnelli-Fiat dei Grande Stevens, dei Gabetti e dei “tutori” in generale.

Se ritorna indietro ai giorni della cacciata, Montezemolo ripensa anche alla mancata solidarietà di un altro vecchio personaggio dei tempi dell’Avvocato come Giovanni Malagò. Luchino di Montepariolo ci è rimasto male, ma non ha fatto i conti con la Samocar, la grande concessionaria Ferrari-Maserati di un Malagò che non poteva certo mettersi contro Marpionne.

Adesso sono giorni tesi per la poltrona Alitalia e per Montezuma il rischio, alla fine, è quello di trovarsi solo a che fare con la patata bollente del treno Italo, impiombato di debiti. La sua speranza è sempre quella di uno “schema Air One”, con Ntv salvata dallo Stato e fusa in Ferrovie, come avvenne per la compagnia aerea di Carlo Toto ai tempi dell’operazione Alitalia. Ma a Palazzo Chigi, per ora, da questo orecchio non ci sentono.


2. “NTV, PRESSING DEI SOCI: NUOVO AD AL PIÙ PRESTO”
R. Dim. per il “Il Messaggero”.

Pressing di alcuni azionisti per accelerare la svolta manageriale in Ntv, la società di Italo alle prese con 683 milioni di debiti. Le banche guidate da Intesa Sanpaolo hanno concesso una tregua (standstill) sino a fine anno per consentire il varo di un piano di ristrutturazione articolato sul versante finanziario e di altri interventi regolatori.
Oggi il cda presieduto da Antonello Perricone dovrebbe limitarsi a fare il punto sul riassetto senza prendere decisioni. Alle banche, riunite tre settimane fa, era stata promessa la presentazione di una proposta per questa settimana. Ci vorrà altro tempo. I soci sono divisi. L’advisor Lazard ha concluso il giro fra di loro: Diego Della Valle, Luca di Montezemolo, Gianni Punzo hanno il 35%, Intesa Sanpaolo e Sncf il 20% a testa, Generali il 15%, Alberto Bombassei e Isabella Seragnoli il 5% a testa, Giuseppe Sciarrone l’1,5%.
Dal giro sarebbe emerso da parte dei soci finanziari e di Sncf la volontà di procedere al più presto a un ricambio al timone con l’arrivo di un nuovo ad: la ricerca sarebbe in corso anche con l’ausilio di un cacciatore di teste. Sembra però che Della Valle e Montezemolo non ritengano questa una priorità rispetto al rafforzamento patrimoniale e alla manovra sul debito. Gli altri azionisti invece spingono affinché arrivi un nuovo timoniere al quale subordinano l’adesione all’aumento di capitale il cui ammontare resta indefinito.
L’avvento dell’ad viene considerato la garanzia per l’attuazione di un nuovo piano industriale che deve poter contare, oltre alla ristrutturazione del debito, anche su interventi delle Autorità sui prezzi e i certificati bianchi, cioè le agevolazioni sulle tariffe energetiche la cui abolizione da parte del governo ha acuito la crisi di Italo mandando su tutte le furie Della Valle che proprio per questo ha ritirato l’endorsement nei confronti del premier.
Intesa, oltre che azionista, è anche la banca più esposta con 394 milioni e funge da trait-d’union fra gli altri istituti (Mps, Banco Popolare, Bnp-Bnl) e l’advisor. Dai colloqui in corso, sarebbe emerso che le banche sono contrarie alla conversione di parte dei crediti in strumenti finanziari partecipativi, ipotesi inizialmente considerata ma ora accantonata assieme ad un’altra: quella di un write-off, cioè della cancellazione di una parte dei crediti.
Intesa e gli altri creditori sono invece pronti a una rimodulazione delle scadenze delle varie tranche (i 445,7 milioni della garanzia sul leasing scadono a fine 2024) e delle condizioni. Questo potrebbe favorire il rilancio basato su iniziative nuove di zecca, come il varo della nuova tratta Salerno-Torino.
Intanto rispetto al Frecciarossa super veloce, ieri Ntv ha comunica che «Italo è progettato per andare a 360 km all’ora e sarà in grado di raggiungere lo stesso tempo di percorrenza tra Milano e Roma nel momento in cui le autorità competenti consentiranno tali tempi».

http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/periodo-nero-montezuma-dopo-ferrari-sfuma-poltrona-85122.htm

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(.....)

Giraudo sostiene poi che la testimonianza è “totalmente falsa storicamente” perché lui “non ha mai neppure concepito di poter fornire informazioni anonime contro la società per la quale lavorava con un ruolo di responsabilità di rilievo”. Sulla base di ciò fornisce anche un elemento per smentire Giacalone e Romiti, dando ragione al pg Maddalena, “la cui ascetica rettitudine è consacrata da una vita di impegno per la giustizia universalmente riconosciuta”. Inoltre, aggiunge, dietro il racconto di questo episodio dell’incontro con il magistrato, ai tempi riferito da Romiti a Gianni Agnelli e messo per iscritto da un notaio, si celerebbe soltanto una cattiva abitudine del mondo industriale: quei gesti “si iscrivono perfettamente nella logica di svalutazione del concorrente agli occhi del capo che permea molte realtà imprenditoriali nel mondo e certamente permeava il mondo dirigenziale Fiat di quegli anni”. Insomma, Gandini e l’ad Romiti avrebbero raccontato tutto ciò al presidente Fiat Gianni Agnelli per screditare il fratello Umberto e Giraudo in una competizione che forse continua ancora oggi.

Per me questo tratto non è affatto inverosimile. Son cose che capitano in certi ambienti.

Cmq sia in un caso che nell'altro si spiegherebbero tante cose.

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Joined: 08-Jul-2006
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pace armata sempre

appena qualcosa rompe certi equilibri

guerra totale

e poi ritrovate le giuste misure .............. amici....oddio amici.... come prima

io ho imparato a non scheirarmi in queste lotte in qualsiasi ambito anche politico

,per quello che potrebbe valere,

tanto noi siamo solo carne da cannone

vedi juve

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io ho imparato a non scheirarmi in queste lotte in qualsiasi ambito anche politico

,per quello che potrebbe valere,

tanto noi siamo solo carne da cannone

vedi juve

.penso

Abbiamo una certa affinità. Sarà anche un fatto di carattere, ma io per primo trovo la cosa un po' fastidiosa.

Solo che io invece penso anche che prima o poi nella vita, nostro malgrado bisogna schierarsi.

Deve essere un fatto raro, ovviamente. Non può essere una costante.

Il punto è che devi farlo sempre rispettando ciò che sei e ciò che pensi, in modo che nessuno possa strumentalizzarti.

E devi essere pronto a cambiare idea in qualunque momento e, in casi estremi, purtroppo, anche a rimanere da solo.

Schierarsi e rimanere libero allo stesso tempo non è facile, ma si può fare. Costa molto, ma è possibile.

Per come la vedo io, chiunque, anche un gentile e onesto signore che vive tra stradine bianche, cipressi verdi, casolari ben tenuti, e paesi vivibili non lontani dal mare, forse, ad un certo punto della sua vita, dovrà schierarsi.

Starne sempre fuori paga quasi sempre, ma è troppo lucido e troppo freddo come atteggiamento.

La storia si fa mettendo ognuno di noi un mattoncino... Bisogna solo decidere quando è il caso di mettere il proprio.

Ma ovviamente si tratta di una mia opinione del tutto personale.

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Joined: 08-Jul-2006
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.penso

Abbiamo una certa affinità. Sarà anche un fatto di carattere, ma io per primo trovo la cosa un po' fastidiosa.

Solo che io invece penso anche che prima o poi nella vita, nostro malgrado bisogna schierarsi.

Deve essere un fatto raro, ovviamente. Non può essere una costante.

Il punto è che devi farlo sempre rispettando ciò che sei e ciò che pensi, in modo che nessuno possa strumentalizzarti.

E devi essere pronto a cambiare idea in qualunque momento e, in casi estremi, purtroppo, anche a rimanere da solo.

Schierarsi e rimanere libero allo stesso tempo non è facile, ma si può fare. Costa molto, ma è possibile.

Per come la vedo io, chiunque, anche un gentile e onesto signore che vive tra stradine bianche, cipressi verdi, casolari ben tenuti, e paesi vivibili non lontani dal mare, forse, ad un certo punto della sua vita, dovrà schierarsi.

Starne sempre fuori paga quasi sempre, ma è troppo lucido e troppo freddo come atteggiamento.

La storia si fa mettendo ognuno di noi un mattoncino... Bisogna solo decidere quando è il caso di mettere il proprio.

Ma ovviamente si tratta di una mia opinione del tutto personale.

TI QUOTO IN TUTTO

hai ragione in tutto

come suol dirrsi

anche nelle virgole

ma io sono stanco

ho diciamo qualche anno più di te

ora tocca a voi

io mi sento spremuto

è umano

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Joined: 20-Apr-2009
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OT Leggete cosa scrivono i giudici d Milano a proposito della "Vox Populi", si il famoso sentimento popolare che fu uno dei motivi principali che ci mandarono in serie B, non perche' avessero trovato chissa' quali prove gravi.

La Procura di Milano, scrivono i giudici, ha finito "nella sostanza per recepire le voci diffusesi dopo il fatto tra le persone accorse sul posto". E cioè che "egli fosse stato ammazzato di botte".

La Procura avrebbe seguito la "vox populi che è stata espressamente evocata dal pm", Gaetano Ruta, "anche in sede di discussione finale". Ma "come è ben noto la vox populi è un dato assai pericoloso, perché il suo acritico recepimento nelle aule di giustizia può essere all'origine delle peggiori degenerazioni della giustizia". Secondo i giudici, Ferrulli "dopo aver proferito reiterate ingiurie e minacce all'indirizzo dei poliziotti, dopo essersi rifiutato di fornire i documenti e dopo aver addirittura aggredito uno dei poliziotti, poteva essere legittimamente ammanettato"

http://milano.repubblica.it/cronaca/2014/10/01/news/mor_durante_l_arresto_i_giudici_che_assolsero_i_4_poliziotti_i_loro_colpi_a_ferrulli_erano_necessari-97057034/?ref=HREC1-2

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Joined: 14-Jun-2008
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Fiat a Wall Street, la Famiglia adesso è solo una famiglia

di RICCARDO RUGGERI (MF 08-10-2014)

Nelle scorse settimane, commentando la conferenza stampa di Maranello, ove Marchionne ha formalizzato il licenziamento di Montezemolo, avvenuto un paio di giorni prima a Cernobbio, avevo anticipato la giustezza della decisione. Montezemolo, in Fiat, aveva sempre avuto uno status curioso: era sì un manager, ma pur non essendo un membro (di sangue) della famiglia Agnelli, in qualche modo ne faceva parte, era quello che i romani chiamavano familiaris. Come noto, nel business contano solo i numeri: i suoi in Ferrari, straordinari, lo collocano nella fascia alta dei grandi manager italiani. Curiosamente, i media non gli hanno mai dato il riconoscimento che meritava. Nell’ottica della quotazione a New York di Fca i numeri esaltanti di Ferrari dovevano far dimenticare quelli imbarazzanti di Fiat, in Europa e ora anche in Brasile. Montezemolo era quindi troppo ingombrante col processo che si era avviato; motivi tattici, logici, hanno consigliato di metterlo da parte.

Il processo si conclude il 13 ottobre (lunedì prossimo) a New York. Wall Street certificherà la trasformazione di una società famigliare come Fiat, governata per quattro generazioni dagli Agnelli, in una public company americana. Anche per me si conclude un ciclo, da molti anni scrivo su Fiat in un’ottica di investitore (come ovvio col supporto tecnico-professionale- culturale dell’essere stato un ex) e proprio il 13 ottobre prossimo uscirà Fiat, una storia d’amore (finita). Da anni aspettavo il momento dell’ipo per avere conferma di ciò che scrivo fin dal 2009: l’establishment americano, quello che aveva allora deciso di salvare, con i quattrini dei contribuenti americani e la sottomissione forzosa dei sindacati Usa, la fallita Chrysler e, già che c’era, pure la Fiat Auto, non poteva non riportare in terra americana l’investimento fatto. Quando ci sono di mezzo i quattrini gli americani non scherzano.

La logica sottesa all’ipo è il futuro, si tende a enfatizzare gli aspetti positivi del business, piuttosto che i risultati del passato (in questo senso Fca sarà avvantaggiata), la tentazione di buttare, come si dice, il cuore oltre l’ostacolo è spesso presente. In questo caso, John Elkann e Sergio Marchionne hanno deciso che il roadshow avvenga dopo il 13 ottobre e che sia rapido (secondo Marchionne due cambi di biancheria bastano). Personalmente lo interpreto come un messaggio di sicurezza che inviano al mercato. Adesso è chiaro perché è anni che sostengo che Marchionne, in possesso di un’alta managerialità di tipo societario-finanziario, fosse la persona giusta per questa operazione, che si avvia alla conclusione. Un tipo di managerialità che nulla aveva a che fare (come veniva spacciato dai media e dagli esperti) con gli aspetti di innovazione prodotti, industriali, tecnologici, produttivi, alla base di Fabbrica Italia. Occorreva preparare un contenitore societario-finanziario perfetto, dargli una strategia di respiro internazionale, mantenere quello che serviva, espellere il superfluo. E lui l’ha fatto, con il giusto tasso di cinismo richiesto. Gli investitori che hanno creduto a questa sua specifica professionalità, tra i quali mi colloco, gliene sono grati, avendo avuto un interessante ritorno sugli investimenti fatti.

In quest’ottica, risulta evidente che la sostituzione di Montezemolo, non con John Elkann ma con Marchionne, era doverosa. Nel momento in cui la Famiglia ha scelto il protocollo Marchionne, ha automaticamente perso per sempre la maiuscola, è diventata una famiglia molto benestante (il valore economico diviso per 200-300 nuclei famigliari comunque è quello che è), che funge da azionista di riferimento. Non lasciamoci ingannare dal trucchetto dei doppi voti (come previsto dalla legislazione olandese), la Famiglia, al momento giusto, potrà vendere, in parte, o tutta la sua partecipazione, ed Exor sarà una normale holding di private equity.

Si verificherà pure (avendolo lui stesso dichiarato) la successiva uscita di Marchionne, per un motivo ovvio: ha costruito il contenitore, ha dato all’azienda una strategia; ora Fca ha responsabilità ben chiare, deve progettare, costruire, vendere automobili nel segmento Premium, il più difficile. A parte che questo non è il suo mestiere, oltretutto credo che Marchionne non sia neppure il tipo da anelare a un tal ruolo. Ve lo assicuro, è un ruolo molto noioso, a meno che uno non abbia avuto, fin da adolescente, il fuoco sacro, tipico dei car guy. Esaminando i concorrenti, ormai questo fuoco lo trovi solo negli uomini Volkswagen e Toyota, che non per nulla sono leader assoluti: fanno auto che appartengono a un altro pianeta.

Una domanda si pone il cittadino: quale sarà il nuovo rapporto Fiat-Italia? Ovvia la risposta: l’Italia resta un mercato, ma il «Terra, Mare, Cielo» dell’Avvocato è scomparso, sostituito dalla crudele definizione dell’Economist: «Fiat? Una casa d’auto brasiliana con alcune fabbriche in Europa». Il peso politico degli Agnelli in Italia è ridimensionato: qualche stabilimento, la partecipazione in Rcs, la Juventus. Per chi studia i comportamenti organizzativi delle leadership, Fca è stato un affascinante business case, e per me pure la fine (serena) di un amore durato 80 anni. Meritava di essere raccontato in un libro. Ho cercato di farlo.

Modificato da Ghost Dog

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a loro frega nulla

siamo noi che rimaniamo con i .....lotito ....per non entrare in politica che qui è ot

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IL SOLE 24ORE 14-10-2014

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la Repubblica.it 15-10-2014

Montezemolo: "Mi aspettavo un

grazie dalla famiglia Agnelli"

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quoto il dito

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Fiat a Wall Street, la Famiglia adesso è solo una famiglia

di RICCARDO RUGGERI (MF 08-10-2014)

Nelle scorse settimane, commentando la conferenza stampa di Maranello, ove Marchionne ha formalizzato il licenziamento di Montezemolo, avvenuto un paio di giorni prima a Cernobbio, avevo anticipato la giustezza della decisione. Montezemolo, in Fiat, aveva sempre avuto uno status curioso: era sì un manager, ma pur non essendo un membro (di sangue) della famiglia Agnelli, in qualche modo ne faceva parte, era quello che i romani chiamavano familiaris. Come noto, nel business contano solo i numeri: i suoi in Ferrari, straordinari, lo collocano nella fascia alta dei grandi manager italiani. Curiosamente, i media non gli hanno mai dato il riconoscimento che meritava. Nell’ottica della quotazione a New York di Fca i numeri esaltanti di Ferrari dovevano far dimenticare quelli imbarazzanti di Fiat, in Europa e ora anche in Brasile. Montezemolo era quindi troppo ingombrante col processo che si era avviato; motivi tattici, logici, hanno consigliato di metterlo da parte.

Il processo si conclude il 13 ottobre (lunedì prossimo) a New York. Wall Street certificherà la trasformazione di una società famigliare come Fiat, governata per quattro generazioni dagli Agnelli, in una public company americana. Anche per me si conclude un ciclo, da molti anni scrivo su Fiat in un’ottica di investitore (come ovvio col supporto tecnico-professionale- culturale dell’essere stato un ex) e proprio il 13 ottobre prossimo uscirà Fiat, una storia d’amore (finita). Da anni aspettavo il momento dell’ipo per avere conferma di ciò che scrivo fin dal 2009: l’establishment americano, quello che aveva allora deciso di salvare, con i quattrini dei contribuenti americani e la sottomissione forzosa dei sindacati Usa, la fallita Chrysler e, già che c’era, pure la Fiat Auto, non poteva non riportare in terra americana l’investimento fatto. Quando ci sono di mezzo i quattrini gli americani non scherzano.

La logica sottesa all’ipo è il futuro, si tende a enfatizzare gli aspetti positivi del business, piuttosto che i risultati del passato (in questo senso Fca sarà avvantaggiata), la tentazione di buttare, come si dice, il cuore oltre l’ostacolo è spesso presente. In questo caso, John Elkann e Sergio Marchionne hanno deciso che il roadshow avvenga dopo il 13 ottobre e che sia rapido (secondo Marchionne due cambi di biancheria bastano). Personalmente lo interpreto come un messaggio di sicurezza che inviano al mercato. Adesso è chiaro perché è anni che sostengo che Marchionne, in possesso di un’alta managerialità di tipo societario-finanziario, fosse la persona giusta per questa operazione, che si avvia alla conclusione. Un tipo di managerialità che nulla aveva a che fare (come veniva spacciato dai media e dagli esperti) con gli aspetti di innovazione prodotti, industriali, tecnologici, produttivi, alla base di Fabbrica Italia. Occorreva preparare un contenitore societario-finanziario perfetto, dargli una strategia di respiro internazionale, mantenere quello che serviva, espellere il superfluo. E lui l’ha fatto, con il giusto tasso di cinismo richiesto. Gli investitori che hanno creduto a questa sua specifica professionalità, tra i quali mi colloco, gliene sono grati, avendo avuto un interessante ritorno sugli investimenti fatti.

In quest’ottica, risulta evidente che la sostituzione di Montezemolo, non con John Elkann ma con Marchionne, era doverosa. Nel momento in cui la Famiglia ha scelto il protocollo Marchionne, ha automaticamente perso per sempre la maiuscola, è diventata una famiglia molto benestante (il valore economico diviso per 200-300 nuclei famigliari comunque è quello che è), che funge da azionista di riferimento. Non lasciamoci ingannare dal trucchetto dei doppi voti (come previsto dalla legislazione olandese), la Famiglia, al momento giusto, potrà vendere, in parte, o tutta la sua partecipazione, ed Exor sarà una normale holding di private equity.

Si verificherà pure (avendolo lui stesso dichiarato) la successiva uscita di Marchionne, per un motivo ovvio: ha costruito il contenitore, ha dato all’azienda una strategia; ora Fca ha responsabilità ben chiare, deve progettare, costruire, vendere automobili nel segmento Premium, il più difficile. A parte che questo non è il suo mestiere, oltretutto credo che Marchionne non sia neppure il tipo da anelare a un tal ruolo. Ve lo assicuro, è un ruolo molto noioso, a meno che uno non abbia avuto, fin da adolescente, il fuoco sacro, tipico dei car guy. Esaminando i concorrenti, ormai questo fuoco lo trovi solo negli uomini Volkswagen e Toyota, che non per nulla sono leader assoluti: fanno auto che appartengono a un altro pianeta.

Una domanda si pone il cittadino: quale sarà il nuovo rapporto Fiat-Italia? Ovvia la risposta: l’Italia resta un mercato, ma il «Terra, Mare, Cielo» dell’Avvocato è scomparso, sostituito dalla crudele definizione dell’Economist: «Fiat? Una casa d’auto brasiliana con alcune fabbriche in Europa». Il peso politico degli Agnelli in Italia è ridimensionato: qualche stabilimento, la partecipazione in Rcs, la Juventus. Per chi studia i comportamenti organizzativi delle leadership, Fca è stato un affascinante business case, e per me pure la fine (serena) di un amore durato 80 anni. Meritava di essere raccontato in un libro. Ho cercato di farlo.

abbiamo gia mucchetti

ci basta e ci avanza

non potete tutti far soldi sputando sulla famiglia

e dicendo ciò che tutti vogliono ascoltare

a prescindere da cio che dite.......

mo basta

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abbiamo gia mucchetti

ci basta e ci avanza

non potete tutti far soldi sputando sulla famiglia

e dicendo ciò che tutti vogliono ascoltare

a prescindere da cio che dite.......

mo basta

Infatti, ora ci hanno davvero rotto i cojoi loro e i rosiconi che sono verso la famiglia Agnelli. Ma che andassero un po' a rompe' le palle alla saras a mediaset alla pirelli

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Fca-Cnh supera Eni nella classifica dei ricavi
La fotografia annuale di Mediobanca: Exor torna sopra la soglia dei 24mila addetti. Performance del cane a sei zampe penalizzata dal calo del prezzo del petrolio
23/10/2014

Complice il calo dei prezzi del greggio, Eni perde il podio delle principali società industriali italiane. A scalzarla è Exor. Il sorpasso delle auto sul petrolio è la maggiore novità della classifica delle Principali società italiane per fatturato, stilata come ogni anno dall’Ufficio Studi di Mediobanca, giunta alla sua 49esima edizione.

La classifica fa parte di un’indagine stilata in base ai bilanci 2013 di 2.467 imprese dell’industria e dei servizi con almeno 50 milioni di euro di fatturato, ma il sorpasso è avvenuto nel primo semestre del 2014, in cui Exor ha realizzato vendite per 58,1 miliardi di euro, contro i 56,6 miliardi dell’Eni, penalizzata dalla flessione dei prezzi del petrolio dovuta, tra l’altro, al calo della domanda globale e all’aumento della produzione con tecnologie innovative come la fratturazione idraulica (fracking). Altra novità, per la prima volta dal 1989-90, Exor torna a superare la soglia dei 300mila dipendenti (306mila), con una distribuzione geografica però molto diversa rispetto al passato, che riflette l’espansione internazionale del gruppo: oggi lavora in Italia il 26% della forza-lavoro, contro l’80% di fine anni Ottanta. La classifica 2013, comunque, vede ancora Eni al primo posto, con 114,7 miliardi di ricavi (-9,8% sul 2012; il prezzo del greggio in dollari nel 2013 è calato del 2,6%, dopo il +0,3% del 2012 e il +40% del 2011), davanti a Exor a 113,7 miliardi (+2,8%), a un’incollatura dal Cane a Sei Zampe.

TotalErgsi piazza diciassettesima, da quindicesima, seguita da Pirelli, diciottesima da ventesima, e da Ge Italia Holding, la ex Nuovo Pignone, unica new entry del 2013, che guadagna dieci posizioni grazie al notevole aumento di fatturato (+39,9%) dovuto all’ampliamento del perimetro di consolidamento (Sondex e Ge Avio). Chiude la top 20 A2A, con fatturato in calo del 14,2%, in ventesima posizione (era diciannovesima). Esce dalla classifica Riva Fire, che era undicesima nel 2011, con vendite superiori a 10 miliardi di euro. Non entrano in classifica perché la holding è una società di diritto estero alcune importanti realtà industriali attive nel nostro Paese, come il gruppo Tenaris della famiglia Rocca (8 mld di fatturato nel 2013, sarebbe dodicesimo), parte del gruppo Techint, fondato a Buenos Aires da Agostino Rocca, uno dei padri della siderurgia italiana, dopo la Seconda Guerra Mondiale. Sono fuori anche St, joint venture pubblica italofrancese, e il gruppo Ferrero, controllato dalla lussemburghese Ferrero SA, con 8,1 miliardi di fatturato nel 2013 (2,7 miliardi in Italia). Inoltre, le attività italiane del gruppo francese Lactalis della famiglia Besnier, che ha rilevato Parmalat, hanno toccato nel 2013 i 6,7 miliardi, facendone il secondo gruppo alimentare italiano dietro Ferrero, mentre le attività italiane di Whirlpool e Indesit/Fineldo hanno toccato i 3,9 miliardi, trentunesime e le prime nel «bianco». Infine, gli interessi italiani della famiglia francese Mulliez, con i marchi Auchan-Sma, Decathlon, Leroy Merlin, Brico Center e Bricoman) toccano i 7,5 miliardi, fatturato che li collocherebbe in 14esima posizione.

http://www.lastampa.it/2014/10/23/economia/fcacnh-supera-eni-nella-classifica-dei-ricavi-U6FM6f3iqewslIEqP4Pj1J/pagina.html

Modificato da ClaudioGentile

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Joined: 21-Jan-2008
21848 messaggi

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Torino, 24 ott - "Il rapporto con Exor e' perfetto. Abbiamo un azionista di maggioranza che ci dà sempre pieno sostegno e questo vale in primis anche tra me e mio cugino Jaki, dove il rapporto e' di continuo scambio di vedute, e' estremamente soddisfacente dal punto di vista professionale e umanamente di grande affetto". Cosi' Andrea Agnelli, presidente della Juventus, rispondendo agli azionisti all'assemblea della squadra bianconera allo stadio della Juventus. Exor e' azionista di maggioranza della Juventus.

Secondo voi è stato sincero? Mi piacerebbe conoscere soprattutto l'opinione di Craze, che di intrecci familiari se ne intende.

Modificato da - Domenico -

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Joined: 08-Jul-2006
21013 messaggi

 

 

Secondo voi è stato sincero? Mi piacerebbe conoscere soprattutto l'opinione di Craze, che di intrecci familiari se ne intende.

nel mio piccolo ti dico che l'unico collante

a certi livelli....... e non solo 

è linteresso tradotto in italiano politicamente corretto

la comunanza di obbiettivi

che sono ....................fai tu

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Joined: 14-Jun-2008
11014 messaggi
QUOTIDIANO NAZIONALE 06-12-2014

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Ahia! Niente ricorsi storici, plz!

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Joined: 01-May-2010
20320 messaggi

 

 

Secondo voi è stato sincero? Mi piacerebbe conoscere soprattutto l'opinione di Craze, che di intrecci familiari se ne intende.

 

Io direi sincerissimamente sincerrimo!

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