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andrea

Tifoso Juventus
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Tutti i contenuti di andrea

  1. Un po' come la storia di Beppe Severgnini e Scarlett Johansson
  2. In un'intervista, mi pare ieri, ha detto che sui social, per vivere tranquillo, non parla di calcio
  3. AVVISATE PRESIDENTI (E ARBITRI) DELLA SERIE A: PER PIU’ DI UN ITALIANO SU DUE IL CAMPIONATO È SEMPRE MENO CREDIBILE (LA QUOTA DEL 54% E’ MOLTO PIÙ ELEVATA RISPETTO AL 2015 QUANDO LO SCETTICISMO ERA ESPRESSO DAL 45%) – SECONDO IL SONDAGGIO “DEMOS” I CONTINUI SCANDALI MINANO LA FIDUCIA NEL CAMPIONATO ITALIANO - LA JUVENTUS È LA SQUADRA CON PIÙ TIFOSI, DIETRO LE MILANESI, IL NAPOLI, LA ROMA E LA LAZIO… 20.03.2023 15:38 Estratto dell'articolo di Ilvo Diamanti per “la Repubblica” TIFOSI JUVENTUS Il tifo, in Italia, è una passione diffusa e continua. Quasi una “fede”. Con la differenza che il rapporto con la religione si è indebolito. Molto più della “fede” calcistica. È ciò che si osserva nel recente sondaggio condotto da Demos per Repubblica , dedicato all’evoluzione del tifo in Italia nell’ultimo decennio. E oltre. Si tratta di una questione che abbiamo affrontato altre volte, in passato, registrando, sempre, attenzione elevata. Oltre a qualche polemica. Inevitabile. A conferma che si tratta di un sentimento “con-diviso”. Che, per questo, “divide”. Non solo in Italia. Basta rammentare, negli ultimi giorni, gli scontri fra i tifosi di Napoli ed Eintracht Francoforte, prima e dopo la partita di Champions League allo stadio intitolato a Diego Maradona. D’altronde, in Italia, oltre metà dei cittadini, per la precisione: il 54%, si dice “tifoso di calcio”. Cioè, coinvolto dalla “passione” per una squadra. Che diviene una “bandiera”. EVOLUZIONE TIFO SONDAGGIO DEMOS Per una componente di persone cresciuta negli ultimi dieci anni, dopo il 2015. E tornata su livelli analoghi al 2009. Spinta, negli ultimi anni, dalla fine (per ora...) del Covid. Che ha favorito la possibilità di assistere agli eventi sportivi “in presenza”. Peraltro, in Italia, il calcio è un argomento che appassiona, ma, per lo stesso motivo, solleva polemiche. TIFO SONDAGGIO DEMOS 5 Senza soluzione di continuità. Basti pensare alla penalizzazione (di 15 punti) decretata ai danni della Juventus. Una decisione che ha spinto i bianconeri lontano dalla zona scudetto e dalle posizioni che contano per entrare nelle coppe europee. TIFO SONDAGGIO DEMOS 55 Si spiega così e con altri scandali avvenuti in passato la sfiducia crescente che agita il mondo del calcio. Oggi, infatti, il 54% dei tifosi ritiene il campionato “meno credibile rispetto a 10 anni fa”. Una quota molto più elevata rispetto al decennio precedente. Quando, nel 2015, lo scetticismo circa la regolarità del campionato era espresso dal 45%. Sempre tanti.
  4. Allora è vero che il meno nove non era afflittivo!
  5. Il Napoli potrà preparare le partite con tranquillità, il City deve rimontare l'Arsenal
  6. Alla UEFA converrebbe una finale City-Real piuttosto che City-Napoli
  7. Non è detto che il Napoli vince la Champions, magari la vince l'Inter...
  8. Intanto Ceferin apre alle multiproprietà nel calcio
  9. Comunque c'è un bel clima... "ADL ACCETTA UN CONSIGLIO, SMETTI CON LA DROGA PRIMA TU E TUO FIGLIO" - GLI ULTRAS NAPOLETANI DELLA "CURVA A" HANNO APPESO UNO STRISCIONE CONTRO AURELIO DE LAURENTIIS, "COLPEVOLE" DI AVER CHIESTO A GIORGIA MELONI IL PUGNO DURO SULLE CURVE DOPO LA GUERRIGLIA SCATENATA DAI TEDESCHI DELL'EINTRACHT FRANCOFORTE: "ALLO STADIO DEVONO ANDARE LE FAMIGLIE, NON CHI VUOLE SPACCIARE O FUMARE MARIJUANA…" 17.03.2023 10:28 Nella notte è apparso uno striscione contro Aurelio De Laurentiis che porta la firma "Curva A". Gli ultras del Napoli hanno "risposto" al patron dopo le dichiarazioni di quest'ultimo in conferenza stampa dalla Prefettura. […]: "Non voglio droga e casini",[…] Lo striscione recita così: "ADL accetta un consiglio, smetti con la droga prima tu e tuo figlio", firmato appunto "Curva A". […]
  10. L'IMBOSCATA - I rapporti stretti Chinè-Lotito. Dubbi su carta segreta, indaga Nordio? 17.03.2023 di Andrea Bosco Ho dato conto di una notizia relativa ad una cena romana . Snobbata da tutti. Perché nessuno se la sente di dire la verità su Gravina e soci. Ma guarda caso, mi viene raccontato che Chinè è in stretti rapporti con Lotito. E Chinè spedisce in campo Mourinho con la Juve, ma si prende una settimana di tempo per approfondire il suo labiale e quello di Serra. Morale: portoghese squalificato. Salterà il match, con quale squadra? Appunto. Funziona così, maledizione, la giustizia sportiva che Gravina si rifiuta di riformare. A quella cena dicono che il fastidio del Palazzo verso la Juve nasce al profilarsi dell'ottavo scudetto di fila. Uno di quei commensali dice (testuale): “Vincere usando il sistema, nuoce al sistema medesimo“. Uno bravo saprebbe riconoscere il linguaggio. In ogni caso le carte trattenute per sette mesi da Chinè, contengono il nulla. Sono vere? Sono fasulle? Visto che non ci sono logiche spiegazioni per questa negazione, a tal punto da condurre la Procura Federale a ricorrere (respinta) al Consiglio di Stato dopo la decisione del Tar di costringerla a sputare l'incartamento, sarebbe il caso che il ministro Nordio, mandasse alla Procura di Chinè una ispezione per capire se quelle carte sono autentiche o viceversa ce ne siano altre. Io sono come Andreotti : penso male. E magari ci azzecco. Ma soprattutto non mi frega un tubo di essere considerato un peccatore.
  11. Il portiere si è buttato un quarto d'ora prima e lui gli tira addosso
  12. A inizio stagione la Snai quotava il Real a 10 e il Napoli a 100 Credo che nessuna squadra abbia mai vinto con quote così alte, dovesse riuscirci sarebbe una doppia impresa
  13. Lo scudetto lo stanno festeggiando da un po' e non dovrebbe esserci molta tensione, ma se vincono la Champions ( o anche se la perdono in finale) la città potrebbe implodere
  14. Il Napoli vince lo scudetto e lui è relegato su Twitter: che beffa!
  15. andrea

    Basket NCAA 2023

    IL TORNEO DEI COLLEGE CHE UNISCE L’AMERICA DAVANTI ALLA TV E VALE UN MILIARDO Tutto in tre settimane, Final Four a Houston Ricavi super, 68 squadre, chi perde è fuori Rito sociale: in 100 milioni fanno pronostici Di Riccardo Pratesi · 15 mar 2023 La chiamano March Madness, in America. Un rito sociale. Oltre la pallacanestro, oltre lo sport. Il torneo universitario ha preso il via nella notte: partecipano 68 squadre, eliminazione diretta, in palio il titolo di campione nazionale. Formula unica che rende l’evento speciale: chi vince prosegue la corsa verso le Final Four, in programma dal 1 al 3 aprile a Houston, chi perde va a casa. Sorprese, spettacolo, emozioni. Tutto o niente. Pianti di gioia o disperazione di ragazzi dai 18 ai 21 anni, studenti-atleti. Rimarrà un ricordo indelebile per la vita, per alcuni sarà la vetta della piramide. Avranno addosso gli occhi di tanti. La pazzia di marzo elimina differenze di età, ceto, etnia. Tutti col tabellone con i pronostici scaricato sul telefonino e la maglietta dell’alma mater indosso, nei locali. Cibo spazzatura, urla e una palla da far entrare in un canestro. Partite viste, anzi vissute, assieme. Empatia e rivalità. Cioè l’essenza dello sport. Eppure la March Madness è molto di più. Storia Si gioca dal 1939. L’annullamento del Torneo del 2020 per pandemia è stato così traumatico che l’Ncaa ha concesso a chi aveva perso l’opportunità un ulteriore anno di eleggibilità. Le università di Division I sono 363, solo 68 elette hanno il privilegio dell’invito al Grande Ballo. Trentadue college si guadagnano il biglietto vincendo i tornei di Conference, 36 sono selezionati dal comitato Ncaa che combina i meriti sportivi: vittorie e sconfitte, difficoltà del calendario, stato di forma, infortuni. Tradizione Atenei opulenti: élite accademiche e lobbistiche. Di Stati di basket: l’Indiana, il Kentucky, la North Carolina, colori Hoosiers, Wildcats, Blue Devils. Ma anche le piccole università. Le chiamano Cenerentola. Le sfavorite. Hanno il cuore di tutta l’America neutrale che batte per loro, ogni anno una favola diversa si prende le pagine dei giornali. Epica sportiva e sociale. Giro d’affari Ma c’è anche l’aspetto economico, di business. C’è sempre, in America. Enorme, in questo caso. Nel 2022 il Torneo Ncaa ha generato 1,14 miliardi di dollari di ricavi (circa un miliardo di euro). Da contratti televisivi, sponsor, biglietti in ogni città che ha ospitato l’evento. Le 67 partite, incluse le First Four, spareggio d’ingresso, lo scorso anno hanno tenuto 10.7 milioni di americani appiccicati alla TV di media per partita. Lo sport Non conta il livello ma il nome davanti alla maglia: quello dell’università, non quello dietro, del giocatore. Oltre il 90% degli studenti-atleti vivrà di un altro lavoro. Poi ci sono i prospetti. Per loro il Torneo è un’audizione sotto pressione di fronte agli scout Nba. Non vale solo il talento, stavolta. Contano freddezza, maturità, durezza fisica e mentale. Il gioco Quello dei pronostici è rito immancabile. Ogni anno vengono compilati da 60 a 100 milioni di tabelloni. Quello perfetto è più raro di un’eclisse solare. Persino Obama da presidente l’aveva fatto. Non è facile metterci la faccia. Perché i protagonisti sono ragazzi, le partite secche rendono i risultati imprevedibili. I tifosi Nelle Arene, nei locali, a casa di fronte al computer. La March Madness come un fermo immagine, blocca e cambia la quotidianità di tanti, in America. Favorite e italiani Alabama col super prospetto Brandon Miller è la prima testa di serie. Le altre sono Houston, Kansas e Purdue. Arkansas e Duke sono zeppe di talenti Nba, Abramo Canka, guardia matricola di Ucla, rappresenta l’Italia in maglia Bruins.
  16. Ma ci rendiamo conto che le plusvalenze sono una passeggiata di salute rispetto agli stipendi?
  17. andrea

    Alberto Tomba

    «Intimorivo i miei avversari Essere un sex symbol aiutava, rimpiango gli anni Novanta» L’ex campione: quando ho smesso in molti erano felici di Flavio Vanetti · 14 mar 2023 Alberto Tomba, domani ricorrono i 25 anni dal suo ritiro e la Rai dedicherà un documentario al campione ma anche a un personaggio che nel 2016 è stato la prima «materia vivente» del Rischiatutto: era lei, nel remake di Fabio Fazio della trasmissione di Mike Bongiorno, a fare le domande sulla sua carriera. «Già passati 7 anni e oltre 40 dal Rischiatutto di Mike Bongiorno? Caspita... È vero, non ci sono stati altri in quella situazione: è un bel ricordo, anche nel nome di Mike che amava lo sci». Il cognome «cimiteriale» le ha mai dato problemi? «Qualcuno a scuola sì. Si fanno battutine: nel mio caso, silenzio di tomba, pietra tombale, bara, sepolcro... Avrei potuto vederlo come una forma di bullismo, ma non ci davo peso». Come mai usa spesso i giochi di parole? «Per istinto: a scuola andavo bene in geografia e nelle rime. Però la mia specialità sono anche i numeri. Ho salutato le vittorie con cifre e con calembour. Calgary è nell’Alberta, poi è venuta Albertville; un posto più un altro fanno i due ori in Canada... Quindi partivano le filastrocche: non c’è il due senza il tre, la quarta vien da sé, la quinta è già vinta, la sesta è una festa». Aveva un fascino magnetico: come mai? «Si può spiegare così: estroverso, bolognese, con la faccia diversa dai montanari che hanno le piste sotto casa. E poi: amore e odio, due opposti che hanno segnato la mia carriera». Ricorda la prima volta sugli sci? «No. Avrò avuto 7 anni, o forse 5, ma non rammento nulla. Non immaginavo però di arrivare a certi livelli, tutto è andato oltre i sogni: pensavo di arrivare ai Giochi, ma non di vincerli e men che meno di conquistare tre ori». La Shiffrin ha superato il record di 86 vittorie di Stenmark. Ma Ingemar, nel renderle omaggio, ha precisato che nessuno scalfirà quello che lui ha fatto. «Mikaela arriverà a 100 e oltre, ma Ingo ha ragione: il più grande di tutti i tempi non esiste; esistono tanti grandi in più epoche». Quando le ricordano che il Festival di Sanremo si è fermato per il suo secondo oro di Calgary prova orgoglio o le viene da sorridere? «Sarebbe da fermare il Festival di oggi. Invece hanno fermato quello degli anni belli». È vera la storia che nella casupola dello start battè la spalla a Girardelli e gli disse «se non vai forte arrivo io e ti sorpasso»? «No, è andata così. Si era ai Giochi di Albertville, eravamo io primo e lui secondo. Gli dissi: “Marc, qui c’è una ragazza; ti emozioni e non vai più bene”. E lui: “Vale pure per te”. Uno sketch prima della gara». Quanti ne ha messi in soggezione psicologica? «Tanti. Una volta alla prima porta sento “stop, stop, stop” e mi fermo. Stangassinger era in testa, ma alla fine ho vinto io, sotto la pioggia. A Lech commisi un errore, persi 2 secondi però rimontai e li battei tutti. Mi subivano? Forse sì». Alberto era «Tomba la Bomba». «Mi chiamò così Patrick Lang, figlio dell’inventore della Coppa del Mondo. Magari a suo tempo poteva starci, oggi con le bombe vere che riempiono le cronache di guerra è meglio lasciar perdere. Peraltro c’è sempre il resto del campionario di soprannomi: Albertone, Albert-One, la Albertite». Diceva che quelli della Federazione Internazionale la osteggiavano: Tomba dava fastidio? «Forse hanno preferito che vincessero Girardelli e Zurbriggen piuttosto che un bolognese cittadino. Io ho portato l’audience ed è cambiato tutto. Mi hanno fatto i complimenti, ma quando ho smesso molti erano contenti». Lei e Bode Miller siete stati, e siete ancora, popolari come pochi. Come mai? «Perché eravamo diversi. Bode più di me: lo vedevi in giro a ballare e a bere birra. Del resto uno che ha attaccato la medaglia d’oro allo sciacquone del gabinetto è come minimo originale». Crede che il successo sia legato all’immagine da «macho italiano»? «Sì: essere un sex symbol aiuta, ma poi devi anche essere vincente». Quante ragazze ha avuto? «Sul piano affettivo poche, ma ne ho conosciute parecchie. Sì, certo, si avvicinavano prima di tutto perché ero famoso: non è facile tenere i conti... Comunque, altri tempi, ma il corteggiamento era più bello una volta». Con Martina Colombari non era possibile fare pace? «Mica abbiamo litigato... Eravamo entrambi giovani: è stata una storia ed è finita. Succede». Una storia importante. «Sì: Cristina prima, poi Martina, Janina che era Miss Finlandia... Tutte che finivano in “ina”. Be’, ne ho nascoste tante: una volta non c’era, come oggi, la privacy a tutelare». Tomba resterà single oppure no? «Resto... simple» (risata). Un «tombino» o una «tombina» un giorno arriveranno? «Guardate, un tombino l’ho appena preso con il cerchione della macchina... Vabbé, ho capito che cosa volete dire: ci penserò su». Qual è l’ultima volta che s’è innamorato? «Dopo i 50 è dura: parliamo di anni fa». Qualche ipercritico sostiene che lei è troppo legato alla mamma. «È ovvio che sia così e comunque non è troppo. Già a 15 anni ero in giro per il mondo, lei era in pensiero: la chiamavo dalle cabine telefoniche o dalle stanze d’albergo. E quando partivo mi dava la pasta, l’olio, il parmigiano: ci teneva, invece mio padre era burbero e “selvaggio”». Il famoso bacio a sua sorella dopo l’ultima vittoria, a Crans Montana: tanti rimasero colpiti dall’intensità di quel gesto. «Ad Alessia ero molto legato. Oggi che ha un figlio ci vediamo un po’ di meno, ma faccio lo zio e rispolvero i bei ricordi». Un’altra leggenda vuole che lei abbia quasi mancato una gara perché s’era intrattenuto a lungo con una ragazza. «È una cavolata. Si era a Chamonix, non volevo fare la gara perché il giorno prima mi ero fatto male giocando a squash. Ero con Martina e le dissi: “Domani non corro”. Poi ci ho ripensato. Comunque ho dormito solo mezz’ora in più». C’è un aspetto del carattere che non è ancora emerso? «La timidezza. Ma quando ho raggiunto il successo due cose le ho dovute dire: non potevo stare zitto come i montanari. Così sparavo la battutina o la cazzata». La vicenda della coppa lanciata dal podio al fotografo Martinuzzi che aveva venduto immagini del Tomba nudo in sauna: lo rifarebbe? «L’ho colpito a un dito. Non lo rifarei in pubblico, magari aspetterei Carnevale, mi metterei in maschera e andrei a casa sua. Mi spiace aver agito così, ma una vigliaccata del genere non me l’aspettavo e mi ha creato problemi. Lui poi si faceva sempre vedere: per quattro volte sono stato buono, alla quinta provocazione mi è cascata la catena». I paparazzi li ha pure menati. «Erano assillanti. E non sono stato l’unico che ha avuto duri screzi: chiedete alla gente dello spettacolo». La vicenda della frode fiscale: l’hanno «spettacolarizzata» perché di mezzo c’era un personaggio popolare? «Se sei sul gradino più alto è maggiore il vento. E sei sempre condannato. Ma nel 2002 mi hanno assolto. Non gestivo io, io pensavo solo a sciare». Perché non ha convocato una conferenza stampa per annunciare il ritiro? «Sarebbe stato un evento triste. Un saluto alla Totti, con magone e lacrime? Assolutamente no. I pianti li ho fatti per i cavoli miei, ecco il mio carattere riservato». Quante volte ha pensato di tornare? «La voglia è stata forte in occasione dei Giochi di Torino: ma ero già quarantenne. Insomma, due stagioni in più, dopo che avevo chiuso a 31 anni, avrei potuto farle». Non è pentito di non essere diventato tecnico? «No. Stenmark o altri campioni hanno forse allenato? Alzatacce, viaggi, sbattimenti: avevo già dato». Come vede i grandi dello sci di oggi? «Marco Odermatt è una belva: mi ricorda Hermann Maier. È il nuovo Terminator: sciata elegante, aggressiva. Uno svizzero così mancava dai tempi di Zurbriggen». Sul fronte italiano dobbiamo dire «le grandi»: Bassino, Brignone, Curtoni, Goggia, in ordine alfabetico. «Dico brave a tutte: le voglio vedere fino ai Giochi 2026. Ciascuna ha caratteristiche diverse dalle altre». Teme che nel tempo ci si dimentichi di Alberto Tomba? «C’è chi mi dice: ti ricorderemo sempre. Per ora è vero e mi commuovo per l’affetto che mi riservano: adesso capisco quanto ho combinato». Tomba amava la ribalta o era la ribalta che andava da Tomba? «Entrambe le cose. I 20 mila tifosi sugli spalti non mi davano pressione, semmai mi caricavano». Ha avuto più amici o nemici? «Dico 70% amici e 30% nemici». Lei vinceva ridendo. Oggi accade di meno. «Viviamo anche in tempi più difficili, il nuovo millennio è un disastro. Rimpiango gli anni 80 e 90». Si sta dedicando allo sci-alpinismo: come mai? «Perché servono due ore per salire e bastano due minuti per scendere. Affascinante». Gioele Dix la imitava: le dava fastidio? «Gioele è stato a casa mia. Lo sfottò lo accettavo, non mi andava invece il “bella gnocca”, perché io dicevo semmai “bella bimba”. Lo sapete che quando incontravo i ragazzini partiva proprio il “bella gnocca”? Diseducativo».
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