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K A L C I O M A R C I O! - Lo Schifo Continua -

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IL CASO

Conte, come si festeggia un eroe

nel Paese dei condannati di ritorno

di ANDREA SCANZI (il Fatto Quotidiano 11-12-2012)

Orsù facciam festa, l’Eroe è tornato. Uscito – alfine – vincente da errori giudiziari, storture mediatiche e vili macchine del fango. Rai, Mediaset, Sky: tutti entusiasti. Antonio Conte, domenica, ha sparso il Verbo ai fedeli accorsi. “Questa esperienza mi ha fortificato”; “Ho provato dolore”; “Vado avanti a testa alta, non mi devo nascondere da nessuno”. Il lessico del martire consumato, del Silvio Pellico che avrebbe voluto scrivere Le mie prigioni, ma in mancanza di eloquio consono (“Questa è una squadra che sanno tutti quanti cosa fare”) si è accontentato di regalare una conferenza stampa tragicomica a Youtube.

ERA STATO ASSENTE quattro mesi, crivellato dalla più bieca strumentazione giustizialista. I media, commossi, lo hanno abbracciato. Con deferenza, con commozione. Per lui si sono mobilitati i migliori prestigiatori di parole (“Alla Juve i sorrisi continueranno, anzi conte-nueranno”, SkyTg24). A lui sono state regalate soggettive emozionanti, con la Conte Cam che ne restituiva gesti e mimica, indugiando sul cappellino che – con affettuosa misericordia – nascondeva la vaga irresolutezza tricologica del Prescelto. “La telecamera che gli hanno incollato addosso (. . ) ci ha dato un verdetto assolutamente confortante: Antonio Conte è lo stesso di qualche mese fa”, rassicurava ieri Repubblica. Meno male: se questi mesi di Golgota e flagelli lo avessero anche solo minimamente scalfito, non ce lo saremmo perdonati. Invece, durante il triste confino, Conte ha perfino cementato l’autoironia, su cui fino a ieri – a giudicare dalle querele o dalle reazioni quando si osa zimbellarne il dorato crine – pareva difettare: “Crozza mi dovrebbe pagare una cena, la sua popolarità è cresciuta. La cosa che mi fa arrabbiare di più è sentire mia moglie che imita Crozza che fa me”. E tutti a scompisciarsi. Se un alieno si fosse disgraziatamente (per l’alieno) imbattuto nella tivù italiana di domenica pomeriggio, avrebbe immaginato che Antonio Conte fosse appena scampato a un attentato; che avesse attraversato a piedi il deserto del Gobi; che fosse stato rilasciato dopo un lungo sequestro, o anche solo un sequestrino à la Spinaus. Da qui gli osanna trasversali. Nella realtà, che agli alieni interessa (agli umani non sempre), Conte era stato assente – dalle panchine di calcio, non dal mondo libero – perché condannato a 10 mesi (poi scontati a 4) per omessa denuncia. E sempre Conte rischia un nuovo deferimento per Salernitana-Bari del maggio 2009, quando – secondo gli inquirenti – lo spogliatoio dei pugliesi (allenati da Conte) vendette quasi all’unanimità la partita. Ovviamente tutto accadeva senza che lui sospettasse nulla, contrariamente alla nomea di tecnico vincente cui nulla sfugge. Si potrebbe riscontrare, in tali celebrazioni garantiste, qualcosa di eticamente discutibile. Sarebbe un errore. Un eccesso di ingenuo stupore.

CONTE MERITA ECCOME tali attenzioni, e non solo per la nota deriva dei “giudici tifosi”. Egli è la quintessenza del condannato (di lusso; quelli sconosciuti non hanno claque eguali) che piace ai media. L’emblema di colui che, se anche sbaglia (ed è tutto da dimostrare), lo fa a sua insaputa (e meglio di Scajola). Conte è il complottista che resiste, il caso giudiziario che merita solidarietà a prescindere (anche da Giancarlo Abete, sublime Presidente Figc). Conte non è un’anomalia italiana, realtà iperuranica che crede ancora nel ritorno eterno di Berlusconi: ne è conferma didascalica. Se qualsiasi organismo tende a combattere il virus inoculato, in Italia si opera affinché esso viva e possibilmente proliferi. Ancor più in un microcosmo come quello calcistico, dove non esistono colpevoli, al massimo mele marce residuali e odiosi delatori (tipo Carlo Petrini, lui sì isolato fino alla morte). Lodi imperiture, dunque, ad Antonio Conte, vittima indomita di una congiura “agghiacciante”. L’Eroe è tornato, ferito ma vivo, dal fronte. Lo si incensi come merita. Possibilmente anche di più.

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IL ROMANISTA 12-12-2012

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«Scudetto

Juve-Inter

caso chiuso»

«Il mio tavolo della pace ha funzionato

Guardiamo avanti, lo dice il Vangelo»

La giustizia sportiva ha funzionato ma andrebbe rivisitata

L’Italia ha bisogno della legge sugli stadi. Il calcio va aiutato

Montella è un vincente perché è una persona normale

di ANDREA BAROCCI, ATTILIO CREA & FULVIO SOLMS (CorSport 11-12-2012)

Presidente, la giustizia sportiva del calcio è sempre nella bufera.

«E io vi rispondo: avete visto com’è finita Calciopoli? Per la giustizia ordinaria tutti assolti in appello, tranne Giraudo (si parla dei processi con rito abbreviato, ndr). Al momento. Mentre lo sport li ha puniti. All’epoca tutti a dire: la giustizia sportiva è in ritardo, non fa niente, fa sconti a tutti. Invece è quella che è stata più chiara».

Dal caso Conte non si direbbe: Palazzi propone tre mesi, viene sconfessato e alla fine il tecnico della Juve paga con quattro mesi.

«A conferma che aveva ragione Palazzi. Un mese in più o in meno non può modificare il giudizio».

Allora va tutto bene?

«No, anch’io sento l’esigenza di rivisitare la giustizia sportiva. Accelerando i processi, pur salvaguardando il diritto di difesa. Cambiando in primo luogo la responsabilità oggettiva, riconoscendo quando la società ha fatto il possibile e non gli si può imputare nulla».

Non c’è anche un problema di chi la giustizia l’amministra?

«Noi abbiamo a disposizione grandi persone di diritto, che non hanno però competenza di sport. Oggi non li nominiamo noi: ci sono delle regole, quasi una sorta di concorso. Al futuro Governo chiediamo che tra i titoli richiesti ci sia anche la conoscenza di ciò che vai ad amministrare. Serve specializzazione dello sport che amministri».

Lei fu promotore del tavolo della pace tra Juventus e Inter: riaffiorerà quello scontro ora che il campionato sta riproponendo il duello tra le due società?

«Quell’esperienza è ancora attuale. Ma non si arriverà mai più a quel livello. Era troppo basso. Due grandi imprenditori come Agnelli e Moratti non potevano non riparlarsi. Ricordo cinque ore abbondanti di dialogo, e alla fine persone che non si parlavano da anni si strinsero la mano».

Ma secondo lei come si può chiudere questa vicenda. Con la restituzione dello scudetto dell’Inter?

«Per me quella è una vicenda già chiusa. Il vangelo dice: “non si può dare la mano alla ladra e guardare indietro”».

E’ immaginabile un settore arbitrale dipendente da una Authority e non dalla federcalcio?

No. La FIFA richiede che sia all’interno della federazione».

Perché nel rapporto giocatore-arbitro non si riescono ad imitare i comportamenti, ad esempio, del rugby?

«E’ questione di cultura. Il rugby ha un’altra storia e un’altra cultura. E nel basket? Quando fai fallo devi alzare la mano, devi cioè autodenunciarti. Questa è cultura. Regole che vengono dallo sport universitario».

Roma e Lazio vorrebbero i loro stadi: qual è la sua posizione?

«Spero che Roma venga inondata di stadi. Visto quanti ne hanno fatti fino ad ora. In 14 anni sapeste quanti plastici ho visto... E non solo a Roma. Battute a parte, il governo deve capire che questa è una legge a costo zero, senza la quale i problemi del calcio non potranno che acuirsi. Eppoi sarebbe un volano per l’economia. Chiarito che attorno agli stadi non ci si può scatenare con l’edilizia residenziale, non si può chiedere al calcio di fare miracoli se non gli si dà una mano. Ma vi rendete conto di cosa il calcio e lo sport danno all’economia italiana. Anche in termini di indotto. Dopodiché abbiamo dimostrato che all’Olimpico possono giocare sia il rugby che il calcio, che può ospitare grandi concerti. Non siamo gelosi se Lazio e Roma si costruiscono i propri stadi»

Perché la Juve c’è già riuscita?

«Perché c’è stata una perfetta sinergia tra Comune, Credito sportivo e società»

I suoi rapporti con Lotito come sono?

«Buoni. Lotito è una persona intelligente che nel calcio ha portato delle novità ma deve capire che qualche volta anche gli altri hanno ragione».

In tempi non sospetti lei disse che Montella sarebbe diventato un grande allenatore. Come è nata questa profezia?

«Perché a me piacciono le persone normali. Montella l'ho conosciuto da calciatore alla Roma e in Nazionale, l'ho conosciuto al Fulham, era squalificato, parlammo a lungo. Una persona normale. Ora l'ho rivisto in panchina ottenere risultati, sempre comportandosi in maniera normale, avendo un bel rapporto con la gente»

E di Zeman cosa pensa?

«Zeman dice alcune cose che tanti vorrebbero dire e non hanno il coraggio di dire».

Gli americani sono stati gli unici stranieri che hanno investito nel calcio italiano. Lei è favorevole all’ingresso di capitali esteri?

«Sì sono favorevole, “pecunia non olet”. Ma spesso dall’estero non investono nel calcio per lo stesso motivo per cui non investono nel Paese».

Nello sport dovrebbe prevalere la lealtà. Se ti dopi il tradimento è doppio.

«E oggi il doping peggiore è quello delle scommesse».

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In Procura a Cremona

Gegic conferma il «contatto»

per la A ma non fa nomi

di CLAUDIO DEL FRATE (CorSera 11-12-2012)

Un misterioso personaggio che bazzicava l'hotel Tocq di Milano e che diceva di essere in contatto con giocatori, allenatori e manager della serie A. Pagando, s'intende, il tizio poteva combinare incontri della massima serie. Nel suo primo interrogatorio con il pm di Cremona Roberto Di Martino, Almir Gegic ha ribadito l'esistenza di questo intermediario ma non ne ha saputo indicare il nome anche perché, dopo un primo approccio, lui e gli zingari non vi avrebbero mai avuto a che fare. Il pm ha mostrato a Gegic anche alcune fotografie ma in nessuna immagine l'ex giocatore del Chiasso ha riconosciuto l'uomo dell'hotel Tocq. L'interrogatorio proseguirà quest'oggi. Intanto trapelano i verbali del primo test istruttorio sostenuto da Gegic davanti al gip Guido Salvini. Da quelle pagine emergono con maggiore forza le responsabilità di Hristian Ilievskj, lo «zingaro» ancora latitante e gli altri slavi in generale: «Era Ilievskj che sborsava i soldi per combinare le partite — dice Gegic — era lui che sosteneva tutte le spese: io mi limitavo a mettere la mia quota per le scommesse che era ogni volta di circa 10 mila euro».

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PROCURA DI CREMONA

Si stringe il cerchio su mister X

Almir Gegic interrogato per circa otto ore dal pm Di Martino. Non ha riconosciuto la foto del “dominus” del mondo del calcio ma restano forti i sospetti degli inquirenti

di ANDREA RAMAZZOTTI (CorSport 11-12-2012)

CREMONA - Il cerchio si stringe attorno a Mister X, un personaggio del "sottobosco" del mondo del calcio che aveva (e ha?) rapporti con dirigenti, amministratori e allenatori di formazioni di Serie A, soprattutto del centro-sud, e che era/è in grado di conoscere in anticipo il risultato degli incontri e di vendere (all'ultimo momento per evitare fughe di notizie...) la soffiata vincente per 600.000 euro. E' stato questa la domanda d'apertura e il tema principale delle quasi otto ore davanti al pm Di Martino di Almir Gegic, giunto al terzo faccia a faccia davanti ai magistrati cremonesi dopo i due interrogatori di garanzia di due settimane fa con il gip Salvini. Gli inquirenti, nonostante il serbo non sia stato in grado di riconoscere Mister X in alcune fotografie che gli sono state mostrate, sono praticamente certi dell'identità di questo personaggio che avrebbe anche un clone o comunque un'altra persona che in alcune circostanze si presentava agli incontri in sua vece. L'interrogatorio di Gegic è stato solo una delle fonti visto che pure Erodiani ha parlato di Mister X nella Procura della città sul Po. Quando gli inquirenti avranno completato gli accertamenti in corso, un'eventuale confessione del personaggio misterioso (circa 60 anni, attivo a Milano in un noto hotel in zona corso Como, propenso a frequenti contatti con i suoi numeri cellulari) potrebbe far tremare mezza Serie A o addirittura far abbattere uno tzunami sul mondo del calcio italiano. Dovrebbe essere questa la clamorosa svolta delle prossime settimane anche perché gli investigatori definiscono «scarsamente collaborativo» l'atteggiamento di Gegic, intento a negare anche le cose più evidenti.

AVANTI OGGI - Stamani l'ex centrocampista del Chiasso sarà nuovamente di fronte al pm Di Martino e continuerà l'analisi delle partite taroccate nelle quali ha svolto un ruolo. Ieri infatti ne sono state analizzate solo alcune perché, come ha ammesso l'avvocato di Gegic, Roberto Brunelli, «ci siamo concentrati principalmente sulla ricostruzione dei rapporti tra gli indagati e su Mister X». Il serbo ha cercato di circoscrivere le sue responsabilità e di ammettere solo di aver acquistato informazioni. Come era successo nel confronto con il gip Salvini, anche stavolta è sembrato ben preparato, segnale evidente che ha studiato con attenzione gli interrogatori degli altri indagati della vicenda. "Convincerlo" a parlare non sarà semplice, questo gli inquirenti lo sanno, ma è altrettanto chiaro che, se continuerà su questa linea, difficilmente otterrà una revisione in tempi brevi della misura cautelare disposta dopo che si è costituito lo scorso 26 novembre.

ILIEVSKI NON ARRIVA? - Gegic finora si è limitato ad ammettere contatti per accordi illeciti con Gervasoni, Carobbio, Joelson, Mario Cassano e Pellicori, ma ha scaricato quasi tutta la responsabilità sull'amico Ilievski che aveva i soldi perché gestiva un'organizzazione di security con 200 uomini. Era lui che pagava tutte le spese (benzina, hotel e pranzi) per le trasferte in Italia in cui venivano incontrati i giocatori infedeli, tra i quali Carobbio e Gervasoni che facevano i prezzi delle informazioni "comprando" altri compagni. Insomma, secondo Gegic, il motore dell'organizzazione era Ilievski che, vedendo quanto poco sia creduto l'amico dai magistrati, starebbe rivedendo l'idea di costituirsi. Dall'interrogatorio di Gegic davanti al gip spuntano fuori anche un thailandese che aveva un ristorante a Cernobbio, forse coinvolto nella vicenda, la presenza di un gruppo ungherese in azione per truccare Bari-Sampdoria, tentativo che non sarebbe andato a buon fine e possibili novità su Lazio-Genoa da approfondire.

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L’INCHIESTA DI CREMONA

Si stringe il cerchio intorno a Mister X

ma Gegic fornisce pochi particolari

Lo slavo ha fatto i nomi di calciatori già noti alla Procura,

il pm questa mattina lo aspetta per un nuovo interrogatorio

di FRANCESCO CENITI (GaSport 11-12-2012)

Sono le otto di sera quando Almir Gegic esce dalla porta secondaria della Procura di Cremona: pochi metri tra i giornalisti prima di entrare nel cellulare e far ritorno in carcere. L'interrogatorio davanti al pm Roberto di Martino era iniziato a mezzogiorno. Tante ore, ma pochi passi in avanti nella collaborazione del serbo, considerato uno dei capi della cosidetta banda degli Zingari. «Ammette episodi secondari e nega fatti evidenti» sussurrano fonti investigative. Tradotto: per ora niente rivelazioni importanti, ma la strada è lunga. Anche perché se non ci sarà un atteggiamento diverso è probabile che la detenzione del serbo possa dilatarsi. Comunque, qualcosa si muove sul versante mister X: è stata la domanda iniziale posta a Gegic ed è l'argomento più scottante. Chi indaga ha le idee chiare: le rivelazioni dell'ex latitante (si è consegnato lo scorso 26 novembre) potrebbero servire a diradare gli ultimi dubbi sulla identità dell'uomo che sussurrava le partite taroccate di serie A in cambio di 600 mila euro. Che ruolo ha questa persona nel mondo del calcio?

Il cuore dello scandalo Gli investigatori hanno ristretto il cerchio, ma prima di compiere qualunque azione vogliono essere certi dell'identità. Di sicuro sanno che ha contatti molteplici e continui con dirigenti, allenatori e calciatori. Una tela di rapporti coltivati nel tempo tanto da raccogliere «informazioni» precise sulle partite di A. Poi scatta la fase due: metterle in vendita al migliore offerente e svelarne il risultato solo nell'imminenza del fischio d'inizio per evitare di bruciare la scommessa. Insomma, un professionista che si muove a suo agio nell'ambiente. Se il quadro venisse confermato allora sarebbe davvero un colpo al cuore: nella rete finirebbero per essere coinvolti molti tesserati. Gli inquirenti sono convinti di poter presto dimostrare che questa non è solo una ipotesi: incastrando mister X l'inchiesta potrebbe fare il salto di qualità. Le prossime settimane saranno decisive anche per capire se la persona ricercata abbia un complice che si muove su «procura» utilizzando le stesse modalità. Se, insomma, i mister X sono due.

Atto secondo Per il resto Gegic non ha fornito molti elementi nuovi: oltre a Gervasoni e Carobbio ha fatto i nomi dei calciatori già noti alla Procura (da Pellicori a Fissore, da Cassano a Joelson) e indicato qualcuno della banda degli ungheresi (Strasser). Stamani alle 10, però, il pm lo aspetta per un interrogatorio bis: saranno prese in esame le singole partite, probabilmente anche Lazio-Genoa e Lecce-Lazio. Nell'attesa di mister X, potrebbero esserci altre novità.

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A Cremona

Gegic, 6 ore dai pm

c’è l’identikit di Mr. X

di GIULIANO FOSCHINI (la Repubblica 11-12-2012)

Sei ore di interrogatorio, qualche conferma, nessuna rivelazione. Si è concluso con una delusione per gli investigatori l’interrogatorio di Amir Gegic, lo “zingaro”, sentito ieri dagli inquirenti di Cremona. Gegic si è difeso, ha confermato quello che non poteva negare e non fornito particolari spunti utili. Ha per esempio detto che i vari Cossato, Bellavista, Mario Cassano e Carobbio avevano un ruolo importante nel sistema senza però fare i nomi di altri calciatori. Oggi continuerà con il procuratore l’interrogatorio Roberto Di Martino: è difficile che ci sia un cambio radicale della linea e, stando così le cose, per Gegic si preannuncia una lunga detenzione. L’interrogatorio di ieri si è basato principalmente sull’identità di mister X, l’uomo che da Milano vendeva informazioni sicure sulle partite di serie A a centomila euro. Gegic ha detto di essere stato in contatto con lui: gli sono state mostrate alcune foto, non ha riconosciuto nessuno ma ha soltanto detto che uno dei personaggi assomigliava al suo mister X. Gli investigatori sono comunque convinti di riuscire a risalire all’identità dell’uomo: hanno in mano le dichiarazioni di Erodiani, il tabaccaio abruzzese, una serie di intercettazioni telefoniche e vari spunti che dimostrano come mister X (è possibile anche che fossero in due a svolgere lo stesso lavoro) avesse contatti diretti con calciatori, allenatori, dirigenti e presidenti in serie A. Già nelle prossime settimane, al di là delle dichiarazioni dello “Zingaro”, potrebbero esserci importanti novità.

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L’inchiesta di Cremona Ha un nome e cognome il misterioso personaggio citato dallo «zingaro»

Gegic sotto torchio: mister X

potrebbe inguaiare tanti club

L’interrogatorio Dopo le otto ore di ieri, oggi il procuratore di Martino proseguirà l’interrogatorio

di GABRIELE MORONI (Quotidiano Sportivo 11-12-2012)

Gli inquirenti impegnati nell’inchiesta cremonese sul calcioscommesse sanno chi è Mister X, il personaggio indicato dallo “zingaro” Almir Gegic. Ha un nome e un volto. Si tratta di un personaggio in rapporti diretti con dirigenti, allenatori, amministratori di società di A. Da loro riceveva le informazioni sulle partite truccate che vendeva agli “zingari”, il gruppo di Ilievski e Gegic, ma solo all’ultimo momento per evitare che altri gli soffiassero la “dritta”.

In questa attività non era solo. Avrebbe avuto accanto un clone, una sorta di luogotenente o braccio destro che a volte si presentava agli incontri in sua vece.

Gli investigatori stanno incrociando le informazioni che sul faccendiere sono venute anche da Massimo Erodiani, tabaccaio e gestore di un’agenzia di scommesse a Pescara. Quando il cerchio si sarà stretto attorno a questo personaggio, in cabina di regia nell’organizzazione delle combine, la serie A tornerà a tremare.

A Gegic nella otto ore di interrogatorio davanti al procuratore di Martino, vengono mostratre anche alcune fotografie. In nessuna riconosce mister X, solo in una ravvisa una somiglianza ma nega che si tratti di lui.

Aveva parlato di un uomo, del quale ignorava l’identittà, sui sessanta, distinto, calvo. Questi aveva avvicinato Gegic e Ilievski per un paio di volte all’hotel Una Tocq di Milano, proponendo la vendita di partite del massimo campionato che coinvolgevano squadre del Sud. Ma chiedeva un compenso di 600mila euro, siderale anche per l’ormai avviata società degli “zingari”.

Nel fluviale interrogatorio (che riprenderà stamattina) con il procuratore di Martino, Gegic è parco di rivelazioni. Ammette quanto non può negare, fa melina anche davanti a qualche evidenza. Assistito dai difensori Roberto Brunelli e Kresimir Krsnic, ricostruisce il quadro generale. Ha appreso da Matteo Gritti, portiere del Bellinzona, della possibilità di scommettere su partite altrerate in Italia. Parla di Mario Cassano, Joelson e Pellicori. Ritorce sui suoi accusatori, Gervasoni e Carobbio, la responsabilità di stringere accordi con i colleghi e stabilire i compensi per arrivare al risultato stabilito. Ritaglia per sé un ruolo gregario rispetto all’amico Ilievski.

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L’inchiesta di Cremona

Lo «zingaro» rivela: i mister X

potrebbero essere anche in due

di FRANCESCA MORANDI & GIUSEPPE OLIVETTI (Libero 11-12-2012)

Si stringe il cerchio intorno a mister X, il personaggio che affermava di avere rapporti con i vertici dei club e di essere in grado di influire sui risultati. Gli inquirenti hanno un’idea di chi sia e come si muoveva: conosceva dirigenti e allenatori di Serie A, acquisiva da loro informazioni sugli incontri combinati e le vendeva agli «zingari». Durante l’interrogatorio fiume di ieri, stavolta davanti al pm Roberto di Martino, ad Almir Gegic, il primo a parlare di mister X, hanno mostrato alcune fotografie ma non è stato in grado di riconoscere il nuovo personaggio entrato prepotentemente nell’inchiesta. «Assomiglia a questo ma non è lui», ha detto l’ex giocatore giramondo con passaporto slovacco che ha chiuso la carriera in Svizzera.

Non è escluso che i mister X siano due. Chiamato in causa per una quarantina di partite sospette, Gegic ha ribadito di non essere il capo degli «zingari» e sostenuto che il vero leader dell’organizzazione è il latitante Hristiyan Ilievski. L’interrogatorio riprende oggi. Intanto, c’è la conferma che Gegic, davanti al gip Guido Salvini, ha scaricato sui “pentiti” Carlo Gervasoni e Filippo Carobbio la responsabilità delle combine. «I prezzi, cioè, i compensi per ottenere i risultati erano essenzialmente stabiliti da Gervasoni e Carobbio in base anche agli accordi che prendevano con altri colleghi. Né io, né altri abbiamo mai obbligato o minacciato nessuno per preparare qualche partita». «In molte occasioni - ha continuato Gegic - i giocatori sapevano già come probabilmente sarebbe finita la partita».

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L’INCHIESTA A CREMONA

Parla ancora Gegic

Si cerca un mister X

di SIMONE DI STEFANO (TUTTOSPORT 11-12-2012)

ROMA. «Abbiamo cominciato con poco, ma quando Gervasoni è passato alla Cremonese, poi al Piacenza, e Carobbio è passato al Siena, l’attività si è ampliata». Si riannodano i fili dell’organizzazione degli “zingari”. A parlare è sempre lui, Almir Gegic, dopo l’interrogatorio di garanzia avuto davanti al Gip di Cremona Guido Salvini alcune settimane fa. Ieri ha aggiunto il minimo, quasi nove ore davanti al pm Di Martino per ammettere di aver iniziato a scommettere in Austria e in altri paesi dietro le informazioni dell’ex portiere del Bellinzona Gritti, circoscrivendo poi determinati giocatori e confermando il coinvolgimento dei fratelli Cossato, Rickler, Bellavista, Mario Cassano, Pellicori, Joelson e Carobbio. Alcuni nomi fatti da Gervasoni e Carobbio sarebbero invece stati “salvati” dal serbo, che ha voluto precisare come «i compensi per ottenere i risultati, erano essenzialmente stabiliti dai giocatori Gervasoni e Carobbio, in base agli accordi che prendevano con altri colleghi. Inoltre, né io né altri abbiamo obbligato o minacciato nessuno per preparare le partite. Erano semplicemente accordi in senso proprio. In molte occasioni i giocatori sapevano già come sarebbe finita la partita».

MISTER X Ieri Di Martino ha cercato di andare oltre approfittando del carattere «investigativo» dell’interrogatorio. Uno dei punti salienti su cui Gegic può aiutare gli inquirenti è quello sul riconoscimento di un presunto mister X, un uomo sulla sessantina di base all’Hotel Una Tocq di Milano e che secondo Gegic era pronto ad offrire cifre sostanziose (almeno 50-60 mila euro) per informazioni sulle combine. Sottoposto a foto segnaletiche, Gegic non lo avrebbe riconosciuto, ma gli investigatori un nome e un’immagine ce l’hanno: sarebbe un personaggio in contatto con dirigenti, allenatori e calciatori. Decisiva sarà la seconda parte odierna di interrogatorio di Gegic, altrimenti Cremona avrà due strade: attendere che si costituiscano anche Ilievki e Sulijc, oppure procedere all’arresto del mister X. In ogni caso, l’inchiesta che sembrava finire potrebbe subire una nuova costola, ben più spinosa, in cui nel mirino finirebbero direttamente le ancora poco lambite dirigenze.

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Scommesse La richiesta di pena ridotta per il ruolo del giocatore

«Gianello era ai margini»

Il Napoli rischia solo -1

Palazzi chiede 9 mesi per Cannavaro e Grava

di ANDREA ARZILLI (CorSera 11-12-2012)

ROMA — Diretta, presunta, oggettiva e, da ieri, la nuova responsabilità modulata. Quest'ultima, se recepita dalla Commissione disciplinare, può portare a penalità direttamente proporzionali al ruolo del calciatore implicato nel processo, al numero delle sue presenze, alla data di scadenza sul contratto, a tutta una serie di coefficienti che, secondo Stefano Palazzi, possono alleggerire o complicare la situazione del club all'interno del quale si commette il reato. Così, come da richieste di pena della Procura Figc, il Napoli potrebbe cavarsela con solo un -1 in classifica (più 100 mila euro di multa) nonostante Matteo Gianello, un habitué della tribuna del San Paolo con contratto in scadenza, all'epoca di Samp-Napoli (1-0) del 16 maggio 2010 fosse tesserato e poi, davanti agli inquirenti, abbia confessato di aver tentato di stringere un patto pro-combine con il capitano azzurro Paolo Cannavaro e con Gianluca Grava.

Il nuovo istituto però non vale per chi sapeva ma non ha denunciato. Infatti per Grava e Cannavaro, Palazzi ha chiesto 9 mesi cadauno (più 45mila euro di ammenda) per l'omessa denuncia, non un trattamento di favore e nemmeno un segnale di discontinuità con il pregresso di due anni di processi. Il punto è: perché il procuratore ha chiesto un punto di penalizzazione per il Napoli mentre in casi analoghi la richiesta non è mai stata inferiore a due? Il passaggio può costituire un'altra tappa nel processo di depotenziamento della responsabilità oggettiva. L'ex portiere era il terzo nelle gerarchie di Mazzarri, da tempo ai margini dello spogliatoio, fuori dai piani tecnici se non per motivi di forza maggiore e comunque mai sceso in campo prima della sfida incriminata (la 38esima di campionato): Palazzi ha definito «particolare» la storia di Gianello, talmente lontana dalle vicende del Napoli da indurlo a calibrare al ribasso la richiesta di pena per il club. Ma se, paradossalmente, a tentare l'illecito è un «big»? Quanti punti di penalizzazione può prendere la sua squadra?

Il Napoli temeva una richiesta di pena più corposa. Altre società, come Torino e Sampdoria, che in estate hanno patteggiato un punto di penalizzazione per responsabilità oggettiva nei confronti di propri tesserati con ruoli altrettanto marginali di Gianello, ora si sentono figliastri della Procura e, probabilmente, staranno maledicendo di essere ricorsi alla via del rito abbreviato. Via che il club azzurro si era sempre detto contrario a percorrere anche se il «backstage» del processo di ieri racconta un'altra storia: secondo indiscrezioni, il ritardo di un'ora nell'inizio dei lavori è stato causato dal tentativo di un accordo, fallito, di natura economica (si parla di 4-500 mila euro) fra il club e la Procura.

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Il procedimento Le proposte della Procura federale alla Disciplinare. Rifiutato il patteggiamento dell’ex portiere

Chiesti 9 mesi per Grava e Cannavaro

Caso Gianello, Palazzi: un punto al Napoli e 100 mila euro di multa

Lo sfogo dell'ex portiere «Mi dispiace, non era mia intenzione rovinare

l'immagine del calcio Napoli. Grava e Cannavaro? Con loro avevo un legame che

andava al di là del calcio, a loro dico non è stata mia intenzione creare disagi»

di MONICA SCOZZAFAVA (Corriere del Mezzogiorno - Napoli 11-12-2012)

NAPOLI - Tutto quanto si poteva immaginare circa le richieste del procuratore federale Stefano Palazzi alla Disciplinare, in merito alla vicenda di calcioscommesse che vede coinvolto il Napoli per resoponsabilità oggettiva per la tentata combine della partita Sampdoria-Napoli del 16 maggio 2010, ad opera dell'ex portiere Matteo Gianello, è andato diversamente. Il club di Aurelio De Laurentiis, difeso dall'avvocatop Mattia Grassani, per il quale si attendeva la richiesta da due a tre punti di penalizzazione, dovrà ricorrere al Tnas per evitare che la richiesta di un solo punto fatta dal procuratore Palazzi, possa realmente concretizzarsi. Per Cannavaro e Grava, chiamati in causa da Gianello, e deferiti per omessa denuncia, Palazzi ha chiesto ben nove mesi di squalifica. In virtù di questo deferimento e di quello di Matteo Gianello per illecito sportivo, al Napoli è stata chiesta anche un'ammenda di centomila euro. L'udienza si è svolta all'Hotel Parco dei Principi di Roma e prima ancora che Palazzi rendesse ufficiali le richieste per il club azzurro, la Disciplinare si era già pronunciata sulla richiesta di patteggiamento di Gianello, rigettandola. I legali dell'ex portiere azzurro, Edoardo Chiacchio e Monica Fiorillo, si erano accordati - in virtù del patteggiamento - con il pm federale per uno sconto di pena che fosse ridotto a sedici mesi. La commissione ha ritenuto invece non congrua la collaborazione dell'ex tsserato azzurro. Nella requisitoria, il pm Palazzi, sulla specifica posizione del Napoli, e dunque a sostegno delle sue ricghieste aveva spiegato: «Ritengo il Napoli punibile per responsabilità oggettiva sia per tentativo di un suo tesserato che per l'omessa denuncia dei due. Situazione particolare, vero, perché Gianello faceva la proposta benché non impiegato in squadra e trova subito due rifiuti. E' particolare perché la condotta di Gianello è propositiva. La Procura chiede che Gianello sia condannato a tre anni e tre mesi di squalifica (i tre mesi per i contatti tenuti per la combine); Cannavaro, posizione diversa dalle altre, dato il ruolo e il suo deciso rifiuto, da persona risentita dalla proposta, come emerge dalle carte, chiedo 9 mesi come per Grava. Per il Napoli, in relazione ai suoi tesserati, che venga applicata la responsabilità oggettiva e tenendo presente le circostanze in cui s svolge il tutto, si chiede 1 punto di penalizzazione per questa stagione 100 mila euro di multa».

«Mi dispiace, non era mia intenzione rovinare l'immagine del calcio Napoli - si sfoga così Gianello con i giornalisti presenti al Parco dei Principi - dove ho dedicato gran parte della mia vita calcistica. Sono stato tradito da una persona che mi era stata presentata dal club e frequentava gli ambienti della società. Lo ritenevo un amico. Spero di poter mettere una pietra sopra, di poter scrivere la parola fine a questa vicenda dopo un anno e mezzo difficile. In questo momento le miei parole lasciano il tempo che trovano per i tifosi. A loro dico che mi dispiace, io di Verona ho spesso ricevuto insulti per questa maglia. I tifosi veri lo sanno. Grava e Cannavaro? Con loro avevo un legame che andava al di là dell'aspetto professionale e calcistico, voglio dire a loro che non è stata mia intenzione creare disagi».

Infine, Palazzi ha deferito alla Commissione disciplinare Goran Pandev, e il Napoli per responsabilità oggettiva, «per non aver pagato, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione, le somme indicate nel lodo arbitrale pronunciato dalla Camera Arbitrale, presso la Commissione Agenti di Calciatori - Figc, in data 2 febbraio 2012, nell'ambito della procedura arbitrale n. 1 S/S 2011-2012».

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NAPOLI, CHIESTO -1

«Squalificate Cannavaro e Grava»

Così Palazzi, sentenza tra giovedì e venerdì

Il procuratore federale attacca: nove mesi per il capitano e per il difensore. Per il club responsabilità oggettiva: 1 punto e 100 mila euro. Gianello, patteggiamento rigettato. E l’avvocato del capitano azzurro: «Ma Quagliarella che fine ha fatto? Si è perso nelle nebbie di Torino...»

di EDMONDO PINNA (CorSport 11-12-2012)

ROMA - Le richieste di Palazzi entrano nel processo evolutivo della giustizia sportiva, lasciando Napoli e il Napoli col fiato sospeso. Chiesto un punto di penalizzazione per il club, più centomila euro di multa: responsabilità oggettiva per illecito e due omesse denunce (45mila ciascuna, più 10mila per il divieto di scommettere dell’allora tesserato, Matteo Gianello). Nove mesi di squalifica, invece, per Paolo Cannavaro e Gianluca Grava, che presi così, nel bel mezzo di un campionato a sgomitare con Juve e Inter hanno il sapore di una mazzata. Fallito il patteggiamento per Matteo Gianello, proposto e avallato dal procuratore Palazzi. Ma per la Disciplinare guidata da Sergio Artico, con Franchini vice vicario e Tobia, Giraldi e Perugini a comporre una squadra affiatata, non c’era, nelle confessioni alla Procura di Napoli, quella «collaborazione fattiva» che invece deve essere prerogativa per ottenere (nel caso dell’ex portiere partenopeo) un anno e quattro mesi.

COLPO DI SCENA - Un colpo di scena che ha costretto gli avvocati tutti a rivedere rotte e strategie di gara in corsa, un po’ come si fa in Formula Uno quando arriva improvvisa la pioggia. Colpo di scena a tal punto che lo stesso presidente della Disciplinare, Artico, nel leggere il dispositivo, comincia e sembra accogliere le richieste per Gianello. Non è così. Sembra farsi largo l’ipotesi di un nuovo patteggiamento, a due anni e spicci (ovvero: 3 anni e 3 mesi meno un terzo, come previsto dall’art. 23), poi l’avvocato Chiacchio, dopo mille tormenti con il collega Cozzone, sceglie di seguire la strada del Napoli. Avanti fino al Tnas, se servirà. Per ora bisogna aspettare giovedì o venerdì al massimo per sapere.

UN PUNTO CHE PESA - I partenopei in mattinata avrebbero provato il colpo: un patteggiamento del patteggiamento, ovvero una multa, anche salata (e parecchio parecchio) invece del punto previsto in caso di accordo. Non se n’è fatto nulla, forse ricordando Conte. Palazzi parte da Samp-Napoli del 16 maggio 2010 e argomenta che i partenopei meriterebbero un punto più centomila. Perché, d’altro canto, la verità parla di una proposta fatta da un Gianello che aveva collaborato, che era ai margini della prima squadra, che non aveva un ruolo centrale in quel periodo partenopeo. Perché, è innegabile, Cannavaro e Grava rifiutarono sdegnati, subito, senza se e senza ma. Ecco che il processo di trasformazione della giustizia subisce un nuovo colpo evolutivo nella direzione di una responsabilità oggettiva (piatto indigesto per i club) sempre più impalpabile e comunque da valutare caso per caso.

SOFFERENZA - Nove mesi, un parto per Cannavaro e Grava. L’avvocato Malagnini, che difende Paolo il capitano, s’accalora: «O mente Gianello, o mente il poliziotto. E poi qui c’è un assente: che fine ha fatto Quagliarella, è forse scomparso nella nebbia di Torino?». La sua collega, Luisa Delle Donne, che cura Grava, graffia: «Troppe versioni nelle parole di Gianello: nega, avanza la proposta a 4/5 compagni, poi individua solo Cannavaro e Grava». Abbassare la soglia dei nove mesi fino al proscioglimento: la missione.

LE ALTRE RICHIESTE - Giusti 3 anni e 9 mesi, Zamboni uno più sette mesi. C’è anche Crotone-Portogruaro, ci sono Agostinelli e Dei (Furlan è finito nei patteggiamenti accolti, come Cossato, Passoni, Parlato, Albinoleffe e Avesa). Un punto per il Crotone (difeso da Chiacchio, Cozzone e Rosita Gervasio), due per il Portogruaro (c’era il legale Annalisa Roseti), tre anni per Agostinelli (che ha parlato col cuore in mano prima del suo avvocato Marsico), tre per Dei (difeso dall’avvocato Monica Fiorillo). Ora bisogna solo snocciolare le ore che mancano alla sentenza.

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PARLA L’EX PORTIERE

Gianello: Sì, sono stato

ingenuo, ma non sono un bandito

Come mi sento? Tradito da uno che consideravo amico. L’ha fatto con me, con Cannavaro e Grava

Mi rimprovero tutto, ho gettato discredito sul Napoli, sulla società e su due miei compagni di squadra

di EDMONDO PINNA (CorSport 11-12-2012)

Secondo piano dell’hotel dove ieri la Disciplinare ha messo sotto processo il Napoli. La stanza ha il letto sfatto, sul comodino un pacchetto di biscotti aperto e mangiato a metà, accanto una bottiglia d’acqua. Matteo Gianello parla, ha quasi gli occhi lucidi, a volte. Forse ripensando a quello che è stato, a quella cavalcata durata otto anni, iniziata a Paestum senza palloni in serie C e arrivata col profumo della Champions League. Fino a quella mattina, alla telefonata dell’allora direttore generale del Napoli, Fassone. L’inizio di un’altra storia, di diciotto mesi che per lui, Gianello Matteo da Bovolone, in provincia di Verona, sono stati e sono un inferno. Parla, Gianello, al suo fianco come un angelo custode, il suo legale, l’avvocato Eduardo Chiacchio, che in serata ha chiesto la derubricazione da illecito sportivo a violazione dei principi di lealtà e correttezza sportivi, così da scongiurare eventuali ricadute da patteggiamento. Parla e sembra voler chiedere scusa a quella città, a quella società, a quei tifosi per i quali nutre ancora rispetto e amore. Ha sbagliato, lo sa lui per primo, ma mai avrebbe voluto gettare discredito su quello che considera «la mia vita».

Gianello, è il giorno del giudizio. Si sente?

«Tradito. Tradito da una persona che consideravo un amico. Tradito da una persona che ho conosciuto e che mi è stato presentato all’interno del club. Gli avevo dato la mia fiducia, anche lui mi aveva fatto delle confidenze. Ma non ha tradito solo me, ha tradito anche Cannavaro e Grava, con i quali andava a mangiare».

Cannavaro e Grava li ha tirati in ballo lei, però...

«Ma non lo avrei fatto, quella fu quasi una battuta, la mia, mica una proposta vera e propria. Fra l’altro, non ero neanche convocato, cosa avrei potuto fare, anche volendo? Mi resi conto che stavo facendo una stupidaggine nel momento stesso in cui mi sono trovato davanti loro due, due amici».

Torniamo al tradimento: si riferisce al poliziotto che la seguiva in incognito?

«Secondo me, soffriva, avrebbe voluto essere “protagonista”, gli altri lo trattavano con superficialità, io gli davo magliette e biglietti, ma non è mai venuto a casa mia, figuriamoci poi se lo invitavo ai festini, che non ho mai fatto».

Ci sono anche le intercettazioni, però.

«Ma io non ho mai fatto quelle cose, sapevo che Giusti era uno scommettitore, ma quando gli dissi di sì al telefono lo feci più per togliermelo dai piedi, visto che mi chiamava dieci volte al giorno. Ho commesso un’ingenuità dietro l’altra, come quella di adeguarmi al loro linguaggio. Mi sono fatto prendere la mano».

Cosa si rimprovera adesso?

«Mi rimprovero tutto, soprattutto di aver gettato discredito sul Napoli, sulla società, su due miei compagni, che erano amici, e dico erano perché credo che loro non se ne facciano più nulla delle mie parole. Club e spogliatoio, per come li ho vissuti io, sono eticamente molto corretti. Ho sposato un progetto, nato da un fallimento, dalla serie C, al ritiro di Paestum non c’erano neanche i palloni... (gli occhi diventano lucidi). In B mi chiamavano il portafortuna del 3-1, quando giocavo io vincevamo sempre con quel risultato».

Mazzarri l’ha definita, sintetizzando, lavativo e svogliato.

«Cannavaro e Grava hanno sempre detto che ero disponibile, sempre, anche a fine allenamento, per tiri supplementari, rigori. In due anni ha parlato con me una sola volta, quando è arrivato. Una volta, alla fine di un allenamento, mi ha chiamato Guardalben.... Con lui esistono solo i titolarissimi».

Ha mai cercato Cannavaro e Grava.

«Onestamente no. Ormai, credo, sia andata così.... Ma avrei preferito pagare solo io piuttosto che loro: con Grava eravamo insieme dalla serie C, con Paolo dall’anno della B, ci capivamo al volo».

De Sanctis ha detto che con lui non aveva un rapporto genuino...

«E mi sono dispiaciuto quando l’ho saputo. Eravamo come... fidanzati, allenamenti sempre insieme, giornate intere. Io, fra l’altro, l’ho pure scagionato, poteva scegliere un silenzio di qualità».

Ha ricevuto minacce?

«Era nato un profilo Facebook con minacce varie, l’ho denunciato alla Polizia postale».

L’ha mai chiamata qualche dirigente? Anche se non ufficialmente, stavate trattando il prolungamento del contratto....

«Nessuno lo ha fatto, neanche il presidente, neanche Bigon. Ho commesso un’ingenuità, per la quale non finirò mai di chiedere scusa, ma non sono un “bandito”. Ho pagato, sto pagando e pagherò. E mi dispiace: io, per questa maglia, ho preso insulti perché sono di Verona. E sapete perché? Perché Napoli era la mia vita».

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Calcioscommesse La Procura contesta al club la responsabilità oggettiva

Palazzi chiede il -1 in classifica per il Napoli

Incubo: dal ko con l’Inter alla penalità e i 9 mesi per Cannavaro

di MARCELLO DI DIO (il Giornale 11-12-2012)

Nella fredda notte di San Siro ko e sorpasso in classifica subiti dall’Inter, nel piovoso pomeriggio di Roma il -1 e i 100mila euro di ammenda oltre ai 9 mesi di stop per capitan Cannavaro richiesti dal procuratore federale Palazzi. Che poco prima della requisitoria aveva anche deferito Pandev e il club per il mancato pagamento di un lodo arbitrale.

Ventiquattro ore da incubo per il Napoli che in campo mostra la sindrome inversa rispetto alla passata stagione, quando il tormento era legato alle «piccole» del campionato. Oggi sono i risultati con le «nemiche» Juventus, Milan e Inter a insinuare il dubbio di una squadra azzurra ancora incompiuta. Se l’annata racconta una fase ascendente del gruppo (attestata dal +12 in classifica) senza dimenticare i successi con Fiorentina e Lazio, le tre «macchioline» statistiche legate al biancorossonerazzurro accrescono la delusione dei tifosi.

Stavolta non è bastato il solito sigillo (il 19° in altrettante partite) di Cavani: il Napoli fa tanto possesso palla al cospetto degli avversari, gioca a tratti abbastanza bene, crea tante occasioni (Insigne avrebbe meritato il gol). È mancata la cattiveria e l’umiltà. Bologna e Siena gli appuntamenti di fine anno per rinfocolare il sogno scudetto. «Preferirei giocare male, ma vincere», il chiaro messaggio del patron De Laurentiis.

Nemmeno il tempo di digerire il ko di Milano che in un albergo ai Parioli a Roma è arrivata la richiesta del pm del pallone Palazzi per la presunta tentata (e non riuscita) combine dell’ex terzo portiere Gianello di Sampdoria-Napoli del maggio 2010. Nessun patteggiamento per il club azzurro, rifiutato dalla Disciplinare quello del calciatore veneto avallato da Palazzi (pena di 16 mesi), così il Procuratore federale chiede 3 anni e 3 mesi, 9 mesi per Cannavaro e Grava (contattati da Gianello, che aveva ricevuto un risentito no dai due, rei però di non aver denunciato l’episodio, un punto di penalizzazione e 100mila euro di ammenda al Napoli «tenendo presenti le circostanze». La sentenza della Disciplinare è attesa per giovedì o venerdì (probabile la conferma di quanto richiesto da Palazzi), il legale del Napoli Grassani è fiducioso: «Il club è virtuoso e responsabile».

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Napoli choc

Palazzi: un punto al club

e nove mesi a Cannavaro

Le richieste della Procura Figc per il caso Gianello: entro giovedì la decisione della Disciplinare

La difesa Il manager azzurro Chiavelli: «La societàsempre trasparente e onesta»

di PINO TAORMINA (IL MATTINO 11-12-2012)

Roma. Il compito del processo sul filone napoletano di calcioscommesse, partito ieri mattina a Roma e (probabilmente) tra giovedì e venerdì già a sentenza di primo grado, è tra i più complessi. La Disciplinare di Sergio Artico ha ascoltato le richieste del procuratore federale Stefano Palazzi e ora deciderà se accoglierle oppure no. Eccole: un punto di penalizzazione e 100 mila euro di ammenda per il Napoli, 9 mesi di squalifica per Grava e Cannavaro. E per Gianello 3 anni e 3 mesi.

Quando poco dopo le 16,30 Palazzi formalizza le sue richieste, nella saletta riservata alla stampa del Parco dei Principi, dove al piano terra si celebra il processo al club azzurro si alza un boato di sorpresa. Perché la giornata è stata davvero un susseguirsi di colpi di scena. Tutti da raccontare. A partire dalle battute iniziali, quando Eduardo Chiacchio, il legale che difende Matteo Gianello ha tentato l’uscita di emergenza del patteggiamento per l’ex portiere azzurro, accusato di illecito sportivo per la tentata combine di Sampdoria-Napoli: Palazzi ha detto di sì a una condanna a 16 mesi. Ma la Disciplinare ha respinto l’accordo, ritenendolo poco congruo. E motivandolo con una frase tutta ancora da decifrare: «Nessuna collaborazione fattiva» c’è stata da parte dell’atleta veronese nel corso dei procedimenti.

Il primo passo dà il via a una serie di conseguenze inattese, in una sorta di effetto domino. Perché per il Napoli si apre improvviso uno squarcio. Su cui Grassani, l’avvocato del club, si lancia speranzoso: «La deposizione fatta da Gianello in procura è il manuale del soggetto inattendibile. Nessuno può credere ai suoi racconti. Come la decisione della Disciplinare testimonia».

Verità contrapposte: per Palazzi, invece Gianello è credibile soprattutto per il fatto che con le sue parole ha scagionato Quagliarella: «Perché lo avrebbe fatto per lui e non con Grava e Cannavaro?», è il quesito del procuratore. Una versione che, per Palazzi, sarebbe quindi genuina e spontanea. Ruggiero Malagnini e Luisa Delle Donne, avvocati di Cannavaro e Grava, ribadiscono in aula l’esatto contrario, e cioè che le ammissioni di Gianello sono incongruenti: «In questo processo manca Quagliarella. O il poliziotto dice bugie o le bugie le dice Gianello».

L’arringa di Palazzi spalanca le porte a una nuova rivisitazione della responsabilità oggettiva: «Gianello è comunque un giocatore che non ha giocato mai quell’anno». Tradotto, uno che poco o nulla può per influenzare un risultato. Da qui la decisione più sorprendente: Palazzi s’accontenta del -1 al Napoli, dimenticando - e fa bene - alcuni diversi precedenti. Poi arrivano le stangate a Cannavaro e Grava.

La giornata ruota intorno alla figura di Gianello, sulla sua vita, sulle sue abitudini e sulle vicissitudini della settimana prima di Samp-Napoli. Chiavelli apre la difesa del Napoli: «Siamo parte lesa e questa circostanza è palese, perché la società non ha strumenti adeguati per poter incidere in queste vicende. Il danno che rischiamo di subire è di grande rilevanza». L’assist migliore, il colpo d’autore, arriva proprio alla fine quando Eduardo Chiacchio cambia strategia e non propone un nuovo patteggiamento per Gianello, dando in tal mondo forza alla tesi difensiva del Napoli: per Gianello, infatti, chiede la derubricazione del reato da illecito alla slealtà sportiva (art. 1). Se passasse la sua linea, che è legata a doppio filo alle sorti del Napoli, il club azzurro se la caverebbe con due salatissime ammende. Che è poi, quello a cui fin dalle prime ore del mattino, lavora la società azzurra.

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L'intervista

Lo sfogo Le scuse ai due difensori finiti sotto processo e a De Laurentiis: subii pressioni per la partita con la Sampdoria

L’ex portiere: tradito da un poliziotto e trattato da bandito

«Un agente ha rivelato una mia confidenza, che errore ho fatto»

Mazzarri Mi ha ferito quando ha detto che ero un lavativo

De Sanctis Eravamo legatissimi, adesso mi definisce non sincero

di PINO TAORMINA (IL MATTINO 11-12-2012)

Roma. «Io non ho mai inguaiato nessuno. Non ho mai confessato nulla, né al tribunale di Napoli né in Procura federale. Ho solo dovuto ammettere, e dopo sette ore di interrogatorio, che quello che avevo raccontato a un poliziotto che credevo un amico mio e del Napoli, era vero». Matteo Gianello racconta la sua verità.

La sua è stata una confessione pro patteggiamento?

«No. Ho detto il vero e sono stato trattato come un bandito, messo da parte da tutti. Sono stato tradito da quel poliziotto che credevo fidato. È stato lui, con quello che ha scritto, non certo io, a gettare fango sull’immagine del Napoli in questi mesi».

Ma lei qualche errore l'avrà commesso?

«Ho avuto un’esitazione, ho travolto il mio senso etico dicendo di sì alla richiesta di Giusti. Ma l'ho fatto solo per togliermelo di mezzo, perché ero stufo delle sue continue telefonate. La mia condotta morale fino a quel giorno è stata sempre esemplare».

Viene descritto come uno scommettitore incallito?

«Solo menzogne, mai giocato in vita mia. Sono state dette tante fandonie sul mio conto: io guadagnavo bene e mi bastavano i 200mila euro all'anno dell'ingaggio»

Quali le menzogne?

«Per esempio che quel poliziotto era uno che veniva a cena da me. Non è mai successo. Avremmo cenato sì e no tre volte ma in qualche locale. E c'erano anche altri miei compagni di squadra. Figurarsi se lo invitavo ai festini, che tra l'altro non ho mai organizzato».

Il linguaggio criptato che usava al telefono?

«Mi ero fatto prendere la mano... Giusti parlava così e io facevo la stessa cosa».

Cosa è successo prima della gara con la Samp?

«Ho fatto una cosa stupida. Sono andato nello spogliatoio e ho detto quelle cose a Cannavaro e Grava. Un attimo dopo mi ero già pentito. Appena mi hanno mandato a quel paese mi sono detto: “che cosa idiota che ho fatto”. Non mi sono dato pace. Ho raccontato l'episodio al poliziotto che mi stava sempre dietro e il 15 giugno del 2010 mi chiama Fassone, allora dg del Napoli, per dirmi che devo andare in Procura con un avvocato. Da quel momento in poi il Napoli mi ha tagliato: e pensare che stavamo trattando il rinnovo del contratto».

Cannavaro e Grava l'hanno denunciata...

«Sì, l'ho letto. Non mi hanno mai cercato, né io ho cercato loro. Mi spiace: tra noi c'era una bella amicizia».

Nessuno ha avuto parole dolci per lei?

«Certo, mi ha ferito Mazzarri: ha detto di me che ero un lavativo, uno svogliato. Lui nemmeno mi guardava, una volta mi chiamò Gualdaben perché neppure conosceva il mio nome. Con lui se non sei un titolarissimo neppure esisti».

Poi?

«Con De Sanctis eravamo quasi fidanzati, nel senso che gli allenamenti li facevano insieme, da inseparabili... Di me dice ora che non sono una persona genuina: mi fa male sentirlo dire, poteva stare in silenzio».

Ha mai ricevuto minacce?

«Una volta su Facebook è comparso un profilo che mi minacciava di morte, l'ho denunciato alla polizia postale e non so se lo hanno cancellato».

Il Napoli?

«Mi spiace per De Laurentiis, io alla società ho dato il mio cuore e non ho mai fatto nulla per danneggiare il Napoli».

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Le reazioni Nessuna dichiarazione ufficiale del Napoli sulle richieste della Procura federale

Il silenzio del capitano e di Grava

ore d’attesa tra serenità e fiducia

La squadra L’assenza di Cannavaro sarebbe un peso: è un leader nel gruppo di Mazzarri

di ROBERTO VENTRE (IL MATTINO 11-12-2012)

Nessuna dichiarazione ufficiale del Napoli e nessuna dichiarazione di Paolo Cannavaro e Grava. Ieri è arrivata la notizia delle richieste del procuratore Palazzi alla Commissione Disciplinare: un punto di penalizzazione e 100mila euro di ammenda al Napoli e nove mesi di squalifica per i due difensori azzurri.

Notizia che non avrà colto però di sorpresa l’entourage di Cannavaro e di Grava, i procuratori Gaetano ed Enrico Fedele: la richiesta di Palazzi rientrava in quelle previste per situazioni del genere. Ma nello stesso tempo ci sarà sicuramente immutata fiducia sul fatto che tutto possa risolversi nel migliore dei modi e cioè con l’assoluzione completa per i due calciatori.

Stato d’animo di Cannavaro e Grava che risulterà essere lo stesso di sempre: il capitano ha sempre avuto la serenità di chi sa di avere la coscienza a posto, così come il difensore casertano. Però è chiaro che per i due difensori del Napoli queste sono anche ore di attesa. Dopo le richieste della Procura si è in attesa della sentenza del primo grado di giudizio.

Attesa, fiducia e serenità. Lo stato d’animo dei difensori azzurri si può sintetizzare con questi tre sentimenti in un lunedì sicuramente molto particolare, quello del post Meazza, della sconfitta beffa subìta ad opera dell’Inter. Oggi riprenderanno gli allenamenti degli azzurri a Castelvolturno: Cannavaro e Grava prepareranno la prossima sfida contro il Bologna ed ieri erano rappresentati a Roma dal loro legale, l’avvocato Malagnini.

Attesa per la sentenza da parte di tutti: giocatori, società e ovviamente staff tecnico, a cominciare da Mazzarri. Cannavaro è il pilastro della difesa e sta giocando su livelli altissimi, anche a Milano contro l’Inter è stato tra i migliori in campo. Una sua squalifica, cioè una sua assenza per un lungo periodo, rappresenterebbe un grosso problema per Mazzarri.

Il ruolo di centrale difensivo è quello più delicato del reparto arretrato e Cannavaro è quello largamente più affidabile. Il suo sostituto Fernandez non ha dato garanzie nel ruolo, l’argentino non è ancora pronto a dirigere la difesa. Da centrale difensivo è stato utilizzato anche Aronica che però quest’anno sta vivendo una stagione non semplice.

L’eventuale assenza di Paolo Cannavaro potrebbe avere un peso rilevante sul campionato che ovviamente è tutto da giocare come l’Europa League con gli azzurri che si sono qualificati per i sedicesimi di finale (il 20 dicembre è previsto il sorteggio).

Il capitano è uno dei fedelissimi di Mazzarri, uno degli uomini spogliatoio, un simbolo dentro e fuori il campo. Grava è quello partito dalla C, un altro simbolo della squadra che De Laurentiis ha portato dalla terza serie alla Champions in pochi anni.

Sono ore di comprensibile attesa, quindi. E questa settimana sicuramente è diversa dalle altre: tutti gli azzurri, i compagni di squadra ovviamente attendono notizie e confidano sul fatto che tutto possa risolversi nel migliore di modi. Dopo le richiesta di Palazzi ora tocca ai giudici della Commissione Disciplinare la decisione.

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I commenti

I tifosi preoccupati: «Richieste pesanti e ingiustificate»

Il giudice D’Urso: «Ipotesi spropositate per i due giocatori, il caso è differente da quello del tecnico juventino Conte»

Mazza La showgirl: «Eccessive le sanzioni prospettate per i due azzurri inaccettabile il punto in meno»

Rivieccio L’attore: «Si prova a usare la mano pesante contro di noimentre gli altri... Spero nei ricorsi»

di DARIO SARNATARO (IL MATTINO 11-12-2012)

Dure, eccessivamente severe e ingiustificate. Così i tifosi del Napoli definiscono le richieste di Palazzi. «Se la richiesta di un punto di penalizzazione del club era prevedibile, mi sembra abbastanza spropositata quella relativa a Cannavaro e a Grava». A parlare è Bruno D’Urso, magistrato, presidente aggiunto dell’Ufficio dei Gip di Napoli e ex giudice sportivo e procuratore federale. «Ho lavorato per 20 anni all’Ufficio Indagini e non conosco il minimo edittale, ma punire, eventualmente, con 9 mesi una presunta omessa denuncia per un illecito non consumato è eccessivo, soprattutto se in proporzione alla risibile condanna per Conte, squalificato in primo grado per 10 mesi in base ad un’imponenza di prove per un illecito consumato che nel caso del Napoli non esiste». D’Urso è dunque sorpreso dalle richieste di Palazzi: «Ha lavorato con me in Procura federale e ho grande stima nei suoi confronti, è una persona seria e saggia, non vorrei però che le sue origini napoletane lo abbiano un pochino condizionato nella quantificazione della pena proposta».

Analoga ma non identica la chiave di lettura dell’avvocato Claudio Botti, tra i fondatori del «Te Diegum». «Purtroppo le richieste così pesanti sono diretta conseguenza del principio di responsabilità oggettiva su cui si poggia l’intera giustizia sportiva. È un principio indispensabile per i gravi illeciti, perché altrimenti ogni società scaricherebbe la colpa solo sui calciatori. È però una pazzia, una barbarie giuridica per i casi di omessa denuncia. Andrebbe temperato e rivisto». È quello che pensa anche la showgirl Maria Mazza. «Da tifosa spero e credo che Cannavaro e Grava siano estranei ai fatti. Se così non fosse non vedo perché il Napoli debba pagare per colpe non proprie. Sarebbero responsabilità personali e, comunque, le richieste per i due azzurri sono eccessive, anche il -1 è inaccettabile». L’attore Gino Rivieccio è più fatalista: «La richiesta di un punto purtroppo me l’aspettavo, i 9 mesi invece non sono giustificati. Al solito si prova a usare la mano pesante col Napoli, non mi pare che altri club abbiano avuto lo stesso trattamento. Gianello ha fatto l’ennesima uscita a vuoto, non è riuscito neanche a parare le condanne. Sono fiducioso nei ricorsi, speriamo che il Napoli non debba pagare troppo dazio».

In tal senso Bruno D’Urso è perentorio: «Se accolte, queste condanne possono costare molto al club. La squalifica di Cannavaro sarebbe molto più grave del punto e molto più pesante di quella patita da Conte, scontata in modo quantomeno discutibile. Spero invece che la sentenza prenda le giuste misure per quello che presumibilmente è successo». Botti è molto più preoccupato: «Senza Cannavaro, elemento essenziale per la difesa, e con un punto in meno si rischia di retrocedere a centroclassifica. Non condivido la linea del Napoli di non voler provare a patteggiare perché si ritiene innocente: è molto bello portare avanti battaglie di principio ma ho imparato che nelle aule giudiziarie e in certi contesti queste battaglie si perdono».

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Il Messaggero 11-12-2012

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CALCIOSCOMMESSE

Napoli, Palazzi chiede un punto

e 9 mesi per Cannavaro e Grava

di VALENTINA VERCILLO (IL ROMANISTA 11-12-2012)

Un punto di penalizzazione e 100 mila euro di multa per il Napoli, più 9 mesi a testa di squalifica per Gianluca Grava e Paolo Cannavaro. Sono queste le richieste del Procuratore Federale Stefano Palazzi nell’ambito del processo sportivo sul calcioscommesse. A portare il club di De Laurentiis e due dei suoi giocatori davanti alla Commissione Disciplinare della Figc, l’ammissione di responsabilità dell’ex terzo portiere Matteo Gianello, sul tentativo di combinare Sampdoria-Napoli del maggio 2010.

La proposta di alterare il risultato della partita in favore dei blucerchiati fu formulata dall’estremo difensore ai suoi compagni negli spogliatoi. Il rifiuto categorico dei due non è bastato, però, per evitare a entrambi il deferimento per omessa denuncia, che ha spinto Palazzi a chiedere una pena di 9 mesi di squalifica. Per quanto riguarda Giannello, invece, la Commissione ha respinto il patteggiamento con pena a 16 mesi, perché «non riscontrati estremi per la collaborazione fattiva tali da giustificare l’applicazione dell’articolo 24». Niente accordo, dunque: alla fine Palazzi ha chiesto 3 anni e 3 mesi di squalifica.

La Procura nella propria requisitoria ha puntato sulla concordanza tra quanto Gianello aveva riferito all’ispettore Vittoria, suo confidente (che ha poi reso relazione di servizio e testimonianza alla Procura di Napoli) e quanto confermato di fronte alla Procura Federale, nonostante la discordanza sul fattore Quagliarella, che l’ex portiere aveva raccontato di aver tentato di coinvolgere - pur ricevendo un rifiuto - parlando con l’agente di polizia, e poi invece escluso dai nomi a cui avrebbe proposto l’illecito davanti a Palazzi. Incongruenze su cui si è basata la difesa del legale del Napoli, Mattia Grassani.

Il Napoli si è definito «parte lesa», affidando la reazione all’ad del club Andrea Chiavelli: «La società non ha strumenti adeguati per poter incidere in queste vicende. Il danno che rischiamo di subire è di grande rilevanza, e essere privati di due calciatori attualmente tesserati sarebbe un danno rilevante, come la penalizzazione in punti in un campionato quasi a metà del suo svolgimento».

LE ALTRE Per quanto riguarda gli altri club a giudizio, Palazzi ha chiesto 2 punti e 10mila euro d’ammenda per il Portogruaro, 1 punto per il Crotone e 5mila euro d’ammenda lo Spal 1907. Per ciò che riguarda invece i tesserati deferiti, giocatori del Napoli a parte, il procuratore ha chiesto 3 anni e 9 mesi per l’ex calciatore Silvio Giusti, 3 anni per l’ex allenatore del Portogruaro Andrea Agostinelli e per l’ex portiere David Dei, e poi 1 anno e 7 mesi per il difensore del Trento Marco Zamboni. Intanto la Commissione Disciplinare Nazionale ha accettato il sesto patteggiamento della giornata: il portiere del Portogruaro Claudio Furlan - deferito per l’illecito sportivo relativo a Portogruaro-Crotone del 29 maggio 2011 - sconterà 2 anni, 4 mesi e 20 giorni di squalifica.

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IL SECOLO XIX 11-12-2012

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«Meno uno al Napoli»

Palazzi chiede 3 anni per Gianello

9 mesi per Cannavaro e Grava

Richiesta soft per il club, mano dura per i calciatori. Il legale del capitano

partenopeo: «Qui manca Quagliarella». Sentenze alla fine della settimana

di GAETANO IMPARATO & VALERIO PICCIONI (GaSport 11-12-2012)

Richiesta soft per il Napoli, un punto di penalizzazione da scontare in questa stagione, al di sotto del minimo della giurisprudenza sportiva in casi del genere. Mano pesante, nove mesi di squalifica, per i suoi calciatori, Paolo Cannavaro e Gianluca Grava, accusati di omessa denuncia per la presunta combine di Samp-Napoli del 2010. Sono le richieste del procuratore Stefano Palazzi al processo del calcio scommesse davanti alla Commissione disciplinare, che ieri ha chiuso il dibattimento e che arriverà a sentenza alla fine della settimana.

Patteggiamento respinto È stato il cuore di una giornata affollata di sorprese, con la Disciplinare che ha detto no al patteggiamento di Matteo Gianello, l'ex terzo portiere azzurro autore della confessione dell'illecito davanti alla Procura di Napoli e agli investigatori sportivi. Palazzi aveva detto: «Ha prestato una collaborazione fattiva, vanno bene 16 mesi di squalifica». Al posto dei 3 anni e 3 mesi di norma per violazioni del genere. La Disciplinare ha risposto: neanche per niente, la «collaborazione fattiva non c'è». In pratica: secondo la Disciplinare, Gianello ha detto «confermo tutto», non aggiungendo nessuna circostanza. Quindi, tutto da rifare.

Il giallo dell'inizio D'altronde la giornata era cominciata subito con un giallo: il via spostato di un'ora. Si è sparsa la voce che Procura federale e Napoli stessero trattando per un accordo che lasciasse intatta la classifica di Cavani e soci risolvendo tutto con una maxi sanzione economica. Ma il patteggiamento non decollava. Dopo pranzo, ecco Palazzi che restringe il recinto della responsabilità oggettiva. Il Procuratore parte ritenendo «attendibile» Gianello, ma poi cita alcune attenuanti, inedite per la giustizia sportiva e per le sue requisitorie. È un caso «particolare». Perché Gianello ha avuto un atteggiamento «positivo» e perché non è stato mai impiegato, inoltre Grava e Cannavaro hanno opposto un «deciso» rifiuto alla sua proposta. Morale: un punto (stessa sanzione di Torino e Samp, che però avevano patteggiato) e non i due della prassi, con centomila euro di multa, può bastare.

Nove mesi «esagerati» Così però i nove mesi di Grava e Cannavaro (la richiesta per Gianello ritorna ai 3 anni e 3 mesi) sembrano uno sproposito. Tanto che l'avvocato Luciano Malagnini, il legale del capitano, rilancia e chiede perché manchi nel processo Quagliarella. «Era il soggetto principale da corrompere. O il poliziotto che riferì le rivelazioni di Gianello dice le bugie o le dice lo stesso Gianello. Quagliarella doveva raggiungere la soglia di reti per il premio da 50 mila euro». Il legale del Napoli, Mattia Grassani, dà atto a Palazzi della svolta. Ma vuole andare avanti: la confessione di Gianello è «un manuale di inattendibilità, soprattutto perché manca il prezzo della proposta, il corrispettivo». E poi il portiere «era ai margini della rosa». Edoardo Chiacchio, l'avvocato di Gianello, chiude la giornata: «Se la Disciplinare dice che Gianello non ha collaborato, allora chiedo che sia giudicato solo per l'articolo 1 (mancata lealtà, ndr)». Cioè: non gli credete? Allora l'illecito non c'è. E a quel punto cascherebbero anche le accuse al Napoli e ai suoi calciatori.

Nessun peggioramento Ma la Disciplinare, presieduta da Sergio Artico, ha fama di grande severità. L'ipotesi di una sentenza «libera-tutti» è improbabile. In ogni caso il verdetto non potrà modificare in peggio le sanzioni chieste da Palazzi. L'unica possibilità, ma si tratterebbe di una soluzione clamorosa, sarebbe chiedere al procuratore di riformulare le richieste.

Gli altri Quello di Gianello è stato l'unico patteggiamento negato dalla Disciplinare. Gli altri hanno tutti avuto via libera: multe per l'Albinoleffe e l'Avesa di calcio a 5, sconti per Federico Cossato, Gianfranco Parlato, Dario Passoni e Claudio Furlan. Nessuna richiesta di patteggiamento è venuta invece da Portogruaro e Crotone, le squadre dell'altra partita chiave del processo. Per tutti il traguardo è fissato a giovedì o venerdì, il momento della sentenza.

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GIANELLO

«Tradito da un falso amico, sto a pezzi

Non volevo inguaiare i miei compagni»

di GAETANO IMPARATO (GaSport 11-12-2012)

«Non volevo rovinare l'immagine del Napoli, meno che mai Cannavaro e Grava, o altri miei compagni, coi quali avevo un ottimo rapporto anche personale». Matteo Gianello è avvilito «Al Napoli ho dato 7 anni della mia vita, e essere veronese mi ha creato più di un disagio quando tornavo a casa, per il fatto di giocare in quel club al quale mi sento legato». Gianello lamenta il tradimento di una persona di fiducia che il club gli aveva fatto conoscere. «Sono stato tradito da un finto amico, conosciuto proprio tramite il Napoli. E' vero, ho commesso l'ingenuità di fargli una confidenza, ma non pensavo la usasse in quella maniera, mi fidavo»». Interviste a Rai e Sky, il tenore sempre lo stesso: «Era stata una chiacchierata sotto la doccia, dopo un allenamento, la reazione di Cannavaro e Grava è stato un immediato no». Appresa la notizia del mancato patteggiamento «Questa storia mi sta uccidendo. In quella partita neanche giocai»

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Scommesse

Un punto di penalità al Napoli

e nove mesi a Paolo Cannavaro

Le richieste di Palazzi. Gianello, patteggiamento negato

Samp-Napoli del 2010, sentenza a breve. Ma la Procura adotta pesi e misure diverse

di MATTEO PINCI (la Repubblica 11-12-2012)

Un punto di penalizzazione per il Napoli, 9 mesi di squalifica per Paolo Cannavaro e Gianluca Grava, 3 anni e 3 mesi per Gianello. Le richieste del procuratore Palazzi aprono il processo al calcioscommesse sul filone napoletano d’inchiesta, accendendo la discussione intorno a un procedimento ritenuto da tutte le parti in causa, “un unicum”. Perché l’uomo chiave, Gianello, ai tempi del fatto era ai margini della squadra e a poche settimane dalla fine del contratto. Perché mai prima di ieri la Disciplinare aveva rigettato un patteggiamento non riconoscendo la «fattiva collaborazione », come accaduto per l’ex terzo portiere azzurro. Che pure, messo alle strette dalla Procura di Napoli, aveva ammesso il tentativo di combinare Sampdoria-Napoli del 16 maggio 2010. Lui chiede ai compagni di perdere, Cannavaro e Grava oppongono un netto rifiuto: illecito per il primo, omessa denuncia per gli altri due. E il Napoli in mezzo, responsabile per il comportamento dei tesserati. Ma la responsabilità oggettiva, «un caposaldo dell’ordinamento sportivo» per il presidente Coni Petrucci, rischia stavolta di essere sbriciolata, come vorrebbero i grandi club, dalle richieste per il club di De Laurentiis: un punto e 100 mila euro, completamente disatteso il “tariffario” abituale — due punti a illecito — della Procura Figc. Che rispolvera le proprie abitudini se davanti ha il Portogruaro, per il quale pochi istanti dopo il procuratore chiedeva 2 punti. Eppure il Napoli si riconosce come «parte lesa», e teme «un danno di grande rilevanza: essere privati di due calciatori e penalizzati in punti a metà campionato ». Il club ha tentato un patteggiamento sulla base della sola ammenda, ricevendo un “no, grazie” da Palazzi. Perciò il legale Grassani punta a demolire le ricostruzioni di Gianello: «Perché — domanda alla corte — mettere in moto questo meccanismo per alterare una partita tra una squadra alla ricerca di punti per andare in Champions e un’altra priva di motivazioni? E perché Gianello, che non ha rapporti privilegiati con Grava e Cannavaro, avrebbe dovuto chiedere di giocare senza particolari motivazioni?».

Le prime risposte dovrà fornirle la sentenza di primo grado. Un verdetto tutt’altro che semplice e che potrebbe richiedere tempo: tra domani e il fine settimana, i pessimisti temono uno slittamento a lunedì. Il Collegio dovrà motivare anche su alcune incongruenze tra ciò che Gianello ha raccontato in Figc e quanto sostenuto con il proprio confidente, l’agente di polizia Vittoria. Soprattutto sulla posizione di Quagliarella, che Gianello aveva raccontato all’agente di aver coinvolto, salvo poi escluderlo davanti a Palazzi. Argomento cavalcato con forza dal legale di Cannavaro: «A questo processo manca Quagliarella — sostiene l’avvocato Malagnini — quindi o il poliziotto ha detto delle bugie o le bugie le dice Gianello». Attenzione ai colpi di scena: rifiutando il patteggiamento dell’ex portiere, il giudice Artico potrebbe aver ritenuto non credibile la sua ricostruzione. Auspicio dello stesso legale di Gianello: «Mi auguro non venga rilevato un illecito, ma la violazione del principio di correttezza» chiede l’avvocato Chiacchio. In un processo che ha trasformato in comparse gli altri 13 imputati (8 tesserati e 5 società), si fatica a intravedere una giustizia (sportiva) davvero uguale per tutti.

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De Laurentiis: “Siamo trasparenti”

Choc scommesse, il club fa quadrato e i tifosi applaudono Cannavaro

di MARCO AZZI (la Repubblica - Napoli 11-12-2012)

Ingiustizia è fatta, in campo e fuori. Il Napoli ha incassato in poche ore due colpi: il ko di San Siro e le richieste choc della Procura Federale, un punto in classifica e 100 mila euro di multa per la società, nove mesi di squalifica per Cannavaro e Grava. Dal mezzo suicidio con l’Inter, costato il secondo posto, al fuoco tutt’altro che amico del pm napoletano Palazzi, nel processo scommesse di Roma. Niente è perduto, però: entrambi i verdetti sono appellabili.

Il contrattacco del Napoli non si farà attendere, su tutti i fronti. Ma De Laurentiis si è preso un po’ di tempo per uscire allo scoperto. «Di calcio parlerò nel fine settimana, prima della partita con il Bologna», ha infatti annunciato il presidente, ieri in città per il debutto del nuovo film di Natale. Pessimo l’umore del numero uno azzurro, che si è concesso solo una riflessione sul momento della squadra, partendo dalla sconfitta con l’Inter. «Divertiamo, è vero, però poi perdiamo. E così non va mica bene: preferirei il contrario. Il nostro obiettivo comunque resta lo stesso: arrivare più in alto possibile. Il mercato? Non bisogna rovinare gli equilibri dello spogliatoio, decideremo d’accordo con Mazzarri sugli eventuali rinforzi». C’è da affrontare un’emergenza anche tecnica, dopo la resa del Meazza. Senza processi, peraltro. La parola d’ordine è fare quadrato.

I panni sporchi saranno lavati in famiglia: cioè nello spogliatoio. Si spiega così l’analisi ufficiale di Mazzarri, che si è rifugiato nel fatalismo per giustificare la sconfitta a San Siro. «È stata immeritata. Il calcio non è una scienza esatta, purtroppo, ed era scritto che dovessimo perdere con l’Inter, nonostante la buona prestazione della mia squadra e le tante occasioni create», ha minimizzato il tecnico del Napoli, sapendo peraltro di avere omesso una parte della verità. Ma in privato, alla ripresa della preparazione, gli errori commessi nella notte milanese saranno esaminati senza reticenze, nel confronto di oggi tra allenatore e giocatori. Sarà una settimana di esercitazioni sui calci piazzati, per i difensori, e sui tiri in porta. Si impone una reazione. «Ripartiremo dal Bologna».

La squadra ha i mezzi per farcela, sempre che la bufera scommesse resti fuori dallo spogliatoio. Il Napoli, pur sentendosi parte lesa («Rischiamo di subire un danno assai pesante. La nostra società ha compiuto un percorso improntato sulla trasparenza ed è un modello a livello internazionale », ha ricordato ai giudici l’amministratore delegato Chiavelli), non teme l’eventuale penalizzazione in classifica e conta eventualmente di cancellarla nei tre gradi di giudizio. Sono invece uno choc i 9 mesi di stop chiesti per Cannavaro. Pena spropositata, visto che per il reo confesso Gianello il pm Palazzi era pronto ad accontentarsi di un patteggiamento di 16 mesi. Il capitano è invece nei guai per omessa denuncia, come Grava. «Nel processo manca Quagliarella, che era invece l’elemento cardine da corrompere», ha sottolineato l’avvocato del difensore azzurro.

Cannavaro sarà difeso a spada tratta dal Napoli, che per ora non si pone il problema di sostituirlo. Il reparto arretrato è già coperto, con Gamberini, Britos, Campagnaro e Fernandez. Tutti con il capitano, che ieri sera è stato il più applaudito al cinema Med e ha ricambiato con il sorriso. La coscienza è a posto.

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L’analisi

Punto per punto le contraddizioni che fanno temere al Napoli e a Cannavaro un pasticcio

La chiave è nell’indagine dei pm

ma i giudici sportivi la ignorano

Evidente tra i legali di giocatori e società una dissonanza nelle strategie difensive

di ANTONIO CORBO (la Repubblica - Napoli 11-12-2012)

«Che guaio essere innocenti». In elegante sintesi è questo il verdetto dei maestri del crimine per avvilire il detenuto appena entrato nella cella. Nel processo sportivo accade a volte di peggio. Sul Napoli è stato già montato un pasticcio. Ecco come.

La disciplinare rischia di confezionare sul Napoli e sui giocatori Cannavaro e Grava una sentenza basata non su prove, ma su contraddizioni. L’errore: si discosta dalle 44 pagine della Procura di Napoli. C’è la chiave del giallo: Matteo Gianello, ex terzo portiere, è descritto come un tipo leggero, ininfluente, un farfallone che tuttavia confessa di aver proposto a Grava e Cannavaro di perdere a Genova, Samp-Napoli, 16 maggio 2010. Il pm Antonio Ardituro ha svolto un’indagine molto accurata, con il pool diretto da Giovanni Melillo. Intercettazioni, pedinamenti, controlli bancari per mesi. Persino un poliziotto infiltrato. L’ispettore Gaetano Vittoria scrive che Gianello gli raccontò quella proposta a Cannavaro e Grava. Ma riferisce anche il nome di Quagliarella. E lo scrive. Che succede ieri?

Gianello. Il procuratore federale Palazzi dà il consenso al patteggiamento: pena di 16 mesi. Premiare la confessione del 32enne portiere. La Disciplinare lo rigetta: ritiene che Gianello non sia stato collaborativo.

Il Napoli. Palazzi chiede un solo punto di penalizzazione, mai pena così lieve per illecito sportivo. Spiega: il tesserato (Gianello) ha collaborato. L’avvocato bolognese Grassani del Napoli attacca invece il patteggiamento, «per i riverberi negativi sulla società».

Cannavaro. Il suo legale, Ruggiero Malagnini, punta sulla relazione del poliziotto. Se ha fatto tre nomi, qui manca Quagliarella, vuol dire che lo 007 non è stato creduto. Non è credibile, quindi.

In questa difesa, così disomogenea, si evidenza una carenza di intesa. Troppi legali, troppo difformi le tesi. L’intervento di Eduardo Chiacchio, legale di Gianello, rimette tutto in gioco con un colpo di teatro. Ritira la tesi dell’illecito sportivo e valorizza il rifiuto della Disciplinare. «Se Gianello non è ritenuto collaborativo, non è credibile quindi neanche la sua confessione». Chiede quindi di derubricare da illecito sportivo tentato a violazione dell’articolo 1 (lealtà e correttezza). Perché Cannavaro e Grava dovevano denunciare la proposta indecente di un compagno non affidabile né credibile? Anche Mazzarri e De Sanctis lo avevano dipinto come un farfallone. Macroscopico il contrasto: Gianello credibile per il procuratore, non credibile per Artico. Su quali basi adesso la Disciplinare può ritenere valida la confessione di un tipo non credibile ed emettere le condanne, richieste da Palazzi, che è però di diverso avviso? Proprio vero, in questo processo, «che guaio essere innocenti».

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Palazzi, sconto al Napoli:

chiesta la penalità di -1

“Nove mesi per Paolo Cannavaro”

COMBINE CON LA SAMP Gianello marginale nelle gerarchie: il club è meno responsabile

di GUGLIELMO BUCCHERI (LA STAMPA 11-12-2012)

Nel tritacarne del calcioscommesse c’è un reo confesso che inguaia Napoli a metà. Matteo Gianello era il terzo portiere azzurro quando, i primi giorni di maggio di due anni fa, si adoperò per combinare la sfida di campionato Sampdoria-Napoli: Gianello ne parlò ad un ispettore di polizia con il quale aveva stretto amicizia raccontandogli che per alterare il risultato a favore dei liguri avrebbe (come fece) sondato la disponibilità dei due difensori Paolo Cannavaro e Grava (entrambi lo mandarono al diavolo). I fatti di quel 16 maggio del 2010, ieri, sono finiti in un’aula di tribunale (sportivo) e i botti non sono mancati. Perché il pm del pallone Stefano Palazzi ha chiesto un punto di penalizzazione in classifica per il Napoli da scontare in questa stagione, mentre in casi analoghi la richiesta non è mai stata inferiore ai due? Il caso Gianello farà da apripista e va ad inserirsi in un processo, in parte già avviato, che vede la responsabilità oggettiva per i club con un peso specifico ridotto. L’ex portiere era il terzo nelle gerarchie del tecnico partenopeo Mazzarri, viveva lo spogliatoio ai margini e prima della sfida incriminata non era mai sceso in campo: motivi perché Palazzi definisca «particolare» la situazione e calibri la propria richiesta di pena al ribasso per la società azzurra. Tradotto: se, fino a ieri, la linea di confine per il coinvolgimento di un club era segnata dall’essere o meno un tesserato al centro di un caso di illecito sportivo, adesso quello che conta nel giudizio della procura federale è il ruolo, riconosciuto, che un giocatore ha all’interno della propria squadra.

Napoli temeva una richiesta di pena più ampia, altre società che, in estate, hanno patteggiato un punto di penalizzazione per colpa di tesserati con ruoli altrettanto marginali avranno motivi per dolersi delle scelte di ieri (vedi Torino e Sampdoria). Mazzarri, intanto, perde il sorriso non appena i riflettori si spostano sul destino di Paolo Cannavaro: per il capitano azzurro, invece, Palazzi ha usato la mano forte chiedendo (così come per Grava) nove mesi di squalifica per non aver denunciato la proposta indecente di Gianello. Una curiosità: il Napoli si era sempre detto contrario al patteggiamento, ma, voci raccontano che l’inizio in ritardo di un’ora del processo sia stato causato dal tentativo di accordo, fallito, fra il club e la procura: una conciliazione di natura esclusivamente economica.

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Scommesse: ecco le richieste

Palazzi inguaia il Napoli

«Un punto in meno e 9 mesi a Cannavaro»

art.non firmato (Libero 11-12-2012)

Tre anni e tre mesi per Matteo Gianello (cui è stata respinta la richiesta di patteggiamento), 9 mesi per Paolo Cannavaro e Gianluca Grava, un punto di penalizzazione e 100mila euro di ammenda al Napoli. Sono le richieste del Procuratore, Stefano Palazzi, alla Commissione Disciplinare nell’ambito del processo al Calcioscommesse, sulla tentata combine di Sampdoria-Napoli del maggio 2010. Secondo il Procuratore federale Palazzi «il Napoli deve rispondere di responsabilità oggettiva sia per l’illecito contestato a Matteo Gianello sia per l’omessa denuncia dei due destinatari della proposta, Paolo Cannavaro e Gianluca Grava». Palazzi ha precisato alla Commissione Disciplinare che nella richiesta di squalifica di tre anni e tre mesi dell'ex terzo portiere del Napoli, Gianello, «tre anni sono per l’illecito e tre mesi in continuazione per contatti finalizzati alle scommesse». Per la responsabilità oggettiva contestata al Napoli, il Procuratore ha chiesto un punto di penalizzazione (e non due come avvenuto per altre squadre coinvolte nello stesso reato contestato alla società partenopea) e 100mila euro di ammenda (45mila euro per l’omessa denuncia di Cannavaro, altre 45mila euro per quella di Grava e 10mila euro per i contatti finalizzati alle scommesse di Gianello).

La prima reazione del Napoli, alle notizie delle richieste dell’accusa, è stata quella dell’amministratore delegato Andrea Chiavelli: «La società non ha gli strumenti adeguati per poter incidere su queste vicende. Il danno che rischia di subire il club è di grande rilevanza e di duplice portata: il fatto di essere privati di due tesserati della prima squadra e la penalizzazione in punti nell’ambito di un campionato ancora in corso». Una critica indiretta anche al sistema su cui verte il giudizio della giustizia sportiva. Ma ora cosa succede? Entro la fine della settimana dovrebbero arrivare le sentenze. Probabilmente già da venerdì, dopo aver ascoltato le arringhe difensive, la Disciplinare di Sergio Artico si riunirà in camera di consiglio per esaminare le richieste formulate dal procuratore federale, Stefano Palazzi, in base alle intercettazioni e alle rivelazioni contenute nell’informativa della procura di Napoli. Rimane l’incognita delle feste di Natale che potrebbe far slittare tutto ai primi giorni del 2013.

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Tocca al Napoli: «Nove mesi

a Cannavaro, -1 alla squadra»

Le richieste del procuratore Palazzi per la tentata combine

nel match contro la Samp del 2010. Sanzioni anche per Grava

di SIMONE DI STEFANO (l'Unità 11-12-2012)

LA CHIAMAVANO L’INCHIESTA INFINITA, IERI I GIUDICI SPORTIVI HANNO LIQUIDATO TUTTO IN UNA GIORNATA DI PROCESSO. La genesi del filone napoletano di Scommessopoli filata via, come gli sviluppi avvenuti ieri al Parco dei Principi di Roma. L’apice mediatico arriva al rifiuto dei giudici al patteggiamento di Matteo Gianello e in una manciata di mesi e punti, tolti qui e aggiunti là. La responsabilità oggettiva del Napoli, per Palazzi vale un punto di penalizzazione e 100mila euro di ammenda (contro il -2 previsto), le omesse denunce di Paolo Cannavaro e Gianluca Grava 9 mesi di stop, una sanzione più severa rispetto ai previsti 6 mesi di base. Tutto per le ammissioni dell'ex terzo portiere partenopeo Matteo Gianello, che disse di aver avvicinato i due giocatori nel tentativo di alterare Sampdoria-Napoli del campionato 2009/10. I due «rifiutarono subito e con estrema decisione».

Si tratterebbe per il pm federale di una vicenda “particolare”, ciò che si è sforzato di far notare anche l'amministratore delegato del Napoli, Andrea Chiavelli, quando ha parlato di «danno» al club «di duplice portata: ssere privati di due giocatori titolari e essere colpiti da una penalizzazione in un campionato in corso. Il Napoli ha otto anni di vita e in questo percorso abbiamo sempre adottato comportamenti corretti e riteniamo di essere diventati anche un modello. Il Napoli in questa circostanza è parte lesa, perché non ha strumenti adeguati per intervenire in casi del genere». Lo riconosce anche il pm federale Palazzi, che la tentata combine riconosce essere «una situazione particolare, una proposta a perdere fatta da un giocatore che non giocava da tempo e per lo più rifiutata immediatamente dai giocatori Cannavaro e Grava». Subito dopo arriva la stangata per i due giocatori azzurri con il seguente assurto: «Cannavaro e Grava non potevano avere alcun dubbio sulla natura della proposta illecita e avrebbero dovuto denunciare il loro compagno». Entro venerdì sapremo il giudizio della Disciplinare, che dall'estate scorsa ha iniziato un pugno duro con la procura federale riguardo ai patteggiamenti. Dopo il “niet” ai 3 mesi e 200 mila euro di ammenda per Antonio Conte, anche ieri c'è stato il colpo di coda sull'accordo ampiamente nell'aria di un anno e 4 mesi di squalifica tra Matteo Gianello e Palazzi: «Non congruo perché manca la collaborazione fattiva». Poco dopo Palazzi è stato costretto a formulare la richiesta di 3 anni e 3 mesi di stop: «Sono stanco – ha rivelato a margine l'ex portiere, per il quale il suo avvocato Chiacchio ha chiesto poi la derubricazione all'articolo 1 (doveri e obblighi generali) - questa storia mi sta abbattendo tanto. Ho sempre pensato ad andare in campo per vincere e basta, e non certo per scommesse, per soldi. Questa ingenuità la pago cara...». E rischia di pagarla anche il Napoli, perché la sentenza potrebbe prevedere di tutto: conferma del -1, oppure uno sconto sulla pena, ma anche una revisione in peggio rialzando la pena a -2 punti.

Nell'arco dei due gradi sportivi, poi al Tnas, per il club di De Laurentiis (e per i due giocatori) aumentano però le possibilità di annullare quasi del tutto le sanzioni. Oltre ai patteggiamenti di Federico Cossato (9 mesi di squalifica in continuazione), Passoni (4 mesi), Parlato (2 mesi), Furlan (26 mesi e 20 giorni), AlbinoLeffe (5 mila euro di multa) e Avesa Calcio (100 euro), per l'altra presunta combine, Portogruaro-Crotone, Palazzi ha richiesto 3 anni di squalifica per l'ex tecnico del Portogruaro Andrea Agostinelli, 3 anni per David Dei, 3 anni e 9 mesi per Giusti, 1 anno e 7 mesi per Zamboni, -2 punti e 10 mila euro per il Portogruaro, -1 punto per il Crotone e 5 mila euro per la Spal.

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SCOMMESSOPOLI

Napoli, un punto in meno

Nove mesi a Cannavaro

Il procuratore federale chiede la stessa pena per Grava

Gianello rischia 3 anni e 3 mesi. Sentenza in settimana

di NICOLA SELLITTI (Pubblico 11-12-2012)

Un punto di penalizzazione per il Napoli e 100 mila euro di multa. Parte con una sorpresa il nuovo filone del processo sportivo sul calcioscommesse, di scena a Roma, che coinvolge la società azzurra - per responsabilità oggettiva -, i suoi tesserati Paolo Cannavaro e Gianluca Grava (omessa denuncia), oltre all’ex portiere Matteo Gianello (illecito sportivo e contatti tenuti per la combine). Gianello, il reo confesso che ha messo nei guai il club di De Laurentiis.

La partita della discordia è Sampdoria–Napoli del 16 maggio 2010. Assieme a Portogruaro-Crotone del 29 maggio 2011, il segmento napoletano di Scommessopoli. Con l’ex terzo portiere del club azzurro che provò, (assieme all’ex compagno al Chievo Verona, Giusti) a coinvolgere Cannavaro e Grava in una combine per alterare il risultato finale della gara a favore della Samp, che si giocava l’accesso alla Champions League.

Si diceva, una sorpresa. Il procuratore federale della Figc, Stefano Palazzi, ha chiesto per il Napoli un solo punto di penalità, da scontare nel campionato in corso. Per Torino e Sampdoria, coinvolte la scorsa estate nello scandalo Calciopoli sempre per responsabilità oggettiva – e che chiesero il patteggiamento – erano stati richiesti due punti di penalizzazione. Il Napoli aveva da tempo deciso di non chiedere il patteggiamento. Una scelta forse premiata da Palazzi e la Commissione, secondo cui Gianello era un tesserato ma ai margini della rosa. Anche se la società azzurra ha ribadito, dopo le richieste del procuratore federale Palazzi, di sentirsi parte lesa e che la sospensione di due atleti, assieme al punto di penalizzazione in corso d’opera, arrecherebbe gravi danni alla stagione sportiva.

Mano pesante invece per Cannavaro e Grava. Nove mesi di sospensione dall’attività per entrambi. Per una sola omessa denuncia. Meno dello stop che ha fermato il tecnico della Juventus Antonio Conte. I due atleti si sarebbero immediatamente rifiutati di prender parte alla combine sulla partita contro i genovesi. La punizione scatterebbe per non aver denunciato subito il tentativo di truccare la gara alle autorità competenti. Tre anni e tre mesi di squalifica invece proposti dal procuratore federale per Matteo Gianello.

Le sentenze sono attese nel corso della settimana. In maglia azzurra dal 2004 al 2011, dalla serie C alle Coppe europee, prima portiere di riserva alle spalle di Gennaro Iezzo, poi terzo portiere con l’arrivo di Morgan De Sanctis. Gianello è la chiave del filone napoletano del calcio scommesse. Voleva patteggiare sedici mesi, concessi dalla Procura federale, in accordo con i suoi avvocati. Richiesta respinta con perdite dalla Commissione disciplinare della Figc, nonostante il parere positivo di Palazzi sul patteggiamento, «in quanto dagli atti non emergono elementi di collaborazione fattiva tali da consentire l’applicazione dell’a rticolo 24». L’ex portiere ha quindi deciso di procedere alla fase dibattimentale del processo. Prima delle richieste della Commissione disciplinare filtrava ottimismo sulla posizione del Napoli e dei suoi tesserati. Il legale di Paolo Cannavaro spiegava a una radio locale che il mancato patteggiamento di Gianello era un segnale positivo per il club e il suo assistito: la Commissione non credeva al suo pentimento. «E’stata un’ingenuità. Non credevo di creare un danno del genere» ha detto Gianello a Sky. Prima di affondare il colpo su l’ispettore di Polizia, Gaetano Vittoria, infiltrato entrato nelle grazie di alcuni calciatori del club azzurro e confidente dell’ex portiere, che ha poi reso relazione di servizio e testimonianza alla Procura di Napoli. Gianello aveva riferito a Vittoria anche del coinvolgimento nella combine di Fabio Quagliarella, allora attaccante del Napoli. Poi escluso dalla lista dei nomi consegnata a Palazzi. «Mi ha tradito, ha tradito i miei compagni, sembrava una persona a modo. Era un conoscente, ci sarò stato a cena tre volte in sette anni».

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CALCIOSCOMMESSE SVOLTA DEL PROCURATORE FEDERALE

PRIMO ATTO DEL FILONE NAPOLETANO DELL’INCHIESTA

IL PROCURATORE FEDERALE STEFANO PALAZZI HA

FORMULATO LE RICHIESTE SU SAMP-NAPOLI DEL 2010

NAPOLI RISCHIA: CHIESTO IL -1

Palazzi: «Nove mesi per Cannavaro e Grava». In settimana la sentenza

No al patteggiamento Rifiutata la proposta di 16 mesi per Gianello: l’ex portiere ha confessato il tentativo di combine

di PAOLO FRANCI (Quotidiano Sportivo 11-12-2012)

«Quella del Napoli è una situazione particolare, perchè i tesserati rifiutano l’illecito e Gianello collabora». Così, il pm del calcio Stefano Palazzi motiva la richiesta di un solo punto di penalizzazione per il Napoli, responsabile in via oggettiva del comportamento di Matteo Gianello, terzo portiere azzurro nel 2010 — ieri a processo per illecito — che tenta di combinare Samp-Napoli del 16 maggio 2010 (1-0). Gianello cercò la collaborazione del capitano Paolo Cannavaro (nella foto a destra) e di Gianluca Grava, ottenendo un rifiuto energico, che però non ha evitato la sbarra ai due giocatori per omessa denuncia.

In quella «situazione particolare», illustrata da Palazzi c’è la rivoluzione del concetto di responsabilità oggettiva. Gianello, secondo Palazzi, è elemento marginale: «non impiegato in squadra che trova due rifiuti alla proposta». Gianello, dunque, non ha peso, non conta nello spogliatoio. Da qui il ragionamento che porta alla richiesta di un punto di penalizzazione per il Napoli. Richiesta che stride, ad esempio, con il processo a Sampdoria e Torino, che in estate patteggiarono un punto, quando in un’aula del tribunale sportivo la richiesta mai era stata inferiore a due punti. Si tratta di una vera e propria rivisitazione della responsabilità oggettiva, in funzione del peso del giocatore che commette l’illecito: se prima la linea di confine era l’essere tesserati o meno di un club, ora conta anche il ruolo riconosciuto all’interno della squadra. Un inedito che avvia il processo di riforma dell’istituto giuridico-sportivo più odiato dai club? Probabile. Non è un caso che, chiedendo i 9 mesi di squalifica per Cannavaro e Grava che pure, spiega Palazzi, oppongono un «risentito rifiuto» alla combine, pur essendo, però, «giocatori esperti» che hanno certamente percepito il pericolo d’illecito omettendo di denunciarlo. Per Gianello, l’accordo tra la procura federale e l’avvocato Edoardo Chiacchio per il patteggiamento si è consolidato sui 16 mesi. Una proposta rifiutata dalla Commissione Disciplinare perchè ritenuta non congrua. Palazzi, incassato il no per il patteggiamento, ha formulato la richiesta di 3 anni e 3 mesi. Nelle pieghe del processo, il tentativo di accordo del Napoli con la procura, per commutare l’eventuale penalizzazione in un’ammenda record. Proposta finita con un nulla di fatto.

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SCOMMESSOPOLI: LE RICHIESTE DELL'ACCUSA

Palazzi: «Napoli, -1 punto»

Pene pesanti per Gianello, Cannavaro e Grava, multa al club

Per il portiere niente patteggiamento. Artico, presidente della Disciplinare, spiega: «Manca la collaborazione fattiva»

di SIMONE DI STEFANO (TUTTOSPORT 11-12-2012)

ROMA. La fotografia dell’hotel di lusso l’avevamo lasciata alla torrida estate 2011, quando Scommessopoli balbettava le prime sentenze e sul red carpet del Parco dei Principi passeggiavano nervosamente Woody Allen e Penelope Cruz. Allora Sampdoria-Napoli era solo l’ultima gara del 2009/10 in cui i blucerchiati conquistarono la Champions e il verbale dell’interrogatorio di Matteo Gianello alla procura di Napoli si era da poco materializzato anche se sarebbe rimasto per un anno nel cassetto del pm Melillo. Un anno e mezzo dopo, nella stessa cornice ma con i cappotti, è andato in scena ieri il processo sportivo napoletano, ritardato, spostato, derubricato. Stavolta si intravede in lontananza un’ignara Cristina Chiabotto , non è lei la prima donna del cine-panettone alla De Laurentiis , perché dalle richieste di Palazzi c’è poco da ridere. Il pm federale chiede 1 punto di penalizzazione e 100 mila euro di multa al club partenopeo (che ha tentato invano di patteggiare la sola multa), di fatto attenuando la responsabilità del club, che per l’amministratore delegato Andrea Chiavelli «è parte lesa» e ora rischia di pagare «con un duplice danno». Palazzi usa infatti il bastone con Cannavaro e Grava , pur riconoscendo «una situazione particolare, una proposta a perdere fatta da un calciatore che non giocava da tempo e rifiutata immediatamente dai giocatori». Poco dopo il pm precisa: «Cannavaro e Grava non potevano avere alcun dubbio sulla natura della proposta illecita e avrebbero dovuto denunciare il loro compagno». Come direbbe Giustiniano: «Obligatio est iuris vinculum».

LA RICHIESTA Per i due giocatori vengono richiesti 9 mesi di squalifica, sia pure con la possibilità di dimezzare la pena nell’arco dei tre gradi di giudizio. L’avvocato di Cannavaro, Malagnini, ripercorre la genesi delle rivelazioni di Gianello, quando nelle prime confidenze all’amico poliziotto Gaetano Vittoria («Ha tradito me e tutta la squadra. Gran parte di quello che ha detto sono cose enfatizzate e ingigantite», ha rivelato Gianello a Sky), parlò anche del coinvolgimento di Fabio Quagliarella, prima di fare dietro front («Ho chiesto a Cannavaro e Grava e a nessun altro») nell’interrogatorio: «In questo processo manca proprio Quagliarella, il soggetto principale da corrompere: o le bugie le dice il poliziotto oppure le dice Gianello», sentenzia Malagnini chiedendo pari trattamento con lo juventino che non è stato deferito. Risponde Palazzi: «Il fatto che Gianello non parli di Quagliarella è una prova di forza della veridicità delle accuse». Un duro “niet” a Gianello arriva comunque dai giudici per il suo patteggiamento di 1 anno e 4 mesi (accolti invece quelli di Cossato, Passoni, Parlato, Furlan , AlbinoLeffe e Avesa): «Non congruo, manca la collaborazione fattiva», dice il presidente della Disciplinare Sergio Artico . In sostanza si contesta a Palazzi l’utilizzo dell’articolo 24 e la memoria torna subito all’estate scorsa, stessa corte che respinse il patteggiamento di Antonio Conte . Come il tecnico bianconero, anche l’ex portiere partenopeo ha scelto poi la strada della sentenza chiedendo attraverso il suo avvocato Chiacchio la derubricazione all’articolo 1 (doveri e obblighi generali): «Sono stanco - ha rivelato a margine l’ex portiere - questa storia mi sta abbattendo tanto. Ho sempre pensato ad andare in campo per vincere e basta, e non certo per scommesse, per soldi. Questa ingenuità la pago cara...». Entro venerdì la sentenza, che per il Napoli potrebbe prevedere di tutto: conferma del -1, sconto sulla multa oppure una “reformatio in “pejus” a -2 punti.

L’ALTRA PARTITA Per l’altra presunta combine, Portogruaro-Crotone, accorato l’appello dell’ex tecnico del Portogruaro Andrea Agostinelli dopo i 3 anni di squalifica richiesti sulla base della “strana” reazione dopo il gol del Crotone che fece saltare l’accordo di pareggio: «All’esultanza al loro gol non ci ho visto più, nella mia vita ho sempre avuto una morale straordinaria ora sono ferito profondamente...».

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La migliore gag del 2012: "Ho messo d'accordo Inter e Juve. Conte? Aveva ragione Palazzi" (Gianni Petrucci)

Xavier Juacobelli - calciomercato.com - 11-12-2012

Tutto si tiene nel meraviglioso mondo del calcio italiano, retto da una gerontocrazia che, al confronto, Matusalemme era uno da X Factor.

Lo conferma il chilometrico forum ospitato nella redazione del Corriere dello Sport-Stadio con l'inossidabile Gianni Petrucci, 67 anni, per 4 mandati consecutivi presidente del Coni, incarico che ricopre dal gennaio 1999; sindaco di San Felice al Circeo (Latina); candidato unico alla presidenza della Federbasket dopo essere stato segreterario della stessa Federbasket dal '77 all'85; presidente della stessa Federbasket dal '92 al '99, segretario generale e commissario straordinario della Federcalcio nel 2000-2001, vicepresidente della Roma nel '91.

L'incipit del resoconto sulla prima pagina del Corsport sembrava essere beneaugurante: "Tutte le belle storie hanno una fine. E quella di Gianni Petrucci, 67 anni, alla presidenza del Coni è stata una bella storia. Trentanove medaglie d'oro in 4 Olimpiadi, il titolo mondiale nel calcio (2006), un ruolo di prestigio per lo sport italiano nel mondo proprio mentre il nostro Paese decadeva in tanti settori".

Tutto vero, perchè i meriti di Petrucci sono acclarati. Così, uno salta speranzoso alle pagine 16-17 e scopre, invece, che, purtroppo non è finita. Nel Paese del vecchio che avanza o delle Mummie che ritornano (citazione testuale dell'impietoso quotidiano francese Libération, a proposito del rientro in campo del settantaseienne Silvio Berlusconi, di nuovo candidato premier), il Grande Capo dello Sport, anzichè annunciare l'uscita di scena, favorendo il rinnovamento, il ricambio, insomma alimentando la speranza che ci sia qualcosa dopo i dinosauri, avverte: "Grazie al basket sarò vicino agli atleti. Mi manca il campo". Salute.

Ma non è solo questo il punto. Il punto è che, fra le innumerevoli doti di Petrucci, un signore dall'eloquio brillante e dalla sincera passione sportiva, non sospettavamo ci fosse anche quella del narratore di amene storielle. Al punto che, con la perentoria affermazione: "Ho messo d'accordo Inter e Juve, scudetto Juve-Inter, caso chiuso, il mio tavolo della pace ha funzionato", l'uscente presidente stravince l'oscar per la migliore gag dell'anno.

Perchè, va bene tutto. Va bene che Nicchi e Braschi sono convinti che gli arbitri italiani siano i migliori del mondo. Va bene che Petrucci ci ricordi quanto occorra "rilanciare lo sport a scuola e dare nuova vita ai Giochi della Gioventù" (maddai? E in questi 14 anni il Coni cos'ha fatto al riguardo?)

Va bene che Petrucci definisca "fondamentale la nuova legge sugli stadi". Siccome sono passati quattro anni e mezzo da quando il disegno di legge è stato presentato e ora muore con la legislatura, di grazia, in questi quattro anni e mezzo il Coni, la Federcalcio e la Lega quale pressione, quali interventi hanno esercitato sulla Casta perchè il provvedimento "fondamentale" venisse approvato?

Ma dove la gag provoca il massimo dell'ilarità, anche se c'è poco da ridere, è quando Petrucci parla di Calciopoli, di giustizia sportiva, del caso Conte, di Scommessopoli.

Sentite un po'. "Avete visto com'è finita Calciopoli? Per la giustizia ordinaria tutti assolti in appello, tranne Giraudo (si parla dei processi con rito abbreviato, ndr). Al momento. Mentre lo sport li ha puniti. All'epoca tutti a dire: la giustizia sportiva è in ritardo, non fa niente, fa sconti a tutti. Invece è quella che è stata più chiara".

Eh? Ma Petrucci dove vive? Non gli viene il dubbio che, se la giustizia ordinaria continua ad emettere assoluzioni a raffica, la giustizia sportiva abbia toppato? E' stata la più chiara? Ma quando? E cosa ci dice della sopravvenuta prescrizione che ha impedito di fare chiarezza completa sul più grave scandalo di tutti i tempi? Perchè è scattata la prescrizione? Perchè i tempi si sono allungati oltremisura. E di chi è la colpa? Di un sistema che funziona o non funziona?

Giustamente, di fronte a cotanto sprezzo del pudore, il Corriere dello Sport-Stadio chiede a Petrucci: "Dal caso Conte non si direbbe (che la giustizia sportiva sia stata così chiara, ndr). Palazzi propone tre mesi, viene sconfessato e ala fine il tecnico della Juve paga con quattro mesi. Risposta lapidaria: "A conferma che aveva ragione Palazzi. Un mese in più o in meno non può modificare il giudizio".

Aveva ragione Palazzi? Palazzi che è stato sconfessato dalla Disciplinare, immediatamente lesta a respingere i patteggiamento avallato dalla procura Federale? Palazzi che, prima si accontentava di tre mesi, salvo chiedere poi 15 mesi per Conte, 3 anni e 6 mesi per Bonucci, 1 anno per Pepe? Palazzi che ha visto il suo impianto accusatorio demolito subito per Bonucci e Pepe, assolti e la squalifica di Conte passare dai 15 mesi richiesti ai 10 mesi appioppati e ai 4 mesi stabiliti dal Tnas?

Ma Petrucci se le ricorda queste cose o no? Ma Petrucci ha letto le motivazioni del "suo" Tnas, cioè del Coni, dove non c'è uno straccio di prova che dimostri la colpevolezza di Conte, tant'è vero che, per comminargli la sanzione ridotta, si sono dovuti arrampicare sulla normativa antidoping? E questa è giustizia?

E' finita? Macchè. A domanda ("Lei fu promotore del tavolo della pace fra Juve e Inter: riaffiorerà quello scontro ora che il campionato sta riproponendo il duello tra le due società?"), Petrucci risponde: "Quell'esperienza è ancora attuale (che cosa, il tavolo della pace o il duello? Ndr). Ma non si arriverà mai più a quel livello. Era troppo basso. Due grandi imprenditori come Agnelli e Moratti non potevano non parlarsi".

Bravo. Bravi E la causa intentata dalla Juve alla Figc, cui chiede 443.725.200 (443 milioni 725 mila 200 euro) di risarcimento danni per Calciopoli che cos'è? Un ammennicolo? Uno scherzo di Elkann & Agnelli? Che cosa ne pensa il presidente del Coni? Se, puta caso, i giudici daranno ragione ai bianconeri, pensa Petrucci che la Figc potrà pagare?

L'ultimo acuto. Domanda: "Ma, secondo lei, come si può chiudere questa vicenda? Con la restituzione dello scudetto dell'Inter?". Risposta: "Per me quella è una vicenda già chiusa. Il vangelo dice: "Non si può dare la mano alla ladra e guardare indietro".

Citazione a doppio taglio. Chi è la ladra?

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Kick It Out slams top clubs

for 'year wasted in hypocrisy'

• Lord Ouseley cites a failure of 'morality' and 'leadership'

• FA, Premier League, Chelsea and Liverpool in the firing line

by DAVID CONN (The Guardian 11-12-2012)

The chairman of Kick It Out, Lord Herman Ouseley, has launched a damning attack on the Football Association, the Premier League, Chelsea and Liverpool for a failure of "morality" and "leadership" over their handling of the racist abuse incidents by John Terry and Luis Suárez.

Lord Ouseley, who has decided to stand down from the FA Council and his other FA positions, said Chelsea and Liverpool protected their players because of their value as "assets", even when they were alleged, then proven by independent FA commissions, to have racially abused opponents. He describes the last year, when football has been rocked by repeated incidents of racism, as "12 months wasted in hypocrisy" by the authorities.

"There is very little morality in football among the top clubs," Ouseley told the Guardian, reflecting on a difficult year that turned turbulent for Ouseley himself and Kick It Out when groups of players boycotted the campaign's T-shirts during its October weeks of action.

"Leadership is so important; you have to send a powerful message that racism is completely unacceptable," he said. "But there is a moral vacuum. The big clubs look after their players as assets. There was no bold attitude from them, to say that they would not put up with it."

Terry was found guilty in September of having racially abused Anton Ferdinand in Chelsea's match against Queens Park Rangers the previous October, by an FA commission which stated it did not believe Terry's defence and expressed "considerable doubts" over his team-mate Ashley Cole's evidence. Despite that, neither Chelsea, the FA nor the Premier League had made strong statements of disapproval, either of Terry's racist abuse itself or the players' discredited evidence.

"The condemnations have been mealy mouthed," Ouseley said. "The FA did a good job with how they handled the independent commissions themselves – they showed that firm action is now taken when racist abuse is reported to them.

"We want all players and fans to feel confident about reporting abuse. But the FA did not say anything about thelies and distortionswhich came out in John Terry's and Ashley Cole's evidence. Instead the players are protected. The Premier League could have set the tone; they and the FA do a good job in community work. But on this, I have not heard anything from the Premier League."

Ouseley was particularly aggrieved at the supportive statements made by Chelsea and Liverpool and their then managers, André Villas-Boas and Kenny Dalglish, when Terry and Suárez were accused of racist abuse. Dalglish gave Suárez unqualified support and famously backed the Liverpool players to wear T-shirts portraying Suárez as a victim of injustice even after the striker had been found guilty of racially abusing Manchester United's Patrice Evra and banned for eight matches.

The England manager, Roy Hodgson, praised Terry as a "warrior" and selected him for the European Championship, despite the criminal charge pending of a racially aggravated public order offence, of which Terry was acquitted. Hodgson did not select Rio Ferdinand, Anton's brother, on "footballing grounds", a decision Ouseley questioned and criticised for sending the wrong message on racism, particularly to black players.

By contrast, until the criminal trial, then the FA commission's hearing, Kick It Out took the position that it must say nothing publicly which could be taken as critical of Suárez or Terry and possibly prejudicial to a fair hearing.

"We were observing the process," Ouseley said, "but the managers were speaking out and sticking up for Luis Suárez and John Terry. The FA should have asserted themselves, said they would not put up with people disrespecting the process, but the FA were very slack and weak. The whole 12 months was wasted in hypocrisy.Even now the FA has not acknowledged the hurt and pain caused to Anton Ferdinand and his family after the length of time it took.

"When Rio Ferdinand was told he was not good enough, whereas John Terry went to the Euros, that hurt the black players the most. They could see nobody speaking up for them, and the establishment seemed to be looking after its favourites."

Ouseley said he had felt "very frustrated" when Kick It Out became the target of criticism, because many players who declined to wear the T-shirts did not explain publicly why not. Then, when Jason Roberts, the Reading striker who was a leading figure in the protests, did articulate that his grievances were with the football authorities, the Professional Footballers' Association and Kick It Out, Ouseley said he accepted it as a valid critique.

"Jason Roberts said we are not doing enough directly against racism and Kick It Out has become too broad an anti-discrimination campaign. I can accept that as a valid view and he put his case eloquently. If people feel we need more of a cutting edge, then we have to address that. But many players did not articulate why they were doing it and it seemed the organisation which for 19 years has been fighting racism became the one which took the criticism."

Ouseley said he is considering resigning from Kick It Out, when he can be confident the organisation is strong enough and has recovered from a traumatic year. He has already decided to stand down from the FA council and other FA posts. He said that although fighting discrimination in football remains important, it has distracted him from his work with more vulnerable groups, including unemployed people, when racism is again on the increase.

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Lord Ouseley: Football loses moral

compass when stars racially abuse

The chairman of Kick it Out believes Liverpool, Chelsea

and the FA handled the Terry and Suárez cases wretchedly

by DAVID CONN (The Guardian 11-12-2012)

In Lord Ouseley's damning assessment of the football authorities' record on racism, his most dispiriting insight is that the game's moral compass suffers institutional wobbles when its stars, not fans, are found guilty of racist abuse.

When John Terry was first charged last December with a racially aggravated public order offence for the abusive words he uttered to Anton Ferdinand in Chelsea's match against Queens Park Rangers on 23 October last year, Roman Abramovich's club issued a statement saying: "Chelsea FC has always been fully supportive of John in this matter and will continue to be so. The club finds all forms of discrimination abhorrent and we are proud of the work we undertake campaigning on this important issue."

Ouseley, reflecting on the year in which Terry and Liverpool's Luis Suárez were found guilty of racial abuse by independent Football Association commissions, said he and Kick It Out honoured the legal and FA processes by saying nothing while the cases were ongoing. That contrasted with the astonishing statement by Chelsea's then manager, André Villas-Boas, who said of Terry after he was charged: "We know exactly his human values and personality, so we will support him whatever happens."

Ouseley argues that was "disrespectful" of a process which concluded with Terry acquitted by the chief magistrate, Howard Riddle, after he had been selected to represent England in the European Championship, then found guilty in September by the FA commission. Suárez was found guilty of racially abusing Manchester United's Patrice Evra with Liverpool, under the ownership of Fenway Sports Group, and the club's then manager, Kenny Dalglish, nevertheless displaying unwavering support for their player, complete with those notorious T-shirts.

Ouseley, a former chairman of the Commission for Racial Equality, has a distinguished record of fighting racism, and initiated the original campaign, Let's Kick Racism Out of Football, 19 years ago. A Millwall supporter, he loves the game and always loathed the virulent hatred with which it was riddled in the 1970s and 1980s. He also believes football is an important high profile arena in which an unequivocal message against discrimination of all kinds can and must be sent.

As many people have fairly noted during a year in which racism's unpleasantness has surprisingly thrust itself back into the spotlight, huge progress has been made. The very fact that alleged racist abuse by single supporters is being investigated by the police, following reported incidents at Manchester City and Swansea City this weekend, illustrates how far top-flight football has come from the days when mass racist chants were rife at grounds and nothing disapproving was said at all. Ouseley, unpaid, and his organisation, run on a comparative shoestring, deserve plenty of credit for the clean-up.

That was why, when the Terry and Suárez incidents and the way they were handled sparked the October protests which put Kick It Out in the firing line, Ouseley found it bemusing and hurtful. He accepts that Kick It Out should be subject to critical analysis, and the Reading striker Jason Roberts's view, that the organisation has lost its cutting anti-racist edge, should be honestly considered.

However Ouseley clearly feels that the protest, in which large numbers of players declined to wear campaign T-shirts, made Kick It Out itself the target, rather than Roberts' and other black players' legitimate grievances. Finally speaking out, Ouseley accuses the clubs of lacking morality when faced with racism by their own valuable "assets", the players. He criticises the FA for failing to give clear leadership beyond the formalities of its disciplinary processes, which he says worked well.

He was dismayed the FA did not admonish Villas-Boas or Dalglish, or charge Chelsea or Liverpool themselves for their conduct, or for the racial abuse by one of their players. For that, Ouseley says, the FA was "very slack and weak" and this last 12 months has not sent out a strong condemnatory message.

The FA did strip Terry of the national team's captaincy, leading to the resignation of the coach, Fabio Capello, but Terry remained available to represent the nation at the European Championship. Roy Hodgson, Capello's successor, praised Terry's "warrior" qualities and selected him for the squad, leaving Rio Ferdinand at home. Hodgson said this was for "footballing reasons," that Ferdinand was no longer good enough, but Ouseley is with many others, believing that in fact it was because the two players could not work together and Hodgson and the FA were happy to take the player charged with racial abuse, not the brother of the alleged victim.

Then after Terry had claimed the European Champions League for Chelsea as the club's captain – although he did not play in the final – and been a warrior for England, the FA's independent commission cut through his defence about why he said the offensive words to Anton Ferdinand, and stated they did not believe him. So Terry was finally held to have racially abused a player, effectively lied about its circumstances – and his team-mate Ashley Cole to have "evolved" evidence which was not reliable to support Terry.

On that, the FA said nothing, and, Ouseley said, neither did the Premier League. Terry was given a four-match ban and, although David Bernstein, the FA chairman whom Ouseley respects, said the FA will review its penalties for racism, Ouseley complains it has all now gone very quiet.

Chelsea, having expressed so much support for Terry throughout, imposed an undisclosed fine following the FA commission's verdict, but retained Terry as their captain, a club's leader and ambassador. Chelsea were persistently challenged about the inconsistency with the banning for life in May of a fan who racially abused Didier Drogba, but the club brushed that aside.

No club or authority condemned Terry or Cole for what the commission said about the unreliability of their evidence, but Cole was disciplined by the FA and had to apologise for swearing about them in a tweet. That, Ouseley says, summed up where football's governing body has landed itself in the morality of dealing with racism, and why football, for all the great progress, still has a long way to go.

Throughout all of that Ouseley kept his counsel, and also in October when the dissatisfaction of black players found its vehicle in the refusal to wear the T-shirts of the organisation which has campaigned against racism for 19 years. Ouseley found himself having to defend Kick It Out, when in fact he was frustrated that the black players had not articulated their various grievances — particularly the authorities' failure to deal firmly enough with racist incidents and the lack of coaching opportunities — more coherently.

Now he is considering stepping down from Kick It Out because, important as it is, there are more deserving demands on his time than the struggles of multi-million pound football to be morally convincing. In a recession, he says, scapegoats are hunted and racism increases. With the Premier League now sealing the deals for more bounteous billions from TV channels eager to show "assets" such as Terry and Suárez, the challenge of the modern game to navigate its moral challenges can only intensify.

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Clubs see bums on

seats as the bottom line

by MATT DICKINSON (THE TIMES 11-12-2012)

Two days after fan trouble was splashed all over the back pages does not seem the ideal time to be stepping up the campaign for supporters to be allowed to stand at the country’s biggest football stadiums.

The PFA has called for netting to stop coins being hurled into players’ faces, the FA has attacked “deplorable” behaviour, one fan has apologised for invading the pitch at Manchester City, eight more have been arrested — and today MPs at Westminster will be asked to believe that supporters can be trusted to stand and behave themselves.

Sounds a tough sell.

A roadshow laid on by the Football Supporters’ Federation (FSF) will visit the Houses of Parliament where MPs will be lobbied to change legislation, at least to allow a pilot scheme for standing in the top two divisions — which was banned in the wake of the Hillsborough disaster in 1989.

The timing seems unfortunate so soon after a riotous Manchester derby, but that is if you regard safe standing as primarily a safety issue. And that’s where people are often mistaken.

Safety is part of the debate — an emotive one given the Hillsborough tragedy and the pursuit of justice — but the return of standing hangs on other tests, like demand.

It rests on how badly you want to stand just like the old days, or the Bundesliga — and whether you will make it worth a club’s while. Like so much in professional football, it comes down to finance.

A telling detail here is that the Scottish Premier League (SPL) gave its clubs the freedom to reintroduce standing exactly a year ago. Many inquired, but so far not a single club has followed through.

Yesterday an SPL spokesman said its members had found it “cost prohibitive” because the conversion can be £80 to £100 per seat, with related building work.

North and south of the Border, supporters groups talk very positively about standing. Various surveys conducted by the FSF, or cited by it, record that nine out of ten fans want standing back in all divisions.

But, looking at the Scottish evidence, there has been neither the incessant, overwhelming demand or the obvious financial upside for clubs to pursue.

Will England be any different? The majority of fans say they are supportive (although you have to wonder if they are backing the freedom of others to choose rather than demanding to stand themselves).

They regard Hillsborough as a tragedy of its time. Grounds are safer, policing is much improved, even if some of those causing trouble at the Etihad got in despite banning orders, fences have gone and Sunday’s aggravation was the exception.

In any case, every week many fans stand to watch games, defying instructions to sit down, and Steven Graham, a superintendent from West Midlands Police, will tell MPs today about his confidence that standing areas can be well policed.

Fans stand safely in their thousands in lower leagues every week, so there is no sound basis for blocking any club that wishes to experiment responsibly. Paul Faulkner, the Aston Villa chief executive, will attend today’s roadshow to say that his club support the idea in theory, while David Gold, co-owner of West Ham United, has also said that he has an open mind. Other clubs are inquisitive.

But the FSF’s problem is proving a compelling business case to the clubs, even if there is a relaxation in legislation.

Cheaper tickets, a broadening of a fanbase to welcome back those priced out in recent years, is one argument. But for all the complaints about cost, enough of you still keep paying the price on the door.

Premier League clubs are operating at around 95 per cent capacity, according to the league. True, some clubs are having to be creative — £50 off all season tickets at West Bromwich Albion this season, kids for a quid at some games at West Ham, season tickets for under 16s at Sunderland just £99.

But when the chief executives gather to fret over finances, and to discuss a salary freeze among the players, you can be absolutely sure that a collective reduction in ticket prices is not on the agenda.

Standing would allow clubs to squeeze more people in (a seated stand of 1,000 could hold 1,800 standing), but the cost of changing stadium configuration must be recouped. The FSF insists that a club could make its money back inside two seasons, but there are no great profits to be made here.

Without concerted pressure from all leading clubs, political hurdles will continue to block the way. More than 50 MPs have signed an Early Day Motion for safe standing but Hugh Robertson, the Sports Minister, is extremely wary of changing legislation on his watch. The political upside is marginal, the potential downside is colossal if there is crowd trouble.

The Premier League regards the issue with the same deep caution, asking why English football should risk going back in time. It asks whether the atmosphere is so sterile in all-seater grounds that we should seek a return to a raucous terrace.

It is tough on the FSF, who have put together an impressive presentation, including the trial “terrace”, which will be wheeled into Portcullis House today for MPs to stand on. The campaign leaders have put together a robust, sensible case after examining safe standing in Germany and elsewhere.

If people want to stand, clubs can steward those areas and police are happy, why should the law prevent them?

But winning the theoretical argument is one thing; persuading the majority of clubs to swing behind the FSF is far tougher.

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Giocatori disoccupati per finta

scandalo nel calcio svizzero

di FRANCO ZANTONELLI (la Repubblica SERA 11-12-2012)

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NAPOLI, È GIUSTA LA MANO LEGGERA

MA TORINO E SAMP COSA DIRANNO?

di RUGGIERO PALOMBO (GaSport 12-12-2012)

Lo dice Petrucci, «la responsabilità oggettiva va cambiata», gli fa eco in modo più colorito Pagnozzi, «i club non possono finire con l'essere cornuti e mazziati». Il superprocuratore Stefano Palazzi, in altre epoche sordo ai richiami del «politichese» applicato alla giustizia sportiva, questa volta mostra di sentirci, se non benissimo, discretamente. La richiesta di un solo punto di penalizzazione per il Napoli, vittima prima che colpevole di avere fino al 2011 tra i suoi tesserati un terzo portiere di nome Gianello, non ha precedenti e rappresenta un punto di svolta. Le sciaguratezze di una riserva, che per giunta non attecchiscono presso lo spogliatoio al punto da vedere solo due tesserati (Cannavaro e Grava) coinvolti nel reato più piccolo che in materia ci sia, l'omessa denuncia, non possono costare un prezzo importante in termini di penalizzazione. Forse, e addirittura, a gioco lungo potranno costare nulla, visto che dopo il giudizio di primo grado della Disciplinare ci sarà quello della già abbastanza generosa Corte di Giustizia federale e infine quello del Tnas, Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo sport, fattosi ultimamente generosissimo.

Detto questo, la richiesta di Palazzi, sommata a quella di nove mesi di squalifica per Cannavaro e Grava, suscita legittimi interrogativi. Scommessopoli, è noto, ha finito col mettere a dura prova i «paletti» all'interno dei quali è circoscritta, se non quasi segregata, la giustizia sportiva e in particolare la quaestio della responsabilità oggettiva. Nuovi tipi di reati richiedono nuove norme, è pacifico. Ma si è sempre detto, a cominciare dai Petrucci e Pagnozzi di cui sopra per finire con Abete, che tutto si sarebbe potuto fare solo a bocce ferme, quando fosse stata messa la parola fine a questa tornata di Scommessopoli. Qui avviene invece l'esatto contrario, e riesce difficile spiegare perché, solo per fermarsi all'attuale serie A, Sampdoria e Torino debbano convivere col loro punto di penalizzazione postpatteggiamento (quindi a sconto e non rivisitabile) al termine di procedimenti che, al contrario di quelli riguardanti il Siena (-6) e l'Atalanta (-2 dopo i - 6 dell'anno scorso) hanno diverse analogie con la situazione certamente «passiva» del Napoli. In parole poverissime: le norme che regolano queste procedure, giuste o sbagliate che siano, possono essere modificate in corsa? Un interrogativo che la stessa Disciplinare potrebbe finire col porsi nelle prossime ore.

Quanto a Palazzi, la sua «evoluzione» appare contraddittoria: al di là della minipenalizzazione del Napoli richiede, anche se non ottiene, 16 mesi di patteggiamento per il collaborativo (secondo lui) Gianello, e poi ne «spara» ben 9 per le omesse denunce di Cannavaro e Grava che, è lui stesso a sostenerlo, Gianello lo hanno praticamente mandato al diavolo. Qui i pesi e le misure sembrano davvero fare a cazzotti con il buonsenso. Ma in soccorso di Cannavaro e Grava, forse, arriverà prima ancora di Cgf e Tnas la Disciplinare.

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La mamma ha una relazione con Micolucci

«Ci spiace, ma tu nell'Ascoli non puoi giocare»

Respinto a 11 anni: la società non se la sente di tesserarlo. «E' troppo rischioso»

di FRANCESCO CENITI (GaSport 12-12-2012)

Non sono 100 passi, ma 40 chilometri di vergogna. E' la distanza che separa Ascoli Piceno da San Benedetto del Tronto. Tre volte la settimana è la strada dei sogni per Andrea (nome di fantasia): va al campo, si allena e lotta per guadagnarsi una maglia da titolare. Ruolo: difensore centrale. Campione preferito: Thiago Silva. Segni particolari: una cicatrice nel cuore. No, nessuna operazione. La cicatrice è metaforica, ma fa male. Tanto male. Andrea è nato e cresciuto ad Ascoli. Nella sua vita ha sempre indossato una sola maglia: bianconera. E da queste parti non vuol dire Juventus. Per cinque stagioni è stato un punto fermo degli allenatori. Lo sarebbe stato anche in questo campionato se solo glielo avessero permesso. Per due mesi ha atteso con pazienza la buona notizia: «Tutto a posto. E' arrivato il cartellino dalla Federazione: puoi giocare». Lo ha fatto continuando a sudare insieme con i compagni di sempre. Al sabato, però, gli altri lottavano per una vittoria, lui al massimo poteva sostenerli dalla tribuna. Il ritardo, però, non era causato da un disguido burocratico come fino all'ultimo hanno sperato i genitori. No, il motivo era un altro. E senza troppi giri di parole è stato spiegato alla mamma e al papà di Andrea prima dal segretario e poi in modo definitivo da Silvia Benigni, figlia dell'ex presidente, che sostituisce il padre, squalificato. «Non lo tesseriamo perché c'è un legame con Vittorio Micolucci. Può accadere qualcosa e dobbiamo tutelarci». Un bimbo di 11 anni e il calcioscommesse. Che c'azzecca direbbe l'ex pm Di Pietro. Nulla. Eppure la storia ha avuto questo epilogo. A meno che...

I fatti Cancellare i 40 chilometri della vergogna è ancora possibile. Basterebbe ridare la maglia bianconera ad Andrea. Anche con un anno di ritardo. Ma come si è arrivati fino a questo punto? Chi è Micolucci, quale legame ha con il bimbo e perché l'Ascoli ha preso questa decisione? Domande legittime. Le risposte arrivano ricostruendo la storia. E si scoprono le colpe. Quella della mamma, ad esempio, è una scelta d'amore: ha avuto (forse ha, ma qui entriamo nella privacy) una relazione con Micolucci, difensore dell'Ascoli e squalificato dal luglio 2011 per il calcioscommesse. Il giocatore ha ammesso le sue colpe, patteggiando e collaborando con la giustizia. E' stato il primo pentito: le sue rivelazioni hanno permesso il salto di qualità all'inchiesta della Procura di Cremona. Senza quelle parole molto del marcio che avvelena il calcio non sarebbe stato estirpato. Scelta non facile: nel mondo del pallone la parola d'ordine è «omertà, negare sempre». Chi non la fa è un «infame» da isolare. Ma questa è un'altra storia. Di sicuro il coinvolgimento di Micolucci nelle scommesse è costato caro all'Ascoli: punti di penalizzazione e una multa. I rapporti non possono essere cordiali. Ci sta. Come la rabbia dei tifosi: gli insulti al giocatore sono la prassi. La cosa si può ancora comprendere se non sfocia in violenza. Cosa mai accaduta a dimostrazione, semmai ce ne fosse bisogno, che Ascoli è una città civile. E allora perché negare il tesseramento ad Andrea che non è figlio di Micolucci? La società ai genitori (separati) ha spiegato più o meno questo: «Ci risulta che l'anno scorso Micolucci è andato un paio di volte a prendere il bimbo fuori dal centro sportivo. Cosa gravissima, ma soprattutto il club non può rischiare che qualche tifoso, riconoscendo il giocatore, possa passare alle vie di fatto». Una tutela verso il bimbo, quindi? Non proprio. Il club non teme il possibile trauma di Andrea testimone di una aggressione, ma un'altra conseguenza: «E se accade (il pestaggio, ndr) chi ci garantisce che voi non ci fate causa per i danni subiti? Ci spiace, ma può andare in un'altra squadra. Siamo liberi di fare quello che vogliamo a casa nostra».

Conclusioni La mamma e il papà di Andrea hanno cercato una soluzione. La prima è andata a parlare con la Questura per capire se ci fossero problemi per lei e suo figlio: «Signora, ma sta scherzando? Non ci risulta nulla». Poi è andata dai capi ultrà. Risposta: «Micolucci non è il benvenuto ad Ascoli, ma non ci sogneremmo mai di mettere in mezzo un bimbo. Per chi ci ha preso?». Il papà (ex calciatore) ha aggiunto un altro tassello. «M'impegno ad accompagnare e riprendere mio figlio dal campo. Se vuole lo metto per iscritto». Non è servito a nulla. «Non possiamo rischiare», è stato il ragionamento della Benigni. Muro invalicabile. «Mettere in correlazione Micolucci col tesseramento di Andrea è come minimo pretestuoso - commenta Daniela Pigotti, legale del giocatore —. Mi piacerebbe sapere che cosa ne pensano i cittadini di Ascoli, iniziando dal sindaco». Già, qual è il pensiero delle istituzioni? E soprattutto Costantino Rozzi, compianto presidente dell'Ascoli in A, avrebbe mai permesso una vergogna lunga 40 chilometri?

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La Ġazzetta dello Sport 13-12-2012

L'Ascoli: «Micolucci modello negativo»

Ma non si neghi il calcio a un bambino

Pubblichiamo un'ampia sintesi del comunicato dell'Ascoli Calcio sull'articolo «La mamma ha una relazione con Micolucci - Ci spiace, ma tu nell'Ascoli non puoi giocare» apparso sulla Ġazzetta di ieri e la replica di Francesco Ceniti, autore del pezzo.

«Incredulità, sgomento e stupore sono state le inevitabili reazioni all'articolo pubblicato su "La Ġazzetta dello Sport". Reazioni non soltanto della Società, ma dei tanti ascolani indispettiti per l'ennesima associazione Micolucci-Ascoli Calcio. I danni materiali, morali e di immagine che il Signor Micolucci ha causato alla Società bianconera sono inestimabili perché, nostro malgrado, sarà una brutta storia per sempre associata alla STORIA, quella vera, gloriosa e illustre del club.

Ma veniamo alla questione. L'Ascoli Calcio 1898 S.p.A. ha avuto fra i tesserati della propria Scuola Calcio il figlio della compagna del Signor Micolucci fino alla stagione 2011-2012 e precisamente fino al maggio SCORSO. Associare il non accoglimento dell'iscrizione del bambino per la stagione 2012-2013 non deve e non può, quindi, ricondursi alla vicenda calcio scommesse, emersa nel giugno 2011. A seguito della vicenda calcio scommesse, dunque, c'è stata da parte della Società bianconera un'apertura mentale molto ampia, nonostante fosse ancora fresca la ferita legata alla vicenda Micolucci. Apertura che, però, l'Ascoli Calcio non ha visto apprezzata dall'entourage dell'ex calciatore in quanto è emerso che più volte il Signor Micolucci si era recato presso il Centro Sportivo Città di Ascoli per accompagnare o riprendere il bimbo per gli allenamenti. La vicinanza del Micolucci al Centro Sportivo dell'Ascoli ha generato malcontento presso la Società e i comuni tifosi, da qui la decisione ineccepibile: rappresentando il Signor Micolucci un cattivo esempio per tutti i giovani che si allenano presso il Centro Sportivo, l'Ascoli Calcio 1898 S.p.A. non vuole e non può accettare la presenza del Micolucci presso le strutture in cui svolge tutte le attività. La Società si augura che chi ha sbagliato si assuma finalmente la responsabilità dei propri errori, visto che finora a pagare pesantemente per colpe NON PROPRIE sono stati l'Ascoli Calcio, i Tifosi e la Città.

Ascoli Calcio

Comprendiamo i sentimenti della dirigenza e dei tifosi dell'Ascoli nei confronti di Micolucci. Non i provvedimenti nei riguardi di un ragazzo di 11 anni che con l'ex bianconero squalificato per il calcio scommesse non ha alcun legame di sangue. Purtroppo il comunicato non fa che ribadire la sostanza del caso e gli interrogativi che solleva. Se la cacciata è dovuta al fatto che Micolucci in un paio di occasioni ha portato il figlio della sua compagna al campo, perché non avvisare subito i genitori in modo da risolvere il problema? Perché permettere al ragazzo di allenarsi per due mesi con la squadra, illudendolo che i ritardi nel tesseramento fossero causati da disguidi burocratici? Perché il club non ha ritenuto valide le garanzie offerte dal padre («lo accompagnerò sempre io») una volta che la società ha spiegato le ragioni del rifiuto? Insomma, restiamo del parere che l'esito della vicenda poteva e doveva essere diverso. E invece resta un clamoroso autogol.

Francesco Ceniti

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Le memorie della pornostar

diventano arma di ricatto

in aula sfilano calciatori e attori

L´editore: "40mila euro per far sparire i nomi"

La Di Leo ai giudici: "Nel mio libro anche un vescovo e l´ex viceministro Baldassarri"

di ALESSANDRA ZINITI (la Repubblica 12-12-2012)

MARSALA - «I calciatori sono i migliori, forse perché si allenano molto anche a letto...Ma come cliente ho avuto anche un vescovo, aveva un grosso crocifisso al collo...». Nell´aula del tribunale di Marsala assiepata da un pubblico quasi esclusivamente maschile, Lea Di Leo, pornostar e regina delle linee erotiche, è al debutto nel suo ruolo di protagonista in un processo che più pruriginoso non si può per i ricatti ad almeno trenta vip del mondo dello sport, della politica, dello spettacolo tentati da una piccola casa editrice siciliana che avrebbe dovuto pubblicare un suo libro autobiografico.

La Di Leo, al secolo Sonia Faccio, si presenta in abiti di scena: inguainata in leggings nero lucido, lunghi stivaloni con tacchi vertiginosi, una maglia bianca forata che non trattiene il suo prorompente decolleté, capelli biondo platino, labbra a canotto. «Questo è il mio nome d´arte perché Leo, il mio gatto, è l´unico vero affetto che ho», esordisce davanti al giudice monocratico Roberto Riggio prima di rispondere in assoluta scioltezza, senza sorvolare sui dettagli piccanti, alle domande del pm Dino Petralia. E snocciola nomi, giudizi sulle prestazioni, ricostruisce incontri, rivela gusti sessuali e soprattutto conferma il grande ricatto che, a sua insaputa, i due imputati del processo, Giuseppe Aleci e Gaspare Richichi, presidente e direttore editoriale della Imart di Marsala, avrebbero tentato nei confronti di una trentina di volti nomi tutti citati nelle pagine che la bionda pornostar veneta aveva scritto insieme ad un´amica insegnante toscana, Silvia Poli. «C´è quello del sesso veloce sempre nei boschetti, il coniglio vivente, il grande palpatore di tette, quello che si eccitava con gli animali. Alcuni sono bisex. Un attore una volta si presentò con un amico che lo preparò fino a mettergli il profilattico».

Il libro, neanche a dirlo, non è mai uscito, ma con in mano le pagine a luci rosse, gli editori hanno contattato una trentina di vip citati con la scusa di chiedere loro una sorta di "liberatoria". In realtà chiedevano da 20 a 40.000 euro per far sparire dal libro i loro nomi. Il caso è esploso quando uno dei presunti clienti della Di Leo, il regista Mediaset John Squarcia ha pensato di "risolvere" la cosa facendo intervenire "Le Iene". Quando la Di Leo ha visto il servizio in tv ha capito perché il libro non usciva mai e sono partite le denunce. Tutto vero: di libri con i racconti della pornostar, gli investigatori della Guardia di finanza, alla casa editrice, ne hanno sequestrato due versioni, una con i nomi e una "epurata". Ed eccoli i nomi dei tanti vip che avrebbero frequentato il letto di Lea Di Leo: calciatori di serie A e B, da Vincenzo Iaquinta a Simone Inzaghi, da Marco Borriello a Valeri Bojinov, da Francesco Coco a Reginaldo a Luca Toni, da Mauro Bressan a Fabio Galante. Lista alla quale con un recente tweet ha aggiunto anche il capitano del Milan Massimo Ambrosini che smentisce seccamente, il rugbista Dallan Dennis, protagonista di un´edizione de L´Isola dei famosi, i cantanti Gianluca Grignani e Fabi Fibra, il giornalista Amedeo Goria, gli attori Roberto Farnesi e Matteo Branciamore, l´interprete di Marco nella serie tv "I Cesaroni". Ed è proprio Branciamore l´unico tra le tante "vittime" dei ricatti ad essersi costituito parte civile e forse anche l´unico ad avere pagato.

Ieri in aula, la Di Leo ha fatto anche il nome di un uomo politico che avrebbe spesso usufruito dei suoi servizi, il senatore di Fli ed ex viceministro dell´Economia Mario Baldassarri. Alla ripresa del processo toccherà ai vip: davanti al giudice dovranno passare tutti e raccontare se e che tipo di rapporti avevano con la pornostar.

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il Fatto Quotidiano 12-12-2012

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Napoli in ansia

i giudici decidono

La Disciplinare ha lavorato fino a tarda notte nel tentativo di trovare le linee

sulle quali basare la sentenza. Palazzi ha chiesto -1 per il club partenopeo

I giudici ragionano anche sui 9 mesi a Cannavaro e Grava. E c’è un caso che riguarda il Crotone e la responsabilità presunta

di EDMONDO PINNA (CorSport 12-12-2012)

ROMA - Sono ore di ansia. A Napoli, così come a Roma. Perché i giudici della Disciplinare, guidati da Sergio Artico, hanno lavorato ieri fino a tarda notte. Senza ancora aver tirato le linee guida delle sentenze e delle relative motivazioni al filone del calcioscommesse che ora ha puntato i fari sul Napoli. Sotto il Vesuvio attendono e guardano l’orologio. Perché la sabbia nella clessidra comincia a scarseggiare, a ore i giudici troveranno la quadratura del cerchio, pur se fra mille difficoltà e mille discussioni. Le richieste di Palazzi (-1 per il club, 9 mesi a Cannavaro e Grava, 3 anni e 3 mesi per l’ex Gianello), l’iter processuale, nulla ha contribuito a sbrogliare la matassa (che non riguarda solo le sorti partenopee) in vista delle sentenze. Che sono attese forse già domani.

INCONGRUENZE - Tutto ruota (o ruotava, visto il mancato patteggiamento) attorno a Gianello. L’ingenuità su quel Samp-Napoli, la proposta quasi come una battuta sotto le docce a fine allenamento a Cannavaro (chi gli è vicino lo racconta estremamente tranquillo in queste ore) e Grava. Palazzi ha ritenuto il comportamento dell’ex portiere della cavalcata altamente positivo nella fase delle indagini. Ecco perché aveva chiesto, per lui, un anno e quattro mesi col patteggiamento. I giudici della Disciplinare (con Artico il vicario Franchini e Tobia, Perugini e Giraldi), invece, quell’accordo lo hanno idealmente stracciato, motivando il gesto con una considerazione diametralmente opposta nei confronti di Gianello: «Nessuna collaborazione» . E questo ha portato il legale del portiere, Eduardo Chiacchio, a chiedere per il suo assistito solo la violazione dell’articolo 1 (lealtà e probità sportiva) invece dell’illecito: «Se non è credibile, allora vuol dire che quello che ha detto non è vero» .

ANSIA - Le difficoltà della Disciplinare sono di improba soluzione, stavolta non basterà neanche il bilancino per armonizzare le sentenze con le richieste (in qualche caso estremamente difformi fra loro). Ecco perché i giudici di Artico hanno lavorato come matti, fino a notte inoltrata. Perché magari puoi trovare il filo in un caso ma se poi lo applichi ad uno simile e stride, allora devi ricominciare da capo. Le sentenze sono come un puzzle: i tasselli devono combaciare. A ore, l’impianto strutturale sarà cosa fatta. Allora sapremo. Cosa succederà al Napoli, al suo capitano Cannavaro e a Grava. Cosa succederà a Portogruaro e Crotone, le altre due società coinvolte. Con i calabresi che sarebbero diventati un secondo caso sul quale i giudici si sono confrontati.

CASO CROTONE - Come se non bastasse. Fra le mani della Disciplinare c’è quello che si è trasformato in un piccolo, grande caso, e che riguarda appunto il Crotone. La società calabrese è stata deferita per responsabilità presunta (la più leggera nella scala delle gravità) per la combine della partita contro il Portogruaro del 29 maggio 2011, finita 3-2 per il Crotone grazie ad un gol a tempo scaduto di Curiale. Il procuratore Palazzi ha chiesto per i calabresi meno un punto di penalizzazione, ed è quanto prevede il “tariffario” nei casi di responsabilità presunta accertata. Il problema è l’accertamento «ogni ragionevole dubbio» , come prevede l’articolo 4 comma 5 del Codice di Giustizia sportiva. Che recita: «Le società sono presunte responsabili degli illeciti sportivi commessi a loro vantaggio da persone a esse estranee. La responsabilità è esclusa quando risulti o vi sia un ragionevole dubbio che la società non abbia partecipato all’illecito o lo abbia ignorato» . E quale prova migliore, se non i deferimenti di Palazzi stesso, che il Crotone non abbia partecipato o abbia ignorato l’accordo fraudolento. Il legale rappresentante della società, ovvero Giuseppe Ursino, è stato ascoltato dalla Procura federale, senza però essere stato deferito. Il che significa che la società - se pure sapeva - non ha considerato l’accordo illecito. E’ una delle (tante) gatte da pelare. Non la sola.

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Scommesse Caso Gianello, Disciplinare in riunione fiume sulle richieste di Palazzi

Grassani: «Meno uno al club?

Ci aspettiamo sia annullato»

La squadra A Cannavaro e Grava che rischiano 9 mesi sostegno dei compagni. Il manager: vanno assolti

di ROBERTO VENTRE (IL MATTINO 12-12-2012)

La riunione dei giudici della Disciplinare è cominciata ieri mattina a Roma intorno alle dieci, una lunga discussione che si è protratta fino a tarda sera. Lunga camera di consiglio, dodici posizioni erano al vaglio della commissione disciplinare (oltre al Napoli, le società sotto giudizio erano anche Crotone, Portogruaro e Spal, più otto tesserati). All’esame del presidente della commissione Sergio Artico e dei 4 membri della commissione non solo la vicenda Napoli ma anche altre. Ovviamente attenzione calamitata in maniera speciale sulla vicenda azzurra.

Le sentenze verranno depositate tra domani e venerdì. Il procuratore Palazzi ha chiesto un punto di penalizzazione e 100mila euro di ammenda al Napoli (responsabilità oggettiva nella presunta combine di Samp-Napoli del 16 maggio 2010) e 9 mesi di squalifica per Paolo Cannavaro e Grava (presunta omessa denuncia), tre anni e tre mesi per Gianello. Richieste che potrebbero essere confermate (sia il meno uno al Napoli che le squalifiche di nove mesi a Cannavaro e Grava) ma anche essere annullate o ridimensionate. Sono questi i possibili scenari e non l’aumento delle pene. La Disciplinare aveva respinto lunedì la richiesta di patteggiamento del legale di Gianello, Eduardo Chiacchio. Avvocato che ha poi cambiato strategia non proponendo un nuovo patteggiamento ma chiedendo la derubricazione del reato da illecito sportivo a quello di slealtà sportiva (articolo 1). «La richiesta di patteggiamento del mio assistito è stata rigettata ed abbiamo cambiato totalmente strategia. Abbiamo ritenuto opportuno chiedere la violazione dell’articolo 1. Se venisse accolta la richiesta è probabile il proscioglimento degli altri due tesserati e la condanna del club azzurro alla sola ammenda», ha ribadito ieri Chiacchio. Ore di attesa per la società e per i due difensori azzurri. Cannavaro e Grava si sono tuffati ieri pomeriggio con grande concentrazione nell’allenamento a Castelvolturno. Non hanno voluto commentare la vicenda, parlandone rapidamente anche con le persone a loro più vicine. E non se ne è parlato al campo con i compagni anche se il sostegno di tutti è implicito come la vicinanza di tutto il gruppo. Mazzarri per catturare subito la massima attenzione e caricare la squadra ha convocato tutti gli azzurri al centro del campo in vista della sfida con il Bologna.

«Affrontiamo la questione con la consapevolezza e la speranza dell’assoluzione piena. Dato che non è successo nulla non ci aspettiamo nessuna condanna e abbiamo piena fiducia nella Giustizia sportiva», ha sottolineato Gaetano Fedele, procuratore di Cannavaro e Grava. L’avvocato Grassani, che difende il Napoli, ieri ha ribadito: «Sono in costante contatto con la società perché ovviamente si tratta di una situazione importante. Visto che è stato respinto il patteggiamento di Gianello puntiamo alla derubricazione del reato da illecito a slealtà sportiva e quindi all’assoluzione, cioè all’annullamento del punto di penalizzazione. Gianello è da considerare un soggetto inattendibile».

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Il poliziotto riferisce i contatti tra l´ex portiere e l´attaccante oggi juventino, assente nel processo

Il rapporto dell´agente infiltrato

"Quagliarella fu deriso da Gianello"

Il bomber rifiutò la proposta ma perse anche il premio.

Querela di Cannavaro all´ex compagno "Condotta calunniosa"

di ANTONIO CORBO (la Repubblica - Napoli 12-12-2012)

Sono passati otto giorni da Samp-Napoli, la partita dei misteri. È il 24 maggio 2012. L´ispettore capo Gaetano Vittoria manda al dirigente della Mobile, suo diretto superiore, una relazione. È il poliziotto infiltrato. Riferisce le confidenze del portiere Matteo Gianello sui tentativi di truccare la partita. Nel rapporto riservato, letto da "Repubblica", sono ben descritte le proposte a Cannavaro, Grava e Quagliarella. Sul terzo, dice anche di più. Ma l´attaccante, oggi della Juve, è assente nel processo. Perché? Più che un giallo, è un serio tema difensivo.

Accusati di omessa denuncia, per Cannavaro e Grava è stata chiesta alla Disciplinare dal procuratore federale una squalifica di nove mesi. Ma il difensore dei due, Ruggiero Malagnini, uno specialista, legale anche di Udinese e Chievo, tra le infinite discordanze di questo processo ha colto la più suggestiva. L´assenza di Quagliarella. La strategia non tende a coinvolgerlo, solo a mostrare una lesione nel pilastro dell´accusa: la relazione del poliziotto. Palazzi la ritiene valida sia per accusare Cannavaro e Grava, sia per liberare l´attaccante oggi juventino. La Disciplinare sembra turbata da queste dissonanze, come dal colpo di scena dell´avvocato Eduardo Chiacchio. Il difensore di Gianello con una giravolta ha offerto una via d´uscita anche al Napoli. Ha ribaltato il no al patteggiamento di 16 mesi (condotta non collaborativa) nella richiesta di derubricare l´illecito sportivo in semplice violazione del principio di lealtà e correttezza, quindi da squalifica ad ammenda. Slittano intanto i verdetti: la Disciplinare deve scrivere ben 12 motivazioni. È un "rito accelerato", prevede 48 ore e non 7 giorni per le impugnare.

Gianello per otto volte ha negato tutto. «Non scommetto, neanche a "Gratta e Vinci"». Crolla alla nona domanda in Procura. Il pool di Giovanni Melillo con i pm Antonio Ardituro, Danilo De Simone e Vincenzo Ranieri sapeva già molto. Aveva le intercettazioni di Gianello e la relazione dell´ispettore Vittoria. Scrive il poliziotto al capo della Mobile dell´epoca, Vittorio Pisani: «Spontaneamente Gianello racconta di essersi adoperato con l´attaccante Quagliarella, i difensori Cannavaro e Grava al fine di falsare la partita e favorire la qualificazione della Samp alla Champions». Compenso proposto: decine di migliaia di euro. Vittoria aggiunge: «Dopo la partita Quagliarella veniva deriso dallo stesso Gianello in quanto, non avendo segnato, aveva perso il premio da 100 mila euro promesso dal Napoli per ogni gol successivo al decimo». Non convocare Quagliarella adesso è una sorprendente lacuna. Palazzi spiega la sua scelta: «Il contatto non è altrettanto chiaro e perentorio come per gli altri due». Lo dice lui...

La Procura convocò invece Vittoria per saperne di più. È il 6 ottobre 2010. Presente il dirigente della Mobile, Pisani. L´ispettore racconta il suo ruolo, i rapporti con i dirigenti del Napoli, la sua attività nel «recuperare nottetempo atleti in locali pubblici... in compagnie non ideali e persino ubriacandosi». Si riferisce al campionato 2009-2010 e fa il nome di un giocatore ceduto. Vittoria sa tutto di Gianello, di scommesse a Londra con «gente del Nord» per evitare i controlli Snai, della sua speranza di comprare con le scommesse truccate una casa per sé, dopo averne regalate due a madre e fratello. Di Gianello parla anche Mazzarri, interrogato dal pm Ardituro il 19 settembre 2011. «Un ragazzo "leggero" che si allenava senza particolare impegno». Leggero, quindi. Il Napoli trae vantaggio indiretto dalle difese dei legali Chiacchio (per Gianello) e Malagnini (per Cannavaro e Grava) perché rimarcano che l´ex terzo portiere non è credibile neanche per la Disciplinare, che ha bocciato il patteggiamento. Ma Cannavaro, esasperato, va oltre. Con un esposto-querela. «Con studiate, mirate capriole opportunistiche ha mentito dinanzi al pm e perseverato con la giustizia federale» per alleviare la sua posizione. «Condotta infedele e calunniosa». Stasera o domani le prime sentenze.

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Scommesse

Caccia al re dell'over

Ma Gegic non ricorda

di ARIANNA RAVELLI (CorSera 12-12-2012)

CREMONA — Il re degli over sussurra dritte su partite di serie A, ovviamente dietro salato pagamento, e le offre a diversi tavoli. Viene presentato agli zingari da Antonio Bellavista, ma — si scopre ora — è ben conosciuto anche tra i «bolognesi», il gruppo di scommettitori, di cui — secondo la Procura di Cremona — faceva parte anche Beppe Signori. Soprattutto, pare essere un professionista con un'altissima specializzazione: quella degli over. Tratta insomma solo la merce più preziosa al banco delle scommesse. La procura di Cremona ha un'idea di chi sia e sta cercando conferme, ma sospetta che siano almeno due le persone con questo profilo. Almir Gegic, l'ex numero 1 degli zingari che sta provando a convincere gli inquirenti di essere un numero 2 e distanziare la sua posizione da Hristian Iliesky, ha detto di non ricordare il nome del personaggio in questione. Ma nelle oltre 16 ore di interrogatorio cui è stato sottoposto dal pm Roberto di Martino a Cremona, Gegic non ha ricordato molte cose e negato anche circostanze evidenti per gli investigatori. Per esempio sostiene di non sapere nulla di partite della Lazio e del ruolo di Stefano Mauri: «Se è successo qualcosa, lo ha fatto Ilievsky». A proposito del re degli over, Gegic dice solo che l'affare non si concluse perché «l'informatore» chiedeva troppi soldi in cambio di poche garanzie: rivelava su che gara puntare solo mezz'ora prima del via. Ieri il pm gli ha chiesto conto di ciascuna partita sospetta. Gegic ammette accordi su circa 15 match («gli altri o li nega o dice ci sono stati contatti senza combine», spiega l'avvocato Roberto Brunelli); peggiora la posizione di Cristian Bertani perché conferma che il giocatore era in possesso di una scheda telefonica dedicata e si contraddice sui contatti con il grande capo di Singapore Tan Seet Eng (su questo fronte ci saranno novità nei prossimi giorni). Per recuperare, gli investigatori si aspettano il ritorno della memoria sul re degli over.

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L’INCHIESTA DI CREMONA

Il Mister X sta per essere scoperto

Tra i sospettati un imprenditore siciliano. Gegic: «Aveva mezza A in pugno»

Da Singapore nei prossimi giorni potrebbe sbarcare uno dei componenti della “cupola”

di ANDREA RAMAZZOTTI (CorSport 12-12-2012)

CREMONA - L'argomento più dibattuto è sempre lo stesso: Mister X. Chi è il fantomatico personaggio capace di entrare in possesso di informazioni sicure su partite combinate di Serie A di formazioni del centro-sud? Si tratta di un'unica persona, magari affiancata da alcuni emissari, o i Mister X sono due? La seconda parte dell'interrogatorio di Almir Gegic di fronte al pm Di Martino non ha dato i frutti sperati, né riguardo all'uomo avvolto dal mistero che fa tremare la massima serie né riguardo alle tante partite truccate in cui l'ex centrocampista del Chiasso è coinvolto. Ogni giorno, però, sull'argomento Mister X escono fuori indiscrezioni. Quelle di ieri sono le seguenti: è una persona specializzata nell'offrire dritte sugli Over ovvero sulla gare con più di 3 o 4 reti, un territorio di caccia fertile per gli zingari che con lui, ascoltando Gegic, non hanno mai fatto affari. Motivo? Le richieste elevate per passare le informazioni e il fatto che queste arrivassero solo a 30' dal fischio d'inizio. Seconda indiscrezione: questo Mister X è entrato in contatto anche con il gruppo dei bolognesi (grazie a Bellavista?) e probabilmente con tutte le altre "cellule" che in Italia cercavano puntate sicure. Voci non confermate volevano che il sessantenne che a Milano dimorava in un hotel in zona Corso Como fosse un imprenditore siciliano. Di certo c'è che è abituato a stare nel sottobosco del mondo del calcio, «a contatto con dirigenti, amministratori e tecnici di A», e dunque capace di avere informazioni attendibili su partite combinate o facili da combinare. I magistrati credono che Gegic conosca (e che finora abbia tacuito) il nome di Mister X. Ecco perché in questo momento potrebbero prendersi una pausa: riconvocando indagati già ascoltati difficilmente avrebbero significative ammissioni sull'argomento e la strada scelta è quella degli accertamenti tecnici per smascherare l'uomo misterioso che aveva/ha in pugno la Serie A. Il serbo ha passato in rassegna nelle 10 ore di interrogatorio di ieri quasi tutti gli incontri nei quali, secondo l'accusa, è coinvolto. «Di alcuni ha detto di non saper niente, su altri ha ammesso contatti, negando però accordi, su altri ancora ha confermato un coinvolgimento, ma ha distinto tra quelli in cui il "tarocco" è andato a buon fine e quelli invece terminati con una beffa» ha argomentato l'avvocato Roberto Brunelli che per il momento non ha presentato istanza di scarcerazione, un mossa quasi obbligata visto che Di Martino non avrebbe mai dato parere favorevole. Nel Palazzo di giustizia c'è la convinzione che Gegic stia negando l'evidenza, episodi anche banali confermati da tutti gli altri indagati. Ieri ha fatto qualche passo in avanti ammettendo che è stato lui a consegnare schede dedicate a Bertani (la cui posizione peggiora) e Acerbis, con i quali ha parlato. Con Tan Set Eng, invece, nessun contatto: sarebbe stato solo Ilievski a dialogare con il boss. E non gli credono neppure quando Gegic ha detto di non sapere niente delle partite della Lazio coinvolte nell'inchiesta e di Mauri. Nei prossimi giorni possibile novità in arrivo da Singapore (lo sbarco a Cremona di uno dei componenti della «cupola»), poi Di Martino ascolterà nuovamente Gervasoni.

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L'INCHIESTA

MISTER X E LE PUNTATE SUI GOL

I pm ascoltano ancora Gegic. «Me lo ha presentato Bellavista e ci diceva su chi scommettere poco prima»

Gli inquirenti stanno esaminando altre partite. Sotto osservazione c’è sempre Lecce-Lazio

LE GARE DIVISE IN QUATTRO BLOCCHI MENTRE SI LAVORA PER INDIVIDUARE L’UOMO NERO

di CLAUDIO GUASCO (Il Messaggero 12-12-2012)

L’uomo misterioso del calcioscommesse aveva una particolarità. «Mister X era specializzato in Over», cioè sul numero di gol segnati complessivamente in una partita. Almir Gegic fruga nella memoria e un pezzetto alla volta i ricordi vengono a galla. Lo zingaro non è disposto alla resa e servono due interrogatori fiume davanti al pm di Cremona Roberto Di Martino per mettere insieme qualche informazione in più su quello che potrebbe rivelarsi il personaggio chiave del calcio malato.

OVER IN VENDITA

Ieri Gegic è stato ascoltato per altre otto ore e l’identità di Mister X è stata di nuovo il punto centrale dell’audizione. Sintetizzata così dagli investigatori: «Noi sappiamo chi è e dobbiamo stringere il cerchio, Gegic sa chi è ma deve ancora maturare la scelta di rivelare il nome». Certo è che se alla fine lo scenario su cui stanno lavorando i magistrati e gli uomini dello Sco venisse confermato, il calcio italiano potrebbe uscirne a pezzi. Perché Mister X è un uomo ben inserito nell’ambiente, in grado di ottenere informazioni di altissimo livello sui risultati dei match di serie A: «Allenatori, dirigenti, amministratori delle squadre». Le dritte costano care e vengono vendute al miglior offerente, agli zingari o ad altre cordate di scommettitori. Le prime descrizioni che Gegic ha fatto del personaggio sono state un po’ fumose, ora comincia ad aggiungere particolari. «Me lo ha presentato l’ex capitano del Bari Antonio Bellavista - ha messo a verbale - E’ uno che porta informazioni sugli over in serie A». E poiché lo zingaro e il suo socio Hristiyan Ilievski erano interessati a quel tipo di scommesse, i contatti sarebbero stati frequenti. «Mister X vendeva le informazioni di cui era in possesso trenta minuti prima dell’inizio della partita, per evitare fughe di notizie», precisa il capo del gruppo. Insomma, un vero professionista, che si muoveva con un complice cui delegava parte dell’attività.

LE PARTITE

Nell’interrogatorio si è affrontata la lunga lista di match truccati dividendoli in quattro blocchi e il serbo ha ammesso la sua partecipazione alla manipolazione in una quindicina di partite, soprattutto di serie B. Gegic ha parlato del suo coinvolgimento in incontri riguardanti il Siena e avrebbe anche ammesso di aver consegnato due schede telefoniche a Cristian Bertani e Paolo Acerbis. Presto il pm Di Martino, che conduce l’inchiesta, sentirà altri indagati per verificare il contenuto dell’interrogatorio di Gegic, tra questi Gervasoni.

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Gegic in silenzio

su Lazio-Genoa

Il pm non gli crede

Il serbo è stato ascoltato per 8 ore a Cremona

Su Bertani: «Gli ho dato una scheda telefonica»

L’ex latitante ha diviso in 4 categorie le oltre 40 partite nell’ordinanza

Intanto continua la caccia a mister X, la persona che dava le dritte sulle combine

di FRANCESCO CENITI (GaSport 12-12-2012)

«Su Lazio-Genoa non vi posso dire nulla: magari Ilievsky ha incontrato Mauri a Formello insieme con Zamperini e non escludo che la partita sia stata alterata, ma io non lo so. Perché non mi ha avvisato dell'affare concluso? Mica aveva l'obbligo di farlo». Almir Gegic ha sterilizzato così il passaggio più delicato dell'interrogatorio bis davanti al pm Roberto di Martino. Il serbo è stato ascoltato per circa 8 ore, il suo atteggiamento giudicato «reticente» dagli inquirenti. In altre parole non collabora, ammettendo il minimo indispensabile. Lo stesso avvocato difensore (Roberto Brunelli) è consapevole della strada senza uscita intrapresa dal suo assistito: «Per ora non presenterò istanza di scarcerazione. Mancano le condizioni. E dubito ci siano altri interrogatori. Vedremo che cosa accadrà nelle prossime settimane». In pratica potrebbe essere lo stesso Gegic, una volta capito il rischio di restare sei mesi filati in una cella, a chiedere di essere riascoltato dal pm. E magari colmare in quell'appuntamento i vuoti di memoria e i non so che hanno affollato il verbale redatto in questi due giorni.

Bertani e gli altri La versione del serbo sul suo ruolo «minore» è stata ripetuta come una litania. Alla fine le parole dette alla Ġazzetta nell'intervista esclusiva concessa prima di consegnarsi, sono più o meno quelle pronunciate davanti al pm: «Contattavo i giocatori e facevo da interprete. Spesso erano loro a chiamarmi. Poi scommettevo, massimo 10 mila euro. Diverso era il volume di affari per Ilievsky. Sì, c'erano anche altre cordate. Italiane e straniere. Sapevo dei fratelli Cossato e ho visto un paio di volte Strasser. Ma non so altri particolari». Si è parlato di tutte le partite (oltre 40) presenti nell'ordinanza. Gegic le ha divise in 4 categorie: quelle che «non so nulla»; quelle che «sono state gestite da Ilievsky»; quelle che «ho tentato di alterarle senza riuscirci»; quelle che «ho combinato con successo». Le ultime due voci riguardano sfide di B, comprese quelle del Siena col coinvolgimento di più giocatori (ma su Conte ribadita la linea illustrata alla Ġazzetta: «mai visto, mai contattato, mai cercato»). Più interessante l'aspetto delle schede criptate: Gegic ha ammesso di averle consegnate a diversi giocatori, compreso Bertani che avrebbe poi ricontattato il serbo diverse volte su quel numero. L'ex del Novara ha sempre negato qualunque contatto con Gegic, ma ora dopo le accuse di Gervasoni, Carobbio e Micolucci si ritrova pure quelle dello «Zingaro».

Mister X Anche ieri si è riparlato di mister X, ma senza dare un'identità alla persona che «sussurrava i tarocchi» delle gare di A per 600 mila euro e riceveva i clienti in un hotel di Milano. Gegic ha ribadito un passaggio: è stato Bellavista a presentarglielo. Lo «specialista dell'over» (amico di dirigenti, calciatori e allenatori) svelava la partita solo mezz'ora prima dell'inizio. Come mai? Per evitare il calo delle quote e permettere vincite milionarie sul live con puntate effettuate sui circuiti esteri (asiatici in prevalenza) fuori da ogni controllo. Insomma, un vero professionista del settore. La caccia è aperta: novità a breve non sono da escludere.

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Gegic, interrogatorio chiuso

ammissioni su 15 match

di GIULIANO FOSCHINI (la Repubblica 12-12-2012)

Ammissioni su quindici partite, seppure minori. Nuovi particolari su ruolo e identità di mister X, l´uomo che vendeva informazioni su partite sicure dagli alberghi della movida milanese, che la Polizia ha ormai individuato e sul quale è pronta a mettere la mani. Si è concluso ieri, al termine di altre 10 ore di interrogatorio (dopo le sei di lunedì) la deposizione di Almir Gegic, lo "zingaro" davanti al procuratore di Cremona Roberto Di Martino, agli uomini della squadra Mobile di Cremona e del Servizio centrale operativo di Roma.

La linea difensiva di Gegic non è cambiata rispetto a lunedì: poca collaborazione, giusto ammettere quello che era impossibile smentire. Non ha riconosciuto mister X, lo ha descritto (e alcuni particolari tornano con quanto raccontato da altri protagonisti dell´inchiesta, partendo da Erodiani) e ha spiegato che la sua specialità non era tanto vendere i risultati esatti delle partite, quanto degli "over" (e cioè le gare che si concludono con almeno tre gol). Gegic avrebbe parlato, tra le altre cose, del suo coinvolgimento in quindici partite: alcune sono quelle del Siena nella stagione 2010-2011. Inoltre avrebbe anche ammesso di aver consegnato due schede "dedicate" alla manipolazione delle partite a Cristian Bertani e Paolo Acerbis.

Consci della scarsa collaborazione, i suoi avvocati non hanno presentato richiesta di scarcerazione. Gegic dovrebbe trascorrere quindi le feste in carcere a Cremona ma comunque non è escluso che l´ex calciatore sia risentito in tempi brevi dal pm. Per il momento resta invece ancora latitante Hristian Ilievski, il macedone ritenuto al vertice del gruppo degli Zingari, l´uomo che aveva contatti diretti con la banda di Singapore.

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Il caso Si delineano i candidati per la corsa alla presidenza della confindustria del pallone: elezioni il 20 dicembre

Abodi lancia la sfida a Beretta

per conquistare la Lega di A

Il n. 1 lascia (per ora) la B: insegue il grande salto

Dieci club pro Abodi Abodi avrebbe il sì di una decina di club, ma si tiene aperta anche la porta del ritorno in B

di FABIO MONTI (CorSera 12-12-2012)

MILANO — I tempi cambiano e cambiano anche le strategie. Undici mesi fa, a chi gli chiedeva se puntasse alla presidenza dela serie A, Andrea Abodi, 52 anni, romano, laurea in economia e commercio alla Luiss, dal luglio 2010 n. 1 di quella di serie B, aveva risposto: «Sono presidente di una Lega importante; c'è ancora molto da fare e mi piace pensare di consolidare il lavoro che stiamo portando avanti. Il mio obiettivo è quello di produrre fatti e risultati, che mi consentano di conservare la fiducia dei presidenti, quando ci sarà da scegliere la guida della Lega di B per i prossimi quattro anni».

Non è più così; Abodi ha girato l'Italia e ha prodotto fatti e risultati, grazie anche al lavoro «matto e disperatissimo» del d.g. Paolo Bedin; adesso punta con decisione alla presidenza della serie A. La notizia era nell'aria da un mese, ma la conferma (indiretta) è emersa dalla riunione informale del Consiglio della Lega di B, a Roma. Come si legge nel sito della Lega medesima, «il presidente Abodi ha preannunciato la volontà, dopo aver adempiuto agli impegni istituzionali che lo attendono nei prossimi giorni, in primis la riunione del Consiglio Federale del 14 dicembre, di rassegnare le dimissioni, come dovuto, prima dello svolgimento dell'Assemblea elettiva, la cui data verrà fissata a breve dagli organi preposti». Ieri ha tagliato l'ultimo traguardo, raggiungendo un accordo con la Lega Pro (lunedì assemblea con Macalli favorito su Gravina, mentre la Lega Dilettanti confermerà Tavecchio) sulla mutualità, con più soldi destinati all'ex serie C.

Il 20 dicembre, salvo ripensamenti, perché l'assemblea elettiva non è stata ancora convocata, la Lega di serie A proverà a scegliere il presidente. Di comunicati e candidature ufficiali non ce ne sono, ma c'è tutto un movimento sotterraneo per trovare una poltrona sulla quale sedersi, senza dare troppo nell'occhio. Maurizio Beretta, da mesi dimissionario dalle dimissioni, è sponsorizzato dal presidente della Lazio, Lotito, suo consigliere privilegiato e ha l'appoggio di un discreto numero di società, che vedono in lui il manager ideale, con altro prestigioso incarico (Unicredit), per fare ciò che vogliono, cercando di portare a casa un po' di soldi dalle tv. Poco importa se gli stadi sono stati svuotati, come ha rilevato ieri anche il presidente dei calciatori, Damiano Tommasi; se si continua a difendere il format delle 20 squadre di A, che produce soltanto danni; se la legge sugli stadi, promessa dal medesimo Beretta per farsi eleggere, non si farà; se la Lega di A si è preoccupata in questi anni più di fare la guerra ad Abete che di presentare proposte e riforme, per modificare un sistema allergico a tutte le novità (vedi la mancata elezione di Mazzola a presidente del Comitato lombardo dei Dilettanti).

Abodi ha o avrebbe alle spalle una decina di società, fra le quali Juve, Inter e Roma, che vogliono cambiare. Ma il problema è che difficilmente il 20 dicembre ci sarà un candidato in grado di raggiungere il quorum dei 14 voti (in terza battuta), che servono per avere un presidente. Così Abodi, dopo aver valutato la situazione in serie A, potrà decidere se è conveniente insistere nella corsa alla presidenza oppure se è preferibile indire le elezioni per la presidenza della Lega di B e presentarsi con la certezza di essere rieletto forse per acclamazione, visto che ieri un gruppo di dirigenti lo ha supplicato di restare (e lui è stato vago). Ma se Beretta fa slittare l'assemblea a gennaio, che cosa fa Abodi? Perché una poltrona è sempre meglio di un posto in piedi.

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Le alleate si dividono:

la Juve lancia Abodi

il Milan vota Simonelli

Il 20 elezioni del presidente di Lega: il n.1 della B piace

pure a Inter e Roma, Beretta resta defilato ma Lotito...

di MARCO IARIA (GaSport 12-12-2012)

Giovedì 20 è la data segnata sul calendario per le elezioni del presidente della Lega di Serie A. L'ufficializzazione dovrebbe arrivare solo oggi, e qualcuno in via Rosellini ci scherza su: «Non ci mettiamo d'accordo nemmeno su quando convocare l'assemblea elettiva, figuriamoci sul rinnovo delle cariche per il prossimo quadriennio olimpico». Maurizio Beretta è in scadenza, Andrea Abodi, che proprio ieri ha annunciato le imminenti dimissioni da presidente della Lega di B, va in pista per il salto, ma il fatto politico è un altro: Juventus e Milan, le due storiche alleate, al momento sono posizionate su due fronti opposti. I bianconeri appoggiano Abodi, i rossoneri candidano Ezio Maria Simonelli, commercialista e presidente del collegio dei revisori della Lega.

Strategie Nei prossimi giorni proprio questo snodo sarà cruciale: visto che Juve e Milan hanno sempre camminato a braccetto per le questioni politiche, v'è ragione di credere che, prima della resa dei conti, possa maturare una convergenza su questo o quel nome. La mossa rossonera, quella di lanciare Simonelli, il cui profilo viene ritenuto il più adatto a guidare la Lega in questa fase, servirà a capire la portata dei consensi che una simile opzione potrà riscuotere, tenuto conto che Lazio, Genoa e Cagliari hanno già espresso la loro contrarietà all'ipotesi Abodi e che Torino e Chievo, oltre alla Fiorentina, restano incerte. Maurizio Beretta, che nel marzo 2011 annunciò le dimissioni dopo aver assunto l'incarico di responsabile della struttura Identity and Communications di UniCredit, non è tagliato fuori dai giochi: della sua riconferma si è cominciato a parlare alcuni mesi fa, e il suo sponsor principale, il patron biancoceleste Claudio Lotito, è una figura carismatica in Lega, ago della bilancia tra gli interessi delle big e quelli delle medio-piccole. Da un sondaggio tra i club, tuttavia, i consensi attorno al presidente uscente, che prudentemente non ha mosso alcun passo, paiono minoritari.

Cambiare In pole c'è Abodi, ma il quorum dei 14 voti (dopo le prime due votazioni a 15) è un ostacolo duro da superare. Il no 1 della B, che manterrà la sua carica fino al consiglio federale di venerdì, viene accreditato di una decina di preferenze. Il dato forte è che accanto alla Juve ci sono altre due grandi come Inter e Roma, forse Napoli, Sampdoria, Udinese, sicuramente (o quasi) Palermo, Siena, Atalanta, Pescara, Parma e Bologna. Insomma, c'è una fetta consistente di società che si aspetta il cambiamento, anche se nel segreto dell'urna può succedere di tutto. Se non si raggiunge il quorum, e l'impressione è che il 20 non ci si riesca, lo stallo può scatenare qualsiasi scenario. Dalla stessa soluzione «tecnica» rappresentata da Simonelli al rinvio delle elezioni, col rischio che nel frattempo la Figc celebri le sue e la A rimanga senza rappresentanti in consiglio federale. A quel punto Lotito punterà sul fatto che l'ombra del commissariamento potrebbe essere scacciata rinnovando il mandato di Beretta. E la B? Ieri a Roma si è riunito il consiglio di Lega: la volontà dei club è di convocare l'assemblea solo dopo la A, in modo da conoscere il destino di Abodi. Per il suo eventuale sostituto si fa il nome di Michele Uva.

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Miccoli e il figlio del boss

la procura apre un'indagine

I magistrati stanno verificando se il calciatore ha incaricato Mauro Lauricella, figlio del boss "Scintilluni", di

riscuotere alcuni crediti. Nei giorni scorsi il capitano del Palermo era finito all'attenzione della cronaca per

un'altra frequentazione particolare: quella col nipote del superlatitante trapanese Matteo Messina Denaro

di SALVO PALAZZOLO (la Repubblica.it - Palermo 12-12-2012)

LA PROCURA di Palermo torna a indagare sui rapporti fra il capitano rosanero Fabrizio Miccoli e il figlio del capomafia Antonino Lauricella, Mauro. Il giocatore avrebbe incaricato il rampollo del boss di recuperare alcuni crediti vantati da suoi amici. E sembra che in un'occasione i modi di Lauricella junior siano stati tutt'altro che gentili. La vicenda è oggetto di un fascicolo protocollato nel "modello 45" della Procura, ovvero nel registro "degli atti non contenenti notizie di reato". I magistrati stanno verificando se quei crediti che Lauricella voleva riscuotere siano legittimi, oppure nascondano pressioni di qualcuno che resta ancora nell'ombra. Per questa ragione, nelle scorse settimane, sono state ascoltate una decina di persone.

Già l'anno scorso, i pm di Palermo si erano occupati delle frequentazioni fra il bomber rosanero e il figlio del boss della Kalsa. Per alcuni mesi, il telefonino del giocatore era stato addirittura sotto intercettazione, durante le ricerche di Lauricella senior, all'epoca latitante. Poi, il capomafia era stato arrestato, e le ombre su quell'amicizia erano state diradate. L'allora procuratore aggiunto Ignazio De Francisci aveva anche fatto una dichiarazione pubblica sull'argomento: "Il calciatore Miccoli è estraneo alle vicende della famiglia Lauricella. Non lo ascolteremo neanche". Il caso aveva comunque sollevato polemiche, ma anche quelle si erano chiuse presto.

Poi, nei mesi scorsi, qualcosa ha fatto riaccendere le attenzioni della Procura. In gran segreto, gli investigatori della Dia di Palermo sono tornati a indagare, questa volta sull'inedito ruolo di Lauricella, adesso impegnato in un'attività di recupero crediti per conto di Miccoli. L'indagine è coordinata dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dai sostituti Roberta Buzzolani, Francesca Mazzocco e Maurizio Bonaccorso. Nulla trapela degli ulteriori accertamenti che sarebbero in corso, per chiarire il caso. In Procura si precisa però che le audizioni disposte non hanno riguardato l'amicizia fra Miccoli e Lauricella, ma solo episodi specifici, che adesso si sta cercando di chiarire.

Proprio nei giorni scorsi, il capitano del Palermo era finito all'attenzione della cronaca per un'altra frequentazione particolare: nelle indagini del Ros, il giocatore è comparso accanto al nipote del superlatitante trapanese Matteo Messina Denaro.

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Addio, modello inglese:

tornano le barriere allo stadio?

La monetina che ha colpito Ferdinand nel derby di Manchester

e i numerosi invasori di campo, fanno riflettere il calcio britannico

di LORENZO LONGHI (l'Unità 12-12-2012)

«A CHI HA TIRATO QUELLA MONETINA: CHE COLPO! NON POTEVO CREDERE CHE FOSSERO SOLO 2 PENCE, DOVEVA ESSERE ALMENO UN POUND!». Rio Ferdinand ha preferito scherzarci su, qualche ora dopo il misfatto, con questo messaggio su Twitter. Perché il ruolo lo impone: se ti sei costruito l’aura di duro e hai appena trionfato nel derby di Manchester con lo United in casa del City, non puoi frignare se vieni colpito da una monetina mentre stai esultando, anche se il sangue scende copioso dall’arcata sopraciliare. Eppure quella monetina ha aperto, forse per la prima volta in Inghilterra, un dibattito che in pochi avrebbero immaginato di sentire proprio lì, patria dello spesso stereotipato e frainteso “modello inglese”. Conquistato a fatica, combattendo gli hoolligans che avevano mortificato il calcio britannico. Da allora, da quella repressione, si è sviluppato un modello virtuoso di avvicinare i tifosi allo stadio. «Penso che sia arrivato il momento di riflettere se sia il caso di posizionare reti o barriere davanti in alcune aree “vulnerabili” fra gli spalti e il terreno di gioco», ha detto Gordon Taylor, capo della Professional Footballers Association, l’equivalente dell’Assocalciatori nostrana.

Una frase che, da sola, basta a riconsiderare tutto quanto si dice e si scrive sulle differenze nella fruizione di stadi e nei comportamenti del tifo fra vari campionati europei. «Dove mettere le reti? Dietro le porte e all’altezza delle bandierine del calcio d’angolo», ha proseguito Taylor. Ovvero davanti alle curve, un concetto che nella geografia degli stadi inglesi di fatto non esiste. «Non è certo ciò di cui c’è bisogno - gli ha risposto il presidente della Football Supporters Federation, Malcom Clarke - e, prima di reagire d’impulso dopo certi episodi, pensiamo alle cose chemigliorano». Per Clarke, il complicato pomeriggio di Manchester non può essere considerato l’esempio di un problema, considerata la delicatezza (prevista) della giornata. Che - oltre a 13 arresti post-derby - ha visto anche l’invasione di campo di un 21enne tifoso del City deciso a farsi giustizia da sé per l’esultanza di Ferdinand e, non fosse stato per il portiere dei Citizens, Hart, che lo ha bloccato e affrontato a muso duro consegnandolo agli steward, probabilmente avrebbe raggiunto e colpito il difensore dello United. Proprio come, ad ottobre, un folle supporter del Leeds aveva messo ko, colpendolo in pieno volto, il portiere dello Sheffield Wednesday Kirkland, colpevole solamente di stare al proprio posto.

Di certo il calcio inglese si sta interrogando. La provocazione è stata lanciata e, se è vero che le invasioni di campo non sono rare negli stadi britannici, è altrettanto corretto sottolineare come, negli ultimi tempi, il pubblico del calcio inglese sembri vittima di un regresso culturale significativo, figlio probabilmente anche di un contesto sociale impoverito e spesso più arrabbiato: dagli streaker (la passerella nudista nel campi da gioco) si è passati agli striker: quelli che invadono per colpire, e gli stessi episodi di razzismo sono aumentati in modo considerevole. Ed è singolare che, mentre in Italia si riflette sull’opportunità di togliere reti e barriere, proprio in Inghilterra ci sia chi vada esattamente nella direzione opposta.

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Football ticket prices are more

important than standing areas

Massive price hikes changed almost everything about

English football and it is still a much-resented issue

by PAUL WILSON (The Guardian 12-12-2012)

There is no shortage of football news stories fighting for attention as we come to the end of 2012 – after the Bradford-Arsenal cup tie went to penalties there was almost no television time left to fit them all in – yet confusingly some of the main ideas and initiatives seem to contradict each other.

The Professional Footballers' Association rolling out a far-reaching plan for cultural awareness lessons just as the retiring chairman of the Kick It Out campaign complained of a moral vacuum within top level football was probably just a matter of timing. Lord Ouseley is possibly being a bit naive if he imagines there was ever much morality among leading football clubs. Professional footballers have always been regarded first and foremost as assets to be protected with a view to potential profit; what is new in the current situation is the heightened sensitivity in society as a whole to allegations of racism or discrimination, plus the part of social media in promoting and prolonging the various issues.

One hopes the rather febrile atmosphere will calm down once players' attention is drawn to new clauses in their contracts making it clear what nowadays constitutes gross misconduct and therefore sackable offences, though one of the most depressing aspects of the past year or so has been the way racially motivated misbehaviour spread from the pitch to the terraces. There is a vacuum somewhere around, if only in the heads of supporters who chose to tarnish two decades of exemplary conduct within Premier League grounds by suddenly and inexplicably regressing into monkey impressions. Not really progress, is it? And it means we can no longer lecture countries such as Spain or Serbia on their primitive supporter behaviour.

At first glance the calls for the return of standing areas within football stadiums do not appear to represent progress either, although for several years the English game has been quietly envious of the clever way Germany has met the challenge of keeping faith with a much-loved tradition while adhering to modern safety standards. Standing ought to be possible in recently built, well-thought-out stadiums with the attention to safety now demanded, and Bundesliga grounds have demonstrated that it is.

The thing that is never mentioned in all the paeans to German integrity from people in this country who believe the English game has sold its soul is that the majority of those great banks of standing supporters at Dortmund or Frankfurt are watching through netting. Watch a German game and you can hardly be unaware of it, since though the netting is rarely picked up by television cameras it tends to be draped in massive paper streamers in club colours, which makes for an arresting backdrop but cannot be much fun for supporters directly behind the goals.

German grounds use netting mostly to deter people from throwing flares on to the pitch, not pelting players with coins, though hooliganism in and around Bundesliga grounds has increased in recent years. Fans tend to attack each other, throw objects at each other, and lie in wait for each other on the approaches and exits around the stadiums. You do not see as many safety stewards at German games as in England, and while it is generally acknowledged that more needs to be done to make games safe and protect the majority of well-behaved spectators, there is an ongoing argument between the clubs and the government about who should pay for it.

These are familiar enough problems in England, or were until all-seat stadiums and improved stewarding ushered in the present era of higher-priced safety, so if there is going to be a debate about safe standing, it is important to acknowledge two facts. One, that all-seat stadiums and significantly higher ticket prices have improved spectator behaviour in England, even if the atmosphere and the old inclusiveness that football used to offer have suffered as a result. Two, while German grounds have retained the atmosphere and inclusiveness, they do not have all the answers and the Bundesliga is not such a paragon of modern supporter behaviour that the rest of Europe needs to follow its example.

What is impressive about the German system, and this is where you need to think carefully about why you would support a return to standing areas, is that through a combination of large stadiums, pay-on-the-day turnstiles, standing areas and a general commitment to affordable ticket prices, Bundesliga clubs are supported by all the people you used to see at football matches in this country: unaccompanied schoolchildren, pensioners, students, workers, executive types, the jobless and the odd juvenile delinquent. All can afford to travel to the game and obtain admission without worrying too much about the expense, which was more or less the situation here pre-Hillsborough.

Here's the crux. Do the campaigners for a reintroduction of standing in England imagine those days are going to return, or are they simply nostalgic for the sway of the crowd and the extremely close company of strangers? It has been well-documented that in his post-Hillsborough report that led to all-seat stadiums in the Premier League, Lord Justice Taylor stipulated that the price of a seat ought not to be dramatically higher than the cost of standing, just a couple of pounds or so. In the excitement of setting up the Premier League this advice was ignored.

Massive price hikes changed almost everything about English football, the cost of admission is still a much-resented issue, and from the clubs' point of view there appears to be no turning back. So it would probably be unwise to assume that standing areas would make a significant difference to the price of a ticket. The areas would either be too small, or the reduction too slight, to make the game affordable again. What is the point of a small standing area anyway? People are not campaigning for the return of boys' pens or paddocks, they would like to see the Kop or the Holte End back as unemasculated emblems of the English game.

The German experience has shown that ought to be possible, but first Premier League clubs would have to agree (unlikely), and then make a commitment to a meaningful price reduction (even more unlikely, although a greater number of spectators paying lower prices should not be too bad for business now clubs make so much of their money from television). I would like this initiative to succeed, but I don't think it will, because supporters cannot be trusted to behave. That's why you see nets in Germany. That's why it seems odd to be talking about it at all in a week that saw Rio Ferdinand cut by a coin thrown from the crowd and a Manchester City fan arrested for invading the pitch in the same game.

If it seems an absurd overreaction to call for nets at every ground just because a couple of people have misbehaved – miscreants stand a good chance of being identified by fellow supporters or CCTV anyway – it seems dafter still to propose a return to open standing when terrace problems are causing more concern than at any time in the 20 years of the Premier League. Imagine how silly English football would look it if reintroduced standing and brought in netting at the same time, although that is only what has happened in Germany. It's one step forward and two steps back, in my opinion, though the priorities of others may differ.

I reckon what we have now is better than anything that involves netting, and if the game wishes to make a bold, retro, populist move then reducing prices across the board is what most people would appreciate. It is not as if football cannot afford it.

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SALVADOR CABANAS

Uno sparo spense la luce

E la vita diventò lentezza

La vicenda del calciatore paraguaiano ferito alla testa

Era ricco e famoso, ora gioca in serie B per gli sponsor

di FRANCESCO CAREMANI (Pubblico 12-12-2012)

«L’America era Atlantide, l’America era il cuore, era il destino», poi uno sparo ha spento la luce.

Il destino di Salvador Cabanas, attaccante del Club América di Città del Messico e della Nazionale paraguaiana, s’è fermato la notte del 25 febbraio 2010, sul pavimento di un bagno del “Bar-Bar”, locale frequentato da attori di telenovelas e ragazze disponibili. Una fucilata ha spazzato via sogni e ambizioni gettandoli in una pozza di sangue. «Gli ho salvato la vita», aveva detto il neurochirurgo Francisco Martinez dopo l’intervento, precisando che non era stato possibile estrarre il proiettile, entrato dalla fronte e rimasto conficcato nella parte posteriore della testa. Quattro giorni dopo il risveglio, mentre in Paraguay diecimila persone si erano riunite in preghiera di fronte allo stadio Defensores del Chaco e Gerardo Martino, ct della Nazionale, si scioglieva in lacrime durante una messa celebrata per la salvezza del calciatore. “El Mariscal”, l’eroe delle qualificazioni a Sudafrica 2010, già capocannoniere del campionato cileno e di quello messicano, due volte consecutive bomber della Copa Libertadores, giocatore sudamericano dell’anno nel 2007 non poteva, non doveva, morire. Un miracolo riuscito a metà.

Oggi Salvador Cabanas è l’attaccante del 12 de Octubre, squadra paraguaiana di Segunda Division, la stessa nella quale è calcisticamente cresciuto dal ’98 al 2001, con una parentesi nel Guaranì. Ma “Chava” non è più lo stesso e calpestare i campi di calcio, per alcuni, è una drammatica pantomima che serve al presidente del club, agli sponsor, al mantenimento della famiglia, ma poco o niente a un uomo che ha difficoltà a ricordare i risultati delle partite appena disputate o, se gli piace, quello che sta mangiando. La parte sinistra del suo corpo risponde poco e male, i muscoli hanno perso tonicità e quando lo intervistano parla come gioca: lentamente.

Una situazione che lo scorso giugno ha portato alle dimissioni dell’allenatore Rolando Marciano Chilavert Gonzalez, fratello maggiore del più famoso José, portiere goleador: «Mi hanno ingaggiato perché sono stato un campione e al tempo stesso perché volevano che facessi giocare Cabanas, ma Salvador non ha più la condizione atletica per la competizione agonistica. Non può continuare a stare in campo per compassione». Della stessa idea è Gabriel Cazenave, caporedattore sport del quotidiano ABC Color. La verità è che Salvador Cabanas, padre di due bambini, deve farsi accompagnare per percorrere i trenta chilometri che separano Asuncion da Itaugua (letteralmente «angolo di pietra), città di centomila abitanti capitale della produzione di merletti. La verità è che basterebbe un colpo di testa per far esplodere la violenza rimasta incastrata nel suo cranio e mettere la parola fine: «Il calcio è la sua passione, non può restare a casa a guardare la televisione – afferma la moglie, Maria Lorgia Alonso –. È una decisione presa con la famiglia, il rischio d’incidente esiste ma io raccomando Salvador a Dio e a Maria Vergine». Entrambi studiosi della Kabbalah, prima che iniziasse il campionato sono andati in pellegrinaggio in Israele per ricaricarsi: «È una delle energie più potenti al mondo».

Passare da 100.000 euro il mese, osannato da tutti e in procinto, dopo il Mondiale sudafricano, di fare il grande salto europeo, a uno stipendio normale non piace a nessuno e pare che il suo ex agente si sia mangiato gran parte della cassa finendo anche in prigione. Secondo il collega Gabriel Cazenave Salvador, prima dello sparo, era cambiato, era diventato arrogante. Il narcotrafficante arrestato per il tentato omicidio, “El JJ”, ha raccontato di un alterco che si sarebbe scatenato per una mancata precedenza dentro il bagno, ma a tirare il grilletto sarebbe stata una sua guardia del corpo, “El Contador”, anche se la polizia è convinta del contrario e potrebbe essere condannato a sedici anni di prigione: «Tira se hai le palle», avrebbe detto Salvador Cabanas. Secondo altre fonti l’esecuzione sarebbe stata ordinata dal boss del narcotraffico Edgar Valdez Villarreal “La Barbie” per una storia tra l’attaccante e l’attrice Arleth Terán. Qualcuno si è anche chiesto cosa ci facesse il calciatore a quell’ora in quel locale, ma la macelleria messicana ha triturato ogni possibilità di ragionamento e, forse, anche d’indagine seria. A dispetto della realtà Luis Salinas, presidente del 12 de Octubre e sindaco di Itaugua, sogna: «Siamo fieri di averlo con noi, ha accettato uno stipendio simbolico e anche per questo sarà sempre il nostro “Mariscal”; il suo apporto in campo è fondamentale». Secondo Rolando Chilavert, invece, gli sponsor smetterebbero di finanziare la società se Cabanas non giocasse più, ma per Salinas sono misere falsità.

Intanto la stampa parla della squadra, di Salvador e al “Juan Canuto Pettengill” gli spettatori aumentano, un po’ per seguire il loro idolo, un po’ per voyeurismo: «L’America era un angolo, l’America era un’ombra, nebbia sottile, l’America era un’ernia, un gioco di quei tanti che fa la vita».

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Authorities should focus

on tackling tribalism

by MATTHEW SYED (THE TIMES 12-12-2012)

There is something deeply ironic in the latest scheme to combat racism in football: cultural lessons for foreign players. That, apparently, is one of the headline proposals in a report by the game’s leading bodies after a summit meeting in Downing Street this year.

Never mind that John Terry is English, a player who was backed by his (English) club after being charged with a racially aggravated offence after a match against Queens Park Rangers last season. Never mind that Terry retained the captain’s armband despite being convicted of the offence by an independent FA tribunal, after an acquittal in a magistrates’ court.

Never mind that when Luis Suárez was accused of racism in a match against Manchester United last season, his (Scottish) manager failed to reflect the gravity of the allegations, or even defer judgment until the conclusions of a tribunal. Instead, he instantly backed his player to the hilt and joined his players wearing T-shirts in support of his striker.

Suárez may be Uruguayan (and therefore in need of cultural education), but he will have doubtless drawn all the appropriate inferences from the incident.

Lord Ouseley has drawn these inferences, too. Whatever else you may say about the chairman of Kick It Out (an organisation that has been criticised by many black players for lacking teeth), it is difficult to disagree with his comments on racism in an interview yesterday.

“There is a moral vacuum,” he said. “The big clubs look after their players as assets. There was no bold attitude from them, to say that they would not put up with it.”

As an assessment, it was bang on the money. Kenny Dalglish may be exquisitely grounded in the cultural sensibilities of modern Britain but he was not going to let serious racist allegations prevent him from defending his star player. The narrow interests of Liverpool FC seemed infinitely more important than the wider imperative of setting an example. Morality? Racism? Pah! We have got some bloody important games coming up and we need our main goalscorer.

And what of Chelsea and JT? In this case we have a long history of asset value trumping moral responsibility. When Terry showed a few businessmen (actually undercover reporters) around the training ground in exchange for bundles of cash in 2009, the club not only refused to punish him, they actually issued a statement in support. They didn’t want the small matter of £10,000 in used notes to undermine an asset valued at £200,000-plus per week.

As for Terry’s other transgressions, they have also been carefully airbrushed out of official history, or side-stepped in the interests of expediency. Urinating in a beer glass outside a nightclub, ridiculing American tourists after 9/11, parking in a disabled bay (I could go on): these sins did not lead to punitive disciplinary action because the club did not want to alienate a star player.

Is it any wonder that the defender has concluded that he can do pretty much anything he likes — even flirting with Manchester City in order to screw a pay increase out of his club — so long as he remains of high enough value on the pitch? And that is the real cultural problem. Clubs are motivated not by probity, but by the bottom line. If that means deflecting, evading and ignoring the crass behaviour of top players, so be it. If it means subordinating everything — even allegations of racism — to the imperative of getting results, well, that’s football. This is what the authorities should be dealing with rather than the red herring of foreign players insufficiently educated in the vernacular of racial interaction.

But even as we note this reality, we should also be honest. We should admit that this debasement goes much deeper than the directors (and managers) of football clubs.

It is also reflected among the supporters. Terry remains Captain, Leader, Legend to the stalwarts of Stamford Bridge, his sins carefully edited (possibly even excused) from their minds, so anxious are they to buy into the cult of their beloved leader. Tribalism is, perhaps, even less conducive to moral discourse than commercialism.

The same applies to Suárez. You only have to look at the comments at the bottom of any article on the racism incident to see Liverpool fans en masse proclaiming his innocence. They can’t bring themselves to acknowledge that an independent panel came to a different view, or that they (the fans) may have prejudged the issue. When Suárez refused to shake the hand of Patrice Evra in February, many Liverpool fans insinuated that the Manchester United player withdrew his hand first. They couldn’t see their own foolishness. Or, more importantly, their bias.

Tribalism blinds, you see. It obscures the truth that is palpable to everyone else. This is not about Chelsea or Liverpool; it is not even about racism. Rather, it is about cognitive distortion. England fans saw the Hand of God in 1986, but we didn’t see, or pretended to ignore, Michael Owen’s dive against Argentina 12 years later. We see the errors of referees when decisions go against us, but not when they go for us. Everything is viewed through the prism of partisanship.

In that sense, fans get the players and clubs they deserve. When clubs defend the behaviour of players, they are merely parroting their supporters on message boards and phone-ins. When managers excuse simulation from their own players, they are reflecting the euphoria that rains down from the stands when the referee points to the spot. And when players engage in crassness that should be deplored, they are cocooned from opprobrium by the slogans that continue to proclaim their moral infallibility. Just look at the banners eulogising Suárez and Terry.

Not all fans are blinded by partisanship, of course, and not all top players are deluded by the blinkered morality of the game. Many fans and players are able to make an honest assessment of right and wrong. (A sizeable minority of Chelsea fans, for example, hold JT and his apologists in contempt.) But if the authorities want to confront some of the excesses that surround the game, they should be looking at the culture of partisanship, as well as the myopic commercialism that has become so familiar.

That would achieve far more than the issuing of an official lexicon of acceptable racial epithets, and far more than the other leaked proposals in the report.

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il mitico Beck di ROBERTO BECCANTINI (GUERIN SPORTIVO | GENNAIO 2013)

GLI EMIRI SI PRENDERANNO

IL FARAONE D'ITALIA

Sostiene Adriano Galliani che blinderà Stephan El Shaarawy «fino al 2018». Cresciuto nel Genoa, il giovanotto di Savona ha 20 anni, gioca nel Milan dall'estate 2011 e si è fatto largo a suon di gol. Centravanti, ala, terzino: beata gioventù. Un secolo fa, non avrei avuto dubbi. Negli Anni 80 e 90 eravamo noi gli sceicchi ed era la Serie A il petrolio del calcio mondiale. Dal Real Madrid in giù, molte società cercarono di sedurre Francesco Totti, "salvato" dalla pigrizia e dall'amore a senso unico (Roma e poi più). Oggi, viceversa, di dubbi ne ho molti. Prima la sentenza Bosman (15 dicembre 1995), poi il buco nell'ozono del nostro sistema, sul piano contabile e a livello etico, quindi l'invasione dei magnati russi e degli emiri arabi, soldi a palate e caccia al meglio, in assoluto. Bye bye Mario Balotelli, tanto per fare un nome. Dubito che, oggi, Paolo Maldini si farebbe 24 anni di Milan. E Alessandro Del Piero 19 di Juventus. Siamo accerchiati. El Shaarawy, il cui contratto scade nel 2017, sta legando il futuro al presente. La globalizzazione ci impone di non essere gelosi e protezionisti. Resta il discorso di fondò: Galliani non ha detto una bugia, ma ha espresso un desiderio, e proprio per questo faccio fatica a credergli.

MAZZARRI, LINGUA MATTA

Scatto matto, già. Con il Torino, domenica 4 novembre, Walter Mazzarri ha raggiunto la ventesima espulsione in carriera. Il giorno dopo, le agenzie hanno diffuso la notizia del ricovero in una clinica avellinese per una coronarografia. In parole povere: problemi al cuore. Mazzarri è un toscano del quale non si butta via nemmeno la cenere. Anzi: la cenere è proprio l'aspetto più sanguigno. Vive la panchina come un perenne sbarco in Normandia, ha la lingua lunga e la protesta lunghissima. Rimane, a 51 anni, un fior di allenatore. Ha portato il Livorno in A, la Reggina alla salvezza nonostante il meno 11 di Calciopoli, il Napoli agli ottavi di Champions League e al brindisi di Coppa Italia, dopo aver sculacciato la Juventus. Ogni tanto confessa di non poterne più e straparla di anno sabbatico, come Pep Guardiola. Ha trasformato Edinson Cavani da punta a prima punta, il suo 3-5-2 è diventato materia di studio. Se l'unità di misura è Mourinho, beh, Walter può invidiargli l'albo d'oro, non certo il modo di azzannare e masticare le partite. A forza di trasformare il domani in una sorta di "Lascia o raddoppia?" rischia di fornire ghiotti alibi alla città e alla squadra: non è il caso. Gli italiani credono in niente: dunque, a tutto. Ci pensi.

EUROPEI AMBULANTI, PERCHÉ NO

L'idea è di Michel Platini. Ed è una bella idea. Portare la fase finale degli Europei 2020 in giro per il continente senza legarla al cappio di uno o due Paesi. L'ultima edizione, a 16 squadre, è stata disputata in Polonia e Ucraina e ha celebrato il tris della Spagna. La prossima, aperta a 24 "clienti", avrà luogo in Francia, nel 2016. Il presidente dell'Uefa guarda lontano. Gli piacciono le sfide; e più sembrano blasfeme, tanto meglio. Questa lo è, di sicuro. Gli onori non si discutono; in compenso, gli oneri si moltiplicano, e con 24 nazioni in lizza potrebbero esplodere. Di qui il piano di andare contro la tradizione e coinvolgere almeno una dozzina di Paesi. Nel 2020, tra parentesi, il campionato d'Europa, nato nel 1960, festeggerà i 60 anni. Anche la ricorrenza ha eccitato Platini. Un format straordinario per una coincidenza speciale. Le città ospitanti sarebbero individuate tra le "potenze" che occupano le prime dodici posizioni della classifica Fifa: quindi Madrid, Berlino, Roma, Londra, Parigi e Mosca; sempre che la Nazionale si qualifichi. L'ultima parola spetta al comitato esecutivo dell'Uefa. Un torneo nomade per alleviare i costi e distribuire i profitti. All'americana. Perché no?

LA MAGLIETTA DEGLI INNOCENTI

Arriva da Lamezia Terme, sabato 17 novembre, la maglietta del mese (e, temo, dell'anno). "Speziale innocente": aveva segnato e festeggiato così Pietro Arcidiacono, attaccante catanese del Cosenza, 4-3 al Sambiase, Serie D girone I. Per la cronaca, e per la storia, Antonino Speziale è uno dei due ultrà del Catania (l'altro è Daniele Micale) che il 2 febbraio del 2007, durante gli scontri scoppiati al termine del derby con il Palermo, uccise l'ispettore di polizia Filippo Raciti. Accusato di omicidio preterintenzionale, è stato condannato a 8 anni e arrestato dopo la conferma della Cassazione. Realizzato il gol, Arcidiacono si è fatto passare dal fratello Salvatore, in panchina, la canotta con dedica. La scena, ripresa dalle telecamere di Raisport, ha scatenato un putiferio. «La scritta non era contro le forze dell'ordine o contro la famiglia dello scomparso» ha precisato il giocatore. «È stato un gesto di solidarietà per un ragazzo con cui sono cresciuto nello stesso quartiere». Reazioni: tre anni di Daspo, squalifica fino al 20 luglio 2013, scuse alla vedova. Il punto, però, è un altro, molto più generale e generazionale: poteva non sapere, Arcidiacono, che quella maglietta avrebbe di nuovo ucciso Raciti?

CASO CONTE, LE ACROBAZIE DEL TNAS

Caso Conte, ho trovato vaghe e imbarazzanti le motivazioni del Tnas. O illecito o niente, scrissi quando la valanga sembrava ancora un fiocco di neve. Niente, nemmeno l'omessa denuncia, se il bottino è il colloquio Conte-Stellini dell'8 marzo, confessato da Stellini il 29 luglio. E sia chiaro, niente di niente al netto di tutto: che Carobbio, come Masiello, possa essere credibile a circostanze alterne (non è uno scandalo); che Conte abbia attraversato tre società molto chiacchierate (Bari; Atalanta, dove litigò con Doni; Siena); che Stellini, scelto da Antonio come scudiero, abbia patteggiato e si sia dimesso dalla Juve; che, in ambito di giustizia sportiva, basti il dubbio, non la certezza. Non escludo che Conte sapesse e non abbia denunciato, ma se le ragioni dei 4 mesi sono quelle certificate dalle 12 cartelle del Tnas, mi oppongo. Nei vari gradi di giudizio erano caduti l'omessa denuncia di Novara-Siena e l'effetto Mastronunzio. Non restava che l'illecito, acclarato, di AlbinoLeffe-Siena. L'ipotesi "presuntiva" del collegio giudicante mi è sembrata tirata per i capelli, molto al di sopra di ogni ragionevole dubbio e molto al di sotto del celeberrimo «Si vis pacem para truccum».

I MILIONI E LE RAGIONI DI SNEIJDER

Ai tempi di Luciano Moggi era "violenza privata", ai tempi di Wesley Sneijder è banalissimo "stand by" (Sky sport dixit). Nel merito: per bocca di Marco Branca, il 24 novembre, l'Inter ha richiamato all'ordine il suo soldatino olandese. Pomo della discordia, i sei milioni netti di onorario (l'anno) sottoscritti fino al 2015. Moratti gradirebbe spalmarli, Sneijder no. Naturalmente, parole di Branca alla Ġazzetta: «Sneijder fa parte della nostra storia ed è un giocatore a cui tutti vogliamo bene». C'è un però: la decisione (tecnica, societaria) di non utilizzo «va ricondotta all'attesa di maggiore serenità e chiarezza». Traduzione: se modifica il contratto, gioca; se non non lo modifica, non gioca. Non è il primo caso di braccio di ferro tra dipendente e padrone, né sarà l'ultimo. Fa sorridere il lessico, la vaselina con cui è stato trattato, incartato, unto dai media. Vengono in mente le relazioni pericolose e vessatorie (?) di Moggi con Nicola Amoruso e Manuele Blasi. Altri tempi, altri contesti. Spunta, da un cassetto, il plico coi rapporti bollenti che suggellarono il divorzio tra Claudio Lotito e Goran Pandev. Colpa mia, sia chiaro. Ma proprio per questo, qualcuno può spiegarmi la differenza tra "violenza privata" e "stand by"?

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indiscreto di TUCIDIDE (GUERIN SPORTIVO | GENNAIO 2013)

LO JUVENTUS STADIUM

ARRICCHISCE IL BILANCIO

Lo stadio della Juventus comincia a dare i suoi frutti, nel vero senso della parola. E se i frutti sono quattrini, quelle che prima erano solo delle voci ora sono scritte nero su bianco. Si era parlato a lungo di come e quanto lo Juventus Stadium avrebbe portato enormi vantaggi alle casse. Ma se nel 2011 il saldo finale della società degli Agnelli era stato negativo, il nuovo bilancio è in attivo e vede per il 2012 perdite dimezzate e ricavi in crescita del 24%. In neanche due anni la Juventus riceve una risposta concreta dal progetto del nuovo stadio. Certo, l'aumento di capitale pari a 118,6 milioni di euro del gennaio di quest'anno ha contribuito alla chiusura del bilancio in positivo, ma ancora più determinate è stato proprio lo Juventus Stadium. Dall'impianto sono arrivati 20 milioni di euro in più di ricavi rispetto a quando si giocava all'Olimpico e la situazione sul 2011 è perciò decisamente migliorata. Ma quel che è più importante è che se dodici mesi fa le perdite ammontavano a 95,4 milioni, adesso si assestano a 48,7 milioni. Cifra che verrà coperta con un tesoretto di riserve disponibili. I ricavi sfiorano quota 214 milioni (ben 42 milioni in più rispetto ai 172 del penultimo bilancio), merito della costruzione dello stadio di proprietà.

Lo Juventus Stadium ha creato intorno alla società un circolo virtuoso che si rispecchia nella crescita degli abbonamenti e nell'aumento della voce merchandising. La campagna abbonamenti ha portato un incasso lordo di 22,8 milioni, in aumento del 50% rispetto all'anno precedente, e lo Juventus Stadium è sempre pieno, nonostante, va detto, i prezzi non siano sempre accessibili. D'altra parte, se si acquista un biglietto sapendo di assistere a uno spettacolo accattivante, in una bella cornice che può offrire non solo calcio, ma anche alternative come negozi e ristoranti, è inevitabile che il tifoso sia più invogliato ad abbonarsi o a comprare il biglietto, creando poi un circuito di spesa e di nuovi incassi. Lo stadio pieno crea una spinta per i giocatori, che per questo vincono, e quindi richiamano ancor più gente alle partite. Non è un caso che nell'unico match in cui lo stadio non è stato tutto esaurito, all'esordio in Champions contro lo Shakhtar, molti giocatori abbiano sottolineato come la mancanza di pubblico fosse stata per loro penalizzante. Insomma, stadio moderno e squadra vincente rappresentano un connubio positivo.

Tanta gente allo stadio significa gente nei negozi, con più maglie e accessori della squadra venduti. E anche gli sponsor ci guadagnano, perché sponsorizzare lo Juventus Stadium è diverso rispetto a sponsorizzare uno stadio fatiscente e sempre vuoto. Come accade negli altri stadi italiani. Lo stadio della Juventus rappresenta un'eccezione, mentre le altre società sembrano incapaci di prendere decisioni concrete, sempre pronte ad aggrapparsi alla scusa della mancanza della "legge sugli stadi". Ma allora chiediamo: come mai, anche senza questa fantomatica legge, la Juventus è comunque riuscita a costruirlo? Ha avuto nelle amministrazioni interlocutori più disponibili, soprattutto grazie alla cessione gratuita del terreno (in verità il solo diritto di superficie sul terreno dello JS, per 99 anni dal 2003, è stato pagato 25 milioni di euro, ndt) su cui costruire l'impianto, cosa che non accade spesso come la telenovela Cellino-Is Arenas insegna, ma c'è dell'altro. La Juventus è stata l'unica società in Italia in grado di prendere una decisione concreta per un progetto a lunga scadenza. Mentre gli altri tentennavano, e tentennano, e si aggrappavano, e tutt'ora si aggrappano, alle tempistiche troppo lunghe per lamentarsi e rimandare i progetti, loro hanno agito e si vedono i risultati. In campo e fuori. Da questo punto di vista, la Juventus riuscirà nel tempo anche a stare al passo con i concorrenti stranieri, cosa che invece non sta riuscendo alle dirette avversarie Milan e Inter, che perderanno tra i 100 e i 120 milioni a causa della mancanza di uno stadio di proprietà. Se il Milan è indeciso tra l'avvio di un nuovo progetto e la modernizzazione di San Siro, con la prima opzione che sembra però prendere sempre più il sopravvento, l'Inter pare invece vicina alla realizzazione di un suo impianto. L'accordo con i cinesi, annunciato in pompa magna ad agosto, si sta però sgonfiando e Moratti vede sfumare pian piano tutti i buoni propositi estivi. Come le milanesi, anche le altre squadre devono svegliarsi al più presto, perché hanno già perso troppo tempo. La Juventus ha già fatto partire la volata. L'anno scorso sul campo, adesso anche nel bilancio.

indiscreto
di TUCIDIDE (
GUERIN SPORTIVO
| FEBBRAIO 2013)

PS La Juventus ricorda di aver acquistato a suo tempo l'area dello stadio (ex Delle Alpi) per 25 milioni di euro come diritto di superficie dall'amministrazione comunale di Torino. L'onere non cambia la bontà del progetto, unico in Italia, anzi ne valorizza la portata. È di qualche giorno fa, la notizia che la società bianconera acquisirà dalla Città di Torino per un periodo di 99 anni, rinnovabile, il diritto di superficie su parte dell'Area Continassa, pari a 180.000 metri quadrati, destinati al nuovo Centro allenamento e media della Prima squadra e ad attività di ristorazione e pubblici esercizi per 11,7 milioni di euro. E anche questa è un'operazione da scudetto.

Modificato da Ghost Dog

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Tempo Scaduto di ALIGI PONTANI (Repubblica.it 12-12-2012)

Palazzi, missione compiuta: inchiesta caos

Reso silenzioso dal chiasso del campionato, il soldato Palazzi ha compiuto la sua missione: della vicenda calcioscommesse non capisce più nulla nessuno. Non è successo per caso, è successo invece per la precisa volontà di chi un anno e mezzo fa si è trovato di fronte allo scandalo e ha deciso di affrontarlo nel modo più indolore per il sistema e per se stesso: diluendolo in un tempo infinito, frazionando i processi in una specie di delta della giustizia destinato a sfociare nel grande mare dell'ingiustizia. Il soldato Palazzi, in realtà, è il più innocente tra i colpevoli del caos: il capo del Coni Petrucci e quello del calcio Abete gli avevano detto di fare prestissimo, quando lo scandalo è dilagato, perché quello era un bel titolo da vendere ai giornali ("faremo pulizia, presto e bene"). Inutilmente qualcuno obiettava che le due cose erano impossibili: la mole del lavoro da completare, con tre procure della Repubblica attive, filoni che si aprivano in continuazione tra zingari, pentiti e mister X vari, escludeva i tempi rapidi a meno di non voler celebrare processi sommari e destinati a contraddirsi tra di loro. Ma c'era il campionato da far partire, la scorsa estate, c'erano le tv che premevano, c'era una dirigenza sportiva terrorizzata dall'imminenza delle elezioni per il rinnovo delle cariche. Il soldato Palazzi è dunque partito, chiudendo di notte nelle stanze della Figc i suoi collaboratori pur di offrire alla piazza qualche rapido risultato. Così sono stati celermente condannati decine di pesci piccoli, e il caso Conte è diventato il sigillo a un'operazione di presunta efficienza, con l'allenatore della squadra campione d'Italia squalificato prima dell'inizio della stagione. E a poco serve ricordare che Conte è stato condannato tre volte da tre diversi tribunali sportivi con tre sentenze in palese contrasto l'una con le altre, non tanto nella sanzione comminata quanto nelle motivazioni fornite: un pentito credibile è diventato parzialmente credibile tra un processo e l'altro, un giocatore escluso per mancata complicità si è poi scoperto infortunato, una omessa denuncia è stata bollata come mancato illecito da un giudice chiacchierone, eccetera eccetera. Il tutto trascurando il balletto agghiacciante dei patteggiamenti prima raggiunti, poi negati, poi rinnegati: la pena su cui si litigò, è bene ricordarlo, era la stessa poi sancita con la sentenza tombale del Tnas del Coni, che sta diventando un po' lo scontificio istituzionale dello sport italiano.

Ma non sono solo le sentenze ad essere diventate incomprensibili. Ormai la giustizia sportiva ha rinunciato ad avere una giurisprudenza di riferimento: ogni processo fa storia a sé, come se i precedenti non esistessero. In questi mesi abbiamo visto di tutto: giocatori condannati a mesi o anni per lo stesso identico reato, omesse denunce che valevano punti di penalizzazione variabili (Uno? Due? Sei? Dipende. Da cosa? Non si sa), fino allo scandalo più evidente: campionati che si giocano con decine di tesserati coinvolti nella vicenda, dei quali però alcuni sono squalificati, altri hanno già scontato la pena, altri invece dovranno ancora essere giudicati. Quando? Ora si sussurra che l'ultima tranche dei processi sportivi -anche se ultima è una parola grossa - dovrebbe aprirsi a marzo, se non ad aprile, o forse a maggio o a giugno. Riguarda anche squadre e giocatori di serie A, dove ogni settimana scendono regolarmente in campo 13 indagati dalle varie procure. Fatta salva la presunzione di innocenza, che vale per tutti: cosa accadrà se invece si arrivasse a giudizi di colpevolezza, a campionato già avanzatissimo o addirittura finito? Gli eventuali squalificati che avranno giocato tutte le partite, saranno considerati ininfluenti? E quelli che invece non hanno potuto giocare, si sentiranno davvero tutti uguali davanti alla legge?

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CALCIOPOLI

Un film giallo ma bianconero

«Nel paese di Giralaruota», a Courmayeur un doc che difende Moggi e Giraudo

di BORIS SOLLAZZO (Pubblico 13-12-2012)

Dopo la vittoria del Premio Scerbanenco –lo Strega del Noir - del napoletanissimo e tifoso partenopeo Maurizio De Giovanni, che ha definito Calciopoli «un noir scritto male, dozzinale, gretto», fa un certo effetto vedere il film Nel paese di Giralaruota, di Stefano Grossi. Selezionato nella sezione DocNoir del Courmayeur Noir In Festival, rovescia qualsiasi stereotipo sedimentato sullo scandalo sportivo deflagrato grazie alla bomba Moggi. Partendo dalle note più folkloristiche, quelle del Paparesta rinchiuso nello spogliatoio di Reggio Calabria, delle ammonizioni telecomandate, dei sorteggi pilotati dai bussolotti conservati in frigo, qui negati secondo le risultanze del processo. Roba più che da giallo, da commedia all’italiana. Il documentario di Grossi, all’interno di questo racconto, si ritaglia un posto strano, particolare. Quello di chi vuol dare voce alla Juventus, a chi pensa o dice “30 sul campo ”, a chi si sente defraudato da quel repulisti che colpì i bianconeri togliendo alla Vecchia Signora due scudetti e, per la prima volta, la serie A. La tesi è semplice e affascinante e, a suo modo, anche condivisibile: come in Tangentopoli si volle far cadere la testa di Craxi, Gardini, Cagliari e pochi altri per salvare (quasi) tutti i loro correi, lo stesso è successo con Moggi, Giraudo e la Juventus.

E la scelta degli intervistati va in questa direzione: da Oliviero Beha, che di questa selezione a senso unico degli indizi e delle prove di colpevolezza ha fatto un’analisi approfondita, a Tony Damascelli, da sempre in difesa dei grandi accusati, anche a costo della propria credibilità. E poi ancora Moretti e lo stesso Moggi, qui in un cammeo in cui si difende accusando tutti, sostanzialmente di non saper né di voler perdere. Ma soprattutto di non saper né voler metter su una squadra, una società per vincere. Nel paese di Giralaruota ha il difetto di essere spesso apodittico: dobbiamo credere a ciò che ci dicono le varie voci del documentario, alle loro affermazioni, non sempre obiettive. Molti dicono pezzi di verità – come chi cita processi e prove -, il montaggio li inserisce in un discorso che quasi sempre rasenta il pamphlet (e che si dimostra affettuosamente fazioso con la poetica frase di Arpino su cos’è la Juventus). Le soluzioni di regia, di montaggio – il 5 maggio di Lazio-Inter 4-2 sentito con le voci di RadioRai - e di messa in scena – i protagonisti sono tutti in chiaroscuro, quasi a dare, con l’immagine il senso di tutta la vicenda raccontata – sono buone, anche se affogano in un ritmo forse troppo compassato. E risulta interessante anche la visione cinematografica e di inchiesta pro Juventus, finora sostenuta solo da Agnelli Jr, anche se con sufficiente cassa di risonanza.

Ma non al cinema. E nei primi 40 minuti le incongruenze processuali e procedurali dell’inchiesta su Calciopoli, così come le punizioni, sono analizzate con attenzione e intelligenza finché il tifo, o qualcosa di simile, prende il sopravvento. Il giro di boa di Grossi (e di Renato La Monica, coautore del film), sta in un dettaglio. Nello scegliere di mettere in campo spezzoni dell’eccellente Oil di Massimiliano Mazzotta, documentario sulla Saras. Qui i due passano un muro, che già avevano iniziato a scavalcare con la testimonianza di Moggi, che ne mina la credibilità: se le colpe dei presidenti ricadono sulle squadre di calcio, e quindi quelle della Saras sull’Inter, allora, banalmente, vale tutto. La Juventus, per quello che fa la Fiat di Marchionne, meriterebbe la radiazione, la Lazio che ha avuto Chinaglia e Cragnotti, almeno la C la vale. E così via. In quel momento si scende nel Bar Sport, in considerazioni etiche anche condivisibili, ma che riguardano il capitalismo calciofilo e non certo la regolarità dei campionati. Dispiace perché la divisione in capitoli, le voci che si inseriscono su immagini forti (lo stadio “in guerra ” è uno di questi) sono belle idee, sia pur appesantite dall’attrice che legge riflessioni troppo lunghe e poco omogenee al contesto. Nel paese di Giralaruota, che qui a Courmayeur verrà presentato oggi in anteprima, è una bella occasione persa. E l’ennesima dimostrazione dell’assunto che vuole confutare. «Il calcio è inseguire il proprio vittimismo e il rancore che questo vittimismo provoca negli altri». Lo dice Sconcerti in apertura per dire che qui siamo di fronte all’altro, alla fine, però, diventa una dichiarazione d’intenti.

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Scommesse

Napoli, tanti dubbi

la sentenza slitta a lunedì

di ANDREA ARZILLI (CorSera 13-12-2012)

ROMA — Si va a lunedì. Le questioni al vaglio della Disciplinare sono undici, tutte da maneggiare con cura perché possono fare giurisprudenza. A cominciare dalla situazione del Napoli, per il quale il Procuratore Palazzi ha chiesto un -1 per responsabilità oggettiva che sa di giustizia ma non di equità, almeno a confronto col pregresso di due anni di processi. Alla Commissione serve più tempo, in primo grado sentenze e motivazioni arrivano insieme e si pensava che la matassa sarebbe stata sciolta oggi o domani al massimo. Invece si andrà oltre il fine settimana. La discussione è in atto e le sorprese sono annunciate: ancora non sono state individuate le linee guida delle decisioni finali, si discute del Napoli, per cui rimane aperto il ventaglio di esiti (dal -2 fino al proscioglimento), delle omesse denunce di Grava e Cannavaro (foto) che Palazzi ha quantificato in 9 mesi di squalifica e, soprattutto, del caso Gianello, il cui tentato illecito è la radice dei deferimenti per Samp-Napoli del maggio 2010. L'ex terzo portiere napoletano è forse il nodo più complicato da scogliere: per lui Palazzi ha chiesto «solo» 16 mesi di squalifica dopo aver considerato la confessione resa, ma la Disciplinare ha resettato la richiesta a 3 anni e 3 mesi perché «la collaborazione non c'è». Ma se non c'è, che peso dare alle sue parole che inchiodano Cannavaro, Grava e il Napoli?

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Napoli, che choc:

verso la penalità

Cannavaro stop

La Disciplinare orientata a infliggere il -2 alla società

e a dare 6 mesi al capitano e a Grava: lunedì la sentenza

La lunga camera di consiglio è terminata ieri Ora si attende solo il verdetto

Potrebbero esserci sorprese nelle conclusioni dei giudici: scopriamo cosa può succedere

di EDMONDO PINNA (CorSport 13-12-2012)

ROMA - A quarantotto ore dalla fine del dibattimento, le idee sembrano più chiare. Ragionamenti, tariffe, Codice di Giustizia, recenti sentenze che fanno giurisprudenza (sportiva). Il Napoli sembra destinato alla penalizzazione in primo grado, così come per Cannavaro e Grava la squalifica appare certa, sia pure riveduta e corretta. Sembrano essere queste le linee guida sulle quali i giudici si sono mossi e si muoveranno nei prossimi giorni. Perché se la lunga camera di consiglio è stata sciolta, il lavoro degli uomini di Sergio Artico (il vicario Franchini e poi Giraldi, Perugini e Tobia) non è ancora finito, anzi. Domani sarà proprio Artico a tirare le fila dell’impegno di questi giorni, poi ci sarà la tregua dovuta al campionato (la Federcalcio gradisce poco “inquinare” il calcio giocato con il calcio alla sbarra), quindi è possibile che l’ufficialità alle sentenze arrivi lunedì. Sentenze che potrebbero riservare, comunque, diverse sorprese.

CASO NAPOLI - Stefano Palazzi, nella sua requisitoria lunedì scorso, ha chiesto per il Napoli una penalizzazione di un punto. Motivandola, non ci sono dubbi, con la collaborazione fornita dall’ex terzo portiere del Napoli, Gianello, in sede di interrogatorio presso la Procura della Repubblica partenopea, con il suo scarso peso all’interno dello spogliatoio, con l’immediato rifiuto da parte di Cannavaro e Grava alla proposta illecita. Una richiesta che ha fatto subito a cazzotti con le decisioni in aula dei giudici della Disciplinare. Che invece, pur ritenendo credibile Gianello, ne hanno annacquato la portata della collaborazione, tanto da rifiutarne il patteggiamento. E allora, l’orientamento, indirizzato dalla linea del rigore, sembra essere quello della penalizzazione del Napoli, modulata secondo le ultime sentenze del calcioscommesse (Atalanta, Samp e Torino) e secondo le stesse richieste formulate da Palazzi. Non uno ma due punti, un pugno nello stomaco.

CANNAVARO - Riveduta e corretta anche la squalifica di Cannavaro, difeso dall’avvocato Malagnini, così come quella del suo compagno, Grava, seguito dall’avvocato Delle Donne. In questo caso, il “tariffario” prevede sei mesi per l’omessa denuncia e non nove come richiesto dal Procuratore federale. Questo potrebbe essere il risultato finale, lunedì. Se così fosse, quella contro il Bologna, domenica sera alle 20.45, potrebbe essere l’ultima partita del capitano del Napoli, visto che le squalifiche sono immediatamente esecutive al momento della pubblicazione del provvedimento. Sei mesi per omessa denuncia, il rifiuto alla proposta da spogliatoio di Matteo Gianello tanto pesa per Paolo Cannavaro. E tanto pesa pure per Grava, il difensore che cominciò la nuova avventura dalla serie C.

GIANELLO - Se questo orientamento fosse confermato, nessuna delle richieste formulate da Palazzi verrebbe accolta. Anzi, una sì, quella che riguarda l’ex terzo portiere del Napoli, per il quale il Procuratore federale ha chiesto tre anni per l’illecito e tre mesi per il divieto di scommesse. Mentre provocatoriamente il legale del giocatore, Eduardo Chiacchio, ha formulato l’ipotesi di un articolo 1. Richiesta, questa di Gianello, in linea con i precedenti. Senza il patteggiamento, che comunque ha offerto alle altre parti in causa un’ulteriore margine di manovra, l’ex portiere seguirà le sorti del Napoli e dei suoi ex compagni.

AGOSTINELLI - Clima di spending review anche per Portogruaro-Crotone, pure su questo sono attese sorprese. Il club calabrese, deferito per responsabilità presunta, potrebbe cavarsela, visto che al netto dell’inchiesta, manca il legale rappresentante della società coinvolta nell’eventuale combine così come è carente dal punto di vista del vantaggio. E allora, pure l’ex tecnico del Portogruaro, Agostinelli, sembrerebbe avviato verso una diversa formulazione del proprio capo d’imputazione e, soprattutto, della richiesta di pena (3 anni per Palazzi), come sostenuto dai suoi legali, Marco Scognamillo e Luigi Marsico.

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il parere legale

MA ECCO PERCHE’ ALLA FINE

IL NAPOLI PUO’ ESSERE ASSOLTO

di MATTEO RAIMONDI avvocato (CorSport 13-12-2012)

Responsabilità oggettiva. In queste due parole sono racchiuse le motivazioni della possibile condanna del Napoli calcio dopo la richiesta del Procuratore Federale Stefano Palazzi di comminare un -1 ai partenopei per il caso Gianello. La responsabilità oggettiva è un istituto eccezionale per definizione che deroga al principio generale del diritto in base al quale ci deve essere un nesso di casualità tra il comportamento dell'individuo e l'illecito. Nella responsabilità oggettiva una società, il Napoli in questo caso, potrebbe rispondere dell'operato di un suo calciatore anche se alla stessa non fosse imputabile né il dolo né la semplice colpa. Lo dice espressamente l'articolo 4, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva: «Le società rispondono oggettivamente, ai fini disciplinari, dell'operato dei dirigenti, dei tesserati e dei soggetti di cui all’art. 1, comma 5 (soggetti soci e non soci cui è riconducibile, direttamente o indirettamente, il controllo delle società stesse, nonché coloro che svolgono qualsiasi attività all’interno o nell’interesse di una società o comunque rilevante per l’ordinamento federale)». C'è poi una massima della CAF del 2004/2005 che spiega le ragioni dell'introduzione della responsabilità oggettiva nello sport: «E’ correlata in primo luogo a necessità operative ed organizzative, trattandosi di strumento di semplificazione utile a venire a capo in tempi celeri e compatibili con il prosieguo dell'attività sportiva e quindi con la regolarità delle competizioni e dei campionati». In buona sostanza fare presto e, se possibile, anche bene.

Fino a pochi mesi fa la tendenza dei Tribunali sportivi era stata quella di applicare pressoché automaticamente la responsabilità oggettiva alle società, per fatti commessi da un proprio tesserato. Rotta improvvisamente mutata alla luce di una recente sentenza del Tnas datata 20 febbraio 2012. Il caso era relativo al Benevento Calcio condannato dagli organi federali semplicemente per aver tesserato a gennaio un calciatore, l'ormai celebre, suo malgrado, Marco Paoloni. La società al momento dell'acquisto era totalmente ignara della condotta tenuta da quest'ultimo al tempo in cui era di proprietà della Cremonese. Eppure, dopo i primi due gradi di giudizio davanti agli organi federali, la società campana uscì con le ossa rotte: condannata a 9 punti di penalizzazione.Inevitabile, a quel punto, il ricorso al Tnas. Ebbene il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport non solo ha ridotto la penalizzazione sensibilmente, da 9 a 2 punti, ma soprattutto ha stabilito che la responsabilità oggettiva non deve essere valutata «in maniera acritica e meccanica, bensì all'insegna di criteri di equità e di gradualità, tali da evitare risultati abnormi e non conformi a giustizia». Dunque, la grande novità sta nella nuova visione, più flessibile e non più meccanica della responsabilità oggettiva. Un'inversione di tendenza che potrebbe portare il Napoli ad una assoluzione completa. E pensare che proprio il suo legale, Mattia Grassani, nel 2008, interpretava la pronuncia della CAF in maniera molto restrittiva: «La responsabilità oggettiva consegue in termini giuridici e legali a quella materiale del responsabile fisico, e non può, quindi, in nessun caso, essere elusa, ma solo graduata e misurata nei suoi limiti quantitativi sanzionatori». In attesa del verdetto sul Napoli calcio, una cosa sembra certa: la responsabilità oggettiva, già istituto residuale nel campo della giustizia ordinaria, rischia di avere i giorni contati nel mondo dello sport. Una sentenza di assoluzione della società partenopea potrebbe essere un ulteriore spinta, forse decisiva, in questa direzione.

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Scommesse Caso Gianello lunedì il verdetto della Disciplinare. Cannavaro e Grava, possibile sconto

De Laurentiis: «È ingiusto penalizzarci»

Ma per il club c’è anche il rischio meno 2

La società Aperti tutti gli scenari dal punto di penalizzazione alla sola sanzione dell’ammenda

Il patron «Se non c’entriamo nulla perché dovrebbero punirci? Sarebbe soltanto un danno economico»

di ROBERTO VENTRE (IL MATTINO 13-12-2012)

Le sentenze della Disciplinare slittano a lunedì, la loro pubblicazione è prevista per l’inizio della prossima settimana. Quindi, si allungano i tempi visto che le sentenze erano previste tra oggi e domani. La camera di consiglio della Disciplinare si è conclusa ieri mattina a Roma, anche se è da considerare perennemente aperta perché andranno scritte le motivazioni dei giudici e poi scritte le sentenze della commissione presieduta da Artico. Anche oggi e domani saranno giorni di lavoro per i giudici impegnati martedì e ieri a trovare il bandolo della matassa delle richieste del procuratore federale che potrebbero non essere accolte e cioè modificate con le pene aumentate o diminuite, un’ipotesi che potrebbe prendere corpo. La pubblicazione delle sentenze slitterà a lunedì perché domani c’è Consiglio Federale e nel weekend ci sono le partite di campionato.

Sul tavolo dei giudici non solo la vicenda Napoli (quella ovviamente più importante), ma anche quelle di Portogruaro e Crotone. Un lavoro giuridico molto ampio e articolato, che ha determinato le riunioni fiume della camera di consiglio protrattasi per un giorno e mezzo dopo le richieste avanzate dal procuratore federale Palazzi. Restano aperti diversi scenari anche perché nella discussione sono state tenuti presenti i molteplici aspetti della vicenda. Il procuratore Palazzi ha chiesto un punto di penalizzazione per il Napoli e 100mila euro di ammenda per la responsabilità oggettiva per l’illecito sportivo contestato a Matteo Gianello e per la presunta omessa denuncia di Cannavaro e Grava (partita Samp-Napoli del maggio 2010). Se i giudici ritenessero reali gli estremi della responsabilità oggettiva potrebbero anche decidere di dare due punti di penalizzazione e c’è quindi pure questo rischio per il Napoli, cioè l’ipotesi del meno due (questo perché in altri casi di responsabilità oggettiva la richiesta della Procura era stata di due punti). Se invece i giudici ritenessero di non confermare la responsabilità oggettiva, giudicando non credibile la versione di Gianello (e l’accusa all’ex portiere potrebbe essere trasformata da illecito sportivo a slealtà sportiva) la penalizzazione potrebbe essere azzerata. Come potrebbe essere confermato il meno uno chiesto da Palazzi. «Aspettiamo la sentenza», ha ribadito ieri l’avvocato Grassani. Vari scenari aperti anche per Cannavaro e Grava: Palazzi ha chiesto nove mesi di squalifica per i due difensori azzurri accusati per la presunta omessa denuncia. Malagnini, il legale dei due calciatori, punta sull’assoluzione completa sostenendo che il fatto contestato ai suoi assistiti non è mai avvenuto e puntando sulla non credibilità delle ammissioni di Gianello. L’assoluzione in primo grado è una delle soluzioni, la migliore ovviamente. Se l’omessa denuncia dovesse essere confermata, la richiesta di nove mesi sarebbe da considerare eccessiva rispetto ai precedenti e quindi in questo caso sarebbe quasi certamente ipotizzabile una riduzione della pena (squalifica tra i quattro e i sei mesi). Quindi, sconto molto probabile o eventuale assoluzione per Cannavaro e Grava e sicuramente non inasprimento della pena. Aperti invece tutti gli scenari per il Napoli: da quello più negativo (due punti), a quello migliore (zero punti), all’intermedio e cioè un punto come richiesto da Palazzi. Lunedì le sentenze. Domenica Cannavaro sarà in campo con il Bologna.

In serata a Roma alla presentazione di Colpi di Fulmine il presidente De Laurentiis ha dichiarato: «Troverei ingiusto penalizzare il club per una responsabilità indiretta. Se noi non c’entriamo niente perché dovrebbero ostinarsi a volerci punire? Capisco il provvedimento educativo, ma se la società non c’entra nulla non sarebbe una scelta moderna, ma soltanto un enorme danno economico». E sul mercato: «Balotelli colpo di fulmine? È un giocatore importante, a noi piacerebbe qualsiasi giocatore con quelle caratteristiche. Ma abbiamo 5 attaccanti. Se Cannavaro venisse squalificato? Anche lì non ci manca niente».

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IL PROCESSO SPORTIVO

Slitta la sentenza:

dubbi sulle sanzioni

Spunta l’ipotesi -2

di VALERIO PICCIONI (GaSport 13-12-2012)

L'unica certezza è che la sentenza della Commissione disciplinare slitterà. Dalla fine di questa settimana all'inizio della prossima. Sarà quello il momento in cui si saprà se i giudici sportivi di primo grado sposeranno le richieste del procuratore Palazzi: i tre anni e tre mesi per il reo confesso Matteo Gianello, i nove mesi per omessa denuncia per Grava e Cannavaro, il punto di penalizzazione per la responsabilità oggettiva del Napoli.

Un tempo abbastanza cospicuo. Il dibattimento si era esaurito invece in maniera velocissima, sei ore appena, pur sfoderando diversi colpi di scena, dalla richiesta del patteggiamento di Gianello respinta, all'ulteriore ridimensionamento della responsabilità oggettiva deciso da Palazzi in sede di richiesta, quei due punti della prassi diventati uno per il Napoli in base alla collaborazione di Gianello, al suo ruolo marginale nella squadra, al rifiuto «deciso» di Cannavaro e Grava di collaborare alla proposta di combine per Sampdoria-Napoli. Insomma, perché tutti questi giorni? Perché i giudici potrebbero anche essersi divisi sulle scelte da fare?

Rispetto a quanto era emerso, c'è anche la possibilità di una sentenza «peggiorativa» rispetto alle richieste di Palazzi senza ripassare dal procuratore. Dunque, il punto potrebbe anche raddoppiare se la Disciplinare ritenesse che la richiesta viola le regole del minimo di sanzione previsto per casi analoghi e il principio della par condicio per le squadre già colpite dalle sentenze del calcio scommesse in questa stagione (Siena, Atalanta, Torino, Sampdoria). Ma la decisione sarebbe davvero una botta tremenda per Palazzi, che già ha dovuto incassare il patteggiamento saltato per Gianello.

Prende in corpo invece l'ipotesi di uno sconto per Cannavaro e Grava. Dai 9 mesi si dovrebbe scendere almeno a 6. E ci sarebbero diversi dubbi sulla tenuta dell'altro pezzo del processo, quello che riguarda Portogruaro-Crotone, per cui Palazzi ha chiesto 2 e 1 punto di penalizzazione, insieme con la richiesta di tre anni per Agostinelli e Dei, e di un anno e 7 mesi per Zamboni.

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CALCIOSCOMMESSE

Il Napoli verso il -2 in classifica

Sconti a Grava e Cannavaro

di GUGLIELMO BUCCHERI (LA STAMPA 13-12-2012)

Il destino del Napoli e dei due difensori Paolo Cannavaro e Grava nel processo scommesse sui fatti del 16 maggio 2010 (la tentata combine dell’ex portiere partenopeo Gianello per la partita degli azzurri a Genova con la Sampdoria) verrà scritto nella sentenza di primo grado attesa lunedì prossimo. Sul tavolo della lunga, lunghissima camera di consiglio del collegio giudicante della Commissione Disciplinare presieduto da Sergio Artico sono finite le richieste di pena del procuratore federale Stefano Palazzi: 1 punto di penalizzazione per il club, 9 mesi per i due giocatori. Il pm del pallone ha fatto le sue mosse, inedite nella forma e nella sostanza se confrontate con la giurisprudenza in materia da quando il calcio è entrato nei tribunali sportivi per lo scandalo scommesse: prima che lunedì scorso venissero formulate le richieste di pena dal procuratore, per una società chiamata in causa a titolo di responsabilità oggettiva per illecito sportivo (è il caso del club partenopeo) la sanzione richiesta dall’accusa non è mai stata inferiore ai due punti di penalizzazione in classifica per ogni gara incriminata.

Napoli si interroga e aspetta il verdetto. Il collegio giudicante della Disciplinare è impegnato a scrivere le motivazioni che si annunciano piene di sorprese. Se, infatti, le ammissioni fornite da Gianello alla procura della Repubblica di Napoli e a quella federale verranno giudicate credibili come appare quasi scontato, la società di Aurelio De Laurentiis potrebbe uscire dal processo di primo grado con due punti di penalizzazione. Uno sconto rispetto alle richieste del procuratore federale potrebbero, invece, ottenere nella sentenza Paolo Cannavaro e Grava: i giudici sarebbero tentati, infatti, di valutare congrua la richiesta di pena per illecito sportivo per Gianello (3 anni e 3 mesi), ma, a quel punto, i nove mesi chiesti per i due difensori per omessa denuncia apparirebbero come una sanzione fin troppo eccessiva (più probabile una pena in primo grado di sei mesi).

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Calcioscommesse Grande attesa per la sentenza, ma non arriverà prima di lunedì

Napoli verso due punti di penalizzazione

Possibile sconto per Cannavaro e Grava

Le richieste di Palazzi Un punto per la società, nove mesi di squalifica ai due giocatori

di PAOLO FRANCI (Quotidiano Sportivo 13-12-2012)

Una riunione fiume per confrontarsi e decidere. La Commissione Disciplinare ha chiuso una camera di consiglio, lunga e delicata, per prendere in esame le richieste, inedite, del pm del calcio Stefano Palazzi: un punto di penalizzazione al Napoli per il tentato illecito del reo confesso Matteo Gianello; nove mesi a Cannavaro (nella foto) e Grava per omessa denuncia.

Inedite, la richieste di Palazzi, nella forma e nella sostanza: per responsabilità oggettiva riconducibile all’illecito sportivo, mai prima di questo processo si era scesi al di sotto dei due punti per ogni gara incriminata. Una sorta di riforma in corsa della responsabilità oggettiva? In apparenza sì. Ma, è chiaro, i giudici non sono un organo politico e, più semplicemente, applicano un codice con minimi e massimi edittali.

Gianello è ritenuto credibile dalla Commissione Disciplinare e, dunque, lo è la sua confessione sul tentato illecito di Samp-Napoli. Quindi, codice alla mano, la penalizzazione per il club dovrebbe arrivare in proporzione. E, mentre Napoli trema per l’esito del processo, potrebbe arrivare la sentenza (prevista per lunedì) a sorpresa: 2 punti per il club di De Laurentiis e uno sconto per Cannavaro e Grava, che potrebbero essere fermati per 6 mesi, il minimo previsto dal codice per omessa denuncia.

Sul caso pesano anche i precedenti: la Commissione è formata da alcuni degli esperti di diritto che, in estate, patteggiarono un punto di penalizzazione per Samp e Torino, partendo da due punti.

Palazzi aveva fissato un patteggiamento per Gianello pari a un anno e 4 mesi, rifiutato dai giudici, e ha poi chiesto 3 anni e 3 mesi, che stridono con la richiesta di 9 mesi, forse esagerata per il capitano del Napoli e Grava che, come ha detto in aula Palazzi, «hanno opposto un risentito rifiuto» alla proposta di illecito. Ecco perchè la sanzione potrebbe scendere a sei mesi.

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RINVIATA LA SENTENZA

Processo Napoli, giudici divisi: -1 o -2?

Camera di consiglio spaccata in due fazioni: le richieste di Palazzi non convincono

di SIMONE DI STEFANO (TUTTOSPORT 13-12-2012)

ROMA. All’uscita dal mono-processo al filone napoletano più d’un avvocato fece notare come «non sarei troppo ottimista sull’uscita delle sentenze a breve, dovranno infatti motivarle molto bene». Il patteggiamento saltato di Gianello aveva aperto di fatto un varco a un nuovo ribaltone e la convinzione che con questa Disciplinare può accadere di tutto. Anche una revisione delle stesse richieste (sono 11 le parti in causa) del pm federale Palazzi . Il Napoli non fa eccezione, e dopo il -1 e 100mila euro di multa richiesto dal pm, in questo momento è il caso che sta paralizzando la decisione dei giudici di primo grado, che per decidere si prenderanno fino a lunedì. In effetti, da quanto trapela, tutto corre in camera di consiglio meno che il buon sangue. Due fronti opposti nel valutare cosa fare. Da una parte i falchi spingono per aumentare la pena da -1 a -2 e rapportarla al parametro base di responsabilità oggettiva che Palazzi ha adottato nei precedenti processi. Dall’altra le colombe accarezzano l’idea di cambiare finalmente l’indirizzo della responsabilità oggettiva e di fare, come direbbero gli esperti in diritto, giurisprudenza. Ma come motivare? Questo è il punto focale, che se fatto bene potrebbe cambiare una prassi più che una legge. Il regolamento infatti stabilisce già come 1 punto sia la pena minima per una responsabilità oggettiva, ma finora nello spauracchio Scommessopoli non è stato mai utilizzato come parametro da Palazzi. Fino al Napoli, appunto.

Quasi tutti considerano la responsabilità oggettiva un «caposaldo della giustizia sportiva», ma sono anche molti ad essere d’accordo sul fatto che va cambiato il suo criterio. Ad oggi, per molti club coinvolti nel Calcioscommesse è stata una seconda condanna dopo quella subita sul campo dai propri giocatori. E anche se per Palazzi le uniche sentenze “vincolanti” potrebbero essere quelle nei due gradi Figc (Disciplinare e Corte di Giustizia), il Tnas ha attenuato la pena fin dalla sentenza Ascoli dello scorso anno, riconoscendo che quando un giocatore si adopera per far perdere il proprio club, quest’ultimo non può far nulla per evitarlo. All’ex squadra di Micolucci e Sommese venne dimezzata così la pena da -6 a -3. Insomma, anche Palazzi dietro la spinta di Figc e Leghe sembra aver iniziato ad applicare quella gradazione della pena per i club, gli unici che faticano ad accettarlo sono questi giudici. Nel caso Napoli, Palazzi lo ha fatto attenuando non soltanto le responsabilità del Napoli ma anche quelle dei suoi giocatori, Cannavaro e Grava , accusati di un’omessa denuncia. È la prima volta. Proprio per quella situazione «particolare e per il netto rifiuto alla proposta» il pm ha chiesto 9 mesi anziché 12. La Disciplinare potrebbe adottare lo stesso criterio di giudizio, abbassando a 4 mesi la condanna anziché a 6 come da consuetudine. Anche perché il Tnas giudicherà sulla base del codice vigente all’epoca dei fatti, che per l’omessa denuncia prevede un massimo di 6 mesi di squalifica e di solito abbassa sempre a 4. Vale la pena fare tanto chiasso se poi si sa come andrà a finire?

Modificato da Ghost Dog

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Gegic, poche verità e molti silenzi

E mister x resta ancora un mistero

Il serbo scarica le responsabilità su Ilievski. Che forse non arriverà in Italia

di GABRIELE MORONI (Quotidiano Sportivo 13-12-2012)

Due giornate, sedici ore di interrogatorio davanti al procuratore Roberto di Martino non hanno soddisfatto. Gli inquirenti cremonesi sono convinti che Almir Gegic, nella sua carriera di calciatore centrocampista grintoso, abbia scelto la melina. Delle quaranta partite di cui lo accusa il «pentito» Carlo Gervasoni, lo «zingaro» Gegic ammette il coinvolgimento in una quindicina e lo fadividendo, come un abile croupier, il mazzo delle carte accusatorie in vari mazzetti. «Di alcune - sintetizza il difensore Roberto Brunelli - ha detto di non sapere niente, su altre ha ammesso alcuni contatti ma negato accordi, su altre ancora ha confermato un coinvolgimento ma ha distinto tra quelle in cui il “tarocco” è andato a buon fine e quelle che si sono risolti con una beffa».

Si pensa che Gegic conosca l’identità del mister X che per due volte si presentò a lui e al sodale Hristyian Ilievski proponendo un «affare» su partite di A che coinvolgevano squadre meridionali. Ricevette un rifiuto: troppo elevato (600mila euro) il prezzo per informazioni che sarebbero state fornite solo a 30’ dal fischio d’inizio dell’incontro. Intanto, nonostante i silenzi di Gegic, si inanellano le schegge biografiche sul potente faccendiere che potrebbe far tremare la serie A. Sui sessanta, forse imprenditore, forse siciliano. Base operativa e anche dimora abituale in un hotel milanese nella zona di corso Como. In rapporti non solo con gli «zingari» ma anche col gruppo dei «bolognesi» di cui avrebbe fatto parte anche Beppe Signori. Elevata specializzazione nelle scommesse Over su incontri con più di tre o quattro reti.

Nelle dieci ore dell’interrogatorio di lunedì Gegic ha concesso solo qualche sprazzo di confessione. Come quando ha ammesso di avere consegnato schede telefoniche «dedicate» a Bertani e Acerbis, salvo cadere in contraddizione su una telefonata sicuramente fatta a Tan Set Eng, detto Dan, il capo di Singapore. A proposito della «cupola» asiatica, filtra l’indiscrezione che uno dei suoi componenti potrebbe sbarcare in Italia e approdare a Cremona. Gegic non sa nulla di partite della Lazio e del ruolo di Stefano Mauri. «Se qualcosa c’è stato, lo ha fatto Ilievski», è la sua linea difensiva. L’ex giocatore del Chiasso è attento a scindere ruolo e figura da quelli di Ilievski, il gigantesco macedone con il viso sfregiato da una cicatrice. Gegic lo ha conosciuto da bambino. Il luogo dove è nato, Novi Pasar, in Serbia, non è distante da Skopje, la città di Ilievski, dove Gegic si recava spesso in visita a una zia sposata a un macedone. Quando le proposte di Gervasoni si sono fatte continue, Gegic ha pensato di coinvolgere il facoltoso Ilievski, che dopo avere fatto parte dei reparti speciali della polizia aveva aperto una agenzia di security con duecento dipendenti. Mentre Gegic si limitava a versare la sua quota (al massimo 10mila euro a partita), l’amico spendeva molto in compensi ai giocatori, puntate, albeghi, pranzi, benzina.

Un Gegic tanto reticente ha sorpreso più d’uno, forse anche i suoi difensori e quelli dei latitanti. C’è da chiedersi a questo punto se l’arrivo in Italia di Ilievski e dello sloveno Admir Suljic, annunciato a tempi brevi, non si destinato a slittare.

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Per l’inchiesta di Cremona

Mauri, rigettato il ricorso dalla Cassazione

art.non firmato (CorSport 13-12-2012)

ROMA - La Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dai legali del vice capitano della Lazio, Stefano Mauri, che si erano rivolti alla terza sezione dell'organo supremo di giustizia per conoscere se la detenzione a cui il loro assistito era stato sottoposto lo scorso 28 maggio, nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Cremona sul calcioscommesse, fosse legittima o meno. Lo scorso giugno, gli avvocati Matteo Melandri ed Amilcare Buceti si erano già rivolti al Tribunale del Riesame di Brescia che aveva dichiarato inammissibile la loro richiesta. Secondo il Riesame, infatti, poichè Mauri era stato rilasciato il giorno predente, non aveva diritto ad ottenere una pronuncia sulla custodia cautelare a cui era stato sottoposto. Ieri mattina ai legali del biancoceleste è giunta la notifica del rigetto dell'istanza presentata in Cassazione. Le motivazioni saranno rese note entro trenta giorni.

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MAURI, RICORSO RESPINTO

Gervasoni al Tnas

E Ferrari ora può sperare

di GAETANO IMPARATO (GaSport 13-12-2012)

Carlo Gervasoni, uno dei grandi accusatori del calcio italiano, è stato ascoltato ieri dal Tnas sull'istanza di Nicola Ferrari, l'attaccante del Verona appiedato per 3 anni dopo che proprio Gervasoni l'aveva coinvolto nella tentata combine di Rimini-AlbinoLeffe (2008). Davanti al Tnas anche il principe dei collaboratori di giustizia, quel Carobbio che scagiona la punta.

Buon Natale La sensazione è che la giornata sia stata favorevole a Ferrari. Anche per la chiara scelta della Cassazione calcistica di non spezzare carriere (Ferrari ha 29 anni) senza certezze di illeciti, sia per la raffica recente di assoluzioni. E le percentuali che «Nick dinamite» torni in campo aumentano. Al Tnas Carobbio e Ruopolo (altro teste a discarico) hanno ripetuto le loro versioni innocentiste («Nessun incontro prima della gara, e non alla presenza di Ferrari»). E Gervasoni? Anche lui conferma le accuse, ma il Tnas confermerà tre anni di stop a un giocatore che, tra l'altro, allegò un sms arrivatogli in tempi non sospetti che lo assolve del tutto e dopo che Carobbio e Ruopolo lo scagionano?

Gervasoni e Mauri Gervasoni non rilascia dichiarazioni. «È stanco, dobbiamo chiarire la sua posizione nelle varie vicende, ne riparleremo», spiega il suo legale. Il suo ruolo è fondamentale nel panorama dei pentiti dopo che Gegic non ha svelato molto, specie nelle accuse a Stefano Mauri. E a proposito di Mauri, ieri la terza sezione della Cassazione ha respinto il ricorso dei suoi legali sulla legittimità della detenzione a cui il laziale era stato sottoposto nell'ambito dell'inchiesta di Cremona.

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L’attesa Il prossimo 8 febbraio il Tnas potrebbe restituire alla società i quattro punti di penalizzazione

E Novara aspetta uno sconto di pena

Strategie Per i dirigenti piemontesi le assoluzioni di Gheller

e Fontana sono la prova dell’estraneità ai fatti del club

di LUCA BALZAROTTI (Quotidiano Sportivo 13-12-2012)

Il novara ricorre al Tnas. La società azzurra ha chiesto il proscioglimento dall’accusa di responsabilità oggettiva nel processo relativo al calcio scommesse e la restituzione dei quattro punti di penalizzazione accordati in estate. L’assoluzione di Gheller e Fontana è – secondo la linea difensiva piemontese – la prova dell’estraneità ai fatti contestati dalla giustizia sportiva e dal procuratore Stefano Palazzi. Un certificato di quella innocenza da sempre professata dal Novara. Oggi, all’hotel Bussola, Fontana racconterà la sua verità. Gheller lo aveva fatto attraverso le pagine de Il Giorno qualche mese fa. Il difensore era stato condannato perché, secondo Palazzi, aveva partecipato alla combine di Novara-Siena. Gara nella quale non era stato neppure convocato. «L’8 febbraio – dichiara Cesare Di Cintio, l’avvocato che difende il Novara – avremo l’udienza davanti al Tnas. Abbiamo chiesto di unire i due procedimenti, quello che si era concluso con tre punti di penalizzazione e quello successivo che ci aveva tolto un punto in più. La nostra richiesta è stata accolta». Il 23 novembre il Novara ha saputo che la posizione della società sarà discussa a inizio febbraio. «Tempi lunghi? Non è un problema», osserva l’avvocato Di Cintio. «Avere uno, due o tre punti in più in classifica in questo momento della stagione non fa la differenza. Abbiamo preferito aspettare qualche settimana per conoscere la posizione dei nostri tesserati e avere qualche carta in più da poter giocare nel dibattimento».

La strategia processuale del club è chiara. Arrivare all’appuntamento del Tnas con più assoluzioni possibili come prova dell’inconsistenza delle accuse. Dopo i proscioglimenti di Gheller e Fontana, il Novara confida in un esito positivo anche per gli altri tre giocatori coinvolti in estate nel calcioscommesse. L’azzeramento della penalità o la consistenza dello sconto sui quattro punti non potrà non essere influenzata dai giudizi definitivi su Bertani, Ventola e Drascek. L’attaccante che ha regalato agli azzurri due promozioni dalla Lega Pro alla serie A prima di passare alla Sampdoria è sì stato condannato per ora a una squalifica di 3 anni e 6 mesi per Novara-Siena e di un anno per Novara-Ascoli e Chievo-Novara di Coppa Italia (partita che non disputò) ma è stato assolto dall’accusa di associazione finalizzata a delinquere. Bertani che ha sempre proclamato la propria innocenza attende con fiducia il giudizio definitivo. Sperano anche Ventola e Drascek. L’attaccante barese è stato squalificato per 3 anni e 6 mesi per Chievo-Novara mentre l’ex centrocampista azzurro si è visto accordare la stessa pena per Novara-Siena, in attesa che il Tnas si pronunci. «Mi auguro che da qui all’8 febbraio tutti i giocatori possano chiarire positivamente la loro posizione», dichiara il legale del Novara. «I casi di Gheller e Fontana ci fanno ben sperare. Se tutti fossero assolti ci verrebbero accreditati i quattro punti di penalizzazione». Nessuno lo dice apertamente. Ma a Novara, settimana dopo settimana, la sensazione di aver subito una sentenza affrettata si fa sempre più forte. Gli azzurri hanno pagato a caro prezzo la condanna per responsabilità oggettiva. L’estate trascorsa nei tribunali ha rallentato le operazioni di mercato e il processo di ricostruzione di un gruppo che andava rifondato dopo la conquista della A.

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Dark days of alcohol and drugs

that sent a career off the rails

by RORY SMITH (THE TIMES 13-12-2012)

As he approaches the punchline, Andy van der Meyde lets out a deep, delighted belly laugh. Years on, it is funny. It was not so funny then.

“I went home to Italy to see my wife — my ex-wife, now — and my kids,” he recounts. “She loved exotic animals. She collected them: at my house in Italy, we had turtles, horses, parrots, zebras, that sort of thing.” Hang on. Zebras? As in the badly camouflaged horses of the African plains?

“Yeah, zebras. I once got an offer to go to Monaco. It was good money. Tax free. They were a good team, too. It was a nice offer. But we couldn’t go. It’s all apartments in Monte Carlo. We would have had nowhere to keep the zebras.”

This is not a problem many people face. Even Holland internationals with Ajax, Inter Milan and Everton on the CV. Not very many footballers at all, in fact, have zebras. But while he tells that story with a gleeful smile, aware of its redolence of a luxury so lavish as to be ludicrous, it is not that memory which has tickled Van der Meyde.

“I’d moved to Everton, and she hadn’t come with me. But she kept buying these animals. So I went back to see the kids, and I was walking to the house, and suddenly there was this camel in front of me. A camel! I was absolutely s****ing myself. Why would you want a camel in your house? I don’t want a camel!”

At heart, though, Van der Meyde’s story is not a funny one. It is not funny at all. The interlude with the zebras and the camels rather gives the wrong impression. His autobiography, Geen Genade — No Mercy — does not sit at the top of the bestseller charts in the Netherlands because it offers readers a glimpse at a life of typical footballer excess.

It is not a catalogue of famous goals and personal triumphs. It is not one of those autobiographies that casts its subject as hero, battling all odds to succeed. It is a book about the sort of darkness that even gold cannot illuminate.

There were always rumours about Van der Meyde, almost from the first day he arrived at Everton. There were suggestions, winks and nudges, of alcoholism, of drugs, of long nights out that melted into morning. When his drink was allegedly spiked in a bar in August 2006 and he spent the night in Arrowe Park Hospital, on The Wirral, it only fuelled the whispers. He fell out with David Moyes, the manager, found himself an outcast, almost a running joke. The thing he remains most famous for on Merseyside is his heartache at having Mac, his Dogue de Bordeaux puppy, stolen by burglars.

It turns out that a lot of the rumours were true. “When I was at Ajax, I never even drank alcohol,” Van der Meyde, a skilful right winger, told The Times. “It was the same at Inter. My team-mates would go out to a club, but I didn’t even know they existed. That changed at Everton. The biggest mistake I made was cheating on my wife. My relationship with the manager went downhill from that point. Everything did.”

Geen Genade, pulling no punches, ticks off every milestone on Van der Meyde’s fall. He doubled his wages by moving to Everton; he bought a Ferrari, became a regular at Liverpool’s Newz Bar, the city’s self-consciously exclusive minor-celebrity honeytrap.

He had an affair with Lisa, a stripper. His wife, Diana, hired a private detective, who filmed them having sex. It cost him his marriage, and his children. “I could have punched myself in the face,” he writes. His relationship with Lisa was a tempestuous one. They fought, he drank. He lost fitness and focus, fell out with Moyes and his captain, Phil Neville, who is branded a “snitch” in the book.

He and Lisa had a baby. She is, he says, an “excellent mother”. “Please put that in [this article],” he says. “I have so much respect for her.” Bolstered, no doubt, because she spent months in hospital with their daughter, Dolce, so troubling were the complications of the birth. That strain was too much; Van der Meyde walked out of a game away to West Ham United to return to their side.

He could not sleep; he stole sleeping pills from the club doctor. He drank more: Bacardi by the bottle. His contract expired, his relationship ended.

Without a club, without an aim, he moved into a flat with a friend. “I started doing cocaine,” he said. “I had never done it as a player, because the testers can come to your door whenever they like. But without that to worry about, I would drink and take cocaine whenever I wanted.”

It lasted a few months. “I looked at myself and asked what I was doing,” he says. “I thought being in Liverpool would kill me. I needed to go home. So I left everything behind and went back to Holland. Within three days, I had signed with PSV Eindhoven.”

That, in a few paragraphs, is a brief summation of everything Van der Meyde went through. But what it is not is an explanation of why an intelligent, quiet man, a serious professional, veered so alarmingly off the rails.

“I drank to get away from reality,” Van der Meyde says. “I was fighting with Lisa at home and fighting with the manager at work. I did not want to go home. When the baby was in hospital, I did not want to think about that. Other players can go out and just drink a little, but I was drinking to forget. That is why I had a problem.

“I need to have my family around me. When I went to Inter, it was because Ajax wanted to sell me, not because I wanted to go. I was not happy in Italy, for football reasons, and because the atmosphere did not suit me, but in Liverpool, because my marriage was over, I became unhappy off the pitch. That is what it came down to.

“I had a baby with Lisa after being with her for maybe four or five months. I wanted to have that family unit again. That is what I need to keep me stable.”

Van der Meyde has that now. “I am in a good relationship, and I have another child,” he says. “Writing the book was hard. Thijs Slegers [his ghostwriter] is my best mate, and I told him things I could not have told anyone else, but even so, there were times when I would get really upset. It reminded me of a lot of things I would rather not think about.

“If I had my time again, I would never have left Ajax. I would never have gone to Inter. I would have stayed around my family, where I was happy. I did not care about money, or cars, or girls. I just wanted to play football, and to win trophies.”

At 33, the chance of silverware has probably gone, but Van der Meyde is still playing, for WKE, in the amateur divisions in the Netherlands. Is that not a bit of a comedown? Is he not the best player on the pitch by a mile?

“I was always the best player on the pitch.” Van der Meyde laughs again.

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