Se dovessimo misurare la proposta di riforma fiscale del Contratto di Governo Giallo-Verde sulla base del criterio della sostenibilità, della proporzionalità (nel senso del rispetto delle proporzioni), della equidistribuzione, ebbene, tutti e tre questi indicatori sarebbero al di fuori dell’ambito dell’accettabilità sociale. Diciamolo a chiare lettere: flat tax è una dichiarazione di guerra alla società, al vivere comune. È la rottura del patto sociale fra le differenti classi di reddito in cui siamo giocoforza divisi, è disordine. Significa accettare, anzi premiare, l’allocazione delle risorse come avvenuta nel molto poco libero scambio del mercato, una allocazione che divide in vincitori e vinti, quei vincitori che sono sempre gli stessi e si nutrono e replicano sé medesimi sulla base delle posizioni di vantaggio guadagnate nel corso delle generazioni.

Stando ai dati della Banca d’Italia (Indagine sui bilanci delle famiglie italiane – anno 2016, pubblicato il 12 Marzo 2018), è nuovamente aumentato l’indice di Gini (33,5%) della misura della disuguaglianza nella distribuzione dei redditi, «tornata in prossimità dei livelli prevalenti alla fine degli anni novanta del secolo scorso». È aumentata anche «la quota di individui a rischio di povertà, definiti come quelli che dispongono di un reddito equivalente inferiore al 60 per cento di quello mediano. L’incidenza di questa condizione, che interessa perlopiù le famiglie giovani, del Mezzogiorno o dei nati all’estero, è salita al 23 per cento».

In uno scenario del genere, la parola chiave dovrebbe essere redistribuzione, non detassazione. Lo diciamo da mesi. L’unica via per rilanciare questa società è tornare a figurarsi per quello che si è, e noi – noi altri, noi che non siamo compresi nel percentile più ricco, ricchissimo e che la flat tax agevolerebbe parecchio – siamo il 99%. Noi che siamo colpiti dalla fine della redistribuzione del sistema fiscale italiano, siamo il 99%. Se non l’avete ancora capito, se ancora non è chiaro, chi dice “flat tax” ci sta puntando il dito contro. Ci sta sottraendo la sanità pubblica e la scuola pubblica. Ci sta dicendo che noi non ne abbiamo diritto. È il momento di rendersene conto.